Lo stress veste la donna - SISMED
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Lo stress veste la donna written by Giuseppe Gullace | 8 Ottobre 2020 … il medico deve studiare i costumi, il regime, lo stile di vita, l’età di ogni paziente… perché, l’errore più grande che viene commesso oggi è separare la psiche dal soma…. Ippocrate La risposta fisiologica disadattativa ad azione prolungata all’esposizione acuta e cronica allo stress è stata a lungo riconosciuta come un potente modulatore del sistema immunitario, endocrino e metabolico, come anche le sue implicazioni dirette per lo sviluppo e la progressione della malattia cardiovascolare. È ampiamente considerato avere un importante coinvolgimento nelle malattie cardio cerebro vascolari, nella malattia aterosclerotica e nella disfunzione endoteliale, nell’attività del sistema immunitario, endocrino, metabolico e nello stile di vita e nei fattori di rischio comportamentali (3-15). In particolare viene prestata maggiore attenzione all’interazione bidirezionale tra salute psicofisica in relazione alle malattie cardiovascolari e al suo contributo allo sviluppo dell’aterosclerosi attraverso eventi avversi della vita, fattori di rischio comportamentale, disadattamento metabolico e immunologico che possono influenzare la malattia e la sua progressione (15). C’è la necessità di determinare la definizione del profilo psico-comportamentale dei pazienti attraverso l’individuazione di risposte disadattive dovute a stress cronico come suggeriva Ippocrate: Il medico deve studiare i costumi, il regime, lo stile di vita, l’età di ogni paziente; i discorsi, i silenzi, i pensieri, il sonno, l’insonnia, i sogni – come e quando – le azioni involontarie – strapparsi i capelli, grattarsi, piangere … perché, l’errore più grande che si commette oggi è separare la psiche dal soma. Questo può essere considerato il primo passo della valutazione del paziente per comprendere appieno e meglio i suoi problemi (verum scire est scire per causas …. conoscere la verità conoscendone le cause) (17). Oggi alcuni AA suggeriscono la necessità di istituire un servizio di Cardiologia Comportamentale, un campo emergente della pratica clinica basato sul riconoscimento di comportamenti e stili di vita avversi, fattori emotivi e stress cronico della vita che possono promuovere l’aterosclerosi e gli eventi cardiaci avversi (2); un metodo organizzato di studio e applicazione dei fattori psicosociali nella valutazione e riduzione del rischio cardiovascolare (18). Non così definitivamente stabilito è il diverso coinvolgimento dello stress nella donna rispetto all’uomo (se c’è) e se c’è qualche differenza di prevalenza, influenza e modalità di risposta. Gli studi dimostrano che le donne hanno maggiori probabilità degli uomini di provare stress e, allo stesso tempo, stress post-traumatico, depressione, ansia e disturbi dell’umore (19-22). Lo scopo di questo lavoro è quello di passare in rassegna alcune delle conoscenze sulle differenze strutturali (legate al sesso) delle donne rispetto agli uomini, esaminare la fisiopatologia dello stress e le sue presentazioni cliniche (legate al sesso e al genere) e di evidenziare l’eventuale diverso coinvolgimento dello stress nello stile di vita, fattori di rischio cardiovascolare comportamentale e insorgenza di malattie.
Differenze donna vs uomo Photo by Zach Kadolph on Unsplash Il genere è l’insieme di caratteristiche specifiche che differenziano mascolinità e femminilità. A seconda del contesto, queste caratteristiche possono includere il sesso biologico (cioè lo stato di essere maschio, femmina o una variazione intersessuale), strutture sociali basate sul sesso (cioè ruoli di genere) o basate sul genere (cioè identità di genere). Più precisamente l’OMS definisce il genere come il risultato di idee socialmente costruite sul comportamento, le azioni e i ruoli che un particolare sesso svolge, un termine usato per esemplificare le attribuzioni che una società o cultura etichetta come “maschile” o “femminile” (23-25). La parola “genere” ha acquisito una nuova ed utile connotazione di caratteristiche culturali o attitudinali (in opposizione alle caratteristiche fisiche) distintive dei sessi. Vale a dire, il genere sta al sesso come il femminino sta al femminile e il mascolino sta al maschio (26). David Haig ha dichiarato: “Tra le ragioni che mi hanno dato gli scienziati che lavorano per scegliere il genere piuttosto che il sesso in contesti biologici c’è il desiderio di segnalare simpatia per gli obiettivi femministi, usare un termine più accademico o evitare la connotazione della copulazione”. (24). Il genere è stato descritto già nel 1949 dall’autore francese Simone de Beauvoir (27): “Non si nasce donna, ma si diventa“; che parafrasando vuol dire “maschio o femmina nasce, uomo o donna diventa“. La medicina di genere è una dimensione della medicina che studia le influenze del sesso su