Medicina di precisione e spettro bipolare - Progetto Optima

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Medicina di precisione e spettro bipolare - Progetto Optima
Medicina di precisione
    e spettro bipolare

               Unrestricted educational grant di

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Medicina di precisione e spettro bipolare - Progetto Optima
Medicina di precisione e spettro bipolare

 Indice
      Medicina di Precisione e Spettro Bipolare
      Introduzione
      La valutazione multimodale del paziente
      Il futuro della diagnosi
      Ripensare le malattie mentali
      Dove va la terapia
      La terapia personalizzata del disturbo bipolare
      Implicazioni per la gestione del paziente con BD
      Stati misti e demenza: una relazione complessa
      Bibliografia
      Faculty
      Informazioni su...
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Medicina di precisione e spettro bipolare

 Introduzione
 Psichiatria di precisione nell’ambito dei disturbi bipolari significa definire programmi terapeutici basati sull’evidenze
 scientifiche e sulla specifica storia clinica dei pazienti da trattare, ai fini di un programma terapeutico personalizzato.
 Questa strategia si basa su di un approccio mirato non solo alla personalizzazione della diagnosi e della cura del
 paziente ma anche nel corso della intera traiettoria di malattia con l’obiettivo di mettere a punto categorie diagno-
 stiche più precise, basate su variabili biologiche, psicologiche e socio-culturali, in un modello integrato che tenga
 conto di sintomi, fisiopatologia, valutazione cognitiva, dinamiche familiari, influenze ambientali e influsso culturale.
 Potenzialmente esistono le premesse per considerare anche alcuni aspetti del genotipo, ma l’implementazione in
 termini diagnostico-terapeutici è ancora solo sperimentale.
 La medicina di precisione vuole andare oltre il modello attuale di inquadramento e di trattamento dei disturbi psi-
 chiatrici, in modo particolare del disturbo bipolare: questo l’obiettivo del Progetto OPTIMA “Medicina di Precisione e
 Spettro Bipolare”, che ha voluto offrire alcuni spunti innovativi sulla diagnosi e la terapia del disturbo bipolare emersi
 dalla letteratura più recente, in una serie di incontri-dibattito dal taglio fortemente interattivo e pratico.
 Negli ultimi anni l’interesse per questo argomento è notevolmente aumentato, anche per la disponibilità di multiple
 possibilità terapeutiche, che ha creato un nuovo movimento e fervore di iniziative. Diversi temi di interesse della ri-
 cerca e della pratica clinica richiedono ancora un notevole approfondimento: dalla modificazione della fenomenologia
 della mania, al problema della diagnosi differenziale nell’adolescente e dell’anziano, al funzionamento cognitivo e
 sociale del paziente, alle comorbidità, ai progressi neurobiologici (neuroimaging funzionale e genetica), alla necessità
 di guidare il clinico nell’individuazione degli aspetti della caratterizzazione clinica più significativi e rilevanti per la
 corretta impostazione terapeutica, all’utilizzo degli interventi non farmacologici.
 Questo e-book raccoglie i contenuti e gli spunti più interessanti emersi dalle letture e dal dibattito sul futuro di dia-
 gnosi e cure nel disturbo bipolare(BD), che da molti anni rappresenta uno dei più approfonditi campi di interesse e
 specializzazione della psichiatria italiana.

 Introduzione                                                                                                               3
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Medicina di precisione e spettro bipolare

 La valutazione multimodale
 del paziente
 Ai fini della valutazione multimodale del paziente con
 disturbo bipolare, è importante considerare tutte le
 dimensioni trans-nosografiche di interesse progno-
 stico-terapeutico nello spettro bipolare stesso. In-
 fatti, sebbene un’affermazione di questo tipo possa
 sembrare un’ovvietà, molte di queste informazioni
 spesso non vengono considerate in maniera metodi-
 ca e sistematica, soprattutto al primo colloquio con il
 paziente (figura 1).

 Misure di funzionamento
 Il funzionamento coinvolge molti domini: capacità di                                                             figura 1
 lavorare, di vivere in modo indipendente, di divertirsi, di avere una vita affettiva, di studiare (1). I primi studi sulla
 mania riportavano outcome positivi nel lungo termine, mentre studi più recenti non descrivono una prognosi così fa-
 vorevole: il 96% dei pazienti bipolari ottiene la guarigione sintomatologica entro 1 anno, ma solo il 37% la guarigione
 funzionale (1). Quasi tutti i pazienti con BD in remissione mostrano un miglioramento persistente in almeno un’area
 del funzionamento e meno della metà ottiene un outcome positivo in tre aree (3).
 Inoltre, comunemente vengono misurati uno o due elementi del funzionamento, senza considerarli tutti, mentre una
 descrizione adeguata delle aree funzionali più compromesse permette di mirare su di esse gli interventi riabilitativi
 e non farmacologici. Di recente è stata sviluppata
 la scala FAST (Functioning Assessment Short Test),
 breve e semplice da somministrare, che indaga le
 aree di autonomia, funzionamento lavorativo, cogni-
 tività, finanze, relazioni interpersonali e tempo libero
 (4) (figura 2).
 Una valutazione più raffinata del funzionamento
 cognitivo, con particolare riferimento alle funzioni
 esecutive, è possibile tramite la BDEFS (5), la quale
 contiene un ADHD Index che può far sospettare la
 comorbidità. Anche per questo test il limite è l’au-
 to-somministrazione.
                                                                                                                  figura 2

 La valutazione multimodale del paziente                                                                                  4
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 Misure neuropsicologiche
 Sempre più spesso le evidenze di letteratura sug-
 geriscono che i pazienti bipolari mostrano un defi-
 cit neuropsicologico che persiste anche nello stato
 eutimico e che contribuisce al loro scarso outcome
 psicosociale. Un deficit neuropsicologico importante
 in questi pazienti si associa ad un decorso più grave
 di malattia in termini di episodi maniacali, ricoveri e
 durata dei cicli (6).
 Il funzionamento cognitivo correla negativamente
 con il numero di episodi e il tempo trascorso in de-
 pressione lifetime; i soggetti bipolari a basso funzio-
 namento hanno un maggior grado di compromis-                                                                figura 3
 sione cognitiva, in particolar modo nelle misure di richiamo verbale e funzioni esecutive. La memoria verbale (in cui
 l’ippocampo ha un ruolo importante) sembra essere il più forte predittore di funzionamento psico-sociale nei pazienti
 bipolari (7). Una recente metanalisi mostra che i pazienti con BD in fase eutimica mostrano marcati deficit nelle
 funzioni esecutive e nella memoria verbale (8) (figura 3).

