Lisa Barelli - in SUPSI Tesi

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Lisa Barelli - in SUPSI Tesi
Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana
Dipartimento Economia Aziendale, Sanità e Sociale (Area sanità)
            Corso di laurea in Cure Infermieristiche

   POSSONO I TATUAGGI MIGLIORARE LA PERCEZIONE
    DELL’IMMAGINE CORPOREA NELLE DONNE POST-
                  MASTECTOMIA?
           REVISIONE DELLA LETTERATURA

                  Revisione della letteratura
               Lavoro di Tesi (Bachelor Thesis)

                                di

                        Lisa Barelli

                Direttrice di tesi: Nathalie Rossi

                Anno accademico: 2021-2022
                   Manno, 31 luglio 2022
Lisa Barelli - in SUPSI Tesi
Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana
Dipartimento Economia Aziendale, Sanità e Sociale (Area sanità)
            Corso di laurea in Cure Infermieristiche

   POSSONO I TATUAGGI MIGLIORARE LA PERCEZIONE
    DELL’IMMAGINE CORPOREA NELLE DONNE POST-
                  MASTECTOMIA?
           REVISIONE DELLA LETTERATURA

                  Revisione della letteratura
               Lavoro di Tesi (Bachelor Thesis)

                                di

                        Lisa Barelli

                Direttrice di tesi: Nathalie Rossi

                Anno accademico: 2021-2022
                   Manno, 31 luglio 2022

      “L’autrice è l’unica responsabile del Lavoro di Tesi”
Lisa Barelli - in SUPSI Tesi
“Life is a Party” di Flow so Fly Artist
        Da: https://flowsofly.art/
Lisa Barelli - in SUPSI Tesi
ABSTRACT

Background
Il carcinoma mammario rappresenta in Svizzera, come in altri Paesi Occidentali, la forma
di neoplasia più frequente nelle donne. Il cancro al seno e i trattamenti disponibili per la
cura di questa patologia (chirurgia, radioterapia e chemioterapia), sono fattori che
possono condizionare la percezione del proprio corpo in maniera negativa andando ad
incidere sull’immagine di sé, sull’autostima, sulle relazioni e sulla sessualità.
I tatuaggi rappresentano un elemento costitutivo nell’attuale panorama sociale; anche dal
punto di vista medico, sono una parte integrante della cura del paziente e possono
annunciare la fine di un processo di ricostruzione che spesso può essere lungo e difficile.

Scopo
Comprendere se e in che modo il tatuaggio del complesso areola-capezzolo (NAC),
possa migliorare la percezione del proprio corpo nelle donne con esiti da mastectomia.

Metodologia
Domanda di ricerca: “L’applicazione di tatuaggi medici ha un ruolo significativo nel
miglioramento della percezione del proprio corpo e della qualità di vita nelle pazienti con
esiti da mastectomia?”
Banche dati utilizzate: PubMed, ScienceDirect (Elsevier), Wiley Online Library, Medline,
CINAHL (EBSCO) e Psycinfo (Ovid).
Dalla ricerca sono risultati eleggibili 6 studi da includere nella revisione della letteratura,
pubblicati tra il 2018 e il 2021.

Risultati
Dagli studi utilizzati per la presente revisione di letteratura sono emersi degli elementi
che influenzano il miglioramento della soddisfazione delle donne che si sottopongono al
tatuaggio NAC, quali: il coinvolgimento della paziente nella scelta del trattamento;
l’importanza della scelta del colore, della forma e della dimensione del capezzolo;
l’esecuzione del tatuaggio medico da parte di professionisti formati e l’importanza della
sicurezza del paziente durante la tecnica; l’impatto della storia personale e della storia
terapeutica; l’importanza dell’educazione alle pazienti rispetto l’autocura del tatuaggio e
della pianificazione di follow-up.

Conclusioni
I risultati della ricerca dimostrano che il tatuaggio del complesso areola-capezzolo (NAC)
è una procedura semplice e sicura, con un alto tasso di soddisfazione. Tuttavia, è
necessario svolgere ulteriori studi con la finalità di valutare in modo più approfondito il
vissuto e i sentimenti della donna in seguito alla tecnica del tatuaggio NAC.

Parole chiave
Breast cancer / tattoing / patient outcome / quality of life / patient satisfation / mastectomy
tattoo / tattoo.
LISTA DEGLI ACRONIMI

AIOM= Associazione Italiana Oncologia Medica

AM= Medicina delle Arti

BIBCQ= Body Image after Breast Cancer Questionnaire

BIS= Body Image Scale

BISCS= Body Image and Self-concept Scale

BMI= Body Mass Index

CAT= Terapia delle Arti Creative

DCA= Disturbo del Comportamento Alimentare

EBN= Evidence Based Nursing

EBP= Evidence Based Practice

MSFN= Mastectomy Flap Necrosis

NAC= Complesso areola-capezzolo

NSM= Nipple-sparing mastectomy

OMS= Organizzazione Mondiale della sanità

PBIS= Polivy Body Image Scale

SSI= Surgical Site Infection

TOS= Terapie Ormonali Sostitutive
Sommario
1.       INTRODUZIONE ....................................................................................................................................... 1
2.       BACKGROUND ........................................................................................................................................ 3
     2.1.     IL CARCINOMA DELLA MAMMELLA ............................................................................................................ 3
     2.2.     LA MASTECTOMIA ..................................................................................................................................... 4
        2.2.1.     Tipologie di mastectomia ............................................................................................................. 4
        2.2.2.     Complicazioni postoperatorie ...................................................................................................... 4
        2.2.3.     Ricostruzione del complesso areola-capezzolo ....................................................................... 5
     2.3.     L’IMMAGINE CORPOREA ............................................................................................................................ 6
        2.3.1.     Principi teorici ................................................................................................................................ 6
        2.3.2.     Disturbo dell’immagine corporea nei pazienti oncologici ........................................................ 7
        2.3.3.     Strumenti di valutazione dell’immagine corporea ................................................................... 10
     2.4.     L’ARTE TERAPIA E LA BODYART ............................................................................................................. 11
        2.4.1.     L’arte terapia nell’ambito medico .............................................................................................. 11
        2.4.2.     La bodyart .................................................................................................................................... 11
     2.5.     TATUAGGIO MEDICO/TERAPEUTICO E ARTISTICO ................................................................................... 12
        2.5.1.     Storia e stigma del tatuaggio ..................................................................................................... 12
        2.5.2.     Tipologie di tatuaggio ................................................................................................................. 13
        2.5.3.     Rischi per la salute...................................................................................................................... 13
        2.5.4.     Tatuaggi e immagine di sé......................................................................................................... 14
3.       FOREGROUND ...................................................................................................................................... 15
     3.1.     METODOLOGIA ........................................................................................................................................ 15
        3.1.1.     Evidence Based Practice (EBP) & Evidence Based Nursing (EBN) ................................... 15
        3.1.2.     La revisione della letteratura ..................................................................................................... 15
     3.2.     APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA .................................................................................................... 19
        3.2.1.     Formulazione PICO e della domanda di ricerca ..................................................................... 19
        3.2.2.     Obiettivi della ricerca .................................................................................................................. 20
        3.2.3.     Criteri d’inclusione e criteri d’esclusione della ricerca ........................................................... 20
        3.2.4.     Strategia di ricerca e risultati della ricerca............................................................................... 21
        3.2.5.     Valutazione dei risultati della ricerca bibliografica.................................................................. 23
     3.3.     CONTENUTO DEGLI STUDI ....................................................................................................................... 25
     3.4.     DISCUSSIONE DELLA REVISIONE DI LETTERATURA ................................................................................ 28
        3.4.1.     Discussione dei risultati .............................................................................................................. 28
        3.4.2.     Limiti degli studi e della revisione della letteratura ................................................................. 33
        3.4.3.     Rilevanza per la pratica clinica.................................................................................................. 34
        3.4.4.     Possibili sviluppi della ricerca futura......................................................................................... 36
4.       CONCLUSIONI ....................................................................................................................................... 37
5.       RINGRAZIAMENTI ................................................................................................................................. 38
6.       BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................................... 39
7.       ALLEGATI .............................................................................................................................................. 47
1. INTRODUZIONE

