Lisa Barelli - in SUPSI Tesi
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Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana Dipartimento Economia Aziendale, Sanità e Sociale (Area sanità) Corso di laurea in Cure Infermieristiche POSSONO I TATUAGGI MIGLIORARE LA PERCEZIONE DELL’IMMAGINE CORPOREA NELLE DONNE POST- MASTECTOMIA? REVISIONE DELLA LETTERATURA Revisione della letteratura Lavoro di Tesi (Bachelor Thesis) di Lisa Barelli Direttrice di tesi: Nathalie Rossi Anno accademico: 2021-2022 Manno, 31 luglio 2022
Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana Dipartimento Economia Aziendale, Sanità e Sociale (Area sanità) Corso di laurea in Cure Infermieristiche POSSONO I TATUAGGI MIGLIORARE LA PERCEZIONE DELL’IMMAGINE CORPOREA NELLE DONNE POST- MASTECTOMIA? REVISIONE DELLA LETTERATURA Revisione della letteratura Lavoro di Tesi (Bachelor Thesis) di Lisa Barelli Direttrice di tesi: Nathalie Rossi Anno accademico: 2021-2022 Manno, 31 luglio 2022 “L’autrice è l’unica responsabile del Lavoro di Tesi”
ABSTRACT Background Il carcinoma mammario rappresenta in Svizzera, come in altri Paesi Occidentali, la forma di neoplasia più frequente nelle donne. Il cancro al seno e i trattamenti disponibili per la cura di questa patologia (chirurgia, radioterapia e chemioterapia), sono fattori che possono condizionare la percezione del proprio corpo in maniera negativa andando ad incidere sull’immagine di sé, sull’autostima, sulle relazioni e sulla sessualità. I tatuaggi rappresentano un elemento costitutivo nell’attuale panorama sociale; anche dal punto di vista medico, sono una parte integrante della cura del paziente e possono annunciare la fine di un processo di ricostruzione che spesso può essere lungo e difficile. Scopo Comprendere se e in che modo il tatuaggio del complesso areola-capezzolo (NAC), possa migliorare la percezione del proprio corpo nelle donne con esiti da mastectomia. Metodologia Domanda di ricerca: “L’applicazione di tatuaggi medici ha un ruolo significativo nel miglioramento della percezione del proprio corpo e della qualità di vita nelle pazienti con esiti da mastectomia?” Banche dati utilizzate: PubMed, ScienceDirect (Elsevier), Wiley Online Library, Medline, CINAHL (EBSCO) e Psycinfo (Ovid). Dalla ricerca sono risultati eleggibili 6 studi da includere nella revisione della letteratura, pubblicati tra il 2018 e il 2021. Risultati Dagli studi utilizzati per la presente revisione di letteratura sono emersi degli elementi che influenzano il miglioramento della soddisfazione delle donne che si sottopongono al tatuaggio NAC, quali: il coinvolgimento della paziente nella scelta del trattamento; l’importanza della scelta del colore, della forma e della dimensione del capezzolo; l’esecuzione del tatuaggio medico da parte di professionisti formati e l’importanza della sicurezza del paziente durante la tecnica; l’impatto della storia personale e della storia terapeutica; l’importanza dell’educazione alle pazienti rispetto l’autocura del tatuaggio e della pianificazione di follow-up. Conclusioni I risultati della ricerca dimostrano che il tatuaggio del complesso areola-capezzolo (NAC) è una procedura semplice e sicura, con un alto tasso di soddisfazione. Tuttavia, è necessario svolgere ulteriori studi con la finalità di valutare in modo più approfondito il vissuto e i sentimenti della donna in seguito alla tecnica del tatuaggio NAC. Parole chiave Breast cancer / tattoing / patient outcome / quality of life / patient satisfation / mastectomy tattoo / tattoo.
LISTA DEGLI ACRONIMI AIOM= Associazione Italiana Oncologia Medica AM= Medicina delle Arti BIBCQ= Body Image after Breast Cancer Questionnaire BIS= Body Image Scale BISCS= Body Image and Self-concept Scale BMI= Body Mass Index CAT= Terapia delle Arti Creative DCA= Disturbo del Comportamento Alimentare EBN= Evidence Based Nursing EBP= Evidence Based Practice MSFN= Mastectomy Flap Necrosis NAC= Complesso areola-capezzolo NSM= Nipple-sparing mastectomy OMS= Organizzazione Mondiale della sanità PBIS= Polivy Body Image Scale SSI= Surgical Site Infection TOS= Terapie Ormonali Sostitutive
Sommario 1. INTRODUZIONE ....................................................................................................................................... 1 2. BACKGROUND ........................................................................................................................................ 3 2.1. IL CARCINOMA DELLA MAMMELLA ............................................................................................................ 3 2.2. LA MASTECTOMIA ..................................................................................................................................... 4 2.2.1. Tipologie di mastectomia ............................................................................................................. 4 2.2.2. Complicazioni postoperatorie ...................................................................................................... 4 2.2.3. Ricostruzione del complesso areola-capezzolo ....................................................................... 5 2.3. L’IMMAGINE CORPOREA ............................................................................................................................ 6 2.3.1. Principi teorici ................................................................................................................................ 6 2.3.2. Disturbo dell’immagine corporea nei pazienti oncologici ........................................................ 7 2.3.3. Strumenti di valutazione dell’immagine corporea ................................................................... 10 2.4. L’ARTE TERAPIA E LA BODYART ............................................................................................................. 11 2.4.1. L’arte terapia nell’ambito medico .............................................................................................. 11 2.4.2. La bodyart .................................................................................................................................... 11 2.5. TATUAGGIO MEDICO/TERAPEUTICO E ARTISTICO ................................................................................... 12 2.5.1. Storia e stigma del tatuaggio ..................................................................................................... 12 2.5.2. Tipologie di tatuaggio ................................................................................................................. 13 2.5.3. Rischi per la salute...................................................................................................................... 13 2.5.4. Tatuaggi e immagine di sé......................................................................................................... 14 3. FOREGROUND ...................................................................................................................................... 