La statistica di Fermi Fermi's statistics

Pagina creata da Alessandra Mazzola
 
CONTINUA A LEGGERE
La statistica di Fermi Fermi's statistics
QUADERNI DI STORIA DELLA FISICA                                                   N. 28 - 2023
DOI 10.1393/qsf/i2023-10108-6

La statistica di Fermi
Fermi’s statistics

Roberto Casalbuoni
Dipartimento di Fisica e Astronomia, Università di Firenze
e Sezione INFN, Firenze, Italia

     Riassunto. In questo contributo si cerca di ricostruire la genesi dell’articolo di
     Fermi che ha dato origine alla sua famosa statistica. In particolare, discuteremo
     alcuni suoi articoli precedenti relativi all’entropia di un gas perfetto monoatomico.
     Abstract. In this work we try to reconstruct the steps that led to the Fermi article
     from which his famous statistics originated. In particular, we discuss his previous
     works about the entropy of a perfect monoatomic gas.

1.     Introduzione

     Uno dei punti interessanti nella storia della scienza è l’origine delle scoperte scienti-
fiche. Non è sempre possibile determinare cosa succede nel momento preciso in cui l’i-
dea viene formulata, sia per mancanza di testimonianze dirette, sia perché anche qua-
lora esse ci fossero, non sempre risultano attendibili. A questo proposito e, per quanto
riguarda il lavoro teorico di Fermi, è interessante il commento di Rasetti in una nota
relativa ai lavori di Fermi sulla statistica nei Collected Papers [1] dello stesso Fermi:
     “È una sfortuna che poco si conosca delle circostanze che hanno portato Fermi ad
alcuni dei suoi più significativi contributi nel campo teorico, in contrasto alle adeguate
informazioni che possediamo riguardo al suo lavoro sperimentale. Le ragioni sono
abbastanza ovvie. Anche quando gli esperimenti non erano realizzati in collaborazione
con altri, i progressi potevano essere seguiti quasi giorno per giorno dai suoi colleghi.
Come teorico, Fermi era interamente auto-sufficiente. Parte del suo lavoro era fatto
a casa nelle prime ore del mattino e, spesso, anche i suoi più stretti collaboratori
avevano scarse informazioni sul problema di cui si stava occupando, fino a quando
non presentava, in una lezione informale, il prodotto finito delle sue meditazioni.”
     È però più facile determinare il percorso che ha portato a tale scoperta e questa
è la strada che seguiremo nel caso della statistica di Fermi. Come vedremo questa
ha origini ben precise e può essere ricondotta alla particolare formazione scientifica
di Fermi. Come vedremo il giovane Fermi arriva all’università con una formazione in
fisica classica completa e questo gli permetterà, durante il periodo universitario, di
occuparsi di problemi all’avanguardia della fisica del tempo. In particolare si occuperà
di relatività Generale di Meccanica Quantistica e del problema della determinazione
della costante dell’entropia. Ed è questo ultimo punto che ci interesserà in maniera
104                                                                       Roberto Casalbuoni

Fig. 1. – Una cartolina della Piazza di Campo dei Fiori ai primi del ’900 (cortesia di Giuseppe
Pelosi).

particolare, perché per Fermi sarà l’elemento determinante per arrivare alla formula-
zione della sua statistica. Pertanto illustreremo gli studi fatti da Fermi nel periodo del
liceo e la sua preparazione per l’accesso alla Scuola Normale Superiore di Pisa, i suoi
interessi all’epoca ed infine i lavori che lo hanno portato alla sua famosa pubblicazione
del 1926 [2, 3].

