Mapping di comunità nei villaggi dell'Africa subsahariana: dalle forme tradizionali alle nuove frontiere cartografiche per la cooperazione allo ...

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Federica Burini

Mapping di comunità nei villaggi dell’Africa subsahariana:
dalle forme tradizionali alle nuove frontiere cartografiche
per la cooperazione allo sviluppo

Summary: COMMUNITY        MAPPING IN   SUB-SAHARAN AFRICAN     VILLAGES: FROM TRADITIONAL FORMS TO NEW CARTOGRAPHIC
             FRONTIERS IN DEVELOPMENT COOPERATION

The article has the aim to illustrate the diffusion of participatory mapping systems in Sub-Saharan Africa within a wider
evolution of cartographic representations among African communities. By considering the different societies who realized
a process of territorialization in the African continent, we can notice that each one is characterized by forms of spatial
representation where traditional societies have covered an important role. The article adopts an approach based on cartographic
semiosis which relates map interpretation with the analysis of territory and it analyzes the evolution of cartographic forms
realized with the contribution of local communities in Sub-saharan Africa, considering the processes of territorialization.
Finally, the SIGAP methodology is presented in order to recover traditional local knowledge within projects of environmental
cooperation. This methodology assumes community mapping as a central component for a deep social and territorial analysis
of villages located around some protected areas of Western Africa.

Keywords: Traditional societies, Subsaharan Africa, development cooperation, community mapping.

Introduzione                                                      ratura riguardante lo studio della produzione car-
                                                                  tografica di stampo tradizionale è scarsa rispetto
   La cartografia diffusa nell’ambito della coope-                alla vastità di studi che hanno analizzato quella
razione allo sviluppo prevede da alcuni decenni                   prodotta nel contesto americano. In secondo luo-
il coinvolgimento di coloro che vivono nel luogo                  go, negli studi riferiti all’Africa subsahariana, la
in cui si realizzano i progetti. Infatti, in concomi-             terminologia utilizzata per descrivere la produ-
tanza con la diffusione di nuovi modelli di coo-                  zione cartografica tradizionale non identifica una
perazione che rispondono al concetto di sosteni-                  specifica tipologia: ai termini “carta tradizionale”
bilità, partecipazione e attenzione alle dinamiche                o “indigena” gli autori associano una serie di do-
territoriali (Bignante et al., 2008), sono matura-                cumenti prodotti prima e dopo la conquista, sen-
te delle tecniche cartografiche che prevedono il                  za soffermarsi sul processo di territorializzazione
coinvolgimento delle comunità locali interessate                  cui si riferiscono. Woodward utilizza l’aggettivo
dal progetto stesso. Si tratta di una forma evoluta               “tradizionale”1 (Woodward, 1998) per indicare le
di cartografia tradizionale, che nelle origini non                rappresentazioni prodotte dalle comunità locali
prevedeva l’intervento di un intermediario.                       senza distinguere le epoche storiche. Allo stes-
   Sino ad oggi la cartografia tradizionale è stata               so modo, nell’espressione “cartografia indigena”
oggetto di studio prevalentemente nel contesto                    Bassett include le carte cosmografiche e mnemo-
americano, a partire dal quale sono state elabora-                niche pre-coloniali, così come la cartografia rea-
te definizioni diverse che attestano l’esistenza di               lizzata su richiesta durante la territorializzazione
una vera e propria babele cartografica. Si parla                  coloniale (Bassett, 1998, p. 33). Viceversa, altri
infatti di cartografia: aborigena (Aberley, 1993);                autori utilizzano la stessa espressione per fare
tradizionale (Woodward, Lewis, 1998); indigena                    riferimento “ad un fenomeno recente” utilizzato
(Sletto, 2009; Pualani Louis, Johnson, Pramo-                     negli ultimi decenni per la rivendicazione fondia-
no, 2012), nativa (Lewis, 1998a; Wickens Pearce,                  ria in molti paesi del Sud del Mondo tra cui quelli
1998), autoctona (Hirt, 2009) o ancora di etno-                   africani (Chapin, Lamb, Threlkeld, 2005). Tali
cartografia (Chapin, Lamb, Threlkeld, 2005). Se                   esempi dimostrano che la terminologia riferita ai
ci si sofferma sul contesto africano, emergono due                documenti cartografici realizzati con il contribu-
considerazioni rilevanti. In primo luogo, la lette-               to delle popolazioni africane non tiene conto del

