LINEE GUIDA O VADEMECUM - PER OPERATORI - Corte d ...
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Procura della Repubblica Procura della Repubblica presso il presso il Tribunale di Pesaro Tribunale di Urbino LINEE GUIDA O VADEMECUM PER OPERATORI
Linee guida o vademecum per operatori pag. 1 di 36 INDICE 1. Premessa ……………………………………………………………………….. 2 1.1. Definizioni-piano linguistico: nozione di «vittima vulnerabile» e nozione di «violenza di genere» e domestica …………………………………………………………………… 5 1.2. Forme di manifestazione della violenza di genere …………………………………… 8 2. Ricezione e trasmissione della notizia di reato ………………………………. 11 2.1. Primi adempimenti connessi alla ricezione della notitia criminis …………………… 11 2.2. Querela e procedibilità d’ufficio …………………………………………………….. 12 2.3. Competenza per territorio …………………………………………………………… 13 2.4. Competenza per materia …………………………………………………………….. 14 2.5. Obblighi informativi nei riguardi della persona offesa ……………………………… 15 2.5.-bis. Comunicazione al Tribunale per i Minorenni ex art. 609-decies c.p. …………… 16 2.6. Ritiro cautelare immediato delle armi ……………………………………………….. 17 3. Misure pre-cautelari e cautelari ……………………………………………… 18 3.1. Tipologie di misure pre-cautelari …………………………………………………… 18 3.2. Misure cautelari disposte dall’Autorità giudiziaria e obblighi connessi ……………. 26 3.3. Strumenti di contrasto non penali con i quali le misure pre-cautelari e cautelari vanno coordinate ……………………………………………………………………. 27 3.4. Informative connesse alle misure pre-cautelari e cautelari …………………………. 27 4. Durata delle indagini preliminari ……………………………………………. 28 5. La persona offesa “vulnerabile”: modalità di audizione, strumenti di indagine, mezzi di protezione. Criteri di valutazione del rischio e indicatori di violenza …………………………………………………………………………… 28 5.1. Modalità di audizione ……………………………………………………………….. 28 5.2. Valutazione del rischio ……………………………………………………………… 32 5.3. Strumenti di indagine, protezione e messa in sicurezza della vittima ………………. 35
Linee guida o vademecum per operatori pag. 2 di 36 1. Premessa. Negli ultimi decenni è indiscutibilmente accresciuta la percezione della gravità e diffusività dei crimini contro le donne, e della natura trasversale del fenomeno. La consapevolezza delle peculiarità e dell’imponenza del fenomeno e la necessità di porvi contrasto hanno dettato l’esigenza di un approccio sotto diverse prospettive e su diversi piani. Infatti, nel territorio di competenza di questo distretto si è registrato un incremento delle notizie di reato — in materia di delitti in danno di vittime vulnerabili — sintetizzato come la tabella che segue: TABELLA 1 Iscrizioni sopravvenute per i reati nei confronti di vittime vulnerabili nell’ufficio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro DELITTI IN DANNO DI 2018 2014 2015 2016 2017 PERSONE VULNERABILI (fino al 24/09) Art. 572 c.p. 141 111 131 179 117 Art. 612-bis c.p.* 121 98 106 126 65 Art. 609-bis c.p.* 68 33 38 55 35 * Le iscrizioni per queste fattispecie delittuose sono state qui riportate anche in relazione al tentativo (e non solo alla consumazione) del reato. ANDAMENTO ANNUALE DELLE ISCRIZIONI Art. 572 Art. 612-bis Art. 609-bis 179 141 131 126 121 117 111 106 98 68 65 55 33 38 35 2014 2015 2016 2017 2018 (fino al 24/09)
Linee guida o vademecum per operatori pag. 3 di 36 TABELLA 2 Iscrizioni sopravvenute per i reati nei confronti di vittime vulnerabili nell’ufficio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Urbino DELITTI IN DANNO DI 2018 2014 2015 2016 2017 PERSONE VULNERABILI (1° semestre) Art. 572 c.p. 13 11 23 15 21 Art. 612-bis c.p.* 13 12 19 21 21 Art. 609-bis c.p.* 7 4 7 8 7 * Le iscrizioni per queste fattispecie delittuose sono state qui riportate anche in relazione al tentativo (e non solo alla consumazione) del reato. ANDAMENTO ANNUALE DELLE ISCRIZIONI Art. 572 Art. 612-bis Art. 609-bis 23 21 21 19 15 13 121 7 7 8 7 4 2014 2015 2016 2017 2018 (1° semestre) A tali dati devono aggiungersi i dati numerici – anch’essi elevati – relativi alle iscrizioni dei reati c.d. “sentinella”, commessi con violenza alla persona (art. 582 c.p., semplice e/o aggravato; art. 612 c.p., semplice e/o aggravato; art. 610 c.p., semplice e/o aggravato), il cui trend si mantiene oscillante con una media di poco inferiore alle 450 iscrizioni all’anno1. Vale premettere che gli Uffici di Procura in intestazione — nei provvedimenti organizzativi adottati rispettivamente sotto le date del 10 maggio 2018 e successive integrazioni (Procura di Pesaro) e del 1° luglio 2016 (Procura di Urbino) — hanno previsto specifici criteri di priorità, e la Procura di Pesaro 1 Questo è il dato aggregato, elaborato a partire dalle iscrizioni sopravvenute presso i due Uffici di Procura.