 Neuroimaging e biomarker
 Malgrado la ricerca internazionale si sia molto im-
 pegnata in questo campo, attualmente non esistono
 biomarker clinicamente utili per la diagnosi e la pre-
 visione di outcome nel disturbo bipolare. Per questo
 motivo, il primato resta alla clinica. Comunque alcu-
 ni aspetti del neuroimaging standard possono esse-
 re utili nell’approfondimento diagnostico di eventuali
 condizioni neurologiche/internistiche associate una
 volta che la diagnosi sia stata posta clinicamente.
 In clinica il neuroimaging strutturale standard (in
 particolare MRI con sequenze T1 pesate, T2 pesate                                                              figura 4
 e FLAIR) è utile per l’identificazione di eventuali componenti organiche/degenerative del quadro clinico (e.g. reperto
 di atrofia fronto-insulare/fronto-temporale nelle forme ad esordio tardivo) (9).
 Con gli stessi mezzi è possibile evidenziare le iperintensità della sostanza bianca sotto-corticale che, per quanto
 non specifiche del disturbo, sono presenti in soggetti con diagnosi di bipolarità anche in giovane età (9,10) e hanno
 mostrato dati interessanti nel predire la risposta ai trattamenti (e.g. maggiori EPS da neurolettici, in particolare nei

 La valutazione multimodale del paziente                                                                                5
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 casi in cui le lesioni abbiano localizzazione a livello
 dei gangli della base). L’eventuale reperimento di tali
 lesioni giustifica indagini sulle funzioni cognitive e
 l’ottimizzazione nella gestione di concomitanti con-
 dizioni metabolico-internistiche (9) (figura 4).
 Come precedentemente accennato, va poi posta at-
 tenzione particolare alle atrofie frontoinsulari, come
 nell’immagine seguente. Se si osservano attenta-
 mente i due tomogrammi a confronto si nota, nel
 tomogramma di sinistra una perdita di sostanza al
 confine tra la corteccia orbito-frontale, temporale e                                                           figura 5
 la corteccia insulare, che può rappresentare un vero
 e proprio segno di esordio della demenza (figura 5).
 Alcuni importanti temi associati alla ricerca su neu-
 ro-imaging e biomarker, se ampliati e sottoposti a
 verifica di affidabilità, potrebbero in futuro rappre-
 sentare indici diagnostici e prognostico-terapeutici
 nel Disturbo Bipolare. Per quanto riguarda alterazio-
 ni strutturali “sottili”, individuate in Risonanza Ma-
 gnetica ad alta risoluzione, Schizofrenia (SZ) e BD
 condividono a livello neuroanatomico molte aree
 cerebrali. Nella SZ la perdita volumetrica di sostan-
 za grigia è più estesa e coinvolge anche l’amigdala.
 Nella figura seguente sono evidenziati in blu i cluster                                                         figura 6
 più caratteristicamente deficitari nella schizofrenia, in
 giallo quelli più caratteristicamente deficitari nel BD, mentre quelli in verde rappresentano le aree di sovrapposizione
 di deficit tra i due disturbi (11) (figura 6).
 Oltre il Neuroimaging, recenti evidenze suggeriscono che alcuni biomarker sierici si muovano qualitativamente e
 quantitativamente durante la progressione della malattia maniaco-depressiva. Gli stadi clinici cosi definiti descrivono
 l’evoluzione della storia naturale del disturbo, con crescenti problemi di risposta ai trattamenti e nel funzionamento,
 fino alla disabilità grave e all’impossibilità di vivere in maniera autonoma (12) (figura 7).
 Inoltre, alcune recentissime evidenze (13) suggeriscono che metaboliti di perossidazione lipidica periferica siano
 legati alle alterazioni della materia bianca prefrontale nei bipolari eutimici. Come descritto nella sezione iniziale, nel
 BD i principali outcomes di funzionamento sembrano legati soprattutto alla memoria verbale, nella quale l’ippocampo
 ha un ruolo importante.

 La valutazione multimodale del paziente                                                                                  6
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 Secondo uno studio recente, nei pazienti con BD
 si manifesta atrofia ippocampale, e l’esposizione
 a lungo termine alla terapia con uno stabilizzatore
 dell’umore (litio) può svolgere effetti neuro-protettivi
 su alcuni sottocampi dell’ippocampo correlati alla
 progressione di malattia a condizione che il tratta-
 mento venga mantenuto per almeno due anni (14)
 (figura 8).

 Disturbo da Deficit
 dell’Attenzione con Iperattività
 (ADHD/ADD)
 La probabilità di avere ADHD in un paziente con di-                                                           figura 7
 sturbo dell’umore è il 20%, in un disturbo d’ansia
 il 17% e nell’abuso di sostanze il 18%. In questi
 pazienti non trattare l’ADHD contribuisce alla cro-
 nicizzazione e al peggior decorso del disturbo non
 ADHD. Se presente, l’ADHD generalmente rende più
 precoce l’insorgenza del disturbo bipolare, ne modi-
 fica sfavorevolmente il decorso e lo rende resistente
 ai trattamenti. L’ADHD espone a maggior rischio di
 disturbi da uso di sostanze. Inoltre, il quadro clinico
 dell’ADHD è frequentemente complicato dalla co-
 morbidità, con ansia e disturbi dell’umore, sindrome
                                                                                                               figura 8
 di Tourette/Disturbi da Tic, disturbi dell’apprendimento,
 disturbi del sonno, della personalità, dell’umore, di abu-
 so di sostanze (15).
 Per lo screening viene impiegata la scala di auto-valutazione dell’ADHD in età Adulta (ASRS V1.1), nella versione
 breve a 6 item (16). E’ utile impiegare questa scala di screening nei pazienti in comorbidità con disturbo da abuso di
 sostanze anche se inizialmente non esiste un sospetto diagnostico specifico per ADHD (17).
 Per la diagnosi vera e propria, la quale è assolutamente clinica, viene utilizzata l’Intervista strutturata per l’ADHD
 negli Adulti (DIVA 2.0), scaricabile gratuitamente dal sito www.divacenter.eu, basata sui criteri del DSM-IV. indaga i
 sintomi chiave richiesti per fare diagnosi secondo il DSM-IV, e non eventuali sintomi, sindromi o disturbi psichiatrici
 presenti in comorbidità (figura 9).

