Lo sviluppo dei servizi alla persona in Francia

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Lo sviluppo dei servizi alla persona in Francia
Lo sviluppo dei servizi alla persona in Francia

Introduzione

All’indomani della guerra, le politiche pubbliche hanno risposto ai bisogni di una
popolazione fragile (persone anziane, malati …) e si sono tradotte in una presa in carico
da parte delle strutture pubbliche o no-profit dell’assistenza domiciliare. Negli anni ‘80 i
servizi di assistenza sono stati percepiti come un vivaio di lavoro. Lo sviluppo di tali servizi
doveva permettere di rispondere ai bisogni di una società in mutazione che ha conosciuto
una disoccupazione importante, creando dei lavori e formalizzando un certo numero di
lavori informali. Le esenzioni, le semplificazioni amministrative e finanziarie hanno
incoraggiato, allora, il reinserimento e la creazione d’impiego in questo settore.

A partire dagli anni ‘90, le politiche pubbliche hanno favorito lo sviluppo di un settore in
evoluzione, quello dei servizi a domicilio, nel quale l’utilità sociale degli interventi presso
un’utenza fragile ha favorito il miglioramento della qualità della vita dei famigliari. I servizi
alla persona rispondono da una parte ai bisogni di un’ utenza fragile, persone anziane,
handicappate, famiglia che hanno bambini piccoli con meno di tre anni e, dall’altra parte,
ad una domanda di servizi da parte dei famigliari che desiderano liberarsi di attività
domestiche e piccoli lavori.

Oggi, i servizi alla persona sostenuti dalle politiche pubbliche sono sempre presentati come
una importante fonte di creazione di lavoro. Ciononostante, il carattere precario dei lavori
creati, la svalorizzazione del lavoro e dei rischi legati all’esercizio di questo mestiere,
interrogano in maniera globale sulle carenze qualitative del settore, così come sui bisogni
sociali aumentati di fatto dall’allungamento della durata della vita, dall’attività delle donne
e dalla mancanza di strutture di accoglienza adatte ai bambini e ad un utenza fragile.
I. Dall’aiuto a domicilio ai servizi alla persona
La categoria dei “servizi alla persona” in quanto tale è relativamente recente. E’ stata
utilizzata nei lavori del Comitato di collegamento dei servizi del Consiglio Nazionale del
Patronato francese nel 1994 prima di essere consacrata dalla legge Barloo del 2005. Il
settore dei servizi alla persona raggruppa differenti denominazioni: aiuto alla persona,
servizi a domicilio, servizi di assistenza …

Si possono distinguere tre fasi corrispondenti a tre diversi modelli di regolazione pubblica:

   a. La prima fase, in vigore all’epoca dei gloriosi anni trenta, è quella della
      regolamentazione tutelare che ha creato il settore dell’aiuto a domicilio.
   b. La seconda fase, lanciata a partire dalla metà degli anni ottanta, mescola una forma
      di deregolamentazione ad una regolamentazione di inserimento con
      l’obiettivo di creare posti di lavoro.
   c. Infine, la terza fase, iniziata a metà degli anni novanta, corrisponde ad una
      regolamentazione concorrenziale sovvenzionata. L’obiettivo è di sostenere lo
      sviluppo di un settore di attività chiamato servizi alla persona, strutturando l’offerta
      e sostenendo la domanda.

   a. La regolamentazione tutelare e l’aiuto a domicilio

Si dà la definizione di “tutelare” alla regolamentazione iniziata all’indomani della guerra
dovuta al fatto del quasi controllo dello Stato sull’offerta, la domanda e i prezzi dei servizi.
Vengono messi in atto dei dispositivi amministrativi nell’ambito delle politiche sociali.

