LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELL'IBRIDAZIONE TRA LUPO E CANE - A cura di : Anna Bocci, Luigi Boitani, Chiara Braschi, Paolo Ciucci, Massimo ...
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LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELL'IBRIDAZIONE TRA LUPO E CANE A cura di : Anna Bocci, Luigi Boitani, Chiara Braschi, Paolo Ciucci, Massimo Machetti, Antonio Pollutri, Giorgia Romeo, Valeria Salvatori 1
LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELL'IBRIDAZIONE TRA LUPO E CANE A cura di : Anna Bocci, Luigi Boitani, Chiara Braschi, Paolo Ciucci, Massimo Machetti, Antonio Pollutri, Giorgia Romeo, Valeria Salvatori Basato sul documento originale sviluppato da A. Bocci e L. Boitani, nell'ambito del Tavolo Tecnico Ibridi, con il contributo di: ASL 9 GR/Servizi Veterinari – Paolo Madrucci Centro Gestione e Conservazione Grandi Carnivori – Francesca Marucco Centro di Referenza Nazionale per le Malattie degli Animali Selvatici, IZS Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta – Riccardo Orusa Corpo Forestale dello Stato – Livia Mattei, Giancarlo Papitto, Marco Panella ISPRA – Ettore Randi, Piero Genovesi Legambiente – Antonio Nicoletti, Stefano Raimondi Università “La Sapienza” di Roma – Adriano Argenio, Orlando Gallo, Lorenzo Manghi, Davide Pagliaroli, Elisabetta Tosoni, Margherita Zingaro WWF Italia Onlus – Antonello Pollutri, Massimiliano Rocco Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano – Mia Canestrini, Luigi Molinari, Willy Reggioni Parco Nazionale del Cilento – Sabatino Troisi Parco Nazionale della Majella – Antonio Antonucci, Simone Angelucci Parco Regionale della Maremma – Andrea Sforzi Provincia di Grosseto – Claudio Galli, Fabio Fabbri, Massimo Machetti, Dario Petrucci, Giorgia Romeo, Giampiero Sammuri, Maurizio Zaccherotti Provincia di Firenze – Duccio Berzi Regione Lazio – Luciana Carotenuto Regione Toscana – Paolo Banti, Andrea Casadio, Sabrina Nuti, Enrico Rossi Unione Comuni Montani Amiata Grossetana – Marta Gandolfi Rivisto da Valeria Salvatori in seguito alle indicazioni fornite da MATTM e ISPRA Citazione suggerita: Bocci A., L. Boitani, C. Braschi, P. Ciucci, M. Machetti, A. Pollutri, G. Romeo, V. Salvatori. 2015. Linee guida per la gestione dell'ibridazione tra lupo e cane. Documento tecnico. Progetto LIFE10NAT/IT/265 Ibriwolf. Il presente documento è da considerarsi completo solo in presenza degli allegati I-IV. Documento prodotto con il contributo della Commissione Europea nell'ambito del programma LIFE+ 2
Indice generale LISTA DELLE TABELLE..................................................................................................................4 GLOSSARIO........................................................................................................................................5 ABBREVIAZIONI...............................................................................................................................6 PRESENTAZIONE..............................................................................................................................7 PREMESSA.........................................................................................................................................8 PREMESSA DEGLI AUTORI............................................................................................................9 INTRODUZIONE..............................................................................................................................10 DEFINIZIONE DI IBRIDAZIONE...................................................................................................11 Ibridazione antropogenica tra lupo e cane.....................................................................................12 Tecniche per identificare gli ibridi e quantificare l’ibridazione....................................................13 Identificazione degli ibridi lupo/cane............................................................................................13 SITUAZIONE DEL LUPO IN ITALIA.............................................................................................15 RANDAGISMO CANINO................................................................................................................16 OBIETTIVI........................................................................................................................................17 LINEE GUIDA...................................................................................................................................19 Attività Preparatorie.......................................................................................................................19 Interventi Gestionali......................................................................................................................27 BIBLIOGRAFIA................................................................................................................................31 ALLEGATI ALLEGATO I – ESEMPIO DI APPLICAZIONE DELLE LINEE GUIDA IN PROVINCIA DI GROSSETO ALLEGATO II – PROTOCOLLO DI CATTURA DEGLI IBRIDI LUPO/CANE APPROVATO DA ISPRA E MATTM ALLEGATO III – QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO ALLEGATO IV – AZIONI CHE GARANTISCONO LA CONTINUITÀ DELLE ATTIVITÀ SVOLTE NELL'AMBITO DEL PROGETTO LIFE+ IBRIWOLF 3
LISTA DELLE TABELLE Tabella 1 – Principali fattori di minaccia per il lupo in Italia; in parentesi il codice di riferimento IUCN-CMP. In neretto sono riportate le minacce connesse alla presenza dei cani vaganti. Tabella 2 – Caratteristiche fenotipiche attese negli ibridi, rispetto allo standard fenotipico delle popolazioni parentali di lupo (da Ciucci 2012, modificata). * caratteristiche in attesa di un riscontro su base genetica o sperimentale. 4
GLOSSARIO Allopatria............................. Situazione in cui due specie occupano aree geografiche completamente separate antropogenica....................... Dovuta ad azione diretta o indiretta dell'uomo aplotipo................................ gruppo di geni associati sul medesimo cromosoma che la progenie eredita da un genitore bottleneck............................. collo di bottiglia, diminuzione drastica della popolazione depressione da esoincrocio.. riduzione della fitness dovuta ad accoppiamento tra individui appartenenti a popolazioni geneticamente divergenti dispersal............................... movimento definitivo fuori dal territorio natale alla ricerca di un nuovo territorio in cui stabilirsi e riprodursi DNAmt................................ DNA mitocondriale estinzione genomica........... Estinzione della diversità e organizzazione genetica originaria che caratterizza la specie eterosi.................................. caratteri fenotipici migliorati a seguito di incrocio fitness................................... La probabilità relativa di sopravvivenza e riproduzione per un genotipo frequenze alleliche............... Misura della frequenza di un allele nella popolazione; la proporzione di tutti gli alleli di un dato gene nella popolazione ibridazione interspecifica.... Incrocio tra individui appartenenti a specie diverse ibridazione intraspecifica.... Incrocio tra individui appartenenti a popolazioni geneticamente distinte della stessa specie introgressione....................... Trasferimento di varianti genetiche da una specie all'altra tramite reincrocio di ibridi di prima generazione con una o entrambe le specie parentali loci biparentali..................... loci (plurale di locus) di eredità sia materna che paterna marcatori fenotipici.............. Caratteri associati ad uno specifico genotipo e che si manifestano come prodotto dell’espressione genetica (biochimici, morfologici, fisiologici, comportamentali, etc.) panel..................................... gruppo, nel senso di insieme di loci sciame ibrido........................ condizione in cui una specie o popolazione parentale si trova nel momento in cui la proporzione di individui ibridi o introgressi con altra specie o popolazione è particolarmente elevata e caratterizzata da elevato tasso di reincrocio simpatria.............................. situazione in cui due specie occupano aree geografiche che si sovrappongono completamente sinantropici.......................... organismi che vivono in compagnia dell'uomo taxa....................................... plurale di Taxon in tassonomia 5
ABBREVIAZIONI ASL Azienda Sanitaria Locale CIRSEMAF Centro Interuniversitario di Ricerca sulla Selvaggina e sui Miglioramenti Ambientali a fini Faunistici CITES Convention on International Trade of Endangered Species CRASM Centro di Recupero Animali Selvatici della Maremma CRASE Centro di Recupero Animali Esotici ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale IZS Istituto Zooprofilattico Sperimentale LCIE Large Carnivore Initiative for Europe MATTM Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare OIE Organizzazione Mondiale per il Benessere Animale SNP Single-Nucleotide Polymorphism SWOT Strengths, Weakenesses, Oppotunities, Threats 6
PRESENTAZIONE L’ibridazione tra cane e lupo è una delle minacce più insidiose per la conservazione del lupo. Si tratta di una problematica la cui rilevanza è stata riconosciuta solo da pochi anni grazie alle più recenti tecniche di indagine genetica e alla rinnovata attenzione per le condizioni ecologiche in cui si sviluppa. Certamente cani e lupi hanno vissuto a stretto contatto per millenni in tutte le aree del mondo, Italia per prima, dove la presenza dell’uomo è stata massiccia accanto ad ampi spazi naturali in cui la fauna selvatica ha mantenuto le sue popolazioni. É probabile che per molto tempo l’ibridazione tra cane e lupo sia rimasta un fenomeno marginale, aumentando significativamente in anni più recenti per il notevole aumento del randagismo canino, una piaga culturale che il nostro Paese non è ancora riuscito a debellare. La comparsa di caratteri morfologici estranei allo standard conosciuto per il lupo ha presto messo in allarme gli esperti del settore e le tecniche diagnostiche della genetica hanno contribuito a definire il fenomeno che, in alcune parti d’Italia, sembra essere decisamente preoccupante. Allo stesso tempo non sono ancora chiari e definiti gli strumenti e le risposte per affrontare questa minaccia, anche in ragione della solo recente percezione del problema. Le normative nazionali e comunitarie non offrono ancora risposte chiare, a partire dal fatto che manca una chiara definizione di ibrido, per ora limitata dalla soggettività nel giudizio dei caratteri morfologici e dalla veloce evoluzione delle tecniche di indagine genetica. In questo quadro ancora non consolidato del fenomeno, il progetto LIFE+ Ibriwolf ha cercato di contribuire alla definizione e alla gestione del problema. La sperimentazione di tecniche di campo e di protocolli sui vari aspetti della ibridazione (ad esempio, la collaborazione nel controllo del randagismo, l’identificazione della introgressione genetica, la rimozione degli animali ibridi) è costellata di successi e insuccessi ma è il passo necessario per costituire un corpo di informazioni su cui innestare una politica più generale di soluzione a lungo termine del problema. Il Ministero, insieme ad ISPRA, ha collaborato attivamente con il Progetto LIFE+ Ibriwolf sostenendone le attività e seguendo i risultati dei protocolli sperimentali di volta in volta sviluppati e adottati. In queste Linee Guida sono distillate le fasi salienti dell’esperienza accumulata. Lungi dall’essere il documento definitivo sulla complessa problematica della ibridazione, le Linee Guida costituiscono comunque un prezioso punto di partenza per tutte le amministrazioni (regioni e aree protette) che intendono affrontare il controllo e possibilmente la soluzione di questa importante minaccia alla integrità del lupo in Italia. Dott.sa Maria Carmela Giarratano, Direttore Generale Direzione Generale per la Protezione della Natura e del Mare Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 7
PREMESSA Il lupo è una specie di particolare interesse negli ecosistemi naturali, la cui conservazione offre un contributo importante al mantenimento della biodiversità. La recente ricolonizzazione di territori, in cui si era persa la memoria storica della sua presenza, solleva in varie zone di Italia, e quindi anche in provincia di Grosseto, rilevanti problemi sia gestionali, principalmente connessi alla predazione di bestiame domestico, che conservazionistici. In questo contesto, la Provincia di Grosseto, raccogliendo maggiori elementi conoscitivi, ma anche proponendo obiettivi realistici e azioni concrete, si è promossa capofila di LIFE Ibriwolf, che è nato nel tentativo di contrastare una delle principali minacce alla conservazione lupo, ovvero l’ibridazione con il cane, favorita dalla presenza sul territorio di popolazioni di cani mal custoditi. Con l'intento di fornire un contributo sostanziale alla gestione della fauna selvatica nel proprio territorio, la Provincia di Grosseto ha svolto con particolare impegno il proprio ruolo di beneficiario coordinatore, affrontando momenti critici che la trattazione di questo argomento ha comportato. Il percorso è stato integrato e inclusivo, coinvolgendo i portatori di interesse presenti sul territorio, avvalendosi dei massimi esperti nazionali in gestione del lupo, e garantendo in ogni caso il rispetto del benessere animale e l'ottimizzazione delle risorse messe a disposizione dalla Unione Europea. Nell'ambito del progetto la Provincia di Grosseto ha approvato il “Piano strategico provinciale per la riduzione del randagismo canino”, con l’obiettivo di costruire un documento di pianificazione di carattere integrato, condiviso con tutti i gruppi di interesse (allevatori, ambientalisti, animalisti, azienda sanitaria, cacciatori, Comuni), che individui i problemi, vagli le opportunità, gli obiettivi e gli scenari del territorio grossetano, e che codifichi una serie di azioni, calate sulla realtà locale, da mettere in atto per ottenere una significativa riduzione del fenomeno nel territorio provinciale. Il tentativo di contrastare la perdita di identità genetica del lupo nel territorio grossetano ha