Linee guida o vademecum per operatori pag. 4 di 36 ha anche previsto la figura del referente per la materia, in relazione ai reati c.d. “di genere” o di “vittime vulnerabili”. Peraltro, appare necessario e comunque opportuno indicare dettagliati criteri-guida, in materia di indagine relative ai reati in danno di vittime vulnerabili — con particolare riferimento alla violenza di genere e ai delitti in danno dei minori —, fatta salva l’autonomia della polizia giudiziaria in sede di primo intervento. Princìpi-cardine nell’approccio e trattazione concreta dei casi di violenza di genere possono individuarsi nei seguenti: 1. la valutazione e la tutela individualizzata (cfr. artt. 17 e ss. della Direttiva 2012/29/UE), che inizia con l’adozione di specifiche modalità in sede di esame della persona offesa, prosegue con l’adozione di strumenti di indagine specifici, con un corredo formativo adeguatamente specializzato ai fini della valutazione del rischio, del riconoscimento degli indicatori di violenza, e culmina nell’adozione di specifici strumenti e modalità di protezione della vittima; 2. la fondamentale distinzione tra queste forme di violenza e il c.d. “conflitto di coppia” (o “lite in famiglia”), in quanto in qualsiasi conflitto di coppia vi è spazio per una libera esposizione delle proprie ragioni e posizioni, rispetto alle quali ciascun partner è disposto a negoziare una soluzione compositiva e in cui si riconosce una potenziale empatia verso i sentimenti dell’altro. In particolare, i conflitti si connotano per una essenziale “simmetria”, mentre la violenza — fisica o verbale — si connota per una essenziale “asimmetria” (che si esprime mediante imposizione, o volontà di imposizione del dominio di un partner sull’altro); 3. l’esclusione di forme improprie di conciliazione fra le parti, in presenza di episodi di violenza — fisica o verbale — ai danni di donne e soggetti minorenni. Tali tentativi, infatti, specie se attuati nella fase “acuta” del dissidio — espressione per lo più di una concezione erratamente “privatistica” dei rapporti familiari —, non solo sortiscono l’effetto di mantenere lo status quo (e per così dire lo ipostatizzano), ma sono possono essere suscettibili di innescare ben più gravi reazioni violente ai danni delle vittime. 4. la necessità di un approccio interdisciplinare e specialistico in fase di prime indagini (così come in fase di istruttoria successiva e di giudizio).
Linee guida o vademecum per operatori pag. 5 di 36 1.1. DEFINIZIONI-PIANO LINGUISTICO: NOZIONE DI «VITTIMA VULNERABILE» E NOZIONE DI «VIOLENZA DI GENERE» E DOMESTICA. La definizione di «vittima vulnerabile» discende dal dettato di cui all’art. 90-quater c.p., intitolato «Condizioni di particolare vulnerabilità». La norma è stata inserita nel codice penale dall’art. 1, comma 1, lett. b del d. lgs. n. 212 del 2015. L’accertamento delle condizioni di particolare vulnerabilità deve essere effettuato caso per caso, secondo i parametri desunti dal testo della citata norma: «Agli effetti delle disposizioni del presente codice, la condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa è desunta, oltre che dall'età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede. Per la valutazione della condizione si tiene conto se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall'autore del reato». Vale la pena precisare che la condizione di particolare vulnerabilità prescinde dal genere e può presentarsi come condizione transitoria, strettamente connessa a stati soggettivi della persona, oppure dipendente dal fatto criminoso subito e dalle modalità dello stesso. A detto riconoscimento la legge attribuisce significative conseguenze sul piano processuale. Inoltre — anche sulla base di quanto affermato nella sentenza Corte E.D.U., Sezione Prima, sent. 2 marzo 2017, Talpis c. Italia — al concetto di «vulnerabilità» fa seguito l’obbligo per lo Stato di intervenire, anche prescindendo dalla volontà della persona offesa, per garantirne comunque la tutela, nelle forme che saranno concordate con l’Autorità Giudiziaria, anche nei casi in cui la vittima tenda a ridimensionare le condotte subìte, quando vi siano segnali seri di rischio di violenza grave ed imminente che investa la vittima definibile come «vulnerabile», nei termini sopra detti. Le definizioni di violenza (di genere o comunque ai danni di vittima vulnerabile) trovano una prima attestazione normativa nella Convenzione di Istanbul (Consiglio d’Europa, 11 maggio 2011 ratificata con legge n. 77 del 2013), quindi nella Direttiva 2012/29/UE (in termini sostanzialmente similari, nella premessa n. 17). La Convenzione definisce la violenza contro le donne come una «violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare
Linee guida o vademecum per operatori pag. 6 di 36 danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione e la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata» (art. 3 lett. a); definisce la violenza domestica identificandola e compendiandola in «tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo famigliare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima» (art. 3, lett. b). La Convenzione contiene altresì una definizione più ampia ed onnicomprensiva di “genere” e “violenza di genere” laddove (art. 3 lett. c) si legge che con il termine “genere” ci si riferisce a «ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini». Per quanto attiene all’espressione “violenza contro le donne basata sul genere” essa designa «qualsiasi violenza diretta contro la donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato» (art. 3, lett. d). Come si vede la Convenzione ha compiuto un’operazione definitoria di notevole importanza e — fino a quella data — inedita, sul presupposto che il piano formale-linguistico sia espressione di contenuti di pensiero, di una visione meditata della realtà e non una mera forma verbale “sovrastrutturale”. La definizione terminologica sul piano legale di un fenomeno sociale è stata ritenuta condizione necessaria al suo efficace contrasto in sede giudiziaria. In questa prospettiva, la definizione linguistica diviene allora una presa di posizione di fronte a fenomeni fattuali di cui si è studiata la composita origine antropologico-sociale-culturale e psicofisica. In altre parole, la scelta di una demarcazione concettuale e terminologica è necessaria sia a riconoscere e comprendere fenomeni reali, sia ad operare incisivamente su di essi. È così possibile oggi prendere atto di una conquistata consapevolezza della esistenza di una specificità della violenza che trae origine dalla discriminazione e connotazione di genere e dalla tuttora diffusa asimmetria di posizione-potere nelle relazioni cc.dd. “domestiche”. La Direttiva citata, in accoglimento di questi assunti, definisce anch’essa la violenza di genere in termini similari: «La violenza diretta contro una persona a causa del suo genere, della sua identità di genere o delle espressioni di genere o che colpisce in modo sproporzionato le persone di un particolare genere. Può provocare un danno fisico, sessuale o psicologico, o una perdita economica alla vittima. La violenza di genere è considerata una forma di discriminazione e una violazione delle libertà fondamentali della vittima e comprende la