2.    Gli anni della formazione, 1901–1923

    Enrico Fermi fin da ragazzo mostrò interesse per la costruzione di giocattoli mec-
canici ed elettrici con i quali giocava con il fratello Giulio, maggiore di un anno, che
morı̀ a soli 15 anni in seguito ad un banale intervento chirurgico. Enrico entrò presto
in contatto con la matematica anche grazie alle conversazioni che ascoltava tra il padre
e i suoi amici ingegneri. Sviluppò anche un forte interesse per la fisica, di cui studiò
i primi elementi su un testo acquistato su una bancarella a Campo dei Fiori (vedi
fig. 1): Elementorum Physicae Matematicae, scritto in latino di Antonio Caraffa.
    Tra gli amici del padre c’era l’Ingegner Amidei, appassionato di materie scienti-
fiche, in particolare della Matematica, che capı̀ molto presto le doti eccezionali del
giovane Enrico e gli propose la lettura di una serie di libri che Fermi iniziò nel 1914
e terminò nel 1918, quando concluse gli studi liceali. Per avere un’idea, i libri, che
Amidei, nei vari anni, fece leggere al giovane Fermi, furono:
 1) La Geometria di posizione di T. Rey (nel 1914);
 2) Trigonometria: Trattato di trigonometria piana e sferica di A. Serret (nel 1914);
La statistica di Fermi                                                             105

3) Algebra: Corso di analisi algebrica con introduzione al calcolo infinitesimale di E.
   Cesàro (nel 1915);
4) Geometria analitica: Dispense di E. Bianchi, Università di Pisa (nel 1915);
5) Calcolo infinitesimale e integrale: Le lezioni di Ulisse Dini a Pisa (nel 1916);
6) Meccanica Razionale: Traité de Mécanique di D. Poisson (nel 1917);
7) Logica e Geometria: Calcolo geometrico secondo l’Ausdehnungslehre di H.
   Grassmann preceduto dalle operazioni di logica deduttiva di G. Peano (nel 1918).
Con il suo consueto stile, Fermi non solo studiava questi testi, ma svolgeva anche
tutti gli esercizi che i libri proponevano. Amidei era assolutamente impressionato da
questo ragazzo; infatti, alla fine del Liceo, consigliò alla famiglia di mandarlo alla
Scuola Normale di Pisa. La famiglia si mostrò perplessa ma alla fine Amidei riuscı̀
a convincerla. Per prepararsi all’esame di ammissione alla Scuola Normale, Enrico
passò l’estate studiando il trattato monumentale del Chwolson: Traité de Physique
in francese, in cinque volumi per un totale di 4500 pagine.
     Il tema di Fisica che Fermi svolse per l’ammissione era: Caratteri distintivi del
suono e loro cause. Fermi svolse il tema in maniera superlativa con un elaborato
all’altezza di uno studente universitario all’ultimo anno di fisica. I commissari rima-
sero stupiti e lo passarono con 10, dichiarando: Se i regolamenti ce lo permettessero
avremmo data la lode. Il Presidente della Commissione, Professor Pittarelli, che inse-
gnava Geometria Descrittiva, volle accertarsi che fosse tutta farina del suo sacco e lo
convocò per un colloquio, al termine del quale disse: di non aver mai incontrato uno
studente come Fermi e gli preconizzò un brillantissimo futuro.

