LA SELEZIONE DELL'AUSILIARE CON I VERBI INTRANSITIVI IN ITALIANO E IN FRANCESE: UN CONFRONTO
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Faculteit Letteren en Wijsbegeerte Academiejaar 2010-2011 LA SELEZIONE DELL’AUSILIARE CON I VERBI INTRANSITIVI IN ITALIANO E IN FRANCESE: UN CONFRONTO Masterproef Sofie Lenaers Master taal- en letterkunde: Frans - Italiaans Promotor: Professoressa Mara Manente
Faculteit Letteren en Wijsbegeerte Academiejaar 2010-2011 LA SELEZIONE DELL’AUSILIARE CON I VERBI INTRANSITIVI IN ITALIANO E IN FRANCESE: UN CONFRONTO Masterproef Sofie Lenaers Master taal- en letterkunde: Frans - Italiaans Promotor: Professoressa Mara Manente
Ringraziamenti La realizzazione della mia tesi di laurea non sarebbe stata possibile senza l’aiuto e il sostegno di alcune persone. In particolare, vorrei ringraziare la mia relatrice di tesi, la professoressa Mara Manente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, per i suoi consigli e la sua disponibilità durante l’elaborazione e la stesura della mia tesi. Anche la professoressa Claudia Crocco dell’Università di Gent ha svolto un ruolo fondamentale nel mio lavoro di tesi. È stata infatti la professoressa Crocco che mi ha appoggiata, per prima, nella scelta dell’argomento della mia tesi e che mi ha messa in contatto, in seguito, con la professoressa Manente. Inoltre, vorrei ringraziare i miei genitori che hanno appoggiato la mia scelta di studiare italiano e francese all’Università di Gent e che mi hanno sempre sostenuta durante il periodo di studi all’università. Vorrei ringraziare anche il mio fidanzato, per la sua pazienza, per i suoi consigli e per avere condiviso con me l’esperienza degli studi universitari. Infine, vorrei ringraziare i miei amici per avermi incoraggiata durante tutto il periodo di studi all’università e, in particolare, durante la realizzazione della mia tesi.
Indice INDICE.................................................................................................................................1 INTRODUZIONE ................................................................................................................3 1 L’AUSILIARE: GENERALITÀ..................................................................................6 1.1 DEFINIZIONE DI AUSILIARE .......................................................................................6 1.2 LA GRAMMATICALIZZAZIONE ...................................................................................8 1.3 GLI AUSILIARI ‘ESSERE’ E ‘AVERE’ .........................................................................10 1.3.1 ‘Essere’.............................................................................................................11 1.3.2 ‘Avere’ ..............................................................................................................12 1.4 ANALISI SEMANTICA E SINTATTICA DELLA VARIAZIONE NELLA SELEZIONE DELL’AUSILIARE CON I VERBI INTRANSITIVI ........................................................................14 1.4.1 Approccio semantico .........................................................................................15 1.4.1.1 L’aspetto ...................................................................................................15 1.4.1.2 Le teorie della tipologia degli aspetti lessicali ............................................16 1.4.1.3 La telicità e l’agentività .............................................................................20 1.4.2 Approccio sintattico ..........................................................................................20 1.4.2.1 L’Ipotesi dell’Inaccusatività ......................................................................20 1.4.2.2 I test di inaccusatività ................................................................................21 2 L’AUSILIARE IN ITALIANO E IN FRANCESE: APPROCCIO SEMANTICO..27 2.1 THE AUXILIARY SELECTION HIERARCHY ................................................................27 2.1.1 Verbi centrali ....................................................................................................30 2.1.1.1 Change of location.....................................................................................30 2.1.1.2 Non-motional controlled processes ............................................................31 2.1.2 Verbi periferici..................................................................................................32 2.1.2.1 Change of state ..........................................................................................32 2.1.2.2 Continuation of a pre-existing state............................................................35 2.1.2.3 Existence of state.......................................................................................36 2.1.2.4 Uncontrolled processes..............................................................................37 2.1.2.5 Motional controlled processes ...................................................................38 2.2 RICAPITOLAZIONE ..................................................................................................40 1
3 ANALISI DI ALCUNI GRUPPI DI VERBI PARTICOLARI .................................41 3.1 I VERBI CHE SELEZIONANO SIA L’AUSILIARE ESSERE/ÊTRE CHE L’AUSILIARE AVERE/AVOIR IN ITALIANO E IN FRANCESE ..........................................................................41 3.1.1 I verbi correre, volare e saltare.........................................................................41 3.1.2 I verbi monter e descendre ................................................................................44 3.2 I VERBI METEOROLOGICI ........................................................................................45 3.2.1 La selezione dell’ausiliare in italiano................................................................46 3.2.2 La selezione dell’ausiliare in francese...............................................................48 3.3 I VERBI DI CAMBIAMENTO DI STATO ........................................................................49 3.4 LA RISTRUTTURAZIONE ..........................................................................................51 3.4.1 Rizzi ..................................................................................................................51 3.4.1.1 Fenomeni di trasparenza ............................................................................52 3.4.1.2 Il cambio di ausiliare .................................................................................55 3.4.2 Cinque ..............................................................................................................58 3.4.2.1 L’analisi di Cinque ....................................................................................58 3.4.2.2 I fenomeni di trasparenza...........................................................................59 4 DISCUSSIONE ...........................................................................................................61 4.1 L’AUSILIARE ..........................................................................................................61 4.2 LA SELEZIONE DELL’AUSILIARE IN ITALIANO E IN FRANCESE: LEGENDRE E SORACE (2010) .............................................................................................................................63 4.3 APPROCCIO SEMANTICO VS APPROCCIO SINTATTICO ................................................67 CONCLUSIONE ................................................................................................................73 BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................75 2
Introduzione L’italiano e il francese dispongono di due ausiliari per la formazione dei tempi composti: l’ausiliare essere/être e l’ausiliare avere/avoir. La selezione di due ausiliari per formare i tempi composti è una peculiarità di queste due lingue poiché la maggior parte delle lingue romanze, come, per esempio, lo spagnolo, il portoghese e il catalano, seleziona un unico ausiliare nei tempi composti. Altre lingue, come, per esempio, l’occitano, il sardo e il catalano, si comportano invece come l’italiano e il francese quanto alla selezione dell’ausiliare. La selezione dell’ausiliare in italiano e in francese costituisce un aspetto problematico e interessante da esaminare perché, fino ad oggi, i linguisti non sono riusciti a stabilire un’unica regola che fosse in grado di rendere conto della variazione nella selezione dell’ausiliare. Negli ultimi trent’anni, sono stati pubblicati numerosi studi sul fenomeno della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi. A questo fenomeno, che viene comunemente definito ‘intransitività scissa’, sono correlate numerose altre questioni. I due approcci principali che sono stati elaborati per l’analisi della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi sono, rispettivamente, di tipo semantico e di tipo sintattico. In questa sede, si è deciso di focalizzare l’attenzione sull’approccio semantico della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi. La tesi consiste in uno status quaestionis: l’obiettivo è di dare una visione globale del fenomeno della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi in italiano e in francese da un punto di vista semantico. In particolare, poiché il fenomeno dell’intransitività scissa riguarda sia l’italiano che il francese, la nostra analisi sarà prettamente comparativa. Lo scopo della nostra analisi è quello di approfondire alcuni aspetti dell’approccio semantico allo studio della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi. In particolare, il nostro studio mostrerà che esistono delle differenze fondamentali tra l’italiano e il francese quanto alla selezione dell’ausiliare. La tesi è organizzata in quattro capitoli. Nel primo capitolo vengono analizzate brevemente le definizioni di ‘ausiliare’ riportate dallo Zingarelli (2008), dalla Grammatica italiana: italiano comune e lingua letteraria (1996) e dal Dizionario di Linguistica (2004). In seguito, viene introdotta la nozione di ‘grammaticalizzazione’ e viene descritto il ‘processo di grammaticalizzazione dell’ausiliare’ che, secondo alcuni autori, sta alla base dell’uso di essere e avere come ausiliari per la 3
formazione dei tempi composti. Successivamente, riassumeremo l’analisi degli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’ elaborata da Benveniste (1980). Infine, affronteremo l’analisi semantica e sintattica della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi. Quanto all’approccio semantico, verranno presi in considerazione l’aspetto e i parametri della telicità e dell’agentività. Quanto all’approccio sintattico, discuteremo l’Ipotesi dell’Inaccusatività avanzata da Perlmutter (1978) e i test di inaccusatività elaborati da Burzio (1986). Nel secondo capitolo, focalizzeremo la nostra attenzione sull’approccio semantico della selezione dell’ausiliare. In particolare, tratteremo dell’approccio gerarchico di Legendre e Sorace (2010) le quali, basandosi sulla The Auxiliary Selection Hierarchy di Sorace (2000), elaborano uno schema della distribuzione degli ausiliari essere/être e avere/avoir in italiano e in francese. Dopo aver introdotto brevemente la gerarchia di Sorace (2000), ci concentreremo sull’italiano e sul francese analizzando in dettaglio ogni classe verbale individuata dalla gerarchia elaborata da Legendre e Sorace (2010). Il terzo capitolo presenta un’analisi più dettagliata di alcuni gruppi di verbi particolari della gerarchia di Sorace (2000). Infatti, è possibile osservare delle irregolarità all’interno di certe classi verbali della gerarchia. Ci sono, infatti, verbi che possono selezionare entrambi gli ausiliari. Per l’italiano, si tratta dei verbi correre, volare e saltare, che denotano dei processi di movimento controllato, mentre per il francese si tratta dei verbi di cambiamento di stato monter e descendre. In seguito, analizzeremo i verbi meteorologici che in italiano selezionano sia essere che avere, mentre in francese ammettono solo l’ausiliare avoir. Successivamente, tratteremo della selezione dell’ausiliare con i verbi di cambiamento di stato. In italiano, questi verbi selezionano generalmente l’ausiliare essere ma possono anche selezionare entrambi gli ausiliari, mentre in francese selezionano sempre l’ausiliare avoir. Per tutti questi verbi, esamineremo la variabilità nella selezione dell’ausiliare e i parametri che entrano in gioco nella variazione della selezione dell’ausiliare. Infine, analizzeremo il fenomeno della ristrutturazione, che riguarda solo l’italiano. In particolare, prenderemo in considerazione gli studi di Rizzi (1982) e di Cinque (2006) su questo fenomeno e focalizzeremo la nostra attenzione sul legame tra la ristrutturazione e il cambio di ausiliare. Nell’ultimo capitolo presenteremo le nostre osservazioni su alcuni aspetti della variazione nella selezione dell’ausiliare trattati nel corso del nostro studio. Sulla base dell’analisi degli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’ elaborata da Benveniste (1980), discuteremo la differenza nella 4
