La street art in Italia esiste, è ora di valorizzare le opere e gli spazi pubblici che le ospitano

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La street art in Italia esiste, è ora di valorizzare le opere e gli spazi pubblici che le ospitano
La street art in Italia esiste, è ora di
valorizzare le opere e gli spazi pubblici che le
ospitano

Prosegue la nostra inchiesta attorno al mondo della street art e alle sue “regole”. Con la
collaborazione del giurista Giovanni Maria Riccio che ha avviato il tema partendo da un convegno
presso lo Studio Legale E-Lex sul rapporto tra Street art e arte pubblica.

Da questo incontro è nato il progetto ExP, lanciato, oltre che da E-Lex con Giovanni Maria Riccio, da
M.U.Ro. (Museo di Urban Art di Roma) con David Daviù Vecchiato e YoCoCu (YOuth in COnservation
of CUltural Heritage) con Laura Rivaroli.

Oggi incontriamo Roberto Colantonio, avvocato Cassazionista e autore del volume Arte condivisa; il
primo testo italiano a occuparsi di tematiche legali di art sharing. Tra le sue ultime pubblicazioni
segnaliamo La Street art è illegale?, Compendio di diritto d’autore e Il collezionista d’arte
contemporanea.

Con lui abbiamo intervistato il writer BOL all’anagrafe Pietro Maiozzi che da Centocelle (quartiere
romano recentemente assurto alle cronache per l’incendio della libreria La pecora elettrica) dove è
nato, si impone come artista già negli anni Novanta. La sua azione artistica passa anche attraverso
un ruolo di vero e proprio formatore di giovani artisti dai laboratori con i ragazzi a quelli del Carcere
Minorile Casal Del Marmo. Attualmente BOL è impegnato in diversi progetti artistici ed è tra i
principali esponenti della scena dei designer toys capitolina con i progetti di Lallo il Pappagallo e
Squiddy.

E infine abbiamo parlato con lo street artist surrealista Mauro Sgarbi formatosi alla Scuola Romana
dei Fumetti ha contribuito con alcuni suoi lavori alla nascita nel 2014 del MAAM di Roma, il Museo
dell’altro e dell’altrove metropolitano ideato da Giorgio De Finis

Leggi qui il precedente intervento: Street Art
    o Arte Pubblica? Dal vandalismo alla
 valorizzazione dell’arte negli spazi pubblici
“Street art o arte pubblica” le due azioni sono in contrapposizione?

BOL: Non amo per niente le definizioni, ma se proprio costretto definisco streetart tutti i tipi di arte
fatti per strada, nei luoghi abbandonati come in quelli pubblici, nelle città o nelle campagne, con
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qualsiasi mezzo e tecnica riguardi, soprattutto il visuale. Arte pubblica rientra nella streetart come il
writing (basta chiamarlo “graffiti”, non siamo preistorici, va bene anche “lettering” se ci aiuta a
capirci meglio e a distinguerlo dal figurativo fatto a spray dagli stessi writers) e comprende anche
altre tecniche di intervento urbano, dai giocolieri ai semafori alle proiezioni video sui palazzi, agli
stickers, alla posterart ecc.

Mauro Sgarbi: Proprio in contrapposizione non direi, ma sicuramente sono due differenti tipi di
intervento artistico anche se entrambi vengono eseguiti per strada.

Roberto Colantonio: La differenza tra interventi spontanei e opere commissionate, con
committenti pubblici o sponsor privati, attiene alla natura giuridica dei rapporti che si vengono a
creare e all’ambito, extracontrattuale o contrattuale, dove ci si trova ad operare, con diversi risvolti
penalistici e amministrativi. Nulla toglie che un’opera di Street art “non autorizzata” possa essere
“adottata” da una pubblica amministrazione o dalle persone che abitano il quartiere, la strada dove è
stata realizzata.

Come le distingueresti?