Il cancro al seno rappresenta il tumore maggiormente diagnosticato tra le donne di tutte
le fasce d’età: l’incidenza è del 41% nella fascia d’età tra 0 e 49 anni, del 36% tra i 50-69
anni e del 21% oltre i 70 anni (AIOM-Airtum, 2021).
Sebbene i dati statistici mostrino che l’incidenza sia elevata, negli ultimi anni, grazie ai
programmi di prevenzione e i trattamenti sempre più efficaci, il numero delle donne che
guariscono da questa malattia è in aumento (AIOM-Airtum, 2021).
Malgrado la mortalità sia in diminuzione, la maggior parte delle pazienti subisce un
profondo e duraturo cambiamento nell’immagine corporea (Colombo & Re, 2018).
Nell’ambito clinico è riconosciuta la possibile insorgenza di un disturbo dell’immagine
corporea in seguito ai trattamenti per il cancro al seno; tuttavia, questa non viene presa
in considerazione in maniera appropriata dai professionisti della salute.
Questo comporta, inevitabilmente, delle conseguenze negative sulla salute fisica,
psicologica, emotiva, sociale, sessuale e spirituale della persona (Colombo & Re, 2018;
Fazzino et al., 2017; Jun et al., 2011).
Gli infermieri, in quanto promotori della salute, devono ricercare e proporre degli interventi
efficaci che possano prevenire o trattare un disturbo dell’immagine di sé, al fine di
migliorare la percezione e la soddisfazione generale della donna per il proprio corpo.
Proprio quest’ultimo obiettivo può essere raggiunto grazie ad interventi indirizzati a
migliorare l’aspetto estetico del seno della donna in seguito alla mastectomia, come ad
esempio le tecniche di ricostruzione e il tatuaggio terapeutico del complesso areola-
capezzolo (Carvello et al., 2020).
Il fine primario della dermopigmentazione e/o di veri e propri tatuaggi artistici è quello di
nascondere la cicatrice o l’assenza dell’area areola e capezzolo e, quindi, il ricordo di un
periodo di sofferenza fisica ed emotiva (Carvello et al., 2020).

Gli autori Saiani e Brugnolli (2010) sostengono che la scelta dell’argomento per un
progetto di ricerca sia uno dei passaggi più insidiosi e pertanto, suggeriscono di trattare
un argomento che stimoli interesse.
Ho deciso di sviluppare questo argomento per differenti motivazioni, sia personali che
professionali.
Anzitutto, a livello professionale, durante il mio secondo stage in un reparto di chirurgia,
ho potuto partecipare all’assistenza erogata ad alcune donne sottoposte a mastectomia
e ho avuto il privilegio di assistere ad alcuni incontri con l’infermiera specializzata della
Breast Unit, grazie alla quale ho acquisito maggiore consapevolezza sull’importanza di
prendersi cura anche dell’aspetto psicologico delle pazienti e non solo quello legato alla
ferita e a una buona guarigione fisica.
Ciò che mi ha colpito particolarmente e spinto ad approfondire questo tema, è stata la
partecipazione a un colloquio privilegiato di una paziente con mastectomia monolaterale
eseguita alcuni mesi prima. In quella circostanza, l’infermiera specializzata di senologia
aveva chiesto alla donna se dopo l’intervento avesse percepito dolore localizzato alla
cicatrice. La donna confessò di non essere più riuscita a guardarsi allo specchio e a
toccarsi il seno dopo l’operazione, in quanto spaventata e incredula di quanto le fosse
successo.
La paura, la rabbia, la tristezza e il disagio espressi dalla donna mi hanno permesso di
comprendere quanto sia importante parlare di immagine corporea, intimità e sessualità
con i pazienti, poiché spesso queste tematiche rappresentano un tabù e non vengono
affrontate.

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A livello personale, questa patologia ha interessato una donna della mia famiglia, mia
nonna. Purtroppo, non essendo ancora in vita non posso avere il privilegio di discutere
con lei se e come questa malattia abbia determinato dei cambiamenti nella percezione
del suo corpo ed è per questo che mi piacerebbe indagare questo tema perché credo
che ogni donna meriti un progetto di cura che prenda in considerazione ogni aspetto del
proprio vissuto.
L’interesse rispetto al bodypainting e ai tatuaggi, invece, si è sviluppato negli ultimi anni,
in particolare durante la mia precedente formazione, grazie alla quale ho potuto
comprendere i benefici dell’arte terapia, la quale viene utilizzata in molti progetti
riabilitativi poiché permette ai pazienti di far emergere i propri sentimenti e il proprio
vissuto attraverso l’arte (Colman, 2015).
Alle nostre latitudini, la scelta di tatuarsi, a differenza di altre regioni del mondo dove i
tatuaggi sono legati alla criminalità, non è stigmatizzata; pertanto, comprendere se
questa tecnica possa produrre degli effetti benefici nell’ambito della medicina è da
ritenersi interessante e innovativo.

Gli obiettivi di questo lavoro di Bachelor, infatti, sono quelli di approfondire i differenti
atteggiamenti rispetto all’immagine corporea che possono assumere le donne con cancro
al seno e comprendere se e in che modo i tatuaggi medici possano migliorare la
percezione del proprio corpo nelle pazienti con esiti da mastectomia.
I miei obiettivi personali, invece, sono quelli di sviluppare una buona capacità di ricerca
e analisi e acquisire delle conoscenze utili che possano migliorare le mie competenze
come futura infermiera.