distribuzione degli ausiliari essere/être e avere/avoir in italiano e in francese. Successivamente, descriveremo i punti forti e i punti deboli dell’approccio gerarchico della distribuzione degli ausiliari essere/être e avere/avoir elaborato da Legendre e Sorace (2010). Infine, confronteremo l’approccio semantico e quello sintattico e cercheremo di individuare quali sono i punti di forza e i punti deboli di entrambi gli approcci. 5
1 L’ausiliare: generalità 1.1 Definizione di ausiliare Prima di cominciare ad analizzare la distribuzione e la variazione nella selezione dell’ausiliare in italiano e in francese, è necessario dare una definizione di ‘verbo ausiliare’. A questo proposito, abbiamo consultato il dizionario Zingarelli (2008), la Grammatica italiana: italiano comune e lingua letteraria (1996) di Serianni e il Dizionario di linguistica (2004) di Beccaria. Lo Zingarelli (2008: 126) dà la seguente definizione di ‘verbo ausiliare’: ausiliare: A. agg. che aiuta / Verbo ausiliare, che serve a formare i tempi composti e il passivo (in italiano, sono tali il verbo essere e avere). B. s.m. e f. Chi presta aiuto, collaborazione. C. s.m. Verbo ausiliare. Il nuovo Zingarelli minore (2008: 126) Dalla definizione data nello Zingarelli (2008), si evince che il verbo ausiliare è un elemento verbale che serve alla formazione dei tempi composti e del passivo. In italiano, i verbi ausiliari corrispondono alle forme verbali essere e avere, mentre i loro corrispettivi francesi sono être e avoir. Lo Zingarelli (2008) dà, tuttavia, una definizione piuttosto semplicistica di verbo ausiliare, che non prende in considerazione la varietà d’uso di queste forme verbali. Il problema della variazione nella selezione dell’ausiliare nei tempi composti non viene infatti dallo Zingarelli (2008). A differenza dello Zingarelli (2008), la definizione di ausiliare data dalla Grammatica italiana: italiano comune e lingua letteraria (1996: 391) è più elaborata poiché considera anche il fenomeno della variazione nella selezione dell’ausiliare. In particolare, i verbi essere e avere vengono classificati nella categoria degli ‘ausiliari propriamente detti’: 6
Si tratta essenzialmente dei verbi essere e avere, che consentono la formazione dei tempi composti con valore di passato rispettivamente: a) per la maggioranza dei verbi intransitivi, per quasi tutti i verbi impersonali, per tutti quelli riflessivi e intransitivi pronominali; b) per tutti i verbi transitivi e per un certo numero di intransitivi. Il verbo essere forma inoltre il passivo. Grammatica italiana: italiano comune e lingua letteraria (1996: 391) Serianni (1996) osserva che, in italiano moderno, la scelta dell’ausiliare non pone problemi per i verbi transitivi e per i verbi pronominali (a parte alcune eccezioni)1. La scelta dell’ausiliare si rivela invece più problematica nella formazione dei tempi composti dei verbi intransitivi e dei verbi impersonali, così come con alcuni verbi modali seguiti dall’infinito. Nel Dizionario di linguistica (2004) di Beccaria, i verbi ausiliari vengono considerati una sottocategoria nella classificazione tradizionale della categoria del verbo. L’autore dà una definizione elaborata di ‘ausiliare’: ausiliare: Nella classificazione tradizionale della categoria del verbo, l’ausiliare (lat. axuilium ‘aiuto, soccorso’) rappresenta una sottocategoria comprendente quei verbi che possono ricorrere nei sintagmi verbali in combinazione con altri verbi, svolgendo una funzione ancillare nei loro confronti sia sotto il profilo semantico che formale. Gli ausiliari stricto sensu producono una modificazione di carattere morfologico: ne sono un chiaro esempio essere ed avere in italiano, che ricorrono in unione all’infinito degli altri verbi perdendo l’autonomia semantica e dando luogo rispettivamente a 1) i tempi composti del passato del tipo sono andato, avevo fatto; 2) la diatesi passiva: era atteso; sono comprati. [...] Dizionario di linguistica (2004: 110) Dalla definizione di Beccaria (2004), si evince che l’ausiliare svolge una funzione importante all’interno del sintagma verbale del quale fa parte, da un punto di vista semantico, formale e morfologico. Tuttavia, Beccaria (2004) non allude alla varietà d’uso degli ausiliari. In particolare, l’autore non menziona il problema della variazione nella selezione dell’ausiliare nei tempi composti. 1 cfr. Serianni (1996: 391, 392) per le eccezioni. 7
1.2 La grammaticalizzazione La possibilità di utilizzare essere e avere come ausiliari per la formazione dei tempi composti è, secondo alcuni autori, il risultato di un processo di grammaticalizzazione. Il termine ‘grammaticalizzazione’ è stato utilizzato per la prima volta da Meillet (1912) nel suo articolo L’évolution des formes grammaticales. Il concetto di grammaticalizzazione circolava, tuttavia, già nel secolo precedente. In particolare, negli ultimi decenni del XX secolo, alcuni autori, tra i quali Lehmann (1982), Heine, Claudi e Hünnemeyer (1991), Hopper e Traugott (1993) e Bybee (2003) cominciano ad elaborare una teoria della grammaticalizzazione. In generale, il termine ‘grammaticalizzazione’ ammette tre possibili interpretazioni. Secondo Meillet (1912: 131), che fornisce una prima interpretazione, il termine ‘grammaticalizzazione’ designa l’evoluzione di una forma lessicale verso uno statuto grammaticale, cioè “l’attribution du caractère grammatical à un mot jadis autonome”. In particolare, secondo l’autore, il passaggio di una parola autonoma alla funzione di un elemento grammaticale costituisce, accanto all’analogia, uno dei procedimenti che conducono alla creazione di nuove forme grammaticali. Secondo Meillet, dunque, anche gli ausiliari essere e avere, che vengono utilizzati nel perfetto analitico delle lingue romanze, hanno subito un processo di grammaticalizzazione. Meillet (1912: 131) riporta un esempio dal francese che dimostra chiaramente che gli ausiliari essere/être e avere/avoir sono il risultato dell’attribuzione di una funzione grammaticale ad una parola originariamente autonoma: (1) a. je suis celui qui suis (verbo di esistenza) b. je suis chez moi (‘essere in un luogo’) c. je suis malade (copula) d. je suis parti (ausiliare) Nella prima frase, être viene impiegato come verbo di esistenza ed è dunque una parola autonoma. Nella seconda frase, invece, être ha già perso un certo grado di autonomia e viene impiegato come predicato locativo. Nella terza frase, être funziona come copula e mostra, di conseguenza, già alcune caratteristiche di un elemento tipicamente grammaticale. Nell’ultima frase, être è un elemento pienamente grammaticale, cioè un ausiliare. Più precisamente, in (1d) fa parte di una forma grammaticale complessa che esprime il passato. 8
