La testimonianza di una psicoanalista russa. E un commento di S. Benvenuto
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Retrieved from: The European Journal of Psychoanalysis Aug 31, 2022 https://www.journal-psychoanalysis.eu/articles/la-testimonianza-di-una-psicoanalista-russa/ Ekaterina Belokoskaia La testimonianza di una psicoanalista russa. E un commento di S. Benvenuto Una testimonianza: Fisicamente, sono al sicuro in Turchia in una splendida posizione sulla costa mediterranea. Ma psicologicamente non mi sento al sicuro. Mia figlia maggiore, che ha lavorato al progetto della filiale del Memoriale sulla Repressione in Unione Sovietica, sta lasciando il paese temendo la chiusura delle frontiere e la repressione, ma sperando di poter tornare. I miei clienti e colleghi ucraini sono in pericolo, molti stanno rompendo i legami che abbiamo costruito nel corso di anni. I clienti in Russia sono allarmati dal crollo di tutti i loro piani e da un futuro incerto. Non si sa come gli eventi si svilupperanno ulteriormente e quanti paesi saranno coinvolti nel conflitto. Prima della guerra non avevo intenzione di emigrare dalla Russia, vivevo in due paesi, Turchia e Russia, lasciando il freddo inverno di Mosca. Alla fine di maggio, abbiamo comprato i biglietti Antalya-Mosca, avevamo pagato perché la bambina facesse un giro al maneggio, cosa che adora. I nostri progetti sono crollati insieme ai progetti di milioni di altre persone. Non siamo tranquilli, perché non è chiaro come verrà costruito il sistema finanziario di interazione con parenti e clienti dopo che tutte le operazioni bancarie verranno disattivate. Non è chiaro quando potrò vedere le persone che mi sono care. Ciò che leggerete in questo testo è stato smentito negli ultimi due mesi. Queste sono le mie osservazioni, storie e opinioni di persone e colleghi dalla Russia. Si tratta di informazioni provenienti da varie fonti. È molto difficile per me restare in una posizione analitica e parlare con calma del destino dei diversi paesi. Non parlerò della lunga storia delle relazioni tra Ucraina e Russia e della storia degli ultimi dieci anni in particolare, scriverò di ciò che ho visto personalmente nel mio lavoro e di ciò di cui la gente parla. Negli ultimi quindici anni ho guidato gruppi di terapia e per più di vent’anni ho svolto pratiche psicoanalitiche private con singoli clienti. Negli ultimi anni, ho lavorato in un progetto per formare studenti provenienti dall’Ucraina e dalla Russia per operare con gruppi in diversi formati, nel mondo degli affari e in psicoterapia. I nostri studenti sono tutti adulti venuti da noi per la riqualificazione in campo professionale principalmente per lavorare con i gruppi. A uno degli ultimi gruppi hanno partecipato rappresentanti di Russia, Ucraina e Stati Uniti. Durante il gruppo, l’ucraino ha scritto che le sirene stavano suonando e doveva scendere nel rifugio antiaereo. I gruppi stanno aiutando molto le persone ora. Aiutano ad affrontare la situazione insieme. Nell’autunno del 2021, ho notato che le pubblicazioni su Internet sulla possibilità di un attacco russo all’Ucraina hanno iniziato ad apparire sempre più spesso. Per lo più tali pubblicazioni provenivano dall’Occidente. Così ho pensato che fossero molto simili a provocazioni. Pensavo che fosse redditizio per alcuni provocare questa guerra. A gennaio, i nostri colleghi e studenti di Kiev hanno iniziato a dire che si stavano familiarizzando con rifugi antiaerei e che anche le donne si stavano preparando per la mobilitazione militare. Sembrava tutto surreale. È diventato chiaro che vivevamo già in due realtà parallele. Gli studenti
ucraini nei gruppi parlavano costantemente di una possibile guerra. Gli studenti provenienti dalla Russia e da altri paesi vivevano invece una vita tranquilla senza credere affatto in questa minaccia. Il 24 febbraio, mi sono svegliata la mattina e ho letto su Facebook nel post di un collega che molti aeroporti in Ucraina sono stati contemporaneamente distrutti dall’esercito russo. Tutta la gente comune sana di mente è contro la guerra. Ma per i militari e gli uomini d’affari, la guerra è una professione e un modo per fare soldi. Purtroppo, si combattono guerre, si muore, si conquistano territori. I russi non credevano che questo sarebbe accaduto. Come gli altri, non credevo che la guerra fosse redditizia per