La stima dello stock di beni durevoli delle famiglie: un primo contributo sperimentale - n. 6/2009 - Istat
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
n. 6/2009 La stima dello stock di beni durevoli delle famiglie: un primo contributo sperimentale C. Corea, I. Donnarumma e A. Frenda
ISTAT – Servizio Editoria - Centro stampa
n. 6/2009 La stima dello stock di beni durevoli delle famiglie: un primo contributo sperimentale C. Corea(*), I. Donnarumma(*) e A. Frenda(*) (*) ISTAT - Direzione Centrale della contabilità nazionale
Contributi e Documenti Istat 2009 Istituto Nazionale di Statistica Servizio Editoria – Centro stampa Via Tuscolana, 1788 - 00173
La stima dello stock di beni durevoli delle famiglie: un primo contributo sperimentale Carolina Corea, Istat, DCCN Incoronata Donnarumma, Istat, DCCN Antonio Frenda, Istat, DCCN Sommario: La stima dello stock dei beni durevoli delle famiglie pone problemi di natura concettuale che attengono sia alla definizione di produzione accolta nell’ambito dei conti nazionali, sia alla misura della ricchezza delle famiglie. Al di là delle questioni teoriche, il lavoro presentato propone una prima stima dello stock di beni durevoli, ottenuta applicando il “metodo dell’inventario permanente”, attraverso il quale si è tentato di rappresentare il processo di accumulazione dei beni durevoli acquistati dalle famiglie, nell’ipotesi di vite medie fisse. Il metodo consente di valutare lo stock lordo di beni durevoli e gli ammortamenti che misurano la perdita di valore dei beni durevoli imputabile all’usura fisica e all’obsolescenza tecnologica. L’applicazione del metodo richiede la disponibilità di serie storiche sufficientemente lunghe della spesa per consumi finali delle famiglie per beni durevoli, informazioni sulla vita media delle varie tipologie di beni considerati, la formulazione di alcune ipotesi sulla distribuzione dei ritiri, il calcolo di opportuni indici di prezzo per tener conto del fatto che si cumulano spese effettuate in tempi diversi. Lo stock, infatti, è valutato sia ai prezzi di sostituzione (per fa sì che i beni acquistati in passato risultino espressi ai prezzi dell’anno corrente t), sia ai prezzi di un anno di riferimento (in questo caso il 2000), per avere una valutazione dello stock in termini di valori concatenati. La distribuzione dei ritiri è rappresentata da una normale troncata, centrata sulla vita media del bene durevole e i cui limiti di troncamento vengono fatti coincidere con la vita minima e con la vita massima del bene in questione. Un’ulteriore difficoltà operativa riguarda la definizione delle vite medie, per le quali non esistono informazioni puntuali e consolidate. Alcune semplificazioni sono peraltro risultate necessarie per tentare di accorpare i prodotti in dieci categorie di beni durevoli il più possibile omogenee sotto il profilo delle vite medie, anche tenendo conto dei dati disponibili. Parole chiave: beni durevoli, consumi delle famiglie, ricchezza, stock lordo, vite medie, ammortamenti Le collane esistenti presso l'ISTAT - Contributi e Documenti - costituiscono strumenti per promuovere e valorizzare l'attività di ricerca e per diffondere i risultati degli studi svolti, in materia di statistica ufficiale, all'interno dell'ISTAT e del Sistan, o da studiosi esterni. I lavori pubblicati Contributi Istat vengono fatti circolare allo scopo di suscitare la discussione attorno ai risultati preliminare di ricerca in corso. I Documenti Istat hanno lo scopo di fornire indicazioni circa le linee, i progressi ed i miglioramenti di prodotto e di processo che caratterizzano l'attività dell'Istituto. I lavori pubblicati riflettono esclusivamente le opinioni degli autori e non impegnano la responsabilità dell'Istituto.
Indice 1 Definizioni e questioni concettuali aperte 9 2. Aspetti introduttivi all'applicazione del metodo dell'inventario permanente 10 2.1 Stock lordo e netto 10 2.2 Alcune questioni operative 10 3. La disaggregazione dei dati di Contabilità nazionale attraverso l'uso dei dati della rilevazione Istat sui consumi delle famiglie 11 4. Le vite medie 13 5. Il metodo dell'inventario permanente: il calcolo dello stock lordo e degli ammortamenti 16 5.1 Il calcolo degli ammortamenti 17 5.2 I diversi criteri di valutazione 17 5.3 L'aggregazione di beni eterogenei: il diverso progresso tecnologico incorporato, l'unicità di alcuni beni capitali, la questione dei prezzi 17 6. Il caso dei gioielli nella stima dello stock dei beni durevoli 18 7. I risultati 19 8. Conclusioni 27 7
1. Definizioni e questioni concettuali aperte I beni di consumo durevoli, suscettibili cioè di uso prolungato (pluriennale)1, quali gli arredi, gli elettrodomestici, le autovetture,… sono registrati come beni di consumo se acquistati dalle famiglie, ma come beni di investimento se acquisiti dalle imprese. Quanto alla distinzione tra beni di consumo e beni di investimento, la Contabilità nazionale riconosce ai beni durevoli acquistati dalle famiglie la qualità di beni di consumo finale, anche se per i loro caratteri intrinseci (materialità e durevolezza) essi potrebbero essere trattati come beni capitali; e lo sono di fatto quando l’acquisto è effettuato dalle imprese o dalle amministrazioni pubbliche. Negli schemi di Contabilità nazionale, i beni durevoli, sebbene siano per alcuni aspetti simili alle attività reali, sono dunque esclusi dal computo della ricchezza. Il System of National Accounts (SNA) raccomanda tuttavia di inserire la stima dello stock dei beni durevoli come un “memorandum item” del conto patrimoniale delle famiglie. In ogni caso, dato il peso dei beni durevoli sulla spesa complessiva delle famiglie, nelle rilevazioni statistico-economiche viene spesso riservato ampio spazio a questa categoria di beni. L’inclusione dei beni durevoli tra le attività reali sarebbe giustificata se il sistema dei conti nazionali trattasse tali beni come strumenti utilizzati nel processo di produzione di servizi. Se i beni durevoli di consumo fossero trattati come capitali fissi e, dunque, se il loro acquisto fosse classificato come investimento e non come consumo finale, essi dovrebbero entrare a far parte anche della ricchezza delle famiglie che di fatto tendono spesso a considerarli alla stregua di beni capitali. La Contabilità nazionale, invece, classifica l’intera spesa per beni durevoli come consumi finali (Siesto V., 1996) E’ quindi in corso a livello internazionale un dibattito sull’opportunità di considerare le spese per beni durevoli come investimenti e non come consumi, tenendo anche conto del fatto che si modificherebbe di conseguenza la propensione al risparmio (Jalava J., Kanovius I.K., 2007). Esistono inoltre in letteratura numerosi spunti circa la possibilità di contabilizzare i servizi