MEDITAZIONI DELLA NOVENA DI PENTECOSTE 2020 - In tempo di pandemia
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MEDITAZIONI DELLA NOVENA DI PENTECOSTE 2020 In tempo di pandemia
In occasione della Pentecoste 2020, il Coro Parrocchiale Campo Bianco di Albusciago ha eseguito una Settimana di preparazione on-line presentando il Rosario Allo Spirito Santo ormai a repertorio da qualche anno. Ognuno dei sette giorni risultava corrispondente ad uno dei sette Misteri previsti. Ogni video proposto iniziava con una lettura di riflessione e terminava con i canti Regina Caeli e Stella Caeli. Il tutto preparato, compreso i canti, con collegamenti via Internet tra i coristi. Considerando l’apprezzamento ottenuto, soprattutto rivolto alle Riflessioni, abbiamo deciso di preparare un piccolo opuscolo contenente le stesse e il testo della preghiera e canto Stella Caeli a protezione per la corrente Pandemia, da mettere a disposizione a tutti gli amici e simpatizzanti.
PRIMO GIORNO. Riflessione tratta dal Web autore anonimo. Oggi si sente spesso parlare di solidarietà, di questo grande valore e sentimento che dovrebbe essere presente nella nostra vita e nella nostra società, anche se non sempre è così. Ma cosa significa solidarietà? Essere solidali vuol dire aiutare il prossimo, moralmente e materialmente, ed è sinonimo di fratellanza e amore verso gli altri; tutti questi sono ideali predicati dalla chiesa cristiana, ma che è bene diffondere anche tra chi non è credente o appartiene ad altre società ed etnie, poiché la solidarietà dovrebbe essere una presenza costante nel nostro carattere e nel nostro modo di fare. Purtroppo nel mondo moderno la solidarietà è un valore che sta scomparendo, soppiantata da egoismo, competitività e altri atteggiamenti e sentimenti negativi. Sin da piccoli infatti cerchiamo di migliorarci ma, per farlo, spesso ci confrontiamo con persone che hanno il nostro stesso intento entrando poi in competizione con esse. In realtà una sana competizione può anche essere utile per farci vedere il mondo da una prospettiva diversa e può fare in modo di stimolarci e motivarci per fare progressi; spesso però la contesa diventa negativa e volta solo a prevalere sugli altri, a primeggiare e far sfigurare il prossimo. Purtroppo questo tipo di “gara” è sempre più diffuso in tutti gli ambienti: tra i bambini che magari cercano di apparire migliori dei fratelli o degli amici agli occhi dei genitori e dei parenti; a scuola o al lavoro quando si cerca di ottenere voti migliori di altri compagni o una promozione, un incarico di maggior rilievo
rispetto ai colleghi, provando con ogni mezzo a mettere in cattiva luce il prossimo. In famiglia o a scuola il motivo della competizione spesso è indotto dai genitori o dall’insegnante che volendo far migliorare il proprio figlio o alunno innescano questo meccanismo che porta poi ad un cattivo rapporto con gli altri. Tutto ciò però spesso ci fa sentire frustrati, poiché non riusciamo a raggiungere la meta che ci poniamo. Sarebbe opportuno che nella società moderna fossero più diffusi i valori di fratellanza e solidarietà perché in questo modo si riuscirebbe a vivere meglio senza tanti scontri e tanto odio.
SECONDO GIORNO. Riflessione di Don Franco Galli. Ora più che mai, lascia spazio in te a quella luce che lo Spirito sa donarti, anzi, che è già dentro di te. Sarà tanta, sarà poca: sarà quanta la strada percorsa con Dio ti avrà aiutato a farla crescere in te. Comunque, fosse anche un piccolo raggio che sgorga da una piccola fessura del tuo cuore, ti farà vedere ciò di cui magari non ti sei mai accorto. Ti mostrerà coraggio la dove tu vedevi solo paura; ti mostrerà pace in mezzo a tutte le tue preoccupazioni. Ti mostrerà il mondo e la vita come non li hai mai percepiti; nuovi colori, nuovi profumi, una nuova attenzione per tutto ciò che vive. Se lascerai spazio a questa luce, piano piano imparerai a conoscerla, a capirla, ed essa ti insegnerà il proprio linguaggio e potrai dire, prima timidamente e poi con più forza: "Abbà, Padre" ed Egli ti sussurrerà: "Figlio, da sempre attendevo che mi chiamassi così; il mio amore è con te, per te, attorno a te, in ogni momento, per sempre. Non temere mai, sarò con te, ti proteggerò, ti consolerò, ti darò forza. Sarò per te mano che ti accarezza, voce che ti consola, pensiero che ti fa comprendere e nulla mai potrà separarci."
