LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELL'IBRIDAZIONE TRA LUPO E CANE - A cura di : Anna Bocci, Luigi Boitani, Chiara Braschi, Paolo Ciucci, Massimo ...

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LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELL'IBRIDAZIONE TRA LUPO E CANE - A cura di : Anna Bocci, Luigi Boitani, Chiara Braschi, Paolo Ciucci, Massimo ...
LINEE GUIDA PER LA
     GESTIONE
 DELL'IBRIDAZIONE
  TRA LUPO E CANE

A cura di :
Anna Bocci, Luigi Boitani, Chiara Braschi, Paolo Ciucci, Massimo Machetti, Antonio Pollutri,
Giorgia Romeo, Valeria Salvatori

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LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELL'IBRIDAZIONE TRA LUPO E CANE - A cura di : Anna Bocci, Luigi Boitani, Chiara Braschi, Paolo Ciucci, Massimo ...
LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELL'IBRIDAZIONE TRA LUPO E CANE

A cura di :
Anna Bocci, Luigi Boitani, Chiara Braschi, Paolo Ciucci, Massimo Machetti, Antonio Pollutri,
Giorgia Romeo, Valeria Salvatori

Basato sul documento originale sviluppato da A. Bocci e L. Boitani, nell'ambito del Tavolo Tecnico
Ibridi, con il contributo di:

ASL 9 GR/Servizi Veterinari – Paolo Madrucci
Centro Gestione e Conservazione Grandi Carnivori – Francesca Marucco
Centro di Referenza Nazionale per le Malattie degli Animali Selvatici, IZS Piemonte, Liguria e Valle
d'Aosta – Riccardo Orusa
Corpo Forestale dello Stato – Livia Mattei, Giancarlo Papitto, Marco Panella
ISPRA – Ettore Randi, Piero Genovesi
Legambiente – Antonio Nicoletti, Stefano Raimondi
Università “La Sapienza” di Roma – Adriano Argenio, Orlando Gallo, Lorenzo Manghi, Davide
Pagliaroli, Elisabetta Tosoni, Margherita Zingaro
WWF Italia Onlus – Antonello Pollutri, Massimiliano Rocco
Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano – Mia Canestrini, Luigi Molinari, Willy Reggioni
Parco Nazionale del Cilento – Sabatino Troisi
Parco Nazionale della Majella – Antonio Antonucci, Simone Angelucci
Parco Regionale della Maremma – Andrea Sforzi
Provincia di Grosseto – Claudio Galli, Fabio Fabbri, Massimo Machetti, Dario Petrucci, Giorgia Romeo,
Giampiero Sammuri, Maurizio Zaccherotti
Provincia di Firenze – Duccio Berzi
Regione Lazio – Luciana Carotenuto
Regione Toscana – Paolo Banti, Andrea Casadio, Sabrina Nuti, Enrico Rossi
Unione Comuni Montani Amiata Grossetana – Marta Gandolfi

Rivisto da Valeria Salvatori in seguito alle indicazioni fornite da MATTM e ISPRA

Citazione suggerita:
Bocci A., L. Boitani, C. Braschi, P. Ciucci, M. Machetti, A. Pollutri, G. Romeo, V. Salvatori. 2015. Linee
guida per la gestione dell'ibridazione tra lupo e cane. Documento tecnico. Progetto LIFE10NAT/IT/265
Ibriwolf.

Il presente documento è da considerarsi completo solo in presenza degli allegati I-IV.

Documento prodotto con il contributo della Commissione Europea nell'ambito del programma LIFE+

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Indice generale

LISTA DELLE TABELLE..................................................................................................................4
GLOSSARIO........................................................................................................................................5
ABBREVIAZIONI...............................................................................................................................6
PRESENTAZIONE..............................................................................................................................7
PREMESSA.........................................................................................................................................8
PREMESSA DEGLI AUTORI............................................................................................................9
INTRODUZIONE..............................................................................................................................10
DEFINIZIONE DI IBRIDAZIONE...................................................................................................11
    Ibridazione antropogenica tra lupo e cane.....................................................................................12
    Tecniche per identificare gli ibridi e quantificare l’ibridazione....................................................13
    Identificazione degli ibridi lupo/cane............................................................................................13
SITUAZIONE DEL LUPO IN ITALIA.............................................................................................15
RANDAGISMO CANINO................................................................................................................16
OBIETTIVI........................................................................................................................................17
LINEE GUIDA...................................................................................................................................19
    Attività Preparatorie.......................................................................................................................19
    Interventi Gestionali......................................................................................................................27
BIBLIOGRAFIA................................................................................................................................31

ALLEGATI

ALLEGATO I – ESEMPIO DI APPLICAZIONE DELLE LINEE GUIDA IN PROVINCIA DI
             GROSSETO

ALLEGATO II – PROTOCOLLO DI CATTURA DEGLI IBRIDI LUPO/CANE APPROVATO
             DA ISPRA E MATTM

ALLEGATO III – QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

ALLEGATO IV – AZIONI CHE GARANTISCONO LA CONTINUITÀ DELLE ATTIVITÀ
            SVOLTE NELL'AMBITO DEL PROGETTO LIFE+ IBRIWOLF

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LISTA DELLE TABELLE

Tabella 1 – Principali fattori di minaccia per il lupo in Italia; in parentesi il codice di riferimento
IUCN-CMP. In neretto sono riportate le minacce connesse alla presenza dei cani vaganti.

Tabella 2 – Caratteristiche fenotipiche attese negli ibridi, rispetto allo standard fenotipico delle
popolazioni parentali di lupo (da Ciucci 2012, modificata). * caratteristiche in attesa di un riscontro
su base genetica o sperimentale.

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GLOSSARIO

Allopatria............................. Situazione in cui due specie occupano aree geografiche completamente
                                        separate
antropogenica....................... Dovuta ad azione diretta o indiretta dell'uomo
aplotipo................................ gruppo di geni associati sul medesimo cromosoma che la progenie
                                         eredita da un genitore
bottleneck............................. collo di bottiglia, diminuzione drastica della popolazione
depressione da esoincrocio.. riduzione della fitness dovuta ad accoppiamento tra individui
                             appartenenti a popolazioni geneticamente divergenti
dispersal............................... movimento definitivo fuori dal territorio natale alla ricerca di un nuovo
                                         territorio in cui stabilirsi e riprodursi
DNAmt................................ DNA mitocondriale
estinzione genomica........... Estinzione della diversità e organizzazione genetica originaria che
                               caratterizza la specie
eterosi.................................. caratteri fenotipici migliorati a seguito di incrocio
fitness................................... La probabilità relativa di sopravvivenza e riproduzione per un genotipo
frequenze alleliche............... Misura della frequenza di un allele nella popolazione; la proporzione di
                                   tutti gli alleli di un dato gene nella popolazione
ibridazione interspecifica.... Incrocio tra individui appartenenti a specie diverse
ibridazione intraspecifica.... Incrocio tra individui appartenenti a popolazioni geneticamente distinte
                               della stessa specie
introgressione....................... Trasferimento di varianti genetiche da una specie all'altra tramite
                                      reincrocio di ibridi di prima generazione con una o entrambe le specie
                                      parentali
loci biparentali..................... loci (plurale di locus) di eredità sia materna che paterna
marcatori fenotipici.............. Caratteri associati ad uno specifico genotipo e che si manifestano come
                                   prodotto dell’espressione genetica (biochimici, morfologici, fisiologici,
                                   comportamentali, etc.)
panel..................................... gruppo, nel senso di insieme di loci
sciame ibrido........................ condizione in cui una specie o popolazione parentale si trova nel
                                      momento in cui la proporzione di individui ibridi o introgressi con altra
                                      specie o popolazione è particolarmente elevata e caratterizzata da
                                      elevato tasso di reincrocio
simpatria.............................. situazione in cui due specie occupano aree geografiche che si
                                        sovrappongono completamente
sinantropici.......................... organismi che vivono in compagnia dell'uomo
taxa....................................... plurale di Taxon in tassonomia