la Russia. Continuo a pensarlo. L’intera situazione può essere risolta a più livelli. Sfortunatamente, coloro che ne beneficiano ne fanno pagare il prezzo alla gente di Ucraina e Russia. Non c’è una guerra, ma due: la Russia in Ucraina e gli Stati Uniti (senza contatto diretto) contro la Russia. Molti esperti in Russia scrivono che gli Stati Uniti hanno a lungo voluto provocare questa guerra conducendo ideologicamente una guerra dell’informazione per molti anni. L’Occidente voleva mostrare a Putin in ogni modo possibile che la Russia non fa parte dell’Europa. Dandogli vari schiaffi sul naso, mostrando disprezzo per gli interessi della Russia, con l’espansione della NATO a est. Sembra che la NATO voglia parcheggiare i suoi carri armati sul prato del Cremlino. Insomma, abbiamo una crisi geopolitica, che potrebbe avere un effetto domino sul mondo intero. Una donna mia amica di Facebook si è laureata presso la facoltà di filosofia della Alma Mater – università statale di Mosca. Per molti anni ha aiutato persone nella regione del Donbass. Ha scritto sulla sua pagina: «L’offensiva attiva dell’APU (esercito ucraino) sulla LDNR è iniziata quasi una settimana prima dell’ora Z (Z è il titolo ufficiale dell’operazione militare dell’esercito russo). Quasi tutti gli uomini adatti a combattere andavano negli uffici di arruolamento militare. Abbiamo reparti con “figli” [children] di 18 anni. I ragazzi sono andati. Il figlio del nostro Ira Khizhnyak era un ballerino per tutta la sua infanzia, venne poi ferito alla coscia quando aveva 14 anni, quando cercava di lasciare Lugansk con tutta la famiglia con una bandiera bianca. La carriera di ballerino terminò allora. Ha una disabilità – quindi non lo hanno portato al fronte, ovviamente, ma gli hanno trovato un posto. Mentre sto scrivendo improvvisamente mi rendo conto che molti anni fa ho scritto di loro da bambini, denunciando un mondo indifferente, dicendo che i bambini soffrono. E ora questi bambini sono già partiti per la guerra. È cresciuta una generazione che non è interessata alle nostre controversie su Internet. Alle loro spalle c’è qualcosa che né i moscoviti né i kievani capiranno. Ferite, perdita di persone care, isolamento dal mondo per molti anni.» Come risultato di ciò che sta accadendo ora sotto i nostri occhi, gli europei stanno soffrendo (gas e benzina stanno diventando più costosi), l’Ucraina sta soffrendo più di tutti e anche la Russia sta soffrendo. I russi stanno soffrendo finanziariamente in Russia, ma altri russi sparsi in diversi paesi del mondo hanno sofferto di più a causa del blocco delle carte di credito. Così alcuni russi iniziano a vedere il nemico nell’Occidente, e si uniscono lungo linee patriottiche dato che il paese e i suoi abitanti sono in difficoltà. I russi sono il nemico per molti ucraini, e per molti russi è l’Occidente guidato dagli Stati Uniti. Stiamo pensando tutti sulla falsariga della colpa, cercando il nemico e il colpevole. Non si può affatto sperare che avvenga una rivoluzione in Russia a causa delle sanzioni né che il governo cambi, piuttosto, al contrario, le sanzioni hanno come effetto di unire la nazione e coloro che rimangono nel paese cercano sostegno. Al contrario, chi è contro la guerra e l’attuale politica estera della Russia scrive sui social network: “lasciate che ci bombardino per tutto quello che abbiamo fatto in Ucraina, per non finire in prigione. Non possiamo sopportare una prigione russa.” Quello che sto facendo ora come terapeuta. Stabilizzo i miei clienti che si trovano in Russia, Paesi Bassi, Emirati Arabi Uniti, Stati Uniti, Kirghizistan, Australia. Li sto aiutando ad affrontare la situazione presente. Se sono in gruppo, allora il compito principale è di mantenere un ambiente sicuro, di dar loro spazio per parlare, ma è molto difficile quando c’è una tale polarizzazione delle opinioni. Nel gruppo, trasmetto il seguente compito ai partecipanti: cercare di capire l’altro, il suo atteggiamento, ciò che sta affrontando ora, quale compito di vita e quale impulso inconscio. Quei clienti che hanno vissuto la loro guerra interna prima della guerra vera e aggredivano il gruppo, odiando il terapeuta e gli altri partecipanti, ora hanno l’opportunità legale di odiare. La loro struttura psicologica interna rimane la stessa. La crisi porta in superficie solo ciò che non si era manifestato prima.