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processo di territorializzazione in atto al momen-                 logiche della società basica, delle istituzioni sta-
to della loro realizzazione.                                       tali, delle organizzazioni non governative e degli
   Infatti, sebbene gli autori concordino su un si-                organismi internazionali.
gnificato comune di tali espressioni rispetto alla
figura dell’interprete (appartenente alla comu-
nità che abita il territorio rappresentato), all’in-               La cartografia tradizionale in Africa subsahariana:
formazione veicolata (concernente i saperi e le                    un processo cartografico autocentrato
competenze della società locale) e le modalità re-
dazionali (non conformi alla tradizione occiden-                      Tra gli studi autorevoli che hanno analizzato la
tale), non vi è corrispondenza rispetto al processo                cartografia delle società tradizionali dell’Africa
di territorializzazione2 nel quale tali documenti                  subsahariana, quelli presenti all’interno del se-
si collocano, elemento imprescindibile per com-                    condo volume della History of Cartography (Libro
prendere le specificità della rappresentazione. La                 III) costituiscono un punto di riferimento (Bas-
semiosi cartografica è l’approccio teorico più uti-                sett, 1998; Maggs, 1998)3. Se i lavori di Bassett e
le in questo contesto, poiché consente di recupe-                  Maggs sono significativi nel fornire casi di carto-
rare la specificità della territorializzazione (Casti,             grafia tradizionale relativa al contesto africano,
1998). Essa infatti si distingue per l’adozione di                 essi si fermano tuttavia ad una loro analisi “ogget-
due assunti: i. la carta è strettamente legata alle                tuale”. Una volta definito l’oggetto dell’analisi in
dinamiche territoriali cui è necessario ancorare                   modo generale come “cartografia indigena” (indi-
la sua interpretazione; ii. la semiosi, quindi, il                 genous maps), l’intento di Bassett è di catalogare le
processo mediante il quale l’informazione viene                    carte cosmografiche, quelle mnemoniche e quelle
prodotta e trasmessa, si attiva in presenza di un                  “a richiesta”. Queste ultime sono incluse nelle car-
interprete concepito nella doppia funzione di at-                  te tradizionali, sebbene appartengano ad un pro-
tore territoriale e di comunicatore sociale.                       cesso di territorializzazione differente dalle altre
   A patire da tali premesse, il contributo prende                 due tipologie. Maggs, dal canto suo, si concentra
in esame la differenziazione delle fasi di produ-                  sulla lettura dell’arte rupestre dell’Africa austra-
zione cartografica con il coinvolgimento delle so-                 le, catalogandola a seconda dell’attività produtti-
cietà africane (Tab. 1), considerando: la cartografia              va praticata dai suoi realizzatori e riflettendo sulla
tradizionale che, rispondendo ad una logica auto-                  ricorrenza di incisioni di tipo cartografico in cui è
centrata, permette la regolazione sociale fissando                 evidente che l’interprete ha scelto con cura i sup-
alcuni aspetti simbolici e giurisdizionali della spa-              porti litici poiché gli permettevano di restituire la
zialità tradizionale; la cartografia “dell’incontro” o “a          morfologia del territorio rappresentato (Maggs,
richiesta”, sviluppatasi nell’ambito delle territoria-             1998, pp. 21-23)4.
lizzazioni eterocentrate mercantile e coloniale; il                   L’analisi proposta dai due autori non permette
mapping di comunità in cui rientrano i sistemi car-                di indagare alcuni aspetti nodali che la distinguo-
tografici partecipativi diffusi nei progetti di coo-               no rispetto alle rappresentazioni cartografiche di
perazione allo sviluppo in Africa subsahariana.                    stampo occidentale e che viceversa possono emer-
   L’articolazione delle tre fasi cartografiche met-               gere da una loro interpretazione semiotica. La fi-
te in luce la crescente complessità degli interpreti               gura dell’interprete è strettamente correlata al tipo
cartografici: nel primo caso, la cultura della so-                 di informazione veicolato. Colui che realizza la carta
cietà locale tradizionale, nel secondo, la presenza                appartiene alla società basica (logica territorializ-
di un incontro tra diverse logiche tradizionali ed                 zante autocentrata) e possiede forti legami con la
eterocentrate mercantili e coloniali, nel terzo le                 terra. Ciò permette di rappresentare gli aspetti

Tab. 1. Differenziazione delle fasi di produzione cartografica ad opera o col coinvolgimento delle società tradizionali
africane a seconda del processo di territorializzazione.