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ABBREVIAZIONI

ASL        Azienda Sanitaria Locale
CIRSEMAF   Centro Interuniversitario di Ricerca sulla Selvaggina e sui Miglioramenti
           Ambientali a fini Faunistici
CITES      Convention on International Trade of Endangered Species
CRASM      Centro di Recupero Animali Selvatici della Maremma
CRASE      Centro di Recupero Animali Esotici
ISPRA      Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
IZS        Istituto Zooprofilattico Sperimentale
LCIE       Large Carnivore Initiative for Europe
MATTM      Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
OIE        Organizzazione Mondiale per il Benessere Animale
SNP        Single-Nucleotide Polymorphism
SWOT       Strengths, Weakenesses, Oppotunities, Threats

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PRESENTAZIONE

L’ibridazione tra cane e lupo è una delle minacce più insidiose per la conservazione del lupo. Si
tratta di una problematica la cui rilevanza è stata riconosciuta solo da pochi anni grazie alle più
recenti tecniche di indagine genetica e alla rinnovata attenzione per le condizioni ecologiche in cui
si sviluppa. Certamente cani e lupi hanno vissuto a stretto contatto per millenni in tutte le aree del
mondo, Italia per prima, dove la presenza dell’uomo è stata massiccia accanto ad ampi spazi
naturali in cui la fauna selvatica ha mantenuto le sue popolazioni. É probabile che per molto tempo
l’ibridazione tra cane e lupo sia rimasta un fenomeno marginale, aumentando significativamente in
anni più recenti per il notevole aumento del randagismo canino, una piaga culturale che il nostro
Paese non è ancora riuscito a debellare.
La comparsa di caratteri morfologici estranei allo standard conosciuto per il lupo ha presto messo in
allarme gli esperti del settore e le tecniche diagnostiche della genetica hanno contribuito a definire il
fenomeno che, in alcune parti d’Italia, sembra essere decisamente preoccupante. Allo stesso tempo
non sono ancora chiari e definiti gli strumenti e le risposte per affrontare questa minaccia, anche in
ragione della solo recente percezione del problema. Le normative nazionali e comunitarie non
offrono ancora risposte chiare, a partire dal fatto che manca una chiara definizione di ibrido, per ora
limitata dalla soggettività nel giudizio dei caratteri morfologici e dalla veloce evoluzione delle
tecniche di indagine genetica.
In questo quadro ancora non consolidato del fenomeno, il progetto LIFE+ Ibriwolf ha cercato di
contribuire alla definizione e alla gestione del problema. La sperimentazione di tecniche di campo e
di protocolli sui vari aspetti della ibridazione (ad esempio, la collaborazione nel controllo del
randagismo, l’identificazione della introgressione genetica, la rimozione degli animali ibridi) è
costellata di successi e insuccessi ma è il passo necessario per costituire un corpo di informazioni su
cui innestare una politica più generale di soluzione a lungo termine del problema. Il Ministero,
insieme ad ISPRA, ha collaborato attivamente con il Progetto LIFE+ Ibriwolf sostenendone le
attività e seguendo i risultati dei protocolli sperimentali di volta in volta sviluppati e adottati.
In queste Linee Guida sono distillate le fasi salienti dell’esperienza accumulata. Lungi dall’essere il
documento definitivo sulla complessa problematica della ibridazione, le Linee Guida costituiscono
comunque un prezioso punto di partenza per tutte le amministrazioni (regioni e aree protette) che
intendono affrontare il controllo e possibilmente la soluzione di questa importante minaccia alla
integrità del lupo in Italia.

Dott.sa Maria Carmela Giarratano, Direttore Generale
Direzione Generale per la Protezione della Natura e del Mare
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

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PREMESSA
Il lupo è una specie di particolare interesse negli ecosistemi naturali, la cui conservazione offre un
contributo importante al mantenimento della biodiversità. La recente ricolonizzazione di territori, in
cui si era persa la memoria storica della sua presenza, solleva in varie zone di Italia, e quindi anche
in provincia di Grosseto, rilevanti problemi sia gestionali, principalmente connessi alla predazione
di bestiame domestico, che conservazionistici.
In questo contesto, la Provincia di Grosseto, raccogliendo maggiori elementi conoscitivi, ma anche
proponendo obiettivi realistici e azioni concrete, si è promossa capofila di LIFE Ibriwolf, che è nato
nel tentativo di contrastare una delle principali minacce alla conservazione lupo, ovvero
l’ibridazione con il cane, favorita dalla presenza sul territorio di popolazioni di cani mal custoditi.
Con l'intento di fornire un contributo sostanziale alla gestione della fauna selvatica nel proprio
territorio, la Provincia di Grosseto ha svolto con particolare impegno il proprio ruolo di beneficiario
coordinatore, affrontando momenti critici che la trattazione di questo argomento ha comportato. Il
percorso è stato integrato e inclusivo, coinvolgendo i portatori di interesse presenti sul territorio,
avvalendosi dei massimi esperti nazionali in gestione del lupo, e garantendo in ogni caso il rispetto
del benessere animale e l'ottimizzazione delle risorse messe a disposizione dalla Unione Europea.
Nell'ambito del progetto la Provincia di Grosseto ha approvato il “Piano strategico provinciale per
la riduzione del randagismo canino”, con l’obiettivo di costruire un documento di pianificazione di
carattere integrato, condiviso con tutti i gruppi di interesse (allevatori, ambientalisti, animalisti,
azienda sanitaria, cacciatori, Comuni), che individui i problemi, vagli le opportunità, gli obiettivi e
gli scenari del territorio grossetano, e che codifichi una serie di azioni, calate sulla realtà locale, da
mettere in atto per ottenere una significativa riduzione del fenomeno nel territorio provinciale.
Il tentativo di contrastare la perdita di identità genetica del lupo nel territorio grossetano ha
permesso, inoltre, di individuare un percorso concreto di obiettivi e azioni nel medio e lungo
periodo, che hanno portato alla stesura delle “Linee Guida”. Si tratta di un documento di estrema
importanza, che, per la prima volta, affronta la problematica dell’ibridazione lupo-cane sotto tutti i
suoi aspetti, a partire dal vuoto normativo nazionale e internazionale, fino all’individuazione di
opportune modalità di campionamento e strategie di riduzione. Questo documento è lo strumento
che, basato sulle migliori pratiche a scala nazionale ed internazionale, detta la linea di riferimento
per la stesura di una corretta pianificazione delle azioni di gestione, riportando, in dettaglio, i
contenuti degli strumenti preparatori e di quelli attuativi che sono necessari in un’area localizzata e
in un determinato contesto.
La prima parte, di carattere generale, individua obiettivi chiari e diversificati perché possa trovare
applicazione in tutte le possibili realtà italiane, mentre l’allegato I è la sua applicazione al territorio
grossetano, frutto quindi delle lezioni apprese in questi 4 anni di progetto, degli elementi conoscitivi
noti e della strategia che in Provincia di Grosseto si è scelto di seguire.