resi dai beni di consumo durevoli, come avviene, ad esempio, in un’ottica di costruzione del conto satellite delle famiglie (Eurostat, 2003), nell’ambito della quale si estenderebbe il concetto stesso di produzione delle famiglie (e di produzione in genere) accolto in ambito SNA e SEC per la compilazione dei conti nazionali. In base ai limiti attualmente imposti dai manuali citati, infatti, rientrano nella produzione i servizi personali e domestici prestati nell’ambito della famiglie da personale retribuito, la produzione per uso proprio di abitazioni, la produzione e la trasformazione per uso proprio di prodotti agricoli, la produzione per uso proprio di servizi di abitazione da parte di coloro che occupano l’abitazione di cui sono proprietari. La compilazione di un conto satellite delle famiglie, invece, presupporrebbe che, oltre a quelle già elencate, anche attività quali la produzione di servizi domestici non retribuiti prestati dagli stessi membri della famiglia venissero registrati come produzione; in tal senso, i beni durevoli dovrebbero essere trattati come beni capitali e il consumo (perdita di valore) di tali beni come un input del processo di produzione. Dunque, al pari di quanto avviene per i beni capitali (stock di beni capitali derivante dall’accumulazione di beni acquisiti attraverso spese per investimenti), lo stock di beni durevoli di consumo potrebbe essere visto sia come componente della ricchezza (e dunque del benessere) dei suoi possessori, sia come input di un processo di produzione; da tale punto di vista, avrebbe interesse la stima del volume e del valore di servizi generati dallo stock, misura indiretta della utilità creata ai possessori dello stock. L’esercizio di calcolo dello stock qui proposto, partendo dalla stima delle spese per beni durevoli che la Contabilità nazionale correntemente produce e diffonde, vuole essere un contributo sperimentale al dibattito sul tema e segnare l’avvio di un possibile percorso di ricerca. 1 Un bene viene economicamente classificato come durevole nel momento in cui la sua utilità si protrae per un periodo minimo di tre anni; per periodi tra 1 e 3 anni si parla in genere di beni semidurevoli. 9
2. Aspetti introduttivi all’applicazione del metodo dell’inventario permanente 2.1 Stock lordo e netto Tentando di riprodurre artificialmente e sotto determinate assunzioni il processo di accumulazione dei beni durevoli, il metodo dell’inventario permanente consente di ottenere una stima dello stock lordo e netto di beni durevoli posseduti dalle famiglie. I beni che compongono lo stock lordo sono valutati “come se fossero nuovi”, ossia ai prezzi pagati sul mercato nel periodo cui si riferisce la valutazione dello stock: in questo caso i beni entrano a fare parte dello stock come se il loro valore fosse rimasto intatto. In altri termini, lo stock lordo al tempo t è ottenuto cumulando le spese effettuate (anche in passato) per acquisire tutti i beni durevoli disponibili al tempo t, ma valutate ai prezzi “pieni” del periodo a cui è riferita la stima, dunque senza tener conto del logorio, dell’usura e dell’invecchiamento tecnologico cui sono stati soggetti i beni dal momento del loro acquisto fino all’anno corrente t. Per considerare invece anche l’età e le condizioni effettive dei beni durevoli, dallo stock lordo si passa a quello netto, detraendo dal primo gli ammortamenti, cioè il valore cumulato del consumo dei beni stessi. L’ammortamento è dunque una misura della perdita di valore economico del bene, dovuta ad usura fisica, obsolescenza tecnologica e, infine, a cause accidentali. In tal modo, si tiene conto del fatto che la maggior parte dei beni in uso in certo periodo, diciamo t, sono in realtà stati acquistati in anni precedenti e dunque hanno subito una perdita di valore. 2.2 Alcune questioni operative Gli elementi necessari per poter procedere all’applicazione del metodo sono: -le serie storiche delle spese per beni durevoli di consumo a prezzi correnti e a prezzi dell’anno precedente; -informazioni sulle vite medie dei vari beni; -informazioni circa la funzione di sopravvivenza dei beni (forma e parametri della distribuzione); -gli indici di prezzo (per convertire i valori di spesa a prezzi di sostituzione e a prezzi dell’anno precedente ) E’ opportuno sottolineare che l’estensione delle serie storiche deve tener conto dell’anno a partire dal quale si stima lo stock, in relazione alla vita massima fissata per ciascuna delle categorie di beni considerate. La valutazione dello stock parte dal 1990, tenuto conto della lunghezza delle vite medie considerate e dell’anno a partire dal quale sono disponili le serie storiche della spesa per consumi finali delle famiglie, il 1970. Per i gioielli, è stata operata una ricostruzione fino al 1950, per poter fissare una vita media superiore a 20 anni. Per quanto riguarda la funzione di sopravvivenza (si veda il paragrafo 5), la media della distribuzione rappresenta evidentemente un parametro particolarmente importante, la cui scelta condiziona in misura significativa i risultati. Alcuni aspetti relativi alle vite medie dei beni durevoli sono discussi nel paragrafo che segue. Tra le questioni operative affrontate, come si ribadirà nel prosieguo dell’esposizione, vi è anche quella del passaggio dai prezzi correnti ai prezzi di sostituzione e ai prezzi di un anno di riferimento. Lo stock di beni durevoli è, infatti, il risultato di un processo di accumulazione che avviene in un arco di tempo precedente il periodo t cui si riferisce la valutazione. Pertanto, le spese effettuate in periodi precedenti devono essere rivalutate, ossia convertite, tramite opportuni indici di prezzo, ai prezzi dell’anno t in cui si valuta lo stock. Anche per ottenere i valori concatenati, si ricorre ad indici di prezzo che consentono di esprimere le spese avvenute prima dell’anno t ai prezzi di un anno di riferimento che, nel caso particolare, è il 2000. 10