Riguardo ai servizi a domicilio, sono stati progressivamente sviluppati tre dispositivi in
merito a tre tipologie di utenza fragile:

   • I lavoratori famigliari intervengono presso le famiglie in difficoltà dagli anni
      cinquanta,
   • I servizi d’aiuto domestico beneficiano le persone anziane a partire dalla metà
      degli anni sessanta,
   • Il sussidio compensativo per terza persona (ACTP Allocation Compensatrice
      pour Tierce Personne) viene previsto per le persone handicappate in una logica di
      compensazione dell’handicap, a partire dagli anni settanta.
    • L’offerta è composta da organizzazioni pubbliche, servizi sociali dei Comuni, poi
      Centri Comunali di Azione Sociale (CCAS), o da associazioni no-profit in convenzione
      con le istituzioni pubbliche.

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• La domanda è costituita dagli aventi diritto sovvenzionati in maniera crescente in
      funzione dei loro bisogni e decrescente in relazione ai redditi.
    • I finanziamenti sono massicciamente pubblici (fondi di azione sociale trasferiti ai
      Dipartimenti nel 1982) o collettivi (Cassa di sussidio famigliare, Cassa di
      assicurazione malattia, Casse pensionistiche, e Cotorep) così che le somme che
      restano in carico ai beneficiari sono molto piccole rispetto al costo globale di questi
      servizi.

Il sistema funziona dal punto di vista amministrativo sul modello dei servizi pubblici di
assistenza. Il settore allora costruito è quello dell’aiuto a domicilio.

   b.    La regolamentazione d’inserimento, la deregolamentazione e i lavori
        famigliari

A partire dagli anni ottanta, nel contesto della persistenza della disoccupazione, i poteri
pubblici incoraggiarono lo sviluppo dei servizi di assistenza. L’obiettivo chiaramente
manifestato è la creazione di lavoro per permettere il reinserimento delle persone in
difficoltà nel mercato del lavoro. La scelta di sviluppare i servizi di assistenza si basa su
quattro idee principali:

   •      Questi servizi rispondono a dei bisogni crescenti, legati all’invecchiamento della
        popolazione, all’aumento del tasso di impiego della donna, all’allontanamento dei
        legami famigliari, e all’indebolimento del legame sociale, in particolare nelle
        periferie svantaggiate e nelle zone rurali in via di abbandono;
   •      Questi servizi corrispondono alla scelta di terziarizzare l’economia;
   •      Questi servizi permettono la creazione di posti di lavoro senza importanti
        investimenti di capitale, lavoro in sovrappiù non delocalizzabile.
   •      I posti di lavoro creati sono percepiti come accessibili alle persone poco qualificate
        che incontrano più difficoltà nel reinserimento nel mercato del lavoro.

La regolamentazione dell’inserimento si traduce in una serie di contratti (Lavori di utilità
collettiva, contratto di impiego di solidarietà, contratto di impiego consolidato) che sono
messi in opera per incoraggiare i lavori di assistenza di utilità sociale destinati alla
collettività.
Nel 1987 sono state create le società di intermediazione dedicate all’inserimento di
persone in difficoltà. Le società di intermediazione sono state create per assicurare il
reinserimento delle persone allontanate dal lavoro. Le società di intermediazione hanno in
generale due poli di attività: un polo di piccoli lavori di pulizie, manovalanza,
manutenzione di spazi verdi destinati a comunità locali e imprese, e un polo dei servizi a

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domicilio presso privati ad eccezione degli utenti fragili (persone anziane, handicappati e
bimbi piccoli). I servizi a domicilio costituiscono spesso l’essenza dell’attività di queste
società. Le società di intermediazione sono in grado di fornire servizi meno cari di altre
strutture perché esse beneficiano di importanti esenzioni dei contributi sociali per il
personale in reinserimento. Dopo aver lavorato qualche mese nella società, si presume che
la persona trovi un lavoro stabile in un’altra struttura.