permesso, inoltre, di individuare un percorso concreto di obiettivi e azioni nel medio e lungo periodo, che hanno portato alla stesura delle “Linee Guida”. Si tratta di un documento di estrema importanza, che, per la prima volta, affronta la problematica dell’ibridazione lupo-cane sotto tutti i suoi aspetti, a partire dal vuoto normativo nazionale e internazionale, fino all’individuazione di opportune modalità di campionamento e strategie di riduzione. Questo documento è lo strumento che, basato sulle migliori pratiche a scala nazionale ed internazionale, detta la linea di riferimento per la stesura di una corretta pianificazione delle azioni di gestione, riportando, in dettaglio, i contenuti degli strumenti preparatori e di quelli attuativi che sono necessari in un’area localizzata e in un determinato contesto. La prima parte, di carattere generale, individua obiettivi chiari e diversificati perché possa trovare applicazione in tutte le possibili realtà italiane, mentre l’allegato I è la sua applicazione al territorio grossetano, frutto quindi delle lezioni apprese in questi 4 anni di progetto, degli elementi conoscitivi noti e della strategia che in Provincia di Grosseto si è scelto di seguire. 8
PREMESSA DEGLI AUTORI Con il termine Linee Guida si intende la enunciazione di un insieme di principi e raccomandazioni con l’intento di individuare strategie gestionali e guidare la realizzazione di azioni concrete appropriate. Le Linee Guida per la gestione degli ibridi lupo/cane sono lo strumento che, basato sulle migliori pratiche a scala nazionale ed internazionale, detta la linea di riferimento per la stesura di una corretta pianificazione gestionale. Riportano quindi, in dettaglio, i contenuti degli strumenti preparatori e di quelli attuativi (quantomeno le procedure obbligatorie) necessari in un Piano di Gestione specifico per una determinata area e contesto. U n Piano di Azione è invece un elaborato tecnico che rappresenta lo strumento necessario per rendere operativo un indirizzo gestionale, individuando chiaramente obiettivi specifici, responsabilità, priorità, azioni e costi (oltre che la loro sostenibilità nel tempo). Si tratta pertanto dello strumento base che detta le regole per la messa in atto delle strategie di gestione locale (la dimensione dell’unità spaziale è funzione della specie considerata) di un determinato contesto. 9
INTRODUZIONE L’ibridazione tra il cane domestico ed il lupo, suo progenitore selvatico, non è certamente un fenomeno recente e si è probabilmente verificato in più occasioni durante la lunga storia della domesticazione del cane (Lorenz 1954, Clutton-Brock 1995, 1999, Schwartz 1997, Vilà et al. 1997, Anderson at al. 2009). È tuttavia a seguito della frammentazione, rarefazione e riduzione delle popolazioni di lupo che il fenomeno dell’ibridazione con il cane domestico viene visto come potenziale minaccia per l’integrità genomica, e quindi conservazionistica, del lupo, in particolare in quei paesi dove popolazioni di lupo numericamente ridotte si trovano a convivere con un elevato numero di cani vaganti (sensu Boitani et al. 1995). In queste condizioni, infatti, l’esiguità delle popolazioni locali di lupo, congiunta all’alterazione della coesione sociale della specie conseguente agli elevati livelli di persecuzione antropica, può corrispondere ad un aumento delle interazioni affiliative con il cane domestico e quindi ad una accresciuta frequenza dei casi di accoppiamento misto (Boitani 1983, 2003, Bibikov 1985, Verardi et al. 2006, Godinho et al. 2011). Sebbene oggi non sia possibile quantificare frequenza e ricorrenza dei casi di ibridazione tra lupo e cane avvenuti nella recente storia evolutiva, è presumibile che, dal primo neolitico all’epoca recente, i rapporti numerici tra le popolazioni di lupo e cane domestico fossero tali da rendere gli eventuali casi di ibridazione ininfluenti a livello popolazionistico e genomico (ma vedi Anderson et al. 2009); questo sia perché le opportunità di accoppiamento misto avrebbero avuto una probabilità relativamente trascurabile, sia perché gli eventuali ibridi sarebbero stati rapidamente diluiti all’interno della popolazione parentale lupina, numericamente superiore e dall’ampissima distribuzione. Allo stato attuale, questa situazione, non è necessariamente realistica nel caso cambino i rapporti numerici tra le popolazioni di lupo e cane: laddove popolazioni di lupo numericamente ridotte convivano con elevate densità di cani vaganti aumenta potenzialmente la frequenza di interazioni affiliative e di eventuali accoppiamenti misti, nonché la possibilità che eventuali varianti genetiche introgresse si fissino all’interno della popolazione parentale di lupo. In queste circostanze, anche se dal punto di vista evolutivo l’ibridazione lupo/cane non è fenomeno nuovo, lo potrebbe diventare la frequenza con cui i casi di ibridazione si manifestano, con il rischio di un impatto genomico, e quindi adattativo, di proporzioni ben più rilevanti rispetto al passato. Nelle condizioni attuali il fenomeno si va quindi ad associare alle altre minacce che già gravano sulla specie lupo, con l’importante differenza che la perdita di biodiversità, in questo caso rappresentata dall’integrità genomica originaria della specie, sarebbe irreversibile (Rhymer e Simberloff 1996; Allendorf et al. 2001; Randi 2008). In seguito ad un’accresciuta frequenza dei casi d’ibridazione tra lupo e cane recentemente accertati in Italia (Randi 2008; Ciucci 2012), ed alle problematiche tecniche, sociali e politiche che caratterizzano l’argomento e ritardano una decisa risposta a livello istituzionale, il progetto LIFE+ Ibriwolf ha rappresentato una esperienza pilota per affrontare il fenomeno e la complessità gestionale e culturale che lo circonda. Lo scopo principale del progetto è stato quello di esplorare la fattibilità di possibili soluzioni gestionali, testarle e documentare la loro applicabilità su vasta scala. Infatti, nonostante la complessità del problema sia chiara a tutti, due documenti su scala nazionale ribadiscono la necessità e l’urgenza di affrontare in maniera consapevole e possibilmente risolutiva la questione: il Piano d’Azione Nazionale per la Conservazione del Lupo (Genovesi 2002), ed il documento di sintesi siglato da diversi tecnici ed amministrazioni in occasione del IV workshop sui Cantieri della Biodiversità (AA.VV. 2009). Di recente pubblicazione, inoltre, la raccomandazione N. 173/2014 del Comitato permanente della Convenzione di Berna. Il presente documento rappresenta la sintesi dell'esperienza maturata mediante le attività di progetto e vuole fornire degli indirizzi gestionali agli enti che affrontino il fenomeno a livello locale. In allegato viene riportato il dettaglio tecnico ed operativo delle attività svolte nella provincia di Grosseto, come esempio di applicazione degli orientamenti gestionali generali. 10