2.1.   Gli anni della Scuola Normale

    Alla Scuola Normale strinse amicizia con Nello Carrara e Franco Rasetti. Carrara,
fiorentino, normalista e reduce dalla Prima Guerra Mondiale, era di un anno più
anziano di Enrico e insieme lavorarono per la loro tesi di laurea. Carrara nel 1956
divenne Professore a Firenze, dove fondò il Centro Microonde (tra l’altro fu anche
l’inventore del termine microonde).
    Franco Rasetti era nato a Pozzuolo Umbro nel 1901 e si era iscritto ad Ingegneria
a Pisa; conobbe Fermi seguendo i corsi universitari che, all’epoca, erano comuni per
i fisici e gli ingegneri. Rasetti era una persona speciale con un profondo amore per
le Scienze Naturali ed era anche un appassionato della montagna, nonché abilissimo
nei lavori manuali. Al terzo anno passò a Fisica perché era rimasto impressionato
dall’intelligenza di Fermi e dalla sua conoscenza della materia. Dopo la laurea Rasetti
divenne assistente di Garbasso a Firenze e successivamente si trasferı̀ a Roma.
    I tre amici erano molto legati fra loro, e spesso, guidati da Rasetti, facevano
escursioni sulle Apuane (vedi fig. 2).
    La preparazione di Fermi in Fisica e Matematica non gli richiedeva lo studio delle
materie del corso di laurea, e poteva permettersi sia di aiutare gli amici Carrara e
Rasetti a superare gli esami, che di studiare argomenti di punta, quali la Relatività
Generale e le teorie quantistiche di Bohr e Sommerfeld. Il livello della fisica italiana
106                                                                            Roberto Casalbuoni

Fig. 2. – I tre amici: Rasetti, Carrara e Fermi in gita sulle Apuane. Tratta da [6].

dell’epoca era molto basso e Fermi era praticamente il solo “fisico” italiano a conoscere
queste due discipline. La Relatività Generale era seguita solo dai matematici, data la
sua profonda connessione con la matematica. Fu proprio nell’ambito di questo argo-
mento che Fermi, nel 1922, prima di laurearsi, pubblicò un importante lavoro [4] dove
introduceva un particolare sistema di coordinate che fu anche ripreso da Walker [5] e
queste coordinate sono ora dette di Fermi-Walker.
    Questo è testimoniato dalle parole di Carrara [6]:
    “Il Fermi non era uno scolaro come gli altri: non studiava alcuna lezione, e non ne
aveva bisogno; andava per conto suo. Mentre noi eravamo costretti ad affannarci per
poter seguire gli insegnanti, egli si occupava già dei problemi più attuali della Fisica.
Chi di noi conosceva a fondo quel misterioso personaggio della termodinamica, che
va sotto il nome di entropia? Nessuno; ma Fermi aveva già da dire qualche cosa di
nuovo sul suo conto. Uno dei principali svaghi di noi normalisti, cui si erano frattanto
aggiunti alcuni altri simpatici e valenti studenti, erano le escursioni invernali sulle
Alpi Apuane.”
    I docenti di Fermi si resero presto conto delle capacità del ragazzo e, un giorno,
il Direttore dell’Istituto di Fisica di Pisa, Luigi Puccianti, gli chiese di insegnargli
qualcosa sulle teorie quantistiche, con le parole: “Perché io sono un somaro ma se
le cose me le spiega lei le capisco”. In effetti Fermi aveva la capacità di spiegare in
termini semplici le cose più complesse.
    Fermi si laureò nel Luglio del 1922 discutendo una tesi sperimentale (1 ) sulla
diffrazione dei raggi X e, pochi giorni dopo, discusse la tesi di abilitazione con un
elaborato dal titolo: Un teorema di calcolo delle probabilità ed alcune applicazioni.

    (1 ) All’epoca non esisteva la disciplina “Fisica Teorica” in Italia.
La statistica di Fermi                                                                         107