Linee guida o vademecum per operatori pag. 7 di 36 violenza nelle relazioni strette, la violenza sessuale (stupro, aggressione sessuale e molestie sessuali), la tratta di essere umani, la schiavitù e varie forme dannose quali i matrimoni forzati, la mutilazione genitale femminile e i c.d. “reati d’onore”). Le donne vittime della violenza di genere e i loro figli hanno spesso bisogno di protezioni speciali a motivo dell’elevato rischio di vittimizzazione secondaria e intimidazione e ritorsioni connesso a tale violenza». La violenza nelle relazioni strette viene definita alla premessa n° 8 come «quella commessa da una persona che è l’attuale o l’ex partner della vittima ovvero da un membro della sua famiglia, a prescindere se l’autore del reato conviva o abbia convissuto con la vittima. Questo tipo di violenza potrebbe includere violenza fisica, sessuale, psicologica o economica e provocare danno fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche». Tale chiarificazione terminologica non sarebbe stata possibile laddove non si fosse raggiunta una piena cognizione del fenomeno della violenza sulle donne e delle suoi molteplici profili di specificità. Nella giurisprudenza italiana la più alta e completa adozione di tale quadro definitorio e dei contenuti che esso sottende si riscontra nella nota sentenza Cassazione SS.UU., n. 10959 del 2016, c.d. “Fossati”. Si discute circa la opportunità di accreditare (in futuro anche normativamente) il termine di «femminicidio» (ovvero, ove si ritenesse questo termine contiguo ad una connotazione biologico-sessuale e non culturale-di genere, il termine di «ginocidio» o «ghinocidio»2). La legislazione italiana non contempla una definizione di «femminicidio» inteso come omicidio nel quale il genere femminile della vittima è causa essenziale e movente del crimine stesso. La relazione parlamentare Puglisi osserva in proposito che «la previsione di un delitto specifico, con effetto assorbente delle disposizioni oggi previste come circostanze aggravanti, per un verso avrebbe una importante valenza culturale (il Procuratore di Tivoli in sede di interlocuzione di questa commissione evocava il parallelismo con l’introduzione della fattispecie di associazione di stampo mafioso, che per la prima volta nominava la mafia in contesto legislativo) e avrebbe altresì il vantaggio tecnico di sottrarre tale nuova previsione 2 Il termine risulta essere già stato oggetto di studio da alcuni analisti del fenomeno. Cronologicamente, la prima opera che ha affrontato questo tema nel nostro Paese è D. DANNA, Ginocidio. La violenza contro le donne nell’era globale, Elèuthera, Milano, 2007, disponibile online all’indirizzo https://eleuthera.it/files/materiali/ginocidio_Danna.pdf, in formato PDF. Sullo stesso tema v. E. SELMANAGIC, Genocidio e ginocidio. Gli stupri di massa in Bosnia-Erzegovina (1993-1995), in DEP- Deportate, Esuli e Profughe, Università degli Studi di Venezia, 2018, n. 36, pp. 220-240, disponibile online all’indirizzo https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n36/03_Selmanagic.pdf, in formato PDF.
Linee guida o vademecum per operatori pag. 8 di 36 al meccanismo di bilanciamento delle circostanze, che può portare effetti attenuativi della punibilità» (Rel. cit., p. 385). Ciò che contraddistingue — in definitiva — la «violenza di genere» è il suo trarre origine da una grave patologia di relazione fra i generi, connotata, in particolare, dalla c.d. coazione di genere che investe sia il ruolo maschile sia il ruolo femminile. Tale patologia affonda le sue radici nell’educazione e nella cultura sociale di un determinato ambiente in un determinato tempo. Il contrasto a questo fenomeno deve, pertanto, contemplare interventi mirati alla presa di coscienza — da parte di tutti i protagonisti del fatto violento — delle componenti socio- culturali e psicologiche del fenomeno stesso, interventi di competenza delle strutture socio- assistenziali-sanitarie competenti. 1.2. FORME DI MANIFESTAZIONE DELLA VIOLENZA DI GENERE. Sotto il profilo delle forme di manifestazione o tipologie della ‘violenza di genere’, del suo profondo disvalore e dei danni molteplici da essa arrecati, la produzione normativa e giurisprudenziale degli ultimi anni hanno compiuto passi davvero significativi. Si richiamano di seguito e a titolo esemplificativo alcune tappe importanti di questa lunga ma continua evoluzione Sotto il profilo normativo: o Il reato di violenza sessuale, ridefinito (artt. 609-bis e ss. c.p.) e spostato sotto la categoria dei «reati contro la persona» anziché dei «reati contro l’onore», parallelamente alla eliminazione del reato di «atti di libidine violenti», «ratto a fine di matrimonio» ed altri; o l’introduzione del reato di «atti persecutori» di cui all’art. 612-bis c.p. (Decreto-legge n. 11 del 2009), da sempre esistente come mera realtà ma non ancora còlta a livello di previsione legislativa in una specifica concettualizzazione giuridica. Bene ha fatto la legge – nel caso dello stalking e ora anche in materia di maltrattamenti – a prevedere l’ammonimento del Questore come risposta preliminare e una serie di misure preventive, di risposte cautelari mirate e non carcerarie. Con la legge sullo stalking è tutelato non solo il diritto della donna sul proprio corpo, ma anche il suo spazio
Linee guida o vademecum per operatori pag. 9 di 36 pubblico, la libertà di uscire nella città in situazione di sicurezza, per studio, lavoro, svago, relazioni sociali e di amicizia. Così va letta anche l’importante sentenza della Cass. pen., 15 ottobre 2008, n. 38835, che ammette la costituzione quale parte civile dei Comuni che abbiano previsto la tutela della libertà della donna nei propri statuti. o si ponga mente anche alla riformulazione della normativa sulla c.d. “schiavitù” (artt. 601 c.p., 602 c.p., 603-bis c.p.); ai delitti “nuovi” ex artt. 583-bis c.p. (quali le pratiche di mutilazione degli organi femminili); le fattispecie penali di cui agli artt. dal 600-bis al 600-octies c.p.; la fattispecie prevista ai sensi dell’art. 734-bis c.p., concernente il divieto di divulgazione delle generalità e dell’immagine della persona offesa in caso di violenza su donne. Può citarsi anche la proposta (disegno di legge n. 2757 della XVII legislatura) di introdurre lo specifico reato di «cancellazione di identità», per i casi di “sfregio”. Si tratta indubbiamente di fattispecie di nuova introduzione, finalizzate alla tutela innanzitutto dell’autodeterminazione della donna o La riformulazione dell’art. 572 c.p. sostituito dall’art. 4, comma 1, lett. d) della legge n. 172 del 2012, legge che raddoppia altresì i