fisiopatologia, segni clinici, prevenzione e terapia delle malattie. Non è la medicina delle malattie di genere né delle malattie prevalenti in un genere, principalmente legate alle funzioni riproduttive; si tratta piuttosto di un campo medico specifico che mira a focalizzare l’attenzione e gli sforzi della comunità scientifica sulla comprensione delle differenze di fisiopatologia, segni clinici, prevenzione e cura di malattie ugualmente rappresentate negli uomini e nelle donne (28). Da un punto di vista strutturale Maschio e Femmina sono riferite al Sesso (Natura), struttura genetica che definisce tutti i geni ed i fattori ereditari che influenzano chi siamo (eredità genetica) – dal nostro aspetto fisico alle nostre caratteristiche di personalità; l’insieme dei caratteri biologici, fisici e anatomici che producono dimorfismo maschile/femminile (presenza o assenza di cromosoma Y, tipo di gonadi, ormoni sessuali, anatomia riproduttiva interna, genitali esterni) (Sesso Biologico). Uomo e Donna sono riferiti al Genere (Nurture), fattori ambientali che definiscono tutte le variabili ambientali che hanno un impatto su chi siamo diventati e su come ci presentiamo (acquisizione ambientale), comprese le nostre esperienze della prima infanzia, come siamo cresciuti, le nostre relazioni sociali, e la nostra cultura circostante, rappresentazione, definizione e
incentivazione dei comportamenti che determinano lo status dell’uomo/donna (carattere non innato ma acquisito, comportamento, lavoro, stile di vita, linguaggio, ruolo sociale) (Identità della persona). (23,29). Caratteristiche strutturali. L’individuo può essere definito sommariamente come un’organizzazione complessa in cui i meccanismi neurali, ormonali, cellulari e genetici sono strettamente correlati a comportamenti sociali il cui compito principale è aiutare l’organismo a sopravvivere, riprodursi e prendersi cura della prole sufficientemente a lungo da permettere anche a loro di riprodursi. (31). Ciò significa che la struttura neuro ormonale dell’individuo è correlata a quella psico comportamentale e che entrambe si influenzano a vicenda (32). Sembra che ci siano prove della relazione tra eventi sociali e biologici e del possibile ruolo che i costrutti sociali, una volta ridotti alle loro componenti neurali, ormonali e genetiche, possono avere (32). Molte di queste attività sono legate all’attività del cervello vicino al sistema limbico e al sistema limbico stesso, il cervello emozionale nato per primo e, quindi, la più antica sede dei ricordi. Il cervello femminile ha una struttura anatomica diversa rispetto al maschio. La corteccia cingolata anteriore, centro della preoccupazione, è più grande nelle donne; pesa le opzioni e spinge a prendere decisioni; la corteccia prefrontale governa e modula le emozioni e controlla l’amigdala, più grande e veloce nelle donne; l’insula, più grande e più attiva nelle donne, elabora i sentimenti viscerali; la ghiandola pituitaria produce ormoni della fertilità, della produzione di latte e del comportamento nutritivo (33). Il sistema limbico è la porzione del cervello che si occupa di tre funzioni chiave che sono emozioni, ricordi ed eccitazione (o stimolazione) e collega le parti del cervello che si occupano di funzioni alte e basse. I componenti principali del sistema limbico sono (34) il talamo,che è responsabile del rilevamento e della trasmissione di informazioni dai nostri sensi, come l’olfatto e la vista, e che contribuisce al percorso delle informazioni nel cervello, responsabile del pensiero e del movimento (c’è una maggiore connettività mielinica nella femmina) (35), l’ipotalamo, che è responsabile della produzione di più ormoni e della loro regolamentazione, inizia a stimolare già all’epoca della pubertà nella femmina, invia messaggeri chimici coinvolti nel controllo dei livelli di acqua nel corpo, cicli del sonno, temperatura corporea e assunzione di cibo (stimola le gonadi ed è sede dell’eccitazione sessuale; è maggiore nel maschio) (33), il giro cingolato, che funge da percorso che trasmette messaggi tra la parte interna ed esterna del sistema limbico, l’amigdala che è responsabile della preparazione del corpo per situazioni di emergenza, immagazzinando ricordi di eventi per il riconoscimento futuro, in particolare quelli relativi a eventi emotivi ed emergenze, sede delle sensazioni di paura e panico, ma anche di piacere e eccitazione sessuale (il lato sinistro è maggiore nella femmina, quello destro è maggiore nel maschio) (33), l‘ippocampo che è responsabile della conversione dei ricordi a breve termine in quelli a lungo termine in collaborazione con l’amigdala, non dimentica mai un combattimento, un incontro romantico o un momento tenero – e non ti lascia dimenticare (più grande e più attivo nelle donne) (33), la stria terminalis, tipicamente maschile, elaborare risposte inconsce a stimoli di pericolo e paura (36), la regione