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2. BACKGROUND
    2.1. Il carcinoma della mammella
Il carcinoma mammario rappresenta in Svizzera, come in altri Paesi Occidentali, la forma
di neoplasia più frequente nelle donne (Manna & Piacentini, 2020).
I dati dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute), indicano che l’incidenza del
cancro al seno nel 2020 è stata pari a 2,3 milioni di donne in tutto al mondo e ha portato
al decesso di circa 685.000 persone (World Health Organization, 2022).
Anche in Italia, come riportato nei registri tumori pubblicati dalla Fondazione AIOM
(Associazione Italiana Oncologia Medica), solo nel 2020 i nuovi casi di cancro al seno in
soggetti donne erano oltre 55.000 (AIOM-Airtum, 2021).
Nonostante questi numeri, la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi rappresenta
circa l’88% dei casi; ciò è riconducibile alla presenza di programmi di prevenzione come
lo screening mammografico che permette un accertamento precoce del cancro al seno
(AIOM-Airtum, 2021; Manna & Piacentini, 2020).
Per vicinanza territoriale, possiamo considerare che i dati italiani riportati possano essere
in relazione molto simili a quelli Svizzeri.
Lo sviluppo di un cancro al seno può essere riconducibile ad alcuni fattori di rischio, sia
modificabili che non modificabili.
In primo luogo, la malattia in discussione ha una prevalenza elevatissima nel genere
femminile, con una frequenza di cento volte maggiore rispetto al genere maschile (Akram
et al., 2017; Lumachi et al., 2004; Y.-S. Sun et al., 2017).
Secondariamente l’età avanzata risulterebbe uno dei fattori di rischio più importante,
infatti nelle donne di età compresa tra 45 e 60 anni, la probabilità di sviluppare il cancro
al seno è più elevato; nelle giovani donne sotto i 20 anni questa patologia risulta rara
(Akram et al., 2017; Y.-S. Sun et al., 2017).
Altri fattori di rischio possono essere legati a componenti riproduttive e biologiche, tra
queste: il menarca precoce, la menopausa tardiva e l’età avanzata alla prima gravidanza;
un fattore invece protettivo risulta essere quello di aver avuto più gestazioni (Akram et al.,
2017; Y.-S. Sun et al., 2017).
Nello sviluppo del carcinoma mammario, la predisposizione famigliare/ereditaria assume
un ruolo rilevante: il rischio aumenta nel caso in cui una o più donne della stessa famiglia
abbiano sviluppato un tumore al seno (Y.-S. Sun et al., 2017). Ulteriormente, la
propensione ereditaria è parzialmente attribuita ad alcune mutazioni dei geni correlati a
questa patologia come BRCA1 e BRCA2 (Y.-S. Sun et al., 2017)
Tra i fattori di rischio modificabili possiamo individuare l’assunzione di anticoncezionali
orali o terapie ormonali sostitutive (TOS), il fumo di sigaretta, il consumo eccessivo di
alcol e di grassi nella dieta (Akram et al., 2017).
Per la cura del tumore al seno sono previste differenti tipologie di trattamento: la
radioterapia, la chemioterapia e il trattamento chirurgico (Marchet et al., 2017).
La scelta del trattamento dipende dalle caratteristiche della neoplasia e della paziente,
tuttavia per la maggior parte dei carcinomi della mammella, vengono impiegate tutte e tre
le categorie di trattamento (Kosir, 2020).
Negli anni si è dedicato molto spazio alla ricerca di una strategia sistematica e ottimizzata
per la diagnosi e la cura del tumore al seno (Franceschini et al., 2014).
La necessità di coinvolgere diversi specialisti specificatamente formati sulle malattie della
mammella, provenienti da differenti settori dell’oncologia, ha progressivamente aperto la
strada a un approccio multidisciplinare, rendendo possibile l’inaugurazione della Breast
Unit, tradotto in italiano come “Centro di senologia” (Franceschini et al., 2014).
La Breast Unit fornisce un accesso facilitato, in un unico luogo e in un unico momento,
alla donne con cancro al seno, le quali hanno mostrato di apprezzare l’opportunità di

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ricevere un’assistenza sanitaria e psicosociale di alta qualità da parte di un team
interdisciplinare composto da specialisti di tutti i settori e di tutte le competenze, grazie al
quale è possibile creare un processo decisionale condiviso che migliora in modo
significativo il continuum delle cure (Franceschini et al., 2014).
I servizi offerti alla popolazione dalla Breast Unit comprendono: la prevenzione della
malattia attraverso test diagnostici e consulenza genetica, la diagnosi e il trattamento del
tumore primario, la gestione della malattia avanzata e l’attivazione delle cure palliative
nel caso di prognosi infausta (Wilson et al., 2013).

    2.2. La mastectomia
Come descritto nel paragrafo precedente, esistono differenti trattamenti per il carcinoma
mammario. La scelta delle cure dipende da alcuni fattori, tra questi: l’estensione locale
della neoplasia, la presenza di lesioni metastatiche ai linfonodi sovraclaveari e/o la
presenza di metastasi agli organi a distanza (Kosir, 2020).
Nonostante le opzioni terapeutiche siano in continua evoluzione, il trattamento principale,
allo stato attuale, è la chirurgia (Al-Hilli & Wilkerson, 2021)
In questo paragrafo verrà approfondito il trattamento chirurgico del carcinoma al seno, in
particolare la mastectomia e le complicazioni postoperatorie più comuni. Inoltre, verrà
trattata, in un sottocapitolo, la ricostruzione del complesso areola-capezzolo.

        2.2.1. Tipologie di mastectomia
Per mastectomia si intende una tecnica chirurgica che prevede l’asportazione di una o
entrambe le mammelle; questo intervento rientra nella categoria di chirurgia demolitiva o
radicale in quanto prevede l’asportazione di tutta la mammella, a differenza della chirurgia
conservativa che permette la conservazione di gran parte della mammella circostante
(AIOM-Airtum, 2020; Kosir, 2020).
Esistono differenti tipologie di intervento: si distinguono principalmente per le porzioni
anatomiche che vengono rimosse e per gli esiti estetici che si ottengono (Kosir, 2020).
Una delle tecniche chirurgiche maggiormente utilizzate è la mastectomia radicale
secondo Patey: questa prevede l’asportazione della mammella, del muscolo piccolo
pettorale e dei linfonodi ascellari in un unico blocco, con la conservazione del muscolo
gran pettorale (Kosir, 2020).
Altre due procedure chirurgiche utilizzate sono la mastectomia radicale secondo Madden,
nella quale vengono preservati i muscoli grande e piccolo pettorale e la mastectomia
semplice che consiste nell’asportazione esclusiva della mammella (Kosir, 2020).
Ad alcune pazienti, le cui condizioni cliniche lo permettono, è possibile proporre una
tecnica piuttosto innovativa: la mastectomia con risparmio del capezzolo (in inglese:
Nipple-sparing mastectomy- NSM) (Rusby et al., 2010).
Questa tecnica permette la conservazione della cute del seno, dell’areola e del capezzolo,
favorendo un migliore risultato in termini estetici dopo la ricostruzione (Rusby et al., 2010).
Nella scelta del trattamento è fondamentale considerare la preferenza della paziente al
fine di ottenere risultati oncologici e chirurgici migliori; oltre a ciò, è bene informare la
donna rispetto alla possibilità di opzioni ricostruttive, le quali permettono di ottenere
risultati estetici ottimali e migliorare la qualità della vita (Al-Hilli & Wilkerson, 2021; Kosir,
2020; Vitug & Newman, 2007).

