La sacralizzazione della politica - EMILIO GENTILE

Pagina creata da Debora Ferrante
 
CONTINUA A LEGGERE
EMILIO GENTILE

                      La sacralizzazione della politica

Nella Costituzione degli Stati Uniti adottata nel 1787, non vi è alcun riferimento a
Dio o alla divina provvidenza. Inoltre, il primo emendamento aggiunto alla
Costituzione nel 1791 garantisce la libertà a tutte le confessioni religiose,
rifiutando esplicitamente di attribuire ad alcuna di esse la funzione di chiesa dello
Stato. Nonostante ciò, gli Stati Uniti sono una repubblica che professa
ufficialmente la sua fede in Dio, espressa in tutti i miti, i riti e i simboli di una
particolare forma di fede nazionale, condensata nel motto “In God We Trust”
impresso sulla moneta americana. Questa fede nazionale non coincide con
nessuna delle confessioni religiose professate dai cittadini degli Stati Uniti, ma è
una religione civile, cioè un sistema di credenze, di miti, di riti e di simboli che
conferiscono un alone di sacralità alla nazione americana, alle sue istituzioni, alla
sua storia e al suo destino nel mondo.
    Il sommo pontefice di questa religione è il presidente degli Stati Uniti. Da
Washington in poi, tutti i presidenti, all’atto dell’insediamento, hanno giurato
fedeltà alla costituzione degli Stati Uniti, hanno invocato la protezione di Dio o
dell’Onnipotente sulla nazione americana e hanno concluso il giuramento con le
parole “So help me, God” (“Che Iddio mi aiuti”). Il primo presidente cattolico, John
F. Kennedy, giurò davanti al Dio Onnipotente e al popolo americano, al quale
ricordò che aveva la missione di compiere “l’opera di Dio su questa terra.” Trenta
anni dopo, nel 1993, il presidente Clinton, appartenente alla Chiesa battista, usò
nel discorso inaugurale un linguaggio pieno di echi religiosi: “Oggi celebriamo il
mistero del rinnovamento americano. I padri fondatori sapevano, quando
proclamarono l’indipendenza e dedicarono i nostri scopi all’Onnipotente, che per
preservare gli ideali americani l’America doveva continuamente rinnovarsi. Noi
La sacralizzazione della politica                                  141
marciamo al ritmo del tempo ma la nostra missione è eterna.” Anche il linguaggio
religioso adoperato dal presidente Bush per descrivere la guerra al terrorismo,
come una guerra contro il Male, ha una lunga tradizione. Gli eventi più gravi della
storia americana, dalla guerra di indipendenza fino alla prima guerra del Golfo,
sono stati sempre interpretati e vissuti come momenti apocalittici, in cui la
nazione americana incarnava il Bene. Franklin D. Roosevelt disse nel 1942 che gli
Stati Uniti combattevano per difendere la civiltà ispirata da Dio. Il democratico
Truman e il repubblicano Eisenhower descrissero la situazione internazionale
della guerra fredda come una lotta fra la luce e le tenebre. Echi apocalittici e
millenaristici risuonarono con varia intensità nei discorsi di Kennedy, di Johnson,
di Nixon, di Carter e di Reagan.
    La religione civile è un fenomeno peculiare della storia, della società e della
politica degli Stati Uniti, ma è anche la manifestazione di un fenomeno moderno
universale, che ho definito “sacralizzazione della politica”. Con questa espressione
intendo definire la formazione di una dimensione religiosa della politica in quanto
politica, distinta e autonoma rispetto alle religioni storiche istituzionali.
    Durante gli ultimi due secoli del secondo millennio, c’è stata una crescente
proliferazione di movimenti politici che si sono presentati o sono stati considerati
come nuove forme di religione. Queste nuove forme di religione, che possiamo
chiamare religioni della politica, perché hanno origine dalla politica e definiscono il
significato e il fine ultimo dell’esistenza umana attraverso categorie
prevalentemente, se non esclusivamente politiche, conferendo carattere di
sacralità a un’entità secolare, come la Democrazia, la Nazione, la Patria, il
Proletariato, la Razza, la Rivoluzione, la Società, lo Stato, l’Umanità, intendendo
per religione un sistema di credenze, di dogmi, di comandamenti, di miti e di riti,
che intendono definire il senso della vita e il significato ultimo dell’esistenza
umana, legando il destino dell’individuo alla subordinazione ad una entità
trascendente1.
    La laicizzazione della cultura e della politica, la separazione fra lo Stato e la
Chiesa nel mondo occidentale sono aspetti fondamentali della modernità, che si
sono affermati durante gli ultimi due secoli del secondo millennio, con lo
sviluppo intensificato del processo di secolarizzazione e di modernizzazione.
Questo processo, tuttavia, non ha prodotto una progressiva scomparsa dalla
società moderna e dal mondo della politica, della dimensione religiosa. Al
contrario l’epoca della secolarizzazione e della modernizzazione ha visto
contemporaneamente sorgere e svolgersi il fenomeno della sacralizzazione della
politica, cioè la formazione di una dimensione religiosa della politica in quanto politica,
distinta e autonoma rispetto alla dimensione religiosa delle religioni storiche tradizionali.