La scelta di favorire lo sviluppo del lavoro di assistenza permette di creare del lavoro a
anche di formalizzare del lavoro prima sommerso. In effetti, i servizi ”in nero” di
domestici, baby sitter e di aiuto a persone anziane si sono considerevolmente sviluppati
sotto l’influenza congiunta della massiccia entrata di donne sul mercato del lavoro,
l’aumento del tenore di vita e l’arrivo di donne immigrate nell’ambito dei ricongiungimenti
famigliari, pronte ad occupare questo tipo di impiego.

Nel 1987, le prime riduzioni di contributi sociali vengono accordati alle persone anziane,
con più di 70 anni che impiegano una persona che l’aiuti a domicilio. Esse inaugurano una
serie di misure che mirano a favorire l’impiego diretto di un dipendente da parte di un
privato per la deregolamentazione del mercato in “via amichevole”: semplificazione degli
adempimenti amministrativi e riduzione del costo del lavoro (esonero da tasse).

Così tra il 1987 e il 1993 vengono messe in opera:
   •     L’esenzione dai contributi sociali per le persone con più di 70 anni che
       impiegano una persona al proprio domicilio;
   •     Sussidio per la baby sitter a domicilio, costituito dall’esenzione dei contributi
       sociali per le famiglie che impiegano una baby sitter al loro domicilio;
   •     L’assegno-impiego– servizio semplifica le formalità di assunzione di un privato,
       e funge sia da contratto di lavoro che da foglio di pagamento;
   •     Lo statuto mandatario per le associazioni, sistema nel quale il beneficiario del
       servizio è giuridicamente il datore di lavoro che dà mandato ad una società di
       effettuare al suo posto la gestione amministrativa del lavoro: selezione, pagamento
       ecc., e beneficia così della riduzione dei contributi sociali.

   c. La regolamentazione concorrenziale sovvenzionata e i servizi alla persona

Queste politiche in favore del impiego diretto in via amichevole suscitano inquietudine
nelle associazioni che intervengono largamente in questo settore. In più il sindacato delle
imprese dei servizi alla persona, creato nel 1995, rivendica la legittimità del settore
privato lucrativo ad intervenire sul mercato. Il persistere della disoccupazione, le capacità

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di sviluppo della domanda e i bisogni sociali, creati dall’allungamento della durata della
vita, incoraggiano il legislatore a fare una politica attiva per strutturare il settore.

La regolamentazione concorrenziale sovvenzionata risponde a tre principi:

   • sviluppare la domanda sollevando i privati
   • favorire lo sviluppo dell’offerta e della concorrenza per rispondere ai bisogni,
   • armonizzare il trattamento amministrativo e fiscale delle diverse forme di offerta.

Due grandi leggi vanno ad illustrare questo tipo di regolamentazione: la legge del 1996 e
quella del 2005. Tra queste due leggi, e dopo il 2005, sono state prese altre misure,
ispirate agli stessi principi. Le legge del 1996 prevede:

   • L’allargamento del campo dei servizi: dal sostegno scolastico ai piccoli lavori di
     bricolage e giardinaggio e, in certe condizioni, la preparazione dei pasti, ivi
     compreso il tempo impiegato per fare la spesa e la consegna dei pasti.
   • L’aiuto dei comitati delle imprese o, in loro assenza, delle imprese i cui
     dipendenti desiderino ricorrere a dei servizi a domicilio.
   • Il “titolo lavoro servizio”, equivalente di un ticket restaurant per il consumo di
     servizi a domicilio, utilizzabile presso strutture convenzionate, e non più solamente
     nell’impiego diretto come il vecchio assegno-impiego-servizio. Il titolo impiego
     servizio è cofinanziabile dai comitati delle imprese, dalle imprese, le comunità locali
     per il loro personale o i loro amministrati, le assicurazioni per i loro affiliati, le
     fondazioni per i loro aventi diritto.
   • Un regime di accordo più preciso viene messo in atto per le strutture: un accordo
     semplice (affidato alle direzioni regionali del lavoro, dell’impiego e della formazione
     professionale, DRTEFP) per le strutture che non intervengono presso utenza fragile
     o non autosufficiente, e un accordo qualità (affidato alle direzioni dipartimentali
     dell’impiego e della formazione professionale DDTEFP) per quelli che intervengono
     presso un’utenza fragile.
   • L’apertura del settore alle imprese che diventano eligibili all’accordo.