Il campione di frasi riportate in (1) mostra la progressiva trasformazione di être da verbo di esistenza, pienamente lessicale, a verbo ausiliare in cui la sua funzione è prettamente grammaticale. In altre parole, un verbo che si trasforma in ausiliare subisce una perdita progressiva del proprio significato lessicale, della propria autonomia sintattica e del proprio peso fonologico. Secondo Meillet (1912: 133), il processo di grammaticalizzazione ha delle conseguenze importanti per la lingua, poiché trasforma l’intero sistema, conduce alla creazione di nuove forme e porta all’introduzione di categorie che non avevano ancora ricevuto un’espressione linguistica2. Nel suo lavoro Thoughts on grammaticalization, Lehmann (2002: 29) osserva che la grammaticalizzazione può invertire i rapporti sintattici tra due forme verbali all’interno di un enunciato. Spiegheremo qui di seguito il cambiamento che la grammaticalizzazione può provocare dal punto di vista di Lehmann (2002). Com’è noto, in una costruzione verbale analitica una delle due forme verbali svolge la funzione di ausiliare. Secondo Lehmann (2002: 29, 30), prima del processo di grammaticalizazzione, l’ausiliare è il verbo principale sintattico, mentre l’altra forma verbale della costruzione analitica porta il significato lessicale. In seguito al processo di grammaticalizzazione, l’ausiliare perde le sue proprietà verbali e, di conseguenza, non può più reggere il verbo lessicale. Dopo la sua trasformazione in una marca del tempo, modo o aspetto, l’ausiliare dipende dal verbo lessicale che è diventato il verbo principale dopo la grammaticalizzazione: ausiliare + forma verbale ausiliare + forma verbale verbo principale verbo principale GRAMMATICALIZZAZIONE Secondo alcuni autori, il tipo di innovazione causato dalla grammaticalizzazione costituisce una conseguenza immediata e naturale dell’utilizzazione delle lingue. Meillet (1912), per esempio, sostiene che l’inizio del processo di grammaticalizzazione viene provocato dal desiderio di espressività da parte degli utenti di una lingua. La formazione della negazione fornisce un’illustrazione chiara di questo processo. In indoeuropeo, per esempio, la parola ne non era sufficientemente espressiva in situazioni nelle quali i parlanti volevano insistere sulla 2 Meillet (1912: 133): “[…] la « grammaticalisation » de certains mots crée des formes neuves, introduit des catégories qui n'avaient pas d'expression linguistique, transforme l'ensemble du système.” 9
negazione. Per questo motivo ne è stata rinforzata mediante l’aggiunta di un’altra parola come, per esempio, in francese dall’avverbio pas, dando così origine a una forma negativa complessa costituita da due elementi, cioè ne... pas. Una seconda interpretazione del termine ‘grammaticalizzazione’ rimanda all’evoluzione di una forma grammaticale verso uno statuto più grammaticale. Kurylowicz (1975: 52) è stato il primo a dare una definizione più ampia del concetto di grammaticalizzazione: Grammaticalization consists in the increase of the range of a morpheme advancing from a lexical to a grammatical or from a less grammatical to a more grammatical status, e.g. from a derivative formant to an inflectional one. Successivamente, Hopper e Traugott (2003: 1) hanno fornito una terza possibile interpretazione del termine ‘grammaticalizzazione’, utilizzandolo per designare anche la grammaticalizzazione di intere costruzioni: “Grammaticalization” refers to that part of the study of language change that is concerned with such questions as how lexical items and constructions come in certain linguistic contexts to serve grammatical functions or how grammatical items develop new grammatical functions. Gli ausiliari essere e avere in italiano e être e avoir in francese sono dunque, secondo alcuni autori, il risultato di un processo di grammaticalizzazione. Nel paragrafo seguente, analizzeremo più in dettaglio la natura e le caratteristiche sintattiche, semantiche e morfologiche di questi due ausiliari. 1.3 Gli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’ Sia l’italiano che il francese dispongono di due ausiliari per la formazione dei tempi composti. Questa scelta tra essere/être e avere/avoir può essere considerata come una peculiarità di queste due lingue romanze3. È stato infatti osservato che la maggior parte delle lingue del mondo non hanno il verbo ‘avere’. In lingue come il russo e il persiano, per esempio, esiste soltanto l’ausiliare ‘essere’. 3 All’interno del gruppo delle lingue indoeuropee, l’introduzione di avere è avvenuta tardivamente e si è imposta lentamente e solo parzialmente. (Meillet, 1924: 9-13 e Benveniste, 1980: 195) 10
Nel suo articolo « Être » et « avoir » dans leurs fonctions linguistiques, Benveniste (1980) si è interessato alla natura e alle caratteristiche degli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’. Qui di seguito riassumeremo brevemente la sua analisi. 