TERZO GIORNO. Riflessione di Don Franco Galli. Osservavo oggi una bellissima icona: quella della Vergine del Silenzio. Tenerezza e profondità, le caratteristiche principali di quel volto di Madre che ti guarda, attendendo da te qualcosa, con il dito sulle labbra, quasi a dirti: “Non fare rumore, taci e ascolta”. Troppe parole inutili, infatti, sono state sprecate in questi giorni: opinioni di ogni tipo, frasi fatte, certezze e dubbi … insomma, tutto quanto possa servire per creare ancora più panico di quanto già ve ne sia. L’immagine di Maria ci invita ad ascoltare quella speranza che c’è in ognuno di noi; proprio lei che non ha mai espresso opinioni, neppure quando le hanno detto che suo figlio era fuori di senno; neppure dinanzi alla croce. Mai. Questo perché ha mantenuto in se la speranza della vita, che sa andare oltre l’evidenza e porge la mano alla fede, per giungere alla gioia della risurrezione. Così sia per noi, Madre del Silenzio, perché il silenzio profondo ci guidi alla certezza che la nostra speranza è sempre ascoltata in un silenzio che eternamente parla … quella del Padre.
QUARTO GIORNO. Riflessione dal Romanzo Don Camillo di G. Guareschi. «È gente che avrebbe bisogno di una lezione» disse Don Camillo. «Mandategli un ciclone che butti all’aria ogni cosa. È diventato un mondo maledetto pieno di odio, di ignoranza e di cattiveria. Un diluvio universale ci vuole. Creperemo tutti, e così si farà il conto finale e ognuno si presenterà davanti al tribunale e riceverà il castigo o il premio che merita!». Il Cristo sorrise. «Don Camillo, per arrivare a questo non occorre un diluvio universale. Ognuno è destinato a morire quando è il suo turno e a presentarsi davanti al tribunale divino per avere il premio o la punizione. Non è la stessa cosa anche senza cataclismi?» «Anche questo è vero» riconobbe don Camillo tornato calmo. Poi, siccome, in fondo, gli dispiaceva un po’ di rinunciare in pieno all’idea del diluvio, cercò di salvare il salvabile. «Se almeno poteste far piovere un po’. La campagna è secca, i bacini delle centrali sono vuoti». «Pioverà, pioverà, don Camillo» lo rassicurò il Cristo. È sempre piovuto da che mondo è mondo. La macchina è combinata in modo tale che a un bel momento deve piovere. O sei del parere che l’Eterno abbia sbagliato
nell’organizzare le cose dell’universo?» Don Camillo si inchinò. «Sta bene» disse sospirando. «Capisco perfettamente quanto sia giusto quello che Voi dite. Però che un povero prete di campagna non possa neanche permettersi di chiedere al suo Dio di far venire giù due catinelle d’acqua, perdonate, ma è sconfortante». Il Cristo si fece serio. «Hai mille ragioni, don Camillo. Non ti resta che fare anche tu uno sciopero di protesta». Don Camillo ci rimase male e si allontanò a capo chino, ma il Cristo lo richiamò. «Non ti crucciare, don Camillo» sussurrò il Cristo. «Lo so che il vedere uomini che lasciano deperire la grazia di Dio è per te peccato mortale perché sai che io sono sceso da cavallo per raccogliere una briciola di pane. Ma bisogna perdonarli perché non lo fanno per offendere Dio. Essi cercano affannosamente la giustizia in terra perché non hanno più fede nella giustizia divina, e ricercano affannosamente i beni della terra perché non hanno fede nella ricompensa divina. E perciò credono soltanto a quello che si tocca e si vede, e le macchine volanti sono per essi gli angeli infernali di questo inferno terrestre che essi tentano invano di far diventare un Paradiso. È la troppa cultura che porta all’ignoranza, perché se la cultura non è sorretta della fede, a un certo punto l’uomo vede soltanto la matematica delle cose. E l’armonia