3.   I primi tentativi: da Gottinga a Leida, 1923–1924

     Conseguita la laurea, Fermi rientrò a Roma dove si presentò al Direttore dell’I-
stituto di Fisica: il Senatore del Regno Orso Mario Corbino, persona molto influente
in Italia, sia sul piano scientifico che su quello politico. Questi da tempo pensava a
come risollevare la fisica italiana. Il Senatore si rese immediatamente conto che Fer-
mi era assolutamente fuori dal comune e intravide in lui la possibilità di creare una
scuola di fisica che potesse mettere l’Italia al pari delle altre nazioni europee. Quindi
incoraggiò il giovane Fermi a recarsi a Gottinga, che, all’epoca, era forse il centro più
importante del mondo per la Fisica Teorica. Fermi ottenne una borsa per un anno
di studi e si recò in quell’Istituto. Qui c’erano persone del calibro di Max Born e
Werner Heisenberg (entrambi futuri Premi Nobel) e Pascual Jordan (figura centrale
nello sviluppo della Meccanica Quantistica).
     Quasi tutti i biografi di Fermi diranno che questo periodo non fu umanamente
felice per il giovane fisico. Mentre a Pisa era tenuto in altissima considerazione, a
Gottinga c’erano giovani e personalità altrettanto brillanti. Considerando anche una
sua giovanile timidezza, probabilmente tutti questi fattori contribuirono ad isolar-
lo. Ciò nonostante, in quel periodo scrisse alcuni lavori di meccanica analitica che
gli valsero l’interesse di Ehrenfest (vedi dopo). Inoltre venne a conoscenza di varie
problematiche che gli risulteranno utili successivamente. Per esempio, venne a sa-
pere delle enormi difficoltà incontrate da Born nell’applicare la quantizzazione alla
Sommerfeld all’atomo di elio (vedi, per esempio, [7]) e di un lavoro di Stern [8] sulla
derivazione della formula di Sackur [9] e Tetrode [10]. Questi lavori trattavano del
problema della costante assoluta dell’entropia di un gas perfetto. Da un punto di
vista macroscopico, l’entropia è definita a meno di una costante. Sackur e Tetrode
avevano ricavato questa costante usando una descrizione alla Boltzmann, assumendo
inoltre una ipotesi di quantizzazione dello spazio delle fasi, cioè che questo fosse diviso
in celle di volume pari alla costante di Planck al cubo. Tetrode [10] fu anche in grado
di dimostrare che la formula era in accordo con i dati sperimentali relativi ad un gas
di mercurio (2 ). L’ipotesi di quantizzazione di questi autori era arbitraria e quindi
numerosi ricercatori si dedicarono a derivazioni alternative di questa formula, tra gli
altri Stern nel suo già citato lavoro. Occorre anche sottolineare che, secondo quanto ri-
cordato da Nello Carrara, in una conferenza tenuta nel 1955 [6], Fermi, sin da quando
era studente della Normale, era interessato al problema della costante dell’entropia.
Nelle parole di Carrara [6]: “. . . la determinazione del valore assoluto dell’entropia,
era il problema che mulinava nella mente del giovane Fermi, non ancora ventenne,
che con noi mangiava il castagnaccio, saliva sulla statua di Cosimo I, faceva sacrifici
all’entropia sulle Alpi Apuane; . . . ”
     In ogni caso, l’insoddisfazione di Fermi per il soggiorno tedesco fece si che, invece
di trattenersi per un anno, ad agosto terminò la sua visita e rientrò a Roma. Qui

    (2 ) In una delle forma stabili e relativamente comuni, il nucleo del mercurio è composto da 80
protoni e 121 neutroni e quindi, è un fermione.
108                                                                               Roberto Casalbuoni

Fig. 3. – Illustrazione delle regole di quantizzazione di Sommerfeld per tre particelle distinguibili (a
sinistra) e tre particelle identiche (a destra).