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PREMESSA DEGLI AUTORI

Con il termine Linee Guida si intende la enunciazione di un insieme di principi e raccomandazioni
con l’intento di individuare strategie gestionali e guidare la realizzazione di azioni concrete
appropriate. Le Linee Guida per la gestione degli ibridi lupo/cane sono lo strumento che, basato
sulle migliori pratiche a scala nazionale ed internazionale, detta la linea di riferimento per la stesura
di una corretta pianificazione gestionale. Riportano quindi, in dettaglio, i contenuti degli strumenti
preparatori e di quelli attuativi (quantomeno le procedure obbligatorie) necessari in un Piano di
Gestione specifico per una determinata area e contesto.

U n Piano di Azione è invece un elaborato tecnico che rappresenta lo strumento necessario per
rendere operativo un indirizzo gestionale, individuando chiaramente obiettivi specifici,
responsabilità, priorità, azioni e costi (oltre che la loro sostenibilità nel tempo). Si tratta pertanto
dello strumento base che detta le regole per la messa in atto delle strategie di gestione locale (la
dimensione dell’unità spaziale è funzione della specie considerata) di un determinato contesto.

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INTRODUZIONE
L’ibridazione tra il cane domestico ed il lupo, suo progenitore selvatico, non è certamente un
fenomeno recente e si è probabilmente verificato in più occasioni durante la lunga storia della
domesticazione del cane (Lorenz 1954, Clutton-Brock 1995, 1999, Schwartz 1997, Vilà et al. 1997,
Anderson at al. 2009). È tuttavia a seguito della frammentazione, rarefazione e riduzione delle
popolazioni di lupo che il fenomeno dell’ibridazione con il cane domestico viene visto come
potenziale minaccia per l’integrità genomica, e quindi conservazionistica, del lupo, in particolare in
quei paesi dove popolazioni di lupo numericamente ridotte si trovano a convivere con un elevato
numero di cani vaganti (sensu Boitani et al. 1995). In queste condizioni, infatti, l’esiguità delle
popolazioni locali di lupo, congiunta all’alterazione della coesione sociale della specie conseguente
agli elevati livelli di persecuzione antropica, può corrispondere ad un aumento delle interazioni
affiliative con il cane domestico e quindi ad una accresciuta frequenza dei casi di accoppiamento
misto (Boitani 1983, 2003, Bibikov 1985, Verardi et al. 2006, Godinho et al. 2011).
Sebbene oggi non sia possibile quantificare frequenza e ricorrenza dei casi di ibridazione tra lupo e
cane avvenuti nella recente storia evolutiva, è presumibile che, dal primo neolitico all’epoca
recente, i rapporti numerici tra le popolazioni di lupo e cane domestico fossero tali da rendere gli
eventuali casi di ibridazione ininfluenti a livello popolazionistico e genomico (ma vedi Anderson et
al. 2009); questo sia perché le opportunità di accoppiamento misto avrebbero avuto una probabilità
relativamente trascurabile, sia perché gli eventuali ibridi sarebbero stati rapidamente diluiti
all’interno della popolazione parentale lupina, numericamente superiore e dall’ampissima
distribuzione. Allo stato attuale, questa situazione, non è necessariamente realistica nel caso
cambino i rapporti numerici tra le popolazioni di lupo e cane: laddove popolazioni di lupo
numericamente ridotte convivano con elevate densità di cani vaganti aumenta potenzialmente la
frequenza di interazioni affiliative e di eventuali accoppiamenti misti, nonché la possibilità che
eventuali varianti genetiche introgresse si fissino all’interno della popolazione parentale di lupo. In
queste circostanze, anche se dal punto di vista evolutivo l’ibridazione lupo/cane non è fenomeno
nuovo, lo potrebbe diventare la frequenza con cui i casi di ibridazione si manifestano, con il rischio
di un impatto genomico, e quindi adattativo, di proporzioni ben più rilevanti rispetto al passato.
Nelle condizioni attuali il fenomeno si va quindi ad associare alle altre minacce che già gravano
sulla specie lupo, con l’importante differenza che la perdita di biodiversità, in questo caso
rappresentata dall’integrità genomica originaria della specie, sarebbe irreversibile (Rhymer e
Simberloff 1996; Allendorf et al. 2001; Randi 2008).
In seguito ad un’accresciuta frequenza dei casi d’ibridazione tra lupo e cane recentemente accertati
in Italia (Randi 2008; Ciucci 2012), ed alle problematiche tecniche, sociali e politiche che
caratterizzano l’argomento e ritardano una decisa risposta a livello istituzionale, il progetto LIFE+
Ibriwolf ha rappresentato una esperienza pilota per affrontare il fenomeno e la complessità
gestionale e culturale che lo circonda. Lo scopo principale del progetto è stato quello di esplorare la
fattibilità di possibili soluzioni gestionali, testarle e documentare la loro applicabilità su vasta scala.
Infatti, nonostante la complessità del problema sia chiara a tutti, due documenti su scala nazionale
ribadiscono la necessità e l’urgenza di affrontare in maniera consapevole e possibilmente risolutiva
la questione: il Piano d’Azione Nazionale per la Conservazione del Lupo (Genovesi 2002), ed il
documento di sintesi siglato da diversi tecnici ed amministrazioni in occasione del IV workshop sui
Cantieri della Biodiversità (AA.VV. 2009). Di recente pubblicazione, inoltre, la raccomandazione
N. 173/2014 del Comitato permanente della Convenzione di Berna. Il presente documento
rappresenta la sintesi dell'esperienza maturata mediante le attività di progetto e vuole fornire degli
indirizzi gestionali agli enti che affrontino il fenomeno a livello locale. In allegato viene riportato il
dettaglio tecnico ed operativo delle attività svolte nella provincia di Grosseto, come esempio di
applicazione degli orientamenti gestionali generali.