di questa matematica diventa il suo Dio, e dimentica che è Dio che ha creato questa matematica e questa armonia, ma il tuo Dio non è fatto di numeri, don Camillo, e nel cielo del tuo Paradiso volano gli angeli del bene. Il progresso fa diventare sempre più piccolo il mondo per gli uomini: un giorno, quando le macchine correranno a cento miglia al minuto, il mondo sembrerà agli uomini microscopico, e allora l’uomo si troverà come un passero sul pomolo di un altissimo pennone e si affaccerà sull’infinito, e nell’infinito ritroverà Dio e la fede nella vera vita. E odierà le macchine che hanno ridotto il mondo a una manciata di numeri e le distruggerà con le sue stesse mani, ma ci vorrà del tempo ancora, don Camillo. Quindi rassicurati: la tua bicicletta e il tuo motorino non corrono per ora nessun pericolo». Il Cristo sorrise, e don Camillo lo ringraziò di averlo messo al mondo.
QUINTO GIORNO. Riflessione da un Canzone di Vasco Rossi Non è facile pensare di andare via e portarsi dietro la malinconia. Non è facile partire e poi morire, per rinascere in un'altra situazione, un mondo migliore. Non è facile pensare di cambiare le abitudini di tutta una stagione, di una vita passata come un lampo e che fila dritta verso la stazione di un mondo migliore. Essere libero costa soltanto qualche rimpianto. Si, tutto è possibile, perfino credere che possa esistere un mondo migliore. Non è facile trovarsi su una strada, quando passa la necessità di andare, quando è ora di partire e non puoi più rimandare. Sì ... il mondo migliore, un mondo migliore.
SESTO GIORNO. Riflessione di Don Franco Galli. Mentre Mosè parlava con Dio sul Sinai, il popolo di Israele si costruiva un vitello d’oro da adorare. Ormai lontani dal pericolo dell’Egitto e della schiavitù, ecco riemergere la presunzione di bastare a se stessi e di avere il diritto di decidere da sé ciò che fosse giusto o sbagliato. E’ il rischio che potremmo correre anche noi, una volta concluso questo tragico periodo di prova. La paura fa sempre cercare ogni possibile appiglio per risolvere la causa e così, finito il contagio del virus, potremmo anche noi tornare a ciò che eravamo prima, costruire il nostro piccolo vitello d’oro, il nostro idolo, gettando alle ortiche le fatiche e i guadagni che questo tempo ci ha offerto… Mantenere ciò che si è guadagnato con fatica, richiede altra fatica e questo non è ciò che l’uomo d’oggi, nella maggior parte dei casi, ama fare. Non va esclusa la gioia, mai, non vanno esclusi i momenti di leggerezza, ma ci sono gioia e leggerezza che si fondano sulla memoria. Siamo ricchi di ciò che la fatica e la speranza di questi giorni ci hanno consegnato: facciamo fruttare queste ricchezze, per ora e per dopo.
SETTIMO GIORNO. Riflessione dal Libro Il profeta di Gibran Khalil Gibran “Voi pregate nell'affanno e nel bisogno; ma pregare dovreste anche nella pienezza della gioia. Cos'è infatti la preghiera se non il proiettare voi stessi nell'etere che vive? E se v'è di conforto riversare la vostra oscurità nello spazio, maggiore gioia avreste nel riversarvi la luce del vostro cuore. E se solo piangere sapete quando l'anima vi chiama alla preghiera, spronarvi dovrebbe, volta dopo volta, dal pianto al riso. Quando pregate, vi elevate incontro a coloro che in quello stesso istante pure pregano, e che mai avreste incontrato se non nell'orazione. Sia quindi la vostra visita all'invisibile tempio null'altro che estasi e dolce comunione. Poiché se entrerete nel tempio solo per domandare non riceverete. E se vi entrerete per umiliarvi non sarete innalzati. Se vi entrerete per implorare l'altrui sollievo, non sarete ascoltati. Nel tempio invisibile è sufficiente entrare. Non posso insegnarvi a pregare con le parole. Dio non ascolta le vostre parole se non quand'egli stesso le pronuncia sulle vostre labbra.