1.3.1 ‘Essere’ Secondo Benveniste (1980: 187), l’aspetto problematico concernente il verbo ‘essere’ è dovuto alla coesistenza dialettica tra le sue due funzioni. Da una parte, ‘essere’ può funzionare come una copula, cioè come una marca grammaticale dell’identità (nozione grammaticale), mentre, dall’altra, può comportarsi come un verbo di pieno esercizio (nozione lessicale). Quando si analizza l’uso del verbo ‘essere’, è necessario dunque precisare se si tratta del verbo ‘essere’ impiegato come copula o come verbo di pieno esercizio. Quanto alla nozione lessicale, in indoeuropeo questo lessema viene rappresentato da *es-, che significa ‘avere esistenza, trovarsi nella realtà’. Le nozioni ‘esistenza’ e ‘realtà’ si riferiscono a ciò che è autentico e vero. Nel corso della storia di certe lingue indoeuropee, *es- è spesso stato sostituito da un altro lessema, che conserva però sempre lo stesso significato. Nel suo uso grammaticale, invece, ‘essere’ serve a marcare l’identità tra due elementi nominali all’interno di un enunciato. È importante notare che non esiste nessun rapporto di natura o di necessità tra la nozione lessicale di ‘esistere’ e la funzione di copula. Tuttavia, i due termini e le due funzioni di ‘essere’ vengono spesso confuse, il che rende difficile l’analisi del verbo. Secondo Benveniste (1980), dobbiamo chiederci com’è possibile che un unico verbo ‘essere’ può funzionare sia come copula, dando espressione verbale ad un rapporto di identità, che come lessema, esprimendo il concetto di ‘esistenza’4. Le lingue del mondo hanno concepito diverse soluzioni per esprimere il rapporto di identità e il concetto di ‘esistenza’. Nella maggior parte delle lingue indoeuropee, tra cui l’italiano e il francese, il lessema *es- è stato utilizzato sia nella funzione di copula che in quella di verbo di esistenza. In questo modo, si è giunti alla riduzione di due categorie in un’unica categoria che ha permesso di cancellare l’opposizione tra due forme verbali distinte: una copulativa e l’altra esistenziale. Di conseguenza, il sistema della flessione temporale si è semplificato. Si è formato, infatti, un 4 Benveniste (1980: 189): “Comment un verbe « être » existe-t-il, donnant expression verbale e consistance lexicale à une relation logique dans un énoncé assertif?”. 11
insieme di paradigmi temporali più regolari. In seguito a questa generalizzazione di *es-, ‘essere’ è diventato un lessema capace di esprimere l’esistenza e di asserire un rapporto di identità tra due elementi. 1.3.2 ‘Avere’ Anche il verbo ‘avere’ viene utilizzato come ausiliare per la formazione dei tempi composti. Tuttavia, esso ha delle caratteristiche diverse rispetto a ‘essere’. Accanto al suo uso come ausiliare, ‘avere’ è anche in grado di funzionare come un verbo autonomo. In questo caso, può essere considerato come un verbo attivo simile agli altri verbi appartenenti alla classe dei verbi attivi, con una reggenza transitiva di oggetto e con un significato definibile. ‘Essere’ e ‘avere’ presentano delle analogie quanto al loro impiego come ausiliari temporali e sono in distribuzione complementare. Ogni verbo seleziona infatti necessariamente ‘essere’ (2a, b) o ‘avere’ (3a, b) ai tempi composti: (2) a. L’uomo *ha / è arrivato. b. L’homme *a / est arrivé. (3) a. L’uomo ha / *è dormito. b. L’homme a / *est dormi. Tuttavia, possiamo osservare alcune differenze fondamentali riguardanti la loro natura lessicale e il loro comportamento sintattico quando vengono utilizzati come verbi autonomi. Nei contesti in cui ‘essere’ e ‘avere’ non svolgono la funzione di ausiliare, la costruzione con ‘essere’ è predicativa, mentre quella con ‘avere’ è transitiva. Benveniste (1980: 194) sostiene che si tratta di una differenza essenziale e considera il fatto che un verbo transitivo possa diventare un ausiliare, come un aspetto problematico. Secondo l’autore, la costruzione transitiva di ‘avere’ è in realtà un’illusione5. Non può esistere un rapporto di transitività tra il soggetto e l’oggetto di ‘avere’ che è un verbo che non può esprimere un processo vero e proprio. In altre parole, secondo Benveniste (1980), la costruzione transitiva si presenta come un semplice fenomeno formale e non permette di classificare ‘avere’ nella classe dei verbi 5 Benveniste (1980: 194): “Avoir a la construction d’un verbe transitif ; il n’en est pas un pour autant. C’est un pseudo-transitif.” 12
transitivi. Specificheremo qui di seguito le ragioni che spingono Benveniste (1980) a definire ‘avere’ come un verbo non transitivo. In molte lingue del mondo, il rapporto di possessione indicato dal verbo ‘avere’ viene espresso con la perifrasi essere a/être à6, nella quale il soggetto corrisponde all’oggetto grammaticale del verbo ‘avere’. Questa costruzione risale al latino, dove la costruzione mihi est esisteva accanto alla forma verbale habeo7: mihi est aliquid mihi est pecunia habeo aliquid habeo pecuniam Benveniste (1980: 196) osserva che il tipo mihi est sembra prevalere sul tipo habeo e che quest’ultimo può essere considerato come una forma derivata dal tipo mihi est. Habeo è l’inverso di mihi est e ne costituisce solo una variante secondaria, di distribuzione limitata. Come abbiamo già osservato, il soggetto della costruzione mihi est corrisponde all’oggetto grammaticale di habeo. Questo soggetto (caso nominativo) rappresenta l’elemento posseduto e il possessore viene indicato dal caso dativo. Quando il rapporto di possessione viene espresso mediante il tipo habeo, l’oggetto (caso accusativo) corrisponde all’elemento posseduto e il soggetto (caso nominativo) può essere qualificato semanticamente come sede di uno stato. Il soggetto non assume il ruolo tematico dell’Agente di un processo. Di conseguenza, non si stabilisce un rapporto transitivo tra l’oggetto e il soggetto; ‘avere’ è solo un verbo pseudo-transitivo. A partire da queste osservazioni si evince che, secondo Benveniste (1980), il verbo ‘avere’ deve essere analizzato come un verbo di stato. Dal momento che si può considerare ‘essere’ come il verbo di stato per eccellenza, è interessante esaminare il tipo di rapporto che esiste tra questi due verbi. Quanto al loro uso come ausiliari temporali, abbiamo già osservato che ‘essere’ e ‘avere’ sono in distribuzione complementare (cfr. supra). Questa complementarità vale anche sul piano lessicale. Infatti, ‘essere’ rappresenta lo stato di chi è qualcuno o qualcosa, mentre ‘avere’ esprime lo stato di chi possiede qualcosa. Questa dicotomia è evidente anche quando ‘essere’ e ‘avere’ vengono utilizzati come ausiliari. In questo caso, la 6 In francese, esiste la costruzione être à qqn, che viene utilizzata come una locuzione, per esempio nella frase Ce livre est à nous. Tuttavia, la locuzione francese être à non ha la stessa funzione di est mihi in latino, che indica lo stesso rapporto di habeo. In francese, le due costruzioni denotano due rapporti diversi, cioè possesso con avere ed appartenenza con être à. In italiano, una tale locuzione non esiste. 7 Esempi tratti da Benveniste (1980: 196, 197). 13