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DEFINIZIONE DI IBRIDAZIONE

Nel contesto del presente documento, si intende con il termine ibridazione la riproduzione tra
individui appartenenti a specie diverse (interspecifica) o tra individui appartenenti a razze della
stessa specie (intraspecifica).
L’ibridazione interspecifica porta spesso alla produzione di ibridi sterili per incompatibilità
cromosomica all’atto della produzione dei gameti. In questi casi si riscontrano solo ibridi di prima
generazione (F1). Nel caso in cui gli ibridi siano invece fertili, questi possono accoppiarsi tra loro
dando origine a generazioni successive di ibridi (F2 , F3, etc.), oppure reincrociarsi con individui di
una o entrambe la popolazioni parentali (B1 , B2, etc.). Laddove specie o popolazioni parentali
distinte, trovandosi in condizioni di simpatria, si accoppino e producano ibridi almeno parzialmente
fertili, si possono venire a creare zone di ibridazione, spesso in seguito ad un contatto secondario tra
taxa evolutisi come entità distinte in condizioni di allopatria. La fitness degli ibridi può variare
radicalmente rispetto a quella delle rispettive popolazioni parentali: si può verificare una fitness
superiore (eterosi, o vigore dell’ibrido) o inferiore (depressione da esoincrocio). Nonostante gli
ibridi siano spesso contro-selezionati rispetto alle popolazioni parentali, diversi meccanismi
possono interagire per assicurare la stabilità delle zone di ibridazione.
L’ibridazione può avvenire con o senza introgressione (flusso genico tra popolazioni che si
ibridano), che si verifica nei casi in cui gli esemplari ibridi fertili si reincrocino all’interno di una od
entrambe le popolazioni parentali. Nei fenomeni introgressivi le varianti geniche degli ibridi si
possono diffondere, con entità variabile, all’interno delle popolazioni parentali. Se l’introgressione
progredisce in maniera sostanziale, una o entrambe le popolazioni parentali possono arrivare a
contenere un’elevata proporzione di individui ibridi e/o di loro reincroci di varie generazioni,
rappresentando uno sciame ibrido. Quest’ultimo può essere causa di estinzione genomica, ovvero
della perdita di tutte le varianti genetiche accumulatesi a livello genomico nel corso
dell’evoluzione.
Anche l’ibridazione senza introgressione può avere effetti demografici sostanziali a livello delle
popolazioni parentali, specialmente se il rapporto tra le due è fortemente sbilanciato. Essa può
generare infatti competizione per i riproduttori a livello della popolazione parentale, riducendone
quindi il potenziale riproduttivo ed il tasso di accrescimento demografico nel lungo periodo, con
effetti che possono essere sostanziali specialmente nel caso di popolazioni parentali di dimensioni
ridotte.
Se l’ibridazione, in quanto fenomeno naturale, è un meccanismo che va attentamente tutelato, la
prospettiva cambia radicalmente nei casi in cui essa venga di fatto determinata e facilitata
dall’uomo. L’ibridazione antropogenica, con o senza introgressione, rappresenta infatti una grave
minaccia per il mantenimento di specie o popolazioni distinte. A differenza dell’ibridazione
naturale, i rischi dell’ibridazione antropogenica devono essere puntualmente affrontati in un’ottica
di conservazione e varie strategie gestionali devono essere messe in campo per contrastarne le
conseguenze a livello demografico e genetico nelle popolazioni parentali.
L'intervento per il controllo dell'ibridazione antropogenica tra lupo e cane è pertanto necessario, ma
data l’elevata vagilità del lupo, la messa in pratica di interventi gestionali su scala locale può
risultare inutile nel medio-lungo periodo se non vengono parallelamente adottate misure analoghe
nel resto dell’areale su scala nazionale. A questo proposito il presente documento vuole fornire un
punto di riferimento per enti locali e nazionali per l'elaborazione di eventuali interventi gestionali.

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Ibridazione antropogenica tra lupo e cane
Il lupo viene oggi considerato, con un buon margine di certezza, l’unico progenitore selvatico del
cane. Ne consegue che, nonostante la variabilità morfologica delle numerose razze canine sia di
gran lunga superiore della variabilità riscontrabile all’interno dell’intera famiglia dei Canidi, il cane
è geneticamente molto affine al lupo, con differenze a livello del DNAmt paragonabili a quelle che
mediamente si riscontrano tra le diverse razze di cane. Data l’elevata similitudine genetica, non è
semplice distinguere geneticamente individui ibridi o introgressi.
A livello genetico, l’ibridazione tra lupo e cane può avere effetti particolarmente deleteri per la
sopravvivenza e l‘integrità delle popolazioni del progenitore selvatico, comportando:
   •   la perdita di frequenze alleliche coadattate, presumibilmente responsabili di adattamenti
       ecologici e comportamentali del lupo su scala locale;
   •   un aumento dei rischi di depressione da esoincrocio;
   •   la diffusione (tramite introgressione) di varianti geniche del cane domestico poco o affatto
       adattative allo stato selvatico, con l’effetto di ridurre significativamente la fitness delle
       popolazioni di lupo su scala locale.
A livello gestionale, poiché l’introgressione da parte del cane avviene all’interno delle popolazioni
selvatiche di lupo con frequenza e distribuzione tutt’altro che irrilevanti, questo fenomeno è
caratterizzato da due aspetti particolarmente rilevanti:
       •   l a direzionalità dell’introgressione, che sembra essenzialmente procedere per via
           paterna dal cane a lupo tramite accoppiamenti asimmetrici (femmina di lupo e cane
           maschio) o sopravvivenza/reincrocio preferenziale degli ibridi che scaturiscono da questi
           accoppiamenti.
       •   l e condizioni ecologiche e di antropizzazione che, più di altre, sembrano facilitare
           insorgenza e diffusione del fenomeno.
Rispetto alla (scarsa) probabilità iniziale che un cane può avere nell’instaurare relazioni affiliative e
quindi accoppiarsi con un lupo, gli ibridi F1, una volta allevati in natura dalla femmina di lupo,
avranno maggiori probabilità di integrarsi all’interno della popolazione parentale di lupo ed
eventualmente riprodursi a loro volta. Rispetto a un cane, ci si attende che gli eventuali ibridi
allevati in natura siano dal punto di vista ecologico e comportamentale molto più affini al lupo.
Inoltre, mentre l’evento d’ibridazione iniziale coinvolge essenzialmente una femmina di lupo ed un
cane maschio, è presumibile che la reintegrazione degli ibridi F1 all’interno della popolazione
parentale lupina avvenga indipendentemente dal sesso. Va inoltre considerata la possibilità che gli
ibridi, attraverso meccanismi di eterosi (o perché portatori di variazioni geniche selezionate
positivamente), possano mostrare vantaggi riproduttivi nella popolazione di lupo, meccanismo che
faciliterebbe ulteriormente il reincrocio e la diffusione dell’introgressione.
Fertilità e sopravvivenza possono essere ridotte negli ibridi rispetto alle forme parentali selvatiche e
gli ibridi possono mostrare uno sfasamento della stagione riproduttiva. Questi e altri fattori possono
contribuire a limitare l’introgressione, anche in presenza di ibridazione sostanziale. È tuttavia anche
vero che questi meccanismi potrebbero non essere più sufficienti laddove le occasioni di ibridazione
siano particolarmente diffuse e frequenti, o laddove si verifichino interazioni tra condizioni che
facilitino la diffusione dell’introgressione.
Dal punto di vista delle condizioni ecologiche, per quanto concerne l’Italia, la conformazione
dell’areale del lupo rispetto all’ampiezza teorica attesa delle zone d’ibridazione (50 volte la distanza
di dispersione; Barton e Hewitt 1989, Lehman et al. 1991) determina il fatto che praticamente non
esistano zone dell’areale chiaramente periferiche in termini introgressivi. Mentre è vero che in base

                                                   12
alle condizioni ecologiche le zone in cui i casi d’introgressione si verificano possono considerarsi
marginali rispetto alle condizioni ottimali per la specie, in Italia contesti sinantropici tali da
corrispondere ad elevati rischi di ibridazione si riscontano anche nelle porzioni centrali dell’areale,
come ad esempio, in diversi parchi nazionali in posizione centrale rispetto all’areale appenninico
del lupo (Boitani 1986, Randi et al. 2006, W. Reggioni in litteris). Si deve inoltre considerare che,
anche qualora le istanze di introgressione si verifichino con maggiore probabilità e frequenza nelle
porzioni geograficamente periferiche dell’areale, nel caso del lupo individui introgressi in
dispersione potrebbero raggiungere facilmente qualsiasi porzione dell’areale, incluse quelle centrali,
facilitando quindi la diffusione del fenomeno indipendentemente dalla località di origine. In altri
contesti che riguardano la diffusione dell’introgressione tra lupo rosso e coyote, è stato infatti
dimostrato che anche rari casi di introgressione possono poi diffondersi facilmente su larga scala
grazie a movimenti di dispersal (Adams et al. 2003b).