      Fasi cartografiche                           Interprete                              Funzione primaria
Tradizionale                      Società basica                           Regolazione sociale
“dell’incontro” o “a richiesta”   Società basica + società mercantile/ Conoscenza dell’Altrove
                                  coloniale
di comunità                       Società basica + istituzioni neobasiche + Sviluppo locale/rivendicazione diritti fondiari
                                  organismi internazionali

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legati alla legittimità 5, vale a dire i meccanismi di    e “solicited maps” utilizzata da Thomas Bassett
funzionamento e di riproduzione sociale delle po-         per analizzare il contesto africano (Harley, 1992;
polazioni locali conformemente alla tradizione,           Bassett, 1998). Harley sottolinea l’importanza di
che si traducono nei saperi funzionali, simbolici         questa tipologia cartografica nella produzione di
e performativi (Turco, 1998). Riflettere sull’inter-      conoscenza dal momento che è servita agli esplo-
prete cartografico serve dunque a problematizza-          ratori europei per ricostruire percorsi, luoghi di
re il significato della cartografia, a recuperare il      sbarco, insediamenti. Gli studi di Harley sono
senso della spazialità e del rapporto tra società e       infatti considerati precursori dell’analisi della
territorio.                                               cartografia prodotta nel periodo dell’incontro
   Un secondo elemento distintivo della carto-            tra l’Europa e l’Altrove: essi si pongono in contro-
grafia basica è la struttura grafica utilizzata: essa è   tendenza rispetto al giudizio espresso dagli storici
caratterizzata dalla topologia, attraverso la quale       della cartografia che videro nelle rappresentazio-
“i concetti di linearità, centro e periferia, conti-      ni prodotte dalle comunità locali una forma non
guità e associazione sono restituiti con molta più        rispondente ai canoni euclidei della cartografia
pregnanza che nella metrica di un astratto piano          europea. Il lavoro di Harley informa sull’esistenza
infinito” (Woodward, 1998, cit. p. 309). Inoltre,         di un corpus di mappe “alternative” a quelle eu-
nella cartografia basica non esiste il concetto di        ropee, significative nella storia del continente. La
scala misurata con unità standard, bensì esiste           terminologia scelta da Harley è in linea con quella
una modalità mediante la quale gli oggetti che ri-        proposta da Bassett, che definisce tale tipologia
coprono un’importanza sociale più grande vengo-           cartografica come una carta a richiesta (“solicited
no rappresentati in una misura maggiore e posti           map”) rientrante tuttavia per l’autore all’interno
al centro della rappresentazione, secondo logiche         del processo di “indigenous mapmaking” (Bas-
e principi non euclidei.                                  sett, 1998, p. 33), senza dunque distinguere se sia-
   Un ulteriore elemento da sottolineare è il proce-      no state realizzate prima della conquista o dopo,
dimento e i prodotti che ne derivano. Woodward, per       e dunque ignorando la logica territorializzante.
esempio, riconosce tre diverse manifestazioni del-            Consideriamo un esempio presente nel volu-
la conoscenza spaziale basica: quella conoscitiva,        me edito nel 1886 dalla SGI (Società Geografica
costituita dalle costruzioni mentali; quella in azio-     Italiana) sui viaggi compiuti da Zeila a Caffa da
ne, che si traduce nella realizzazione di rappre-         Antonio Cecchi6, riguardante una carta geogra-
sentazioni prevalentemente non materiali ed effi-         fica da lui definita “una singolarissima carta […]
mere (gesti, rituali, canzoni, poesie, ...); ed infine    dovuta alla scienza geografica di un abissino” (fig.
quella puramente materiale, a sua volta distinta          1) ritenuta utile poiché riproducente le località
tra cartografia “in situ” (come l’arte rupestre) e        situate nelle regioni meridionali dello Scioa con
“mobile” prodotta su supporti diversi (carta, pelli       i designatori riferiti ai corsi d’acqua, alle sorgen-
d’animale, sabbia, corteccia, tessuti, il corpo uma-      ti, ai villaggi e ai regni presenti scritti in amarico
no) (Woodward, 1998, p. 307).                             (Cecchi, 1886).
   Infine, un aspetto distintivo della cartografia            Si tratta di un esempio di carta dell’incontro
basica è la sua continuità nel tempo e la sua antichi-    che, se analizzata mediante la semiosi cartogra-
tà. Essa è testimoniata dalle pitture ed incisioni        fica, permette di far emergere alcuni aspetti in-
rupestri pervenute sino ai nostri giorni (Casti,          teressanti e utili ai fini dell’analisi. Il primo con-
2004), e si riferisce alle società del passato prima      siste nella figura dell’interprete che comprende sia
dell’incontro con la società occidentale, ma si           esponenti della società tradizionale africana che
mostra tuttora presso i villaggi rurali dell’Africa       di quella europea. La carta pubblicata da Cecchi
subsahariana nelle sue varie manifestazioni deli-         è stata realizzata “da un abissino” su richiesta di
neate da Woodward (1998).                                 Cecchi ed è stata poi da lui riprodotta “in facsimi-
                                                          le fototipico”. Accanto a ciascun toponimo scrit-
                                                          to in amarico, è inserito un numero decifrabile
La cartografia dell’incontro durante l’esplorazione       mediante una legenda pubblicata nella pagina
in Africa                                                 successiva (Cecchi, 1886, cit. p. 551) (Fig. 1). Tale
                                                          legenda, che riporta la traduzione dei toponimi
   Prendendo in esame la cartografia dell’incon-          in caratteri latini e l’interpretazione del fenome-
tro tra la società locale e quella europea in Africa      no cui rimandano, ha richiesto l’intervento di un
subsahariana, si può far riferimento a due espres-        terzo interprete, il cardinale Massaia7, che “ebbe
sioni: “map of the ecounter” introdotta da Brian          la bontà di favorirci la trascrizione od interpreta-
Harley riferendosi al territorio nord-americano           zione dei nomi” (Cecchi, 1886, p. 551).