 La valutazione multimodale del paziente                                                                               7
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 ADHD e disregolazione
 emotiva
 La disregolazione emotiva nel paziente con ADHD
 è prevalente, contribuisce alla disabilità ed emerge
 da deficit nell’orientare e gestire l’attenzione verso
 gli stimoli emotivi e nell’integrarli nel complesso
 network che comprende funzioni di regolazione che
 fanno capo alla corteccia prefrontale e cingolata. A
 fini terapeutici è importante comprendere, caso per
 caso, se la disregolazione emotiva sia semplice con-
 seguenza di ADHD o legata a componenti dimen-
                                                               figura 9
 sionali parzialmente sovrapposte ad esso (come nel
 caso del BD). A questo riguardo, sono stati sviluppati
 tre modelli interpretativi, il più valido dei quali propo-
 ne una parziale sovrapposizione (ma una distinzione
 dimensionale) tra sintomi di ADHD e disregolazione
 emotiva. Quest’ultimo modello tiene in maggior con-
 to l’influenza delle regioni “para-limbiche”, le quali
 rappresentano aree di transizione/sovrapposizione
 tra disturbi affettivi e ADHD (18) (figura 10).
 In età evolutiva nell’ADHD si osserva un ritardo di
 sviluppo delle aree corticali prefrontali, parietali e
 temporali. Si stima che lo sviluppo di queste aree
 nell’ADHD, in termini di crescita di spessore cortica-       figura 10
 le e successivo “pruning”, avvenga con un ritardo di
 2-3 anni rispetto al neuro-sviluppo tipico. Nella clini-
 ca dell’età evolutiva solitamente si osserva un grado
 di “maturità” dei bambini con ADHD di circa 2-3 anni
 in ritardo rispetto ai coetanei (19) (figura 11).
 Di recente sono state mappate le traiettorie di svi-
 luppo dei gangli basali in giovani pazienti con ADHD
 e controlli. E’ stata evidenziata una espansione di
 area di superficie nel sistema ventro-striatale (coin-
 volto nei processi di ricompensa) nei soggetti con-
 trollo ma non nei pazienti con ADHD, che presenta-
                                                              figura 11

 La valutazione multimodale del paziente                              8
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 vano invece riduzioni di superficie progressive nelle
 regioni ventro-striatali e stabili (presenti sin dall’i-
 nizio del decorso senza aggravamento in funzione
 dell’età) nel sistema dorso-striatale (coinvolto mag-
 giormente nella cognitività e nella programmazione
 motoria) (20) (figure 12 e 13).
 Le peculiari traiettorie neuro-evolutive appena de-
 scritte servono a spiegare come in caso di sovrap-
 posizione tra ADHD e BD esisteranno peculiarità in
 termini di decorso, risposte alle terapie e sviluppo di
 ulteriori comorbidità (per esempio uso di sostanze)
 rispetto a scenari clinici nei quali sia presente BD       figura 12
 in assenza di ADHD. In particolare sarà opportuno,
 visto soprattutto il grado di progressiva involuzione
 ventro-striatale, valutare molto attentamente gli in-
 terventi con componente di inibizione dopaminergi-
 ca. Inoltre, è stato documentato per la prima volta
 con tecniche di neuroimaging strutturale l’impatto
 della comorbidità ADHD e BD in età adulta sull’as-
 sottigliamento della corteccia cerebrale a livello dei
 network deputati al supporto dei processi cognitivi
 ed emotivi e nei centri corticali responsabili delle in-
 terazioni cortico-limbiche (21).
 Lo studio in esame costituisce la prima dimostrazio-       figura 13
 ne del fatto che, in caso di comorbidità di ADHD e
 BD in età adulta, verrebbe a crearsi un “terzo cervel-
 lo” diverso sia da quello presente in soggetti con la
 sola diagnosi di BD sia da quello presente in soggetti
 con la sola diagnosi di ADHD. Questo “terzo cervello”
 emergerebbe dalla sovrapposizione e integrazione
 delle alterazioni strutturali fini che caratterizzano i
 due disturbi (ADHD e BD) presenti in comorbidità.
 Questi dati contribuiscono a sostenere l’ipotesi che
 un soggetto con BD+ADHD sia un soggetto diverso
 da un “semplice” BD. In effetti già da tempo eviden-
                                                            figura 14

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 ze cliniche confermano che in caso di BD+ADHD l’insorgenza del BD è generalmente anticipata rispetto all’età media
 di insorgenza e che la risposta ai trattamenti stabilizzanti è di norma meno soddisfacente (figura 14).