   1
       Cfr. E. GENTILE, Le religioni della politica. Fra democrazia e totalitarismo, Roma-Bari, 20072 .
142                                            Emilio Gentile

La politica, cioè, è diventata essa stessa una matrice autonoma di nuove forme di
religione.
    La sacralizzazione della politica, così intesa, è un fenomeno nuovo che si
differenzia dalla sacralizzazione del potere politico tipica della società tradizionale,
dove il detentore del potere politico o si identifica con la divinità, come nel caso
del faraone, o deriva la sua sacralità dalla religione istituzionale, come il monarca
dei regni cristiani.
    La sacralizzazione della politica non va confusa neppure con le varie forme di
teocrazia o di politicizzazione delle religioni storiche tradizionali, come è
avvenuto nel passato, per esempio con il cesaro-papismo e con lo zarismo, o come
avviene nel mondo contemporaneo, quando le religioni storiche svolgono un
proprio ruolo politico, esercitano un controllo diretto sul potere oppure
assumono il governo dello Stato e modellano il mondo della politica secondo le
proprie categorie religiose. Non rientrano, pertanto, nel fenomeno della
sacralizzazione della politica, come è qui inteso, l’azione politica della Chiesa
cattolica, come nel caso della Polonia sotto il regime comunista, né i movimenti
fondamentalisti islamici che assumono il potere politico e lo esercitano per
attuare nella società e nello Stato i propri principi religiosi, come nell’Iran dopo la
rivoluzione khomeinista.
    Le manifestazioni della sacralizzazione della politica nel mondo
contemporaneo sono varie e diverse secondo le situazioni storiche e le ideologie, i
movimenti e i regimi in cui si manifesta e secondo l’atteggiamento verso le
religioni storiche tradizionali. La sacralizzazione della politica, tuttavia, non
comporta necessariamente un conflitto con le religioni tradizionali né la
negazione di un essere supremo sopranaturale. Ci sono casi in cui la
sacralizzazione della politica è avvenuta attraverso una diretta filiazione dalle
religioni tradizionali, come è stato nel caso della religione civile americana rispetto
al puritanesimo. In altri casi, come la religione politica del fascismo, questa ha avuto
origine autonome e anticlericali, ma non ha osteggiato la religione storica
istituzionale, anzi ha cercato di stabilire con essa una sorta di rapporto simbiotico,
con lo scopo di incorporarla nel proprio universo mitico e simbolico, per farne
una componente della propria religione laica2.
    Il fenomeno della sacralizzazione della politica non è stato un processo lineare,
composto di movimenti fra loro omogenei, quasi fossero anelli di un’unica catena
fatta dello stesso materiale. La sacralizzazione della politica ha avuto una notevole
varietà di manifestazioni, che hanno avuto origine, matrici, contenuti e forme
differenti, come varie e diverse sono le sue relazioni con l’ambiente storico e