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a)                              b)                                               c)

Fig. 1. Esempio di carta dell’incontro. a) mappa delle regioni meridionali dello Scioa realizzata da un abissino; b) dettaglio;
c) legenda (Fonte: Cecchi, 1886, tav. IV, pp. 551-552).

    Ciò permette di riflettere altresì sull’informa-              studio regionale, frutto di una rielaborazione ot-
zione veicolata, che risponde alle richieste dell’e-              tenuta mediante l’inserimento di una chiave di
sploratore europeo ed è condizionata dalle sue                    lettura, con l’intento di dimostrare, da un lato,
domande. La carta di Cecchi riporta delle icone                   che le informazioni raccolte possedevano una
cartografiche composte dal surrogato figurale                     fonte autorevole e, dall’altro, di assicurarne la
(prevalentemente di tipo lineare) accompagnato                    comprensione presso i lettori italiani.
dal designatore trascritto nella lingua locale, cui                  Tali aspetti rimandano ai procedimenti tuttora
si aggiunge il surrogato numerale che permette di                 in uso nella realizzazione di sistemi cartografici
decifrare il significato di ciascun fenomeno nella                partecipativi realizzati nei progetti di coopera-
legenda. È raro che una carta prodotta dalle so-                  zione in Africa e suggeriscono l’importanza di
cietà tradizionali riporti i designatori nella lingua             riconoscere gli interpreti e i contenuti della pro-
locale, dal momento che ci troviamo presso socie-                 duzione cartografica nelle sue diverse fasi, al fine
tà prive di scrittura prima del contatto con gli Oc-              di distinguere le informazioni prodotte dagli abi-
cidentali; di conseguenza, la cartografia del terri-              tanti, da quelle poi veicolate e pubblicate dai ri-
torio africano utilizza solitamente i designatori in              chiedenti.
una lingua europea oppure li omette. Tali icone,
se messe in relazione tra loro, permettono di re-
cuperare informazioni importanti circa l’organiz-                 Il mapping di comunità e le sue declinazioni nella
zazione socioterritoriale e politica del territorio,              cooperazione ambientale in Africa subsahariana
solitamente negate nella cartografia coloniale che
viceversa impone nuovi designatori nelle lingue                      Un’evoluzione della cartografia a richiesta è
europee o restituisce il territorio dell’altrove me-              quella diffusasi all’interno degli approcci e dia-
diante criteri occidentali. L’informazione riguar-                gnostici partecipativi propri dei progetti di coo-
da, infatti, una fitta rete idrografica, le sedi di una           perazione allo sviluppo in Africa subsahariana. Si
decina di regni, tra cui quello di Caffa, circondati              tratta di una cartografia realizzata per raccogliere,
da molti villaggi.                                                con l’aiuto delle popolazioni locali, un insieme di
    Infine, per quanto riguarda il procedimento e i               informazioni relative ad uno specifico ambito ter-
prodotti che ne derivano, siamo in presenza di due                ritoriale (villaggio, quartiere, …) e farne emergere
documenti diversi: quello originale realizzato                    le problematiche e le criticità utili agli stakeholder
dall’esponente della società basica e quello pub-                 gravitanti sull’area (referenti istituzionali, Ong lo-
blicato dall’esploratore italiano all’interno di uno              cali o internazionali, progetti di cooperazione).