termini prescrizionali per il reato di maltrattamenti ex art. 572 c.p., per i reati di cui al Libro II, titolo XII, capo III, sez. I del codice penale e per i reati di cui agli artt. 609-bis, quater, quinquies e octies c.p.; o la previsione di cui all’art. 61, n. 11-quinquies c.p. (aggiunta dalla legge n. 119 del 2013) che introduce la circostanza aggravante della c.d. “violenza assistita”, nozione già valorizzata in giurisprudenza. La rilevanza di tale fattispecie ha suggerito anche la proposta, de iure condendo, di trasformare tale fattispecie da circostanza aggravante a reato autonomo (con autonoma persona offesa e sottrazione al meccanismo del bilanciamento delle circostanze). Sul piano della produzione giurisprudenziale può rilevarsi un ampliamento progressivo delle condotte rientranti nella nozione di maltrattamento e di abuso sessuale, parallelamente alla crescente consapevolezza e conquista della soggettività privata e pubblica della donna e ad una linea evolutiva protesa a valorizzare l’autodeterminazione della donna, nella sua libertà privata e pubblica, come libera espressione della sua soggettività intesa come esercizio dei diritti che rendono piena ed effettiva la valorizzazione della personalità. Si richiamano a titolo esemplificativo di tale processo di inclusione di forme di violenza molteplici e diversificate:
Linee guida o vademecum per operatori pag. 10 di 36 o la violenza psicologica (ricatti e violenza psicologica, umiliazioni fisiche, morali; svalutazioni: in sintesi tutto ciò che induce perdita di autostima); o la limitazione della libertà di incontrare persone, di svolgere attività personali, esprimere e coltivare talenti (non solo sport); o la segregazione di fatto, la rinuncia a lavoro, le svariate forme di controllo; o lo stupro coniugale (in passato non sussunto, nella giurisprudenza prevalente, tra i casi di violenza sessuale perseguibile); o la violenza economica. In tale prospettiva assume rilievo accertare a chi sia intestata la casa familiare, chi provvede alle spese quotidiane e con quale stipendio, se e come viene tutelato il patrimonio di provenienza ereditaria, chi mantiene chi. In particolare, assumono rilevanza le risultanze probatorie delle indagini preliminari e l’accertamento sulle forme di rispetto o dis-misconoscimento del lavoro domestico; o la violenza nella sopraffazione degli spazi e dei tempi (in particolare nella suddivisione stanze, del tempo libero); o il bilanciamento comparativo dei carichi fra i componenti la coppia coniugale. Assume particolare rilevanza accertare a chi, ad esempio, è demandata la cura dei componenti anziani della famiglia; o l’irrilevanza della addotta “provocazione verbale” nelle condotte di aggressione fisica. o la violenza “‘assistita”; o le forme “omissive” della violenza in famiglia. Si richiama in particolare quanto si legge in una recente sentenza del Tribunale di Pesaro (sent. n. 343/2018) in merito alla configurazione del reato ex art. 572 c.p.: «La configurabilità del reato ex art. 572 c.p. presuppone una condotta abituale nel senso che deve sussistere una pluralità di episodi che a loro volta risultano collegati, nel senso di rappresentare l’espressione di una volontà di sopraffazione del soggetto passivo e che per le loro caratteristiche sono indicativi di un comportamento vessatorio collegato all’umiliazione e alla riduzione del soggetto passivo in una condizione di subalternità. Il fatto che vi siano degli arresti temporali tra le varie condotte non può ritenersi indicativo della mancanza di una condotta vessatoria diretta ad umiliare la persona offesa, nel senso che anche episodi commessi nell’ambito di un arco temporale rilevante non perdono la loro valenza intimidatoria e aggressiva in funzione dell’attuazione di uno stato di sofferenza e soggezione
Linee guida o vademecum per operatori pag. 11 di 36 in chi subisce gli eventi. Né temporanee condizioni di serenità escludono la configurabilità del reato non rilevando, data la natura abituale del reato, che durante lo stesso siano riscontrabili nella condotta dell’agente periodi di normalità e di accordo con il soggetto passivo (Cass. Sez. 3 n° 6724 del 22.11.2017 dep. 12.2.2018 Rv. 272452)». 2. Ricezione e trasmissione della notizia di reato. 2.1. PRIMI ADEMPIMENTI CONNESSI ALLA RICEZIONE DELLA NOTITIA CRIMINIS. La notitia criminis deve essere inviata con la massima tempestività alla Procura della Repubblica. La polizia giudiziaria dovrà procedere all’ascolto del soggetto minore e della vittima vulnerabile — solo previo accordo con il Pubblico Ministero —, con l’osservanza del disposto di cui agli artt. 362, comma 1-bis c.p.p. e di cui all’art. 351, comma 1-ter c.p.p., e cioè richiedendo al Pubblico Ministero la nomina di un esperto in materia psicologica (pertanto si esclude che esso possa essere un assistente sociale), a supporto dell’audizione. In caso di urgenza, la nomina sarà effettuata dal Pubblico Ministero, anche oralmente. La polizia giudiziaria garantirà alla persona offesa la segretezza della denuncia, non subordinando tuttavia l’invio della stessa al suo consenso; ometterà nella C.N.R. di indicare nome e indirizzo della comunità ove la parte lesa venga eventualmente collocata, per ovvie finalità di protezione e di tutela della vittima. Saranno segnalate con tempestività eventuali pressioni e minacce di cui siano fatti oggetto sia la parte lesa sia le persone ad essa vicine, ivi compresi gli operatori sociali, congiunti e altre persone informate sui fatti, onde consentire l’adozione di adeguati provvedimenti di tutela. La denuncia dovrà essere il più circostanziata possibile, in modo da consentire una corretta qualificazione giuridica, l’individuazione del tempo e luogo della condotta, delle fonti di prova e una tempestiva identificazione dell’indagato (onde il pubblico ministero non deve iscrivere la denuncia- querela a carico di ignoti) e della parte lesa, e di eventuali persone informati sui fatti. La denuncia-querela deve essere preferibilmente corredata da documentazione clinico-medica e da ogni altro documento utile (tra cui, ad es., messaggi di testo SMS, chat online e e-mail, anche fotografati – c.d. screenshot), quali precedenti segnalazioni relative alla vicenda, o a vicende