periventricolare anteroventrale, tipicamente femminile, gioca un ruolo importante nell’equilibrio elettrolitico, cardiovascolare e nel controllo della pressione sanguigna (37). La differenza di genere nel circuito limbico-talamo-corticale può spiegare le differenze di genere nell’attivazione talamica durante l’elaborazione di stimoli emotivi o spiacevoli informazioni linguistiche riguardanti difficoltà interpersonali (38). Inoltre, gli uomini sembrano avere più materia grigia (non mielinica) (centro di elaborazione), costituita da neuroni attivi (elaborazione dell’informazione facilitata, dall’analisi all’elaborazione della sintesi) e molte connessioni intraemisferiche che facilitano il collegamento tra la percezione e le azioni di coordinamento , mentre le donne sembrano avere più materia bianca (mielinica) (centro di connessione) per la comunicazione neuronale (trasferimento più veloce delle informazioni, dalla sintesi all’elaborazione dell’analisi) tra diverse aree del cervello e molte connessioni interemisferiche che danno una migliore comunicazione
tra processi analitici e intuitivi (38). Le due componenti sono complementari e non in opposizione. Un altro punto importante è che il cervello è sessualmente differenziato dall’attività delle gonadi maschili alla nascita (30). Le differenze legate al sesso sono sempre più indagate non solo riguardo l’analisi macro- anatomica e funzionale delle connessioni all’interno del cervello, ma anche a livello istologico e cellulare; da questo punto di vista, è stato riportato che esistono differenze nel metabolismo della serotonina e nell’espressione dei recettori tra maschi e femmine, il che si adatta bene alla nota maggiore incidenza di depressione nel sesso femminile (39). Sono anche riportate differenze nelle concentrazioni di dopamina e GABA, forse in parte responsabili delle differenze legate al sesso in malattie come la schizofrenia e nel disturbo disforico premestruale (40,41); a livello di attività microgliale sono state riportate differenze tra maschi e femmine nella produzione di fattore di necrosi tumorale alfa e di IL-10, con una maggiore produzione nelle femmine (42). Esiste un’ampia letteratura riportata in un’interessante rassegna (43) che elenca i numerosi esempi di influenza reciproca delle strutture neuro ormonali e psico-comportamentali. In un interessante articolo Rozanski et al. (2) considera tre componenti psicologiche che possono essere centrali per lo sviluppo della flessibilità emotiva e di coping: vitalità, competenza emotiva e meccanismi di risposta positiva. La vitalità riflette la presenza di energia, entusiasmo e senso di vitalità (2,44); è caratterizzato da due emozioni positive, gioia e interesse, è alimentato sia da un senso di scopo che da un senso di autostima e connota un senso di eccitazione positiva (2) ed attitudine. La vitalità promuove due risposte adattative (che a loro volta possono influenzare positivamente la vitalità stessa): lo sviluppo di vari meccanismi di risposta positiva (come pazienza, disciplina, controllo degli impulsi, forte supporto sociale, capacità di affrontare le cose in modo positivo, ottimismo) e la competenza emotiva, che rappresenta la capacità di regolare le emozioni in una serie di situazioni (2,45), tratto importante definito “flessibilità emotiva” (2,46). In breve, un forte senso di scopo unito a un senso di autostima trae beneficio in termini di un maggiore senso di vitalità; ciò fornisce l’energia necessaria per sviluppare e mantenere una maggiore competenza emotiva e meccanismi di risposta positiva che a loro volta forniscono una forza stabilizzante per mantenere un senso di vitalità (2). Tutti questi processi rappresentano bene la relazione dell’individuo (equilibrio) tra interno ed esterno e tra attività della struttura neuro-ormonale e psico-comportamentale. Quando diversi fattori influenzano negativamente le strutture, la relazione è sbilanciata e sorgono e crescono ansia, depressione, anomalie dell’umore, disturbi affettivi e instabilità psicologica. Cos’è lo stress? Inizialmente, Hans Selye descrisse una sindrome prodotta da diversi agenti nocivi che si presentava come una reazione dell’organismo in tre fasi in risposta a stimoli come sbalzi di temperatura, farmaci, esercizio muscolare, ecc., ed il coinvolgimento del sistema endocrino e della maggior parte degli organi colpiti. (47). Lo stress acuto rappresenta una risposta aspecifica del corpo a uno stimolo interno/esterno più o meno violento (microbico, tossico, traumatico, termico, emotivo, ecc.) attraverso il quale il corpo cerca di adattarsi alle mutate condizioni. Gli stressori (o agenti stressanti) sono fattori interni/esterni che agiscono sull’ipotalamo che attiva sia il sistema nervoso simpatico che il sistema corticosurrenale, che provocano molteplici effetti periferici sia neuro-ormonali come disfunzione endoteliale, insulino- resistenza, ipertensione, aumento della frequenza cardiaca e della gittata cardiaca, lipolisi, glicogenolisi, bronchiolisi, infiammazione, attivazione piastrinica, ecc. e psico-comportamentali come migliori prestazioni motorie e cognitive, maggiore attenzione e vigilanza, aumento della capacità