Corbino gli fece ottenere un incarico di Fisica Matematica per l’anno accademico
1923/24. In questo periodo romano scrisse due lavori di meccanica statistica che
furono le premesse alla formulazione della meccanica statistica del 1926. Il primo, dal
titolo: Sopra la teoria di Stern della costante assoluta dell’entropia di un gas perfetto
monoatomico [11], presentato all’Accademia dei Lincei da Corbino il 2 Dicembre del
1923, il secondo: Considerazioni sulla quantizzazione dei sistemi che contengono degli
elementi identici [12], inviato a Il Nuovo Cimento nel gennaio del 1924. Il primo
di questi due lavori rappresentava un miglioramento della formulazione di Stern. Il
secondo è invece più interessante dal nostro punto di vista. Come primo punto Fermi
mostrava come le regole di quanizzazione di Sommerfeld dessero luogo a risultati
diversi tra sistemi con parti distinguibili e quelli con parti identiche tra loro. Fermi
esemplificava questo punto considerando tre particelle equidistanziate su un anello. Il
sistema ha periodicità diverse nel caso di tre particelle distinguibile e di tre particelle
identiche. Nel primo caso la periodicità è 2π, mentre nel secondo caso è 2π/3 (vedi
fig. 3) da cui una diversa quantizzazione del momento.
    Nella parte centrale di questo lavoro, Fermi riprendeva un interessante contributo
di Brody [13], un collaboratore di Born. Fermi considerava il gas composto da N
particelle poste in un recipiente a forma di parallelepipedo, divideva poi il recipiente
in N celle e poneva una particella in ogni cella. L’impulso di ogni particella veniva
quantizzato secondo le regole di Sommerfeld. Ogni cella risultava caratterizzata dai
tre numeri quantici che definiscono l’impulso nelle tre dimensioni spaziali. In questo
modo l’autore riusciva a riprodurre la formula di Sackur e Tetrode. Fermi considerava
anche la possibilità di dividere il parallelepipedo in N/2 celle contenenti ognuno 2
particelle e cosi via sino a ridursi al parallelepipedo stesso con N particelle, facendo
sempre uso della quantizzazione alla Sommerfeld. In tutti questi casi la formula finale
per l’entropia differiva da quella di Sackur e Tetrode. Fermi concludeva il lavoro
attribuendo il motivo della discrepanza con Sackur e Tetrode, nel caso di più particelle
nella stessa cella, al fallimento delle regole di quantizzazione alla Sommerfeld in queste
situazioni. Per meglio rinforzare questa affermazione Fermi considerava un insieme
di N particelle diviso in due gruppi di N/2 particelle eguali tra loro ma distinte
tra i due gruppi. Divideva poi il parallelepipedo in N/2 celle ed in ognuno di esse
poneva una particella di un tipo ed una dell’altro. Quindi mostrava che il risultato
era quello previsto dalla termodinamica, cioè che l’entropia era eguale alla somma
delle entropie dei due gas, come se ognuno occupasse il volume totale, con le singole
entropie coincidenti con quanto trovato da Sackur e Tetrode.
La statistica di Fermi                                                                109

     Fermi non fece ulteriori commenti e nemmeno offrı̀ una possibile spiegazione, che
poi troverà essere il Principio di Esclusione. Comunque, a posteriori, Fermi si lamentò
con Segrè (3 ) di non essere riuscito a formulare il Principio di Esclusione prima di
Pauli.
     Negli ultimi mesi del 1924 (da settembre a dicembre), Fermi, su invito di Ehrenfest,
si recò a Leida. Ehrenfest era un fisico teorico in buone relazioni con i più importanti
fisici teorici del tempo. Fermi ebbe infatti occasione di conoscere Einstein e Lorentz
in visita a Leida. Strinse rapporti affettuosi con Ehrenfest che mantenne per tutta
la vita. Dopo Leida Fermi divenne Professore Incaricato di Fisica Matematica a
Firenze [14].

