Lo Storico Carnevale di Ivrea - Barbara Oggero
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La Canzone del Carnevale Una volta anticamente / Egli è certo che un Barone, / Ci trattava duramente / Con la corda e col bastone; / D'in sull'alto Castellazzo, / Dove avea covile e possa, / Sghignazzando a mo' di pazzo / Ci mangiava e polpa ed ossa. Ma la figlia d'un mugnaro / Gli ha insegnato la creanza; / Ché rapita ad uom più caro / Volea farne la sua ganza. / Ma quell'altra prese impegno / Di trattarlo a tu per tu: / Quello è stato il nostro segno, / E il Castello non c'è più. E sui ruderi ammucchiati / Dame e prodi in bella mostra / Sotto Scarli inalberati / Noi veniamo a far la giostra: / Su quei greppi, tra quei muri / Che alla belva furon tana, / Suo- nan pifferi e tamburi / La vittoria popolana. Non v'è povero quartiere / Che non sfoggi un po' di gale, / Che non canti con piacere / La Canzon del Carnevale. / Con la Sposa e col Garzone / Che ad Abbà prescelto fu, / Va cantando ogni rïone: / Il Castello non c'è più.
Nelle vie di Ivrea il rosso dei berretti frigi si muove come un’onda morbida, dominando su qualsiasi altro colore. Su decreto del Generale, durante i giorni del Carnevale è obbligatorio indossarlo, per onorare lo spirito di questa festa e aderire a un rituale collettivo.
LA VEZZOSA MUGNAIA 2013 Figura centrale dell’evento, scelta ogni anno tra le giovani spose eporediesi, viene rivelata solo il sabato sera a una folla entusiasta raccolta nella piazza del Municipio. La Mugnaia è una allegoria esclusiva di questo territorio e simboleggia la ribellione del popolo e delle donne al potere arrogante dei signorotti locali.
I SIMBOLI DEL CARNEVALE Berretto Frigio: il copricapo d’ordinanza per gli spettatori. Indossarlo esonera dalla battaglia e preserva da ogni possibile attacco, ma il fuoco incrociato spesso non ha una buona mira! Le arance usate per la battaglia non fanno parte della catena alimentare, perché la loro dimensione (troppo grandi o troppo piccole) non le rende idonee agli standard della vendita. Destinate al mercato industriale, i rioni le acquistano dai produttori, pagandole in anticipo e allo stesso prezzo delle aziende.
LE MUNIZIONI Le arance sono un frutto importato dai Savoia, soliti a svernare in Costa Azzurra: sembra che le ragazze della nobiltà le lanciassero dai balconi ad aitanti giovanotti per esser notate, ottenendo un lancio di ritorno per scherzo.
Lo Storico Carnevale è atteso per un intero anno e il suo rituale è complesso, profondo, stratificato. Il culmine viene raggiunto con la spettacolare battaglia delle arance, ripetuta da domenica a martedì grasso.
Nelle sedi delle squadre lo spirito del Carnevale è tenuto in vita tutto l’anno, come base di rapporti interpersonali e transgenerazionali, dove i più giovani vengono accolti ed educati secondo i valori comunitari, perché questa tradizione e modo di vivere non si perda nel tempo.
Bisogna tornare indietro nel tempo per capire i motivi di tanta affezione e partecipazione all’evento. Bisogna conoscere la storia, che narra delle lotte periodiche degli Eporediesi contro i nobili e del simbolico rifiuto di Violetta, la Mugnaia, di sottostare allo Ius Primae Noctis.
Per intere giornate risuona la Canzone del Carnevale; la musica della Banda di Pifferi e Tamburi percorre le vie, mentre cori e canti inneggianti la sommossa scandiscono i minuti che precedono la battaglia. Il carro della Mugnaia distribuisce caramelle e il Podestà saluta la folla; i carri da getto, guardinghi, già sfilano in giri di ronda.
La Preda in Dora
La fantasia marcia con le pariglie e le quadriglie dei cavalli finché il campanile di Ivrea segna l’inizio della battaglia nelle piazze, dove nessuno dei partecipanti si risparmia.
Le arance colpiscono e provocano dolori e lividi anche tra gli spettatori in mezzo alla battaglia. Il loro suono sordo è esplicativo del dolore che i proiettili provocano quando raggiungono spalle, schiene, gambe, volti.
Corazzati e muniti di caschi dall’aspetto terrificante, gli aranceri sui carri fanno incursione per affrontare i migliaia a terra, privi di protezione.
La festa vibra di un’energia che sale dalla pancia ed è riassumibile nella parola Passione. Quella vera, incondizionata, senza secondi fini, dove ciascuno fa la sua parte, in prima linea come nelle retrovie.
È un susseguirsi di lanci, tesi e diretti. Una violenza atavica si sprigiona dalla mano che si ritrae per prendere forza prima di scagliare il succoso proiettile.
Negli occhi degli abitanti di Ivrea si coglie una grande, sana euforia. Gli immancabili sfottò tra squadre, vicini agli inni degli eserciti in guerra, non sono micce per la violenza, ma solo preludio di un atto fisico fine a sé stesso e - quando il lancio delle arance termina - sono i sorrisi, gli abbracci e le strette di mano tra rivali a diventare i veri protagonisti di un grande gioco di ruolo.
Occhi che bruciano e arance incastrate nelle maschere, rosse striature seccate sulla pelle come sangue rappreso, nasi sanguinanti: questo è il bilancio della battaglia che è soprattutto una festa popolare.
Vado Vedo Scatto Scrivo - e qualche volta prendo un’arancia nell’occhio - Barbara Oggero Artigiana della comunicazione, blogger, photoreporter e storyteller di viaggio. Curo il blog "reporterpercaso.com", collaboro con diverse testate di settore e realizzo guide di viaggio per applicazioni mobile. Consulente di marketing, comunicazione ed eventi, con particolare attenzione ai new media e al photostorytelling.
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