15 3.1. METODOLOGIA ........................................................................................................................................ 15 3.1.1. Evidence Based Practice (EBP) & Evidence Based Nursing (EBN) ................................... 15 3.1.2. La revisione della letteratura ..................................................................................................... 15 3.2. APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA .................................................................................................... 19 3.2.1. Formulazione PICO e della domanda di ricerca ..................................................................... 19 3.2.2. Obiettivi della ricerca .................................................................................................................. 20 3.2.3. Criteri d’inclusione e criteri d’esclusione della ricerca ........................................................... 20 3.2.4. Strategia di ricerca e risultati della ricerca............................................................................... 21 3.2.5. Valutazione dei risultati della ricerca bibliografica.................................................................. 23 3.3. CONTENUTO DEGLI STUDI ....................................................................................................................... 25 3.4. DISCUSSIONE DELLA REVISIONE DI LETTERATURA ................................................................................ 28 3.4.1. Discussione dei risultati .............................................................................................................. 28 3.4.2. Limiti degli studi e della revisione della letteratura ................................................................. 33 3.4.3. Rilevanza per la pratica clinica.................................................................................................. 34 3.4.4. Possibili sviluppi della ricerca futura......................................................................................... 36 4. CONCLUSIONI ....................................................................................................................................... 37 5. RINGRAZIAMENTI ................................................................................................................................. 38 6. BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................................... 39 7. ALLEGATI .............................................................................................................................................. 47
1. INTRODUZIONE Il cancro al seno rappresenta il tumore maggiormente diagnosticato tra le donne di tutte le fasce d’età: l’incidenza è del 41% nella fascia d’età tra 0 e 49 anni, del 36% tra i 50-69 anni e del 21% oltre i 70 anni (AIOM-Airtum, 2021). Sebbene i dati statistici mostrino che l’incidenza sia elevata, negli ultimi anni, grazie ai programmi di prevenzione e i trattamenti sempre più efficaci, il numero delle donne che guariscono da questa malattia è in aumento (AIOM-Airtum, 2021). Malgrado la mortalità sia in diminuzione, la maggior parte delle pazienti subisce un profondo e duraturo cambiamento nell’immagine corporea (Colombo & Re, 2018). Nell’ambito clinico è riconosciuta la possibile insorgenza di un disturbo dell’immagine corporea in seguito ai trattamenti per il cancro al seno; tuttavia, questa non viene presa in considerazione in maniera appropriata dai professionisti della salute. Questo comporta, inevitabilmente, delle conseguenze negative sulla salute fisica, psicologica, emotiva, sociale, sessuale e spirituale della persona (Colombo & Re, 2018; Fazzino et al., 2017; Jun et al., 2011). Gli infermieri, in quanto promotori della salute, devono ricercare e proporre degli interventi efficaci che possano prevenire o trattare un disturbo dell’immagine di sé, al fine di migliorare la percezione e la soddisfazione generale della donna per il proprio corpo. Proprio quest’ultimo obiettivo può essere raggiunto grazie ad interventi indirizzati a migliorare l’aspetto estetico del seno della donna in seguito alla mastectomia, come ad esempio le tecniche di ricostruzione e il tatuaggio terapeutico del complesso areola- capezzolo (Carvello et al., 2020). Il fine primario della dermopigmentazione e/o di veri e propri tatuaggi artistici è quello di nascondere la cicatrice o l’assenza dell’area areola e capezzolo e, quindi, il ricordo di un periodo di sofferenza fisica ed emotiva (Carvello et al., 2020). Gli autori Saiani e Brugnolli (2010) sostengono che la scelta dell’argomento per un progetto di ricerca sia uno dei passaggi più insidiosi e pertanto, suggeriscono di trattare un argomento che stimoli interesse. Ho deciso di sviluppare questo argomento per differenti motivazioni, sia personali che professionali. Anzitutto, a livello professionale, durante il mio secondo stage in un reparto di chirurgia, ho potuto partecipare all’assistenza erogata ad alcune donne sottoposte a mastectomia e ho avuto il privilegio di assistere ad alcuni incontri con l’infermiera specializzata della Breast Unit, grazie alla quale ho acquisito maggiore consapevolezza sull’importanza di prendersi cura anche dell’aspetto psicologico delle pazienti e non solo quello legato alla ferita e a una buona guarigione fisica. Ciò che mi ha colpito particolarmente e spinto ad approfondire questo tema, è stata la partecipazione a un colloquio privilegiato di una paziente con mastectomia monolaterale eseguita alcuni mesi prima. In quella circostanza, l’infermiera specializzata di senologia aveva chiesto alla donna se dopo l’intervento avesse percepito dolore localizzato alla cicatrice. La donna confessò di non essere più riuscita a guardarsi allo specchio e a toccarsi il seno dopo l’operazione, in quanto spaventata e incredula di quanto le fosse successo. La paura, la rabbia, la tristezza e il disagio espressi dalla donna mi hanno permesso di comprendere quanto sia importante parlare di immagine corporea, intimità e sessualità con i pazienti, poiché spesso queste tematiche rappresentano un tabù e non vengono affrontate. 1