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Per quanto riguarda la figura dell’interprete, il              enti o Ong locali, risponde alla logica eterocen-
termine “mapping di comunità” viene qui uti-                      trata occidentale finalizzata alla realizzazione di
lizzato con l’intento di sottolineare il passaggio                progetti di sviluppo in ambiti diversi; iii. quella
da un approccio partecipativo ad un approccio                     autocentrata dei diversi attori presenti nello stes-
comunitario (Turco, 2010, p. 29): se il primo                     so insediamento, per la messa in atto di forme
evidenziava l’associazione della società locale                   di empowerment e di rivendicazione dei diritti
ad un progetto cartografico esterno, il secondo                   legittimi sulle terre.
recupera le comunità basiche quali attori pri-                       Dal punto di vista dell’informazione veicolata, i
mari del processo cartografico che restituisce il                 progetti di cooperazione allo sviluppo sono ricchi
loro rapporto con il proprio territorio e dunque                  di esempi di cartografia partecipativa incapace di
riconosce l’importanza del quadro della legit-                    trasmettere le istanze locali e i saperi identitari di
timità (Burini, 2012). Spesso, dietro l’etichetta                 coloro che hanno contribuito alla sua redazione.
“cartografia partecipativa”, si è celata un’idea di               Tali esempi mostrano solitamente l’organizzazio-
comunità locale intesa come “entità monolitica”                   ne interna di villaggi che potrebbe essere valida
(Rossi, 2000, p. 195) e uniforme che nasconde                     per un qualsiasi altro contesto territoriale, utiliz-
le molteplici sfaccettature della società locale: i.              zando icone geometriche prive dei designatori lo-
una logica neo-basica fondata sul principio della                 cali e dunque impedendo la restituzione del senso
legalità ereditato dalla territorializzazione colo-               dei luoghi e della loro valenza simbolica o perfor-
niale, ad opera delle istituzioni nazionali africa-               mativa (Fig. 2).
ne per la pianificazione territoriale; ii. quella del-               Da un punto di vista dei procedimenti e dei pro-
la cooperazione, che sebbene appoggiandosi ad                     dotti che ne derivano Emanuela Casti propone una
                                                                  distinzione dei sistemi cartografici partecipativi
                                                                  (Casti, 2013, pp. 141-142) in:
                                                                     i. cartografia partecipativa realizzata su richie-
                                                                          sta di un attore esterno alla comunità che
                                                                          la realizza, mediante supporti cartacei o
                                                                          plastici associati a software di grafica com-
                                                                          puterizzata per la rielaborazione digitale
                                                                          (in tale categoria rientrano le skecth maps
                                                                          o disegni partecipativi, il participatory 3-D
                                                                          modeling e il participatory photomapping (Bu-
                                                                          rini, 2006; Rambaldi, Callosa-Tarr, 2000;
                                                                          Mather et al., 1998);
                                                                     ii. community integrated GIS (Harris, Weiner,
                                                                          1998) che associano la cartografia parteci-
                                                                          pativa con i sistemi di posizionamento glo-
                                                                          bale (GPS) per la georeferenziazione dei
                                                                          luoghi segnalati dalla comunità locale e il
                                                                          loro trasferimento all’interno dei softwares
                                                                          GIS;
                                                                     iii. public participation GIS (PPGIS) (Craig et al.,
                                                                          2002), sviluppatisi soprattutto in Africa au-
                                                                          strale, all’interno di comunità di villaggio
                                                                          in cui è possibile utilizzare i sistemi GIS di-
                                                                          rettamente da parte delle comunità locali.
                                                                     Come sottolinea Mark Palmer nell’ultimo nu-
                                                                  mero della rivista Cartographica dedicata al tema
                                                                  Indigenous cartographies and counter-mapping, le
                                                                  nuove tecnologie offrono un panorama assai ric-
                                                                  co nell’evoluzione del mapping di comunità, per
                                                                  creare processi cartografici ibridi capaci di fon-
                                                                  dere tecnologie digitali, competenze scientifiche
Fig. 2. Restituzione digitale di sintesi dei disegni partecipa-
tivi realizzati nel villaggio di Bougouni in Mali nel quadro      e saperi basici in un unico sistema ch’egli defini-
di un progetto di cooperazione olandese (Fonte: S. Diarra         sce “indigital Geographic Information Network”
et al., 1995, p. 24).                                             (iGIN) coniugando il termine indigeno con la