    2
     Cfr. E. GENTILE, Il culto del littorio. La sacralizzazione della politica nell'Italia fascista, Roma-Bari
200711.
La sacralizzazione della politica                                 143
sociale, con l’agire politico e con la vita della collettività, e nei rapporti con le
religioni istituzionali tradizionali.
    Le manifestazioni più intese e più clamorose della sacralizzazione della politica
si sono avute negli anni fra le due guerre, con il totalitarismo. Tuttavia, va
precisato che la sacralizzazione della politica non si identifica con il totalitarismo,
e che le religioni della politica totalitarie non sono la conseguenza inevitabile
della sacralizzazione della politica, anche se questa ha certamente costituito una
delle condizioni che hanno reso possibile la sua nascita e la sua affermazione.
     La modernità non ha rimosso il problema della religione dalla coscienza
dell’uomo moderno. Anzi, proprio perché forza provocatrice di trasformazioni
radicali, sconvolgenti e irreversibili, che hanno travolto e abbattuto millenarie
credenze collettive e millenarie istituzioni investite della sacralità del potere, la
modernità ha continuamente prodotto situazioni di crisi e di disorientamento,
che hanno favorito la rinascita del problema religioso, anche se non diretto, per
soluzione, verso le religioni tradizionali, ma alla ricerca di nuove religioni.
Scrutando a fondo le condizioni spirituali della modernità all’inizio del
Novecento, il più realistico, forse, dei filosofi idealisti italiani, Benedetto Croce,
giungeva ad affermare all’inizio del secolo, che il problema della modernità, era
innanzi tutto un problema religioso: “Tutto il mondo contemporaneo è di nuovo
in ricerca di una religione”3.
    L’esperienza del sacro, dunque, non si sarebbe esaurita nelle religioni storiche
ma avrebbe trovato espressione in nuove esperienze di sacralizzazione dell’umano
attraverso la storia, la filosofia, l’arte e, non ultima, la politica.. Da questo punto di
vista, la sacralizzazione della politica potrebbe essere interpretata come una
ierofania della modernità. La modernità può essere, per sua stessa natura, una
matrice di nuove religioni. Del resto, fu il teorico del disincantamento del mondo
moderno a profetizzare, nel 1890, che gli dei non erano stati definitivamente
scacciati dal mondo moderno, ma che sarebbero ritornati sotto altra forma: “Die
alten Götter, entzaubert und daher in Gestalt unpersönlicher Mächte, entsteigen ihren
Gräbern, streben nach Gewalt über unser Leben und beginnen untereinander wieder ihren
ewigen Kampf”4.
     La prima consapevole espressione della sacralizzazione della politica è stata
l’idea di religione civile elaborata da Rousseau. Il filosofo ginevrino teorizzava la
necessità di istituire, nel nuovo Stato nazionale fondato sulla sovranità popolare,
una nuova religione civile in sostituzione della religione cristiana, per riunire, “le
due teste dell’aquila” - cioè il potere politico e il potere religioso - riconducendo
“tutto all’unità politica, senza cui non ci sarà mai né un governo né uno Stato ben

   3
       B. CROCE, Per la rinascita dell’idealismo (1908) in Cultura e vita morale, Bari 1953, p. 35.
   4
       Cit. in M. Ley, Apokalypse und Moderne. Aufsätze zu politischen Religionen, Wien 1997, p. 12.
144                                         Emilio Gentile