DEFINIZIONE DI IBRIDAZIONE Nel contesto del presente documento, si intende con il termine ibridazione la riproduzione tra individui appartenenti a specie diverse (interspecifica) o tra individui appartenenti a razze della stessa specie (intraspecifica). L’ibridazione interspecifica porta spesso alla produzione di ibridi sterili per incompatibilità cromosomica all’atto della produzione dei gameti. In questi casi si riscontrano solo ibridi di prima generazione (F1). Nel caso in cui gli ibridi siano invece fertili, questi possono accoppiarsi tra loro dando origine a generazioni successive di ibridi (F2 , F3, etc.), oppure reincrociarsi con individui di una o entrambe la popolazioni parentali (B1 , B2, etc.). Laddove specie o popolazioni parentali distinte, trovandosi in condizioni di simpatria, si accoppino e producano ibridi almeno parzialmente fertili, si possono venire a creare zone di ibridazione, spesso in seguito ad un contatto secondario tra taxa evolutisi come entità distinte in condizioni di allopatria. La fitness degli ibridi può variare radicalmente rispetto a quella delle rispettive popolazioni parentali: si può verificare una fitness superiore (eterosi, o vigore dell’ibrido) o inferiore (depressione da esoincrocio). Nonostante gli ibridi siano spesso contro-selezionati rispetto alle popolazioni parentali, diversi meccanismi possono interagire per assicurare la stabilità delle zone di ibridazione. L’ibridazione può avvenire con o senza introgressione (flusso genico tra popolazioni che si ibridano), che si verifica nei casi in cui gli esemplari ibridi fertili si reincrocino all’interno di una od entrambe le popolazioni parentali. Nei fenomeni introgressivi le varianti geniche degli ibridi si possono diffondere, con entità variabile, all’interno delle popolazioni parentali. Se l’introgressione progredisce in maniera sostanziale, una o entrambe le popolazioni parentali possono arrivare a contenere un’elevata proporzione di individui ibridi e/o di loro reincroci di varie generazioni, rappresentando uno sciame ibrido. Quest’ultimo può essere causa di estinzione genomica, ovvero della perdita di tutte le varianti genetiche accumulatesi a livello genomico nel corso dell’evoluzione. Anche l’ibridazione senza introgressione può avere effetti demografici sostanziali a livello delle popolazioni parentali, specialmente se il rapporto tra le due è fortemente sbilanciato. Essa può generare infatti competizione per i riproduttori a livello della popolazione parentale, riducendone quindi il potenziale riproduttivo ed il tasso di accrescimento demografico nel lungo periodo, con effetti che possono essere sostanziali specialmente nel caso di popolazioni parentali di dimensioni ridotte. Se l’ibridazione, in quanto fenomeno naturale, è un meccanismo che va attentamente tutelato, la prospettiva cambia radicalmente nei casi in cui essa venga di fatto determinata e facilitata dall’uomo. L’ibridazione antropogenica, con o senza introgressione, rappresenta infatti una grave minaccia per il mantenimento di specie o popolazioni distinte. A differenza dell’ibridazione naturale, i rischi dell’ibridazione antropogenica devono essere puntualmente affrontati in un’ottica di conservazione e varie strategie gestionali devono essere messe in campo per contrastarne le conseguenze a livello demografico e genetico nelle popolazioni parentali. L'intervento per il controllo dell'ibridazione antropogenica tra lupo e cane è pertanto necessario, ma data l’elevata vagilità del lupo, la messa in pratica di interventi gestionali su scala locale può risultare inutile nel medio-lungo periodo se non vengono parallelamente adottate misure analoghe nel resto dell’areale su scala nazionale. A questo proposito il presente documento vuole fornire un punto di riferimento per enti locali e nazionali per l'elaborazione di eventuali interventi gestionali. 11
Ibridazione antropogenica tra lupo e cane Il lupo viene oggi considerato, con un buon margine di certezza, l’unico progenitore selvatico del cane. Ne consegue che, nonostante la variabilità morfologica delle numerose razze canine sia di gran lunga superiore della variabilità riscontrabile all’interno dell’intera famiglia dei Canidi, il cane è geneticamente molto affine al lupo, con differenze a livello del DNAmt paragonabili a quelle che mediamente si riscontrano tra le diverse razze di cane. Data l’elevata similitudine genetica, non è semplice distinguere geneticamente individui ibridi o introgressi. A livello genetico, l’ibridazione tra lupo e cane può avere effetti particolarmente deleteri per la sopravvivenza e l‘integrità delle popolazioni del progenitore selvatico, comportando: • la perdita di frequenze alleliche coadattate, presumibilmente responsabili di adattamenti ecologici e comportamentali del lupo su scala locale; • un aumento dei rischi di depressione da esoincrocio; • la diffusione (tramite introgressione) di varianti geniche del cane domestico poco o affatto adattative allo stato selvatico, con l’effetto di ridurre significativamente la fitness delle popolazioni di lupo su scala locale. A livello gestionale, poiché l’introgressione da parte del cane avviene all’interno delle popolazioni selvatiche di lupo con frequenza e distribuzione tutt’altro che irrilevanti, questo fenomeno è caratterizzato da due aspetti particolarmente rilevanti: • l a direzionalità dell’introgressione, che sembra essenzialmente procedere per via paterna dal cane a lupo tramite accoppiamenti asimmetrici (femmina di lupo e cane maschio) o sopravvivenza/reincrocio preferenziale degli ibridi che scaturiscono da questi accoppiamenti. • l e condizioni ecologiche e di antropizzazione che, più di altre, sembrano facilitare insorgenza e diffusione del fenomeno. Rispetto alla (scarsa) probabilità iniziale che un cane può avere nell’instaurare relazioni affiliative e quindi accoppiarsi con un lupo, gli ibridi F1, una volta allevati in natura dalla femmina di lupo, avranno maggiori probabilità di integrarsi all’interno della popolazione parentale di lupo ed eventualmente riprodursi a loro volta. Rispetto a un cane, ci si attende che gli eventuali ibridi allevati in natura siano dal punto di vista ecologico e comportamentale molto più affini al lupo. Inoltre, mentre l’evento d’ibridazione iniziale coinvolge essenzialmente una femmina di lupo ed un cane maschio, è presumibile che la reintegrazione degli ibridi F1 all’interno della popolazione parentale lupina avvenga indipendentemente dal sesso. Va inoltre considerata la possibilità che gli ibridi, attraverso meccanismi di eterosi (o perché portatori di variazioni geniche selezionate positivamente), possano mostrare vantaggi riproduttivi nella popolazione di lupo, meccanismo che faciliterebbe ulteriormente il reincrocio e la diffusione dell’introgressione. Fertilità e sopravvivenza possono essere ridotte negli ibridi rispetto alle forme parentali selvatiche e gli ibridi possono mostrare uno sfasamento della stagione riproduttiva. Questi e altri fattori possono contribuire a limitare l’introgressione, anche in presenza di ibridazione sostanziale. È tuttavia anche vero che questi meccanismi potrebbero non essere più sufficienti laddove le occasioni di ibridazione siano particolarmente diffuse e frequenti, o laddove si verifichino interazioni tra condizioni che facilitino la diffusione dell’introgressione. Dal punto di vista delle condizioni ecologiche, per quanto concerne l’Italia, la conformazione dell’areale del lupo rispetto all’ampiezza teorica attesa delle zone d’ibridazione (50 volte la distanza di dispersione; Barton e Hewitt 1989, Lehman et al. 1991) determina il fatto che praticamente non esistano zone dell’areale chiaramente periferiche in termini introgressivi. Mentre è vero che in base 12