 Disturbo da abuso di sostanze
 L’abuso di sostanze si verifica molto spesso nei pazienti con BD (22, 24), sia l’abuso alcolico che di stupefacenti si
 associano ad un outcome peggiore del disturbo psichiatrico. La prevalenza lifetime di qualunque disturbo bipolare e
 qualunque disturbo da sostanze è del 47.3% (60.3% per il disturbo bipolare di tipo I) (23). E’ praticamente impossibile
 ottenere un’adeguata stabilizzazione umorale senza trattare il concomitante disturbo da uso di sostanze (23): è impor-
 tante quindi impostare un intervento a step, eliminando prima l’abuso di sostanze e successivamente procedendo alla
 stabilizzazione del BD.Va sottolineato l’impatto straordinariamente negativo della persistenza del disturbo da sostanze
 su qualunque outcome clinico e di funzionamento (24).
 Nei pazienti con BD è centrale raccogliere un’anam-
 nesi tossicologica della massima accuratezza: è fon-
 damentale conoscere tutti i tipi di sostanze utilizzate,
 il loro rapporto con le fasi umorali e il loro potenziale
 impatto qualitativo sulle sindromi psicopatologiche
 di base (esempio, manie, stati misti ed episodi de-
 pressivi in presenza di uso concomitante di cannabi-
 noidi possono frequentemente avere caratteristiche
 schizofreniformi). La collaborazione con i Servizi per
 le Dipendenze è cruciale per la gestione delle tera-
 pie sostitutive necessarie. Ad oggi, si contano circa
 700 nuove sostanze psicoattive, la cui assunzione si                                                          figura 15
 associa ad uno squilibrio dei sistemi neurotrasmet-
 titoriali e quindi al rischio di disturbi psicopatologici
 (25); risulta quindi molto complesso riuscire a gestire
 i disturbi comportamentali e psicopatologici legati
 all’assunzione di una o più tra centinaia di sostanze
 facilmente reperibili tra mercato di strada ed internet,
 sostanze che di norma non vengono rilevate ai co-
 muni test di screening tossicologico (figure 15 e 16).
 Neppure l’abuso in acuto ha implicazioni solo a lungo
 termine, come mostrano le immagini dell’encefalo di
 un soggetto che abusa di cocaina, a 10 e 100 giorni
 dalla condotta di abuso: il cervello rimane “spento”,                                                         figura 16

 La valutazione multimodale del paziente                                                                               10
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 e persistono sintomi della serie apatica-anergica-a-
 nedonica nei pazienti intossicati da cocaina quando
 si astengono dalla sostanza. In questi casi è certa-
 mente complesso riuscire a valutare se le alterazioni
 siano riferibili ad una persistenza depressiva o re-
 sistente, dovuta al BD o a questo fenomeno (figura
 17). Lo stesso avviene negli abusatori di ecstasy,
 come evidenziato a livello neuroanatomico dalla
 compromissione del sistema serotoninergico nell’a-
 nimale da esperimento 2 settimane e fino a ben 7
 anni dopo la somministrazione di MDMA (ecstasy):
 in queste forme depressive gravi, è quindi fonda-                                                                figura 17
 mentale distinguere la componente di non risposta,
 di gravità dell’episodio depressivo legato al trascor-
 so psicopatologico o di impatto delle sostanze.

 La valutazione del sonno
 Alterazioni del sonno sono frequenti nei pazienti con
 DB e vanno indagate e gestite con attenzione per la
 loro importanza in tutte le fasi del disturbo bipolare:
 oltre alle apnee notturne, tra i disturbi primari van-
 no considerati il REM Behavioural Disorder (RBD), le
 parasonnie non-REM, la Restless Leg syndrome, le
                                                                                                                  figura 18
 forme epilettiche a crisi frontali notturne (26) (figura
 18). Negli esordi tardivi e nel paziente anziano, o
 in caso di REM Behavioural Disorder è importante
 valutare specifiche aree cognitive (es. mediante test
 prassico-costruttivi complessi come la figura di Rey)
 per escludere processi neurodegenerativi in atto le-
 gati alla demenza o al parkinsonismo. Una buona
 valutazione del sonno è cruciale per l’ottimizzazione
 terapeutica: alcune forme di parasonnie non REM o
 di epilessie frontali notturne non riconosciute posso-
 no essere responsive a stabilizzatori specifici, come
 la carbamazepina (figura 19).                              Approfondimento                                       figura 19
                                                            Caratterizzazione del decorso: l’indice di polarità

 La valutazione multimodale del paziente                                                                                  11
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 Approfondimento
 Caratterizzazione del decorso: l’indice di polarità
 Descrizioni sempre più fini del decorso della patologia permettono aggiustamenti ancora più precisi del regime tera-
 peutico. Gli stabilizzanti che si utilizzano nel BD possiedono un indice di polarità, che aumenta per una maggiore effi-
 cacia nel trattare la mania: maggior è l’indice di polarità, maggiore è il rischio di fasi depressive prolungate una volta
 che la mania si sia risolta. E’ importante approfondire il decorso clinico e farmacologico del paziente, per evitare il
 rischio che l’utilizzo di farmaci, come ad esempio le formulazioni depot, possano causare lunghe fasi depressive (27).

 Le comorbidità
 I soggetti con disturbo bipolare presentano un ri-
 schio significativamente aumentato di morte per
 cause naturali e non (28) (figura 20).
 La diagnosi e il trattamento precoci delle condizioni
 mediche associate al disturbo risultano essenziali
 per ridurre la mortalità e migliorare l’outcome tanto
 in termini di salute fisica quanto in termini di salute
 mentale.
 Sul versante psichiatrico, infatti, i pazienti bipolari
 con comorbidità mediche presentano una più grave
 decorso di malattia, caratterizzato da maggiore du-
 rata di malattia, una più rapida insorgenza dei singo-                                                         figura 20
 li episodi affettivi, maggior numero di ricoveri, maggiore
 sintomatologia ansiosa lifetime, maggiore probabilità di tentativi di suicidio, maggiore probabilità di decorso a cicli ra-
 pidi, maggiore deterioramento del funzionamento, maggiore uso di ansiolitici, maggiore necessità di ricorrere all’ECT.

 Approfondimento
 Therapeutic Drug Monitoring
 E’ raccomandato nei pazienti che presentano effetti collaterali spropositati rispetto al dosaggio o farmacoresistenza,
 inizialmente stabilendo i dosaggi e le concentrazioni di farmaci ed eventualmente ricorrendo alla farmacogenomica:
 oggi sono noti moltissimi polimorfismi legati ad una risposta migliore o peggiore ai farmaci, quando la valutazione
 clinica non è sufficiente la farmacogenomica può rappresentare uno strumento utile per l’ottimizzazione della terapia
 nel singolo paziente (29).