Tecniche per identificare gli ibridi e quantificare l’ibridazione
Alla luce delle importanti implicazioni di conservazione dei casi di ibridazione antropogenica,
l’identificazione degli eventuali individui ibridi all’interno delle popolazioni parentali, la
quantificazione e, possibilmente, il monitoraggio della diffusione degli ibridi all’interno della
popolazione sono elementi cruciali alla base di qualsiasi strategia gestionale.
Mentre il riconoscimento degli ibridi si deve basare sull’adozione di criteri diagnostici affidabili, la
quantificazione dell’ibridazione a livello di popolazione dipende sia dalla funzionalità dei criteri
diagnostici utilizzati, sia dalle strategie adottate per campionare gli individui all’interno di una o
entrambe le popolazioni parentali.
I caratteri potenzialmente utilizzabili in questo senso si possono classificare in marcatori
morfologici, o più in generale fenotipici, e marcatori genetici. In realtà, la maggiore parte dei
marcatori genetici ad oggi utilizzati non rispetta una o più delle caratteristiche ideali che consentono
loro di avere un potere discriminante che sottende ad un’elevata capacità diagnostica.

Identificazione degli ibridi lupo/cane
Sia nel caso vengano utilizzati criteri fenotipici o genetici, oppure una combinazione di entrambi,
esiste comunque la possibilità di commettere errori d’identificazione, e quindi di assegnazione alle
tre categorie di base (lupo, cane, ibrido): da una parte, si può assegnare erroneamente alla categoria
degli ibridi un esemplare di lupo che ibrido non è (errore di Tipo-I); dall’altra si può fare l’errore
opposto, ovvero non riconoscere un esemplare ibrido in quanto tale, assegnandolo erroneamente
alla popolazione parentale di lupo (Tipo-II).
I metodi di diagnosi dovranno essere selezionati e perfezionati in modo da ridurre
preferenzialmente l’uno o l’altro dei due possibili errori (che avranno conseguenze gestionali
differenti), in base al contesto e agli indirizzi gestionali. Ad esempio, se gli individui della
popolazione parentale selvatica sono ridotti ai minimi termini, risulta prioritario minimizzare il
rischio per cui la rimozione erronea di un individuo parentale potrebbe essere deleteria per la
popolazione stessa (errore di Tipo I). Di conseguenza non sarà necessaria un’elevata risoluzione
d’indagine ed un elevato potere diagnostico, in quanto è preferibile correre il rischio di non
riconoscere un individuo introgresso piuttosto che fare l’errore opposto, specialmente se la
popolazione parentale è ormai ampiamente introgressa (p.es. lupo etiope e cane).
D’altra parte, laddove la popolazione parentale è demograficamente più robusta e l’obiettivo è

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eliminare il rischio di diffusione dell’introgressione è d’obbligo adottare un sistema diagnostico a
elevata efficienza, al fine di minimizzare l’eventualità di commettere errori di Tipo-II (non essere in
grado di riconoscere gli individui introgressi come tali). Ciò potrà consentire di individuare gli
ibridi, ai fini di una loro pronta rimozione. Questo secondo approccio comporta il rischio di
rimuovere dalla popolazione individui non introgressi (o solo in minima parte), ma una simile
eventualità non avrebbe conseguenze sostanziali sullo stato della popolazione parentale (p.es. lupo
rosso e coyote).
Considerata la recente storia e lo status di conservazione del lupo in Italia, e a fronte di un
perdurante ed elevato numero di cani vaganti presenti sul territorio, il fatto che la popolazione di
lupo sia tuttora in fase di espansione e che il fenomeno dell’ibridazione, perlomeno su scala
appenninica, sembra presentarsi con frequenza e diffusione maggiori rispetto al recente passato,
qualsiasi intervento gestionale deve essere prioritariamente mirato ad eliminare o limitare
fortemente il fenomeno su scala locale e nazionale rispetto alle tendenze attuali. Quest’obiettivo si
può ottenere solo attraverso interventi realizzati su scala locale ed atti alla rimozione (effettiva o
riproduttiva) e al controllo sia dei cani che degli individui ibridi, introgressi o sospetti tali.
L o status della popolazione di lupo in Italia suggerisce che l’approccio da perseguire sia
preferenzialmente quello di minimizzare un errore di Tipo-II, ovvero utilizzare sistemi diagnostici
ad elevata efficienza, al fine di aumentare le probabilità di riconoscere gli individui introgressi e
ridurre le possibilità di trascurare gli ibridi criptici. È infatti forse preferibile assegnare
erroneamente un lupo alla categoria degli ibridi (con il rischio di rimuoverlo erroneamente dalla
popolazione), piuttosto che assegnare un ibrido alla popolazione parentale di lupo e non rispondere
quindi con un intervento di rimozione.
Una strategia ottimale per l’identificazione dei casi di introgressione si dovrebbe infatti basare
sull’uso integrato e concertato di strumenti genetici e fenotipici. I primi devono essere diversificati
e ad elevata efficienza diagnostica, mentre i secondi (anche se non ancora formalmente validati da
riscontri di natura genetica) devono individuare le caratteristiche morfologiche che più di altre sono
anomale nel lupo (e quindi di possibile derivazione canina). Attraverso l’uso congiunto di criteri
genetici e fenotipici è possibile che nel prossimo futuro un numero maggiore di caratteri fenotipici
possa essere considerato un attendibile segnale di ibridazione, tramite riscontri più oggettivi di
natura genetica. Ciò aumenterebbe il livello di confidenza con cui tali caratteristiche fenotipiche
potranno essere interpretate come segnali di ibridazione e, sopratutto, il potere diagnostico dei casi
sospetti mediante un approccio integrato.
Mentre un panel adeguato (tipo e numero) di loci biparentali ipervariabili o, se possibile, l’impiego
di SNP diagnostici permettono di evidenziare con una certa affidabilità eventuali casi di ibridazione
e/o introgressione e di stimare la classe d’appartenenza degli ibridi, la caratterizzazione degli
aplotipi a livello del DNAmt e del cromosoma Y contribuisce a completare il quadro delle
conoscenze, chiarendo il contributo materno e paterno degli ibridi in questione. Questa, a sua volta,
è una informazione critica in quanto permette di risalire ai meccanismi ed alla direzionalità degli
eventi di ibridazione riscontrati.
Tutti gli ibridi ad oggi rilevati in Italia mostrano l’aplotipo mitocondriale del lupo, indicando la
forte direzionalità dell’introgressione, nonché aplotipi Y rilevati solo nella popolazione di lupo, il
che suggerisce non solo che gli individui ibridi identificati siano in realtà tutti reincroci (B 1, B2,
etc.), ma che il campionamento di individui ibridi (F1, F2, etc.) sia un evento particolarmente raro.