BOL: Distinguerei solo le tecniche ed i materiali con cui vengono realizzate le opere. Non faccio
nessuna distinzione tra opere legali o illegali sono entrambe streetart. Quelle realizzate illegalmente
nascono da un bisogno non riconosciuto pubblicamente e dunque assumono un valore per me
maggiore delle altre, sarebbe auspicabile un maggiore rispetto di queste opere da parte di chi ha la
possibilità di realizzarne di legali, perché chi le realizza di nascosto corre un rischio non indifferente,
non viene mai pagato e lo fa solo per passione sacrificando sé stesso, il suo tempo e le sue risorse.

BOL

Mauro Sgarbi: La Street Art è una forma d’arte illegale che parla prettamente della società
attraverso le immagini e di solito ne evidenzia o soprattutto ne critica le storture e le contraddizioni.
Il più noto esponente di questa forma d’arte al mondo è proprio Banksy. Essendo una forma d’arte
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appunto illegale, la sua esecuzione deve essere molto veloce e quindi si adottano tecniche specifiche
come lo stencil e le immagini non saranno mai di grosse dimensioni.

L’Arte Pubblica invece, è una forma d’arte legale e il più delle volte è qualcosa di commissionato. Di
solito viene eseguito su facciate molto grandi di palazzi per il quale è necessario investire molto
tempo e mezzi. Essendo qualcosa di commissionato, molto spesso il soggetto viene concordato prima
richiedendo la produzione di un bozzetto.

Roberto Colantonio: Due sembrano essere elementi caratterizzanti la Street art: il luogo e il
consenso, quest’ultimo può essere declinato in senso affermativo, negativo (opposizione) o neutro
(tolleranza). La Street art procede dal basso verso l’alto, l’Arte pubblica solitamente dalla direzione
opposta, in un percorso che idealmente si dovrebbe incontrare a metà strada. Entrambe creano
consenso.

Come si è evoluto il concetto di copyright per le creazioni artistiche?

BOL: Sono da sempre contro il copyright, sono per la libera circolazione delle idee e delle
produzioni. Se produci qualcosa e lo poni in bella vista di tutti, non vedo perché gli altri non possano
utilizzarlo, farlo proprio, arricchire la propria esistenza e quella altrui diffondendolo, pubblicandolo
ecc. Se vuoi impedirlo per motivi economici, tienilo nel cassetto di casa tua finché non riesci a
venderlo al miglior offerente. Ve la dico con una rima di DJ Gruff “”…hanno già acquistato il
copyright della scena, stanno costruendo una nuova galera…”

Mauro Sgarbi: Sinceramente non saprei dire se c’è stato veramente una evoluzione in merito a
questo tema. Mi sembra che le cose a livello legislativo siano ancora come erano anni fa.

Roberto Colantonio: Con copyright si traduce, approssimativamente, da sistemi di common law,
l’istituto del diritto d’autore che, nel nostro ordinamento, ha radici diverse. Il diritto d’autore ha
l’indubbio merito di mettere al centro di ogni discorso, l’autore. La retribuzione dell’artista oggi è
uno dei punti dolenti da affrontare. Ma il diritto d’autore è un diritto proprietario che si scontra con
una sensibilità moderna orientata più verso la fruizione che il possesso, la condivisione rispetto
all’esclusiva e a ritagliare uno spazio consistente ai Beni comuni in queste nostre città dove tutto è
già preso, dove tutto è già di qualcuno.

Ha senso che un oggetto/azione artistica venga regolata legislativamente?

BOL: Si, anche se considero le leggi delle gabbie. Alcuni “animali” (veramente pochi per i miei
gusti) comunque li terrei fuori dai piedi anche con delle apposite gabbie. Per quanto riguarda le
azioni artistiche illegali toglierei subito le pene detentive da tre mesi a due anni e la multa per la
recidiva dell’articolo 634 del codice penale. Tornerei alla vecchia versione dell’articolo che
prevedeva l’obbligo di ripristino e di ripulitura dei luoghi interessati, solo su richiesta del
proprietario privato senza comprendere proprietà pubbliche. Lo farei in maniera retroattiva, così da
dare a chi vive fuori l’Italia per questo motivo, una possibilità di rientro nel nostro paese senza
conseguenze di tipo giudiziario.