mnesica, ecc. (2,31,32). Le risposte possono essere varie come fight-or-flight (lotta o fuga), un tentativo di aiutare a sopravvivere a una situazione pericolosa preparando una persona a correre o combattere (bypassare/evitare o affrontare il problema) per la propria vita (2), stile di vita personale, resilienza, adattamento, recupero (48, 49). Stressori ambientali, eventi della vita, traumi e abusi e altre situazioni psicologiche ad azione progressiva influenzano la persona; l’effetto è una alterazione dell’equilibrio delle strutture neurormonali e psico comportamentali che riducono il senso propositivo e il senso di autostima modificando negativamente vitalità, competenza emotiva e meccanismi di risposta positiva e rafforzando di conseguenza i fattori di rischio cardiovascolare (2). Tutti questi destabilizzano l’allostasi (il processo attivo attraverso il quale il corpo risponde agli eventi quotidiani e mantiene la stabilità attraverso continui cambiamenti interni ed esterni) (50) e influenzano le risposte del corpo, a seconda delle differenze individuali (genetiche, sviluppo, esperienza). Il sovraccarico allostatico, l’usura determinata dallo stress cronico e dalla capacità di adattamento negativa e dalle risposte comportamentali possono provocare l’insorgenza della malattia (48,49). Lo stress cronico può essere definito come una risposta cronica ed estenuante ad agenti stressori a lunga durata d’azione la cui modalità di presentazione è: depressione o ansia o disturbi dell’umore individualmente, entrambi o tutti insieme. Il primo passo della presentazione dello stress cronico è attraverso una risposta disadattativa di tipo somatico e comportamentale con sintomi psiconeurotici come disturbi fisici senza malattia, dolore toracico, palpitazioni, ipertensione, gastrointestinali, sonno, accorciamento del respiro, affaticamento, mani fredde/sudate , vertigini, depressione della libido, mal di testa, tensione muscolare, ridotto senso propositivo/autostima, vitalità, gestione emotiva, sentimenti di ansia, pensieri ossessivi, atti compulsivi, eccessiva indecisione, alto grado di disadattamento sociale o interpersonale, ecc. (51). Lo stress cronico, attraverso la sua modalità di presentazione, può essere considerato uno dei principali fattori che influenzano i fattori di rischio cardiovascolare quali inattività fisica, fumo, ipertensione, inattività sessuale e alimentazione scorretta e di conseguenza obesità, diabete, dislipidemia. (2, 52-55). È presente nel 77% della popolazione adulta (ha manifestato sintomi fisici dovuti allo stress il 77%, mentre ha avuto sintomi psicologici dovuti allo stress il 73%, convive con stress estremo il 33%) (56) e rappresenta il fattore di rischio comune del 75%-90% delle malattie (53); le più comuni malattie legate allo stress sono ipertensione, diabete, aterosclerosi, Alzheimer, tumori (52) e, inoltre, i fattori di rischio cardiovascolare nelle aree del mondo inclusi i fattori legati allo stile di vita in> 55% dei casi e fattori psicosociali in> 35% dei casi (57). L’ipertensione è uno dei fattori di rischio cardiovascolare importanti in cui lo stress gioca un ruolo significativo; infatti, in due interessanti meta-analisi, l’ipertensione era significativamente ridotta dopo programmi di meditazione trascendentale (58,59). Secondo Rozanski (2) è possibile ipotizzare che fattori interni, come scelte, convinzioni, trappole mentali, punti di vista negativi, ecc., esterni come ambiente, sociale, economico, lavoro, salute, ecc., e quelli nascosti come ormoni, sistema immunitario, digestione, disfunzione neurologica, ecc. possono agire determinando disagio e sconforto emotivo, scelte e azioni inadeguate e peggioramento progressivo dello stile di vita; il conseguente squilibrio psico-comportamentale può indirizzare gli individui verso fattori di rischio, sintomi psico-comportamentali e somatico-funzionali e quindi insorgenza di danni e malattie d’organo (2) (60-67). Stress e donne. A causa della struttura anatomica del cervello e la sua funzione (come riportato sopra), della struttura neuro-ormonale che determina variazioni cicliche mensili nelle donne e delle esposizioni di genere e psico-comportamentali, lo stress colpisce le donne in modo diverso dagli uomini in molte situazioni. Le donne sono emotivamente più instabili degli uomini, hanno una soglia di ansia e sensibilità inferiore e sono più esposte allo stress e alle sue modalità di presentazione (ansia, depressione e disturbi dell’umore) (33); questo può essere associato alla produzione più lenta di serotonina nelle donne mentre un aumento della serotonina migliora la risposta allo stress (68).