Le molestie ai russi a causa della loro nazionalità C’è tanta condanna, alienazione, riluttanza a capire e ad accettare, tanto odio. Poiché la gestione del social network Instagram, contrariamente al diritto internazionale, ha permesso inviti alla violenza per la prima volta nella storia e solo contro i russi, l’ufficio del procuratore generale russo ha deciso di vietare questo social network in Russia. Ci sono punti di vista diversi su ciò che uno psicologo russo o ucraino dovrebbe fare ora. Alcuni dicono: gli psicologi ucraini hanno il diritto di odiare tutti i russi, quindi non sorprende che esprimano odio così attivamente nei social network. Un collega con cui abbiamo lavorato insieme fino a ieri, scrive oggi “lascia che tutte le madri russe anneghino nel sangue dei loro figli”. Secondo tali colleghi, tutti i russi come nazione sono stati zombizzati, quindi deve essere mostrata loro la verità che non vedono, devono assumere un certo punto di vista e comportarsi in un certo modo. Altri credono che uno psicologo sia uno per cui è importante mostrare la propria stabilità ed equilibrio interiori. Altrimenti, in uno stato di conflitto, non sarà in grado di adempiere al suo compito di aiutare i clienti. Alla fine, vorrei tornare al tuo articolo, Sergio. Il tuo articolo ha causato un’enorme reazione in Russia e in altri paesi. Dmitry Sokolov da Mosca (era il tuo traduttore quando hai fatto il tuo laboratorio da noi a Mosca) lo ha tradotto in russo e pubblicato su Facebook. Gli psicoanalisti russi discutono le questioni etiche connesse al rifiuto di fare supervisioni o di prendere certi clienti. Il rifiuto di diversi psicologi occidentali di lavorare con psicoanalisti russi ha attualizzato varie paure profonde di perdere una figura genitoriale, la paura di essere abbandonati. Alcuni colleghi hanno discusso la validità e la legittimità psicoanalitiche di fare un sondaggio tra i membri del gruppo sulle loro opinioni politiche. Tu fai appello al desiderio inconscio di essere perseguitati, ma le dichiarazioni dei colleghi russi riguardavano la preistoria geopolitica di questa guerra, la preistoria politica vista dal loro punto di vista. Hai scritto nell’articolo: «Per le altre invasioni occidentali di cui parli, penso che ci siano ragioni più sfumate [nuanced]». Dal mio punto di vista questa frase rivela il tuo uso di due pesi e due misure. Non ho mai votato per Putin. Non appena ha cercato un secondo mandato, è stato chiaro che non voleva un libero trasferimento democratico del potere. Nel corso degli anni, è stato possibile utilizzare i proventi del petrolio e del gas per riparare e costruire ospedali, migliorare la vita della gente comune. Credo che questa guerra sia un fallimento dei diplomatici di tutti i paesi che hanno partecipato ai negoziati. Ma posso capire quei miei concittadini che, in un momento in cui il paese è entrato in guerra e affronta una persecuzione senza precedenti dei russi per la loro nazionalità, in questo momento vogliano unirsi. Capisco la loro reazione psicologica. Le sanzioni economiche contro la Russia sono una forma di terrorismo economico, che infligge un danno alla popolazione civile per influenzare la politica dello Stato. Il famoso poeta e attore russo Vladimir Vysotsky disse molti anni fa, durante il periodo sovietico: “Ho molte critiche da fare contro il mio governo, ma non ne parlerò con i giornalisti occidentali”. Sono d’accordo con quello che dici, Sergio, che i russi sono ora in una situazione molto più pericolosa degli stessi ucraini! I russi pagheranno un prezzo alto, forse troppo alto. Pertanto, migliaia di persone hanno lasciato la Russia in due settimane e le aziende sono alla ricerca di opzioni di trasferimento del personale. Sono d’accordo, ma anche l’Occidente pagherà per questo, infatti siamo tutti sulla stessa barca. La Russia fa parte dell’Europa. Centinaia di migliaia di persone provenienti dall’Ucraina e dalla Russia stanno partendo per l’Europa senza mezzi di sostentamento. Intanto qui si fanno sentire sempre più degli ideologi i quali esprimono la speranza che una raffica di sanzioni anti-russe e un’imminente cortina di “ferro” – economica, politica e culturale – portino alla creazione di un’autarchia economica, una sorta di Fortezza Russia, cosa che questi ideologi progettano da lungo tempo. Quando alcuni dicono che se si impone ai russi un’etica democratica e liberale senza rispetto per loro, e quando si parla di un rischio etnocentrico degli occidentali nell’essere arroganti, questo mi sembra un invito al dialogo da parte tua e un desiderio di ascoltare l’altra parte, come il lavoro dell’ego osservante. Nella tua denuncia degli infedeli (degli aderenti a metodi non democratici), sei stato sincero e lo sei stato nel presente, qui e ora. Conoscendoti da molti anni, penso che ognuno di noi abbia il diritto di esprimere qualsiasi reazione, purché in seguito giunga il momento della riflessione e si tenti di guardare dentro di noi e dentro i
