La scienza nel governo Renzi

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La scienza nel governo Renzi | iMille

 La scienza nel governo Renzi
 di Moreno Colaiacovo.

 Non facciamoci illusioni: prima che uomini di scienza, siamo uomini di mondo, e
 sappiamo benissimo che all’insediamento di un nuovo governo le priorità per il
 Paese sono sempre altre. Facciamo però uno sforzo, e proviamo a immaginare
 che cosa potrebbe riservarci il governo di Matteo Renzi dal punto di vista della
 scienza, della ricerca e della razionalità. Il Presidente del Consiglio ha
 sottolineato in più occasioni che punterà forte sulla scuola e sulla formazione, un
 impegno sicuramente condivisibile in un Paese come l’Italia, dove si registrano
 performance linguistiche, matematiche e scientifiche piuttosto deludenti sia da
 parte dei ragazzi che degli adulti, come dimostrano rispettivamente i risultati dei
 test PISA e l’ultimo rapporto dell’OCSE. Investire sull’istruzione è quindi un
 primo importante passo. Ma la scienza e il metodo scientifico investono
 tutti gli aspetti della società, e un’efficace azione di governo dovrebbe tenerli
 sempre ben presenti. Dovranno farci i conti un po’ tutti i dicasteri, prima o poi,
 ma vorrei soffermarmi su quelli che – in base alle esperienze passate –
 potrebbero incrociare più spesso la scienza e il suo approccio rigoroso, basato
 sulle evidenze, sui dati e sui numeri. Penso al Ministero della Salute,
 all’Agricoltura e all’Ambiente. Ma non si può parlare di scienza senza parlare di
 università e di ricerca scientifica, ed è quindi doveroso un commento sul nuovo

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 Ministro del MIUR.

 Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca è stato affidato alla
 glottologa Stefania Giannini, di Scelta Civica. Qualcuno l’ha già definita una
 “estremista della meritocrazia”, e leggendo questa sua intervista al Corriere e le
 dichiarazioni rilasciate al sito Scienza in Rete, possiamo intuirne il motivo. La
 Giannini insiste molto sulla valorizzazione del ruolo degli insegnanti, anche dal
 punto di vista della retribuzione: “In qualunque mestiere – dice – chi lavora
 meglio e lavora di più deve essere premiato. Sia in termini di stima, che
 economicamente.”. Secondo importante aspetto, il ministro non sembra gradire i
 concorsi pubblici, ed è lecito aspettarsi misure a favore dell’autonomia scolastica,
 con          i     dirigenti           degli      istituti     chiamati   a     selezionare   direttamente    e
 responsabilmente                       il   proprio          corpo   docente.    L’attenzione   al   merito   e
 all’autonomia si ritrova anche nei piani del ministro per l’università e la ricerca.
 Degno di nota è il progetto messo a punto insieme al professor Andrea Ichino e
 descritto in modo dettagliato nel libro “Facoltà di scelta”. Ichino immagina la
 sperimentazione di un meccanismo mediante il quale gli atenei possano attivare
 dei corsi di eccellenza con docenti di livello internazionale; questi corsi sarebbero
 finanziati attraverso maggiori tasse universitarie, in parte coperte da prestiti
 d’onore riservati agli studenti meritevoli. L’obiettivo è quello di incrementare le
 risorse economiche a disposizione delle università più brave ad attrarre gli
 studenti, risorse che poi saranno riutilizzate nelle attività di ricerca. Come
 sempre accade quando si parla di competizione e merito, però, le critiche anche
 violente sono sempre in agguato: e in effetti le idee di Ichino hanno già
 incontrato le proteste di alcuni studenti. Non sappiamo se questa specifica
 proposta entrerà nell’agenda del governo Renzi, ma una cosa è certa: come
 dimostra il programma di Renzi per le primarie del 2012 (pdf), su università e
 ricerca il premier e il ministro Giannini troveranno molti punti di contatto.

 Il Ministero della Salute è ancora guidato da Beatrice Lorenzin (NCD). La sua
 esperienza nel governo Letta era iniziata con non poco scetticismo, per via del
 suo curriculum non proprio esaltante: nessuna esperienza nel settore e un

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 diploma di maturità classica apparivano a molti come credenziali inadeguate per
 un Ministero tanto importante. A onor del vero, i fatti hanno dimostrato il
 contrario. La gestione della delicatissima vicenda Stamina l’ha messa a dura
 prova negli scorsi mesi, ma la Lorenzin ne è uscita con dignità, forse grazie anche
 ai validi consigli dei suoi collaboratori. È quasi commovente sentire un politico
 italiano affermare che “la politica deve fare la politica, e deve rispettare la
 scienza e il metodo scientifico”, come ha fatto il ministro intervistato da
 RaiNews24. Di questi tempi, non è cosa da poco. Alla Lorenzin non mancherà
 certo il lavoro: la vicenda Stamina continuerà a riempire le pagine dei giornali
 anche durante il governo Renzi, a cominciare dalla nomina del nuovo comitato di
 esperti che dovrà valutare la fattibilità della sperimentazione del metodo
 promosso da Davide Vannoni, dopo che il primo comitato era stato bocciato dal
 TAR. Sarà senza dubbio un affare complicato, in cui si intrecceranno aspetti
 umani e scientifici, ma il ministro ha dimostrato di meritare la nostra fiducia.