      2.2.2. Complicazioni postoperatorie
La procedura chirurgica della mastectomia, nonostante sia associata a bassa mortalità,
può causare differenti complicanze (Vitug & Newman, 2007).

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Tra le più comuni ritroviamo: l’infezione della ferita, l’ematoma, il sieroma, la necrosi del
lembo di mastectomia e il dolore cronico al seno (Al-Hilli & Wilkerson, 2021; Vitug &
Newman, 2007).

•   Infezione del sito chirurgico, in inglese Surgical Site Infection (SSI): questa
    complicanza si verifica tra 1 e il 20% dei casi di incisione mammaria; alcuni fattori di
    rischio riconducibili a SSI sono obesità, diabete, fumo, insufficienza renale e l’età
    avanzata (Al-Hilli & Wilkerson, 2021; Vitug & Newman, 2007). È dimostrato che l’uso
    di una copertura antibiotica preoperatoria riduce i tassi di infezione (Bratzler & Hunt,
    2008).
•   Ematoma: questa complicazione si verifica nel 2-10% dei casi di chirurgia mammaria,
    nonostante sia sempre meno comune grazie all’utilizzo di dispositivi di
    elettrocauterizzazione             (Al-Hilli        &          Wilkerson,          2021).
    È fondamentale valutare l’entità del sanguinamento poiché ematomi estesi
    necessitano di un intervento di esplorazione del seno ed evacuazione dell’ematoma
    al fine di raggiungere l’emostasi (Robertson et al., 2017).
•   Sieroma: l’incidenza dello sviluppo di un sieroma è compreso tra 3-85%; questa
    complicanza può causare un rischio di rottura della ferita chirurgica, MSFN, SSI e
    ridotta mobilità della spalla (Al-Hilli & Wilkerson, 2021). Per far fronte a questa
    problematica, generalmente vengono posizionati dei drenaggi attivi a sistema
    aspirante per permettere l’evacuazione dei liquidi postoperatori (Vitug & Newman,
    2007).
•   Necrosi del lembo di mastectomia, in inglese Mastectomy Flap Necrosis (MSFN): è
    una condizione che si verifica quando vi è uno scarso afflusso di sangue ai lembi
    cutanei della ferita; risulta essere complicanza comune in quanto l’incidenza varia dal
    5 al 30% (Al-Hilli & Wilkerson, 2021; Robertson et al., 2017). Questa condizione si
    presenta con una necrosi, parziale o totale del lembo; alcuni fattori di rischio per
    l’insorgenza della MSFN sono il fumo, l’obesità, le radiazioni preoperatorie e il diabete
    (Patel et al., 2012).
•   Dolore incisionale cronico: questa complicanza coinvolge dal 20 al 30% delle pazienti;
    si manifesta come un dolore bruciante, costrittivo o di tipo pungente (Vitug & Newman,
    2007). I fattori di rischio accertati per lo sviluppo di questa sintomatologia includono
    giovane età, tumori estesi, radioterapia, chemioterapia, depressione e strategie di
    coping inefficaci (Tasmuth et al., 1999).

L’approfondita conoscenza da parte dei professionisti della salute rispetto le complicanze
derivanti dal trattamento chirurgico di mastectomia è da ritenersi prioritaria per garantire
un’assistenza appropriata (Al-Hilli & Wilkerson, 2021).

       2.2.3. Ricostruzione del complesso areola-capezzolo
L’intervento di ricostruzione mammaria ha avuto negli ultimi anni un notevole incremento,
in relazione sia all’aumento della domanda, sia all’evidenza che l’intervento ricostruttivo
non influenza il decorso della malattia e non interferisce con le terapie e le indagini
diagnostiche successive (Bruschi et al., 2011).
La ricostruzione del complesso areola-capezzolo avviene alla fine del processo di
ricostruzione mammaria e comprende molte procedure volte a correggere gli inestetismi
della mammella (Bodin et al., 2021).
La scelta delle tecniche dipende principalmente dall’età della paziente, dalle sue
aspettative, dalla qualità dei tessuti in sede di mastectomia e dalla forma e dal volume
del seno controlaterale (Bruschi et al., 2011).

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Le soluzioni per la ricostruzione dell’areola comprendono l’utilizzo di innesti cutanei totali,
di innesti dall’areola controlaterale e/o alla dermopigmentazione, mentre, per la
ricostruzione del capezzolo possono essere impiegati innesti cutanei totali, lembi locali
e/o tatuaggi specifici (Bodin et al., 2021).
Nel caso di mastectomia monolaterale, la simmetria mammaria viene garantita da
interventi di chirurgia plastica sulla mammella controlaterale, come ad esempio,
mastoplastica additiva/riduttiva o mastopessi, grazie ai quali è possibile ottenere risultati
estetici migliori e allo stesso tempo, effettuare un check-up del tessuto mammario, poiché
è stimato un rischio di insorgenza di tumore controlaterale tra il 7 e il 20% (Bruschi et al.,
2011).

    2.3. L’immagine corporea
        2.3.1. Principi teorici
Nel corso degli anni, il concetto di immagine corporea è stato affrontato da diversi punti
di vista, sia da psicologi che filosofi, i quali hanno sempre più arricchito una definizione
comune, che ci permette di comprendere la complessità della tematica.
Ad oggi, quando parliamo di immagine corporea, facciamo riferimento a un costrutto
psicologico che racchiude le percezioni, le emozioni e gli atteggiamenti che una persona
ha nei confronti del proprio corpo (Muzzatti & Annunziata, 2017).
L’immagine corporea può essere distinta in due dimensioni: positiva o negativa (Todd et
al., 2019). L’immagine corporea positiva non è da considerarsi come un’assenza di
immagine corporea negativa, ma piuttosto come la capacità di esprimere apprezzamento
per il proprio corpo così com’è, nonostante possano esserci degli aspetti che il soggetto
non ritiene piacevoli (Todd et al., 2019).
Come precedentemente accennato, diversi autori hanno partecipato alla ricerca di quelli
che potessero essere gli elementi costituenti dell’immagine corporea; per iniziare ad
affrontare questo argomento in maniera più approfondita, è da ritenersi interessante la
tesi di William James (1890), un famoso psicologo e filosofo statunitense, il quale
esprimeva: “ogniqualvolta due persone si incontrano ci sono in realtà sei persone presenti.
Per ogni uomo ce n'è uno per come egli stesso si crede, uno per come lo vede l'altro ed
uno infine per come egli è realmente” (Citato in Lalli, 1997 p.1).
Questa breve citazione ci fa comprendere che il modo in cui noi percepiamo noi stessi e
il nostro schema corporeo, è influenzato da fattori psicologici e sociali (Lalli, 1997).
Lo schema corporeo, l’immagine corporea e l’identità corporea sono strettamente
connessi e difficilmente distinguibili tra loro, tuttavia possiedono alcune peculiarità
caratterizzanti (Giusti & Menici, 2016).
L’espressione “schema corporeo” nasce nell’ambito della neurologia e indica un modello
del nostro corpo di natura percettiva, grazie al quale siamo in grado di orientarci, muoverci
e localizzarci nello spazio; oltre a ciò, garantisce il nostro equilibrio e la capacità di
distinguere la nostra corporeità da quella degli altri (Giusti & Menici, 2016).
Come illustrato da Giusti e Menici (2016) lo sviluppo e la realizzazione dello schema
corporeo sono legati all’attività percettiva, la quale può essere distinta in propriocettiva
ed esterocettiva: la prima corrisponde all’insieme delle sensazioni che giungono dal
nostro corpo e provvedono ad informarci rispetto alla nostra posizione e al nostro stato
in ogni istante; la seconda, invece, è legata alla percezione degli stimoli e delle
informazioni del mondo circostante e, ci consente di adattarci all’ambiente attraverso
aggiustamenti o atteggiamenti corporei.
L’immagine corporea, come descritto all’inizio di questo paragrafo, rappresenta un
costrutto nel quale sono coinvolti processi percettivi, rappresentazionali e affettivi (Giusti
& Menici, 2016). In questo caso, la rappresentazione personale è assolutamente rilevante