complementarità concerne il tipo di rapporto che ‘essere’ e ‘avere’ stabiliscono tra due elementi nominali all’interno di una costruzione e la posizione del soggetto rispetto al processo espresso dal verbo. ‘Essere’ esprime un rapporto di identità intrinseco, cioè nel perfetto con ‘essere’ il soggetto fa parte del processo stesso. ‘Avere’, invece, esprime un rapporto estrinseco, cioè il perfetto con ‘avere’ presenta il soggetto come il possessore del processo in questione e gli elementi nominali in relazione con il verbo sono e rimangono sempre due entità distinte. In conclusione, possiamo affermare che esiste una differenza essenziale tra ‘essere’ e ‘avere’ quando non vengono utilizzati come verbi ausiliari. Questa differenza concerne la diversa costruzione in cui entrano: la costruzione con ‘essere’ è predicativa, mentre quella con ‘avere’ è transitiva8. Tuttavia, esistono anche delle analogie tra ‘essere’ e ‘avere’, che riguardano il loro funzionamento come ausiliari nei tempi composti. Come abbiamo già osservato, questi verbi sono in distribuzione complementare, salvo alcune eccezioni (cfr. capitolo 2 e 3). La distribuzione complementare di ‘essere’ e ‘avere’ è osservabile su tre piani. In primo luogo, ogni verbo seleziona necessariamente uno di questi due ausiliari per formare i tempi composti. In secondo luogo, possiamo osservare una distribuzione complementare che riguarda lo stato che ‘essere’ e ‘avere’ esprimono quando vengono utilizzati come verbi autonomi. In terzo luogo, la complementarità si presenta nel tipo di rapporto che i verbi ausiliari ‘essere’ e ‘avere’ stabiliscono tra due elementi nominali, cioè, rispettivamente, un rapporto intrinseco o estrinseco. 1.4 Analisi semantica e sintattica della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi Come abbiamo già osservato all’inizio del nostro studio, la variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi costituisce un aspetto problematico. Infatti, non esiste un’unica regola che sia in grado di rendere conto della selezione dell’ausiliare nelle lingue che dispongono di due ausiliari come, per esempio, l’italiano e il francese. A proposito dell’esistenza di due ausiliari per la formazione dei tempi composti con i verbi intransitivi, i linguisti parlano di ‘split intransitivity’ ovvero di ‘intransitività scissa’. 8 Va osservato che la costruzione transitiva di avere è in realtà un’illusione, come abbiamo spiegato sopra. 14
A seconda del tipo di ausiliare selezionato, i verbi intransitivi si dividono nella classe dei verbi ‘inaccusativi’, che selezionano l’ausiliare essere/être e nella classe dei verbi ‘inergativi’, che selezionano l’ausiliare avere/avoir9. Molti linguisti, tra i quali Perlmutter (1978), Burzio (1981, 1986), Perlmutter e Postal (1984), Rosen (1984), Sorace (2000) e Legendre e Sorace (2010), si sono interessati all’analisi della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi, sviluppando considerazioni diverse di tipo semantico e sintattico. Qui di seguito, focalizzeremo prima la nostra attenzione sull’approccio semantico della selezione dell’ausiliare e, successivamente, sull’approccio sintattico. 1.4.1 Approccio semantico Tra gli autori che si sono interessati alla variazione nella selezione dell’ausiliare da un punto di vista semantico, ricordiamo Grimshaw (1990), Levin e Rappaport-Hovav (1995), Sorace (2000), Asnes (2004) e Legendre e Sorace (2010). Poiché l’aspetto gioca un ruolo fondamentale nel capire la variazione nella selezione dell’ausiliare da un punto di vista semantico, tratteremo qui di seguito prima la nozione di ‘aspetto’, successivamente le principali teorie della tipologia degli aspetti lessicali e, infine, i parametri della telicità e dell’agentività. 1.4.1.1 L’aspetto Nell’approccio semantico allo studio della variazione degli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’, viene data una grande importanza all’analisi aspettuale dei predicati verbali. Asnes (2004) osserva che all’interno della grammatica la nozione di aspetto sembra difficilmente definibile e afferrabile, benché esista un gran numero di studi e ricerche a questo proposito (vedi, tra gli altri, Vendler (1957), Comrie (1976), Vet (1980) e Tenny (1994)). La nozione di aspetto proviene dalla descrizione delle lingue slave. Visto che le lingue romanze non hanno marche morfologiche di aspetto, si è cercato di individuare nelle lingue romanze delle categorie equivalenti all’aspetto delle lingue slave. I tratti aspettuali possono essere di tipo funzionale e lessicale. L’aspetto funzionale viene espresso attraverso la flessione temporale, mentre l’aspetto lessicale può essere considerato 9 La bipartizione in verbi inaccusativi e verbi inergativi risale a Perlmutter (1978), nell’ambito della Grammatica Relazionale, mentre la maggior parte delle grammatiche descrittive non adotta questa bipartizione. 15
come l’aspetto inerente ai predicati verbali o ai predicati verbali con i loro argomenti. Altre denominazioni per l’aspetto lessicale, come, per esempio, ‘aspetto non deittico’, ‘Aktionsart’ e ‘modo dell’azione’, indicano che i predicati verbali possono riferire, attraverso il loro proprio significato lessicale e indipendentemente dalle marche morfologiche che li accompagnano, a vari tipi di situazioni e processi. 1.4.1.2 Le teorie della tipologia degli aspetti lessicali Asnes (2004) fornisce una rassegna delle principali teorie della tipologia degli aspetti lessicali. La prima classificazione della tipologia degli aspetti lessicali è stata elaborata dal filosofo greco Aristotele. La sua descrizione sistematica degli eventi sta alla base delle descrizioni successive degli aspetti lessicali dei predicati verbali. La classificazione di Aristotele è stata infatti ripresa e rielaborata da filosofi del linguaggio quali, per esempio, Vendler (1957) in Verbs and times e Kenny (1963) in Action, Emotion and Will. I lavori di Vendler e Kenny costituiscono il punto di partenza per un gran numero di ricerche sugli aspetti lessicali dei predicati verbali. Vendler (1957) elabora un’analisi dell’aspetto dei predicati verbali che prevede una quadripartizione degli eventi. Più precisamente, secondo Vendler, esistono i verbi denotanti uno stato, un’attività, un compimento composizionalmente telico e un compimento intrinsecamente telico. Vendler (1957) elabora tre test aspettuali, e cioè il test del progressivo, il test della durata e il test della puntualità, che permettono di individuare tre distinzioni aspettuali di tipo binario. Una prima distinzione divide i verbi in due grandi classi, cioè i verbi che hanno luogo in un intervallo di tempo e i verbi che non hanno luogo in un intervallo di tempo. All’interno della prima classe, Vendler oppone i processi delimitati a quelli non delimitati. All’interno della seconda classe, l’autore distingue tra i processi durativi e puntuali. Qui di seguito tratteremo più in dettaglio i tre test proposti da Vendler. Il primo test, il test del progressivo, permette di fare una distinzione tra verbi che denotano dei processi che sono composti da fasi successive e verbi che non denotano processi10: 10 Esempi tratti da Asnes (2004: 60). 16