Tra il 1996 e il 2005 vengono prese progressivamente e in maniera indipendente sei
misure, tutte all’interno del nuovo quadro di regolamentazione:

   • L’IVA è abbassata al 5,5% per i servizi domiciliari, in seguito ad una direttiva
     europea, che favorisce l’entrata delle imprese;
   • Il sussidio personalizzato per l’autonomia (APA) che, contrariamente all’aiuto
     domestico, è utilizzabile presso qualsiasi struttura di offerta convenzionata, ivi
     compresa una impresa, anziché l’impiego diretto;

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• Le strutture beneficiano ormai delle stesse riduzioni dei contributi sociali
     come i datori di lavoro privati;
   • La cassa dei sussidi famigliari sostituisce il sussidio della baby sitter (AGED) con la
     presentazione dell’accoglienza di un bambino piccolo (PAJE), ugualmente
     valevole presso un struttura di offerta convenzionata;
   • Lo statuto mandatario è aperto alle imprese;
   • Vengono create nel settore delle certificazioni di qualità: la certificazione
     Qualicert avviata dal sindacato delle imprese di servizi alla persona e la norma
     AFNOR Servizi alle persone a domicilio avviata dall’economia sociale.

Malgrado questi tentativi di sviluppo e omogeneizzazione, il settore resta parcellizzato e i
dispositivi poco conosciuti, sebbene le nuove riflessioni si sono avviate nel 2005, ancora
una volta sotto l’aspetto della creazione di lavoro il cui ritmo è considerato troppo debole.
La legge del 26 luglio 2005, chiamata legge Borloo, conservando i principi della
regolamentazione in vigore dopo il 1996, mira a strutturare il settore, a dargli visibilità e a
rilanciare la domanda:

   • istituisce l’ “assegno lavoro servizio universale” (CESU) che risulta dalla
     fusione dell’ “assegno impiego servizio”, che diventa il CESU bancario, e del “titolo
     impiego servizio”, diventato il CESU prefinanziato ormai ugualmente utilizzabile
     nell’ambito dell’impiego diretto;
   • introduce un credito di imposta per le imprese che finanziano i servizi alla
     persona ai loro dipendenti;
   • riforma ed omogeneizza a livello nazionale il capitolato di oneri dell’accordo;
   • crea e abilita delle insegne nazionali per creare delle imprese di grande portata;
   • instituisce l’Agenzia Nazionale dei Servizi alla Persona (ANSP), con un
     consiglio di amministrazione paritetico, cui competono ruoli di coordinamento,
     promozione e sorveglianza del settore.

Nel 2007, una misura completa i dispositivi di riduzione delle imposte creando un credito
di imposta per i lavori non imponibili1. Da un plafond equivalente a quello della
riduzione d’imposta, che è comunque limitato alle famiglie attive, cioè delle famiglie dove
due componenti sono attivi o famiglie monoparentali dove il parente è attivo.

L’orientamento del piano è chiaramente più economico che sociale, e risponde ad una
logica di mercato e concorrenzialità. La costruzione di un settore economico è in corso ma
non senza sollevare interrogativi sulla qualità del lavoro creato.

1 Una famiglia può utilizzare la riduzione d’imposta; poi, se la sua imposta è diventata nulla in

seguito alle riduzioni, può beneficiare del credito di imposta, il tutto entro un tetto massimo di
12.000 € di spese, aumentato di 1.500 € per ogni bambino o persona non autosufficiente in carico
entro il limite di 15.000 €.