A livello personale, questa patologia ha interessato una donna della mia famiglia, mia nonna. Purtroppo, non essendo ancora in vita non posso avere il privilegio di discutere con lei se e come questa malattia abbia determinato dei cambiamenti nella percezione del suo corpo ed è per questo che mi piacerebbe indagare questo tema perché credo che ogni donna meriti un progetto di cura che prenda in considerazione ogni aspetto del proprio vissuto. L’interesse rispetto al bodypainting e ai tatuaggi, invece, si è sviluppato negli ultimi anni, in particolare durante la mia precedente formazione, grazie alla quale ho potuto comprendere i benefici dell’arte terapia, la quale viene utilizzata in molti progetti riabilitativi poiché permette ai pazienti di far emergere i propri sentimenti e il proprio vissuto attraverso l’arte (Colman, 2015). Alle nostre latitudini, la scelta di tatuarsi, a differenza di altre regioni del mondo dove i tatuaggi sono legati alla criminalità, non è stigmatizzata; pertanto, comprendere se questa tecnica possa produrre degli effetti benefici nell’ambito della medicina è da ritenersi interessante e innovativo. Gli obiettivi di questo lavoro di Bachelor, infatti, sono quelli di approfondire i differenti atteggiamenti rispetto all’immagine corporea che possono assumere le donne con cancro al seno e comprendere se e in che modo i tatuaggi medici possano migliorare la percezione del proprio corpo nelle pazienti con esiti da mastectomia. I miei obiettivi personali, invece, sono quelli di sviluppare una buona capacità di ricerca e analisi e acquisire delle conoscenze utili che possano migliorare le mie competenze come futura infermiera. 2
2. BACKGROUND 2.1. Il carcinoma della mammella Il carcinoma mammario rappresenta in Svizzera, come in altri Paesi Occidentali, la forma di neoplasia più frequente nelle donne (Manna & Piacentini, 2020). I dati dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute), indicano che l’incidenza del cancro al seno nel 2020 è stata pari a 2,3 milioni di donne in tutto al mondo e ha portato al decesso di circa 685.000 persone (World Health Organization, 2022). Anche in Italia, come riportato nei registri tumori pubblicati dalla Fondazione AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica), solo nel 2020 i nuovi casi di cancro al seno in soggetti donne erano oltre 55.000 (AIOM-Airtum, 2021). Nonostante questi numeri, la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi rappresenta circa l’88% dei casi; ciò è riconducibile alla presenza di programmi di prevenzione come lo screening mammografico che permette un accertamento precoce del cancro al seno (AIOM-Airtum, 2021; Manna & Piacentini, 2020). Per vicinanza territoriale, possiamo considerare che i dati italiani riportati possano essere in relazione molto simili a quelli Svizzeri. Lo sviluppo di un cancro al seno può essere riconducibile ad alcuni fattori di rischio, sia modificabili che non modificabili. In primo luogo, la malattia in discussione ha una prevalenza elevatissima nel genere femminile, con una frequenza di cento volte maggiore rispetto al genere maschile (Akram et al., 2017; Lumachi et al., 2004; Y.-S. Sun et al., 2017). Secondariamente l’età avanzata risulterebbe uno dei fattori di rischio più importante, infatti nelle donne di età compresa tra 45 e 60 anni, la probabilità di sviluppare il cancro al seno è più elevato; nelle giovani donne sotto i 20 anni questa patologia risulta rara (Akram et al., 2017; Y.-S. Sun et al., 2017). Altri fattori di rischio possono essere legati a componenti riproduttive e biologiche, tra queste: il menarca precoce, la menopausa tardiva e l’età avanzata alla prima gravidanza; un fattore invece protettivo risulta essere quello di aver avuto più gestazioni (Akram et al., 2017; Y.-S. Sun et al., 2017). Nello sviluppo del carcinoma mammario, la predisposizione famigliare/ereditaria assume un ruolo rilevante: il rischio aumenta nel caso in cui una o più donne della stessa famiglia abbiano sviluppato un tumore al seno (Y.-S. Sun et al., 2017). Ulteriormente, la propensione ereditaria è parzialmente attribuita ad alcune mutazioni dei geni correlati a questa patologia come BRCA1 e BRCA2 (Y.-S. Sun et al., 2017) Tra i fattori di rischio modificabili possiamo individuare l’assunzione di anticoncezionali orali o terapie ormonali sostitutive (TOS), il fumo di sigaretta, il consumo eccessivo di alcol e di grassi nella dieta (Akram et al., 2017). Per la cura del tumore al seno sono previste differenti tipologie di trattamento: la radioterapia, la chemioterapia e il trattamento chirurgico (Marchet et al., 2017). La scelta del trattamento dipende dalle caratteristiche della neoplasia e della paziente, tuttavia per la maggior parte dei carcinomi della mammella, vengono impiegate tutte e tre le categorie di trattamento (Kosir, 2020). Negli anni si è dedicato molto spazio alla ricerca di una strategia sistematica e ottimizzata per la diagnosi e la cura del tumore al seno (Franceschini et al., 2014). La necessità di coinvolgere diversi specialisti specificatamente formati sulle malattie della mammella, provenienti da differenti settori dell’oncologia, ha progressivamente aperto la strada a un approccio multidisciplinare, rendendo possibile l’inaugurazione della Breast Unit, tradotto in italiano come “Centro di senologia” (Franceschini et al., 2014). La Breast Unit fornisce un accesso facilitato, in un unico luogo e in un unico momento, alla donne con cancro al seno, le quali hanno mostrato di apprezzare l’opportunità di 3
ricevere un’assistenza sanitaria e psicosociale di alta qualità da parte di un team interdisciplinare composto da specialisti di tutti i settori e di tutte le competenze, grazie al quale è possibile creare un processo decisionale condiviso che migliora in modo significativo il continuum delle cure (Franceschini et al., 2014). I servizi offerti alla popolazione dalla Breast Unit comprendono: la prevenzione della malattia attraverso test diagnostici e consulenza genetica, la diagnosi e il trattamento del tumore primario, la gestione della malattia avanzata e l’attivazione delle cure palliative nel caso di prognosi infausta (Wilson et al., 2013). 2.2. La mastectomia Come descritto nel paragrafo precedente, esistono differenti trattamenti per il carcinoma mammario. La scelta delle cure dipende da alcuni fattori, tra questi: l’estensione locale della neoplasia, la presenza di lesioni metastatiche ai linfonodi sovraclaveari e/o la presenza di metastasi agli organi a distanza (Kosir, 2020). Nonostante le opzioni terapeutiche siano in continua evoluzione, il trattamento principale, allo stato attuale, è la chirurgia (Al-Hilli & Wilkerson, 2021) In questo paragrafo verrà approfondito il trattamento chirurgico del carcinoma al seno, in particolare la mastectomia e le complicazioni postoperatorie più comuni. Inoltre, verrà trattata, in un sottocapitolo, la ricostruzione del complesso areola-capezzolo. 