Liceo Linguistico Marco Polo Progetto "I Digitals Natives" - Gli insediamenti rupestri della lama Picone a Bari Dott. Francesco Carofiglio
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Liceo Linguistico Marco Polo Progetto "I Digitals Natives" Gli insediamenti rupestri della lama Picone a Bari La chiesa di Santa Candida Dott. Francesco Carofiglio
Geomorfologia È stato più volte sottolineato che la storia antica di Bari è un chiaro esempio di come la natura geologica di una località e le caratteristiche geografiche e morfologiche di un territorio possano condizionarne il popolamento determinando modalità di insediamento peculiari. La città ed il suo hinterland insistono su una fascia del litorale - Conca di Bari - che si inserisce nella più ampia regione murgiana, di cui occupa una parte della fascia costiera centro-settentrionale. Morfologicamente l’assetto è tipico dell’area murgiana, caratterizzato da una serie di ripiani posti parallelamente alla costa, che digradano dolcemente verso il mare con debole ondulazione, terminando sul litorale con terrazzamenti marini delimitati da basse scarpate. La Conca di Bari presenta tre ripiani digradanti con una altimetria compresa tra i 40 ed 10 metri s.l.m., caratterizzati da incisioni paleotorrentizie (lame) perpendicolari all’andamento dei ripiani, a fondo piatto e pareti inclinate. Sul fondo di questi solchi di erosione, solitamente asciutto, si può creare un corso d’acqua a Stralcio della carta geologica di Bari
regime torrentizio in caso di abbondanti precipitazioni, eventualità ormai piuttosto rara. Il rischio di allagamento della città in relazione ad una improvvisa alluvione delle lame esiste tuttavia ed ha reso necessario un intervento di canalizzazione per convogliare le acque in appositi collettori ed “asciugare” le lame. Verso la Conca di Bari confluisce infatti dalle Murge centro-settentrionali un reticolo imponente di solchi erosivi che riversano in mare le acque di un ampio bacino idrografico. Quadro geologico La Conca di Bari è caratterizzata geologicamente dalla presenza di queste formazioni: · Calcare di Bari · Calcarenite di Gravina · Cordone litorale di Bari · Dune di S. Girolamo · Depositi alluvionali e palustri Il Calcare di Bari è l’unità litostratigrafica più antica, formatasi nel Cretaceo Superiore in un ambiente marino. La formazione cretacea, formata da una successione di strati di calcari micritici, detritici ed a macrofossili, è interessata dal carsismo che ha determinato la formazione di cavità di varia forma e dimensione, in cui spesso si riscontra la presenza di depositi secondari residuali di terra rossa. Carta Geologica d’Italia serie 1:50.000 Foglio n. 438 Bari
I calcari cretacei costituiscono la struttura portante dell’area barese, estendendosi in profondità anche per centinaia di metri. La Calcarenite di Gravina poggia sul Calcare di Bari; è costituita da calcareniti cementate con microfossili e da calcari macrofossili in cui è facile osservare la presenza di conchiglie di organismi marini. Anche in questo caso l’unità litostratigrafica è un deposito marino, formatosi in un ambiente litorale caratterizzato da una intensa attività biologica. Nella Conca di Bari la formazione affiora formando sottili strati orizzontali di copertura, il cui spessore non oltrepassa i 20 metri. Il Cordone litorale di Bari, risalente al Pleistocene superiore, è un deposito di spiaggia costituito da calcareniti con fossili marini, sabbie e arenarie vulcaniche, livelli discontinui di ghiaie e conglomerati. La presenza di arenarie vulcaniche è dovuta all’attività vulcanica del Vulture che ha determinato la ricaduta di minerali femici sulle Murge, successivamente convogliati dalle acque reflue verso il mare e ivi sedimentatisi. Occorre ricordare che l’area occupata ai nostri giorni dalla città di Bari era anticamente interamente coperta dal mare. In seguito alla regressione marina, nel Tirreniano, si è Le lame del territorio comunale di Bari