4.    La statistica di Fermi

    Fermi tenne l’incarico a Firenze nei due anni accademici 1924/25 e 1925/26. In
questo periodo tenne, per i fisici, un corso di Elettrodinamica nel l924/25 ed uno di
Calcolo delle Probabilità e Meccanica Statistica nel 1925/26. Tenne inoltre, nei due
anni, il corso di Meccanica Razionale per i fisici e gli ingegneri (4 ).
    Al suo arrivo a Firenze, Fermi ritrovò l’amico Franco Rasetti che era un fisico
sperimentale di grande valore che lo coinvolse in alcune ricerche sperimentali. Que-
ste hanno dato luogo ai primi lavori sperimentali di Fermi, che riprese poi l’attività
sperimentale nel suo periodo romano e successivamente negli Stati Uniti.
    Il lavoro sperimentale con l’amico tenne Fermi impegnato sino alla primavera del
1925. Nel frattempo, nel gennaio dello stesso anno, era uscito il lavoro di Pauli [15]
con la formulazione del famoso “Principio di Esclusione” che escludeva la coesistenza
di due elettroni nello stesso stato atomico. Non era assolutamente chiaro se questo
fosse un principio della natura od una conseguenza della dinamica atomica.
    È curioso che a Fermi sia occorso un anno, dalla formulazione del Principio di Pauli
al suo lavoro del 1926 [2,3]. Una spiegazione è stata offerta da Cordella e Sebastiani [7]
che osservano come Fermi fosse stato impegnato fino alla primavera del 1925 nel
lavoro sperimentale con Rasetti. Nel mese di Luglio fu invece occupato in qualità di
commissario per gli esami di Stato. Nel mese di agosto, come faceva sistematicamente
tutti gli anni, si recò in vacanza a San Vito di Cadore. Qui trovò alcuni amici tra
cui R. de L. Kronig. Questi era un fisico teorico molto ben informato sugli sviluppi
recenti della fisica ed in particolare era a conoscenza dell’articolo di Pauli, come
risulta da una sua lettera del gennaio del 1925 a Goudsmit. È dunque plausibile
che Kronig ne abbia riferito a Fermi. Evidentemente il fisico romano non rimase
molto impressionato da queste notizie, dato che il 23 settembre 1925 scrisse all’amico
Persico dicendo che solo da poco aveva ripreso a leggere qualche lavoro scientifico,
ma la sua sensazione era che non ci fossero stati risultati particolarmente interessanti.
Secondo Cordella e Sebastiani [7] non ci sono altre fonti certe sino al febbraio del

     (3 ) Vedi il commento di F. Rasetti al lavoro di Fermi [2] in [1].
     (4 ) Vedi le dispense del corso in [14].
110                                                                       Roberto Casalbuoni