2.2.1. Tipologie di mastectomia Per mastectomia si intende una tecnica chirurgica che prevede l’asportazione di una o entrambe le mammelle; questo intervento rientra nella categoria di chirurgia demolitiva o radicale in quanto prevede l’asportazione di tutta la mammella, a differenza della chirurgia conservativa che permette la conservazione di gran parte della mammella circostante (AIOM-Airtum, 2020; Kosir, 2020). Esistono differenti tipologie di intervento: si distinguono principalmente per le porzioni anatomiche che vengono rimosse e per gli esiti estetici che si ottengono (Kosir, 2020). Una delle tecniche chirurgiche maggiormente utilizzate è la mastectomia radicale secondo Patey: questa prevede l’asportazione della mammella, del muscolo piccolo pettorale e dei linfonodi ascellari in un unico blocco, con la conservazione del muscolo gran pettorale (Kosir, 2020). Altre due procedure chirurgiche utilizzate sono la mastectomia radicale secondo Madden, nella quale vengono preservati i muscoli grande e piccolo pettorale e la mastectomia semplice che consiste nell’asportazione esclusiva della mammella (Kosir, 2020). Ad alcune pazienti, le cui condizioni cliniche lo permettono, è possibile proporre una tecnica piuttosto innovativa: la mastectomia con risparmio del capezzolo (in inglese: Nipple-sparing mastectomy- NSM) (Rusby et al., 2010). Questa tecnica permette la conservazione della cute del seno, dell’areola e del capezzolo, favorendo un migliore risultato in termini estetici dopo la ricostruzione (Rusby et al., 2010). Nella scelta del trattamento è fondamentale considerare la preferenza della paziente al fine di ottenere risultati oncologici e chirurgici migliori; oltre a ciò, è bene informare la donna rispetto alla possibilità di opzioni ricostruttive, le quali permettono di ottenere risultati estetici ottimali e migliorare la qualità della vita (Al-Hilli & Wilkerson, 2021; Kosir, 2020; Vitug & Newman, 2007). 2.2.2. Complicazioni postoperatorie La procedura chirurgica della mastectomia, nonostante sia associata a bassa mortalità, può causare differenti complicanze (Vitug & Newman, 2007). 4
Tra le più comuni ritroviamo: l’infezione della ferita, l’ematoma, il sieroma, la necrosi del lembo di mastectomia e il dolore cronico al seno (Al-Hilli & Wilkerson, 2021; Vitug & Newman, 2007). • Infezione del sito chirurgico, in inglese Surgical Site Infection (SSI): questa complicanza si verifica tra 1 e il 20% dei casi di incisione mammaria; alcuni fattori di rischio riconducibili a SSI sono obesità, diabete, fumo, insufficienza renale e l’età avanzata (Al-Hilli & Wilkerson, 2021; Vitug & Newman, 2007). È dimostrato che l’uso di una copertura antibiotica preoperatoria riduce i tassi di infezione (Bratzler & Hunt, 2008). • Ematoma: questa complicazione si verifica nel 2-10% dei casi di chirurgia mammaria, nonostante sia sempre meno comune grazie all’utilizzo di dispositivi di elettrocauterizzazione (Al-Hilli & Wilkerson, 2021). È fondamentale valutare l’entità del sanguinamento poiché ematomi estesi necessitano di un intervento di esplorazione del seno ed evacuazione dell’ematoma al fine di raggiungere l’emostasi (Robertson et al., 2017). • Sieroma: l’incidenza dello sviluppo di un sieroma è compreso tra 3-85%; questa complicanza può causare un rischio di rottura della ferita chirurgica, MSFN, SSI e ridotta mobilità della spalla (Al-Hilli & Wilkerson, 2021). Per far fronte a questa problematica, generalmente vengono posizionati dei drenaggi attivi a sistema aspirante per permettere l’evacuazione dei liquidi postoperatori (Vitug & Newman, 2007). • Necrosi del lembo di mastectomia, in inglese Mastectomy Flap Necrosis (MSFN): è una condizione che si verifica quando vi è uno scarso afflusso di sangue ai lembi cutanei della ferita; risulta essere complicanza comune in quanto l’incidenza varia dal 5 al 30% (Al-Hilli & Wilkerson, 2021; Robertson et al., 2017). Questa condizione si presenta con una necrosi, parziale o totale del lembo; alcuni fattori di rischio per l’insorgenza della MSFN sono il fumo, l’obesità, le radiazioni preoperatorie e il diabete (Patel et al., 2012). • Dolore incisionale cronico: questa complicanza coinvolge dal 20 al 30% delle pazienti; si manifesta come un dolore bruciante, costrittivo o di tipo pungente (Vitug & Newman, 2007). I fattori di rischio accertati per lo sviluppo di questa sintomatologia includono giovane età, tumori estesi, radioterapia, chemioterapia, depressione e strategie di coping inefficaci (Tasmuth et al., 1999). L’approfondita conoscenza da parte dei professionisti della salute rispetto le complicanze derivanti dal trattamento chirurgico di mastectomia è da ritenersi prioritaria per garantire un’assistenza appropriata (Al-Hilli & Wilkerson, 2021). 2.2.3. Ricostruzione del complesso areola-capezzolo L’intervento di ricostruzione mammaria ha avuto negli ultimi anni un notevole incremento, in relazione sia all’aumento della domanda, sia all’evidenza che l’intervento ricostruttivo non influenza il decorso della malattia e non interferisce con le terapie e le indagini diagnostiche successive (Bruschi et al., 2011). La ricostruzione del complesso areola-capezzolo avviene alla fine del processo di ricostruzione mammaria e comprende molte procedure volte a correggere gli inestetismi della mammella (Bodin et al., 2021). La scelta delle tecniche dipende principalmente dall’età della paziente, dalle sue aspettative, dalla qualità dei tessuti in sede di mastectomia e dalla forma e dal volume del seno controlaterale (Bruschi et al., 2011). 5
Le soluzioni per la ricostruzione dell’areola comprendono l’utilizzo di innesti cutanei totali, di innesti dall’areola controlaterale e/o alla dermopigmentazione, mentre, per la ricostruzione del capezzolo possono essere impiegati innesti cutanei totali, lembi locali e/o tatuaggi specifici (Bodin et al., 2021). Nel caso di mastectomia monolaterale, la simmetria mammaria viene garantita da interventi di chirurgia plastica sulla mammella controlaterale, come ad esempio, mastoplastica additiva/riduttiva o mastopessi, grazie ai quali è possibile ottenere risultati estetici migliori e allo stesso tempo, effettuare un check-up del tessuto mammario, poiché è stimato un rischio di insorgenza di tumore controlaterale tra il 7 e il 20% (Bruschi et al., 2011). 2.3. L’immagine corporea 2.3.1. Principi teorici Nel corso degli anni, il concetto di immagine corporea è stato affrontato da diversi punti di vista, sia da psicologi che filosofi, i quali hanno sempre più arricchito una definizione comune, che ci permette di comprendere la complessità della tematica. Ad oggi, quando parliamo di immagine corporea, facciamo riferimento a un costrutto psicologico che racchiude le percezioni, le emozioni e gli atteggiamenti che una persona ha nei confronti del proprio corpo (Muzzatti & Annunziata, 2017). L’immagine corporea può essere distinta in due dimensioni: positiva o negativa (Todd et al., 2019). L’immagine corporea positiva non è da considerarsi come un’assenza di immagine corporea negativa, ma piuttosto come la capacità di esprimere apprezzamento per il proprio corpo così com’è, nonostante possano esserci degli aspetti che il soggetto non ritiene piacevoli (Todd et al., 2019). Come precedentemente accennato, diversi autori hanno partecipato alla ricerca di quelli che potessero essere gli elementi costituenti dell’immagine corporea; per iniziare ad affrontare questo argomento in maniera più approfondita, è da ritenersi