alle condizioni ecologiche le zone in cui i casi d’introgressione si verificano possono considerarsi marginali rispetto alle condizioni ottimali per la specie, in Italia contesti sinantropici tali da corrispondere ad elevati rischi di ibridazione si riscontano anche nelle porzioni centrali dell’areale, come ad esempio, in diversi parchi nazionali in posizione centrale rispetto all’areale appenninico del lupo (Boitani 1986, Randi et al. 2006, W. Reggioni in litteris). Si deve inoltre considerare che, anche qualora le istanze di introgressione si verifichino con maggiore probabilità e frequenza nelle porzioni geograficamente periferiche dell’areale, nel caso del lupo individui introgressi in dispersione potrebbero raggiungere facilmente qualsiasi porzione dell’areale, incluse quelle centrali, facilitando quindi la diffusione del fenomeno indipendentemente dalla località di origine. In altri contesti che riguardano la diffusione dell’introgressione tra lupo rosso e coyote, è stato infatti dimostrato che anche rari casi di introgressione possono poi diffondersi facilmente su larga scala grazie a movimenti di dispersal (Adams et al. 2003b). Tecniche per identificare gli ibridi e quantificare l’ibridazione Alla luce delle importanti implicazioni di conservazione dei casi di ibridazione antropogenica, l’identificazione degli eventuali individui ibridi all’interno delle popolazioni parentali, la quantificazione e, possibilmente, il monitoraggio della diffusione degli ibridi all’interno della popolazione sono elementi cruciali alla base di qualsiasi strategia gestionale. Mentre il riconoscimento degli ibridi si deve basare sull’adozione di criteri diagnostici affidabili, la quantificazione dell’ibridazione a livello di popolazione dipende sia dalla funzionalità dei criteri diagnostici utilizzati, sia dalle strategie adottate per campionare gli individui all’interno di una o entrambe le popolazioni parentali. I caratteri potenzialmente utilizzabili in questo senso si possono classificare in marcatori morfologici, o più in generale fenotipici, e marcatori genetici. In realtà, la maggiore parte dei marcatori genetici ad oggi utilizzati non rispetta una o più delle caratteristiche ideali che consentono loro di avere un potere discriminante che sottende ad un’elevata capacità diagnostica. Identificazione degli ibridi lupo/cane Sia nel caso vengano utilizzati criteri fenotipici o genetici, oppure una combinazione di entrambi, esiste comunque la possibilità di commettere errori d’identificazione, e quindi di assegnazione alle tre categorie di base (lupo, cane, ibrido): da una parte, si può assegnare erroneamente alla categoria degli ibridi un esemplare di lupo che ibrido non è (errore di Tipo-I); dall’altra si può fare l’errore opposto, ovvero non riconoscere un esemplare ibrido in quanto tale, assegnandolo erroneamente alla popolazione parentale di lupo (Tipo-II). I metodi di diagnosi dovranno essere selezionati e perfezionati in modo da ridurre preferenzialmente l’uno o l’altro dei due possibili errori (che avranno conseguenze gestionali differenti), in base al contesto e agli indirizzi gestionali. Ad esempio, se gli individui della popolazione parentale selvatica sono ridotti ai minimi termini, risulta prioritario minimizzare il rischio per cui la rimozione erronea di un individuo parentale potrebbe essere deleteria per la popolazione stessa (errore di Tipo I). Di conseguenza non sarà necessaria un’elevata risoluzione d’indagine ed un elevato potere diagnostico, in quanto è preferibile correre il rischio di non riconoscere un individuo introgresso piuttosto che fare l’errore opposto, specialmente se la popolazione parentale è ormai ampiamente introgressa (p.es. lupo etiope e cane). D’altra parte, laddove la popolazione parentale è demograficamente più robusta e l’obiettivo è 13
eliminare il rischio di diffusione dell’introgressione è d’obbligo adottare un sistema diagnostico a elevata efficienza, al fine di minimizzare l’eventualità di commettere errori di Tipo-II (non essere in grado di riconoscere gli individui introgressi come tali). Ciò potrà consentire di individuare gli ibridi, ai fini di una loro pronta rimozione. Questo secondo approccio comporta il rischio di rimuovere dalla popolazione individui non introgressi (o solo in minima parte), ma una simile eventualità non avrebbe conseguenze sostanziali sullo stato della popolazione parentale (p.es. lupo rosso e coyote). Considerata la recente storia e lo status di conservazione del lupo in Italia, e a fronte di un perdurante ed elevato numero di cani vaganti presenti sul territorio, il fatto che la popolazione di lupo sia tuttora in fase di espansione e che il fenomeno dell’ibridazione, perlomeno su scala appenninica, sembra presentarsi con frequenza e diffusione maggiori rispetto al recente passato, qualsiasi intervento gestionale deve essere prioritariamente mirato ad eliminare o limitare fortemente il fenomeno su scala locale e nazionale rispetto alle tendenze attuali. Quest’obiettivo si può ottenere solo attraverso interventi realizzati su scala locale ed atti alla rimozione (effettiva o riproduttiva) e al controllo sia dei cani che degli individui ibridi, introgressi o sospetti tali. L o status della popolazione di lupo in Italia suggerisce che l’approccio da perseguire sia preferenzialmente quello di minimizzare un errore di Tipo-II, ovvero utilizzare sistemi diagnostici ad elevata efficienza, al fine di aumentare le probabilità di riconoscere gli individui introgressi e ridurre le possibilità di trascurare gli ibridi criptici. È infatti forse preferibile assegnare erroneamente un lupo alla categoria degli ibridi (con il rischio di rimuoverlo erroneamente dalla popolazione), piuttosto che assegnare un ibrido alla popolazione parentale di lupo e non rispondere quindi con un intervento di rimozione. Una strategia ottimale per l’identificazione dei casi di introgressione si dovrebbe infatti basare sull’uso integrato e concertato di strumenti genetici e fenotipici. I primi devono essere diversificati e ad elevata efficienza diagnostica, mentre i secondi (anche se non ancora formalmente validati da riscontri di natura genetica) devono individuare le caratteristiche morfologiche che più di altre sono anomale nel lupo (e quindi di possibile derivazione canina). Attraverso l’uso congiunto di criteri genetici e fenotipici è possibile che nel prossimo futuro un numero maggiore di caratteri fenotipici possa essere considerato un attendibile segnale di ibridazione, tramite riscontri più oggettivi di natura genetica. Ciò aumenterebbe il livello di confidenza con cui tali caratteristiche fenotipiche potranno essere interpretate come segnali di ibridazione e, sopratutto, il