                                                  14
SITUAZIONE DEL LUPO IN ITALIA

Il lupo, originariamente presente in gran parte dell’emisfero settentrionale (comprendendo l’intero
continente nord-americano e quello eurasiatico), ha subìto nei secoli una drastica contrazione del
proprio areale a causa della persecuzione operata dall’uomo; nel XIX secolo risultava così estinto in
tutta l’Europa centrale e settentrionale (Spagnesi & De Marinis 2002), riuscendo a sopravvivere
solo nell’Europa orientale e meridionale (Paesi dell’Est, Grecia, Balcani, Carpazi, Italia, Penisola
Iberica).
In Italia, dove la specie era comunque ampiamente diffusa fino alla metà del 1800, subì una drastica
riduzione in areale nella prima metà del XX secolo: la persecuzione umana ne determinò
l’estinzione in Sicilia e sull’intero arco alpino; nei primi anni ’70 del secolo scorso il lupo risultava
quindi presente solo in poche e frammentate aree montane dell’Appennino centro-meridionale
(Spagnesi & De Marinis 2002). Attualmente la specie è presente in maniera stabile su tutta la catena
appenninica, dall’Aspromonte fino alle Alpi occidentali. Sulle Alpi italiane la popolazione è in
crescita, con la maggior parte dei branchi riproduttivi presenti ad Occidente (Marucco et al. 2012),
e le prime dispersioni documentate nelle Alpi Centro-Orientali (Fabbri et al. 2013); il primo branco
riproduttivo documentato nel 2013 nelle Alpi orientali (tra Veneto e Trentino) è il segnale, dopo
due secoli, del ricongiungimento della popolazione di lupo italiana con quella dinarica. Ciò è
avvenuto anche grazie numerose azioni finalizzate alla sua conservazione (sia misure legislative che
programmi promossi dalle amministrazioni locali, dagli enti gestori di aree protette, da ONG e da
istituti di ricerca pubblici), realizzate a partire proprio dagli anni ’70 del secolo scorso nel nostro
Paese.
Nonostante il numero di lupi in Italia abbia mostrato negli ultimi decenni un costante e progressivo
aumento (conseguenza dell’abbandono degli ambienti rurali, dell’incremento delle prede selvatiche,
del nuovo atteggiamento assunto nei confronti della specie, nonché di una migliore protezione), la
specie resta minacciata per la limitata consistenza complessiva, stimata, alla fine dello scorso
millennio, in 400-500 individui (Ciucci & Boitani 1998, Spagnesi & De Marinis 2002), e ritenuta
attualmente pari a 900-1000 soggetti (Genovesi et al. 2014). I principali fattori di minaccia sono
rappresentati dalla persecuzione diretta operata dall’uomo (attualmente si stima che 50-70 lupi
vengano uccisi illegalmente ogni anno, con un impatto sulla popolazione superiore al 10%;
Spagnesi & De Marinis 2002) e dalla diffusa presenza di cani vaganti, quali (i) potenziali
competitori per le risorse alimentari, (ii) responsabili di attacchi al bestiame, con conseguente
inasprimento dei conflitti con l’uomo per l’erronea attribuzione al lupo, (iii) causa di ibridazione,
con conseguente perdita del patrimonio genetico del lupo, (iv) vettori per il rischio sanitario. Tutti i
potenziali fattori di minaccia sono dettagliatamente trattati nel “Piano d’azione nazionale per la
conservazione del lupo” (Genovesi 2002), da cui è tratta la Tabella 1.

Tabella 1 – Principali fattori di minaccia per il lupo in Italia; in parentesi il codice di riferimento IUCN-CMP. In
neretto sono riportate le minacce connesse alla presenza dei cani vaganti.
                       Minacce e fattori limitanti                               Rilevanza
 Bracconaggio (5.1.3)                                                             Primaria
 Conflitti con la zootecnia (2.3.2)                                               Primaria
 Conflitti con l’attività venatoria (5.1)                                         Primaria
 Riduzione e frammentazione degli habitat (1 e 7)                                Secondaria
 Disturbo antropico (6)                                                          Secondaria
 Piccoli numeri, basse densità e fluttuazioni demografiche                       Secondaria
 Forma e frammentazione dell’areale (7)                                          Secondaria
 Inquinamento genetico (8,3)                                                      Primaria
 Altre minacce legate alla presenza di cani vaganti (K03)                         Primaria
 Assenza di coordinamento degli interventi di conservazione                       Primaria

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Dal momento che la causa primaria e origine del fenomeno dell'ibridazione è rappresentata dalla
presenza di cani vaganti sul territorio in simpatria con il lupo, è utile fornire un breve quadro della
situazione del randagismo canino in Italia.

                                                  RANDAGISMO CANINO
Nel 1979, un’indagine effettuata dalla Direzione Generale dei Servizi Veterinari e condotta nel 70%
dei Comuni italiani, aveva rilevato una consistenza complessiva della popolazione canina pari a
3.133.863 individui, di cui solo la metà regolarmente registrati (ovvero 1.513.968); dell’altra metà,
438.609 i cani randagi e 1.161.286 i soggetti non registrati (Biocca et al. 1984). Ciò è in accordo
con i dati di un’altra indagine, condotta più o meno nello stesso periodo da Boitani & Fabbri (1983)
insieme al Corpo Forestale dello Stato, da cui risultavano 220.140 randagi, 79.112 cani
inselvatichiti e 411.151 incustoditi con padrone (per un totale di 710.403 cani vaganti, arrotondato a
800-850.000 e pari al 25% del totale).
Nel 2011, i cani di proprietà iscritti nell’anagrafe nazionale degli animali d’affezione erano
5.815.727, comprendendo anche i cani ospitati nei canili e iscritti a nome dei Comuni (142.689); nel
2012, essi erano saliti a 6.442.959, con una stima di 6-700.000 randagi1, di cui solo un quarto
ospitati in canili rifugio (fonte: www.salute.gov.it).
L’incremento del numero dei cani randagi è avvenuto in concomitanza con l’ultimo bottleneck del
lupo, aumentando drammaticamente il rischio di ibridazione (Boitani & Fabbri 1983).

1 dato calcolato sulla base dei dati forniti da 8 Regioni e Province Autonome nell’anno 2011, e pubblicato dal Ministero della Salute.

                                                                         16
OBIETTIVI

L'obiettivo di conservazione generale e a lungo termine, coerentemente con la legislazione
nazionale ed internazionale, è

  la salvaguardia dell’identità genetica del lupo e l’eliminazione della minaccia rappresentata
                                   dall'ibridazione con il cane.

Dal momento che non è attualmente conosciuta l'entità dell'ibridazione lupo/cane su scala
nazionale, è impossibile stabilire un obiettivo specifico e quantificabile, anche in considerazione
della possibilità di assistere ad una situazione di elevata introgressione che non permetterebbe una
diminuzione sostanziale del tasso di ibridazione in tempi brevi e a costi sostenibili. La conoscenza
di prevalenza (cioè il numero degli eventi verificatisi in una determinata popolazione, in un
determinato periodo di tempo) e distribuzione del fenomeno dell’ibridazione sono un requisito
fondamentale per qualsiasi Piano di Gestione che, in funzione della specifica situazione locale e
dell’obiettivo gestionale che si vuole raggiungere, sia in grado di delineare una strategia di azione.
Si deve pertanto considerare come obiettivo primario la stima dell'entità del fenomeno a livello
locale e nazionale.