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in quanto il soggetto crea un modello interno del proprio corpo, ossia un’immagine
mentale del suo essere, che coinvolge aspetti cognitivi, relazionali e sociali (Giusti &
Menici, 2016).
L’aspetto dell’affettività all’interno dell’immagine corporea è fondamentale in quanto
corrisponde all’investimento emozionale che ognuno di noi sperimenta per il proprio
corpo ed è intrinsecamente connesso al modo in cui noi viviamo le nostre relazioni intime
con gli altri (Giusti & Menici, 2016).
Nell’immagine corporea converge anche il concetto di percezione corporea che racchiude
in sé il modo in cui gli altri ci identificano, ci apprezzano e ci giudicano (Lalli, 1997).
Secondo Cash (2004), altri due principi chiave che risultano essere alla base
dell’immagine corporea sono il body image evalutation e il body image investiment: il
primo rappresenta la soddisfazione o l’insoddisfazione di una persona rispetto al proprio
aspetto, causati dalla congruenza o discrepanza tra la percezione del proprio fisico e gli
ideali estetici interiorizzati; l’investimento, invece, è l’importanza psicologica che
l’individuo dà alla propria esteriorità (Nerini et al., 2009).
La discordanza psicologica tra la percezione soggettiva del proprio corpo e il fisico ideale
può originare un sentimento negativo di insoddisfazione verso sé stessi, il quale, di
conseguenza, può portare il soggetto a mettere in atto comportamenti dannosi per la
propria salute (Nerini et al., 2009).
L’insoddisfazione verso la propria immagine corporea è associata a distorsioni percettive
e/o affettive le quali rappresentano un fattore di rischio per l’insorgenza di un disturbo
dell’immagine corporea o un disturbo del comportamento alimentare (DCA) (Nerini et al.,
2009).
In ultimo, il concetto di identità corporea è da considerarsi molto complesso in quanto
oltre alla percezione del proprio “Io corporeo”, ossia la capacità di rappresentare il proprio
corpo, rientrano altri elementi che si ampliano rispetto all’immagine corporea, come i
vestiti, gli oggetti, la voce, il respiro o l’odore, ovvero aspetti che il corpo produce o
incorpora come frammenti di sé (Giusti & Menici, 2016).

       2.3.2. Disturbo dell’immagine corporea nei pazienti oncologici
Il cancro al seno e i trattamenti disponibili per la cura di questa patologia (chirurgia,
radioterapia e chemioterapia), sono fattori che possono condizionare la percezione del
proprio corpo in maniera negativa andando ad incidere sulla preoccupazione di sé,
l’autostima, le relazioni e la sessualità (Annunziata et al., 2012; Muzzatti & Annunziata,
2017; Pirnia et al., 2020).
Nelle pazienti con diagnosi oncologica, lo sviluppo di un disturbo dell’immagine corporea
non è da ritenersi patologico differentemente dall’ambito della neurologia; tuttavia,
esistono alcuni fattori che incidono nello sviluppo di questo disturbo a breve o lungo
termine (Rhoten, 2017).
Diversi studi individuano differenti fattori di rischio per lo sviluppo di un disturbo
dell’immagine corporea nei pazienti oncologici; tra i più rilevanti troviamo la giovane età
alla diagnosi, Body Mass Index (BMI) elevato, complicazioni post-operatorie, terapie
chirurgiche, ormonali e/o ricostruttive, pregressi disturbi ansiosi o stati depressivi, dolori
persistenti e, costante confronto del proprio corpo con quello di altre persone (Chow et
al., 2016; Fingeret et al., 2014).
Michelle C. Fingeret (2014), conosciuta grazie alle sue ricerche svolte nell’ambito
dell’oncologia psicosociale, ha concettualizzato le preoccupazioni relative all’immagine
corporea dei pazienti con cancro lungo un continuum.
Questo modello permette di distinguere le considerazioni sul trattamento della malattia
dei pazienti oncologici.

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Alle estremità del continuum si presentano due categorie di pazienti ben distinti: da un
lato troviamo soggetti che mostrano completa indifferenza ai cambiamenti corporei;
dall’altra parte il livello di preoccupazione per il proprio aspetto percepito dalla persona,
è talmente estremo da causare vergogna, imbarazzo o senso di colpa, con conseguente
isolamento sociale e declino della qualità di vita (Fingeret et al., 2014).
Nella parte centrale, invece, si collocano coloro che hanno sviluppato una moderata
preoccupazione per il proprio corpo: in questo caso i soggetti sono in grado di adattarsi
ai cambiamenti della propria immagine corporea e, nonostante possano sentirsi in
imbarazzo per la propria condizione, si impegnano in situazioni sociali (Fingeret et al.,
2014).
Questo esempio suggerisce che il vissuto e l’esperienza soggettiva del paziente
possiedono una rilevanza considerevole per lo sviluppo o meno di un disturbo
dell’immagine corporea, in quanto coloro che attribuiscono una maggiore importanza
all’aspetto fisico, sperimentano sentimenti negativi e disagio rispetto al proprio corpo e,
tutto ciò comporta un’aumentata difficoltà ad adattarsi alla nuova condizione (Fingeret et
al., 2014).
Tuttavia l’autrice non esclude la presenza di fattori biologici, psicologici e sociali della
persona che, come illustrato nel paragrafo precedente, influiscono sulla percezione del
proprio corpo (Fingeret et al., 2014; Muzzatti & Annunziata, 2017; L. Sun et al., 2018).
A tal proposito, White (citato in Rhondali et al., 2015), basandosi sul lavoro di Cash,
trattato brevemente nel paragrafo precedente, sostiene che i pazienti oncologici che
presentano un livello elevato di investimento nell’immagine corporea, hanno più
probabilità di sperimentare emozioni negative e comportamenti problematici legati ai
cambiamenti del proprio aspetto.