formata la paleospiaggia che poggia in trasgressione sulla Calcarenite di Gravina formando un cordone che attraversa la città da est ad ovest, in un contesto di piena urbanizzazione che rende difficile la sua individuazione. Le Dune di S. Girolamo poggiano sul Calcare di Bari o sulla Calcarenite di Gravina. Si sono formate nel Pleistocene superiore in ambiente subaereo per azione dei venti spiranti verso la costa determinando un accumulo litoraneo di materiale sabbioso (paleodune). I Depositi alluvionali e palustri sono la formazione più recente, risalente all’Olocene. Sono depositi continentali, osservabili sui fondi delle lame ed in alcune piccole depressioni presenti nei depositi dunari. I depositi palustri sono formati da materiale più fine, di natura siltoso-argillosa, con uno spessore che può raggiungere i 15 metri in corrispondenza della depressione costiera nota come lago di Marisabella. In sintesi, a partire dal Cretaceo, l’evoluzione geomorfologica dell’area murgiana ha visto la presenza di un mare poco profondo in cui un plurimillenario Rappresentazione grafica delle lame della Conca di Bari e della distribuzione degli processo di sedimentazione dei fondali ha determinato insediamenti rupestri e ipogei
la formazione di rocce calcaree stratificate e cementate (Calcare di Bari). Verso la fine del Cretaceo (70/60 milioni di anni orsono), la tettonica ha determinato il sollevamento dell’area murgiana, con fenomeni di piegamento e fagliamento dei calcari. L’emersione è stata accompagnata da fenomeni erosivi dovuti principalmente al fenomeno carsico, che determina la dissoluzione delle rocce calcaree per l’azione dell’acqua sia in superficie (carsismo epigeo) sia in profondità (carsismo ipogeo). Si sono formate così doline, inghiottitoi, grotte che danno al paesaggio murgiano la sua caratteristica morfologia. L’ingressione marina all’inizio del Quaternario (all’incirca due milioni di anni fa) dovuta ad un lento abbassamento delle terre emerse ha consentito una nuova fase di sedimentazione di materiale calcareo con la formazione di calcareniti, comunemente noto come “tufo calcareo”. Una nuova fase di sollevamento ha causato poi un’altra regressione marina, all’incirca un milione di anni fa. Gli effetti combinati del sollevamento tettonico e della regressione marina, insieme alle variazioni indotte dall’alternarsi di fasi di glaciazione hanno determinato il modellamento del territorio in una serie di terrazzamenti digradanti in cui le scarpate rappresentano antichi livelli di costa. Il livello del mare è salito rapidamente negli ultimi 10.000 anni dando origine ad una nuova fase di sedimentazione che ha portato all’innalzamento dei corsi d’acqua, colmati da depositi alluvionali, oltre a formare uno sbarramento costiero rendendo paludosa l’area di Marisabella. L’ingressione marina ha sommerso in parte o del tutto alcune fasce del litorale come Cala Scizzo, Cala Colombo, Scamuso, Titolo, dov’è documentata la presenza di insediamenti umani già dalla preistoria, determinandone la scomparsa.