Anche l’ossitocina, bassa nell’ansia e nella depressione, facilita il controllo dello stress, ansia e paure e il rilascio di endorfine che aumentano la produzione di estrogeni (69). La risposta allo stress femminile coinvolge principalmente il sistema limbico, inclusi il corpo striato ventrale, putamen, insula e corteccia cingolata anteriore (70); è coinvolta anche la corteccia prefrontale destra che ha la funzione di regolare la corteccia cingolata anteriore e l’iperattività del sistema limbico (70). In particolare, lo striato ventrale inclusi caudato e globus pallidus sono substrati critici del sistema di ricompensa che possiedono ricchi recettori per ossitocina, vasopressina, dopamina ed endorfine (70). L’attivazione limbica allo stress nei soggetti femminili è più coerente con un modello tend-and-befriend piuttosto che con un modello di fight-or-flight (70), prevalente negli uomini. La risposta allo stress umano, caratterizzata dal punto di vista fisiologico e comportamentale come fight-or-flight sia negli uomini che nelle donne, nelle donne è più marcata dal punto di vista comportamentale come risposta tend-and-befriend (71), laddove il prendersi cura (tend) implica attività di nutrimento progettate per proteggere se stessi e la prole che promuovono la sicurezza e riducono il disagio, ed il fare amicizia (befriend) è la creazione e il mantenimento di reti sociali che possono aiutare in questo processo; il meccanismo alla base di questa risposta sembra essere correlato all’ossitocina, in combinazione con gli ormoni riproduttivi femminili e il peptide oppioide endogeno. (71). Poiché la reattività allo stress include l’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (ad esempio cortisolo) e del sistema nervoso simpatico (ad esempio frequenza cardiaca e pressione sanguigna), le loro risposte acute sono state trovate maggiori negli uomini rispetto alle donne; questo, probabilmente innato, può essere largamente dovuto agli ormoni sessuali femminili che attenuano la reattività ipotalamo-ipofisi-surrenalica e nervosa simpatica (72). La loro disfunzione è associata a manifestazioni di disturbi psicosomatici e psichiatrici e ad alcune malattie come depressione, fobia sociale, attacchi di panico, ansia generalizzata, disturbo ossessivo-compulsivo, suscettibilità a malattie infettive, disturbi cardiovascolari, lupus eritematoso, sclerosi multipla e neurodermite, tumori, demenza (72). In questa attività e in modo complesso, l’ossitocina e la serotonina giocano un ruolo importante nella reattività ipotalamo-ipofisi-surrenalica (73,74). Lo stress è presente nel 51% delle donne e nel 32% degli uomini e, tra le adolescenti, il 25,2% delle ragazze ha uno stress nella vita quotidiana più elevato rispetto ai ragazzi che è del 14,8% (56,75), mentre le sue manifestazioni sono presenti nelle donne come depressione nel 21%, ansia nel 28,8% e disturbi dell’umore nel 20,8% ampiamente superiori rispetto agli uomini (76-78). In uno studio osservazionale italiano, oltre il 55% delle studentesse, dei lavoratori e dei disoccupati ha dichiarato di avere una sensazione di stress quotidiano rispetto a circa il 30% dei maschi (79). Lo stile di vita e i fattori psicosociali per le malattie cardiovascolari sono ampiamente più alti nelle donne rispetto agli uomini (57) e possono essere considerati fattori chiave comuni che possono influenzare lo stile di vita e la comparsa di fattori di rischio cardiovascolare come inattività fisica, fumo, alimentazione scorretta (dislipidemia, diabete e obesità) , ipertensione, inattività sessuale, la cui prevalenza è maggiore in alcuni casi, o minore ma in continuo aumento in altri, nelle donne rispetto agli uomini (54-56, 76). Ciò è associato a una maggiore prevalenza nelle donne rispetto agli uomini di Alzheimer, ipertensione, diabete, malattie aterosclerotiche, tumori e malattie polmonari ostruttive croniche (80, 81). Lo stress percepito è un potente predittore del rischio cardiovascolare nelle donne giovani e di mezza età (82,83). Negli ultimi due decenni, lo stress psicosociale è aumentato nelle donne a causa di un continuo aumento della partecipazione alle attività economiche e del loro livello di istruzione (84); allo stesso tempo sono aumentati anche i fattori di rischio cardiovascolare nelle donne rispetto agli uomini con modificazione del gap che in alcuni casi si riduce come nelle fumatrici ed è ingrandito come nell’ipercolesterolemia femminile e nell’obesità rispetto agli uomini (66, 85). Uno stato socioeconomico basso è stato trovato inversamente associato al rischio coronarico globale e con un più alto rischio in eccesso per le donne rispetto agli uomini (86, 87) e i ruoli femminili e i tratti della