potere diagnostico dei casi sospetti mediante un approccio integrato. Mentre un panel adeguato (tipo e numero) di loci biparentali ipervariabili o, se possibile, l’impiego di SNP diagnostici permettono di evidenziare con una certa affidabilità eventuali casi di ibridazione e/o introgressione e di stimare la classe d’appartenenza degli ibridi, la caratterizzazione degli aplotipi a livello del DNAmt e del cromosoma Y contribuisce a completare il quadro delle conoscenze, chiarendo il contributo materno e paterno degli ibridi in questione. Questa, a sua volta, è una informazione critica in quanto permette di risalire ai meccanismi ed alla direzionalità degli eventi di ibridazione riscontrati. Tutti gli ibridi ad oggi rilevati in Italia mostrano l’aplotipo mitocondriale del lupo, indicando la forte direzionalità dell’introgressione, nonché aplotipi Y rilevati solo nella popolazione di lupo, il che suggerisce non solo che gli individui ibridi identificati siano in realtà tutti reincroci (B 1, B2, etc.), ma che il campionamento di individui ibridi (F1, F2, etc.) sia un evento particolarmente raro. 14
SITUAZIONE DEL LUPO IN ITALIA Il lupo, originariamente presente in gran parte dell’emisfero settentrionale (comprendendo l’intero continente nord-americano e quello eurasiatico), ha subìto nei secoli una drastica contrazione del proprio areale a causa della persecuzione operata dall’uomo; nel XIX secolo risultava così estinto in tutta l’Europa centrale e settentrionale (Spagnesi & De Marinis 2002), riuscendo a sopravvivere solo nell’Europa orientale e meridionale (Paesi dell’Est, Grecia, Balcani, Carpazi, Italia, Penisola Iberica). In Italia, dove la specie era comunque ampiamente diffusa fino alla metà del 1800, subì una drastica riduzione in areale nella prima metà del XX secolo: la persecuzione umana ne determinò l’estinzione in Sicilia e sull’intero arco alpino; nei primi anni ’70 del secolo scorso il lupo risultava quindi presente solo in poche e frammentate aree montane dell’Appennino centro-meridionale (Spagnesi & De Marinis 2002). Attualmente la specie è presente in maniera stabile su tutta la catena appenninica, dall’Aspromonte fino alle Alpi occidentali. Sulle Alpi italiane la popolazione è in crescita, con la maggior parte dei branchi riproduttivi presenti ad Occidente (Marucco et al. 2012), e le prime dispersioni documentate nelle Alpi Centro-Orientali (Fabbri et al. 2013); il primo branco riproduttivo documentato nel 2013 nelle Alpi orientali (tra Veneto e Trentino) è il segnale, dopo due secoli, del ricongiungimento della popolazione di lupo italiana con quella dinarica. Ciò è avvenuto anche grazie numerose azioni finalizzate alla sua conservazione (sia misure legislative che programmi promossi dalle amministrazioni locali, dagli enti gestori di aree protette, da ONG e da istituti di ricerca pubblici), realizzate a partire proprio dagli anni ’70 del secolo scorso nel nostro Paese. Nonostante il numero di lupi in Italia abbia mostrato negli ultimi decenni un costante e progressivo aumento (conseguenza dell’abbandono degli ambienti rurali, dell’incremento delle prede selvatiche, del nuovo atteggiamento assunto nei confronti della specie, nonché di una migliore protezione), la specie resta minacciata per la limitata consistenza complessiva, stimata, alla fine dello scorso millennio, in 400-500 individui (Ciucci & Boitani 1998, Spagnesi & De Marinis 2002), e ritenuta attualmente pari a 900-1000 soggetti (Genovesi et al. 2014). I principali fattori di minaccia sono rappresentati dalla persecuzione diretta operata dall’uomo (attualmente si stima che 50-70 lupi vengano uccisi illegalmente ogni anno, con un impatto sulla popolazione superiore al 10%; Spagnesi & De Marinis 2002) e dalla diffusa presenza di cani vaganti, quali (i) potenziali competitori per le risorse alimentari, (ii) responsabili di attacchi al bestiame, con conseguente inasprimento dei conflitti con l’uomo per l’erronea attribuzione al lupo, (iii) causa di ibridazione, con conseguente perdita del patrimonio genetico del lupo, (iv) vettori per il rischio sanitario. Tutti i potenziali fattori di minaccia sono dettagliatamente trattati nel “Piano d’azione nazionale per la conservazione del lupo” (Genovesi 2002), da cui è tratta la Tabella 1. Tabella 1 – Principali fattori di minaccia per il lupo in Italia; in parentesi il codice di riferimento IUCN-CMP. In neretto sono riportate le minacce connesse alla presenza dei cani vaganti. Minacce e fattori limitanti Rilevanza Bracconaggio (5.1.3) Primaria Conflitti con la zootecnia (2.3.2) Primaria Conflitti con l’attività venatoria (5.1) Primaria Riduzione e frammentazione degli habitat (1 e 7) Secondaria Disturbo antropico (6) Secondaria Piccoli numeri, basse densità e fluttuazioni demografiche Secondaria Forma e frammentazione dell’areale (7) Secondaria Inquinamento genetico (8,3) Primaria Altre minacce legate alla presenza di cani vaganti (K03) Primaria Assenza di coordinamento degli interventi di conservazione Primaria 15
Dal momento che la causa primaria e origine del fenomeno dell'ibridazione è rappresentata dalla presenza di cani vaganti sul territorio in simpatria con il lupo, è utile fornire un breve quadro della situazione del randagismo canino in Italia. RANDAGISMO CANINO Nel 1979, un’indagine effettuata dalla Direzione Generale dei Servizi Veterinari e condotta nel 70% dei Comuni italiani, aveva rilevato una consistenza complessiva della popolazione canina pari a 3.133.863 individui, di cui solo la metà regolarmente registrati (ovvero 1.513.968); dell’altra metà, 438.609 i cani randagi e 1.161.286 i soggetti non registrati (Biocca et al. 1984). Ciò è in accordo con i dati di un’altra indagine, condotta più o meno nello stesso periodo da Boitani & Fabbri (1983) insieme al Corpo Forestale dello Stato, da cui risultavano 220.140 randagi, 79.112 cani inselvatichiti e 411.151 incustoditi con padrone (per un totale di 710.403 cani vaganti, arrotondato a 800-850.000 e pari al 25% del totale). Nel 2011, i cani di proprietà iscritti nell’anagrafe nazionale degli animali d’affezione erano 5.815.727, comprendendo anche i cani ospitati nei canili e iscritti a nome dei Comuni (142.689); nel 2012, essi erano saliti a 6.442.959, con una stima di 6-700.000 randagi1, di cui solo un quarto ospitati in canili rifugio (fonte: www.salute.gov.it). L’incremento del numero dei cani randagi è avvenuto in concomitanza con l’ultimo bottleneck del lupo, aumentando drammaticamente il rischio di ibridazione (Boitani & Fabbri 1983). 1 dato calcolato sulla base dei dati forniti da 8 Regioni e Province Autonome nell’anno 2011, e pubblicato dal Ministero della Salute. 16