  84                                                                                           AGEI - Geotema, 48
possibilità di connettere expertise e competenze                  (Casti, 1998), il passaggio dalla logica topografica
diversificate grazie alle tecnologie (Palmer, 2012,               a quella corografica che recuperi il senso dei luo-
pp. 80-91).                                                       ghi (Casti, 2013). Fino ad ora tale metodologia è
    Numerosi sono i tentativi di formalizzazione di               stata applicata a tre contesti rurali africani – la
metodi partecipativi per la cooperazione ambien-                  periferia della Riserva della Biosfera transfrontaliera
tale in Africa – si vedano per esempio il ComMod                  W (Benin, Burkina Faso e Niger) (Casti, 2006; Bu-
“Companion Modelling” (Etienne, 2010), oppu-                      rini 2006; Ghisalberti, 2011), l’Unità di protezione
re i lavori condotti nella valle del Senegal (D’A-                e conservazione Arly (Burkina Faso) (Casti, Yon-
quino, Seck, Camara, 2002) – tuttavia, è difficile                keu, 2010) e il Parco Nazionale di Zinave (Belotti,
identificare approcci interessati al connubio car-                2013). Il quesito principale posto dalla Strategia
ta/territorio. Pare dunque utile, nella prospettiva               SIGAP è il seguente: come rappresentare median-
di diffondere un uso più riflessivo del mapping di                te la cartografia un processo di decisione collet-
comunità, ricorrere a metodologie di analisi che                  tiva riferito alla gestione delle risorse naturali e
al di là del mero strumento di cartografazione                    culturali di un territorio, all’interno di un quadro
considerino il mapping quale vero e proprio pro-                  complesso di attori ancorato sul doppio piano del-
cesso finalizzato a raccogliere problemi o soluzio-               la legittimità e della legalità. Un esempio in grado
ni condivise da una comunità.                                     di illustrare una risposta a tale quesito è il lavoro
    In questa prospettiva, il Laboratorio Carto-                  di ricerca pluriennale realizzato nelle periferie
grafico Diathesis dell’Università di Bergamo ha                   della RBT W – Riserva della Biosfera transfrontalie-
progettato la Strategia SIGAP (Sistemi Informativi                ra W dove la metodologia SIGAP ha permesso di
Geografici per le Aree Protette/Azioni Partecipate) (Ca-          proporre una zonizzazione su base comunitaria
sti, 2006), una metodologia che si distingue da                   delle periferie dell’area protetta, a partire dalla
quelle sopra citate per l’ancoraggio a tre fonda-                 ricostruzione delle reti tradizionali tra villaggi
menti teorici: l’analisi del processo di territoria-              e dei loro piani di autorità. Un esempio virtuo-
lizzazione (Turco, 1986), la semiosi cartografica                 so di tale ricostruzione è dato per esempio dalle

                                          a)

                                                             b)                                                     c)

Fig. 3. Il mapping di comunità: il caso del regno di Kandi (Bénin). a) il sovrano Saka del Regno di Kandi; b) disegno rea-
lizzato dal sovrano di Kandi e dai suoi consiglieri per illustrare l’estensione del Regno; c) estratto del sistema cartografico
Multimap (www.multimap-parcw.org).