Quadro storico-archeologico Come si può evincere dal quadro geologico, la presenza nell’area di Bari di consistenti strati di tufo calcareo facile da scavare ed il carsismo che ha determinato la formazione di grotte e cavità naturali nel calcare cretaceo hanno determinato lo sviluppo di quel fenomeno noto come “civiltà rupestre”. La civiltà rupestre che interessa dal VI al XIII secolo l’intera Italia meridionale è un fenomeno complesso che ha le sue origini in una scelta insediativa che garantiva sicurezza e protezione in tempi incerti. Il vuoto di potere determinato dal crollo delle istituzioni dell’impero in età tardoantica e le ricorrenti invasioni di popoli in armi che caratterizzano l’Alto Medioevo spinsero la popolazione a cercare rifugio ma in questa particolare forma insediativa. La scelta appare quindi condizionata da uno stato di necessità, ma questo non impedisce la nascita di una civiltà che manifesta la sua creatività nella ricerca di soluzioni abitative e costruttive nuove e originali. Il fenomeno rupestre interessa quindi nel Medioevo l’intero territorio pugliese con modalità diverse in relazione alle caratteristiche morfologiche delle differenti località. Fasano. Villaggio rupestre di Lama D'Antico
Nel caso di Bari l’elemento caratterizzante dei complessi ipogei è una particolare tipologia di impianto planimetrico, adottato in vari casi, che non trova riscontro in altre località pugliesi. Tale elemento è il criptoportico scavato nel tufo intorno ad un atrio a cielo aperto da cui si accede agli ambienti interni attraverso arcate che immettono nei corridoi. Planimetria dell’ipogeo Seminario II. In bleu il criptoportico Veduta aerea dell’ipogeo Seminario I. In evidenza l’atrio d’ingresso L’evidente derivazione di questo schema da quello abitativo di età classica testimonia l’antichità del modello. L’impianto con criptoportico ha molteplici attestazioni nel territorio barese: gli ipogei di Torre Bella, Quadrivio, Mola, Torre Alberotanza, Torre Tresca, Seminario I, Costantino, Masseria Milella, Caravella, Masseria Tresca mostrano, con qualche variante, lo stesso schema Planimetrie degli ipogei Mola e Torre Tresca planimetrico.
Ad eccezione del piccolo villaggio della Caravella nel Picone, a Bari la modalità insediativa dell’habitat rupestre si presentava in forma di nuclei sparsi e non di villaggi urbanisticamente articolati come quelli famosi di Casalrotto o Petruscio dell’area ionica tarantina. Veduta dei villaggi rupestre della Caravella a Bari e di Petruscio a Mottola (TA) Nell’agro di Bari è documentata in età medievale la presenza di numerosi casali (Cammarata, Sao, Cillaro, Vulpiclano, Lucignano ed altri), che in ogni caso non annoveravano più di qualche decina di abitanti. La dislocazione di questi insediamenti era strategica, in relazione alla rete viaria antica, in particolare al tracciato della via Traiana che in età romana collegava Roma al porto di Brindisi. Schematizzazione del sistema viario di età romana in Italia meridionale L’antico sistema viario del territorio a sud di Bari
Da Butuntum (Bitonto) la strada si dirigeva verso la costa in direzione di Barium (Bari), il centro romano che insisteva sul più antico centro peuceta (Barion), localizzabile nella penisola su cui sorge l’attuale Borgo Antico e in cui è attestata anche la presenza di più antichi insediamenti dell’età dei Metalli. La vitalità della città in età tardoantica è testimoniata dalle menzioni negli Itineraria (Itinerarium Antonimi, 116-117, 119, 314-315; Itinerarium Burdigalense 609- 610; Tabula Peutingeriana, Segmento 5, 4-5, ed. Wier 1976) da cui sembra delinearsi un ruolo attivo di Bari, destinato a consolidarsi con la formazione della diocesi paleocristiana e, in età altomedievale, con l’emirato Le principali strade attorno a Bari alla fine del ‘700 (da G. A. Rizzi Zannone, Atlante arabo e la dominazione bizantina. Attorno alla città del Regno di Napoli, Napoli 1788-1811) portuale dedita ai commerci si innestava la presenza dei casali in cui le comunità (spesso monastiche) erano dedite alla produzione agricola, in particolare alla coltura dell’ulivo. Foto Satellitare dell’area di Bari (da Google maps) Tabula Peutingeriana, stralcio