nostri processi psichici. Le storie di alcune persone di questi giorni 1) A Parigi i bambini hanno iniziato a chiamare i bambini di lingua russa “sporco russo”. Il paradosso è che si tratta di bambini di famiglie internazionali (mamma ucraina, papà francese). 2) La comunità internazionale OncoAlert ha pubblicato un post sull’account Instagram ufficiale annunciando la cessazione della cooperazione con la Russia. Dice anche che l’Unione degli oncologi si rifiuta di tenere congressi sul territorio della Federazione Russa. OncoAlert afferma di essere apolitica, ma che non può rimanere inattiva e tacere sull’aggressione contro amici e colleghi ucraini. 3) Insegnanti ucraini – i tutor di Kiev continuano a insegnare ai bambini russi online – non hanno cancellato alcuna lezione finora. 4) Un mio cliente dalla Crimea ha due passaporti, io ne ho solo uno – tutti devono sopravvivere. 5) […] PARTE NON COMPRENSIBILE 6) Le farmacie russe stanno creando una fornitura di medicinali per due mesi per contenere l’aumento dei prezzi. Le sanzioni imposte contro la Federazione Russa possono uccidere il mercato farmaceutico, ha detto il rappresentante della catena di farmacie “Zhivika” a Ekaterinburg. Ora le farmacie della catena, per ordine della direzione dell’azienda, stanno creando uno stock di merci per due mesi per cercare di contenere l’aumento dei prezzi e “ridurre il grado di panico dei cittadini” a causa di una carenza di merci. “Possiamo già parlare della carenza di farmaci. Nelle ultime settimane, i farmaci provenienti da Stati Uniti, Francia, Germania – leader di mercato in termini di qualità e risultati del trattamento – sono del tutto scomparsi. Ci sono principalmente farmaci nazionali, di qualità inferiore. Anche i medicinali russi hanno sempre avuto materie prime straniere – molti medicinali nazionali sono fatti con componenti importate. Ciò che sta accadendo ora potrebbe uccidere il mercato farmaceutico. Se tutto è chiuso, allora nulla ci può essere portato. 7) Quale lingua parleremo quando altre lingue non funzionano, se non nella lingua della cultura? Università degli Studi di Milano Bicocca. Durante una trasmissione in diretta su Instagram, il professore ha detto che avrebbe tenuto quattro conferenze sullo scrittore russo Dostoevskij sul suo ultimo libro, L’incredibile vita di Fëdor Dostoevskij, la prossima settimana. Ma circostanze inaspettate hanno impedito questi piani. Nori lesse una lettera dell’amministrazione universitaria, in cui si diceva nero su bianco che era stata presa la decisione “di posticipare il corso su Dostoevskij, al fine di evitare qualsiasi forma di disaccordo, soprattutto interno, in un momento così teso”. Prospettiva psicoanalitica La guerra ci ha costretto a riconsiderare la nostra identità. E’ importante distinguere tra un paese e uno stato. La mia identità si è formata nella cultura russa. Molti di noi sono ora in uno stato di panico e di stress – a causa di tutto – , si è inquieti sul proprio futuro e su quello di altri, per l’economia, i piani… (Non sto parlando di chi viene colpito dalle bombe! Sto parlando di quelli che sono ancora nelle loro case sui divani) Anche coloro che approvano ciò che sta accadendo in Ucraina ora sono disorientati – beh, almeno a causa della possibile imminente perdita di lavoro, del tasso di cambio del rublo, alla fine, a causa di figli e mariti che sono andati a “liberare”. Gli psicologi stanno cercando di non dire nulla sotto l’influenza della paura e dell’orrore, del panico e di altre emozioni, non irrompere nell’aggressività, non strapparsi i capelli, non indulgere all’autodistruzione. Dobbiamo unirci ora e fare ciò che dobbiamo fare. Voto per “molte voci contro parla con una sola voce” su questioni così complesse.