3. La disaggregazione dei dati di Contabilità nazionale attraverso l’uso dei dati della rilevazione Istat sui consumi delle famiglie Come è noto, le spese per consumi finali stimate in Contabilità nazionale si distinguono in spese per beni e spese per servizi. In particolare, nell’ambito dei beni si opera un’ulteriore distinzione che consente di separare i beni durevoli dai non durevoli e dai semidurevoli. Per quanto riguarda i beni durevoli, la spesa totale è il risultato della somma delle spese relative alle seguenti sei categorie: -Mobili ed elettrodomestici -Beni sanitari durevoli -Autovetture e motocicli -Articoli di telefonia -Beni durevoli per la ricreazione -Gioielli ed orologi. Ciascuna delle suddette categorie include prodotti omogenei per finalità di consumo, ma caratterizzati da una differente vita media. Poiché la stima dello stock dei beni durevoli delle famiglie richiede la definizione delle vite medie dei beni che entrano a far parte dello stock stesso, è stato necessario disaggregare i dati di spesa riferibili alle sei categorie elencate per arrivare a gruppi di prodotti più omogenei sotto il profilo delle durate. A tale scopo, sono stati utilizzati i dati della rilevazione Istat sui consumi delle famiglie italiane che fornisce un notevole grado di dettaglio. I pesi desunti dall’indagine hanno reso possibile individuare i seguenti dieci gruppi di beni durevoli: -Mobili -Grandi elettrodomestici -Beni sanitari durevoli -Mezzi di trasporto (automobili, motocicli, barche, caravan,…) - Articoli di telefonia fissa -Articoli di telefonia mobile -Personal computer -Apparecchi radio-Tv -Gioielli ed orologi -Altri beni durevoli (articoli complementari d’arredo, piccoli elettrodomestici, beni durevoli per la ricreazione,…). Le corrispondenze tra ciascuna delle sei voci ufficiali dei beni durevoli e quelle della classificazione adottata per l’esercizio sono riportate nella tavola seguente. 11
Tavola 1-Raccordo tra la classificazione di Contabilità nazionale dei beni durevoli e quella utilizzata per la stima dello stock Classificazione CN beni durevoli a 6 voci Classificazione dei beni durevoli a 10 voci Mobili Mobili Mobili Grandi Elettrodomestici Mobili Altri beni durevoli Beni sanitari durevoli Beni sanitari durevoli Autovetture e motocicli Mezzi trasporto Telefoni e articoli di telefon Telefonia fissa Telefoni e articoli di telefon Telefonia mobile Beni durevoli per la ricreazi Personal computer Beni durevoli per la ricreazi Mobili Beni durevoli per la ricreazi Mezzi trasporto Beni durevoli per la ricreazi Apparecchi radio-TV, H i-fi, registratori, videocamere, macchine Beni durevoli per la ricreazi Altri beni durevoli Gioielli e orologi Gioielli e orologi _____________________________________________________________________________ Si noti che le dieci voci individuate comprendono anche le relative spese per riparazione le quali, al pari della spesa per l’acquisto dei beni, contribuiscono ad alimentare lo stock poiché consentono il mantenimento in uso dei beni stessi. Il caso della voce “mobili”, una delle voci maggiormente interessate dalla disaggregazione delle funzioni di partenza, può essere presa come esempio di riclassificazione. Per quanto riguarda questa voce, infatti, i dati dell’indagine si riferiscono ad una variegata categoria di beni che, solo in parte, possono essere identificati come mobili in senso stretto. E’ stato dunque necessario, utilizzando le informazioni tratte dalla rilevazione Istat sui consumi delle famiglie, separare le spese relative ai mobili e agli arredamenti completi, sia da quelle riferite ai grandi elettrodomestici, che costituiscono una voce a sé tra le dieci individuate per l’esercizio, sia da quelle relative agli articoli complementari d’arredamento o ai piccoli elettrodomestici che sono stati invece accorpati con gli altri beni durevoli. Un’altra voce significativamente coinvolta nella riclassificazione è quella relativa ai beni durevoli per la ricreazione, che vengono infatti ripartiti tra cinque voci più specifiche: -personal computer; -mobili; -mezzi di trasporto; -apparecchi radio-Tv, Hi-fi, registratori, videocamere, macchine fotografiche; -altri beni durevoli. In particolare, viene isolata la spesa relativa ai personal computer (sono incluse anche le altre attrezzature informatiche, le calcolatrici, le macchine da scrivere e tutte le riparazioni relative) che formano una voce a se stante. La parte relativa ai mobili che si riferisce agli strumenti musicali viene scorporata dai beni durevoli per la ricreazione e riclassificata tra i mobili appunto, perché si considera che la maggior parte del valore sia rappresentato dai pianoforti. Gli apparecchi radio-tv, al pari dei personal computer sono classificati come voce autonoma; il resto confluisce negli altri beni durevoli. La voce “telefoni e articoli di telefonia” è stata riclassificata in modo da poter trattare separatamente i dati relativi ai consumi di telefonia fissa e quelli riguardanti invece la telefonia mobile. Le autovetture e i motocicli sono stati riclassificati come mezzi di trasporto che, oltre a comprendere le spese per automobile, motocicletta, motorino e bicicletta nuovi e le spese per le relative manutenzioni e 12
riparazioni, include anche le spese per i camper nuovi (originariamente classificati invece, come beni durevoli per la ricreazione). Gli altri beni durevoli, infine, rappresentano una voce residuale costruita essenzialmente come aggregazione di una parte dei beni durevoli per la ricreazione (es. articoli sportivi), di beni di arredamento diversi dai mobili, di utensili vari per la casa e di piccoli elettrodomestici, ossia di quei beni che, per valore economico e per durata di vita media, non possono essere classificati né come mobili in senso stretto, né come grandi elettrodomestici. Fonti statistiche per la stima dei beni durevoli La rilevazione Istat sui consumi delle famiglie italiane è una delle principali fonti di stima dei consumi delle famiglie. Per alcuni beni e servizi, quali i beni durevoli, le informazioni da essa fornite però, sono integrate da stime ottenute con il metodo della disponibilità e/o con dati puntuali di fonte amministrativa. In particolare, il metodo di calcolo della disponibilità consente una stima dei consumi dal lato dell’offerta, ossia a partire dal dato relativo alla produzione di tali beni, cui si applicano delle quote di destinazione economica (consumi finali, consumi intermedi e investimenti). Tra le principali fonti statistiche di riferimento ci sono altre rilevazioni dell’Istat sul “Sistema dei Conti delle Imprese” (SCI) e sulle “Piccole e Medie Imprese” (PMI) nonché la rilevazione annuale della produzione industriale (ProdCom), nonché i dati dell’interscambio di beni con l’estero Il metodo della disponibilità è rilevante, ad esempio, per la stima dei mobili e degli articoli per la casa, così come per la stima dei gioielli. L'indagine sui Bilanci di famiglia, infatti, tende a sottostimare le spese poco frequenti e di maggiore entità e, in generale, non è consigliabile utilizzare i risultati di un'indagine campionaria quando si è in presenza di acquisti "rari" com'è il caso dei mobili. Per quanto riguarda l’uso di fonti amministrative, si può citare l’esempio dei mezzi di trasporto. Il metodo utilizzato per la stima della spesa per autovetture parte dal numero di autovetture immatricolate, cui viene applicata un’opportuna struttura di prezzi. Le informazioni necessarie provengono da elaborazioni dell’Associazione Nazionale Fra Industrie Automobilistiche (Anfia), da dati forniti dal Ministero dei Trasporti e dall’ Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri (Unrae). Per alcuni capitoli di spesa, invece, la già citata rilevazione sui consumi delle famiglie è l’unica fonte disponibile: è il caso, ad esempio, delle spese per la riparazione di beni per la casa o beni ricreativi (Istat, 2000). 4. Le vite medie Come si è anticipato nel paragrafo precedente, l’applicazione del metodo dell’inventario permanente richiede che siano definite le vite medie dei beni durevoli. Il peso dell’acquisto di beni durevoli sulla spesa complessiva delle famiglie è circa pari al 10% e, data la loro caratteristica di durevolezza e l’entità della spesa che si deve sostenere per il loro acquisto, essi possono condizionare notevolmente la percezione che i consumatori hanno del loro livello di vita. 13