personalità sembrano essere associati a tassi più elevati di sindrome coronarica acuta rispetto a quelli maschili (88). Lo stress emotivo è associato ad un aumento del rischio di malattie cardiovascolari; è stato dimostrato che il legame tra il sistema limbico e gli esiti cardiovascolari a lungo termine è patologico nelle donne, ma non negli uomini (88, 89). Recentemente, Haider (67) ha riportato le principali differenze nelle donne rispetto agli uomini per quanto riguarda la sindrome coronarica acuta: le donne sono generalmente più anziane e hanno più comorbidità, inclusa una maggiore prevalenza di ipertensione, dislipidemia, fumo, obesità, diabete, insufficienza cardiaca, psicosociale e stress emotivo, malattia renale cronica, artrite reumatoide e fibrillazione atriale; nelle donne i sintomi di insorgenza sono fastidio addominale, ansia, nausea, vomito, mancanza di respiro e preceduti da stress emotivo, mentre le caratteristiche dell’ischemia miocardica nelle donne rispetto agli uomini sono erosione della placca aterosclerotica, malattia microvascolare, cardiomiopatia di Takotsubo, vasospasmo, rischio più elevato di ristenosi, stress mentale, emotivo e psicosociale (67). I dati fanno pensare che il prezzo che le donne pagano per ridurre il divario di genere sia alto e se la tendenza all’equilibrio sociale ed economico migliora, così come la vita delle donne e il loro coinvolgimento nelle attività sociali, politiche, lavorative ed economiche, in molti casi il loro stile di vita peggiora e aumentano i fattori di rischio parallelamente all’insorgenza di patologie; la prevalenza di ipertensione, depressione, ansia, artrite, asma, diabete, obesità, malattia polmonare ostruttiva, fumo, iperlipidemia è stata riscontrata aumentata nelle donne rispetto agli uomini in un periodo osservato tra il 2000-2001 e il 2014-2016 (66, 85) e la tendenza e le proiezioni di malattie cardiache e mortalità per cancro negli Stati Uniti tra il 1969 e il 2020 sono state trovate meno ridotte nelle donne rispetto agli uomini (le prime 68,4% vs 67,6%, le seconde 21,9% vs 15,6 %) (90). Inoltre, le patologie più diffuse negli uomini in passato come i tumori polmonari, sono in aumento nelle donne, principalmente a causa del fumo e dei cambiamenti comportamentali (91). Lo stress emotivo e comportamentale, a cui le donne sono maggiormente esposte, è principalmente correlato a tutte queste patologie (52, 53, 80, 88, 89) e rappresenta l’anello principale che agisce dietro alla insorgenza dei fattori di rischio (55) attraverso l’influenza dei cambiamenti dello stile di vita; lo stress emotivo è la causa più frequentemente segnalata dalle donne prima dell’insorgenza di una sindrome coronarica acuta (67). Inoltre, lo stress sembra alterare la composizione del microbiota intestinale e può anche innescare disturbi dell’umore come ansia e depressione che promuovono l’obesità e suggeriscono che l’impatto dello stress sui disturbi dell’umore e sull’obesità potrebbe essere almeno parzialmente attribuibile ai cambiamenti che provoca nel microbiota intestinale (92); ci sono prove emergenti per un aumento del contributo mediato dal microbioma nelle donne ai fattori di rischio cardiovascolare e alle comorbidità inclusi processi infiammatori, malattie autoimmuni, disturbi cardio metabolici e depressione maggiore (93). Aspetti genetici ed epigenetici. Il sesso (determinato geneticamente) e il genere (determinato dall’ambiente) interagiscono e si influenzano a vicenda, ciò significa che l’ambiente e lo stile di vita possono modificare il comportamento dei geni; poiché il comportamento è sempre un’interazione tra natura ed ambiente, la socializzazione può determinare la modifica di differenze significative di sesso (30, 94, 95) così come il genere può influenzare sia l’incidenza di una malattia che il sesso biologico (30). Negli ultimi decenni è aumentata la ricerca sulle differenze genetiche in entrambi i sessi. Una recente ricerca mostra che 6.000 geni (sul totale di 23.000) sono attivi in modi diversi in uomini e donne, presumibilmente controllati direttamente o indirettamente da SRY (gene della regione che determina il sesso), ormoni e altri geni su X e Y (96). Negli ultimi anni sono state studiate l’emostasi e la differenza di comportamento delle cellule maschili e femminili; in particolare, è stata riscontrata una disparità nella risposta allo stress (es. lo stesso stress ossidativo) nelle cellule XX e XY, indipendentemente dalla loro origine di specie o origine istologica, cioè le cellule XX sono più inclini alla senescenza e alla protezione autofagica, mentre le cellule XY sono più inclini all’apoptosi. (97-100). Molti di questi geni e la risposta cellulare legata al sesso influiscono sulla probabilità di varie
malattie, diventando determinanti nella loro insorgenza o progressione, nonché nella risposta a farmaci e trattamenti (101) (ad esempio, l’uso dell’aspirina in pazienti con malattie cardiovascolari e cerebrovascolari ha mostrato un 24 % di riduzione dell’ictus nelle donne e 32% di riduzione degli attacchi cardiaci negli uomini (102)), mentre molti altri geni del cromosoma X e Y di tipo femminile sono coinvolti nell’omeostasi e nelle malattie cardiovascolari, nell’osteoporosi, nella neuro- degenerazione e nel cancro (103) e ed altri di tipo maschile sono coinvolti nell’ipertensione (104); questo potrebbe spiegare perché uomini e donne differiscono notevolmente nella suscettibilità a particolari malattie – ad esempio, il morbo di Parkinson è molto più comune negli uomini, la sclerosi multipla nelle donne (104). L’interazione tra sesso e genere durante la vita determinata dalle condizioni della società (fattori ambientali sensibili al genere e modificatori epigenetici) nonché da fatti biologici (ormoni sessuali ed espressione genica specifica per sesso) colpisce le cellule germinali, il neonato, l’adulto e lo sviluppo di malattia nelle donne e negli uomini (105). In una recente revisione clinica, Heider et Al (67) riferiscono che le modificazioni epigenetiche del genoma, come la disregolazione della metilazione del DNA, contribuiscono a cambiamenti negativi nell’espressione genica e possono influenzare i fattori di rischio cardiovascolare tra cui