Il seno per la donna non rappresenta esclusivamente una parte anatomica ma cela
significati importanti: è considerato il simbolo della femminilità, della maternità,
dell’allattamento, della bellezza e riveste grande importanza nella sfera sessuale e intima
(Kocan & Gursoy, 2016; Panzironi, 1993).
Le pazienti con esiti chirurgici legati al cancro al seno, rispetto a pazienti con DCA, non
sperimentano un’errata percezione del proprio corpo, piuttosto devono essere in grado
di adattarsi a vari gradi di deturpazione fisica i quali influiscono sulle attività di vita
quotidiana, nell’interazione con gli altri e sulla salute psicologica (Rhoten, 2017).
Come riportato nei risultati della metanalisi condotta da Sun et al (2018) rispetto
all’impatto del cancro al seno nelle donne sottoposte a mastectomia, la perdita del seno
è da considerarsi come una deturpazione che influisce sull’identità personale della donna.
Questo concretamente significa che la donna può sperimentare una condizione di “stato
senza genere” in quanto la perdita del seno a causa del cancro non comporta solo la
rimozione della parte malata, ma soprattutto della loro identità di donna, madre e moglie
o partner (Fallbjörk et al., 2012; L. Sun et al., 2018).
Pertanto, la mancanza del seno implica una perdita di femminilità, di senso di maternità
e può avere conseguenze dirette sulla salute psicologica, emotiva e sulla sfera intima e
sessuale della donna, andando a influenzare negativamente la loro qualità della vita
(Fallbjörk et al., 2012; L. Sun et al., 2018).
Nonostante l’impatto negativo della mastectomia, alcune donne identificano le cicatrici o
i seni mancanti come un buon compromesso per il recupero del proprio stato di salute e
per la sopravvivenza alla malattia (L. Sun et al., 2018).
Un ulteriore studio da ritenersi interessante è quello svolto da Fallbjörk et al. (2012) in
Svezia.

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Lo scopo della ricerca era quello di esplorare, attraverso un’indagine qualitativa di tipo
narrativo, il vissuto di quindici donne rispetto la mastectomia.
I risultati portarono all’identificazione di tre tipologie di esperienze rispetto alla
mastectomia e al cancro al seno.
Nel primo gruppo, la mastectomia era descritta come “No Big Deal” , in italiano “niente di
grave”; in questo caso, le donne non consideravano la possibilità della ricostruzione del
seno in quanto il concetto di femminilità era collegato ad altri aspetti della vita, tra questi:
il modo di vestire, le qualità personali e le funzioni nella vita quotidiana (Fallbjörk et al.,
2012). L’età media delle donne di questo gruppo era di 60 anni e tutte vivevano relazioni
stabili con il proprio partner e la mastectomia non influenzava le loro relazioni sessuali
(Fallbjörk et al., 2012).
Contrariamente, le donne del secondo gruppo, descrivevano la perdita del seno come
una “minaccia” e, per loro, la ricostruzione era necessaria al fine di “essere restaurate”
come donne, sia dal punto di vista fisico che psicologico-emotivo (Fallbjörk et al., 2012).
In questo caso la mastectomia ha causato una perdita dell’identità personale e sessuale
delle donne; infatti, sperimentarono problematiche a livello sessuale, sentimenti di
vergogna e di colpa (Fallbjörk et al., 2012). L’età media delle donne del secondo gruppo
era di 57 anni e non vivevano relazioni stabili (Fallbjörk et al., 2012).
Il terzo gruppo è una via di mezzo tra i primi due: la femminilità per loro era stata distrutta
ma non al punto di sentirsi perse come donne. La possibilità della ricostruzione del seno
era vissuta come un bonus, il quale rendeva più facile apparire e sentirsi una donna
(Fallbjörk et al., 2012). In questo gruppo l’età media era di 48 anni e la maggior parte
viveva relazioni stabili con i propri partner (Fallbjörk et al., 2012).
Le conclusioni di questo studio mostrano come il significato della perdita del seno può
variare in relazione all’esperienza della donna e alla posizione che ricopre la donna nella
società (Fallbjörk et al., 2012).
Il concetto di femminilità è da considerarsi contestuale, in quanto varia a seconda della
cultura e della società di appartenenza; è da ritenersi interessante il ruolo della relazione
donna-partner, poiché la risposta del partner al corpo alterato della donna sembrerebbe
pertinente nello sviluppo o meno di un disturbo dell’immagine corporea (Fallbjörk et al.,
2012).
Un fattore che non appare considerevole risulta essere l’età: il primo e il secondo gruppo
non presentano differenze sostanziali in termini di età media, nonostante il vissuto delle
donne sia completamente differente (Fallbjörk et al., 2012).
In ultimo, l’autore invita gli operatori del sistema sanitario a porre l’attenzione su come la
donna racconta il significato personale della perdita del seno, piuttosto che affidarsi a
preconcetti relativi all’età e alla fase della vita delle pazienti (Fallbjörk et al., 2012).
Lo studio di Fallbjörk et al. (2012) presenta dei limiti, in quanto la popolazione coinvolta
nell’indagine è ristretta e circoscritta alla nazione di appartenenza dell’autore; tuttavia,
rappresenta un tentativo di conoscere in maniera più personale il vissuto delle donne
rispetto alle modifiche del proprio corpo.
Le argomentazioni trattate in questo paragrafo ci permettono ancora una volta di
comprendere quanto sia soggettiva la percezione del proprio corpo e il vissuto legato alla
malattia.
In relazione a quanto precedentemente descritto, si può affermare che l’immagine
corporea rappresenti un problema molto importante per la qualità della vita delle pazienti
con cancro al seno e dunque è importante che l’infermiere e gli altri operatori sanitari,
valutino in maniera approfondita questa problematica e propongano interventi
personalizzati ed efficaci (Rhoten, 2017).