(4) a. Il est en train de danser. b. Il est en train de peindre un tableau. c. *Il est en train de savoir. d. ?Il est en train d’atteindre le sommet. In (4a) e (4b), il verbo danser e il predicato verbale peindre un tableau descrivono processi che occupano un intervallo di tempo e che sono composti di sottointervalli successivi. I verbi degli altri due esempi non denotano processi che hanno luogo nel tempo. In (4c), il verbo savoir esprime piuttosto uno stato che dura nel tempo, mentre il processo/l’evento descritto dal predicato atteindre le sommet in (4d) denota un punto terminale. Il test del progressivo fa una distinzione tra i verbi di attività (4a) e i verbi composizionalmente telici (4b) da un lato, e i verbi di stato (4c) e i verbi intrinsecamente telici (4d) dall’altro. Il secondo test, cioè il test della durata, permette di fare una suddivisione all’interno della categoria dei verbi che denotano dei processi. Vendler (1957) distingue i verbi che descrivono dei processi in verbi denotanti un’attività e in verbi denotanti dei compimenti, cioè dei processi che sono orientati verso un termine11: (5) a. Il a dansé pendant deux heures / *en deux heures. b. Il a peint le tableau *pendant deux heures / en deux heures. In (5a), il verbo di attività danser denota un processo in cui tutti i sottointervalli in cui può essere scomposta l’attività descritta dal verbo hanno la stessa natura dell’intero intervallo. Di conseguenza, questo verbo è compatibile con gli avverbi di durata introdotti da pendant, che mettono in rilievo la struttura interna dell’intervallo. Per questo motivo, i verbi denotanti un’attività vengono anche definiti verbi atelici12. Il verbo di attività non può essere accompagnato da avverbi introdotti dalla preposizione en, i quali presentano, invece, il processo come delimitato da un punto terminale. I verbi composizionalmente telici come peindre un tableau in (5b) descrivono, invece, dei processi in cui i sottointervalli sono diversi dall’intero intervallo. I verbi composizionalmente telici sono compatibili con gli avverbi introdotti da en, visto che si tratta di processi orientati verso un termine. Per questo motivo, i verbi denotanti un compimento vengono anche definiti 11 Esempi tratti da Asnes (2004: 61). 12 cfr. § 1.4.1.3 La telicità e l’agentività per la nozione di atelicità 17
verbi telici13. Questi verbi sono incompatibili con gli avverbi introdotti da pendant, poiché questi avverbi delimitano soltanto un sottointervallo che non contiene necessariamente il punto terminale. In sintesi, le attività costituiscono processi omogenei che non sono telici e che sono costituiti di sottointervalli che hanno la stessa natura dell’intero intervallo. I compimenti, per contro, sono processi eterogenei poiché delimitati da un punto terminale. Di conseguenza, non tutti i sottointervalli hanno la stessa natura dell’intero intervallo. Il terzo test, cioè il test della puntualità, permette di fare una distinzione all’interno della classe dei verbi telici. In (6a), il predicato arriver è compatibile con espressioni avverbiali di puntualità, mentre esclude espressioni di durata. Si tratta di realizzazioni che occupano soltanto un momento sull’asse temporale e che sono dunque processi puntuali, delimitati da un punto terminale. Il predicato aimer in (6b) può essere accompagnato da espressioni di durata, poiché denota uno stato che dura nel tempo, cioè non delimitato da un punto terminale: (6) a. Il est arrivé ici à midi / *pendant trois ans. b. Il l’a aimée pendant trois ans / *à midi. Tuttavia, i verbi che denotano uno stato e i verbi intrinsecamente telici non si comportano allo stesso modo quando vengono impiegati con gli avverbi puntuali. Carlson (1981: 37) ha osservato che sia i verbi di stato che i verbi intrinsecamente telici sono compatibili con gli avverbi puntuali. Nell’esempio seguente, così come il verbo intrinsecamente telico arriver (6a), anche il verbo être malade denotante uno stato è compatibile con un’espressione puntuale14: (7) À ce moment-là il était malade. Secondo Carlson (1981), la compatibilità dei verbi di stato e dei verbi intrinsecamente telici con gli avverbi puntuali indica che i due tipi di eventi espressi da questi verbi verificano il loro valore di verità ad un certo momento e che sono dunque marcati dal tratto [+puntuale]. A proposito degli stati, Recanati e Recanati (1999) hanno osservato che essi non possedono una 13 cfr. § 1.4.1.3 La telicità e l’agentività per la nozione di telicità 14 Esempi tratti da Asnes (2004: 62). 18
durata intrinseca, cioè che non possono durare, al contrario delle attività e dei compimenti, che occupano necessariamente un intervallo del tempo. Kenny (1963) modifica la classificazione di Aristotele e perviene ad individuare una tripartizione degli eventi descritti dai predicati verbali. Più precisamente, sulla base di una serie di test aspettuali, Kenny divide i verbi in verbi denotanti uno stato, un’attività e una performance. Ad un primo livello, Kenny fa una distinzione tra i predicati dinamici che accettano la forma progressiva e i predicati stativi (cioè predicati di stato) che non la accettano. Ad un secondo livello, Kenny distingue, all’interno della classe dei predicati dinamici, tra i verbi che descrivono un processo che può essere prolungato in modo indefinito (attività) e quelli che devono raggiungere il loro termine definitivo (performance). Le tipologie di Vendler e Kenny stanno alla base degli sviluppi ulteriori riguardanti lo studio dell’aspetto lessciale. Diversi autori hanno elaborato nuove classificazioni dei tipi di aspetto verbale, modificando la terminologia tradizionale. Di