LA CHIESA RUPESTRE DI SANTA CANDIDA Localizzazione catastale Foglio: 058, particelle: 4,9,10, 46 (parte) Georeferenziazione tramite punto Tipo di localizzazione: localizzazione fisica Descrizione del punto Coordinata X: 1160598,915 - Coordinata Y: 4578530,653 Metodo di georeferenziazione: punto esatto Tecnica di georeferenziazione: rilievo da foto aerea senza sopralluogo Proiezione e Sistema di riferimento: UTM32 Base di riferimento Descrizione sintetica: IGMI 177 IINE Note: dati rilevati sul Portale Cartografico Nazionale del Ministero per l'Ambiente Condizione giuridica e vincoli Indicazione generica: proprietà privata Indicazione specifica: Villa Edda srl. (legale rappres. Calatrice Edmundo) Provvedimenti di tutela Dati tratti dalla scheda di catalogo ICCD Tipo provvedimento: L. 1089/1939, art. 1 SIGEC n 1600177465 (autore F. Estremi provvedimento: D. M. 1978/07/24 dell’Aquila anno 1978, informatizzazione anno 1998; migrazione SIGEC anno 2007) Ubicazione Sul fianco destro della lama Picone ad una distanza di circa 300 metri dalla tangenziale di Bari. Situazione ambientale Foto satellitare con l’ubicazione degli insediamenti
Il corso della lama Picone in prossimità degli insediamenti rupestri di S. Candida e della Caravella assume particolare suggestività sia per la considerevole altezza degli argini terrazzati, sia per la vegetazione del suo fondo che risente favorevolmente del microclima ivi esistente. Purtroppo il terrazzamento più alto del fianco destro è stato stravolto alla fine degli anni Settanta del Novecento da uno sbancamento effettuato per ricavare materiale da utilizzare per la scarpata della tangenziale. Questo intervento ha tagliato la parte anteriore della chiesa per una profondità di circa 6 metri asportandone per fortuna soltanto gli ambienti anteriori collegati indirettamente alla chiesa. Stato di conservazione Planimetria della chiesa. In nero i volumi distrutti Lama Picone. Effetti dello sbancamento del fianco destro
Mediocre. Architettura L'ingresso originario della chiesa, come già accennato, oggi non è più esistente. È possibile però dalla planimetria e da alcune vecchie foto ricostruire che il sagrato modellava il fianco naturale della lama presentando due ingressi con assi perpendicolari: quello ad Est immetteva in un piccolo ambiente, di circa 2x3,5 m di larghezza, voltato a botte che precedeva l'ingresso della chiesa ed era completato sui due lati da arcosòli di cui quello sinistro adibito a sepoltura. Questo ambiente costituiva il «nartece», cioè il vestibolo che nelle chiese paleocristiane era ad-dossato all'esterno della facciata. L'ingresso a Sud immetteva in tre vani intercomunicanti che dovevano costituire l'abitazione delle persone cui era affidata la custodia della chiesa. Una delle nicchie-alcove si intravede ancora oggi alla destra del varco che attualmente consente l'accesso all'interno. La chiesa di S. Candida è una delle più grandi, se non Ingresso. A destra i resti della nicchia- alcova