1926, eccezion fatta per una lettera a Kronig del 23 novembre 1925 in cui scriveva:
“Attualmente ho quasi finito con la teoria della conduzione del calore nei cristalli
(forse ti ricordi che ci lavoravo sopra già a S. Vito). [. . . ] Desidererei chiederti se sei
a conoscenza di qualche pubblicazione di Pauli al riguardo, nella letteratura non ho
potuto trovare nulla. [. . . ] Qui ho cominciato le lezioni. Quest’anno insegno calcolo
delle probabilità e meccanica statistica.” L’accenno che Fermi faceva nei riguardi del
corso di Meccanica Statistica che stava preparando, suggerisce che possa aver ripreso
interesse all’argomento dell’entropia di un gas perfetto, proprio in quell’occasione.
Possiamo anche aggiungere che Laura Fermi nel suo libro Atomi in Famiglia [16]
racconta che Fermi e Rasetti andavano a caccia di lucertole nei prati di Arcetri e che
Fermi, mentre era sdraiato nell’erba, in attesa della cattura da farsi con una bacchetta
di vetro con un cappio alla fine, “[. . . ] lasciava la sua mente vagare. Il suo subconscio
lavorava sul Principio di Pauli e sulla teoria del gas perfetto. Dalle profondità del suo
subconscio venne il fattore mancante che Fermi aveva a lungo ricercato. [. . . ] ”.
     Secondo Giulio Maltese [17], in una intervista radiofonica rilasciata all’indomani
del Nobel, alla domanda, se il lavoro del 1926 fosse dovuto ad una illuminazione
improvvisa, Fermi rispose: “. . . ricordo per esempio la prima idea sul modo di trattare
la statistica dei gas elettronici mi venne in mente mentre passeggiavo in Arcetri in un
pomeriggio di dicembre accanto all’Osservatorio Astronomico.”
     In definitiva, dando credito alle testimonianze di Laura Fermi e a quanto ripor-
tato da Giulio Maltese, dopo che il subconscio di Fermi aveva lavorato in autunno,
finalmente il fattore mancante era emerso chiaramente nel Dicembre del 1925.
     È opportuno ricordare che il lavoro di Fermi è stato realizzato nell’ambito della
vecchia teoria dei quanti. Quindi l’unico mezzo teorico per quantizzare un sistema
era quello di far ricorso alle regole di Sommerfeld. È da notare che la meccanica delle
matrici di Heisenberg era stata formulata nel luglio del 1925 [18]. Fermi conosceva
il lavoro di Heisenberg, ma lo riteneva alquanto formale e poco adatto ad essere
usato in applicazioni significative. La meccanica ondulatoria fu invece formulata da
Schrödinger nel marzo del 1926 [19]; dunque il lavoro di Fermi poteva consiste solo
nell’applicare i metodi statistici implementati con la quantizzazione alla Sommerfeld.
     Fermi iniziava il suo articolo del 26 [2] richiamando i problemi connessi con la
quantizzazione alla Sommerfeld nel caso di particelle identiche. Passava poi a consi-
derare il Principio di Esclusione e lo generalizzava richiedendo che esso non valesse
solamente per particelle identiche in interazione, come gli elettroni in un atomo, ma
anche per particelle non interagenti, quali gli atomi di un gas perfetto. Detto in altri
termini, Fermi assumeva che il Principio di Esclusione fosse, per le particelle che lo
soddisfano, una caratteristica intrinseca e non dovuta a fatti esterni, quali le intera-
zioni a cui potevano essere sottoposte. A questo punto, poteva benissimo calcolare
l’entropia del gas perfetto come aveva fatto nel lavoro del 24 [12], ma per essere più
aderente al Principio di Esclusione come formulato da Pauli, applicava al gas per-
fetto un potenziale armonico in modo che l’energia del gas risultasse quantizzata e
caratterizzata dai 3 numeri interi si ≥ 0, i = 1, 2, 3, secondo la relazione:

                                  E = hν(s1 + s2 + s3 ).
La statistica di Fermi                                                                111

Fig. 4. – La lettera di Fermi a Dirac.

Imponendo poi il Principio di Pauli, Fermi ritrovava la formula di Sackur e Tetrode.
     Questo lavoro fu l’ultimo lavoro importante del periodo della vecchia teoria di
quanti. Poco dopo, nell’agosto del 1926, Dirac [20] mostrava come, partendo dalla
meccanica ondulatoria, le particelle identiche si dividessero in due grandi categorie:
rispettivamente con funzione d’onda simmetrica o antisimmetrica, cioè in bosoni e
fermioni nel linguaggio odierno. Dirac però non citava il lavoro di Fermi, il quale
scrisse al fisico inglese (vedi fig. 4) facendogli presente la priorità del proprio lavoro.
Molto onestamente Dirac riconobbe la priorità del lavoro di Fermi e quindi la statisti-
ca delle particelle che soddisfano il Principio di Esclusione prese il nome di statistica
di Fermi-Dirac. Di conseguenza le particelle che soddisfano questa statistica vennero
dette fermioni.
     Fermi aveva scritto il suo lavoro con lo stile consueto che introduceva principi
generali ma applicandoli a casi concreti. Infatti, Fermi non amava una teoria in quanto
tale, ma l’apprezzava solo se era in grado di spiegare dei fatti sperimentali. Dirac, al
contrario, amava la formulazione di teorie eleganti e, anche se vide il lavoro di Fermi,
è probabile che lo abbia considerato un lavoro applicativo e se ne sia disinteressato.