In una situazione in cui nessuno simpatizza con i russi, e tutti sono felici di dar loro calci, quello che possiamo fare è: 1) simpatizzare con te stesso 2) toglierci il peso della vergogna – che ci viene imposto e che è completamente privo di significato, il mondo intero non può fermarlo, e siamo nell’epicentro della tragedia, tutti noi; 3) ritrovare il senso della dignità e 4) la capacità di compassione. Quello che sto facendo ora come terapeuta. Stabilizzo i miei clienti che sono in Russia, Paesi Bassi, Emirati Arabi Uniti, Stati Uniti, Kirghizistan, Australia. Li sto aiutando ad affrontare la situazione qui e ora. Se sono in gruppo, allora il compito principale è di mantenere un ambiente sicuro, di dare spazio per parlare, cosa molto difficile quando c’è una tale polarizzazione delle opinioni. Nel gruppo, trasmetto il seguente compito ai partecipanti: cercare di capire l’altro, il suo atteggiamento, ciò che sta affrontando ora, quale compito di vita e quale impulso inconscio. Quei clienti che hanno vissuto la loro guerra interna prima della vera guerra e hanno aggredito il gruppo, odiavano il terapeuta e gli altri partecipanti, ora hanno l’opportunità legale di odiare. La loro struttura psichica interna rimane la stessa. La crisi porta in superficie solo ciò che non si era manifestato. Lettera del 14 marzo scorso, tradotta dall’inglese Risposta ad Ekaterina Belokoskaia. Di Sergio Benvenuto: Grazie, Ekaterina, per averci scritto la tua testimonianza. Capisco che devi vivere un conflitto morale molto acuto, dato che mi sembri propensa a criticare certe scelte politiche del tuo governo da una parte, ma anche hai bisogno di solidarizzare con i tuoi compatrioti che si sentono attaccati dall’altra. Mi rendo conto quanto sia difficile accordare queste esigenze divergenti. Mi limito qui a commentare alcune tue osservazioni che non condivido, o che trovo alquanto parziali. – “Le sanzioni economiche contro la Russia sono una forma di terrorismo economico”. Certamente le sanzioni sono una forma di terrorismo. Ma esse rispondono a un altro terrorismo, soprattutto militare, dell’esercito di Putin che ha invaso buona parte di un paese indipendente e riconosciuto dall’ONU. E’ vero che Putin e la sua cerchia pagano molto poco in termini economici, dato che hanno le loro ricchezze all’estero, pagano i cittadini russi. Ma la stessa cosa accade in Ucraina: la popolazione civile paga un prezzo molto alto, pur non avendo affatto voluto la guerra. Il punto è: chi ha cominciato il terrorismo? – “«Per le altre invasioni occidentali di cui parli, penso che ci siano ragioni più sottili [more nuanced]». Dal mio punto di vista questa frase rivela il tuo uso di due pesi e due misure.” No, non sono un filo-Occidentale a ogni costo! So condannare un paese occidentale quando, secondo me, sbaglia. Per esempio, le guerre tardo-coloniali della Francia (in Vietnam e in Algeria) e del Portogallo (in Angola e Mozambico) erano assolutamente sbagliate. Nel 1990 Saddam Hussein fece qualcosa di molto simile a quel che sta facendo ora Putin con l’Ucraina: occupò un paese indipendente, membro dell’ONU, il Kuwait. Condannai quell’invasione e appoggiai la Prima guerra del Golfo per liberare il Kuwait (allora anche l’Unione Sovietica fu d’accordo).
Da notare che buona parte degli intellettuali italiani a quell’epoca erano contro la guerra: bisognava accettare il dato di fatto che l’Iraq avesse annesso il Kuwait con la forza. Cosa che all’epoca mi parve cinica. Mi trovai a quell’epoca in una cena a Napoli in cui c’erano tra i più importanti filosofi all’epoca, i più noti oggi erano Roberto Esposito e Paul Feyerabend. Ebbene, fui il solo tra tutti a sostenere la giustezza della guerra contro Saddam. Ovvero, tutti volevano accettare l’aggressione da parte di Saddam, pur di “salvare la pace”. Come vedi, gli intellettuali occidentali sono tendenzialmente anti-Occidente, perché questo essere anti- appare “sofisticato”. Oggi, se vuoi essere apprezzato in molte cerchie intellettuali che chiamiamo radical chic, devi dire “Capisco Putin”. La mia posizione – “talvolta l’Occidente ha ragione” – è anti-conformista in paesi dove la regola, per un intellettuale-come-si-deve, è criticare comunque l’Occidente, qualsiasi cosa faccia. Nel 2003 furono però Bush Jr. e Blair a intraprendere un’aggressione del tutto simile a quella di Saddam 13 anni