obesità, aterosclerosi, infiammazione, ipertensione, lipidi nel sangue e metabolismo del glucosio che porta ad un aumento del rischio di sviluppare una malattia coronarica. C’è molto da fare per comprendere meglio la complessa funzione biologica e comportamentale dell’individuo e il meccanismo correlato alle sue risposte allo stress. Le grandi sfide per il futuro sono: 1) la traduzione degli effetti dello stress sul cervello e sul corpo da modelli animali all’organismo umano e viceversa; 2) evidenza degli effetti dello stress sulla struttura del cervello umano e sui disturbi dell’umore e dell’ansia in relazione all’attività gastrointestinale e al controllo dell’assunzione di cibo; 3) comprensione attuale di come lo stato socioeconomico influenzi la salute del cervello e del corpo (106) e di come lo stress colpisca più frequentemente le donne. Breve osservazione personale Durante l’attività di routine di consulenza cardiologica ambulatoriale, all’interno di 400 pazienti clinicamente valutati in 3 mesi, abbiamo esaminato 160 (40%) pazienti di età inferiore a 55 anni (75% femmine e 25% maschi). Tutti questi pazienti si presentavano per almeno uno dei seguenti sintomi cardiovascolari: dispnea, dolore toracico indefinito, palpitazioni, ipertensione o episodi ipertensivi. Durante una valutazione anamnestica e clinica di 20 minuti, ogni paziente ha presentato come episodi frequenti almeno 3 o più sintomi somatici aggiuntivi (nausea, tensione muscolare, controllo volontario ridotto, mani fredde/sudate, funzione sensoriale ridotta, mancanza di respiro, episodi di attacco di panico, affaticamento, intorpidimento/formicolio alle mani, incapacità di essere fermo e calmo, stanchezza, vertigini, irritazioni della pelle, mal di testa, dolore toracico, dolore indefinito nel corpo, disturbi del sonno, infezioni frequenti, reflusso gastroesofageo, dispepsia, perdita del desiderio sessuale, incubi, altri) e almeno 3 o più sintomi comportamentali aggiuntivi (ansia, insicurezza, irritabilità, apatia, instabilità emotiva, percezione e gestione delle emozioni alterate, dubbi morbosi, depressione, scarso senso di scopo, ossessioni, insoddisfazione, autostima, paure irrazionali, caduta della motivazione, preoccupazione eccessiva, incapacità di godere delle relazioni sociali, dipendenza psicologica, difficoltà di concentrazione, indecisioni, disagio psicologico, disadattamento interpersonale, perdita di fiducia, rapporto disturbato con il cibo e l’alimentazione, fumo, abuso di alcol, perfezionismo, altro). In circa il 75%, 120 pazienti, i sintomi cardiovascolari erano espressione di stress emotivo/ comportamentale (valutazione clinica e strumentale negativa per patologia cardiaca), in circa il 25%, 40 pazienti, lo stress accentuava i veri sintomi cardiovascolari (patologia cardiaca positiva). Durante la valutazione abbiamo identificato diversi fattori nascosti che contribuiscono alla comparsa dei sintomi; i più frequenti erano la perdita del lavoro, il cambio di lavoro, l’assistenza ai genitori, i problemi familiari (relativi al partner, ai figli, ai genitori), la tossicodipendenza di un
membro della famiglia, le convinzioni, i doveri e alcune altre restrizioni nello stile di vita. Un periodo di consulenza più o meno breve (eseguito in pochi pazienti per 3-4 mesi) ha contribuito ad avere una migliore percezione dei sintomi e una ridotta percezione dell’ansia senza farmaci (espressa da un lieve miglioramento della presa di coscienza e consapevolezza dei problemi, progressivo recupero della resilienza e gestione delle situazioni). Queste osservazioni sono in accordo con quanto rilevato molti anni fa studiando pazienti (principalmente donne) con prolasso della valvola mitrale e sindrome ansiosa, dove ansia e sintomi somatici si sono dimostrati prevalentemente di origine iatrogena, a causa delle scarse informazioni fornite dai medici; dopo uno specifico trattamento di consulenza i sintomi d’ansia sono migliorati nei pazienti con prolasso ma non nei controlli) (107). In precedenza e nella presente osservazione, gli uomini hanno mostrato una risposta positiva prima delle donne, presumibilmente a causa del fatto che lo stress era presente nelle donne da molto tempo e la loro situazione globale era più complessa rispetto agli uomini. L’inserimento della valutazione del profilo comportamentale nell’inquadramento clinico-anamnestico si è rivelato utile per rilevare sintomi somatici e comportamentali e risposte disadattative dovute a stress cronico; la comprensione del paziente nel suo insieme con la sua malattia rappresenta la base più importante per l’alleanza medico-paziente per una migliore gestione della malattia. Considerazioni finali Il livello di civiltà di un popolo può essere valutato sulla base della condizione più o meno sopportabile delle donne all’interno dell’organizzazione sociale (108,109). Le donne hanno attraversato la storia sotto la pressione del loro ruolo nella famiglia e nella società. Nell’antico Egitto c’è stata l’uguaglianza tra uomo e donna per molti secoli (110), ma nella maggior parte delle civiltà questa uguaglianza è scomparsa a causa del ruolo assegnato dagli uomini e per ragioni culturali, religiose, sociali, familiari, economiche, politiche ma anche pregiudizi, convenienze, condanne e molti altri; con l’ellenizzazione dell’Egitto da parte dei Greci, le donne passano sotto custodia, diventano controllate, non possono presentarsi in pubblico se non accompagnate da un uomo, non possono essere