La composizione dello stock di beni durevoli è evidentemente influenzata dalla loro vita media che dipende, a sua volta, non solo dalle caratteristiche tecnologiche e fisiche dei beni stessi, ma anche da variabili economiche e socio-demografiche dei consumatori, quali il reddito, l’età e l’evoluzione delle loro preferenze. Il concetto di vita media è legato a quello di ammortamento, poiché l’entità dell’ammortamento dipende dalla vita economica del bene considerato. Nell’ambito di un approccio di Contabilità nazionale, occorre ricordare che gli ammortamenti sono definiti nel SEC’95 come “ la perdita di valore subita dalle attività nel corso del periodo in esame per effetto del normale logorio fisico e dell’obsolescenza prevedibile...”. Il concetto di ammortamento cui fa riferimento la Contabilità nazionale non va confuso con quello usato dalle imprese nella loro contabilità civilistica e fiscale, regolate dalle rispettive normative. Le vite medie utilizzate ai fini dell’esercizio proposto tengono a loro volta conto dell’evidenza empirica, dei pareri degli esperti di settore, dell’esperienza di altri paesi che hanno prodotto stime dello stock dei beni durevoli delle famiglie. In particolare, le fonti utilizzate per la determinazione delle vite medie e del processo di obsolescenza dei beni durevoli sono state le seguenti: -indagini sulla ricchezza della Banca d’Italia; -manuale dell’OCSE (OECD, 2001): in esso, anche se destinato sopratutto all’analisi del capitale come forma di investimento, vengono fornite durate medie per beni durevoli di uso delle famiglie, come auto, apparecchi domestici ed elettrici, secondo le esperienze statistiche di paesi anche extraeuropei, come Stati Uniti e Singapore; -garanzie fornite da grandi multinazionali produttrici (ad esempio, Ikea); -contratti di assicurazione di società finanziarie. Nell’esercizio proposto, si fa riferimento all’ipotesi di vite medie costanti, ma in realtà la vita media di un bene varia nel tempo a causa delle fluttuazioni relative alle domande di primo acquisto e di sostituzione e, dunque, in relazione alle caratteristiche tecnologiche dei beni e all’evoluzione dei gusti dei consumatori. Le vite medie fisse usate nell’esercizio sono dunque delle sintesi relative alle informazioni raccolte attraverso le fonti utilizzate e sono riportate nella Tavola 2. Si rileva infine che la vita economica dei beni durevoli può essere molto diversa a seconda dei beni considerati: le stime utilizzate sono comprese tra i 3 anni degli apparecchi di telefonia mobile ai circa 40 di gioielli ed orologi. Tavola 2-Vite medie utilizzate per le diverse tipologie di beni durevoli Funzioni di consumo aggregate Vite medie (in anni) Mobili 15 Grandi Elettrodomestici 8 Sanitari durevoli 4 Mezzi di trasporto 9 Telefonia fissa 5 Telefonia mobile 3 Personal computer 5 Apparecchi radio-TV, Hi-fi, registratori, 7 videocamere, macchine fotografiche Gioielli e orologi 39 Altri beni durevoli 3 _____________________________________________________________________________ 14
Per i beni di consumo durevoli si distingue in letteratura tra domanda di primo acquisto e domanda di sostituzione. La domanda di primo acquisto considera: -il numero di unità di consumo esistenti e l’aumento del rispettivo tasso di dotazione; -il numero di nuove unità di consumo nette e il relativo tasso di dotazione. La domanda di sostituzione chiama in causa i seguenti elementi: - la dimensione del parco beni esistente, cioè la quantità di beni durevoli di un determinato tipo presenti all’interno delle famiglie: infatti, la domanda di un dato bene al tempo t+1 dipenderà dalla fase del ciclo di vita del prodotto in quel determinato intervallo temporale. Il ciclo di vita di un prodotto ha quattro fasi principali: fase di introduzione (nella quale compare sul mercato), fase di crescita (in cui le vendite aumentano rapidamente), fase di maturità (durante la quale la curva di vendita sale sino ad un picco per poi cominciare a scendere), fase di declino; - la distribuzione della durata di vita dei beni esistenti, che dipende dalla perdita di efficienza economica e di valore di un bene: essa è correlata al processo dell’ammortamento sopra indicato. In particolare, tra domanda di sostituzione e vita media vi è una relazione inversa, in quanto l’aumento della vita utile del bene durevole tende a ridurre la domanda di sostituzione; - il tasso di sostituzione del prodotto in questione: l’effetto di sostituzione, in particolare, indica come il consumatore sostituisca un bene con un altro quando varia uno dei prezzi ed il potere d’acquisto rimane costante. Tale tasso dipenderà dalla presenza sul mercato di beni succedanei rispetto al prodotto oggetto di studio, quindi con caratteristiche analoghe, e che possono sostituirsi ad esso nella soddisfazione di uno stesso bisogno. In particolare, se la domanda del bene 1 aumenta all’aumentare del prezzo del bene 2, allora si può dire che il bene 1 è un sostituto del bene 22. Inoltre, la variazione complessiva della domanda sarà quindi influenzata dall’effetto di sostituzione; -l’effetto scomparsa unità di consumo (cioè il mutamento di gusti dei consumatori): infatti, la domanda di un bene dipende dall’ampiezza della fascia di consumatori. Se, ad esempio, una determinata moda che coinvolge l’uso di particolari orologi non è più seguita particolarmente, vi sarà un decremento delle relative unità consumatrici, e quindi della domanda complessiva relativa al bene considerato. Occorre quindi rilevare come sia importante, per lo sviluppo dei consumi delle famiglie, l’attività di promozione (pubblicità) compiuta dalle aziende (che sarà presente nei conti nazionali come una spesa relativa a servizi), per una determinata categoria di prodotti o una marca specifica; - il possibile effetto di sostituzione, per l’introduzione di nuove tecnologie che rendono un determinato oggetto “superato dai tempi” ed obsoleto: è il caso, ad esempio, del videoregistratore che, con l’introduzione del Dvd, non risulta più un bene richiesto dalle famiglie in maniera particolarmente significativa. Per effettuare analisi comparative di tipo internazionale, è bene considerare come le scelte di una collettività in un determinato momento dipendano dal tenore di vita raggiunto dalla collettività stessa. Infatti, con il miglioramento delle condizioni di vita, cioè col progresso, si verifica parallelamente una evoluzione dei consumi; determinati beni vengono acquistati come “status-symbol”, e cioè rappresentano un indice della posizione socio-economica occupata. 2 Se la domanda del bene 1 diminuisce quando aumenta il prezzo del bene 2, si dice che il bene 1 è un “complemento” del bene 1 (Gravelle H., Rees R., 2004 ) 15