conseguenza, esiste una grande diversità di terminologie e di categorie riguardanti l’aspetto verbale. Nel suo libro, Asnes (2004: 64) fornisce una sintesi dei lavori sull’aspetto lessicale basati sulle proposte di Kenny e Vendler. Gli autori che si sono basati sulla tipologia di Vendler sono Dowty (1979), Carlson (1981) e Recanati e Recanati (1999). Soprattutto le classificazioni di Vet (1980) e Borillo (1988) meritano di essere menzionate, visto che si distinguono da tutte le altre citate da Asnes15. Infatti, le classificazioni di Vet (1980) e Borillo (1988) sono suddivise in due categorie essenziali: situazioni non transizionali e transizionali (terminologia di Vet) o situazioni non terminative e terminative (terminologia di Borillo). Le nozioni ‘transizionale’ e ‘terminativo’ implicano la presenza di un punto terminale dell’azione. Si tratta di processi telici, cioè avendo un termine, e delimitati da questo termine. Asnes (2004: 69) conclude che è possibile individuare due tendenze principali nella classificazione dei tipi di predicati verbali. Da un lato, certi autori tendono ad apportare delle migliorie alle teorie elaborate da Kenny o Vendler, che hanno un carattere filosofico piuttosto che linguistico e che testimoniano dell’insufficienza dei dati empirici. Dall’altro, certi autori tendono ad unire le categorie dei predicati verbali in categorie più grandi. In questo modo, 15 Nella sua rassegna degli autori posteriori a Kenny e Vendler, Asnes (2004: 64) cita Taylor (1977), Mourelatos (1978), Dowty (1979), Vet (1980), Carlson (1981), Bach (1986), Borillo (1988) e Recanati e Recanati (1999). 19
cercano di gerarchizzare e sistematizzare la descrizione degli aspetti e di mostrare i principi comuni a certe categorie. 1.4.1.3 La telicità e l’agentività Due parametri in particolare devono essere presi in considerazione per quanto riguarda l’approccio semantico della selezione dell’ausiliare in italiano e in francese. Si tratta del parametro aspettuale della telicità e del parametro tematico dell’agentività. La telicità costituisce un parametro aspettuale. La nozione di telicità implica la presenza di un punto terminale (telos significa ‘scopo, fine’). Generalmente, un alto grado di telicità viene associato alla selezione dell’ausiliare essere/être e dunque ai verbi inaccusativi. L’agentività, invece, viene considerata come un parametro tematico. La nozione di agentività implica la presenza di una volontà da parte dell’Agente del processo. In generale, un alto grado di agentività viene associato alla selezione dell’ausiliare avere/avoir e dunque ai verbi inergativi. Sorace (2000) ha incorporato i parametri aspettuali e tematici in una gerarchia di classi verbali (cfr. capitolo 2). 1.4.2 Approccio sintattico Per molti linguisti, l’approccio semantico della selezione dell’ausiliare non è soddisfacente poiché risulta difficile delimitare i parametri semantici e stabilire a quale classe semantica appartiene ogni verbo. L’approccio sintattico allo studio della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi prevede uno studio approfondito delle caratteristiche sintattiche del soggetto dei verbi intransitivi selezionanti l’ausiliare ‘avere’ e di quelli selezionanti l’ausiliare ‘essere’. Analizzeremo brevemente questo approccio nel sottoparagrafo seguente. 1.4.2.1 L’Ipotesi dell’Inaccusatività La grammatica relazionale (Perlmutter (1978), Perlmutter e Postal (1984)) è un approccio di tipo sintattico allo studio della variazione nella selezione degli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’ con i 20
verbi intransitivi. Perlmutter (1978) ha formulato l’Ipotesi dell’Inaccusatività16, un approccio che riprende la divisione, fatta su base semantica, dei verbi intransitivi in due classi: i verbi inaccusativi, che selezionano l’ausiliare essere/être e i verbi inergativi, che selezionano avere/avoir. Questi due tipi di verbi hanno delle caratteristiche sintattiche diverse. Secondo l’ipotesi di Perlmutter (1978), i verbi intransitivi che selezionano essere/être nei tempi composti selezionano come unico argomento un oggetto tematico17. Si verifica, infatti, che, da un punto di vista semantico, il soggetto è affettato dal processo descritto dal verbo e, per questo, esso può essere analizzato tematicamente come un oggetto. Il soggetto dei verbi inaccusativi presenta delle proprietà sintattiche simili a quelle degli oggetti diretti dei verbi transitivi, visto che sia il soggetto dei verbi inaccusativi che l’oggetto diretto dei verbi transitivi sono degli argomenti interni. Di conseguenza, il soggetto dei verbi inaccusativi, allo stesso modo dell’oggetto dei verbi transitivi, può essere cliticizzato con il pronome clitico ne/en. I verbi che selezionano avere/avoir nei tempi composti, selezionano come unico argomento esterno un soggetto, che, tematicamente, viene analizzato come un Agente vero e proprio, non affettato dal processo espresso dal verbo. Questo soggetto presenta le stesse proprietà sintattiche dei soggetti dei verbi transitivi e seleziona anche lo stesso ausiliare dei verbi transitivi. Questa differenza sintattica può essere rappresentata come segue18: Strutture intransitive19 Verbi inergativi: NP [VP V] Verbi inaccusativi: ___ [VP V NP] 1.4.2.2 I test di inaccusatività Per quanto riguarda i verbi inaccusativi, osserviamo che le correlazioni che conducono a considerare un verbo come inaccusativo sono molteplici. Nel suo studio sulla sintassi dell’italiano e, in particolare, sull’ipotesi inaccusativa, Burzio (1981, 1986) discute cinque test sintattici di inaccusatività: la selezione dell’ausiliare ‘essere’, la frase impersonale, il pronome clitico ne, il participio assoluto e la frase relativa ridotta. Tuttavia, l’affidabilità di questi test può essere contestata. Tratteremo qui di seguito più in dettaglio questi cinque test. 16 Burzio (1986) ha analizzato l’Ipotesi dell’Inaccusatività nell’ambito della teoria di ‘Governement and Binding’. 17 Possiamo osservare un’analogia con la struttura passiva, costrutta mediante l’ausiliare essere. Il soggetto della struttura passiva corrisponde all’oggetto del verbo della costruzione attiva corrispondente. 18 Rappresentazione tratta da Legendre e Sorace (2010: 171). 19 NP sta per Noun Phrase e VP sta per Verb Phrase. In italiano, NP equivale a SN e VP equivale a SV. 21
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