 La valutazione multimodale del paziente                                                                                   12
Medicina di precisione e spettro bipolare

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 La valutazione multimodale del paziente                                                                                                                          13
Medicina di precisione e spettro bipolare

 Il futuro della diagnosi
 La medicina di precisione
 Il concetto di medicina di precisione si basa su un approccio che consente non solo la personalizzazione della diagnosi
 e della cura del paziente ma anche la possibilità di seguirlo nel corso della intera traiettoria di malattia: questo con-
 cetto ha assunto una caratterizzazione specifica quando nel 2015 è stato lanciato dal governo USA un programma di
 medicina di precisione operativo in diversi campi della medicina (1). Il Progetto dei National Institutes of Mental Health,
 in ambito di patologie psichiatriche è in parte basato sullo sviluppo dei Research Domain Criteria (RDC) e ha l’obiettivo
 di “creare un nuovo tipo di tassonomia per i disturbi mentali, arricchendo il campo della malattia mentale con approcci
 innovativi come quelli utilizzati da genetica, neuroscienze e scienze del comportamento” (2). Il tentativo è quello di
 sviluppare categorie diagnostiche più precise, basate su variabili biologiche, psicologiche e socio-culturali e, com-
 prendendo quindi multipli :di tipo sintomatologico, fisiopatologico, e cognitivo, Questo approccio dovrebbe includere
 la comprensione di aspetti complessi come dinamiche familiari, influenze ambientali e influsso culturale (3). E’un pro-
 getto ambizioso che richiede cautela di implementazione strategica e di interpretazione dei possibili risultati, ma che
 tuttavia almeno nella sua forma più conservativa e con riferimento alla possibilità di stratificazione dei pazienti deve
 essere considerato con estrema attenzione e come tentativo significativo di una migliore specificazione diagnostica
 che possa consentire una più precisa caratterizzazione della risposta ai trattamenti farmacologici e non farmacologici.

 L’uomo al centro: la complessità della dimensione patologica
 Nella medicina di precisione l’approccio alle patologie si basa sull’applicazione di una metodologia multimodale che
 riconosce al proprio centro la complessità della dimensione patologica, e che comprende una serie di approcci inter-
 pretativi e operativi che includano ad esempio:
 • La panomic analysis: può essere definita come l’analisi dell’interazione di tutte le funzioni tracciabili in un sistema
     biologico complesso ad esempio una cellula, un
     network neuroanatomofunzionale e che includa
     ad esempio aspetti di tipo genetico, transcritto-
     mico, proteomico e metilomico (epigenetico). In
     alcuni ambiti medici (oncologia e medicina inter-
     na) l’analisi panomica è entrata ampiamente a
     far parte della sperimentazione, affiancandosi ad
     approcci più tradizionali (istotipi associati ad ca-
     ratteristiche molecolari e recettoriali specifiche).
 • I biomarkers: se in altri ambiti medici da molti
     anni guidano sia diagnosi che terapia, di fatto in
     psichiatria i tentativi di applicazione di biomarca-
                                                                                                                  figura 1

 Il futuro della diagnosi                                                                                                  14
Medicina di precisione e spettro bipolare

   tori sono stati finora deludenti e solo di recente in ambito neurobiologico e nei disturbi del comportamento, sono
   emersi biomarkers potenziali da utilizzare per identificare le similitudini biologiche e, quindi, stratificare i pazienti
   nell’ambito di studi sperimentali di fisiopatologia e di terapia.
 • La valutazione dell’impatto di fattori di per sè esterni alla genetica, ma in grado di modificarla, come lo stile di vita.
 • L’applicazione di criteri utilizzabili per modalità innovative di trattamento di tipo farmacologico e di terapie biologiche
   non farmacologiche (come es la stimolazione magnetica transcranica) (figura 1).

 Medicina di precisione e malattie mentali
 Malattie mentali come schizofrenia, depressione, ansia, disturbo bipolare e disturbi dello spettro autistico sono sindro-
 mi eterogenee più che malattie specifiche e, quindi rappresentano un target importante per la medicina di precisione.
 Inoltre, la ricerca terapeutica in psichiatria ha considerato i disturbi psichiatrici come condizioni omogenee derivate da
 fattori di rischio eziologici, ampiamente non noti. Oggi invece è noto che le categorie nosologiche in psichiatria possono
 essere meglio concettualizzate mediante endpoint eterogenei, derivanti da molteplici processi eziologici, ognuno dei
 quali può essere legato a fattori genetici ed ambientali in grado di influenzare strutture e funzioni cerebrali (4). In tal
 senso farmacoterapie, psicoterapie ed altri interventi terapeutici (ad esempio, riabilitazione cognitiva o neuromodula-
 zione) rappresentano tutti validi approcci ad una patologia “complessa” come quella mentale: per potersi distanziare
 da un approccio “dogmatico” che ha condizionato lo sviluppo di questa disciplina, in campo psichiatrico deve essere
 sviluppata una “convergenza” tra metodi diagnostici e interventi terapeutici (4).

 La complessità del disturbo bipolare
 Un’altra possibilità oggi in discussione è quella di considerare le patologie psichiatriche come disturbi complessi,
 secondo l’accezione della WHO per la quale disturbo complesso non è disturbo complicato, ma una patologia che
 riconosce una componente poligenica e multifattoriale (es. diabete mellito o ipertensione arteriosa).
 Dall’ampia letteratura di genetica psichiatrica non è finora emersa l’individuazione di uno o più geni specificamente
 responsabili in maniera univoca del BD o nell’ambito delle psicosi, della schizofrenia, ma piuttosto si è iniziato ad in-
 dividuare pattern di geni che possono rappresentare un background genomico predisponente alla patologia, in modo
 simile ad altre patologie complesse come il diabete.