Stabilirei, in aggiunta ai muri liberi già esistenti in molte città italiane, altrettanti spazi liberi dove
poter dipingere o fare altre attività artistiche, che siano essi pubblici e accessibili da chiunque senza
autorizzazione alcuna (come i “muri liberi” della delibera dell’Urban Act di Roma) che siano diffusi
in tutte le zone della città, non solo in quelle periferiche, e che siano adeguatamente pubblicizzati,
riconoscibili e fruibili da tutti.

Non tutelerei i muri autorizzati legalmente in nessun modo, non abbiamo bisogno di restrizioni ma di
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nuovi spazi, anzi direi che dopo qualche anno dovrebbero diventare automaticamente “muri liberi e
muri per tutti”, non solo per chi ha ottenuto l’autorizzazione a dipingere. Vorrei che le generazioni
future li prendano in consegna e decidano loro cosa debba rimanere e cosa dovrà venir rimpiazzato
con qualcosa che gli appartenga maggiormente. Non sento il bisogno di artisti “calati dall’alto”
(magari anche dall’estero, senza una reale radicazione e interazione con la popolazione locale) e di
opere mastodontiche imposte da curatori o da amministrazioni politicizzate che ne fanno uso
strumentale, elettorale, a volte puramente commerciale. Sento il bisogno di poter esprimere dal
basso qualsivoglia tema da parte di qualsiasi cittadino, senza restrizioni e censure varie.

Giuridicamente questo è possibile non solo attraverso delibere comunali, ma anche con leggi
nazionali. Sono certo che una legge nazionale per garantire il diritto a queste forme di espressione e
lo stabilire la presenza di questi spazi in maniera obbligatoria in ogni città aiuterebbe molto.

Mauro Sgarbi: Se ci si riferisce all’arte eseguita per strada, penso che magari l’immagine creata
sia giusto che venga “tutelata” come ad esempio viene fatto per le immagini eseguite per una
illustrazione di un libro o un poster. Invece, per quel che concerne il muro dove viene eseguita
l’opera, a mio avviso ritengo che debba rimanere sempre a discrezione del proprietario del muro.

Mauro Sgarbi

Roberto Colantonio: Il legislatore, saggiamente, non definisce cosa sia arte e cosa non lo sia e
tutela ogni creazione dell’intelletto. Tra queste rientrano senz’altro le opere di Street art.

Come può essere declinata in legislatura la valorizzazione? Come evitare che sia sempre sinonimo di
consumo o sfruttamento?

BOL: Il valore dell’opera non è nell’opera stessa, ma nella modalità in cui viene eseguita, dalle
motivazioni che spingono chi la realizza, dalla possibilità di operare in un contesto di legalità senza
restrizioni, da cosa genera la sua presenza sul territorio e molti altri elementi spesso svalutati o non
presi in considerazione. Manutenzione e conservazione non servono a nulla rispetto al poter
replicare l’esperienza che ha portato alla sua produzione in maniera libera da qualsiasi vincolo e
autorizzazione anche trasformando l’opera stessa o lasciando che il tempo segni la sua fine. Non
esiste una commissione di esperti che possa giudicare il valore di un’opera se non l’artista che l’ha
realizzata, le persone che la vivono, la fanno vivere, la trasformano o la replicano come esperienza.
Più che di valore di opere parlerei del valore dello spazio visuale, del suo consumo, sfruttamento e
possibile valore sociale.

Mauro Sgarbi: Ritengo che le opere fatte per strada abbiano una loro vita perché di fatto
interagiscono con il territorio in cui vengono inserite. Molto spesso alcune opere non rispecchiano il
luogo o ancor di più il sentimento di chi abita quel luogo e può avvenire che poi vengano anche
deturpate. A mio avviso questa è una forma di dialogo e rispecchia proprio la natura stessa dell’Arte
che si fa per strada. Penso che ciò che vada preservato a livello legislativo sia un’opera di Arte
Pubblica o quantomeno qualcosa che viene chiesto da parte della collettività. Il resto, sarà la strada
a decidere. Per quanto invece riguarda l’immagine, penso che quella vada sempre e comunque
tutelata.