interessante la tesi di William James (1890), un famoso psicologo e filosofo statunitense, il quale esprimeva: “ogniqualvolta due persone si incontrano ci sono in realtà sei persone presenti. Per ogni uomo ce n'è uno per come egli stesso si crede, uno per come lo vede l'altro ed uno infine per come egli è realmente” (Citato in Lalli, 1997 p.1). Questa breve citazione ci fa comprendere che il modo in cui noi percepiamo noi stessi e il nostro schema corporeo, è influenzato da fattori psicologici e sociali (Lalli, 1997). Lo schema corporeo, l’immagine corporea e l’identità corporea sono strettamente connessi e difficilmente distinguibili tra loro, tuttavia possiedono alcune peculiarità caratterizzanti (Giusti & Menici, 2016). L’espressione “schema corporeo” nasce nell’ambito della neurologia e indica un modello del nostro corpo di natura percettiva, grazie al quale siamo in grado di orientarci, muoverci e localizzarci nello spazio; oltre a ciò, garantisce il nostro equilibrio e la capacità di distinguere la nostra corporeità da quella degli altri (Giusti & Menici, 2016). Come illustrato da Giusti e Menici (2016) lo sviluppo e la realizzazione dello schema corporeo sono legati all’attività percettiva, la quale può essere distinta in propriocettiva ed esterocettiva: la prima corrisponde all’insieme delle sensazioni che giungono dal nostro corpo e provvedono ad informarci rispetto alla nostra posizione e al nostro stato in ogni istante; la seconda, invece, è legata alla percezione degli stimoli e delle informazioni del mondo circostante e, ci consente di adattarci all’ambiente attraverso aggiustamenti o atteggiamenti corporei. L’immagine corporea, come descritto all’inizio di questo paragrafo, rappresenta un costrutto nel quale sono coinvolti processi percettivi, rappresentazionali e affettivi (Giusti & Menici, 2016). In questo caso, la rappresentazione personale è assolutamente rilevante 6
in quanto il soggetto crea un modello interno del proprio corpo, ossia un’immagine mentale del suo essere, che coinvolge aspetti cognitivi, relazionali e sociali (Giusti & Menici, 2016). L’aspetto dell’affettività all’interno dell’immagine corporea è fondamentale in quanto corrisponde all’investimento emozionale che ognuno di noi sperimenta per il proprio corpo ed è intrinsecamente connesso al modo in cui noi viviamo le nostre relazioni intime con gli altri (Giusti & Menici, 2016). Nell’immagine corporea converge anche il concetto di percezione corporea che racchiude in sé il modo in cui gli altri ci identificano, ci apprezzano e ci giudicano (Lalli, 1997). Secondo Cash (2004), altri due principi chiave che risultano essere alla base dell’immagine corporea sono il body image evalutation e il body image investiment: il primo rappresenta la soddisfazione o l’insoddisfazione di una persona rispetto al proprio aspetto, causati dalla congruenza o discrepanza tra la percezione del proprio fisico e gli ideali estetici interiorizzati; l’investimento, invece, è l’importanza psicologica che l’individuo dà alla propria esteriorità (Nerini et al., 2009). La discordanza psicologica tra la percezione soggettiva del proprio corpo e il fisico ideale può originare un sentimento negativo di insoddisfazione verso sé stessi, il quale, di conseguenza, può portare il soggetto a mettere in atto comportamenti dannosi per la propria salute (Nerini et al., 2009). L’insoddisfazione verso la propria immagine corporea è associata a distorsioni percettive e/o affettive le quali rappresentano un fattore di rischio per l’insorgenza di un disturbo dell’immagine corporea o un disturbo del comportamento alimentare (DCA) (Nerini et al., 2009). In ultimo, il concetto di identità corporea è da considerarsi molto complesso in quanto oltre alla percezione del proprio “Io corporeo”, ossia la capacità di rappresentare il proprio corpo, rientrano altri elementi che si ampliano rispetto all’immagine corporea, come i vestiti, gli oggetti, la voce, il respiro o l’odore, ovvero aspetti che il corpo produce o incorpora come frammenti di sé (Giusti & Menici, 2016). 2.3.2. Disturbo dell’immagine corporea nei pazienti oncologici Il cancro al seno e i trattamenti disponibili per la cura di questa patologia (chirurgia, radioterapia e chemioterapia), sono fattori che possono condizionare la percezione del proprio corpo in maniera negativa andando ad incidere sulla preoccupazione di sé, l’autostima, le relazioni e la sessualità (Annunziata et al., 2012; Muzzatti & Annunziata, 2017; Pirnia et al., 2020). Nelle pazienti con diagnosi oncologica, lo sviluppo di un disturbo dell’immagine corporea non è da ritenersi patologico differentemente dall’ambito della neurologia; tuttavia, esistono alcuni fattori che incidono nello sviluppo di questo disturbo a breve o lungo termine (Rhoten, 2017). Diversi studi individuano differenti fattori di rischio per lo sviluppo di un disturbo dell’immagine corporea nei pazienti oncologici; tra i più rilevanti troviamo la giovane età alla diagnosi, Body Mass Index (BMI) elevato, complicazioni post-operatorie, terapie chirurgiche, ormonali e/o ricostruttive, pregressi disturbi ansiosi o stati depressivi, dolori persistenti e, costante confronto del proprio corpo con quello di altre persone (Chow et al., 2016; Fingeret et al., 2014). Michelle C. Fingeret (2014), conosciuta grazie alle sue ricerche svolte nell’ambito dell’oncologia psicosociale, ha concettualizzato le preoccupazioni relative all’immagine corporea dei pazienti con cancro lungo un continuum. Questo modello permette di distinguere le considerazioni sul trattamento della malattia dei pazienti oncologici. 7
Alle estremità del continuum si presentano due categorie di pazienti ben distinti: da un lato troviamo soggetti che mostrano completa indifferenza ai cambiamenti corporei; dall’altra parte il livello di preoccupazione per il proprio aspetto percepito dalla persona, è talmente estremo da causare vergogna, imbarazzo o senso di colpa, con conseguente isolamento sociale e declino della qualità di vita (Fingeret et al., 2014). Nella parte centrale, invece, si collocano coloro che hanno sviluppato una moderata preoccupazione per il proprio corpo: in questo caso i soggetti sono in grado di adattarsi ai cambiamenti della propria immagine corporea e, nonostante possano sentirsi in imbarazzo per la propria condizione, si impegnano in situazioni sociali (Fingeret et al., 2014). Questo esempio suggerisce che il vissuto e l’esperienza soggettiva del paziente possiedono una rilevanza considerevole per lo sviluppo o meno di un disturbo dell’immagine corporea, in quanto coloro che attribuiscono una maggiore importanza all’aspetto fisico, sperimentano sentimenti negativi e disagio rispetto al proprio corpo e, tutto ciò comporta un’aumentata difficoltà ad adattarsi alla nuova condizione (Fingeret et al., 2014). Tuttavia l’autrice non esclude la presenza di fattori biologici, psicologici