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II. Il settore dei servizi alla persona oggi

Dal punto di vista quantitativo, il settore dei servizi alla persona è dinamico, tanto a livello
economico che a livello di numero di occupati. Diversamente, la qualità dell’occupazione
creata è spesso insufficiente, sia per le remunerazioni che per le condizioni di lavoro.

    a. Un settore economico dinamico sovvenzionato

Il settore dei servizi alla persona, secondo INEUM CONSULTING, rappresentava un valore
economico di 11,58 miliardi di euro nel 2005 e di 12,56 miliardi nel 2006.

A titolo comparativo il numero di persone occupate (non calcolato in termini equivalenti di
tempo pieno) nei servizi alla persona è tre volte maggiore che nel settore automobilistico e
leggermente inferiore agli addetti del settore trasporti.

Tuttavia, il volume d’affari dei servizi alla persona non rappresenta che il 14,5% di quello
dell’automobile e l’8,6% di quello dei trasporti (Tabella 1).
Tabella 1. Volume d’affari e numero di addetti: comparazione con due altri settori

          Settori                                 N. addetti nel 2005        Volume d’affari 2006 in
                                                                             miliardi di euro

          Servizi alla persona                                   1.100.000                     12,65

          Automobili                                              333.000                      87,00

          Trasporti                                              1.076.000                    147,00

                Fonti: INSEE, DARES, INEUM Consulting

Nella stima di questo settore economico, bisogna considerare il fatto che il 55% del valore
della produzione, ossia 12,56 miliardi di euro nel 2006, si riferisce a servizi rivolti alle
persone anziane e ai bambini, largamente sovvenzionati da fondi pubblici o collettivi.

Se si aggiunge a ciò il fatto che la riduzione di imposta ammonta a 1,4 miliardi, secondo il
Commissariat Général du Plan, ossia il 15% del valore della produzione in quell’anno, si
può stimare che almeno i 2/32 del volume d’affari del settore proviene da fondi pubblici.

2Questa cifra è probabilmente sottostimata perché, anche considerando che tra I beneficiari
della riduzione di imposta ci sono pure persone anziane (ragione per la quale non si somma
55%+15%), occorre anche tener conto del credito di imposta per le società e i singoli, come pure
delle diverse esenzioni di imposta e di IVA, senza contare il budget pubblico dell’ANSP (Agenzia
Nazionale dei Servizi alla Persona)

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Questo aspetto porta a relativizzare il carattere di mercato della nuova dinamica del
settore.

Ci troviamo quindi in presenza di una regolazione concorrenziale sovvenzionata.
Concorrenziale, perché la concorrenza diviene sempre più spesso la regola, se guardiamo
all’aumento del numero delle organizzazioni riconosciute, particolarmente delle imprese:
12.000 organizzazioni risultavano riconosciute alla fine del 2005, ossia con una crescita del
18% in un anno, crescita largamente dovuta alle imprese private (+97%), anche se esse
rappresentano in totale meno del 10% delle organizzazioni e il 3% delle ore lavorate
(DARES). Sovvenzionata, perché l’origine della spesa nel settore proviene maggiormente
da fondi pubblici o collettivi e non da risorse delle famiglie o delle imprese.

Questa situazione è transitoria in rapporto ai futuri scenari del settore, a vocazione più di
mercato? In una certa misura sì, se guardiamo ai servizi che conoscono la più forte
crescita oggi: solo le attività di pulizia, stiratura, piccolo bricolage, giardinaggio, sostegno
scolastico sono al di sopra del 10% di crescita nel volume d’affari e corrispondono a servizi
rivolti a persone non specificamente fragili e dunque meno sovvenzionati da parte di fondi
pubblici e meno considerati dal settore pubblico e dall’economia sociale.

Inoltre, gli attori più dinamici sono le imprese che si trovano posizionate dell’80% sopra il
riconoscimento semplice (che non intervengono nei confronti delle persone bisognose di
assistenza).

   b. Un deficit di qualità

Il deficit di qualità appare sia nelle occupazioni create che nelle condizioni di svolgimento
dei mestieri.