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2.3.3. Strumenti di valutazione dell’immagine corporea
Per l’accertamento di un disturbo dell’immagine corporea, i professionisti della salute
possono avvalersi di scale di valutazione e questionari; nell’ambito oncologico, in
particolare per il cancro al seno, vengono utilizzati diversi strumenti al fine di indagare la
percezione dell’immagine di sé nelle pazienti, tra le più conosciute troviamo la Body
Image Scale- BIS , la Body Image After Breast Cancer Questionnaire- BIBCQ (Baxter et
al., 2006) e la Body Image and Self-concept Scale - BISCS (Polivy, 1977), conosciuta
anche come Polivy Body Image Scale (PBIS).
La BIS è costituita da 10 item che vanno a valutare diverse dimensioni dell’immagine
corporea, in particolare elementi affettivi, comportamentali e cognitivi (Hopwood et al.,
2001). La paziente ha la possibilità di utilizzare una scala di risposta a quattro punti (da
0= per niente a 3=molto) (Hopwood et al., 2001).
Il punteggio finale corrisponde alla somma dei 10 item, che va da 0 a 30: zero indica
l’assenza di sintomi o disagio, mentre punteggi più alti corrispondono a sintomatologia o
disagio crescente e maggiore preoccupazione per la propria immagine corporea
(Hopwood et al., 2001).
Tale questionario ha sia lo scopo di misurare le preoccupazioni per l’immagine corporea,
sia i cambiamenti derivati dal cancro al seno o dal suo trattamento chirurgico fin dall’inizio
del percorso della malattia (Cheli et al., 2017).
La BIS è il questionario con la più ampia letteratura sull’affidabilità psicometrica, il criterio
e la validità interculturale (Cheli et al., 2017).
Il BIBCQ è uno strumento specifico per la valutazione dell’immagine corporea tra le
donne con mastectomia o interventi chirurgici conservativi il quale misura gli effetti
dell’immagine corporea a lungo termine (Baxter et al., 2006).
Il questionario è composto da 53-item e valuta sei aspetti principali dell’immagine di sé
che possono incidere sulla qualità di vita, ossia: la vulnerabilità, lo stigma corporeo, la
trasparenza, le limitazioni del corpo, le preoccupazioni del corpo e le problematiche
legate al braccio; punteggi più alti riflettono un maggior disturbo della body image (Baxter
et al., 2006; Boquiren et al., 2013).
Questa scala di valutazione ha mostrato una validità di costrutto, mostrando correlazioni
da moderate a forti con misure di costrutti correlati, come l’autostima e gli atteggiamenti
personali verso l’immagine corporea (Boquiren et al., 2013)
La PBIS, invece, è un test di 13-item che misura gli effetti psicologici della mastectomia
sulle pazienti con cancro al seno; comprende tre domini: immagine corporea, autostima
e sentimenti di soddisfazione nelle relazioni intime (Polivy, 1977).
Quest’ultima scala si concentra soprattutto sulla concezione di sé delle donne sottoposte
al test (Polivy, 1977).
Una scala di valutazione utilizzata non solo nell’ambito oncologico, ma in generale per
misurare l’impatto e l’efficacia della chirurgia del seno, è la BREAST-Q (Pusic et al., 2009).
Questo strumento è stato progettato per valutare i risultati di diversi tipi di chirurgia
mammaria, in particolare: l’aumento, la riduzione o mastopessi, la mastectomia o la
ricostruzione del seno (Cano et al., 2013).
Il quadro concettuale della BREAST-Q comprende due domini generali, ossia la qualità
di vita e la soddisfazione del paziente e tre sottodomini, rappresentati da benessere fisico,
psicosociale e sessuale (Cano et al., 2013)
L’immagine corporea, elemento chiave per le pazienti sottoposte a chirurgia mammaria,
è trattata in più sottodomini (Cano et al., 2013).
Per quanto concerne la soddisfazione del paziente, nella BREAST-Q, viene distinta e
analizzata in: soddisfazione per il seno, soddisfazione per il risultato generale e
soddisfazione per l’assistenza ricevuta da parte del personale curante (Cano et al., 2013).

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Gli strumenti per l’indagine corporea sono in grado di fornire informazioni preziose e utili
sul processo di adattamento ai cambiamenti corporei in seguito a mastectomia; la
conoscenza delle percezioni, dei pensieri e dei comportamenti delle pazienti legate al
proprio aspetto, assumono un ruolo importante nel trattamento olistico della malattia e
nel miglioramento della qualità di vita (Fingeret et al., 2013).

     2.4. L’arte terapia e la bodyart
        2.4.1. L’arte terapia nell’ambito medico
L’arte terapia, come descritto da Luzzatto (2002), è un intervento di psicoterapia il cui
scopo è quello di migliorare la qualità di vita del paziente e funge da strumento di
comunicazione tra paziente e terapeuta.
Questa disciplina racchiude in sé due mondi distinti: quello delle arti e quello della
psicoanalisi (Luzzatto, 2002).
Il primo, in cui possiamo ritrovare diverse forme d’arte come la musica, la danza, la pittura
o la scultura, richiama a sé il lato creativo del soggetto; mentre il secondo è legato al
vissuto, alle emozioni (Luzzatto, 2002).
Questa tecnica viene utilizzata sempre di più nell’ambito della sanità e nonostante non
esista una spiegazione definitiva di arte terapia nella salute, White e Hillary (citati in
Fancourt, 2017), la definiscono come l’insieme di tutte quelle attività creative finalizzate
a migliorare la salute che impiegano metodi basati sulle arti.
Quando si parla di arte terapia nell’ambito medico è importante identificare le differenze
tra medicina delle arti (AM) e terapia delle arti creative (CAT) (Hertrampf & Wärja, 2017).
La AM corrisponde all’insieme delle procedure creative, basate sulle arti, supportate o
fornite da personale medico e/o operatori sanitari esperti in una qualsiasi disciplina
artistica; queste procedure sono attuate per affrontare e migliorare i problemi di salute
legati alle cure mediche o riabilitative (Hertrampf & Wärja, 2017).
In questo caso, l’operatore sanitario non è coinvolto nel facilitare ed elaborare la
riflessione del paziente sulle esperienze artistiche (Hertrampf & Wärja, 2017).
La CAT, invece, è un termine utilizzato per le discipline artistiche terapeutiche fornite da
un professionista qualificato; in questo caso vengono fornite prestazioni e programmi
basati sull’evidenza in cui siano presenti sia un processo artistico che una relazione
terapeutica definiti (Hertrampf & Wärja, 2017).
Inoltre, la CAT impiega una vasta gamma di esperienze artistiche per affrontare problemi
specifici dei pazienti e, include sempre una valutazione del soggetto, il trattamento e la
valutazione rispetto ai benefici (Hertrampf & Wärja, 2017).
Diversi studi ritengono che gli effetti positivi attribuiti all’arte terapia in ambito medico,
specialmente con pazienti oncologici, corrispondono ad aumento dell’autostima,
miglioramento della salute globale e diminuzione dell’ansia e della depressione (Öster et
al., 2006).
Ulteriormente, secondo Suzuki (2004) l’arte terapia deve essere considerata una
medicina complementare in quanto può essere usata come modello per l’elaborazione di
traumi emotivi e stress (citato in Öster et al., 2006).

      2.4.2. La bodyart
La bodyart, nella cultura contemporanea, si riferisce a concetti molto distinti.
Questo termine è associato a un movimento artistico riscoperto intorno agli anni ’60-70
del novecento, che considera il corpo come il mezzo grazie al quale l’artista può
esprimersi (Chilvers & Glaves-Smith, 2015; Marwedel & Pesenti-Salzmann, 2014).