coinvolte socialmente (110), condizione che dura da molti secoli e si ritrova ancora oggi in alcune società. Il genere ha influenzato in modo importante il comportamento delle donne e lo sviluppo in qualsiasi campo ha contribuito all’evoluzione della loro condizione. Questo processo non è stato esente da difficoltà oggettive e soggettive che contribuiscono a rendere il percorso lungo e tortuoso e allo stesso tempo non ancora concluso. Lo sviluppo e le conquiste sociali sono di per sé stressanti, ma per le donne lo sono stati molto di più. Lo stress, definito come una minaccia reale o percepita alla fisiologia o all’integrità di un individuo che si traduce in risposte fisiologiche e comportamentali, è stato visto nelle culture orientali come assenza di pace interiore e in quelle occidentali come perdita di controllo (19). Lo stress può essere considerato il principale anello che agisce dietro il comportamento e lo stile di vita della maggior parte delle persone e sta aumentando con l’incremento dello sviluppo contribuendo all’evoluzione della condizione delle donne, all’incremento dei risultati in ambito sociale, politico, economico e di salute ed alla riduzione della disuguaglianza. Lo stress, le culture, lo stile di vita e la situazione sociale hanno probabilmente influenzato il diverso grado di successo e le condizioni sociali raggiunte dalle donne, le differenze nella reattività allo stress come fattore di rischio potenzialmente importante e la diversa suscettibilità alle malattie nelle donne all’interno di culture e società diverse (19)(72). In questo percorso duro, pesante e faticoso il processo evolutivo verso l’uguaglianza è lento, lungo e difficile così come la prevalenza dello stress sulla popolazione generale è in aumento, soprattutto sulle donne; queste sono le più esposte a stress a causa della loro specifica struttura neuro ormonale con variazioni cicliche, di quella psico-comportamentale e cerebrale e di situazioni sociali, economiche e culturali conflittuali. Le donne sono quindi chiamate a pagare un prezzo in termini di fattori di
rischio, cambiamenti nello stile di vita e malattie. In queste condizioni, quello che prima appariva un punto di forza nelle donne, grazie alla protezione biologica, si sta trasformando in debolezza o meno (non più) forza, il modo peggiore per raggiungere l’uguaglianza. Considerare l’uomo diverso dalla donna o uguale a lei, secondo noi è un grosso errore. In realtà l’uomo e la donna sono diversi biologicamente (natura, sesso), dovrebbero essere uguali socialmente, economicamente, politicamente e culturalmente (fattori ambientali, genere), ma, a causa del loro individualismo, sono definitivamente complementari nello scopo e nelle azioni, insieme si completano l’un l’altra grazie alle loro diverse caratteristiche. Se questo è corretto e applicabile, non c’è bisogno che le donne si carichino di stili di vita sbagliati ed abitudini non corrette (e di conseguenza fattori di rischio, stress e malattie) per raggiungere l’uguaglianza in campo economico, sociale, politico, culturale e lavorativo. Pensiamo che la consapevolezza della complementarietà sia la chiave per la collaborazione e l’integrazione tra individui di sesso diverso (e anche di diverse identità sessuali, razze, estrazioni culturali e livelli sociali), aiuto reciproco e sostegno reciproco per vincere senza stress patologico e per dare un impulso consistente ad uno sviluppo molto più importante e grande. La società ha bisogno di entrambi, non bellicosi ma collaborativi e funzionalmente complementari. Considerato che lo stress può essere controllato e ridotto, l’uguaglianza e la complementarietà possono essere raggiunte con l’integrazione delle diverse caratteristiche di entrambi, nel rispetto reciproco dell’individualismo, utilizzando uno stile di vita corretto, pochi o nessun fattore di rischio importanti, probabilmente in modo più salutare. La donna (anche l’uomo) deve decidere quale vestito vuole indossare. Secondo noi quello dello stress non è la scelta giusta. Giuseppe Gullace Consulente Cardiologo, Multimedica Hospital Group, Milano, Italia Past Direttore Dipartimento CV, Unità operative complessa di Cardiologia, Unità operativa complessa di Cardiologia Riabilitativa, Dipartimento Attività Specialistiche Territoriali Azienda Ospedaliera della Provincia di Lecco, Lecco, Italia Coordinatore International Committee for Education and Cooperation della SISMED Andrea Salmaggi Direttore della Struttura complessa di Neurologia Direttore del dipartimento di Neuroscienze Azienda Socio Sanitaria Territoriale di Lecco Componente International Committee for Education and Cooperation della SISMED Matilde de Prospero Psicologa e Psicoterapeuta Gabriele Catena Direttore Cardiologia Territoriale, Azienda Socio Sanitaria di Teramo Presidente della Società Italiana Scienze Mediche – SISMED, Italia Bibliografia 1. Hans Selye: Nature vol. 138, July 4, 1936, p. 32 2. Rozanski A et Al.: The Epidemiology, Pathophysiology, and Management of Psychosocial Risk Factors in Cardiac Practice. The Emerging Field of Behavioral Cardiology J Am Coll Cardiol 2005; 45(5): 637-651 3. Jenkins CD (1976) Recent evidence supporting psychologic and social risk factors for coronary disease. N Engl J Med 294(19): 987-994. 4. Jenkins CD (1976) Recent evidence supporting psychologic and social risk factors for coronary disease. N Engi J Med 294(19): 1033-1038.
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