OBIETTIVI L'obiettivo di conservazione generale e a lungo termine, coerentemente con la legislazione nazionale ed internazionale, è la salvaguardia dell’identità genetica del lupo e l’eliminazione della minaccia rappresentata dall'ibridazione con il cane. Dal momento che non è attualmente conosciuta l'entità dell'ibridazione lupo/cane su scala nazionale, è impossibile stabilire un obiettivo specifico e quantificabile, anche in considerazione della possibilità di assistere ad una situazione di elevata introgressione che non permetterebbe una diminuzione sostanziale del tasso di ibridazione in tempi brevi e a costi sostenibili. La conoscenza di prevalenza (cioè il numero degli eventi verificatisi in una determinata popolazione, in un determinato periodo di tempo) e distribuzione del fenomeno dell’ibridazione sono un requisito fondamentale per qualsiasi Piano di Gestione che, in funzione della specifica situazione locale e dell’obiettivo gestionale che si vuole raggiungere, sia in grado di delineare una strategia di azione. Si deve pertanto considerare come obiettivo primario la stima dell'entità del fenomeno a livello locale e nazionale. Per verificare l’occorrenza e la natura (introgressiva o meno) dell’ibridazione, oltre a quantificare la diffusione degli ibridi nella popolazione parentale (direzionalità), è necessario rilevare lo status delle popolazioni di lupo e di cani mediante strategie di campionamento ben strutturate e stratificate (sia geograficamente che temporalmente). Sarebbe inoltre necessario intraprendere studi sulle caratteristiche fisiologiche degli ibridi, al fine di poterne stimare la fitness. Questo approccio consente, inoltre, di conoscere i fattori che influenzano i tassi di ibridazione, la dinamica delle zone di ibridazione, e di approfondire la natura delle loro interazioni con le popolazioni parentali di lupo (Ciucci 2012). Benché si tratti di un’attività complessa (la popolazione italiana di lupo è oggi in fase di espansione ed ampiamente diffusa anche in aree difficilmente accessibili) e costosa, è ritenuta prioritaria sia a livello nazionale (Genovesi 2002) che europeo (Boitani 2000, Raccom, 173/2014 Conv. Berna). Si rende pertanto necessario sviluppare protocolli di rilievo (stima di abbondanza) e di monitoraggio nel tempo (dinamica temporale della popolazione) su ampia scala geografica e a costi compatibili con le modeste risorse disponibili. A livello di campionamento genetico si possono distinguere due diverse strategie, in funzione della diversa provenienza del campione biologico e della scala temporale e spaziale che si intende adottare: • strategia estensiva, ovvero su larga scala (almeno regionale), utilizzando campioni biologici non invasivi (p.es. peli, escrementi, saliva, che contengono DNA in misura minore e di qualità ridotta); • strategia intensiva, ovvero su scala locale (almeno provinciale2), utilizzando campio- ni biologici invasivi (p.es. sangue, tessuto). E’ importante rimarcare che la complementarietà delle indagini a scale diverse e con differenti tec- niche corrisponde ad una diversa affidabilità (sia genetica che fenotipica) nel riconoscere individui potenzialmente ibridi. Di conseguenza occorre attuare, almeno in una fase iniziale, un campiona- mento su ampia scala (idealmente nazionale), o quantomeno adeguata a rilevare il fenomeno atteso. Qualora il fenomeno venga rilevato (ovvero vi siano indicazioni genetiche e/o fenotipiche della pro- babile presenza di casi di ibridazione), si deve localmente effettuare (e quindi a scala più ridotta) un campionamento puntuale e intensivo che consenta di aumentare l’affidabilità delle indagini geneti- che e fenotipiche. Inoltre è necessario che il campionamento genetico sia affiancato da una apposita 2 Tenuto conto dell’enorme vagilità di lupo, ibridi e cani, si ritiene da escludersi qualsiasi indagine a scala comunale, o comunque su aree ridotte. 17
campagna di indagine basata sulla ricerca di segni di presenza (per esempio mediante tracciatura su neve, ululato indotto, raccolta standardizzata di escrementi) e osservazioni dirette derivanti, per esempio, da fototrappolaggio, raccolta di carcasse ed eventualmente radiotelemetria. Se attuati con campionamenti rappresentativi delle variazioni nel tempo e nello spazio, i rilievi sullo stato delle popolazioni possono evidenziare una delle seguenti situazioni-tipo di distribuzione e pre- valenza, che prospettano criticità e soluzioni gestionali del tutto diverse: 1. nessun caso di ibridazione; 2. un caso isolato e localizzato di ibridazione; 3. più casi isolati di ibridazione; 4. sciame ibrido diffuso. Ai fini della definizione di obiettivi chiari che indirizzino ad una scelta della tipologia di intervento da realizzarsi in uno specifico contesto ambientale, è opportuno tener presente i seguenti criteri: • funzionalità: l’intervento deve ridurre in modo significativo il problema; • applicabilità: l’intervento deve essere realizzabile e compatibile con le caratteristiche del territorio; • condivisione: la scelta deve esser fatto tenendo possibilmente conto delle posizioni dei vari portatori di interesse locale; • sostenibilità: l’intervento deve avere risultati che si mantengano nel tempo, e di conseguenza finanziamenti adeguati alla sua attuazione sul lungo periodo. Per poter operare una scelta consapevole è quindi necessario, una volta descritto il pattern locale di ibridazione, analizzare in dettaglio il contesto locale, mediante un’analisi S.W.O.T, e solo in seguito definire obiettivi chiari e raggiungibili. Dipendentemente dalle condizioni ecologiche e socio-economiche dell'area in cui si applicano le misure di gestione, l'obiettivo specifico a breve termine potrà ricadere in una delle tre tipologie qui di seguito descritte: gestione opportunistica, cioè senza che vi sia una precisa pianificazione degli eventi di rimozione (effettiva o ri- produttiva), né una quantificazione degli obiettivi da raggiungere. La strategia di intervento è in questo caso limitata alla gestione di emergenze singole e occasionali. I vantaggi di tale strategia risiedono sopratutto nella riduzione dei costi di intervento, oltre che dello sforzo, mentre la sua maggiore limitazione consiste nel non risolvere il problema in maniera definitiva; limitazione, cioè rimozione (effettiva o riproduttiva) pianificata dei cani e degli ibridi catturati su aree di limitate di - mensioni, ma importanti come sorgente del fenomeno. In questo caso, quindi, vi è una precisa pianificazione della ri- mozione, che non azzera però l’ibridazione su grande scala. Il vantaggio di una simile strategia consiste nel ridurre drasticamente l’incidenza del fenomeno a scala locale (ma a fronte di uno sforzo consistente) e nel potersi concentrare su alcune aree, definite in base a un maggior rischio di ibridazione. Questo approccio è comunque ristretto al controllo di una situazione acuta e puntiforme e la soluzione del problema locale sarà solo temporanea; eradicazione, cioè rimozione effettiva e puntuale di tutti gli individui ibridi presenti nell’area oggetto di gestione. Si tratta naturalmente di un intervento che potrà realizzarsi su aree limitate in dimensioni e che richiederà un impegno forte e continuato sul territorio, non solo in termini di rimozione, ma anche e sopratutto di monitoraggio, al fine di va - lutare il raggiungimento dell’obiettivo ed eventuali criticità nell’attuazione. E' fondamentale considerare la possibilità di adottare misure gestionali diverse in ambiti territoriali diversi, tenendo in considerazione fattori che non dipendono esclusivamente dalla capacità di sopravvivenza del lupo, la cui popolazione allo stato attuale sembra essere in fase crescente. Sarà importante tenere in dovuta considerazione la priorità degli obiettivi di conservazione all'interno delle aree protette, che devono essere in grado di garantire il loro eventuale ruolo di fonte di provenienza di nuovi individui. 18