5. Il metodo dell’inventario permanente: il calcolo dello stock lordo e degli ammortamenti Il metodo dell’inventario permanente genera una stima dello stock di capitale lordo cumulando le spese passate per l’acquisto di beni durevoli lungo l’arco della loro vita utile. Nella versione tradizionale e più comunemente utilizzata, il metodo consiste nell’ottenere una stima dello stock di capitale lordo, avendo definito una legge di deprezzamento e una funzione di probabilità per i ritiri dei beni (o, specularmente, una funzione di sopravvivenza). Queste ultime consentono di calcolare il consumo di capitale fisso e di ottenere dunque lo stock netto, sottraendo dallo stock lordo il consumo di capitale fisso che si cumula nel tempo (nell’arco di tempo che separa l’istante in cui il bene è introdotto, ossia acquistato, e l’istante in cui il bene è ritirato). Il metodo tenta, in definitiva, di riprodurre artificialmente e sotto determinate assunzioni il processo di accumulazione dei beni durevoli. Dalla funzione di probabilità che descrive il meccanismo dei ritiri (funzione di mortalità) si ricava la funzione di sopravvivenza per le diverse categorie di beni. Se f(x; ϑ ) è la funzione di densità di probabilità che rappresenta il meccanismo dei ritiri, essendo ϑ il parametro (o il vettore di parametri) della distribuzione, la funzione di sopravvivenza può essere definita come segue: t g( τ ; ϑ )= 1- ∫ t −τ f ( x;ϑ )dx (1) Tale funzione esprime la probabilità che un bene introdotto al tempo t − τ sia ancora in uso al tempo t (Lupi C., Mantegazza S., 1993). Lo stock lordo al tempo t, che misura il valore cumulato delle spese per beni durevoli di consumo effettuate nei periodi precedenti t fino a t (incluso), può quindi essere espresso come segue: t Kt= ∑τ =0 g (τ ;θ ) C t −τ = ∑τ ∞ ∞ =0 (1 − ∫ f ( x;θ )dx) C t −τ t −τ (2) ove Ct-τ rappresenta la spesa sostenuta in t-τ per l’acquisto del bene durevole. Nel caso in cui i parametri non si mantengano costanti nel tempo, la (2) assume la forma: τ j +1 Kt= ∑τ =0 (1 − ∑ ∞ j =0 ∫ f ( x;ϑ j j )dx) C t −τ (3) Questa formulazione deve essere sostituita alla (2) nell’ipotesi di vite medie variabili. Per poter procedere operativamente all’applicazione del metodo dell’inventario permanente è necessario esplicitare la forma funzionale f(x; ϑ ) che compare nella (1). Tra le formulazioni più usate vi è quella normale. In questo caso, la distribuzione dei ritiri è centrata sulla vita media del bene di consumo durevole. Tuttavia, dato che lo spazio dei valori possibili per x è rappresentato da un intervallo infinito (la funzione di densità normale ha supporto infinito), l’adozione di una funzione di densità normale per rappresentare il processo dei ritiri implica la possibilità che un bene, una volta entrato a fare parte dello stock, non sia mai ritirato. Poiché un’eventualità del genere, soprattutto per beni di consumo, ancorché durevoli, non è affatto plausibile, è apparso opportuno supporre che i ritiri si distribuiscano secondo una normale troncata, centrata sulla vita media del bene durevole e i cui limiti di troncamento vengono fatti coincidere con la 16
vita minima e con la vita massima3 del bene in questione. Dunque, i parametri che caratterizzano la distribuzione dei ritiri sono: la media, la varianza e i limiti di troncamento. Della media e dei limiti di troncamento si è detto. Per quanto concerne la varianza della distribuzione, sulla base di una serie di prove preliminari, si è deciso di assumerla proporzionale alla media e tale da assicurare che circa il 90% dei ritiri si verifichi entro +25% della vita media, in linea con quanto la Contabilità nazionale italiana fa correntemente per la stima dello stock di capitale. 5.1 Il calcolo degli ammortamenti Il metodo seguito per il calcolo degli ammortamenti è quello dell’ammortamento lineare: nella procedura di calcolo messa a punto per la stima presentata in questo documento, il valore complessivo da ammortizzare viene ripartito in quote costanti, in modo che l’intero valore dell’acquisto risulti totalmente ammortizzato al momento del ritiro del bene, che avviene secondo la funzione di probabilità definita. Una volta noti gli ammortamenti, è possibile ricavare lo stock netto da quello lordo. 5.2 I diversi criteri di valutazione dello stock I criteri di valutazione utilizzati sono due. Il primo, basato sui prezzi di sostituzione, fornisce, per ciascun anno corrente t, una valutazione dello stock ai prezzi dell’anno t. In questo caso, i beni acquistati in periodi precedenti l’anno t devono essere rivalutati, cioè espressi ai prezzi dell’anno t cui si riferisce la valutazione dello stock. Il secondo metodo di calcolo, invece, consiste nel valutare lo stock a prezzi dell’anno precedente (o in termini di valori concatenati), ossia ai prezzi di uno specifico anno base (o di riferimento). E’ evidente che sia per la valutazione a prezzi di sostituzione, sia per quella a prezzi dell’anno precedente è necessario ricorrere ad opportuni indici di prezzo: nel primo caso, per rivalutare ai prezzi dell’anno corrente t il valore di beni acquistati in periodi precedenti; nel secondo caso, per convertire i prezzi effettivamente pagati in quelli dell’anno base (o di riferimento). Nel presente lavoro sono state utilizzate le serie concatenate dei beni di consumo durevoli (anno di riferimento: 2000)4. La questione dei diversi criteri di valutazione dello stock rimanda anche ad un tema più generale, quello dell’aggregazione di tipologie diverse di beni. 5.3 L’aggregazione di beni eterogenei: il diverso progresso tecnologico incorporato, l’unicità di alcuni beni capitali, la questione dei prezzi Una delle difficoltà concettuali connesse all’applicazione del metodo dell’inventario permanente risiede nell’impossibilità di aggregare beni eterogenei. I problemi che ne discendono hanno una diversa portata operativa. Come si è detto, la questione dell’eterogeneità dei prezzi, imputabile al fatto che i beni che compongono lo stock sono di fatto