e sociali della persona che, come illustrato nel paragrafo precedente, influiscono sulla percezione del proprio corpo (Fingeret et al., 2014; Muzzatti & Annunziata, 2017; L. Sun et al., 2018). A tal proposito, White (citato in Rhondali et al., 2015), basandosi sul lavoro di Cash, trattato brevemente nel paragrafo precedente, sostiene che i pazienti oncologici che presentano un livello elevato di investimento nell’immagine corporea, hanno più probabilità di sperimentare emozioni negative e comportamenti problematici legati ai cambiamenti del proprio aspetto. Il seno per la donna non rappresenta esclusivamente una parte anatomica ma cela significati importanti: è considerato il simbolo della femminilità, della maternità, dell’allattamento, della bellezza e riveste grande importanza nella sfera sessuale e intima (Kocan & Gursoy, 2016; Panzironi, 1993). Le pazienti con esiti chirurgici legati al cancro al seno, rispetto a pazienti con DCA, non sperimentano un’errata percezione del proprio corpo, piuttosto devono essere in grado di adattarsi a vari gradi di deturpazione fisica i quali influiscono sulle attività di vita quotidiana, nell’interazione con gli altri e sulla salute psicologica (Rhoten, 2017). Come riportato nei risultati della metanalisi condotta da Sun et al (2018) rispetto all’impatto del cancro al seno nelle donne sottoposte a mastectomia, la perdita del seno è da considerarsi come una deturpazione che influisce sull’identità personale della donna. Questo concretamente significa che la donna può sperimentare una condizione di “stato senza genere” in quanto la perdita del seno a causa del cancro non comporta solo la rimozione della parte malata, ma soprattutto della loro identità di donna, madre e moglie o partner (Fallbjörk et al., 2012; L. Sun et al., 2018). Pertanto, la mancanza del seno implica una perdita di femminilità, di senso di maternità e può avere conseguenze dirette sulla salute psicologica, emotiva e sulla sfera intima e sessuale della donna, andando a influenzare negativamente la loro qualità della vita (Fallbjörk et al., 2012; L. Sun et al., 2018). Nonostante l’impatto negativo della mastectomia, alcune donne identificano le cicatrici o i seni mancanti come un buon compromesso per il recupero del proprio stato di salute e per la sopravvivenza alla malattia (L. Sun et al., 2018). Un ulteriore studio da ritenersi interessante è quello svolto da Fallbjörk et al. (2012) in Svezia. 8
Lo scopo della ricerca era quello di esplorare, attraverso un’indagine qualitativa di tipo narrativo, il vissuto di quindici donne rispetto la mastectomia. I risultati portarono all’identificazione di tre tipologie di esperienze rispetto alla mastectomia e al cancro al seno. Nel primo gruppo, la mastectomia era descritta come “No Big Deal” , in italiano “niente di grave”; in questo caso, le donne non consideravano la possibilità della ricostruzione del seno in quanto il concetto di femminilità era collegato ad altri aspetti della vita, tra questi: il modo di vestire, le qualità personali e le funzioni nella vita quotidiana (Fallbjörk et al., 2012). L’età media delle donne di questo gruppo era di 60 anni e tutte vivevano relazioni stabili con il proprio partner e la mastectomia non influenzava le loro relazioni sessuali (Fallbjörk et al., 2012). Contrariamente, le donne del secondo gruppo, descrivevano la perdita del seno come una “minaccia” e, per loro, la ricostruzione era necessaria al fine di “essere restaurate” come donne, sia dal punto di vista fisico che psicologico-emotivo (Fallbjörk et al., 2012). In questo caso la mastectomia ha causato una perdita dell’identità personale e sessuale delle donne; infatti, sperimentarono problematiche a livello sessuale, sentimenti di vergogna e di colpa (Fallbjörk et al., 2012). L’età media delle donne del secondo gruppo era di 57 anni e non vivevano relazioni stabili (Fallbjörk et al., 2012). Il terzo gruppo è una via di mezzo tra i primi due: la femminilità per loro era stata distrutta ma non al punto di sentirsi perse come donne. La possibilità della ricostruzione del seno era vissuta come un bonus, il quale rendeva più facile apparire e sentirsi una donna (Fallbjörk et al., 2012). In questo gruppo l’età media era di 48 anni e la maggior parte viveva relazioni stabili con i propri partner (Fallbjörk et al., 2012). Le conclusioni di questo studio mostrano come il significato della perdita del seno può variare in relazione all’esperienza della donna e alla posizione che ricopre la donna nella società (Fallbjörk et al., 2012). Il concetto di femminilità è da considerarsi contestuale, in quanto varia a seconda della cultura e della società di appartenenza; è da ritenersi interessante il ruolo della relazione donna-partner, poiché la risposta del partner al corpo alterato della donna sembrerebbe pertinente nello sviluppo o meno di un disturbo dell’immagine corporea (Fallbjörk et al., 2012). Un fattore che non appare considerevole risulta essere l’età: il primo e il secondo gruppo non presentano differenze sostanziali in termini di età media, nonostante il vissuto delle donne sia completamente differente (Fallbjörk et al., 2012). In ultimo, l’autore invita gli operatori del sistema sanitario a porre l’attenzione su come la donna racconta il significato personale della perdita del seno, piuttosto che affidarsi a preconcetti relativi all’età e alla fase della vita delle pazienti (Fallbjörk et al., 2012). Lo studio di Fallbjörk et al. (2012) presenta dei limiti, in quanto la popolazione coinvolta nell’indagine è ristretta e circoscritta alla nazione di appartenenza dell’autore; tuttavia, rappresenta un tentativo di conoscere in maniera più personale il vissuto delle donne rispetto alle modifiche del proprio corpo. Le argomentazioni trattate in questo paragrafo ci permettono ancora una volta di comprendere quanto sia soggettiva la percezione del proprio corpo e il vissuto legato alla malattia. In relazione a quanto precedentemente descritto, si può affermare che l’immagine corporea rappresenti un problema molto importante per la qualità della vita delle pazienti con cancro al seno e dunque è importante che l’infermiere e gli altri operatori sanitari, valutino in maniera approfondita questa problematica e propongano interventi personalizzati ed efficaci (Rhoten, 2017). 9