prima. Era dopo l’11 settembre 2001, e Bush doveva dimostrare agli americani “che combatteva il terrorismo”, anche se Saddam non c’entrava nulla con gli attentati islamisti. Le parti tra aggressore e aggredito si erano ora invertite. Condannai l’aggressione all’Iraq. Non fui il solo, in quel caso l’Europa si divise: Francia, Germania e gli italiani si schierarono contro la guerra in Iraq nel 2003. UK e Spagna invece vi parteciparono. Oggi, 2022, sono contro l’aggressione di Putin all’Ucraina, paese che conosco bene e che non aveva nessunissima voglia di aggredire la Russia! Credo insomma di usare un solo peso e una sola misura. Dirò poi quale. I colleghi russi nella conversazione che ho riportato evocavano aggressioni occidentali come la guerra del Kosovo (1999), l’occupazione dell’Afghanistan (2002-2021) e l’attacco alla Libia (2011). In questi casi le cose sono molto più complesse, appunto. Diceva Kent in King Lear “I’ll teach you differences” (atto 1, scena IV). Non si può fare di tutto una differenza tra bianco e nero, da una parte i buoni dall’altra i cattivi. Ogni caso è un caso a sé. Guerra del Kosovo Nel 1999 la NATO intervenne nel conflitto del Kosovo dopo otto anni di guerre che avevano dilaniato l’ex- Jugoslavia. L’opinione pubblica europea aveva accumulato un grande senso di colpa perché per anni aveva assistito da semplice spettatrice a terribili eccidi compiuti alle porte stesse dell’UE. Le guerre tra serbi e croati, e soprattutto tra mussulmani e cristiani bosniaci, fecero in dieci anni circa 140.000 morti, soprattutto tra i civili. L’opinione pubblica europea si convinse che gran parte degli eccidi erano opera di truppe o milizie jugoslave (di fatto serbe) non perché ci fosse un pregiudizio ostile ai serbi (molti ignoravano che la Serbia fosse appoggiata dalla Russia), ma semplicemente perché serbi erano stati gli autori dei massacri più impressionanti. Il massacro di Vukovar (1991, centinaia di civili croati furono uccisi dai serbi, i quali espulsero i tanti croati che vivevano nella città), quello di Srebrenica ad opera dell’ultra-nazionalista Radovan Karadži? (1995, 8.000 maschi mussulmani inermi vennero uccisi), e il lungo assedio di Sarajevo (1992-1996) da parte dei serbi bosniaci. Questo assedio provocò 11.000 vittime soprattutto civili. A torto o a ragione l’Europa occidentale si convinse che “i cattivi” erano i serbi, e soprattutto che lo fosse il premier Slobodan Miloševi? (presidente della Jugoslavia, di fatto Serbia, dal 1997 al 2000). I crimini di Miloševi? non erano solo propaganda immaginaria, dato che il Tribunale Internazionale per i Crimini nella Ex-Jugoslavia a L’Aia lo processò e lo incarcerò per crimini di guerra, e sarebbe stato sicuramente condannato se non fosse morto (misteriosamente) nel 2006 in carcere. E’ su questo sfondo che bisogna vedere l’intervento NATO in Kosovo.
In effetti, quando nel 1998 la maggioranza etnica albanese del Kosovo insorse per la propria indipendenza dalla Serbia, si temette qualche altro feroce massacro come Srebrenica e Sarajevo. L’opinione pubblica europea era filo-albanese solo perché negli anni precedenti molti serbi si erano macchiati di crimini, non per qualche odio preconcetto anti-serbo. Da qui la decisione di Clinton e della NATO di intervenire per costringere i serbi alla ritirata. Da notare che il Kosovo non ha alcun valore strategico particolare: è una regione povera senza materie prime, senza sbocchi sul mare, l’intervento doveva quindi essenzialmente a prevenire massacri (“ingerenza umanitaria” vien chiamata). Non c’era affatto la percezione di un conflitto “Ovest versus Est”, perché gli albanesi erano visti come “dell’Est” non meno dei serbi. Era Miloševi? a fare paura. Faceva paura anche a me, perciò fui favorevole alla missione NATO. Dopo l’elezione di Koštunica nel 2000 non ci sono stati più problemi con la Serbia, almeno in Italia non c’è alcun sentimento anti-serbo. Da notare inoltre che i serbi sono cristiani mentre gli albanesi in maggioranza mussulmani, quindi, almeno in teoria, più “lontani” dall’Europa. La Serbia ha chiesto l’ammissione all’Unione Europea, eppure i serbi sono il solo popolo balcanico che simpatizza con Putin contro l’Ucraina. Perché questo continuum? L’eliminazione di Gheddafi Quanto alla Libia, l’intervento anglo-francese, e poi anche americano, nel 2011 fu sbagliato non per il fine in