5.   Conclusioni

   La statistica di Fermi-Dirac fu subito apprezzata ed applicata, per esempio da
Fowler nel 1926 all’astrofisica e da Pauli nel 1927 alla conduzione elettrica nei me-
112                                                                               Roberto Casalbuoni

talli. Di fatto questa statistica trova importanti applicazioni in tutti i settori della
fisica: fisica delle particelle elementari, fisica nucleare, struttura della materia, astro-
fisica, ecc. Questa statistica ha anche numerose applicazioni tecnologiche. Spiega il
comportamento dei semiconduttori, che sono la chiave per i transistor e quindi per
tutta l’elettronica moderna, tra cui i computer, i telefoni cellulari, ecc. La rilevanza
della statistica di Fermi-Dirac nei semiconduttori è stata sottolineata da Bardeen,
vincitore del Nobel per i semiconduttori ed i transistor, nella sua Nobel lecture del
1956. È interessante notare che Bardeen sia stato l’unico a vincere due premi Nobel
nella stessa disciplina e che il suo secondo Nobel del 1972 sia stato assegnato per la
teoria della superconduttività, anch’essa basata sulla statistica di Fermi-Dirac.
     Ma questo non è casuale, infatti basta pensare che 4 degli studenti di PhD di Fermi
a Chicago hanno conseguito il Nobel: O. Chamberlain, T. D. Lee, J. I. Friedman e H.
J. Steinberger. A questi va aggiunto il Nobel a E. Segrè, suo studente a Roma ed altri
Nobel a persone che hanno seguito i suoi corsi ed anche collaborato con lui, come C.
N. Yang e J. W. Cronin.
     L’importanza di Fermi nella fisica degli USA è stata oggetto di una ricerca fatta
dalla sociologa Harriet Zuckerman [21] in cui studia l’influenza dei Nobel americani
sui futuri Nobel. Per quanto riguarda Fermi (5 ) conclude che il suo ruolo è stato
unico in questo rispetto, almeno negli USA.

Bibliografia

 [1] Fermi E., Collected Papers (The University of Chicago Press, Accademia Nazionale dei Lincei,
       Rome) 1962.
 [2]   Fermi E., Rend. Accad. Lincei, III (1926) 145.
 [3]   Fermi E., Z. Phys., 36 (1926) 902.
 [4]   Fermi E., Rend. Accad. Lincei, 21 (1922) 51.
 [5]   Walker A. G., Proc. R. Soc. London, 52 (1932) 353.
 [6]   Carrara N., Il Colle di Galileo, 5 (2016) 9.
 [7]   Cordella F. e Sebastiani F., “Sul percorso di Fermi verso la statistica quantica” Il Nuovo
       Saggiatore, 16, N. 1-2 (2000) 11.
 [8]   Stern O., Z. Phys., 14 (1923) 629.
 [9]   Sackur O., Ann. Phys., 36 (1911) 958.
[10]   Tetrode H., Ann. Phys., 38 (1912) 434.
[11]   Fermi E., Rend. Accad. Lincei, 32 (1923) 395.
[12]   Fermi E., Nuovo Cimento, I (1924) 145.
[13]   Brody E., Z. Phys., 6 (1921) 79.
[14]   Casalbuoni R., Dominici D. e Pelosi G., Enrico Fermi a Firenze (FUP) 2019.
[15]   Pauli W., Z. Phys., 31 (1925) 765.
[16]   Fermi L., Atoms in the Family (The University of Chicago Press, Chicago) 1961, p. 37.
[17]   Maltese G., Il Papa e l’Inquisitore (Zanichelli, Bologna) 2010, p. 52.
[18]   Heisenberg W., Z. Phys., 33 (1925) 879.
[19]   Schrödingere E., Ann. Phys., 79 (1926) 361.
[20]   Dirac P. A. M., Proc. R. Soc. London A, 112 (1926) 661.
[21]   Zuckerman H., Scientific Elites: Nobel Laureates in the United States (Free Press, New York)
       1977.

       (5 ) Occorre ricordare che negli Stati Uniti è considerato un Nobel americano.
Puoi anche leggere