Linee guida o vademecum per operatori pag. 12 di 36 pregresse, anche presentate presso altre forze dell’ordine, richieste di ammonimento, diffide del Questore (con relativa notifica), relazioni provenienti dai servizi sociali e così via. È auspicabile l’istituzione di banche-dati condivise che consentano a ciascun organo di polizia giudiziaria di poter attingere alle informazioni disponibili ad ogni altra forza dell’ordine. In sede di trasmissione della notizia di reato la polizia giudiziaria rappresenterà – previo idoneo accertamento in merito – se l’autore del fatto sia munito di soluzione abitativa alternativa, rispetto al domicilio familiare, nei casi in cui in esso si siano verificati gli episodi di violenza. Le dichiarazioni delle vittime vulnerabili saranno registrate mediante fonoregistrazione3. Per quanto riguarda il minore, la videoregistrazione delle sue dichiarazioni è prescritta e raccomandata dalla Carta di Noto, modalità ritenuta cogente – di fatto – dalla Suprema Corte di Cassazione. Si richiama a questo proposito, quanto già stabilito nel par. 4 del protocollo con la Procura per i Minorenni delle Marche, datato 28 giugno 20114 (paragrafo intestato: “Audizione del minore”): «Il minore sarà sentito, di regola: a) con le forme dell’audizione protetta previste dal c.p.p. e dalle Linee Guida in materia (ausilio di professionista competente; assistenza dei familiari, ove compatibile; vetro-specchio); b) documentazione integrale dell’atto con impiego di mezzi di riproduzione fonografica e audiovisiva); c) l’audizione da parte del P.M. minorile, dei Servizi Sociali o del C.T. dovrebbe evitare ogni riferimento all’oggetto specifico dell’intervento penale; d) qualora l’indagato sia il genitore del minore, in occasione dell’audizione si eviterà ogni possibilità di incontro tra gli stessi; e) invio di copia dei verbali all’altro P.M. che si stia occupando del minore». 2.2. QUERELA E PROCEDIBILITÀ D’UFFICIO. Come noto, il reato ex art. 612-bis c.p. è procedibile a querela ad eccezione dei seguenti casi in cui è procedibile d’ufficio: quando il reato è commesso in danno di minore o di disabile; quando l’autore (“stalker”) è stato già ammonito una volta dal Questore; quando il reato è connesso con altro procedibile d’ufficio. 3 A tutela della stessa dichiarante (e delle sue relazioni domestiche), in vista di possibili e future ritrattazioni, probabilmente condizionate. 4 Si rimanda alla nota n. 8.
Linee guida o vademecum per operatori pag. 13 di 36 La querela è inoltre irrevocabile quando le condotte persecutorie dello stalker si realizzino attraverso minacce che siano — contemporaneamente — reiterate e commesse nei modi di cui all’art. 339 c.p. (con armi, da più persone riunite ecc.). Peraltro, la remissione può essere effettuata solo in sede processuale e cioè davanti all’Autorità Giudiziaria procedente. La polizia giudiziaria innanzi alla quale sia eventualmente comparsa la persona offesa al fine di effettuare la remissione della querela dovrà pertanto: verificare che la volontà della parte non sia frutto di pressioni e sia comunque espressione di autodeterminazione della persona; informare il Pubblico Ministero procedente trasmettendogli con immediatezza la remissione di querela segnalandogli eventuali elementi sintomatici di indebiti condizionamenti operati in danno della persona offesa. 2.3. COMPETENZA PER TERRITORIO. I criteri per la determinazione della competenza per territorio si evincono dalle norme generali del codice penale e di procedura penale, come interpretate dalle indicazioni generali diramate dalla Procura Generale presso la Suprema Corte di Cassazione: STALKING. Trattasi di reato abituale e di evento, che si consuma non appena gli atti abbiano raggiunto un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima. Al pari del reato permanente, il luogo di consumazione è quello in cui vengono percepiti i primi atti persecutori e minacciosi. Laddove il reato si accompagni a fatti di sangue, deve valutarsi la gravità e l’entità di questi ultimi. In caso di lesioni lievi (art. 582 c.p.), stante la connessione, a guidare la competenza resterà il reato di stalking, ma non altrettanto può dirsi laddove le lesioni siano gravissime (art. 583 c.p.) o, a maggior ragione, qualora si verifichino episodi omicidiari (art. 575 c.p.). MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA. Il reato di maltrattamenti in famiglia, configurando un'ipotesi di reato abituale che si caratterizza per la sussistenza di una serie di fatti che isolatamente considerati potrebbero anche essere non punibili, si consuma nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti. È stata ritenuta, specificamente, non applicabile la norma di cui all’art. 8, c. 3, c.p.p., riferita ai reati permanenti e non segnatamente a quelli abituali, ed applicabile invece la norma sub art. 9, c. 1, c.p.p. (l’ultimo luogo dove è avvenuta una parte dell’azione). In caso di connessione con fatti di stalking (art. 612-bis c.p.) la competenza sarà determinata dal luogo di consumazione dei maltrattamenti in quanto più grave. Resta
Linee guida o vademecum per operatori pag. 14 di 36 per lo più assorbita la competenza del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.), che si consuma nel luogo in cui l’assistenza va prestata. 2.4. COMPETENZA PER MATERIA. Ai sensi dell’artt. 582, commi 1 e 2 (lesioni lievissime), 577, comma 1 e 2 (lesioni nei confronti dei prossimi congiunti) e dell’art. 4, comma 1, lett. a) del D. Lgs. 274 del 2000 (competenza del Giudice di Pace), nella lettura costituzionalmente orientata del combinato disposto delle norme sopra richiamate — così come confermata dalla recente sentenza n. 236 del 2018 della Corte costituzionale — la competenza funzionale per materia è devoluta in tutti i casi di lesioni procurate a prossimi congiunti (per vincolo giuridico e naturale) è devoluta al Tribunale ordinario5. Con questa precisazione interpretativa la Corte costituzionale ha inteso “elevare” il livello di repressione della violenza domestica prevedendo una serie di misure, compresa quella di trasferire il reato di lesioni lievissime — considerato un “reato-spia” di violenze più gravi e abituali — dalla competenza del Giudice di Pace a quella del Tribunale ordinario, rendendo così possibile l’adozione di un provvedimento di allontanamento dalla casa familiare, preclusa al Giudice di Pace trattandosi — come è noto — di una misura cautelare personale. La sentenza pertanto si incanala nel solco di cui al D.L. n. 93 del 2013, conv. in legge n. 119 del 2013. Con riferimento alle ipotesi di “assorbimento”, i reati di percosse, minacce, molestie e violenza privata si ritengono assorbiti nel reato di maltrattamenti (art. 572 c.p.) e — nei congrui casi — nel reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.)6, laddove i reati di lesioni personali concorrono con i reati di maltrattamenti. In questi casi, pertanto, l’informativa per il reato di lesioni lievissime in danno dei predetti soggetti non è sottoposta alle regole previste per il procedimento del Giudice di Pace. 5 Si richiamano per comodità le seguenti fattispecie: a) condotte lesive lievissime del genitori nei confronti del figlio adottivo e del figlio naturale; b) lesioni lievissime nei confronti dei discendenti e degli ascendenti; c) lesioni lievissime nei confronti del coniuge, anche se separato o divorziato, e all’altra parte dell’unione civile, ancorché cessata, nonché alla persona legata al “colpevole” da un rapporto affettivo e con lui convivente in modo stabile. 6 A tal proposito cfr. ex plurimis Cass. pen., Sez. VI, 24 novembre 2011 (dep 20 giugno 2012), n. 24575.