sé (far fuori un tiranno sanguinario come Gheddafi) ma per il non aver saputo gestire il dopo-Gheddafi. Anche in questo caso fu forte la pressione dell’opinione pubblica, perché, anche se Gheddafi da anni si era alleato con l’Occidente, nessuno aveva dimenticato i suoi massacri degli stessi libici e la sua campagna di terrorismo contro l’Europa. Quando nel 2011 a Bengasi ci fu un’insurrezione contro Gheddafi, l’opinione pubblica chiese che si intervenisse per proteggere i cirenaici. L’intervento occidentale servì a far pendere l’ago della bilancia nella guerra a favore degli anti-gheddafiani. Di fatto l’Ovest intervenne in una guerra civile tra tripolitani e cirenaici, che sarebbe continuata dopo la caduta di Gheddafi e che dura ancor oggi. L’evoluzione della Libia verso una democrazia multi-etnica, sperata dall’Occidente, non si è verificata. Del resto i vari paesi occidentali propendono per Bengasi o per Tripoli a seconda dei casi e dei loro interessi… La guerra civile continua. E oggi la presenza occidentale è stata sostituita da quella russa. La Libia, a differenza dell’irrilevante Kosovo, è grande produttrice di petrolio. Occupazione dell’Afghanistan Quanto alla guerra contro i talebani d’Afganistan, essa va vista sullo sfondo dell’11 settembre: gli americani avevano chiesto ai talebani la consegna di Osama bin Laden, considerato autore degli spettacolari attentati. La guerra seguì al rifiuto dei talebani di consegnare bin Laden. In 20 anni una coalizione di vari paesi (non solo occidentali) ha cercato di costituire un governo moderno, di tipo democratico, contro il fondamentalismo mussulmano – una strategia che la stessa Russia condivide, nella misura in cui anch’essa combatte il terrorismo islamico, in particolare ceceno. Come è noto, questo progetto in Afghanistan è fallito. Ma se la Russia si fosse trovata in una posizione simile a quella degli USA, se bin Laden avesse distrutto con aerei il Cremlino piuttosto che le Torri gemelle, sono certo che il governo russo avrebbe agito esattamente nello stesso modo: non poteva lasciare impunito bin Laden. Avrei appoggiato l’intervento russo in Afghanistan – a differenza di quello del 1979, che considerai un formidabile errore. Voler stare a lungo
in Afghanistan è sempre un errore. Bisogna dire che gli errori occidentali – l’invasione dell’Iraq nel 2003, la cattiva gestione dell’Afghanistan nel corso di 20 anni – sono episodi di una guerra più vasta, cominciata di fatto nel 1979 con la rivoluzione in Iran: una parte dell’Islam ha dichiarato guerra al mondo ebraico-cristiano. Quindi anche alla Russia, nella misura in cui essa fa parte di questo mondo. Una parte dell’Islam vede il mondo ebraico-cristiano come responsabile dei propri problemi, per cui ha attaccato in vari modi sia l’Occidente che la Russia. Insomma, non si tratta di due pesi e due misure, ma di vedere certi atti – anche erronei – nel quadro geopolitico più generale. Ma certi atti – invasione irachena del Kuwait, invasione anglo-americana dell’Iraq, attuale invasione dell’Ucraina – sono veri e propri crimini politici, paragonabili all’invasione della Polonia da parte di Germania e URSS (1939), di quella della Finlandia da parte di Stalin (Guerra d’inverno, 1939-1940) e a quella italiana dell’Albania e della Grecia nel corso della 2° guerra mondiale. Anche l’Italia, col fascismo, svolse una politica estera criminale, aggredendo l’Etiopia, l’Albania, la Grecia… Ora il criminale è Putin. Ogni epoca ha il suo criminale, da qualche parte del mondo. Avevo promesso di dirti qual era il mio peso e la mia misura. E’ qualcosa di utopico: la costituzione di un diritto internazionale. In realtà esso non esiste, e mi chiedo se esisterà mai. Non esiste diritto internazionale perché una norma è di diritto solo quando c’è una forza, uno stato, capace di farla rispettare. Altrimenti si tratta di una semplice norma etica, che può essere anche individuale. “Non uccidere” è una norma etica, ma solo se esiste uno stato capace di punire gli omicidi possiamo parlare di norma giuridica. Ora, non c’è un sovra-stato capace di punire gli atti criminali di singoli stati. Se ci fosse, l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin sarebbe considerata un delitto. Ma credo che il sogno di costituire un sovra-stato che giudichi i singoli stati, e quindi un diritto internazionale, possa essere una