acquistati in momenti diversi, viene risolta utilizzando appropriati indici di prezzo per deflazionare (o inflazionare, a seconda dei casi) le spese che alimentano lo stock. Un problema più specifico riguarda invece l’unicità di alcuni beni capitali, per i quali non è dunque possibile osservare variazioni di prezzo tra un periodo e l’altro. Più complessa, e in parte sovrapponibile alla precedente, è la questione del diverso progresso tecnologico incorporato nei vari beni e che li rende non perfettamente comparabili nel tempo. Soprattutto per i prodotti soggetti ad una rapida obsolescenza tecnologica (es. personal computer e attrezzature informatiche) dovrebbe essere possibile “catturare” i miglioramenti qualitativi dovuti all’innovazione. Da tale punto di vista, sarebbe desiderabile che gli indici di prezzo utilizzati per 3 Per ciascuna categoria di beni, la vita minima e la vita massima sono determinate dalla procedura, sulla base dell’indicazione relativa alla vita media e della forma della distribuzione dei ritiri. 4 Esiste poi un terzo tipo di valutazione, quella al costo storico, in base alla quale il valore dei beni è espresso ai prezzi ai quali sono stati originariamente acquistati. Ma questo tipo di valutazione non ha significato in un’ottica di Contabilità nazionale, poiché si tratta di prezzi riferiti ad anni diversi. 17
ricondurre le spese per beni durevoli ai prezzi dell’anno corrente o ai prezzi di un anno base fossero “constant quality”, ovvero che misurassero solo le variazioni pure di prezzo, in modo tale che i mutamenti qualitativi non si sovrapponessero alle modifiche nei prezzi. 6. Il caso dei gioielli nella stima dello stock dei beni durevoli Nella stima dello stock dei beni durevoli delle famiglie, i gioielli e gli orologi rappresentano un caso particolare, a causa della durata di vita nettamente superiore a quella degli altri beni considerati (prossima ai 40 anni). Dal punto di vista concettuale e definitorio, occorre ricordare che il SEC95 prevede la distinzione tra i gioielli e orologi, che sono una componente della spesa finale delle famiglie e gli oggetti di valore, che sono invece una componente della formazione del capitale. Viene così allargato il concetto di formazione di capitale che include, oltre agli investimenti fissi lordi ed alla variazione delle scorte, anche l’aggregato rappresentato dagli oggetti di valore, definiti come “attività prodotte non utilizzate principalmente a scopo di produzione o di consumo, che si prevede aumenteranno o perlomeno non diminuiranno di valore in termini reali, che non si deteriorano nel tempo in condizioni normali e che sono acquistate e detenute principalmente come scorte di valore. Gli oggetti di valore sono costituiti da pietre e metalli preziosi, da oggetti di antiquariato e altri oggetti d’arte” e rappresentano dunque un insieme di beni rifugio, non riconducibile ad attività di consumo5. Gli oggetti di valore sono quindi attività reali e sono costituiti da beni non finanziari e non soggetti a deterioramento fisico nel tempo, come ad esempio preziosi, oggetti di antiquariato, d’arte e da collezione e possono dunque essere oggetto di rivalutazione (intendendo con tale termine un processo economico che va in senso contrario rispetto a quello della svalutazione e dell’ammortamento): essi rappresentano una componente della ricchezza delle famiglie6. La voce relativa ai gioielli e agli orologi comprende un insieme di beni di consumo deteriorabili (anche se in maniera molto lenta) e quindi con caratteristiche complementari rispetto all’aggregato definito, nel SEC95, come “oggetti di valore”. Dal punto di vista operativo, la distinzione viene effettuata mediante il metodo di stima del flusso dei prodotti (o “della disponibilità”) che utilizza appropriate quote di destinazione economica definite in base ad informazioni desunte dall’indagine Prodcom. Per la stima dello stock di beni durevoli il calcolo relativo alla voce “Gioielli e orologi”, è stato così strutturato: - per il periodo 1970-1990 si utilizzano i livelli a prezzi correnti e concatenati (anno di riferimento 2000) dei consumi finali delle famiglie (relativi a tale funzione) prodotti dall’ISTAT; - per il periodo 1950-1970, non essendo disponibili dati ISTAT, sono state usate le variazioni della funzione di consumo “Gioielli”, prodotte dalla Banca d’Italia (Pagliano, Rossi, 1992): l’uso di tali indicatori (correnti ed a prezzi del 1985) ha permesso di riportare sino al 1950 i livelli ISTAT del 1970 (correnti e concatenati). 5 Nell’ambito della task force Eurostat (1997) sulle attività intangibili è emerso il problema dell’insieme di prodotti da considerare come oggetti di valore, in particolare a causa delle differenze culturali e sociali tra i diversi Paesi, optando quindi per una certa elasticità nei beni da includere, nel rispetto delle definizioni contenute nel SEC95 . 6 La ricchezza è data dalla somma delle attività reali e finanziarie, la ricchezza netta è invece al netto dei debiti. Le componenti reali (o non finanziarie) sono in gran parte costituite da beni tangibili, come ad esempio le abitazioni, i terreni e gli oggetti di valore; esse comprendono anche le attività immateriali, come per esempio il valore di un brevetto o quello relativo all’avviamento di un’attività commerciale. 18
7. I risultati L’applicazione del metodo dell’inventario permanente ha consentito di produrre le stime dello stock (lordo e netto) dei beni durevoli, dei ritiri e degli ammortamenti. Le stime, che si riferiscono al periodo 1990-2007, sono disponibili ai prezzi di sostituzione e in termini di valori concatenati. Su questi ultimi sono stati calcolati i tassi di variazione. Nelle tavole che seguono sono riportati i risultati per gli anni 2000-07 e relativi allo stock lordo e a quello netto, secondo i due criteri di valutazione utilizzati per la stima. Solo nelle ultime due tavole, la 9 e la 10, vengono proposti dei tassi di variazione medi che coprono l’intero periodo cui si riferiscono i dati presentati (1990-2007). Le tabelle 3 e 4 mostrano, rispettivamente, i dati relativi allo stock lordo e quelli relativi allo stock netto, entrambi valutati ai prezzi di sostituzione. Le corrispondenti stime in termini di volume sono invece riportate nelle due tabelle successive, la 5 e la 6. I valori riportati nelle tabelle e sui grafici sono espressi in milioni di euro. Tavola 3-Stock lordo di beni di consumo durevoli (prezzi di sostituzione) 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Mobili 335,967 348,702 359,052 367,902 377,109 386,017 392,508 399,713 Grandi Elettrodomestici 44,282 45,181 46,246 48,132 50,277 52,109 54,095 56,697 Beni sanitari durevoli 4,878 5,196 5,697 6,046 6,278 6,347 6,273 6,238 Mezzi di trasporto 407,679 424,707 446,076 465,807 484,972 507,107 529,323 551,383 Telefonia fissa 2,978 3,566 4,230 4,856 4,699 4,572 4,567 4,581 Telefonia mobile 10,093 11,424 12,231 12,361 10,830 10,541 11,107 11,215 Personal computer 15,618 15,983 16,094 15,413 15,500 14,939 13,853 13,611 Apparecchi radio-TV, Hi-fi, registratori, videocamere, macchine fotografiche 19,500 20,715 22,042 23,419 24,633 25,560 26,295 26,548 Gioielli e orologi 107,120 114,088 119,896 125,997 132,596 139,187 145,713 152,287 Altro 9,195 9,961 10,776 11,395 11,987 12,460 13,826 14,456 Totale 957,311 999,522 1,042,339 1,081,328 1,118,880 1,158,839 1,197,560 1,236,729 19