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L’obiettivo della bodyart è quello di investigare il rapporto tra arte, vita e corporeità e si
esplica attraverso performance in cui l’artista funge, non solo da attore e regista, ma
anche da “spettatore di sé stesso in quanto forma e opera” (Gurisatti, 2020 p. 121).
L’intento qui non è quello di descrivere la storia e l’evoluzione della bodyart come
movimento artistico, ma piuttosto di comprendere in che modo la nostra pelle può fungere
da “tela” (Gymnich & Hauthal, 2007).
In questo campo, i tatuaggi rappresentano uno strumento rilevante di espressione della
bodyart poiché il tatuatore può ricreare delle vere e proprie opere d’arte sulla pelle viva
del soggetto tatuato, con l’intento di promuovere la guarigione emotiva, l’esplorazione
dell’identità personale e favorire una condivisione della propria interiorità (Alter-Muri,
2020; Sizer, 2020).
La pelle, dunque, offre la superficie su cui possono essere iscritti segni visibili che
contribuiscono alla costruzione di una personale memoria biografica e della propria
identità, poiché il soggetto aspira ad auto-definirsi (Gymnich & Hauthal, 2007).
Tutto ciò ci permette di comprendere che i tatuaggi non ricoprono esclusivamente una
funzione di abbellimento, ma consentono di raccontare qualcosa di sé, attraverso simboli
con significati condivisi (Alter-Muri, 2020).

     2.5. Tatuaggio medico/terapeutico e artistico
        2.5.1. Storia e stigma del tatuaggio
In generale, quando si parla di tatuaggi, si intende una tecnica che permette l’introduzione
sottocutanea, attraverso aghi, di diversi pigmenti al fine di ottenere segni indelebili sul
proprio corpo (Kosir, 2020; Marchet et al., 2017).
Come precedentemente descritto, questa pratica rientra nella categoria della bodyart ed
è pertanto approssimativo considerarla una semplice tecnica poiché il significato che si
cela dietro a un tatuaggio può essere complesso e variegato (Istituto Superiore di Sanità,
n.d.; Palmeri, 2013).
I motivi che spingono una persona a tatuarsi possono essere molteplici; tra questi
possiamo includere l’espressione di sé o dei propri valori personali, l’appartenenza a un
gruppo sociale, la moda e l’espressione sessuale (Reid-de Jong & Bruce, 2020;
Schreiber, 2019).
Nonostante i tatuaggi possano sembrare una novità del nuovo millennio, essi vengono
utilizzati, per diversi scopi, fin dall’antichità: alcuni popoli sostenevano che potessero
fungere da amuleto in grado di proteggerli da eventi avversi, altri invece credevano in un
potere curativo, in particolare per le malattie di tipo reumatico e quelle che all’epoca
venivano definite incurabili (Palmeri, 2013).
In relazione a quanto precedentemente descritto, si può notare come anche in tempi
remoti ci fosse una correlazione tra tatuaggi e medicina anche se attualmente il significato
attribuito è totalmente differente; difatti, lo scopo principale è quello di ripristinare parte
dell’integrità fisica e favorire il recupero psicologico delle conseguenze fisiche in seguito
a malattie, interventi chirurgici o traumi (Renzoni et al., 2017).
Sebbene oggi un numero sempre più crescente di persone decidano di tatuarsi, molte
altre persone presentano un pregiudizio rispetto a questa pratica. Ciò potrebbe essere
attribuito al fatto che in passato, l’incisione dei tatuaggi era relegata alle classi sociali
meno abbienti ed emarginate, tra queste anche i criminali (Palmeri, 2013; Sizer, 2020).
Questo stigma può anche essere ricondotto ad atteggiamenti occidentali, in particolare
religiosi, che hanno portato nel tempo al rifiuto del tatuaggio in molte culture (Sizer, 2020).

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2.5.2. Tipologie di tatuaggio
I tatuaggi ad ago possono essere distinti in differenti categorie: tatuaggio artistico,
tatuaggio con finalità estetiche, tatuaggio con finalità mediche, (Istituto Superiore di
Sanità, n.d.).
Il tatuaggio può essere sia permanente che temporaneo: la sostanziale differenza risulta
la penetrazione del pigmento, infatti, nei tatuaggi temporanei viene applicato solo
sull’epidermide (Osborn & Cohen, 2018). In entrambi i casi, possono essere utilizzati nel
contesto del cancro al seno al fine di nascondere le cicatrici o le deturpazioni risultanti
dalla ricostruzione del seno (Osborn & Cohen, 2018).
Il tatuaggio con finalità mediche, anche definito “Dermopigmentazione correttiva o para-
medicale”, ha due obiettivi principali: il primo è quello di ripristinare l’aspetto del derma in
modo che si avvicini allo stato pre-morboso; il secondo invece vuole raggiungere la
mimetizzazione di difetti o di imperfezioni della cute (Becker & Cassisi, 2021; Istituto
Superiore di Sanità, n.d.).
Il trattamento del cancro al seno richiede spesso interventi chirurgici che possono
comportare la rimozione del complesso areola-capezzolo, in inglese Nipple-Areola
Complex (NAC); in questo caso, il tatuaggio medico offre la possibilità di creare
un’immagine 3D che va a sostituire la ricostruzione del capezzolo attraverso tecniche
chirurgiche (Becker & Cassisi, 2021).
Il tatuaggio artistico, invece, è la tecnica più utilizzata e ha differenti scopi: prima fra tutte
e proprio quella di abbellire il corpo, attraverso l’incisione di disegni, scritte o vere e
proprie opere d’arte; il corpo assume il ruolo di “tela” e pertanto funge da mezzo per
comunicare (Istituto Superiore di Sanità, n.d.; Palmeri, 2013).
Proprio per questo, le persone possono decidere di utilizzare la propria pelle per
raccontare qualcosa di sé stessi, far emergere le proprie sicurezze e insicurezze.
Il tatuaggio artistico eseguito alle donne con cancro al seno può essere anche definito
“non convenzionale”, poiché lo scopo non è quello di ricostruire l’anatomia del capezzolo,
bensì di dare la possibilità alla donna di scegliere o creare qualsiasi disegno (Osborn &
Cohen, 2018).
David Allen, famoso tatuatore americano, a questo proposito ha creato un progetto rivolto
alle donne sopravvissute al cancro al seno con esiti da mastectomia.
Nell’articolo pubblicato sul Chicago Tribune, lui spiega come i suoi tatuaggi siano un
modo che le donne utilizzano per gestire il dolore della perdita dei loro seni e spiega
come spesso le sue clienti utilizzano questa tecnica per lasciare una traccia più personale
rispetto al loro vissuto (Dampier, 2016).
Come esplicato nel sottocapitolo precedente, il tatuaggio è il risultato dell’introduzione di
sostanze insolubili e colorate nel derma, anche chiamati pigmenti (Conese & Cirfera,
2008).

        2.5.3. Rischi per la salute
L’atto tecnico del tatuaggio, nonostante sia una pratica sempre più diffusa, può causare
dei rischi per la salute. Attualmente non si è a conoscenza dell’entità del problema in
quanto il tasso di complicazioni non è noto, tuttavia tra quelle più conosciute, per quanto
concerne i tatuaggi artistici, si annoverano le infiammazioni, le infezioni e le neoplasie
(Breuner et al., 2017).
Le manifestazioni cliniche delle infiammazioni includono edema focale, prurito, papule o
noduli nel sito del tatuaggio; esse sono spesso causate da una ipersensibilità ai pigmenti
(Breuner et al., 2017; Juhas & English, 2013).

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