la più grande basilica rupestre pugliese; la sua parte superstite si sviluppa per circa 120 mq e presenta una complessa planimetria. La presenza di 5 absidi l'ha fatta ritenere finora costituita da altrettante navate; lo studio, però, non solo planimetrico, ma anche dell'alzato ed in particolare dei soffitti, evidenzia 4 navate di cui quella all'estrema sinistra più piccola e difforme delle altre. Delle rimanenti tre navate la centrale si presenta biabsidata. Dall'ingresso originario nasce un ambiente a pianta rettangolare e soffitto piano di circa m 3x4, che presenta frontalmente, ad Est, tre arcate a tutto sesto, di cui la centrale di ampiezza doppia rispetto alle altre, rette da pilastri compositi. L'arco di sinistra immette nella prima navata laterale sinistra, mentre gli altri 2 comunicano con la navata centrale. Lo stesso ambiente comunica a Sud, attraverso un arco scavato nella parete laterale, con la navata destra e a Nord con la seconda navata sinistra. La navata centrale ha una prima campata a forma trapezoidale lunga m. 2,80 ed allargantesi verso l'interno da 3 a 4 m. Questa campata ha soffitto piano delimitato ai 4 vertici da grossi pilastri compositi. La parete Nord presenta un unico arco che comunica Elaborazione teorica della volumetria di S. Candida, secondo lo schema ad Plaminetria aula porticata
con la prima navata sinistra, mentre le altre 3 pareti presentano due fornici separati da un pilastro centrale: quello sulla parete Sud, in corrispondenza della navata destra è lavorato a colonna; quello sulla parete Est non è più in situ, ma si riconosce spezzato sul pavimento della chiesa. La navata centrale prosegue frontalmente biforandosi Interno. Vista d’insieme in due vani presbiteriali allungati di circa m 3x2, voltati a botte e culminanti in due profonde absidi. Questi vani presbiteriali sono divisi dal «naos» (l'area per i fedeli) da un muretto iconostatico avente un'unica porta in corrispondenza del vano absidale sinistro che costituisce, Abside del vano presbitariale destro pertanto, l'ambiente destinato alla celebrazione eucaristica. Questa funzione è esaltata dal più ampio sfondato della zona absidale che inizia da un arco con ghiera poggiante su semicolonne addossate alle pareti e sormontate da rozzi capitelli squadrati, si sviluppa in un vano rettangolare voltato a botte e culmina con una piccola abside. L'abside del vano presbiteriale destro, sempre corrispondente alla navata centrale, è anch'esso delimitato da un arco con ghiera poggiante anche qui su semicolonne; esso si sviluppa con catino absidale emisferico profondo circa 2 metri. I due vani presbiteriali della navata centrale comunicano
tra di loro, e con i rispettivi delle navate laterali, con coppie di archi separati da tozze colonne rastremate prive di capitello. Alcuni di questi archi sono rifiniti con ghiere incavate. La navata destra consiste di tre campate in successione delle quali la prima (attuale ingresso) ha soffitto piano e presenta nella parete Sud una sequenza di tre nicchie alte, strette, poco profonde e rialzate di circa quaranta cm dal pavimento; troveremo questo motivo nell'ultima navata a sinistra. La prima campata comunica con la seconda, risolta con volta a botte a sesto ribassato, attraverso un arco con ghiera. La seconda campata, delimitata ad Est da un muretto iconostatico che si presenta praticamente integro e privo di accesso alla zona presbiteriale, è seguita da un'ultima di luce ridotta e voltata anch'essa a botte. Una abside poco profonda, infine, si sviluppa in corrispondenza dell'arco con ghiera poggiante su semicolonne addossate alle pareti e su rozzi capitelli squadrati, un motivo questo che abbiamo già riscontrato nelle altre absidi. Sviluppo differente presenta la prima navata sinistra, Area presbiteriale. Absidi centrali