Tavola 4- Stock netto di beni di consumo durevoli (prezzi di sostituzione) 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Mobili 172,637 178,382 182,656 185,965 189,720 193,501 196,055 198,780 Grandi Elettrodomestici 22,798 23,192 23,730 24,936 26,290 27,310 28,402 29,899 Beni sanitari durevoli 2,513 2,695 2,973 3,105 3,158 3,131 3,075 3,100 Mezzi di trasporto 211,485 221,827 233,301 242,511 250,571 259,718 269,537 280,553 Telefonia fissa 1,732 2,078 2,442 2,756 2,708 2,633 2,592 2,575 Telefonia mobile 5,527 6,123 6,267 6,204 5,780 5,849 6,075 5,949 Personal computer 8,743 9,054 8,923 8,281 8,143 7,756 7,248 7,193 Apparecchi radio-TV, Hi-fi, registratori, videocamere, macchine fotografiche 10,529 11,217 11,885 12,590 13,298 13,833 14,199 14,238 Gioielli e orologi 68,460 72,523 75,707 78,962 82,531 86,004 89,405 92,818 Altro 4,682 5,078 5,499 5,755 6,003 6,229 6,825 7,073 Totale 509,108 532,171 553,384 571,067 588,203 605,965 623,413 642,178 Oltre alle tabelle, si presentano i grafici relativi all’andamento dello stock di alcune categorie di beni durevoli particolarmente interessanti dal punto di vista dell’obsolescenza tecnologica, quali i telefoni cellulari e i personal computer, da confrontare con prodotti più “maturi”, come i grandi elettrodomestici o i mezzi di trasporto. In particolare, i mezzi di trasporto costituiscono una voce il cui peso incide notevolmente sul valore complessivo dei bei durevoli posseduti e/o acquistati dalle famiglie, e fornisce un contributo consistente alla spiegazione dell’andamento dello stock complessivo. I grandi elettrodomestici rappresentano un altro esempio di mercato più o meno maturo (se si esclude il caso delle lavastoviglie che, rispetto ad esempio ai frigoriferi, sono meno diffuse), dato che le spese per l’acquisto di questo tipo di beni vengono effettuate eminentemente per il rimpiazzo di beni già posseduti e che raggiungono il massimo della loro vita possibile. Diverso è il caso della telefonia mobile e dei personal computer, due esempi di beni tecnologici ad obsolescenza rapida, sia per effetto del progresso tecnologico, sia per l’evoluzione dei gusti dei consumatori, fattori che inducono alla sostituzione dei beni spesso ben prima del raggiungimento della loro vita massima. In particolare, per quanto riguarda i telefoni cellulari, dal punto di vista dei produttori, l’obiettivo non è tanto quello di trovare nuovi consumatori, ossia coloro che ancora non posseggono telefoni mobili, ma quanto piuttosto quello di indurre alla dismissione di apparecchi ancora funzionanti e all’acquisto di modelli più innovativi. 20
Grafico 1-Grandi elettrodomestici: stock lordo e netto (prezzi di sostituzione) 60000 50000 Stock lordo e netto 40000 Capitale lordo 30000 Capitale netto 20000 10000 0 90 92 94 96 98 00 02 04 06 19 19 19 19 19 20 20 20 20 Anni Grafico 2-Mezzi di trasporto: stock lordo e netto (prezzi di sostituzione) 600000 500000 Stock lordo e netto 400000 Capitale lordo 300000 Capitale netto 200000 100000 0 90 92 94 96 98 00 02 04 06 19 19 19 19 19 20 20 20 20 Anni Grafico 3-Telefonia mobile: stock lordo e netto (prezzi di sostituzione) 14000 12000 10000 Stock lordo e netto 8000 Capitale lordo 6000 Capitale netto 4000 2000 0 90 92 94 96 98 00 02 04 06 19 19 19 19 19 20 20 20 20 Anni 21
Grafico 4-Personal computer: stock lordo e netto (prezzi di sostituzione) Pe rs onal com pute r: s tock lordo e ne tto (pre zzi di sostituzione ) 18000 16000 Stock lordo e netto 14000 12000 10000 Capitale lordo 8000 Capitale netto 6000 4000 2000 0 90 92 94 96 98 00 02 04 06 19 19 19 19 19 20 20 20 20 Anni Tavola 5-Stock lordo di beni di consumo durevoli (valori concatenati) 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Mobili 335,967 340,922 344,219 345,712 346,430 346,406 345,611 344,113 Grandi Elettrodomestici 44,282 44,843 45,698 47,292 49,163 50,881 52,719 54,884 Beni sanitari durevoli 4,878 5,127 5,534 5,776 5,900 5,923 5,803 5,705 Mezzi trasporto 407,679 415,589 424,334 434,128 444,787 454,828 463,729 472,020 Telefonia fissa 2,978 3,727 4,551 5,430 6,831 8,340 9,831 11,623 Telefonia mobile 10,093 11,952 13,178 13,846 15,798 19,319 24,047 28,649 Personal computer 15,618 18,270 20,616 22,868 25,154 26,930 28,648 30,638 Apparecchi radio-TV, Hi-fi, registratori, videocamere, macchine fotografiche 19,500 20,810 22,257 23,894 25,897 27,985 29,971 31,801 Gioielli e orologi 107,120 111,165 114,971 118,599 122,369 126,046 129,768 133,566 Altro 9,195 9,684 10,125 10,413 10,610 10,632 10,384 10,047 Totale 957,311 982,089 1,005,483 1,027,958 1,052,939 1,077,290 1,100,510 1,123,046 22
Tavola 6-Stock netto di beni di consumo durevoli (valori concatenati) 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Mobili 172,637 174,402 175,110 174,748 174,286 173,645 172,630 171,130 Grandi Elettrodomestici 22,798 23,018 23,448 24,501 25,707 26,666 27,680 28,943 Beni sanitari durevoli 2,513 2,660 2,888 2,967 2,968 2,922 2,845 2,836 Mezzi di trasporto 211,485 217,064 221,929 226,018 229,809 232,943 236,136 240,171 Telefonia fissa 1,733 2,172 2,628 3,082 3,938 4,803 5,580 6,534 Telefonia mobile 5,527 6,407 6,752 6,950 8,432 10,721 13,153 15,197 Personal computer 8,744 10,349 11,431 12,286 13,215 13,983 14,989 16,192 Apparecchi radio-TV, Hi-fi, registratori, videocamere, macchine fotografiche 10,529 11,268 12,001 12,846 13,980 15,146 16,185 17,055 Gioielli e orologi 68,460 70,665 72,597 74,326 76,166 77,885 79,621 81,408 Altro 4,683 4,937 5,167 5,260 5,313 5,315 5,126 4,916 Totale 509,108 522,942 533,951 542,984 553,814 564,030 573,945 584,382 La rappresentazione grafica viene quindi proposta anche per le stime ai prezzi del 2000 e con riferimento alle quattro categorie di beni durevoli già evidenziate; in tal modo è possibile sia evidenziare l’andamento dello stock in volume di per sé, sia fornire un ulteriore elemento di interpretazione per le corrispondenti stime ai prezzi di sostituzione. Grafico 5-Grandi elettrodomestici: stock lordo e netto (valori concatenati) 60000 50000 Stock lordo e netto 40000 Capitale lordo 30000 Capitale netto 20000 10000 0 90 92 94 96 98 00 02 04 06 19 19 19 19 19 20 20 20 20 Anni 23