Se la creazione di impiego è sostenuta, gli impieghi creati sono di debole qualità. In effetti,
il peso dei servizi alla persona rispetto all’occupazione totale è importante, ma il tempo di
lavoro individuale appare particolarmente ridotto: in media poco più del 5% di un tempo
pieno. In più, secondo l’osservatorio annuale del settore realizzato da DARES, questo dato
non si è affatto modificato negli ultimi dieci anni. E’ impossibile considerare che questo
tempo parziale, che riguarda, secondo DARES, il 75% degli aiuti domiciliari e il 78% degli
occupati domestici, sia scelto dalla maggioranza degli addetti.

Questo primo indicatore negativo della qualità delle occupazioni, non è però il solo.

Esso fa parte del problema più generale delle carenze qualitative del settore.

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Tabella 2. Volume di attività in ore lavorate nel 2005

Prestatore di            N. di        N. di ore    N. di addetti      N. di addetti      Tempo di lavoro
servizi                   ore         lavorate                        (equivalenti a     effettivo (media in
                       lavorate       (in %)       (valore            tempo pieno)       % rispetto al
                          (in                      assoluto)                             tempo pieno)
                       milioni)

Impiego diretto               422            62%            730.000            260.625                    35,7%
del lavoratore

Organizzazione                  93           14%            160.000             58.125                    36,3%
concessionaria

Organizzazione                165            24%            210.000            108.750                    51,8%
fornitrice

TOT.                          680          100%           1.100.000            427.500                    38,9%
Fonte : DARES ed elaborazioni di Patrick Haddad

Le carenze di qualità che possiamo constatare sia dal lato degli addetti che da quello dei
servizi, hanno tre origini:

- Le specificità del settore: I servizi alle persone devono prendersi carico di bisogni
eterogenei, in molteplici domicili che rappresentano altrettanti luoghi di lavoro, ad orari
obbligati dalla natura dei bisogni. Queste specificità costituiscono fattori di esplosione
dell’occupazione che determinano problematiche qualitative richiedenti una specifica
regolazione.

- Le mutazioni profonde del settore non hanno rappresentato un fattore di stabilità. Come
risaputo, la stabilità è una condizione necessaria alla costruzione di mestieri e di una
identità professionale e alla diffusione di processi di produzione di servizi di qualità.

- Le politiche pubbliche, dopo la metà degli anni ’80, hanno privilegiato una crescita
quantitative piuttosto che qualitative.

Al di là della fragilità del tempo di lavoro, il settore conosce altre difficoltà. Il turn-over è
elevato: 25% nell’ambito dei datori di lavoro privati (le famiglie)3 secondo l’IRCEM (Institut
de Retraite Complémentaire des Employés de Maison – Istituto previdenziale dei lavoratori
domestici)4. Ciò si spiega per il fatto che molti lavoratori non trovano il loro tornaconto in
questo settore. E’ la sommatoria di un tempo di lavoro precario e di una paga oraria bassa
che comporta in questo settore una concentrazione di lavoratori poveri. Alla precarietà
del tempo di lavoro settimanale si aggiungono i cambiamenti di lavoro dovuti all’evoluzione
dei bisogni: una persona anziana non autosufficiente viene ospedalizzata o muore, un

3 Iraci F. (2007), Le secteur des services à la personne et la sécurisation des parcours professionnels

des salariés, IRCEM
4 Institut de retraite complémentaire des employés de maison, citato da IRACI (2007)

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bambino accudito va al nido o alla scuola materna, ecc. Da questo fatto derivano forti
incertezze per numerosi lavoratori quanto alla continuità del loro lavoro. La svalorizzazione
delle professioni di servizio alla persona contribuisce oltremodo alla scarsa attrattività del
settore. La mancanza di riconoscimento sociale di questo tipo di lavoro, l’immagine
scarsamente professionale che pesa sul settore, così come la mancata valorizzazione delle
competenze dei lavoratori, non attirano affatto verso questo settore e demotivano spesso i
lavoratori stessi.