che come già descritto, parte dal vano rettangolare di accesso. Essa si divide in due campate evidenziate, all'altezza dell'area presbiteriale, dal diverso andamento dei soffitti: la prima presenta soffitto piano, mentre la volta della seconda ha un andamento curvilineo che si raccorda a botte sul lato Nord ed a spigolo sul lato Sud. L'abside è praticamente identica a quella della navata laterale destra; sulla sinistra, immediatamente prima dell'arco absidale, vi è una nicchia che farebbe pensare ad un presumibile utilizzo di questa area come «prothesis», l'ambiente destinato alle funzioni preparatorie del sacrificio. Del tutto differenziata, sia per la scansione, sia per la Ultima navata sinistra. Nicchie tecnica di scavo che per la forma dell'abside è l'ultima navata sinistra, la quarta della chiesa, costituita da due campate lunghe e strette a soffitto piano e separate tra loro da un arco trasversale poggiante su una colonna solo parzialmente superstite. L'abside è contornato da una profonda ghiera, ma è privo delle semicolonne presenti nelle altre. La caratteristica principale di questa navata è costituita dalla serie di sei nicchie ad arco, alte, strette e disposte tre per parte nelle due campate, realizzate sulla parete Nord; un'ultima nicchia simile alle precedenti si trova infine sulla parete di fondo ad Ovest. Tutte queste nicchie, così come le altre tre nella prima campata della navata destra hanno un livello di fondo a circa 40 cm dal piano di calpestio: esse trovano
riscontro nelle analoghe esistenti nella chiesa di S. Maria delle Malve a Matera, di S. Angelo in agro di Santeramo ed in quella del villaggio di Lama d'Antico a Fasano, ove sono inseriti degli affreschi iconici. Segni di arredo liturgico mobile, oggi non più esistente, sono riscontrabili in una serie di coppie di fori rettangolari contrapposti presenti in diversi vani della chiesa. Essi erano destinati a sostenere delle assi lignee trasversali alle quali venivano appese le lampade e le tende o pannelli ad uso liturgico. Alla prima funzione dovevano servire quelle presenti nei due vani presbiteriali della navata centrale, all'altezza delle colonne, e probabilmente anche quelle presenti nel primo ambiente subito dopo il nartece. Alla seconda funzione dovevano servire, invece, le travi poste all'altezza del muretto iconostatico su tutte le quattro navate permettendo così la separazione netta tra celebranti e fedeli durante alcune fasi del rito eucaristico. Iscrizioni. Interno. Veduta verso l'abside di destra
All'interno della chiesa non vi è alcuna traccia di affresco. Vi è, però, una serie di graffiti riconducibili a differenti età storiche, fino ai deturpanti autografi recentissimi. Iscrizioni dipinte sono presenti su tutte le absidi, anche se oggi sono difficilmente leggibili. Tutte le iscrizioni sono in caratteri latini, dipinte con terra rossa direttamente sulla parete lisciata del tufo, ed indicano soltanto nomi di Santi svolgendo dunque una funzione meramente dedicatoria. Tutte le iscrizioni, inoltre, appaiono coeve tra loro; ne diamo la trascrizione indicando tra «()» lo scioglimento delle abbreviazioni, tra «[]» le integrazioni del testo, e tra « < > » le lettere di dubbia lettura. - 1. abside da sinistra. Iscrizione su 2 registri: [+S(anctus) H]IERON(i)M < U > S [...] [S(ancta)] EC(t)NAS - 2. abside da sinistra. Iscrizione su 2 registri, di cui quella sul secondo non leggibile: + S(anctus) THOMAS: S(anctus) BART[HOLOMEUS] - 3. abside da sinistra. Iscrizione su 1 registro in un Iscrizioni sulla quarta abside da sinistra riquadro tracciato sempre in terra rossa all'estremo sinistro dell'abside: + S(anctus) [.]S[...] - 4. abside da sinistra. Iscrizione su due registri: [+ ...]US: S(anctus) IACOBUS: S(ancta) CANDIDA: S(ancta) ELEN[A] S(anctus) ERASMUS - 5. abside da sinistra. Iscrizione su un registro di dubbia lettura: S[...] Note storiche.