 BD, patologia sinaptica e brain ageing
 Un altro aspetto ormai accettato è che le patologie psichiatriche siano patologie dell’architettura sinaptica e della sua
 funzione, di quest’ultima possiamo probabilmente modulare con gli attuali interventi terapeutici la sola componente
 neurotrasmettitoriale. Uno dei challenge più stimolanti nell’ambito della neuropatologia della BD è stato il tentativo di
 tracciare le traiettorie tra disfunzioni strutturali e alterazioni neurotrasmettitoriali (figura 2).
 Anche nell’uomo iniziano a comparire interessanti modelli sperimentali (figura 3).
 Lo studio delle modificazioni della plasticità neuronale specifica (alterazioni dello strenght di sinapsi tra presinapsi

 Il futuro della diagnosi                                                                                                    15
Medicina di precisione e spettro bipolare

 e postinapsi) e delle modificazioni architettoniche
 ha consentito di avanzare l’ipotesi, secondo cui il BD,
 come anche altri disturbi psichiatrici gravi, come la
 depressione maggiore, possa essere concettualizzato
 come una patologia da accelerato ageing neuronale
 (5) (figura 4).
 In questi pazienti, diversamente che nella demenza o
 nel Parkinson, si ritiene si verifichi un’alterazione del
 programma di normale maturazione neuronale. In uno
 studio di RNM quantitativo, il cosiddetto BrainAGE
 (differenza tra età cronologica del soggetto ed età del
                                                             figura 2
 SNC sulla base delle caratteristiche del SNC in termini
 neuropatologici) calcolato in pazienti con schizofrenia
 (SZ), depressione maggiore (MD) e disturbo bipolare
 (BDP) è risultato accelerato di circa 5 anni, come se
 rispetto all’età anagrafica il SNC risulti andare incon-
 tro a un’accelerazione anomala. Questo dato speri-
 mentale, che per primo ha evidenziato la presenza del
 fenotipo di ageing accelerato nel corso dei principali
 disturbi psichiatrici, è stato sufficientemente replicato
 in più centri e su coorti di pazienti diversi, conferman-
 do che l’ageing accelerato impatta particolarmente
 sulla “firma” neuroanatomica della schizofrenia, ma si
 estende anche ad altre patologie psichiatriche.             figura 3

 Approfondimento
 Oltre la psicosi: il BrainAGE nelle
 malattie mentali
 Lo studio di Koutsoulteris et al. (6) ha evidenziato che:
 • le alterazioni a carico della materia grigia si so-
    vrapponevano, secondo un pattern prefronto-tem-
    poro-limbico, come suggerito anche da un recen-
    te metanalisi di studi nella schizofrenia (6);
 • la “firma” dell’immaturità neuroanatomica era pre-
    sente in tutte le diagnosi, correlando più con età di
                                                             figura 4

 Il futuro della diagnosi                                           16
Medicina di precisione e spettro bipolare

    esordio egravità dei sintomi, che con la diagnosi;
    questo dato supporterebbe il concetto di condi-
    visione del pattern neuroanatomico nelle psicosi
    affettive e non affettive (7).
 Lo studio ha confermato, infine, la performance dia-
 gnostica dei biomarcatori MRI-based (8).

 Dall’ageing alla malattia
 sistemica
 Nel disturbo bipolare diversi meccanismi patologici
 sono stati ipotizzati alla base dell’ageing accelerato:
 aumento dello stress ossidativo, infiammazione cro-
 nica, disregolazione stress-indotta dell’asse HPA, fino al carico allostatico (9-12). Diversi studi hanno approfondito
 altri marcatori di senescenza cellulare, come la lunghezza dei telomeri, con risultati discordanti (13-15).
 Inoltre, stili di vista e danni iatrogeni da farmacoterapia possono contribuire alla morbidità associata ai disturbi psi-
 chiatrici e potenzialmente intersecare la traiettoria dell’accelerazione dell’invecchiamento (16) (figura 5).
 È stata avanzata l’ipotesi che il disturbo bipolare possa essere riconcettualizzato come una malattia sistemica: i
 network genomici presenti a livello del Sistema Nervoso Centrale possono essere espressi in altri tessuti e ripro-
 grammati a seconda della funzione. Questa ipotesi è correlata alla possibilità che patologie psichiatriche possano
 essere la manifestazione fenomenologica di patologie sistemiche, come ad esempio immunologiche. Infatti, è nota
 da tempo l’associazione tra patologie psichiatriche e sistema helper, di recente è stata confermata l’alterazione
 dell’immunità innata adattativa nei soggetti schizofrenici (17).
 Recentemente si stanno anche approfondendo i meccanismi responsabili dell’interazione tra HLA e SNC (18,19),
 la ricerca punta ad identificare la causa dell’in-
 fiammazione cronica nei pazienti con SZ e BD e a
 sviluppare immunoterapie specifiche per persona-
 lizzare l’intervento terapeutico e migliorare qualità
 ed aspettativa di vita a lungo termine dei pazienti.
 Insulti ambientali precoci nelle prime fasi di vita (in-
 fezioni), agendo su di una predisposizione genetica,
 indurrebbero risposte infiammatorie potenti ed uno
 stato di vulnerabilità a traumi infantili, abuso di so-
 stanze o ulteriori esposizioni alle infezioni: lo stato
 di vulnerabilità implicherebbe il coinvolgimento non
 solo del locus HLA ma anche di deficit ereditari del
                                                                                                                 figura 5
 sistema immune innato (20).

 Il futuro della diagnosi                                                                                                17
Medicina di precisione e spettro bipolare

 In pazienti affetti da schizofrenia di recente è stata dimostrata un’eccessiva attività di una proteina del complemento,
 C4, espressa nei neuroni e localizzata a livello dendritico, e responsabile di un eccessivo “taglio” di dendriti a livello di
 alcuni circuiti corticali. Questo dato non deve sorprendere: è nota da tempo la reattività del SNC ai fenomeni immuno-
 logici grazie alla presenza della glia. L’aumento del rischio di schizofrenia correlerebbe con l’aumento dell’espressione
 del C4A (19).

 Nuovi interventi terapeutici
 Queste ipotesi aprono scenari interessanti dal punto di vista terapeutico: negli anni più recenti, infatti, le terapie immu-
 nobiologiche o immunomodulanti hanno rivoluzionato molti ambiti della medicina, come l’oncologia.
 Di recente, in alcuni centri clinici sono stati sperimentati anticorpi monoclonali per il trattamento di psicosi resistenti
 ai comuni trattamenti (21, 22), dimostrando l’esistenza di sottogruppi di pazienti in cui è presente una forte risposta
 infiammatoria e che rispondono all’utilizzo di anticipi monoclonali diretti contro le citochine alterate.
 In questo ambito della ricerca, inoltre, si è concluso il primo studio clinico sull’impiego di un anticorpo monoclonale
 per il trattamento della schizofrenia (23). Secondo molti autori anche nel disturbo bipolare, sono molto forti le evidenze
 dell’interessamento immunologico: una recente metanalisi ha evidenziato similitudini nel pattern di disregolazione delle
 citochine in pazienti con schizofrenia, disturbo bipolare e depressione maggiore, aprendo alla possibilità di un mecca-
 nismo comune responsabile delle disfunzione immunitaria (24).