LINEE GUIDA Le linee guida forniscono gli indirizzi pratici ed esecutivi la cui attuazione deve essere valutata caso per caso. Esistono però delle azioni preliminari da cui non si può prescindere e che devono essere attuate prima di iniziare qualsiasi programma di gestione degli ibridi lupo/cane. Attività Preparatorie Obiettivo 1. Stima dell'entità del fenomeno a livello locale La stima della presenza degli ibridi è estremamente difficile poiché essi sono essenzialmente simili al lupo in quanto a segni di presenza. Pertanto è necessario adottare una strategia di campionamento adeguata per l'area di intervento e prevedere la raccolta di indici che forniscano informazioni sui caratteri fenotipici e genotipici degli individui presenti. E’ pertanto necessario prevedere la perlustrazione del territorio alla ricerca di segni di presenza e l'uso di trappole fotografiche che facilitino il riconoscimento dei caratteri fenotipici. Sarà infine necessario prevedere la raccolta di campioni biologici per le analisi genetiche. Sarà necessaria una intensa attività di perlustrazione a copertura dell’intera area d’interesse, da effettuarsi con le usuali tecniche di studio del lupo: ululato indotto (wolf-howling), tracciatura su neve (snow-tracking), fototrappolaggio e campionamento genetico. L’ululato indotto permette di identificare il numero di unità riproduttive presenti nell’area di studio. La tracciatura su neve consente di delineare l’assetto territoriale e di conoscere con esattezza i confini ed i limiti del territorio di pertinenza di ciascun branco, all’interno del quale procedere con sopralluoghi finalizzati alla ricerca dei segni di presenza (tracce ed escrementi), al fine di localizzare gli eventuali punti di marcatura; ciò permette la raccolta di informazioni dettagliate sugli spostamenti abitudinari dei lupi. L’utilizzo delle trappole fotografiche, infine, consente una prima valutazione sulla presenza di ibridi all’interno dei branchi, basandosi sull’analisi delle caratteristiche fenotipiche degli individui fotografati, da integrare poi con i risultati delle analisi genetiche. L’attuazione in contemporanea delle suddette tecniche deve protrarsi per un periodo di tempo utile all’applicazione delle stesse e alla copertura di almeno un intero ciclo biologico della specie (che può coincidere con un anno). Le informazioni complessivamente raccolte permetteranno di localizzare le aree in cui il fenomeno sia più o meno esteso e nelle quali intervenire con priorità ed intensità diverse a seconda del caso specifico. I dati raccolti mediante le due tecniche saranno integrati in base al protocollo di riconoscimento di seguito riportato (per una trattazione dettagliata dei casi in cui sono stati riportati i caratteri vedi Ciucci 2012): 19
Caratteri Riferimenti Cane/ibridi Valutazione bibliografici Andersone et al. 2002, Ibrido anche in assenza di 1. 5° dito nelle zampe posteriori (sperone) Spesso presente Ciucci et al. 2003 conferma genetica Andersone et al. 2002, Biancastre o depigmentate (di solito Ibrido anche in assenza di 2. Unghie Greco 2009 non tutte) conferma genetica Anderson et al. 2009, Greco 2009 Ibrido se confermato da 3. Melanismo Andersone et al. 2002 Variabile analisi genetiche Verardi et al. 2006, Godinho et al. 2011 Mahan et al. 1978 Spesso presenti e di colore bianco, 4. Macchie di colore anomalo sul Ibrido anche in assenza di Andersone et al. 2002, nero o comunque estraneo al fenotipo mantello conferma genetica Godinho et al. 2011 della specie Colori più forti e contrastati, con confini cromatici più netti e demarcati; Ibrido se confermato da 5. Mascherina facciale * mancano spesso la lima labiale scura e analisi genetiche il sottogola chiaro Ibrido se confermato da 6. Bandeggi zampe anteriori * Assenti analisi genetiche Ibrido se confermato da 7. Tartufo nasale * A chiazze o depigmentato analisi genetiche Mengel 1971 Anomalie dentarie e/o mancanza di Ibrido se confermato da 8. Dentizione * Schmitz e Kolenosky denti analisi genetiche 1985 Lunghezza eccessiva delle orecchie, ampiezza elevata della fronte, Ibrido se confermato da 9. Dimensioni corporee * lunghezza eccessiva del muso e della analisi genetiche coda Godinho et al. 2011 Anomalie nella lunghezza, densità e Ibrido se confermato da 10. Pelo * Silver e Silver 1969 portamento (ovvero liscio o riccio) analisi genetiche Ibrido se confermato da 11. Vibrisse nasali * Fini e/o arricciate o depigmentate analisi genetiche 12. Pigmentazione delle gengive lungo i Ibrido se confermato da Assente o discontinua (a macchie) denti * analisi genetiche Ibrido se confermato da 13. Cuscinetti plantari * Depigmentati o a macchie analisi genetiche Assenti, o più chiare e ampie e dai Ibrido se confermato da 14. Macchie intorno agli occhi * margini più marcati analisi genetiche Tabella 2 – Caratteristiche fenotipiche attese negli ibridi, rispetto allo standard fenotipico delle popolazioni parentali di lupo (da Ciucci 2012, modificata). * caratteristiche in attesa di un riscontro su base genetica o sperimentale. Per quanto riguarda l’analisi genetica, attualmente vengono utilizzati i seguenti marcatori: (i) DNA mitocondriale: il DNA mitocondriale, grazie al suo alto tasso di mutazione, è spesso usato per distinguere specie affini (oltre che per rilevare la direzionalità dell’ibridazione, ovvero la derivazione materna); tuttavia la sua trasmissione esclusiva per via materna ne limita il potere diagnostico (se gli eventi di ibridazione fossero unidirezionali, ovvero femmina di lupo x maschio di cane, l’ibridazione non verrebbe riscontrata con l’analisi del DNA mitocondriale); (ii) cromosoma Y: il cromosoma Y viene trasmesso esclusivamente per via paterna, quindi anche questa analisi, come quella del DNA mitocondriale, da sola è insufficiente a rilevare l’ibridazione in caso di incrocio unidirezionale (essa è comunque da sola utile per la rilevazione del sesso e l’eventuale derivazione paterna, oltre a essere necessaria per confermare l’eventuale appartenenza del campione alla popolazione italiana di lupo); (iii) biparentali a livello dei geni nucleari: in tal caso, visto che il segnale genetico dell’ibridazione si “offusca” rapidamente dopo la prima generazione di incrocio, è necessario analizzare un elevatissimo numero di loci polimorfici 3: solo in questo modo possono essere quantificati anche i differenti livelli di introgressione (oltre cioè gli individui di prima generazione), riducendo al minimo l’eventualità che individui introgressi di 3 Superiori a 48 (Vähä & Primmer 2006). La probabilità di rilevare casi di introgressione aumenta se si utilizzano loci associati (linked), ovvero loca- lizzati su segmenti di cromosomi non indipendenti (Falush et al. 2003). 20
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