Mauro Sgarbi
Roberto Colantonio: La tutela dei Beni culturali in Italia è, sulla carta, molto pregnante. Ma i Beni
culturali sono soltanto una parte, di assoluto valore certo, del nostro patrimonio storico, culturale e
artistico. In quest’ultima area viene a collocarsi la Street art. Coniugare arte e impresa è una sfida
che va posta innanzitutto su un piano culturale. Le sponsorizzazioni pubbliche, che sponsorizzazioni
non sono, hanno avuto l’effetto indesiderato di rallentare se non fermare, momentaneamente, il
fenomeno delle sponsorizzazioni private nell’arte. Più sponsor, che non ingeriscono nelle scelte
artistiche, e meno mecenati, figure più ingombranti e personalizzanti, potrebbe essere una ricetta
giusta.

Come dovrebbe declinarsi una legge sulla street art?

BOL: Le amministrazioni, una volta decisi gli spazi liberati dovrebbero lasciarli alla completa
disposizione delle persone che li vivono con la loro arte, saranno loro a decidere cosa farne, come
interagire con essi e come trasformarli nel tempo.

Mauro Sgarbi: Sinceramente non saprei cosa dire. La Street Art è una espressione che trova la sua
cifra e il suo stile nella libertà che quindi cozza con le regole. Se invece parliamo di Muralismo o
Arte Pubblica allora sicuramente quello è un bene che deve essere tutelato da chi commissiona
l’opera. Se è il Comune ci dovrebbe pensare il comune a salvaguardare un bene che è della
collettività, come avviene per le opere all’interno dei vari musei d’arte capitolini ad esempio.

Roberto Colantonio: Non sono sicuro della necessità di una legge sulla Street art, ora come ora.
La Street art è già regolamentata, direttamente o indirettamente, dal diritto d’autore e dai diritti
reali e obbligatori (compravendita, multiproprietà, noleggio, fitto, comodato, etc.).

Aggiungere a questa tutela la protezione dei Beni culturali porterebbe a risultati contropruducenti
(si tutelerebbe solo un numero limitatissimo di opere e solo dopo molto tempo dalla loro creazione e
un Condominio di uno stabile di edilizia popolare si ritroverebbe una parete vincolata dalla
Sovrintendenza!).

Attualmente, vedo più la necessità di lavorare a un tavolo congiunto per individuare precedenti,
prassi e convenzioni. Qual è il minimo comune denominatore che unisce artisti spesso così diversi?
Quali sono i loro “comandamenti”? Non crossare? Non copiare? Sono soltanto alcune ipotesi. Loro ci
indicheranno le altre. La strada per un diritto consuetudinario della Street art è lunga, ma non
impossibile. Considerando che la giurisprudenza è in via di formazione e non ci sono orientamenti
consolidati.

Come si può favorire la street art?

BOL: Dando spazio libero all’arte dal basso, fornendo spazi a tutti senza alcuna distinzione dettata
da sedicenti esperti. Senza regolamenti o autorizzazioni che ne limitino l’azione. Dando il nostro
sostegno a curatori e progetti come quelli di Pinacci Nostri, Invisibile – Ex Muracci Nostri, quelle
esperienze portate avanti dai Pittori Anonimi Trullo di Roma o del collettivo Wiola Viola a Milano che
hanno coinvolto le persone abitanti nelle zone che hanno fatto dipingere, che hanno sviluppato
conoscenze e pratiche innovative in questo campo. Questi sono esempi di come si può operare bene
nelle nostre città favorendo una naturale trasformazione/evoluzione dell’arte in strada, di come la
modificazione di uno spazio sia accettabile solo quando chi lo vive è protagonista del processo. Non
ci sarebbero più murales sfregiati, ma trasformati secondo le esigenze espresse da chi vive quello
spazio e lo vuole far suo contribuendo con l’azione diretta.
BOL

Mauro Sgarbi: La Street Art o Muralismo o Arte Pubblica o Urban Art, insomma, tutta quella forma
artistica che viene fatta per strada in modo più o meno illegale, è quella forma d’arte che
caratterizza questo preciso periodo storico. Penso che tra 100 anni, quando gli studiosi del 2120
studieranno l’arte di oggi faranno riferimento a questa forma d’arte. Quindi non penso vada favorita,
l’arte è espressione della vita di tutti i giorni e riflette la nostra società. Ciò che arriverà intatta o in
parte ai posteri, sarà frutto dell’opera di conservazione di qualcuno che lo avrà fatto per premura di
conservazione di qualcosa da tramandare alla storia. So di sembrare molto fatalista, ma è quello che
penso sia la forma più naturale per questa espressione artistica.