Il toponimo di «S. Candida» e di «Lama S. Candida» è uno dei rari toponimi medievali che si siano conservati fino ai nostri giorni, per indicare appunto il tratto della Lama Picone all'altezza dei complessi rupestri della chiesa di S. Candida, da un lato, e della chiesa e villaggio della «Caravella» sul fianco opposto. Dobbiamo ricordare che tale lama è interessata anche da un insediamento preistorico risalente alla fase di transizione tra il neolitico finale e l'eneolitico (D. COPPOLA, Le origini di Ostuni, Martina Franca 1983, p. 157; cfr. pure la scheda sul complesso della «Caravella»). Purtroppo la mancanza di adeguati sondaggi archeologici non consente di stabilire se ci sia stata una continuità abitativa della lama dall'epoca preistorica alla medievale, oppure solo una frequentazione saltuaria come si è verificato, ad esempio, per il villaggio rupestre della Madonna della Scala a Massafra in cui non sono testimoniati reperti di epoca romana. La grandiosità di S. Candida la pone al primo posto tra le chiese rupestri della Puglia ed è forse seconda tra quelle dell'Italia meridionale solo alla chiesa di S. Maria della Vaglia a Matera. Ciononostante le ricerche di carattere storico-documentario sono risultate finora piuttosto avare di risultati. Pur tuttavia sappiamo che la più antica citazione del toponimo «S. Candida», e della stessa chiesa, risale al 1194 e riguarda una vendita di un pezzo di terra con alberi di olive e di altro genere, posto prope ecclesiam S. Candide et ecclesiam S. Helene (C.D.B., V, n. 162, p. 276). È interessante notare l'esistenza nelle vicinanze dell'altra chiesa dedicata a S. Elena. Come al solito negli antichi documenti non si fa differenza tra chiese costruite o scavate nella roccia per cui non siamo in grado di stabilire come fosse realizzata quest'ultima. Si potrebbe comunque ipotizzare che questa fosse una piccola chiesetta ipogea sulla stessa lama, o addirittura la grande chiesa rupestre posta di fronte a S. Candida indicata con il nome convenzionale della «Caravella», ma comunque, è bene ricordarlo, queste rimangono per il momento delle pure ipotesi di lavoro. Ancora un abbinamento tra le due chiese troviamo in un atto di circa 300 anni posteriore, laddove appare un Federico Saraceno, abate della chiesa di S. Pietro (quale?), della chiesa di S. Bartolomeo, della chiesa di S. Candida e delle chiesa di S. Elena di Bari (atto 12 gen. 1508 per N.r Francesco Iacopo Filippucci, in Arch. d'Add., 1/90, p. 12 num. in bleu). Ulteriori citazioni dai documenti medievali nel Codice Diplomatico Barese si riferiscono ai secoli XIII-XIV: essi rivelano la struttura agricolo- insediativa nella lama di S. Candida con piccoli terrazzamenti, con numerose grotte adibite a vari usi (criptam, palmentellum, ecc.), con tipica vegetazione (ficam, ecc.) ed ancora con presenza di corti, cisterne, palmenti e così via (C.D.B., I, n. 93, p. 172, a. 1226; XVI, n. 4, p. 12, a. 1310; nn. 21-22, p. 41, a. 1313; n. 69, p. 120, a. 1325). Il documento del 1313 ci attesta l'esistenza nelle vicinanze del tracciato medievale della strada da Bari per Rutigliano e Noicattaro, mentre quello del 1325 l'esistenza nello stesso loco S. Candide di una torre costruita appartenente alla chiesa di S. Andrea. Bibliografia A. PRANDI, Puglia, Milano 1970, p. 256. F. DELL'AQUILA, Bari. Ipogei e insediamenti rupestri, Bari 1977, pp. 10, 24-25. M. NICOLETTI, L'architettura delle caverne, Bari 1980, fig. 196, p. 318. ADIRT, «Conoscere la città». Insediamenti rupestri a Bari, n. 1, Guida Breve, a cura di N. Lavermicocca e E. Pellegrino, Bari s.d., p. 4 n.n. C. DELL’AQUILA, F. CAROFIGLIO, Bari extra moenia. Insediamenti rupestri ed ipogei. Schede. 3 quaderni monografici comune di Bari, Bari 1985, pp. 86-99 S. SERPENTI, G. CATALDO, Programma di salvaguardia del patrimonio storico architettonico del territorio di Bari, Bari 1989, pp. 97-100 F. DELL’AQUILA, A MESSINA, Le chiese rupestri di Puglia e Basilicata, Bari 1998, pp. 147-149
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