2.3.3. Strumenti di valutazione dell’immagine corporea Per l’accertamento di un disturbo dell’immagine corporea, i professionisti della salute possono avvalersi di scale di valutazione e questionari; nell’ambito oncologico, in particolare per il cancro al seno, vengono utilizzati diversi strumenti al fine di indagare la percezione dell’immagine di sé nelle pazienti, tra le più conosciute troviamo la Body Image Scale- BIS , la Body Image After Breast Cancer Questionnaire- BIBCQ (Baxter et al., 2006) e la Body Image and Self-concept Scale - BISCS (Polivy, 1977), conosciuta anche come Polivy Body Image Scale (PBIS). La BIS è costituita da 10 item che vanno a valutare diverse dimensioni dell’immagine corporea, in particolare elementi affettivi, comportamentali e cognitivi (Hopwood et al., 2001). La paziente ha la possibilità di utilizzare una scala di risposta a quattro punti (da 0= per niente a 3=molto) (Hopwood et al., 2001). Il punteggio finale corrisponde alla somma dei 10 item, che va da 0 a 30: zero indica l’assenza di sintomi o disagio, mentre punteggi più alti corrispondono a sintomatologia o disagio crescente e maggiore preoccupazione per la propria immagine corporea (Hopwood et al., 2001). Tale questionario ha sia lo scopo di misurare le preoccupazioni per l’immagine corporea, sia i cambiamenti derivati dal cancro al seno o dal suo trattamento chirurgico fin dall’inizio del percorso della malattia (Cheli et al., 2017). La BIS è il questionario con la più ampia letteratura sull’affidabilità psicometrica, il criterio e la validità interculturale (Cheli et al., 2017). Il BIBCQ è uno strumento specifico per la valutazione dell’immagine corporea tra le donne con mastectomia o interventi chirurgici conservativi il quale misura gli effetti dell’immagine corporea a lungo termine (Baxter et al., 2006). Il questionario è composto da 53-item e valuta sei aspetti principali dell’immagine di sé che possono incidere sulla qualità di vita, ossia: la vulnerabilità, lo stigma corporeo, la trasparenza, le limitazioni del corpo, le preoccupazioni del corpo e le problematiche legate al braccio; punteggi più alti riflettono un maggior disturbo della body image (Baxter et al., 2006; Boquiren et al., 2013). Questa scala di valutazione ha mostrato una validità di costrutto, mostrando correlazioni da moderate a forti con misure di costrutti correlati, come l’autostima e gli atteggiamenti personali verso l’immagine corporea (Boquiren et al., 2013) La PBIS, invece, è un test di 13-item che misura gli effetti psicologici della mastectomia sulle pazienti con cancro al seno; comprende tre domini: immagine corporea, autostima e sentimenti di soddisfazione nelle relazioni intime (Polivy, 1977). Quest’ultima scala si concentra soprattutto sulla concezione di sé delle donne sottoposte al test (Polivy, 1977). Una scala di valutazione utilizzata non solo nell’ambito oncologico, ma in generale per misurare l’impatto e l’efficacia della chirurgia del seno, è la BREAST-Q (Pusic et al., 2009). Questo strumento è stato progettato per valutare i risultati di diversi tipi di chirurgia mammaria, in particolare: l’aumento, la riduzione o mastopessi, la mastectomia o la ricostruzione del seno (Cano et al., 2013). Il quadro concettuale della BREAST-Q comprende due domini generali, ossia la qualità di vita e la soddisfazione del paziente e tre sottodomini, rappresentati da benessere fisico, psicosociale e sessuale (Cano et al., 2013) L’immagine corporea, elemento chiave per le pazienti sottoposte a chirurgia mammaria, è trattata in più sottodomini (Cano et al., 2013). Per quanto concerne la soddisfazione del paziente, nella BREAST-Q, viene distinta e analizzata in: soddisfazione per il seno, soddisfazione per il risultato generale e soddisfazione per l’assistenza ricevuta da parte del personale curante (Cano et al., 2013). 10
Gli strumenti per l’indagine corporea sono in grado di fornire informazioni preziose e utili sul processo di adattamento ai cambiamenti corporei in seguito a mastectomia; la conoscenza delle percezioni, dei pensieri e dei comportamenti delle pazienti legate al proprio aspetto, assumono un ruolo importante nel trattamento olistico della malattia e nel miglioramento della qualità di vita (Fingeret et al., 2013). 2.4. L’arte terapia e la bodyart 2.4.1. L’arte terapia nell’ambito medico L’arte terapia, come descritto da Luzzatto (2002), è un intervento di psicoterapia il cui scopo è quello di migliorare la qualità di vita del paziente e funge da strumento di comunicazione tra paziente e terapeuta. Questa disciplina racchiude in sé due mondi distinti: quello delle arti e quello della psicoanalisi (Luzzatto, 2002). Il primo, in cui possiamo ritrovare diverse forme d’arte come la musica, la danza, la pittura o la scultura, richiama a sé il lato creativo del soggetto; mentre il secondo è legato al vissuto, alle emozioni (Luzzatto, 2002). Questa tecnica viene utilizzata sempre di più nell’ambito della sanità e nonostante non esista una spiegazione definitiva di arte terapia nella salute, White e Hillary (citati in Fancourt, 2017), la definiscono come l’insieme di tutte quelle attività creative finalizzate a migliorare la salute che impiegano metodi basati sulle arti. Quando si parla di arte terapia nell’ambito medico è importante identificare le differenze tra medicina delle arti (AM) e terapia delle arti creative (CAT) (Hertrampf & Wärja, 2017). La AM corrisponde all’insieme delle procedure creative, basate sulle arti, supportate o fornite da personale medico e/o operatori sanitari esperti in una qualsiasi disciplina artistica; queste procedure sono attuate per affrontare e migliorare i problemi di salute legati alle cure mediche o riabilitative (Hertrampf & Wärja, 2017). In questo caso, l’operatore sanitario non è coinvolto nel facilitare ed elaborare la riflessione del paziente sulle esperienze artistiche (Hertrampf & Wärja, 2017). La CAT, invece, è un termine utilizzato per le discipline artistiche terapeutiche fornite da un professionista qualificato; in questo caso vengono fornite prestazioni e programmi basati sull’evidenza in cui siano presenti sia un processo artistico che una relazione terapeutica definiti (Hertrampf & Wärja, 2017). Inoltre, la CAT impiega una vasta gamma di esperienze artistiche per affrontare problemi specifici dei pazienti e, include sempre una valutazione del soggetto, il trattamento e la valutazione rispetto ai benefici (Hertrampf & Wärja, 2017). Diversi studi ritengono che gli effetti positivi attribuiti all’arte terapia in ambito medico, specialmente con pazienti oncologici, corrispondono ad aumento dell’autostima, miglioramento della salute globale e diminuzione dell’ansia e della depressione (Öster et al., 2006). Ulteriormente, secondo Suzuki (2004) l’arte terapia deve essere considerata una medicina complementare in quanto può essere usata come modello per l’elaborazione di traumi emotivi e stress (citato in Öster et al., 2006). 2.4.2. La bodyart La bodyart, nella cultura contemporanea, si riferisce a concetti molto distinti. Questo termine è associato a un movimento artistico riscoperto intorno agli anni ’60-70 del novecento, che considera il corpo come il mezzo grazie al quale l’artista può esprimersi (Chilvers & Glaves-Smith, 2015; Marwedel & Pesenti-Salzmann, 2014). 11