 Medicina di precisione
 e disturbo bipolare:
 implicazioni terapeutiche
 Ad oggi nel disturbo bipolare la ricerca di geni candi-
 dati non ha ottenuto risultati consistenti, né gli studi
 di associazione genome-wide (GWAS) hanno sempre
 confermato in maniera consistente la presenza di va-
 rianti ad effetto moderato. Le vie principali coinvolte
 nella predisposizione genetica al BD comprendono
 geni regolatori per la funzione dei canali del calcio,
 del sistema dei secondi messaggeri e del signaling
 del glutammato e della fosfolipasi C, quest’ultima,                                                         figura 6
 correlata tra l’altro al signaling dopaminergico (25) (figura 6).
 Quantunque da tempo sia stato ipotizzato il ruolo del glutammato nei disturbi dell’umore e nella schizofrenia, solo di
 recente è stato tentato un efficace intervento terapeutico diretto con ketamina come antidepressivo ad azione rapida
 attraverso la modulazione del recettore NMDA nelle forme depressive acute e non rispondenti ad altri interventi (26).

 Il futuro della diagnosi                                                                                                    18
Medicina di precisione e spettro bipolare

 Il ruolo della PSD e del sistema
 dopaminergico-glutammatergi-
 co nel BD
 Tra le diverse prospettive terapeutiche aperte in que-
 sto campo, è interessante la possibilità di interve-
 nire sulle proteine poste alla base della membrana
 cellulare e che costituiscono un sistema integrato
 della densità post-sinaptica, (PSD), una rete di pro-
 teine che costituisce l’architettura del dendrite e della
 sinapsi e che regola la plasticità sinaptica mediata
 soprattutto ma non esclusivamente da dopamina e
                                                                                                                   figura 7
 glutammato (27).
 Oggi è teoricamente possibile modulare con antipsicotici e stabilizzanti dell’umore le proteine a livello della PSD, modi-
 ficandone la funzione: in altri ambiti terapeutici come ad esempio nello stroke è stata dimostrata a livello sperimentale
 la possiilità di inibire l’interazione recettoriale PSD-95/NMDA-R per ridurre i danni dell’ipoperfusione cerebrale (28).
 Nel disturbo bipolare non sono ancora disponibili composti diretti verso le proteine della PSD, modulati dagli stabiliz-
 zanti (es. isoforme proteine Homer o Shank); è stato osservato che l’agonista dopaminergico pramipexolo sovraregola
 uno dei principali target del segnale MAPK-Erk, Bel-2. Inoltre, sono stati sviluppati diversi inibitori selettivi di GSK-3
 per potenziale utilizzo in studi sperimentali nel disturbo bipolare (29,30), ma pochi composti hanno raggiunto la fase
 di sviluppo clinico nell’uomo per l’impatto degli eventi avversi (figura 7).

 Approfondimento
 Microbiota e disturbi dell’umore
 Tra tutte le cellule dell’organismo umano, una quo-
 ta rilevante è rappresentata dalle cellule intestinali
 nel loro insieme (microbiota). Da anni è noto che il
 microbiota può influenzare patologie di tipo interni-
 stico, più sorprendente è stato invece dimostrare
 nell’animale e nell’uomo l’impatto a livello del SNC,
 nella regolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene
 (31) e quindi di importanti processi fisiologici, come
 l’immunomodulazione, l’adiposità, l’equilibrio ener-
 getico. Modificazioni del microbiota sono in grado di determinare alterazioni della barriera epiteliale intestinale e
 fenomeni di tipo infiammatorio, che possono influenzare il SNC.
 Recentemente è stato dimostrato nel topo con melanoma indotto, che le risposte ai farmaci immunomodulanti dipen-

 Il futuro della diagnosi                                                                                                 19
Medicina di precisione e spettro bipolare

 dono dalla tipologia del microbiota presente: l’assenza del Bifido bacterium determina una caduta della risposta agli
 immunomodulatori. La flora intestinale è, quindi, in grado di modulare la risposta immunologica. Inoltre, nell’uomo
 l’assunzione di probiotici induce una normalizzazione dello stato pro-infiammatorio (32).

 Lo studio della componente motoria della mania: dal comportamento
 alla genetica
 Il DSM 5 ha introdotto una maggiore attenzione alla
 componente motoria dei disturbi e nel caso della ma-
 nia, all’aumento dell’attivazione motoria: questo filo-
 ne di studi non solo potrebbe portare ad identificare
 un nuovo aspetto della mania, ma anche consentire
 una stratificazione della patologia con maggiore at-
 tenzione ai fini della personalizzazione terapeutica.
 La recente maggiore attenzione al ruolo del sistema
 dopaminergico nei disturbi dell’umore (33, 34) ha
 permesso per la prima volta un’ipotesi di stratifica-
 zione dal comportamento alla genetica, dalla gene-
 tica al meccanismo funzionale e possibilmente alla                                                               figura 8
 terapia.
 In uno studio di traslazione inversa (da uomo ad ani-
 male a uomo), condotto all’Università di San Diego,
 pazienti affetti da disturbo bipolare e in fase di ma-
 nia, pazienti affetti da schizofrenia e soggetti sani di
 controlli hanno indossato un giubbetto contenente
 dei decodificatori di segnali presenti nell’ambiente.
 Quando lasciati soli nella stanza, in cui era possibile
 monitorare il comportamento esplorativo (Behaviou-
 ral Pattern Monitor) mostravano pattern diversi: nella
 mania, era prevalente attività motoria di tipo periferi-
 co (lungo le pareti).                                                                                            figura 9
 Questo pattern motorio è stato correlato all’aumentata attività motoria e all’aumentata attività esplorativa dei pazienti
 affettti da mania, i pazienti affetti da SZ non paiono molto interessati a ciò che li circonda, mentre i controlli restano
 in attesa di essere convocati senza manifestare particolare pattern motorio (figura 8).
 Il BPM potrebbe rappresentare un metodo oggettivo per monitorare una franca disinibizione e un’attivazione motoria,
 caratteristica del disturbo bipolare: in questi pazienti le modalità utilizzate per esplorare in un nuovo ambiente e sta-