Roberto Colantonio: A medio-lungo periodo, creando precedenti nelle Corti di merito che, pur
senza valore vincolante, potranno orientare il Giudice per i casi futuri. Non dimentichiamo che è un
terreno nuovo anche per loro e che non si è formata ancora neppure una figura di “esperto di Street
art” che possa affiancarli come c.t.u.

Nell’immediato, con un’esimente all’art. 639 c.p. per le opere di Street art per un reato che già, in
larga parte, di natura contravvenzionale e ad alcuni regolamenti di polizia urbana adottati dai vari
Comuni. Penso in particolare all’art. 22 del regolamento adottato dal Comune di Roma l’8.07.2019
che, pur elencando centurioni e figuranti, non accenna minimamente agli Street art e alle loro opere.
Nessuna città può fare a meno di opere d’arte perché ne ha già troppe, neppure l’Urbs per
antonomasia.

Come è messa la legislazione Italiana? Quale è la legislazione più avanzata?

BOL: È messa male, sono previste pene detentive e risarcimenti stratosferici che limitano l’arte
libera a spazi esigui. Le modalità di richiesta di autorizzazione sono incredibilmente complesse per
un cittadino che non ne faccia il proprio lavoro e spesso vengono rifiutate. È una legge repressiva,
vecchio stampo, in un paese che avrebbe bisogno di rinnovamento dal basso, lì dove sorgono le idee,
da dove si dipinge spontaneamente, autofinanziandosi, a volte illegalmente, perché non c’è ancora
un’alternativa credibile che vada al di là delle logiche commerciali che stanno rovinando il nostro
visuale quotidiano anche con decorazioni fine a sé stesse. Logiche commerciali a cui spesso noi
artisti siamo costretti per vivere, ma non per esprimerci come vorremmo.

Comunque lo facciamo lo stesso, quando e dove vogliamo, nonostante le leggi, nonostante siano
passati decenni dalla prima tag di un writer su muro, nonostante abbiamo cercato di limitarci in tutti
i modi, nessuno mai fermerà l’arte spontanea nelle strade.

Tanto meno le variopinte associazioni che affermano di combattere il “degrado” identificandolo con
l’arte libera e illegale, con il writing e la posterart. Le stesse che nascondono, dietro azioni di
volontariato dei cittadini, la reale volontà di sostituirsi alle istituzioni e alle lotte della cittadinanza
per i propri diritti. La pulizia delle strade e la manutenzione dei giardini sono ad esempio a carico
delle amministrazioni locali e queste associazioni, invece di incitare al riconoscimento di questi
diritti, si fanno paladini di un decoro a modo loro, spesso cancellando opere d’arte di cui ignorano
storia e importanza culturale.

Pur essendo totalmente ignari di cosa comporti la loro azione, non sono giustificabili sul piano
morale. Gli andrebbe impedito di agire con un’apposita legge, sempre che abbiano timore di agire
illegalmente o che servisse veramente a scoraggiarli. Vi lascio con un’immagine del Granma –
Laboratorio politico che ha regalato ai nostri quartieri tempo fa con un poster, buon proseguimento.

Mauro Sgarbi: Onestamente non sono molto ferrato sulla questione. Mi è capitato in qualche
occasione di subire un furto di una mia immagine. Sono riuscito a risolvere la situazione con un
accordo, ma io sono fortunato perché sono sposato con un avvocato. Penso che gli Stati Uniti siano il
paese con più tutele dal punto di vista del diritto d’autore, ma questo è un tema molto complesso per
cui ci sono professionisti che si occupano solo di questo.

Roberto Colantonio: La nostra legislazione ha una buona capacità strutturale di affrontare
situazioni atipiche e in parte lo si è visto anche messa alla prova dinanzi alla Street art, che non
nasce, è bene ricordarlo, in Italia. Per le altre, non mi pronuncio, in rispetto al dovere deontologico
di competenza.
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