Linee guida o vademecum per operatori pag. 15 di 36 2.5. OBBLIGHI INFORMATIVI NEI RIGUARDI DELLA PERSONA OFFESA. La legge prevede ai sensi dell’art. 90-bis c.p.p. che — sin dal momento dell’acquisizione della notitia criminis da parte del Pubblico Ministero o della polizia giudiziaria — alla persona offesa dal reato venga fornita informazione circa: la facoltà di nominare un difensore (nelle forme previste dall’art. 96 c.p.p. per l’esercizio dei diritti delle facoltà ad essa attribuiti); la possibilità di accesso al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’art. 76 del D.P.R. n. 115 del 2002 in materia di spese di giustizia; la facoltà di ricevere comunicazione del procedimento, e delle iscrizioni di cui all’art. 335, commi 1, 2 e 3-ter c.p.p.; la facoltà di essere avvisata della richiesta di archiviazione; le modalità di esercizio del diritto all’interpretazione alla traduzione di atti del procedimento; le eventuali misure di protezione che possono essere disposte in suo favore (ordini di protezione, ex art. 342-bis c.c., misure cautelari di cui al codice di procedura penale, e ammonimento disposto dal Questore); la presenza di strutture sanitarie esistenti sul territorio, case-famiglia, centri antiviolenza e c.d. “case rifugio”; le altre facoltà previste ai sensi dell’art. 90-bis c.p.p. Lo specifico avviso in materia di gratuito patrocinio dovrà contenere la precisazione che i limiti di reddito previsti dall’art. 76, comma 4-ter del D.P.R. n. 115 del 2002 non operano per le persone offese dei delitti di cui agli articoli 572, 583-bis, 612-bis, 609-bis, 609-quater e 609-octies nonché — ove commessi in danno di minori — dei reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies c.p. Va aggiunto che importanti obblighi di informazione derivano alla polizia giudiziaria — come pure ai presidi sanitari e alle istituzioni pubbliche — dall’art. 11 del D.L. n. 11 del 20097, convertito nella L’art. 11 del D.L. n. 11 del 2009 recita: «Le forze dell’ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche che 7 ricevono dalla vittima notizia del reato di atti persecutori, di cui all’articolo 612-bis del codice penale (…) hanno l’obbligo di fornire alla vittima stessa tutte le informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio e, in
Linee guida o vademecum per operatori pag. 16 di 36 legge n. 38 del 2009, come modificato dall’art. 1, comma 4-bis del D.L. n. 93 del 2013 e dalla successiva legge di conversione. In base a tali norme, si dovrà: fornire alla vittima tutte le informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della vittima; provvedere a mettere in contatto la vittima che ne faccia espressamente richiesta con i centri antiviolenza. Si ricordi che l’art. 3, comma 5 del D.L. n. 93 del 2013, così come convertito, prevede l’estensione dei medesimi obblighi di informazione (ex art. 11, comma 1 del D.L. n. 11 del 2009) anche per i reati “sentinella” di cui agli artt. 581 e 582 c.p. (oltre agli artt. 612 e 610 c.p.) nell’ambito della c.d. “violenza domestica”. 2.5.-BIS. COMUNICAZIONE AL TRIBUNALE PER I MINORENNI EX ART. 609-DECIES C.P. Con riferimento all’obbligo di comunicazione previsto dalla norma ex art. 609-decies c.p., in ordine ai reati ivi indicati, le sottoscritte AA.GG. richiamano la prassi attualmente vigente presso i rispettivi Uffici, attuative dei protocolli di intesa del 14 giugno 20118 e 11 maggio 20169 con la Procura per i Minorenni e con il Tribunale per i Minorenni delle Marche, sotto i profili e nelle parti che di seguito si riportano: a) «L’informativa di p.g. riguardante i reati ai danni di minori [sarà] trasmessa sia al P.M. ordinario sia a quello Minorile» il quale valuterà poi, «previa consultazione con il P.M. Ordinario, quali atti sottoporre al vaglio del T.M.»; e ciò allo scopo dichiarato di «evitare il rischio di accesso e conoscibilità di notizie segretate nel procedimento penale contenute nell’informativa di p.g. e di contemperare il diritto di difesa dei soggetti interessati nel procedimento minorile – stante il diritto dei difensori dei genitori di prendere visione degli atti depositati presso il T.M. e posti alla base dei provvedimenti nei loro confronti e l’ostensibilità degli atti in possesso del T.M. – (…)»; particolare, nella zona di residenza della vittima. Le forze dell’ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche provvedono a mettere in contatto la vittima con i centri antiviolenza, qualora ne faccia espressamente richiesta». 8 Si tratta del Protocollo di intesa tra Procura per i Minorenni e Procure ordinarie delle Marche. 9 Si tratta del Protocollo multidisciplinare e inter-istituzionale d’intesa per l’adozione di interventi coordinati nella gestione dei maltrattamenti e dell’abuso all’infanzia e la protezione e la tutela dei bambini e adolescenti che ne sono vittime.