 All’Agricoltura troviamo Maurizio Martina, del PD. Lui ha sicuramente
 esperienza nel settore che si troverà a gestire, ma le sue posizioni in materia
 faranno discutere. In un intervento sul Sole 24 Ore dello scorso novembre, il
 ministro Martina aveva spiegato perché sugli OGM occorre trovare una terza via
 tra i sì e i no pregiudiziali. Secondo Martina, “la scelta di un’agricoltura Ogm
 free può essere uno straordinario valore aggiunto alla distintività della nostra
 offerta agroalimentare e quindi può pagare in termini economici, commerciali
 e di sviluppo locale”. Il ministro ricordava tuttavia che “questo punto va
 sostenuto con argomentazioni che siano, appunto, di politica economica e
 commerciale. Per il resto si deve lasciare lavorare la scienza e la ricerca”. Cosa
 esattamente questo significhi è difficile a dirsi (il ministro è favorevole o meno
 alla sperimentazione in campo aperto?), tuttavia questa presa di posizione è
 sicuramente un piccolo passo avanti rispetto alle dichiarazioni prive di
 fondamento scientifico a cui siamo stati abituati. Probabilmente il modello di
 agricoltura che ha in mente il ministro sarà comunque OGM free (e Renzi lo
 appoggerà), ma lo sarà in ragione di considerazioni economiche più o meno

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 condivisibili e non di bizzarre teorie pseudoscientifiche sulla presunta
 pericolosità degli OGM. Un punto che invece suscita più perplessità riguarda
 l’appoggio del ministro Martina all’iniziativa di Slow Food per 10mila orti in
 Africa. Per cogliere l’essenza di questo progetto basta leggere quanto dichiarato
 direttamente dal fondatore Carlo Petrini: “La pressione delle multinazionali,
 delle monocolture finalizzate all’esportazione, dei pesticidi, dell’urbanizzazione,
 dell’avanzata del deserto ha stravolto equilibri secolari. Nelle bidonville in
 crescita violenta si è persa la memoria dei saperi alimentari che consentivano
 di sopravvivere anche in condizioni molto difficili e i prodotti della tradizione
 sono stati sostituiti dal fast food”. Domanda: ma se i contadini africani hanno
 scelto di abbandonare la propria agricoltura tradizionale di sussistenza, non sarà
 perché hanno trovato vantaggioso passare all’agricoltura moderna, che
 garantisce loro maggiore reddito? Che diritto abbiamo di scegliere il modello di
 sviluppo più adatto per popoli che stanno ancora lottando per uscire dalla soglia
 di povertà? D’accordo, in questo caso la scienza non c’entra, ma la razionalità –
 che della scienza è lo strumento principale – c’entra eccome. Staremo a vedere
 quello che accadrà. Di sicuro, con l’EXPO in arrivo, l’operato del ministro
 Martina sarà costantemente sotto osservazione.

 Che dire invece del nuovo Ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti (UDC)? A
 quanto pare, il ministro non ha competenze specifiche in materia ambientale, ma
 questo – come abbiamo visto per il ministro Lorenzin – non è di per sé indicativo
 delle sue performance future. I temi sul tavolo sono diversi: dissesto
 idrogeologico, cambiamenti climatici, la Terra dei Fuochi, il caso Ilva e quello
 della Concordia. Di Galletti però si sa poco. La sua posizione sul nucleare, ad
 esempio, non è affatto chiara: in passato si era mostrato possibilista, tanto da
 mettere a disposizione la sua Emilia Romagna per l’apertura di nuovi siti, ma più
 recentemente ha cambiato idea.

 Molte sfide attendono il giovane premier Matteo Renzi. Dovranno essere
 affrontate con metodo e razionalità, e solo il tempo ci dirà se i membri del suo
 esecutivo saranno all’altezza del compito. Forse, però, avrebbe dovuto seguire

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 l’esempio di Tony Blair, che nel 1997 con la sua celebre affermazione “What
 matters is what works” decideva di sposare le politiche evidence-based,
 fondate sui dati e sulle evidenze scientifiche. Esattamente a questo serve il
 Government Office for Science, nel Regno Unito. Lo guida Mark Walport, ex
 direttore del Wellcome Trust, e il suo compito è assicurarsi che il governo inglese
 sia sempre informato sulle evidenze scientifiche alla base di ogni sua decisione.
 Spiace dirlo, ma su questo campo noi italiani siamo lontani anni luce.

 iMille.org – Direttore Raoul Minetti

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