buona causa per cui battersi per le prossime generazioni. – “Una persecuzione senza precedenti dei russi per la loro nazionalità” Posso dirti che, e non solo in Italia, chiunque si esprime pubblicamente dice “non siamo contro i russi, siamo contro Putin”. Ogni forma di razzismo anti-russo è fermamente condannato (per razzismo intendo anche l’odio per una nazionalità). Questo non toglie però che la pulsione razzista sia presente in molti, per cui lo stato-nemico viene identificato a un popolo-nemico. Tu stessa hai portato l’esempio scandaloso di quel corso su Dostoevskij in Italia che era stato sospeso: TUTTI in Italia hanno condannato quella censura, che è stata presto ritirata. In Italia e in altri paesi europei dopo la fine della seconda Guerra si sviluppò un forte sentimento anti- tedesco. Tutti sapevamo che c’erano stati tedeschi anti-nazisti, ma di fatto per decenni fiorivano le barzellette contro i tedeschi in quanto popolo. Persino mio padre, un filosofo che si era nutrito di filosofia e letteratura tedesche, diffidava fortemente dei tedeschi, e si augurava che la divisione tra le due Germanie, est ed ovest, si mantenesse per sempre. Oggi la Seconda guerra mondiale è lontana, le nuove generazioni di italiani non sono più anti-tedesche, anzi, Berlino è la città alla moda per tanti giovani. Eppure… Non si può ignorare che Hitler fu eletto democraticamente, nel 1933 un tedesco su due lo scelse. E non si può ignorare che tanti russi (non te) hanno votato per Putin e lo appoggiano tuttora. La tentazione di incolpare un intero popolo per i misfatti dei loro capi è quindi sempre forte. Non è il mio caso.
– “Il famoso poeta e attore russo Vladimir Vysotsky disse molti anni fa, durante il periodo sovietico: “Ho molte critiche da fare contro il mio governo, ma non ne parlerò con i giornalisti occidentali”.” Mi pare di capire che tu avresti fatto come Vysotsky. Se è così, qui allora c’è una completa divaricazione tra te e me. Da noi si pensa che, al contrario, se qualcuno è scontento della politica del proprio paese, sia suo dovere parlarne male soprattutto agli stranieri. Per esempio, ero molto scontento di Berlusconi quando era nostro premier (e non a caso si dichiarava grande amico di Putin, e lo ammira). Temevo che Berlusconi potesse diventare proprio come Putin, un capo carismatico che approfitta della propria popolarità per uccidere la democrazia. Ebbene, ho attaccato Berlusconi in varie pubblicazioni all’estero. Se avessi taciuto su Berlusconi perché sono italiano avrei peccato di nazionalismo. Nell’ambiente intellettuale italiano (e non solo) il nazionalismo è bandito. Si può essere patrioti, non nazionalisti. Denunciare all’estero gli abusi del potere nel proprio paese è non meno essenziale che denunciarli all’interno del proprio. So che non tutti i russi la pensano come te. Molti criticano apertamente Putin. Se ne avessi il potere, proporrei per il Nobel per la pace le Pussy Riot e Marina Ovsyannikova. Tutte donne. In Occidente ormai tutti sono convinti che le donne siano migliori degli uomini. Aggiunta. Un’accusa talvolta giusta all’Occidente è quella di voler imporre, talvolta con le armi, la nostra forma di democrazia. L’Occidente pensa che la democrazia sia la forma migliore di governo e talvolta ha cercato di imporla agli altri, così come i cristiani si sentivano in dovere di convertire “i pagani” alla fede cristiana per salvarli. Ma non sempre l’Occidente è “missionario”. Prova ne sia che ha rapporti di alleanza con paesi niente affatto democratici, come l’Arabia Saudita, gli Emirati arabi, Singapore, l’Egitto. Qualche mese fa l’Occidente ha abbandonato l’Afghanistan ai talebani perché è chiaro che gli afghani non vogliono la democrazia. Il governo afghano aveva il potenziale militare per resistere ai talebani, ma non l’ha usato, si è arreso senza combattere. Gli afghani preferivano i talebani alla democrazia. Ma questo discorso non può essere fatto per l’Ucraina. Questa ha oscillato tra governi pro-Russia e governi pro-Occidente per un paio di decenni, poi, dopo “piazza Maidan” e l’invasione della Crimea nel 2014, ha optato decisamente per una democrazia di tipo occidentale. E’ stata una scelta degli ucraini, non un’esportazione forzata dall’Ovest. E Putin vuole schiacciare questa libera scelta degli ucraini. Data: 01/04/2022
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