Per verificare l’occorrenza e la natura (introgressiva o meno) dell’ibridazione, oltre a quantificare la
diffusione degli ibridi nella popolazione parentale (direzionalità), è necessario rilevare lo status
delle popolazioni di lupo e di cani mediante strategie di campionamento ben strutturate e stratificate
(sia geograficamente che temporalmente). Sarebbe inoltre necessario intraprendere studi sulle
caratteristiche fisiologiche degli ibridi, al fine di poterne stimare la fitness. Questo approccio
consente, inoltre, di conoscere i fattori che influenzano i tassi di ibridazione, la dinamica delle zone
di ibridazione, e di approfondire la natura delle loro interazioni con le popolazioni parentali di lupo
(Ciucci 2012). Benché si tratti di un’attività complessa (la popolazione italiana di lupo è oggi in
fase di espansione ed ampiamente diffusa anche in aree difficilmente accessibili) e costosa, è
ritenuta prioritaria sia a livello nazionale (Genovesi 2002) che europeo (Boitani 2000, Raccom,
173/2014 Conv. Berna). Si rende pertanto necessario sviluppare protocolli di rilievo (stima di
abbondanza) e di monitoraggio nel tempo (dinamica temporale della popolazione) su ampia scala
geografica e a costi compatibili con le modeste risorse disponibili.
A livello di campionamento genetico si possono distinguere due diverse strategie, in funzione della
diversa provenienza del campione biologico e della scala temporale e spaziale che si intende
adottare:
             • strategia estensiva, ovvero su larga scala (almeno regionale), utilizzando campioni
                biologici non invasivi (p.es. peli, escrementi, saliva, che contengono DNA in misura
                minore e di qualità ridotta);
             • strategia intensiva, ovvero su scala locale (almeno provinciale2), utilizzando campio-
                ni biologici invasivi (p.es. sangue, tessuto).

E’ importante rimarcare che la complementarietà delle indagini a scale diverse e con differenti tec-
niche corrisponde ad una diversa affidabilità (sia genetica che fenotipica) nel riconoscere individui
potenzialmente ibridi. Di conseguenza occorre attuare, almeno in una fase iniziale, un campiona-
mento su ampia scala (idealmente nazionale), o quantomeno adeguata a rilevare il fenomeno atteso.
Qualora il fenomeno venga rilevato (ovvero vi siano indicazioni genetiche e/o fenotipiche della pro-
babile presenza di casi di ibridazione), si deve localmente effettuare (e quindi a scala più ridotta) un
campionamento puntuale e intensivo che consenta di aumentare l’affidabilità delle indagini geneti-
che e fenotipiche. Inoltre è necessario che il campionamento genetico sia affiancato da una apposita
2 Tenuto conto dell’enorme vagilità di lupo, ibridi e cani, si ritiene da escludersi qualsiasi indagine a scala comunale, o comunque su aree ridotte.

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campagna di indagine basata sulla ricerca di segni di presenza (per esempio mediante tracciatura su
neve, ululato indotto, raccolta standardizzata di escrementi) e osservazioni dirette derivanti, per
esempio, da fototrappolaggio, raccolta di carcasse ed eventualmente radiotelemetria.

Se attuati con campionamenti rappresentativi delle variazioni nel tempo e nello spazio, i rilievi sullo
stato delle popolazioni possono evidenziare una delle seguenti situazioni-tipo di distribuzione e pre-
valenza, che prospettano criticità e soluzioni gestionali del tutto diverse:
       1. nessun caso di ibridazione;
       2. un caso isolato e localizzato di ibridazione;
       3. più casi isolati di ibridazione;
       4. sciame ibrido diffuso.

Ai fini della definizione di obiettivi chiari che indirizzino ad una scelta della tipologia di intervento
da realizzarsi in uno specifico contesto ambientale, è opportuno tener presente i seguenti criteri:
            • funzionalità: l’intervento deve ridurre in modo significativo il problema;
            • applicabilità: l’intervento deve essere realizzabile e compatibile con le
                caratteristiche del territorio;
            • condivisione: la scelta deve esser fatto tenendo possibilmente conto delle posizioni
                dei vari portatori di interesse locale;
            • sostenibilità: l’intervento deve avere risultati che si mantengano nel tempo, e di
                conseguenza finanziamenti adeguati alla sua attuazione sul lungo periodo.
   Per poter operare una scelta consapevole è quindi necessario, una volta descritto il pattern locale
di ibridazione, analizzare in dettaglio il contesto locale, mediante un’analisi S.W.O.T, e solo in
seguito definire obiettivi chiari e raggiungibili.

Dipendentemente dalle condizioni ecologiche e socio-economiche dell'area in cui si applicano le
misure di gestione, l'obiettivo specifico a breve termine potrà ricadere in una delle tre tipologie qui
di seguito descritte:
gestione opportunistica, cioè senza che vi sia una precisa pianificazione degli eventi di rimozione (effettiva o ri-
produttiva), né una quantificazione degli obiettivi da raggiungere. La strategia di intervento è in questo caso limitata
alla gestione di emergenze singole e occasionali. I vantaggi di tale strategia risiedono sopratutto nella riduzione dei
costi di intervento, oltre che dello sforzo, mentre la sua maggiore limitazione consiste nel non risolvere il problema in
maniera definitiva;

limitazione, cioè rimozione (effettiva o riproduttiva) pianificata dei cani e degli ibridi catturati su aree di limitate di -
mensioni, ma importanti come sorgente del fenomeno. In questo caso, quindi, vi è una precisa pianificazione della ri-
mozione, che non azzera però l’ibridazione su grande scala. Il vantaggio di una simile strategia consiste nel ridurre
drasticamente l’incidenza del fenomeno a scala locale (ma a fronte di uno sforzo consistente) e nel potersi concentrare
su alcune aree, definite in base a un maggior rischio di ibridazione. Questo approccio è comunque ristretto al controllo
di una situazione acuta e puntiforme e la soluzione del problema locale sarà solo temporanea;

eradicazione, cioè rimozione effettiva e puntuale di tutti gli individui ibridi presenti nell’area oggetto di gestione.
Si tratta naturalmente di un intervento che potrà realizzarsi su aree limitate in dimensioni e che richiederà un impegno
forte e continuato sul territorio, non solo in termini di rimozione, ma anche e sopratutto di monitoraggio, al fine di va -
lutare il raggiungimento dell’obiettivo ed eventuali criticità nell’attuazione.

E' fondamentale considerare la possibilità di adottare misure gestionali diverse in ambiti territoriali
diversi, tenendo in considerazione fattori che non dipendono esclusivamente dalla capacità di
sopravvivenza del lupo, la cui popolazione allo stato attuale sembra essere in fase crescente. Sarà
importante tenere in dovuta considerazione la priorità degli obiettivi di conservazione all'interno
delle aree protette, che devono essere in grado di garantire il loro eventuale ruolo di fonte di
provenienza di nuovi individui.

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LINEE GUIDA

Le linee guida forniscono gli indirizzi pratici ed esecutivi la cui attuazione deve essere valutata caso
per caso. Esistono però delle azioni preliminari da cui non si può prescindere e che devono essere
attuate prima di iniziare qualsiasi programma di gestione degli ibridi lupo/cane.