Né posso insegnarvi la preghiera dei mari e dei boschi e delle montagne. Ma voi che siete nati dai monti e dai boschi e dal mare trovar potrete nel vostro cuore le preghiere loro. E se solo ascoltaste nella quiete della notte, muti, li sentirete dire: "Dio nostro, nostro io alato, è la tua volontà in noi che vuole. Ed è il tuo desiderio in noi che desidera. E' il tuo sprone in noi che può trasformare le nostre notti, che sono tue, in giorni anch'essi tuoi. Nulla possiamo chiederti, giacché sai la nostra necessità prima ancora che in noi nasca: Tu sei la nostra necessità; e nel darci più di Te stesso, tutto ci dai."
PREGHIERA STELLA CAELI Materiale raccolto dal Web su pubblicazioni di Padre Matteo Ferraldeschi Cosi' narra Tommaso Auriemma nel 1712 Nella pestilenza che fu in Coimbra l'anno 1317 , stavano con grandissimo timore le monache del monastero di S. Chiara per essere la loro stanza vicina all'infezione e poco discosta; stando dunque in pensiero di fuggire, sentono bussare la porta, v'accorrono e trovano un pellegrino che dalle fattezze fu giudicato essere S. BARTOLOMEO. Da esso sono consolate ed esortate a recitare spesso alla Madre di Dio quel che era scritto in una carta che diede loro.... e si parti'. Elle recitarono ogni giorno in coro e privatamente quell'antifona, ne' furono tocche dal morbo benche' per tutto bruciasse quell’incendio.
ORAZIONE: Dio di misericordia, Dio di pietà, Dio di perdono, che ti movesti a compassione dell’afflizione del tuo popolo, e dicesti all’Angelo che percoteva il tuo popolo: arresta il tuo braccio per amore di quella gloriosa Stella, dal cui prezioso petto succhiasti dolcemente il latte contro il veleno dei nostri peccati; vieni in nostro aiuto con la tua divina grazia affinché per intercessione della Beata Vergine Maria tua Madre e del Beato Bartolomeo Apostolo tuo diletto, siamo certamente liberati da qualsiasi contagio pestifero e dalla morte improvvisa, e siamo salvati da ogni pericolo di perderci. Per te, Gesù Cristo, Re della gloria, che vivi e regni nei secoli dei secoli. Così sia. Prega per noi, piissima Madre di Dio tu che schiacciasti la testa del serpente per salvare il genere umano.
TESTO DEL CANTO STELLA CAELI: Stella Caeli exstirpavit, quae lactavit Dominum. Mortis pestem quam plantavit primus parens hominum. Ipsa stella nunc dignetur sidera compescere. Quorum bella plebem cedunt dirae mortis ulcere. O piissima Stella Maris, a peste succurre nobis. Audi nos Domina, nam filius tuus hil negans te honorat. Salva nos Iesu, pro quibus Virgo Mater te orat. TRADUZIONE: La Stella del Cielo, che die' latte al Signore distrusse la peste della morte, che fu introdotta al mondo dal progenitore degli uomini. Si degni ora la medesima Stella placare il Cielo che irato contro la Terra distrugge i popoli con la crudele piaga di morte. O pietosissima Stella del Mare, Tu ne scampa dalla peste. Sii propizia alle nostre preghiere, o Signora, perche' il tuo Figliuolo, che nulla a Te nega, ti onora. O Gesu', salva noi, pei quali ti prega la Vergine tua Madre. . Amen
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