Linee guida o vademecum per operatori pag. 17 di 36 b) Circa il contenuto della informativa da trasmettere all’una e all’altra A.G., si è ritenuto che «il contenuto possa essere lo stesso, e ciò fondamentalmente per ragioni di opportunità e praticità. (…) Le medesime considerazioni valgono per ogni altra notitia criminis (segnalazione dei Servizi Sociali, della scuola, degli ospedali, del terapeuta del minore) provenienti da soggetti istituzionalmente preposti ed aventi l’obbligo giuridico di effettuare la segnalazione»; c) «Qualora la c.n.r. pervenisse solo alla Procura Ordinaria o solo a quella Minorile, sarà cura dell’Ufficio ricevente darne immediata comunicazione all’altra Procura con trasmissione via fax- e, se del caso, telefonica – [o a mezzo p.e.c.] – per i rispettivi adempimenti»; Ciò vale ogniqualvolta sia coinvolto un soggetto minore quale persona offesa ovvero quale persona che abbia assistito a fatti penalmente rilevanti, a mente dell’art. 61, n. 11-quinquies c.p., ovvero quando taluno dei delitti dalla norma richiamati sia stato commesso da uno dei genitori di un minorenne in danno dell’altro. Conclude sul punto il protocollo citato del 2016 che «in ogni caso lo scambio di informazioni tra l’A.G. minori e quella ordinaria prosegue nel tempo, con la trasmissione di copia dei provvedimenti significativi in materia di libertà personale dell’abusante e delle sentenze al termine di ogni fase processuale, al fine di consentire all’A.G. minorile di verificare nel tempo il reale contesto di vita del minore e l’eventualità di nuove esigenze di protezione»10. 2.6. RITIRO CAUTELARE IMMEDIATO DELLE ARMI. Nei casi di urgenza, gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza provvedono — ai sensi dell’art. 39, comma 2 del T.U.L.P.S. — all’immediato ritiro cautelare delle armi, munizioni e materie esplodenti indicate nel primo comma, dandone immediata comunicazione al Prefetto, ove sussistano le condizioni indicate nella norma sopracitata (e cioè quando la detenzione di armi, munizioni e materie 10 Si rammenta che «la nuova formulazione dell’art. 609-decies c.p. prevede che, nei casi in cui i reati, specificamente indicati nel primo comma siano commessi in danno di minorenne o qualora si proceda per il delitto di cui all’art. 609-quater, 572 e 612-bis c.p., commessi in danno di un minorenne o da uno dei genitori in danno dell’altro genitore, il Procuratore della Repubblica procedente ne dà notizia direttamente al Tribunale per i Minorenni. Qualora tale comunicazione riguardi taluni dei delitti previsti negli artt. 572, 609-ter e 612-bis, questa si considera effettuata anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 155, nonché 330, 333 c.c. Se ne deduce, confortati anche dalla disposizione normativa di cui all’art. 336, comma 2 c.c., che tale ultima Autorità possa provvedere anche di ufficio all’adozione di tutti i provvedimenti a tutela del minore coinvolto, nel massimo rispetto delle esigenze di segretezza e speditezza delle indagini in corso e previo eventuale concerto con la Procura procedente, e ferma, altresì, la necessità di darne notizia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni» (cfr. Protocollo del 2016, punto n. 6).
Linee guida o vademecum per operatori pag. 18 di 36 esplodenti sia regolarmente denunciata ma esse siano detenute da «persone ritenute capaci di abusarne»)11. 3. Misure pre-cautelari e cautelari 3.1. TIPOLOGIE DI MISURE PRE-CAUTELARI L’ARRESTO (OBBLIGATORIO E FACOLTATIVO) IN FLAGRANZA E QUASI-FLAGRANZA. Come noto, l’art. 2 della legge n. 119 del 2013 ha introdotto l’obbligatorietà (ai sensi dell’art. 380, comma 2, lett. l-ter c.p.p.) dell’arresto — da parte degli ufficiali e degli agenti della polizia giudiziaria — di chiunque sia colto in flagranza dei delitti di cui agli artt. 572 c.p. e 612-bis c.p. consumati o tentati. Trattandosi di reati che richiedono l’abitualità (art. 572 c.p.) o la ripetizione delle condotte (art. 612-bis c.p.), nell’immediato la conoscenza delle condotte precedenti che, saldandosi con quelle constatate dalla polizia giudiziaria come «flagranti», consentano di ritenere integrati i presupposti di entrambi i reati, comporta la ricerca — ove immediatamente reperibili — di atti già in possesso della stessa polizia giudiziaria (ad es. precedenti denunce o querele, verbali di persone informate sui fatti, annotazioni di polizia giudiziaria) o che la stessa polizia giudiziaria può acquisire d’ufficio (in particolare, referti medici o ospedalieri), oltre naturalmente all’acquisizione di specifiche dichiarazioni della persona offesa rese nell’immediato e rivelantesi attendibili. Si rammenta peraltro che — ove non si riuscisse a collegare i fatti in una più complessiva condotta di maltrattamenti o di atti persecutori — in presenza di una condotta violenta o minacciosa, la polizia giudiziaria potrà comunque procedere ad arresto per il singolo episodio di lesioni od altro reato commesso in flagranza (ad es. lesioni personali ex art. 582 c.p., 11 L’art. 39 del T.U.L.P.S. recita testualmente: «1. Il prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell’articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne. 2. Nei casi d’urgenza gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza provvedono all’immediato ritiro cautelare dei materiali di cui al primo comma, dandone immediata comunicazione al prefetto. Quando sussistono le condizioni di cui al primo comma, con il provvedimento di divieto il prefetto assegna all’interessato un termine di 150 giorni per l’eventuale cessione a terzi dei materiali di cui al medesimo comma. Nello stesso termine l’interessato comunica al prefetto l’avvenuta cessione. Il provvedimento di divieto dispone, in caso di mancata cessione, la confisca dei materiali ai sensi dell’articolo 6, quinto comma, della legge 22 maggio 1975, n. 152».