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ricerche di terreno svolte nel regno di Kandi nel        più bassa penetrazione di Internet (11%) (Sui et
Bénin settentrionale dove, mediante il coinvolgi-        al. 2013, p. 5).
mento delle autorità tradizionali, sono stati resti-        Consultando alcune piattaforme cartografiche
tuiti cartograficamente l’estensione del regno e le      collaborative riferite ai territori africani emer-
reti socio-territoriali secondo le quali funzionano      gono alcuni aspetti interessanti: in primo luogo,
i rapporti tra villaggi e a cui è necessario legare la   l’attenzione alla creazione di informazioni carto-
zonizzazione finalizzata alla protezione ambienta-       grafiche di base o all’aggiornamento di diverse re-
le (Fig. 3).                                             gioni africane, dimostrato dal progetto OpenStreet-
   La metodologia SIGAP ha previsto infatti ricer-       Map; inoltre, l’attenzione all’aspetto ideologico
che di terreno pluriennali, realizzate con la colla-     del processo di mapping e la sua personalizzazione
borazione di ricercatori appartenenti alle diverse       africana, di cui sono esempio il sistema keniota
etnie coinvolte, dei referenti tradizionali e legali     Ushahidi (che in swahili significa “testimone” e che
dei villaggi, delle associazioni tradizionali locali,    consente dal 2007 di descrivere e geolocalizzare
degli interlocutori dei progetti di cooperazione         situazioni di crisi o di guerra grazie ai contribu-
ambientale e delle istituzioni preposte alla salva-      ti collaborativi e volontari dei testimoni di questi
guardia. L’esito più evidente di tale metodologia è      eventi, Burini, 2014) o NanuYegglè (versione afri-
stato il processo di partecipazione attivato, all’in-    cana di “FixMyStreet” che in wolof significa segna-
terno del quale la cartografia ha svolto un ruolo        lare/informare, un’applicazione libera e aperta
centrale: dai disegni partecipativi si è passati ai      per comunicare problemi urbani alle istituzioni
community integrated GIS ed in seguito ai sistemi in-    municipali di Dakar).
terattivi e multimediali on-line (Multimap) elabo-          Fatte salde le potenzialità di questi sistemi nella
rati appositamente per essere consultabili anche         produzione e raccolta di nuove informazioni ge-
nei territori in cui la connessione internet non è       ografiche di natura volontaria, è ancora difficile
performante. Tali sistemi, a partire dalla denomi-       stabilire il loro impatto nella rappresentazione
nazione tradizionale e ai suoi profondi significati      del territorio africano e dunque la loro efficacia
simbolici e performativi, utilizza delle soluzioni       nel veicolare i saperi delle comunità locali e nel
grafiche che possano far emergere i saperi anco-         gestire il rapporto tra legittimità e legalità in uno
rati all’uso e all’organizzazione delle risorse. In      scenario attoriale così complesso come quello
tal modo, si costruiscono le fasi di conoscenza, di      africano. È ancora così inusuale imbattersi in un
progettazione, di concertazione e di capitalizza-        progetto cartografico online autocentrato e volon-
zione e aiuto alla presa di decisione facendo di-        tario, riguardante il territorio africano, che quan-
venire il mapping di comunità una vera e propria         do lo si incontra, si rimane catturati dalla novità e
piattaforma di confronto tra i diversi attori coin-      si dimentica di riflettere su ciò che accade a livel-
volti nel progetto di cooperazione (Casti, 2013,         lo pragmatico: campo ancora da indagare e che
pp. 147-160).                                            potrebbe aprire nuove percorsi di ricerca e nuovi
                                                         scenari anche nella cartografia della cooperazio-
                                                         ne allo sviluppo.
Conclusioni: la VGI come nuova frontiera
cartografica nella cooperazione allo sviluppo in
Africa?                                                  Bibliografia
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potrebbe trovare uno sbocco naturale nel Geo-               Society Publishers, 1993, pp. 8-16.
Web 2.0 che, grazie alla sua natura collaborativa,       Adler B.F., Karty pervobytnykh narodov, in «Izvestiya Imperator-
sta promuovendo il ritorno alla realizzazione di            skago Obshchestva Lyubiteley Yestestvoznanya, Antropolo-
una cartografia autocentrata africana. Si tratta            gii i Etnografi», Trudy Geograficheskago Otdeliniya, 119, n.
                                                            2, 1910, pp. 171-177.
della produzione di informazione geografica da           Bassett T., Indigenous Mapmaking in Intertropical Africa, in Wood-
parte di utenti che autonomamente decidono di               ward D., Lewis M. (a cura di), «The History of cartography»,
far parte di un’impresa cartografica collettiva e           vol. 2, Book 3, Cartography in the traditional African, Amer-
volontaria nel web, secondo la definizione data             ican, Arctic, Australian, and Pacific societies, Chicago, Uni-
da Goodchild (2007). Tuttavia, è necessario circo-          versity of Chicago Press, 1998, pp. 24-48.
                                                         Belotti S., Meio Ambiente E Turismo Sustentável Em Moçambique:
scrivere questo ritorno ad una porzione limitata            Organização Territorial E Conhecimentos Culturais No Parque
di utenti e di territori coinvolti dal momento che          Nacional De Zinave, in Roque A.C., Rodrigues E. (a cura di),
il continente africano è quello in cui si registra la       «Atas do Congresso Internacional Saber Tropical em Moçambique:

  86                                                                                        AGEI - Geotema, 48
História, Memória e Ciência», Instituto de Investigação Científi-          phy», vol. 2, Book 3, Cartography in the traditional African,
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                                                                              Con l’espressione “tradizionale” Woodward sottolinea il fatto
Goodchild M., Citizens as sensors: the world of volunteered geogra-        che si tratta di una cartografia «differente da quella Europea
   phy, «GeoJournal», 69, 2007, pp. 211-221.                               […] Tradizionale è stato scelto tra altri termini quali ‘prece-
Harley J.B., Rereading the Maps of the Columbian Encounter, in             dente la scrittura’, ‘più semplice’, ‘primitivo’ o anche ‘selvag-
   «Annals of the Association of American Geographers», vol.               gio’ poiché essi racchiudono sempre un giudizio negativo»
   82, n. 3, 1992, pp. 522-536.                                            (Woodward, 1998, p. 306).
Harley J.B., Woodward D. (a cura di), The History of Cartography,          2
                                                                              Per processo di territorializzazione si intende il processo
   vol. 1, Cartography in Prehistoric, Ancient, and Medieval               mediante il quale un corpo sociale produce territorio secon-
   Europe and the Mediterranean, Chicago, University of Chi-               do una logica che gli è propria. In Africa subsahariana Ange-
   cago Press, 1987.                                                       lo Turco distingue cinque processi: basico, islamico, mercan-
Harris T., Weiner D., Empowerment, marginalization and communi-            tile, coloniale e neo-basico. Si veda a tale proposito: Turco,
   ty-integrated GIS, «Cartography and Geographic Information              1986.
   Systems», 25:2, 1998, pp. 67-76.                                        3
                                                                              Oltre ai primi studi di Bruno Adler che ha indagato in parti-
Hirt I., Cartographies autochtones: Eléments pour une analyse cri-         colare il Nord Africa soffermandosi sulla cartografia dell’anti-
   tique, in «L’Espace géographique», vol. 2, 2009, pp. 171-186.           co Egitto (Adler, 1910).
Lewis, M. (a cura di.), Cartographic Encounters. Perspectives on Na-       4
                                                                              Tutto ciò in linea con le più recenti ipotesi teoriche sulle
   tive American mapmaking and map use, Chicago, The Univer-               incisioni rupestri quali rappresentazioni di una particolare
   sity of Chicago Press, 1998.                                            spazialità del mondo e incentrate sull’importanza di associare
Maggs, T., Cartographic content of rock art in Southern Africa, in         l’analisi della “plasticità del fondo-carta” con l’interpretazione
   Woodward D., Lewis M. (a cura di), «The History of cartogra-            dei segni incisi (Casti, 2013, pp. 251-261).

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   Tale categoria si contrappone alla legalità, che viceversa ri-     produsse un utile aggiornamento dei dati geografici, geode-
sponde a principi di funzionamento sociale rispondenti a un           tici, storici, linguistici ed etnografici fino ad allora noti sulle
diritto e a delle norme codificate dalla società coloniale ed ere-    regioni etiopiche che fu pubblicato dal Cecchi in un’opera in
ditati dagli stati africani.                                          tre volumi: Cecchi, 1886.
6
   Antonio Cecchi lavorò per conto della Società Geografica Ita-      7
                                                                        Il cardinale Massaia fu nominato vicario apostolico da papa
liana ed assunse alcuni incarichi diplomatici in alcune regioni       Gregorio XVI e svolse tale mandato presso la popolazione etio-
africane su cui l’Italia aveva interessi commerciali e politici (fu   pica dei Galla, a nord dell’Etiopia per 35 anni. Le sue Memorie,
designato agente politico e commerciale nel Congo, fu con-            in 12 volumi, elaborate tra il 1885 e il 1895, con incisioni e car-
sole ad Aden e poi a Zanzibar). Nel 1877 partecipò alla cosid-        te geografiche, sono di notevole importanza scientifica. Il suo
detta seconda spedizione nell’Africa equatoriale, comandata           epistolario contiene lettere incentrate su questioni religiose e
dal marchese Orazio Antinori e comprendente anche l’inge-             sociali, ma anche veri e propri bollettini politici sulla situazione
gnere Giovanni Chiarini, col compito di svolgere osservazioni         dell’Abissinia. Scrisse inoltre varie opere sulle lingue amarica
astronomiche, topografiche e meteorologiche. Tale missione            e galla.

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