                                       Attività Preparatorie

                                            Obiettivo 1.
                           Stima dell'entità del fenomeno a livello locale

La stima della presenza degli ibridi è estremamente difficile poiché essi sono essenzialmente simili
al lupo in quanto a segni di presenza. Pertanto è necessario adottare una strategia di campionamento
adeguata per l'area di intervento e prevedere la raccolta di indici che forniscano informazioni sui
caratteri fenotipici e genotipici degli individui presenti. E’ pertanto necessario prevedere la
perlustrazione del territorio alla ricerca di segni di presenza e l'uso di trappole fotografiche che
facilitino il riconoscimento dei caratteri fenotipici. Sarà infine necessario prevedere la raccolta di
campioni biologici per le analisi genetiche.

Sarà necessaria una intensa attività di perlustrazione a copertura dell’intera area d’interesse, da
effettuarsi con le usuali tecniche di studio del lupo: ululato indotto (wolf-howling), tracciatura su
neve (snow-tracking), fototrappolaggio e campionamento genetico. L’ululato indotto permette di
identificare il numero di unità riproduttive presenti nell’area di studio. La tracciatura su neve
consente di delineare l’assetto territoriale e di conoscere con esattezza i confini ed i limiti del
territorio di pertinenza di ciascun branco, all’interno del quale procedere con sopralluoghi
finalizzati alla ricerca dei segni di presenza (tracce ed escrementi), al fine di localizzare gli
eventuali punti di marcatura; ciò permette la raccolta di informazioni dettagliate sugli spostamenti
abitudinari dei lupi. L’utilizzo delle trappole fotografiche, infine, consente una prima valutazione
sulla presenza di ibridi all’interno dei branchi, basandosi sull’analisi delle caratteristiche fenotipiche
degli individui fotografati, da integrare poi con i risultati delle analisi genetiche. L’attuazione in
contemporanea delle suddette tecniche deve protrarsi per un periodo di tempo utile all’applicazione
delle stesse e alla copertura di almeno un intero ciclo biologico della specie (che può coincidere con
un anno). Le informazioni complessivamente raccolte permetteranno di localizzare le aree in cui il
fenomeno sia più o meno esteso e nelle quali intervenire con priorità ed intensità diverse a seconda
del caso specifico.

I dati raccolti mediante le due tecniche saranno integrati in base al protocollo di riconoscimento di
seguito riportato (per una trattazione dettagliata dei casi in cui sono stati riportati i caratteri vedi
Ciucci 2012):

                                                   19
Caratteri                          Riferimenti                          Cane/ibridi                           Valutazione
                                                    bibliografici
                                                 Andersone et al. 2002,                                                   Ibrido anche in assenza di
  1. 5° dito nelle zampe posteriori (sperone)                                            Spesso presente
                                                 Ciucci et al. 2003                                                           conferma genetica
                                                 Andersone et al. 2002,        Biancastre o depigmentate (di solito       Ibrido anche in assenza di
  2. Unghie
                                                 Greco 2009                                 non tutte)                        conferma genetica
                                                 Anderson et al. 2009,
                                                 Greco 2009
                                                                                                                           Ibrido se confermato da
  3. Melanismo                                   Andersone et al. 2002                       Variabile
                                                                                                                               analisi genetiche
                                                 Verardi et al. 2006,
                                                 Godinho et al. 2011
                                                 Mahan et al. 1978              Spesso presenti e di colore bianco,
  4. Macchie di colore anomalo sul                                                                                        Ibrido anche in assenza di
                                                 Andersone et al. 2002,        nero o comunque estraneo al fenotipo
  mantello                                                                                                                    conferma genetica
                                                 Godinho et al. 2011                         della specie
                                                                                 Colori più forti e contrastati, con
                                                                              confini cromatici più netti e demarcati;     Ibrido se confermato da
  5. Mascherina facciale *
                                                                              mancano spesso la lima labiale scura e           analisi genetiche
                                                                                         il sottogola chiaro
                                                                                                                           Ibrido se confermato da
  6. Bandeggi zampe anteriori *                                                               Assenti
                                                                                                                               analisi genetiche
                                                                                                                           Ibrido se confermato da
  7. Tartufo nasale *                                                               A chiazze o depigmentato
                                                                                                                               analisi genetiche
                                                 Mengel 1971
                                                                               Anomalie dentarie e/o mancanza di           Ibrido se confermato da
  8. Dentizione *                                Schmitz e Kolenosky
                                                                                            denti                              analisi genetiche
                                                 1985
                                                                                Lunghezza eccessiva delle orecchie,
                                                                                  ampiezza elevata della fronte,           Ibrido se confermato da
  9. Dimensioni corporee *
                                                                               lunghezza eccessiva del muso e della            analisi genetiche
                                                                                               coda
                                                 Godinho et al. 2011            Anomalie nella lunghezza, densità e        Ibrido se confermato da
  10. Pelo *
                                                 Silver e Silver 1969           portamento (ovvero liscio o riccio)            analisi genetiche
                                                                                                                           Ibrido se confermato da
  11. Vibrisse nasali *                                                         Fini e/o arricciate o depigmentate
                                                                                                                               analisi genetiche
  12. Pigmentazione delle gengive lungo i                                                                                  Ibrido se confermato da
                                                                                Assente o discontinua (a macchie)
    denti *                                                                                                                    analisi genetiche
                                                                                                                           Ibrido se confermato da
  13. Cuscinetti plantari *                                                         Depigmentati o a macchie
                                                                                                                               analisi genetiche
                                                                                Assenti, o più chiare e ampie e dai        Ibrido se confermato da
  14. Macchie intorno agli occhi *
                                                                                       margini più marcati                     analisi genetiche
Tabella 2 – Caratteristiche fenotipiche attese negli ibridi, rispetto allo standard fenotipico delle popolazioni parentali di
lupo (da Ciucci 2012, modificata). * caratteristiche in attesa di un riscontro su base genetica o sperimentale.

Per quanto riguarda l’analisi genetica, attualmente vengono utilizzati i seguenti marcatori:

    (i)    DNA mitocondriale: il DNA mitocondriale, grazie al suo alto tasso di mutazione, è spesso
          usato per distinguere specie affini (oltre che per rilevare la direzionalità dell’ibridazione,
          ovvero la derivazione materna); tuttavia la sua trasmissione esclusiva per via materna ne
          limita il potere diagnostico (se gli eventi di ibridazione fossero unidirezionali, ovvero
          femmina di lupo x maschio di cane, l’ibridazione non verrebbe riscontrata con l’analisi del
          DNA mitocondriale);
    (ii) cromosoma Y: il cromosoma Y viene trasmesso esclusivamente per via paterna, quindi
          anche questa analisi, come quella del DNA mitocondriale, da sola è insufficiente a rilevare
          l’ibridazione in caso di incrocio unidirezionale (essa è comunque da sola utile per la
          rilevazione del sesso e l’eventuale derivazione paterna, oltre a essere necessaria per
          confermare l’eventuale appartenenza del campione alla popolazione italiana di lupo);
    (iii) biparentali a livello dei geni nucleari: in tal caso, visto che il segnale genetico
          dell’ibridazione si “offusca” rapidamente dopo la prima generazione di incrocio, è
          necessario analizzare un elevatissimo numero di loci polimorfici 3: solo in questo modo
          possono essere quantificati anche i differenti livelli di introgressione (oltre cioè gli individui
          di prima generazione), riducendo al minimo l’eventualità che individui introgressi di

3 Superiori a 48 (Vähä & Primmer 2006). La probabilità di rilevare casi di introgressione aumenta se si utilizzano loci associati (linked), ovvero loca-
lizzati su segmenti di cromosomi non indipendenti (Falush et al. 2003).

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