 Il futuro della diagnosi                                                                                                 20
Medicina di precisione e spettro bipolare

 bilire un contatto con una persona non conosciuta
 riflettono l’incapacità di filtro dei meccanismi che
 modulano la condotta sociale appropriata.
 Per replicare nel modello animale questo comporta-
 mento motorio sono stati poi ingegnerizzati topi KO
 per il trasportatore della dopamina. Tale alterazione
 determina un condizione di iperdopaminergia che in
 parte ricapitola la condizione di elavata dopamina si-
 naptica indotta da amfetamina, inibitore del traspor-
 tatore della dopamina. I modelli basati sull’inibizione
 genetica o farmacologica del DAT potrebbero rap-
 presentare meglio il fenotipo maniacale rispetto al                                                       figura 10
 modello “classico” (figura 9).

 Le conferme degli studi
 di imaging
 In un altro studio, è stato possibile quantizzare alla
 PET in soggetti sani e in pazienti con disturbo bipo-
 lare l’espressione del trasportatore della dopamina:
 nei pazienti con disturbo bipolare il trasportatore è
 diminuito e si verifica anche in questo caso una si-
 tuazione di iperdopaminergia (35) (figura 10).
 E’ stato ipotizzato che individui eterozigoti o omozi-
                                                                                                           figura 11
 goti per una variante (polimorfismo) del gene codificante
 per il trasportatore, della dopamina, la proteina non raggiunge la superficie e si concentra nella parte centrale del
 neurone. In questa condizione non può, quindi, funzionare, in quanto non è in grado di trasportare dopamina dallo
 spazio sinaptico all’interno del neurone presinaptico (36) (figura 11).

 Il futuro della diagnosi                                                                                            21
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Medicina di precisione e spettro bipolare

 Ripensare le malattie mentali
 Verso il “crepuscolo” del modello farmacologico
 Oggi in campo psichiatrico emerge sempre più la problematica di impostare terapie farmacologiche basandosi su un
 sistema nosografico, come il DSM-5 (1), considerato poco valido, e per questo criticato, in quanto apre al rischio di
 formulare diagnosi non supportate da adeguate evidenze scientifiche, e per la non corrispondenza di queste diagnosi
 con i farmaci ai quali viene attribuita efficacia nei diversi disturbi mentali (2). Negli anni, il modello farmacologico ha
 mostrato la fragilità dell’impostazione farmaco-centrica nell’interpretazione patogenetica dei diversi disturbi mentali.
 Sono, infatti, venute a cadere le teorie più semplicistiche, come quella dopaminergica della schizofrenia, basata
 sulle azioni anti-dopaminergiche della maggior parte dei farmaci antipsicotici utilizzati o la teoria serotoninergica del
 disturbo ossessivo-compulsivo.
 Nel DSM-5 vi è un’eccessiva attenzione all’attendibilità del procedimento diagnostico, a spese della validità, il che
 ha prodotto un sistema tassonomico altamente frammentato, con categorie distinte sul piano nosografico ma non
 su quello clinico. Sono ormai molto forti le evidenze della continuità esistente tra disturbi depressivi, bipolari, bipolari
 psicotici e schizofrenia o tra disturbi del neurosviluppo e la schizofrenia. In altre parole, nella pratica clinica, esiste
 una continuità e fluidità di forme; i pazienti passano da uno stato all’altro e le sfumature interpretative dipendo-
 no fortemente dal clinico. BD e schizofrenia sono sindromi aspecifiche multideterminate, esito finale di numerose
 condizioni patologiche: quindi, il paziente va tipizzato e studiato in modo più approfondito, per avere informazioni
 che ci consentano di utilizzare al meglio gli strumenti terapeutici aspecifici disponibili, cercando di evitare il danno
 iatrogeno.
 Inoltre, oggi viene criticata l’ipersemplificazione dell’approccio farmacologico alle malattia mentali: l’ottenimento di
 una remissione sintomatica non è, infatti, sempre legato alla remissione funzionale. Questo modello ha contribuito
 anche a creare delle “false aspettative”: gli studi di genetica, ad esempio, non sono stati in grado di rilevare se non
 geni aspecifici. Un approccio biomedico più “spinto” è sicuramente attraente, ma prematuro e rappresenta una base
 poco solida e incompleta per comprendere le malattie psichiatriche (3). Di fronte al progresso delle neuroscienze,
 del neuroimaging, della neurogenetica, è importante ricordare che quasi tutte le patologie psichiatriche rimangono
 idiopatiche e la maggior parte non ha un riscontro non solo eziologico, ma neppure fisiopatologico, e in tal senso
 sono sempre stati limitati gli sforzi per sviluppare una psichiatria ad orientamento biomedico oltre l’utilizzo empirico
 dei farmaci; in tal modo è divenuta dominante in psichiatria la teoria biologica “farmacocentrica” (4).
 Infine, ma non meno importante, va sottolineato che l’approccio seguito finora ha permesso di ottenere il controllo
 di queste patologie solo nell’acuto, come dimostra il successo parziale dei trattamenti a lungo termine (4), con per-
 sistenza di cronicità e deterioramento funzionale, o della prevenzione del suicidio.
 Siamo, quindi, di fronte ad un vero e proprio “tramonto” del modello proposto del DSM, che ha “creato” categorie
 diagnostiche alle quali attribuire un trattamento farmacologico ad hoc, in completa assenza di diagnosi valide e
 trattamenti specifici. La psicofarmacologia moderna ha certamente ottenuto benefici clinici che hanno modificato

 Ripensare le malattie mentali                                                                                              24
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