L’obiettivo della bodyart è quello di investigare il rapporto tra arte, vita e corporeità e si esplica attraverso performance in cui l’artista funge, non solo da attore e regista, ma anche da “spettatore di sé stesso in quanto forma e opera” (Gurisatti, 2020 p. 121). L’intento qui non è quello di descrivere la storia e l’evoluzione della bodyart come movimento artistico, ma piuttosto di comprendere in che modo la nostra pelle può fungere da “tela” (Gymnich & Hauthal, 2007). In questo campo, i tatuaggi rappresentano uno strumento rilevante di espressione della bodyart poiché il tatuatore può ricreare delle vere e proprie opere d’arte sulla pelle viva del soggetto tatuato, con l’intento di promuovere la guarigione emotiva, l’esplorazione dell’identità personale e favorire una condivisione della propria interiorità (Alter-Muri, 2020; Sizer, 2020). La pelle, dunque, offre la superficie su cui possono essere iscritti segni visibili che contribuiscono alla costruzione di una personale memoria biografica e della propria identità, poiché il soggetto aspira ad auto-definirsi (Gymnich & Hauthal, 2007). Tutto ciò ci permette di comprendere che i tatuaggi non ricoprono esclusivamente una funzione di abbellimento, ma consentono di raccontare qualcosa di sé, attraverso simboli con significati condivisi (Alter-Muri, 2020). 2.5. Tatuaggio medico/terapeutico e artistico 2.5.1. Storia e stigma del tatuaggio In generale, quando si parla di tatuaggi, si intende una tecnica che permette l’introduzione sottocutanea, attraverso aghi, di diversi pigmenti al fine di ottenere segni indelebili sul proprio corpo (Kosir, 2020; Marchet et al., 2017). Come precedentemente descritto, questa pratica rientra nella categoria della bodyart ed è pertanto approssimativo considerarla una semplice tecnica poiché il significato che si cela dietro a un tatuaggio può essere complesso e variegato (Istituto Superiore di Sanità, n.d.; Palmeri, 2013). I motivi che spingono una persona a tatuarsi possono essere molteplici; tra questi possiamo includere l’espressione di sé o dei propri valori personali, l’appartenenza a un gruppo sociale, la moda e l’espressione sessuale (Reid-de Jong & Bruce, 2020; Schreiber, 2019). Nonostante i tatuaggi possano sembrare una novità del nuovo millennio, essi vengono utilizzati, per diversi scopi, fin dall’antichità: alcuni popoli sostenevano che potessero fungere da amuleto in grado di proteggerli da eventi avversi, altri invece credevano in un potere curativo, in particolare per le malattie di tipo reumatico e quelle che all’epoca venivano definite incurabili (Palmeri, 2013). In relazione a quanto precedentemente descritto, si può notare come anche in tempi remoti ci fosse una correlazione tra tatuaggi e medicina anche se attualmente il significato attribuito è totalmente differente; difatti, lo scopo principale è quello di ripristinare parte dell’integrità fisica e favorire il recupero psicologico delle conseguenze fisiche in seguito a malattie, interventi chirurgici o traumi (Renzoni et al., 2017). Sebbene oggi un numero sempre più crescente di persone decidano di tatuarsi, molte altre persone presentano un pregiudizio rispetto a questa pratica. Ciò potrebbe essere attribuito al fatto che in passato, l’incisione dei tatuaggi era relegata alle classi sociali meno abbienti ed emarginate, tra queste anche i criminali (Palmeri, 2013; Sizer, 2020). Questo stigma può anche essere ricondotto ad atteggiamenti occidentali, in particolare religiosi, che hanno portato nel tempo al rifiuto del tatuaggio in molte culture (Sizer, 2020). 12
2.5.2. Tipologie di tatuaggio I tatuaggi ad ago possono essere distinti in differenti categorie: tatuaggio artistico, tatuaggio con finalità estetiche, tatuaggio con finalità mediche, (Istituto Superiore di Sanità, n.d.). Il tatuaggio può essere sia permanente che temporaneo: la sostanziale differenza risulta la penetrazione del pigmento, infatti, nei tatuaggi temporanei viene applicato solo sull’epidermide (Osborn & Cohen, 2018). In entrambi i casi, possono essere utilizzati nel contesto del cancro al seno al fine di nascondere le cicatrici o le deturpazioni risultanti dalla ricostruzione del seno (Osborn & Cohen, 2018). Il tatuaggio con finalità mediche, anche definito “Dermopigmentazione correttiva o para- medicale”, ha due obiettivi principali: il primo è quello di ripristinare l’aspetto del derma in modo che si avvicini allo stato pre-morboso; il secondo invece vuole raggiungere la mimetizzazione di difetti o di imperfezioni della cute (Becker & Cassisi, 2021; Istituto Superiore di Sanità, n.d.). Il trattamento del cancro al seno richiede spesso interventi chirurgici che possono comportare la rimozione del complesso areola-capezzolo, in inglese Nipple-Areola Complex (NAC); in questo caso, il tatuaggio medico offre la possibilità di creare un’immagine 3D che va a sostituire la ricostruzione del capezzolo attraverso tecniche chirurgiche (Becker & Cassisi, 2021). Il tatuaggio artistico, invece, è la tecnica più utilizzata e ha differenti scopi: prima fra tutte e proprio quella di abbellire il corpo, attraverso l’incisione di disegni, scritte o vere e proprie opere d’arte; il corpo assume il ruolo di “tela” e pertanto funge da mezzo per comunicare (Istituto Superiore di Sanità, n.d.; Palmeri, 2013). Proprio per questo, le persone possono decidere di utilizzare la propria pelle per raccontare qualcosa di sé stessi, far emergere le proprie sicurezze e insicurezze. Il tatuaggio artistico eseguito alle donne con cancro al seno può essere anche definito “non convenzionale”, poiché lo scopo non è quello di ricostruire l’anatomia del capezzolo, bensì di dare la possibilità alla donna di scegliere o creare qualsiasi disegno (Osborn & Cohen, 2018). David Allen, famoso tatuatore americano, a questo proposito ha creato un progetto rivolto alle donne sopravvissute al cancro al seno con esiti da mastectomia. Nell’articolo pubblicato sul Chicago Tribune, lui spiega come i suoi tatuaggi siano un modo che le donne utilizzano per gestire il dolore della perdita dei loro seni e spiega come spesso le sue clienti utilizzano questa tecnica per lasciare una traccia più personale rispetto al loro vissuto (Dampier, 2016). Come esplicato nel sottocapitolo precedente, il tatuaggio è il risultato dell’introduzione di sostanze insolubili e colorate nel derma, anche chiamati pigmenti (Conese & Cirfera, 2008). 2.5.3. Rischi per la salute L’atto tecnico del tatuaggio, nonostante sia una pratica sempre più diffusa, può causare dei rischi per la salute. Attualmente non si è a conoscenza dell’entità del problema in quanto il tasso di complicazioni non è noto, tuttavia tra quelle più conosciute, per quanto concerne i tatuaggi artistici, si annoverano le infiammazioni, le infezioni e le neoplasie (Breuner et al., 2017). Le manifestazioni cliniche delle infiammazioni includono edema focale, prurito, papule o noduli nel sito del tatuaggio; esse sono spesso causate da una ipersensibilità ai pigmenti (Breuner et al., 2017; Juhas & English, 2013). 13
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