Grafico 6-Mezzi di trasporto: stock lordo e netto (valori concatenati) 500000 450000 Stock lordo e netto 400000 350000 300000 Capitale lordo 250000 Capitale netto 200000 150000 100000 50000 0 90 92 94 96 98 00 02 04 06 19 19 19 19 19 20 20 20 20 Anni Grafico 7-Telefonia mobile: stock lordo e netto (valori concatenati) 35000 30000 Stock lordo e netto 25000 20000 Capitale lordo 15000 Capitale netto 10000 5000 0 90 92 94 96 98 00 02 04 06 19 19 19 19 19 20 20 20 20 Anni Grafico 8-Personal computer: stock lordo e netto (valori concatenati) Personal com puter: stock lordo e netto (valori concatenati) 35000 30000 Stock lordo e netto 25000 20000 Capitale lordo 15000 Capitale netto 10000 5000 0 90 92 94 96 98 00 02 04 06 19 19 19 19 19 20 20 20 20 Anni 24
Tavola 7-Stock lordo di beni di consumo durevoli (tassi di variazione % sui valori concatenati ) 2001/2000 2002/2001 2003/2002 2004/2003 2005/2004 2006/2005 2007/2006 Mobili 1.5 1.0 0 0.2 0.0 -0.2 -0 Grandi Elettrodomestici 1 1.9 3.5 4.0 3.5 3.6 4.1 Beni sanitari durevoli 5.1 7.9 4 2.1 0 -2.0 -1 Mezzi di trasporto 1.9 2.1 2 2.5 2 2.0 1.8 Telefonia fissa 25.1 22.1 19 25.8 22.1 17.9 18.2 Telefonia mobile 18 10 5.1 14.1 22 24.5 19.1 Personal computer 17.0 12.8 10.9 10.0 7.1 6 6.9 Apparecchi radio-TV, Hi-fi, registratori, videocamere, macchine fotografiche 6 7.0 7 8 8.1 7.1 6.1 Gioielli e orologi 3.8 3 3.2 3.2 3.0 3.0 2.9 Altro 5 4.6 2.8 1.9 0.2 -2 -3.2 Totale 2.6 2 2.2 2 2 2.2 2.0 Tavola 8-Stock netto di beni di consumo durevoli (tassi di variazione % sui valori concatenati ) 2001/2000 2002/2001 2003/2002 2004/2003 2005/2004 2006/2005 2007/2006 Mobili 1.0 0 -0.2 -0 -0 -0.6 -0.9 Grandi Elettrodomestici 1.0 1.9 4.5 4.9 3 3.8 4.6 Beni sanitari durevoli 5.9 8.6 2.8 0.0 -1.6 -2.6 -0 Mezzi di trasporto 2.6 2.2 1.8 1 1 1 1 Telefonia fissa 25 21.0 17 27.8 22.0 16.2 17.1 Telefonia mobile 15.9 5 2.9 21 27.2 22 15.5 Personal computer 18 10.5 7.5 7.6 5.8 7.2 8.0 Apparecchi radio-TV, Hi-fi, registratori, videocamere, macchine fotografiche 7.0 6.5 7.0 8.8 8 6.9 5 Gioielli e orologi 3.2 2 2 2.5 2 2.2 2.2 Altro 5 4 1.8 1.0 0.0 -3.6 -4.1 Totale 2 2.1 1 2.0 1.8 1.8 1.8 Infine, i tassi medi di variazione, calcolati come medie triennali sull’intero periodo 1990-2007, figurano nelle tabelle 9 e 10: si evidenzia, in particolare, un rallentamento nel processo di accumulazione a partire dal biennio 1993-1995, anche in corrispondenza della vistosa contrazione registrata, soprattutto nel 1993, per i consumi delle famiglie nel complesso. I tassi medi di variazione triennali vengono presentati anche per gli ammortamenti (Tavola 11). 25
Tavola 9-Stock lordo di beni di consumo durevoli (tassi medi di variazione % sui valori concatenati ) 1990-1992 1993-1995 1996- 1998 1999-2001 2002-2004 2005-2007 Mobili 4.6 2 1.8 1.6 0 -0 Grandi Elettrodomestici 6 4.0 1.9 1 3 3.9 Beni sanitari durevoli 9.6 5.1 1.5 4 3 -1.9 Mezzi trasporto 5.6 2.9 2.6 1.9 2 1.9 Telefonia fissa 6 4 16.0 24.9 22.5 18.1 Telefonia mobile 6 4.1 21.9 21.8 9.5 21.8 Personal computer 6.8 1.1 4.2 16.8 10.5 6 Apparecchi radio-TV, Hi-fi, registratori, videocamere, macchine fotografiche 7.1 2.8 3.1 6.5 7.9 6.6 Gioielli e orologi 5.9 4.9 4.6 4.0 3.2 2.9 Altro 6.2 -3.2 3.6 5.0 2 -2.8 Totale 5 3.0 2 2 2 2.1 Tavola 10-Stock netto di beni di consumo durevoli (tassi medi di variazione % sui valori concatenati ) 1990-1992 1993-1995 1996-1998 1999-2001 2002-2004 2005-2007 Mobili 3.9 1 1.0 1.2 -0.2 -0 Grandi Elettrodomestici 6 2.6 1.6 1.9 4 4.2 Beni sanitari durevoli 10.2 3.5 1.0 5.6 1 -1.5 Mezzi di trasporto 5.2 0 3.2 2.8 1.8 1.5 Telefonia fissa 6 4 20.1 25.6 22 16.6 Telefonia mobile 6 4 23 21.1 11 19.1 Personal computer 5.6 0 6.5 19 7.5 7.6 Apparecchi radio-TV, Hi-fi, registratori, videocamere, macchine fotografiche 6.2 0.9 4.9 7.5 7.9 6.1 Gioielli e orologi 5.9 4.6 4.2 3.6 2 2.2 Altro 5.2 -2.9 4 4 1 -3.8 Totale 4.9 1.6 2 3.0 1.8 1.8 26
Tavola 11-Ammortamenti (tassi medi di variazione sui livelli concatenati degli ammortamenti) 1990-1992 1993-1995 1996-1998 1999-2001 2002-2004 2005-2007 Mobili 4 2.9 1.9 1 0.5 -0 Grandi Elettrodomestici 6.0 4.2 2 1.6 3.5 3.8 Beni sanitari durevoli 9.5 5.6 1.5 4.0 3.8 -0.6 Mezzi trasporto 5.5 3.2 3.0 1.9 2.1 2.1 Telefonia fissa 6.2 4.9 14 24.0 22.6 18 Telefonia mobile 6 4.6 18.8 22 11.5 20 Personal computer 6.9 2.1 3 15.5 10.9 7.2 Apparecchi radio- TV, Hi-fi, registratori, videocamere, macchine fotografiche 7.1 3 3 5 7.8 6 Gioielli e orologi 5.9 4.9 4.6 4.0 3.2 2.9 Altro 6.9 -1.6 2.2 5.0 2 -2.1 Totale 5.5 3.1 3.0 3.2 3.0 3 Da notare che, per l’ultimo periodo considerato (2005-2007), a causa della diminuzione dello stock lordo (Tavola 9) che ha interessato i mobili, i beni sanitari durevoli e gli altri beni durevoli, si riscontra per le medesime voci una conseguente riduzione nei livelli degli ammortamenti, come risulta dai tassi di variazione negativi. 8. Conclusioni La stima dello stock di beni durevoli delle famiglie, oltre a fornire uno spunto di riflessione su tematiche di frontiera nell’ambito dei conti nazionali, rappresenta indubbiamente un elemento di novità nel panorama dei dati prodotti dalla Contabilità nazionale italiana. Se si escludono i beni tecnologici, che nel periodo preso in esame hanno complessivamente conosciuto una notevole diffusione, si è evidenziato, a partire dai primi anni ’90, un rallentamento nel processo di accumulazione, sia a livello aggregato che per specifiche categorie di beni durevoli. Sul piano metodologico, bisogna ricordare che i dati risentono inevitabilmente dei limiti imposti dalle ipotesi adottate, prima fra tutte quella di vite medie fisse; una prima prospettiva di miglioramento del metodo risiede dunque proprio nella possibilità di replicare l’esercizio sotto l’assunzione di vite medie variabili per tener conto dell’evoluzione dei mercati e delle preferenze dei consumatori; in tal modo, si renderebbe dunque più realistica la rappresentazione del meccanismo di accumulazione dei beni durevoli da parte delle famiglie Un altro aspetto degno di approfondimento è quello dell’aggiustamento qualitativo dei prezzi, che riguarda in modo particolare i beni ad alto contenuto tecnologico (Triplett J.E., 2001). Infine, si segnalano in letteratura (Williams G., 1998) i possibili inconvenienti di una stima indiretta delle serie dello stock, a fronte della possibilità di usare dati di indagine, ossia informazioni dirette che consentano di studiare il comportamento dei consumatori rispetto all’acquisto dei beni durevoli. In assenza di un’indagine relativa ai soli beni durevoli, l’indagine sui consumi delle famiglie, peraltro ampiamente utilizzata nell’ambito del lavoro presentato, può costituire un significativo termine di confronto per saggiare la consistenza e l’affidabilità delle stime prodotte. 27
Puoi anche leggere