Quanto alle condizioni di lavoro, alle tensioni e ai rischi osservati, essi possono essere di
carattere fisico o psicologico. Mentre l’intervento in diversi domicili, non adattati e non
equipaggiati come dei veri ambienti di lavoro può comportare rischi fisici, l’entrare
nell’intimità delle famiglia genera tensioni psicologiche. A fronte dei rischi identificati, le
modalità di miglioramento delle condizioni di lavoro esistono e devono essere adottate.
Tuttavia, l’isolamento, l’assenza di compagni di lavoro e la mancanza di sindacalizzazione
rendono ancor più difficili le azioni di miglioramento.

             Le principali tensioni fisiche e psicologiche nei servizi alla persona

Problematica del “multi-domicilio” come ambito di lavoro:

        Costituisce un ambiente a rischio, con situazioni di :
                        - conformazione inappropriata dei luoghi di lavoro
                        - strumenti, apparecchiature e prodotti per le pulizie non adatti
                        - problemi di pulizia e igiene
                        - presenza di animali domestici
                        - tensioni possibili tra le persone della famiglia

        Complica la prevenzione dei rischi : ogni domicilio-luogo di lavoro deve essere oggetto di una
        valutazione dei rischi

Rischi fisici:

        Aspetti particolari del lavoro :
                         − Intensità
                         − Ripetitività
                         − Sollevamento di pesi
        Conseguenze patologiche :
                         − Mal di schiena, lombalgie
                         − distorsioni, slogature
                         − ferite, bruciature

Tensioni psicologiche:

         Particolarità del lavoro :
− Isolamento, mancanza di compagni di lavoro
− Rapporto con la vecchiaia, con la malattia, con il fine vita
         Tipi di stress psicologici:
− Carico affettivo
− Assillo morale
− Difficoltà a separare la vita professionale da quella personale

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Conclusioni

Dall’aiuto a domicilio sviluppato sotto la regolazione tutelare fino ai servizi alla persona
regolati in modo concorrenziale e sovvenzionato, profondi mutamenti hanno rivoluzionato
la strutturazione dei servizi.

A poco a poco i servizi del benessere si sono sviluppati e le imprese di mercato hanno
investito nel settore. Il settore si presenta oggi a due facce: a livello dei destinatari
(autosufficienti/non autosufficienti), dell’attività (utilità sociale/servizi di benessere), delle
strutture (economia di mercato/di non mercato). Si determina ugualmente una dicotomia
a livello degli operatori, tra diplomati e non diplomati.

L’immagine di domesticità, la femminilizzazione delle attività, le scarse remunerazioni e le
difficili condizioni di lavoro privano di valore i servizi alla persona.

Si considera generalmente che questi mestieri non richiedono alcuna competenza
particolare, alcuna qualificazione. Mentre richiedono competenze tecniche e altre
competenze che sono poco valorizzate o affatto riconosciute nella nostra società,
specialmente perché esse sono particolarmente espresse nei mestieri molto caratterizzati
al femminile.

L’assistenza alle persone anziane o in condizioni di handicap e l’accudimento dei bambini
costituiscono attività di utilità sociale e la domanda non cessa di aumentare.

La valorizzazione dei mestieri passa attraverso il miglioramento delle condizioni di lavoro e
attraverso la professionalizzazione del settore, ma anche attraverso il riconoscimento
dell’utilità sociale di questi lavori da parte di tutta la società.

Testo di Stéphanie Husson, traendo spunto dai lavori di Patrick Haddad5,
Emergences, Compétences +, 2008.

5 Haddad P. (2004), « Quel développement des services de proximité ? Retour sur quinze ans de débats et de politiques
publiques » in Economies et Sociétés, série EGS, n°6, p. 1657-1677, ottobre 2004.
Haddad P et Tertre Du C. (2006), Temps et conditions de travail dans les services à la personne, Rapport ATEMIS pour
l’Observatoire Temps de travail de la région Ile-de-France, diretto da l’ARACT, aprile.

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