Linee guida o vademecum per operatori pag. 19 di 36 violazione di domicilio ex art. 614, commi 1 e 2 c.p., danneggiamento ex art. 635 c.p., furto semplice ex art. 624 c.p., di cui alle lettere f, f-bis e h dell’art. 381 c.p.p.). Per quanto riguarda il riconoscimento del requisito della «flagranza», intesa come condotta di reato che si commette attualmente, non vi sono particolari problematiche per la P.G. operante. Sul punto, la Suprema Corte di Cassazione (Cass. Pen., VI sez., 14 ottobre 2014, n. 44090) ha escluso che ricorra flagranza di reato laddove la polizia giudiziaria segnali un atteggiamento genericamente aggressivo verso la vittima, senza specificare in cosa l’aggressività si sia concretizzata, ancorché si tratti di violenze non solo fisiche ma psicologiche quali insulti e umiliazioni. Per quanto riguarda il riconoscimento del requisito della c.d. «quasi-flagranza» il problema si pone in termini più stringenti, in riferimento alle situazioni in cui vi sia una qualche soluzione di continuità — anche minima — tra il momento percettivo del reato e quello dell’arresto, come accade di solito nei casi di maltrattamenti o stalking. Si evidenzia intanto l’esigenza che la situazione prodromica all’arresto — pur superando l’immediata individuazione dell’arrestato sul luogo del reato — permetta comunque la riconduzione della persona all’illecito sulla base della continuità del controllo (anche indiretto) eseguito da coloro i quali si pongano al suo inseguimento (Cass. Pen., SS.UU., 24 novembre 2015, dep. 21 settembre 2016, n. 39131). Tale condizione si può configurare nei casi in cui l’arresto avvenga in esito ad immediato intervento della polizia giudiziaria sul luogo in cui si è svolto l’ultimo segmento di condotta criminosa (ad es. durante una lite in famiglia con percosse e/o insulti), nonché nelle ipotesi di inseguimento, ancorché protratto, ma effettuato senza perdere il contatto percettivo — anche indiretto — con il fuggitivo (che, poniamo, si sia allontanato subito dopo la lite e venga rintracciato), o nel caso di rinvenimento sulla persona dell’arrestato di cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima (ad es. se nell’abitazione si trovino suppellettili rotte o scagliate in giro, ovvero se l’autore si presenti alterato o con escoriazioni sulle mani dovute alle percosse inferte). La quasi- flagranza però non si può configurare nelle ipotesi nelle quali l’arresto avvenga in seguito ad un’attività investigativa, sia pure di breve durata, attraverso la quale la polizia giudiziaria raccolga elementi (della vittima, da terzi o anche autonomamente), valutati i quali ritenga di individuare il soggetto da arrestare (ad es. come autore di stalking), il quale — beninteso — non sia trovato con cose che lo colleghino univocamente al reato e non presenti sulla sua persona segni inequivoci riconducibili alla commissione del reato da parte del medesimo. In
Linee guida o vademecum per operatori pag. 20 di 36 definitiva, e in sostanziale coerenza con l’indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione, la nozione di «quasi-flagranza» non può estendersi nei casi in cui si pervenga all’arresto solo in seguito allo svolgimento – da parte della polizia giudiziaria – di attività d’indagine (costituite da elementi dichiarativi da chiunque forniti, o da elementi oggettivi o fattuali diversi da quelli indicati nell’art. 382 c.p.p.) e delle conseguenti elaborazioni valutative che conducano all’individuazione del responsabile del reato (Cass. Pen., 05 aprile 2016, n. 17015). Fermi restando gli autonomi poteri di valutazione e a titolo di esempio, la polizia giudiziaria procederà: o all’arresto in flagranza per i reati di cui all’art. 572 c.p. e 612-bis c.p. quando — intervenendo sul luogo del fatto — assisterà (anche solo in parte) a comportamenti costituenti l’ultimo segmento di una condotta abituale o reiterata12. o all’arresto in c.d. “quasi-flagranza”, per i medesimi reati sopracitati: nel caso in cui, avendo direttamente percepito l’ultimo segmento della condotta violenta e minacciosa perpetrata ai danni della vittima, l’organo di P.G. insegua l’autore del reato, immediatamente dopo la detta condotta, senza soluzione di continuità temporale e senza che siano necessarie investigazioni per identificare il reo; ovvero, nel caso in cui l’autore del fatto sia trattenuto da un terzo privato immediatamente dopo il reato e nelle more dell’intervento della polizia giudiziaria sul luogo del fatto; nel caso in cui — con percezione diretta della P.G. operante — il reo venga sorpreso con tracce del reato sulla propria persona, da cui emerga che abbia commesso personalmente il reato stesso. Elementi sintomatici di tale condizione saranno, oltre alle tracce evidenti di lesioni sulla persona del sospettato, potranno essere: la presenza di lesioni anche sul corpo della vittima corrispondenti e compatibili con le tracce rinvenute sulla persona o sugli effetti personali del reo, unitamente ad altri elementi di contorno (non da soli sufficienti) quali lo specifico disordine dell’abitazione-teatro del fatto e/o il 12 Per le nozioni di “flagranza” e “quasi-flagranza” si veda Cass. Pen., SS.UU., 24 novembre 2015, dep. 21 settembre 2016, n. 39131.
Linee guida o vademecum per operatori pag. 21 di 36 danneggiamento di mobili e di oggetti di arredo, sempreché concordanti con le tracce rivenute sulla persona del reo. Occorrerà in ogni caso che il verbale d’arresto sia dettagliato e specifico sul punto. A seguito di entrata in vigore della legge n. 132 del 2018 (Legge di conversione del D.L. n. 113 del 2018, c.d. “Decreto sicurezza”), è stata introdotta nell’ordinamento la nuova norma di cui all’art. 387-bis c.p.p. (Adempimenti della Polizia Giudiziaria nel caso di arresto o di fermo di madre di prole di minore età). Tale norma pone un ulteriore adempimento comunicativo obbligatorio a carico della Polizia Giudiziaria, per l’ipotesi di arresto o di fermo di madre con prole di minore età: in detti casi, la Polizia Giudiziaria che ha eseguito fermo o arresto deve «senza ritardo» darne notizia al Pubblico Ministero territorialmente competente, nonché al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni del luogo dell’arresto o del fermo. L’ALLONTANAMENTO D’URGENZA DALLA CASA FAMILIARE EX ART. 384-BIS C.P.P. Si tratta di una nuova misura pre-cautelare, introdotta dall’art. 2, comma 1, lett. d, del D.L. n. 93 del 2013, convertito nella legge n. 119 del 2013, con cui si è prevista la facoltà per la polizia giudiziaria di disporre l’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare (art. 384-bis c.p.p.). Ripercorrendo sinteticamente il dettato normativo, la nuova disposizione relativa a misura precautelare (fermi restando i presupposti per le misure cautelari tipizzate dalla legge, e modificati da ultimo dalla novella di cui alla legge n. 119 del 2013) trova applicazione in presenza delle seguenti condizioni e rispettando i seguenti criteri: a) nei confronti di chi è stato colto in flagranza dei delitti di cui all’art. 282-bis, comma 6 c.p.p. riassunti nella tabella seguente:
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