costituito”5. L’esigenza di istituire una religione civile per lo Stato democratico
derivava dalla convinzione che gli uomini che vivono in società “hanno bisogno di
una religione che ve li mantenga”6 perché non può esistere un popolo senza
religione. Condividevano questa idea sulla religione civile i Padri fondatori degli
Stati Uniti e i rivoluzionari francesi, che cercarono di metterla in pratica.
    La sacralizzazione della politica ha origini rivoluzionarie, democratiche e
nazionaliste. Le sue radici affondano nella cultura illuministica, ma si sviluppano a
partire dalla seconda metà del settecento e per tutto il corso del XIX e del XX
secolo. Le due rivoluzioni democratiche furono le prime manifestazioni concrete
della sacralizzazione della politica: entrambe conferirono una dimensione
religiosa alla politica attraverso un’interpretazione messianica e millenaristica
degli eventi rivoluzionari, vissuti come l’annuncio di una nuova era per l’umanità.
Inoltre, sia la rivoluzione americana che la rivoluzione francese, pur
sostanzialmente diverse nel modo di concepire il rapporto con la tradizione
cristiana e le religioni storiche, compirono tentativi più o meno consapevoli,
efficaci e duraturi, di istituire una religione civile. Dalle due rivoluzioni
democratiche, infine, sono emersi gli elementi fondamentali che compongono la
struttura mitica permanente della sacralizzazione della politica, rimasta
inalterata attraverso i più eterogenei adattamenti e combinazioni ideologiche. Mi
riferisco, in particolare, alla visione apocalittica della modernità, al mito della
rigenerazione dell’uomo attraverso la politica, al mito del popolo eletto che ha la
missione di recare al mondo la nuova religione della salvezza. Su questa struttura
mitica, in massima parte risultante dalla secolarizzazione di archetipi mitici della
tradizione biblica, si formò il nazionalismo come prima religione laica della
modernità, divenuta in seguito la più durevole e la più universale manifestazione
della sacralizzazione della politica nel mondo contemporaneo7. Il mito della
nazione e la fede rivoluzionaria furono le principali forze propulsive della
sacralizzazione della politica nei successivi duecento anni8.
    Nel corso del XIX, la sacralizzazione della politica ebbe un considerevole
sviluppo, sia ideologico attraverso la fede rivoluzionaria, il messianismo politico,
le teologie e le escatologie secolarizzate nella storia, come l’hegelismo e il
marxismo, le nuove religioni dell’umanità. Il XIX secolo fu popolato di profeti,
fondatori, apostoli e martiri di nuove religioni laiche, che sacralizzavano l’umano,

    5
      Cfr. J.-J. Rousseau, Scritti politici, a cura di M. Garin, 3 voll., Bari 1971, vol. II, p. 198.
    6
      Ivi, p. 62.
    7
      Cfr. C. J. H. HAYES, Nationalism: a religion, New York 1960.
    8
      Cfr. J. L. TALMON, The Origins of Totalitarian Democracy, London 1952; ID. Political Messianism.
The Romantic Phase, London 1960; ID., The Myth of the Nation and the Vision of Revolution, London
1980; J. H. BILLINGTON, Fire in the Minds of Men. Origins of the Revolutionary Faith, New York 1980.
La sacralizzazione della politica                    145
la storia, la nazione, la rivoluzione, la società, l’arte, il sesso e via dicendo.
Importante, nell’ambito soprattutto della cultura rivoluzionaria, fu la
sacralizzazione della violenza come strumento di rigenerazione, che divenne parte
integrante della sacralizzazione della politica dei movimenti rivoluzionari sia di
sinistra che di destra. Ma altrettanto importante fu lo sviluppo della
sacralizzazione della politica nell’aspetto rituale e simbolico da parte delle
monarchie, che nella seconda metà del secolo cercarono di rinnovare il carisma
religioso del loro potere attraverso l’istituzione di nuovi rituali. In questa forma,
in realtà, il contributo alla sacralizzazione della politica fu piuttosto limitato e
comunque quasi sempre indiretto, rimanendo sostanzialmente nel solco della
tradizionale consacrazione dell’istituzione monarchica. La sacralizzazione della
politica, tuttavia, rimaneva nella sua essenza un fenomeno di origine
rivoluzionaria e democratica, e quindi era più congeniale ai movimenti che
contestavano la sacralità tradizionale del potere monarchico per esaltare la
sacralità della sovranità della nazione o del popolo. Più prossime alla
sacralizzazione della politica erano l’istituzione di feste nazionali, la diffusione di
una simbologia istituzionale attraverso l’architettura, l’urbanistica, la
monumentalità di Stato. Anche in questi casi, però, non sempre si assiste ad un
incremento effettivo della sacralizzazione della politica. A ciò era ostacolo, spesso,
la cultura politica razionalistica e individualista dei governanti, che recalcitrava
all’idea di istituire una qualsiasi religione, fosse pure una religione civile della
nazione, temendo che ciò avrebbe perpetuato la superstizione irrazionale e
impedito l’emancipazione dell’individuo. Un altro ostacolo era rappresentato
dalla incapacità o dalla cosciente avversione a istituire un sistema rituale e
simbolico destinato a trasformare la folla occasionale in massa liturgica,
utilizzando strumenti che sapevano di demagogia o imitavano quelle religioni
tradizionali contro le quali la cultura laica e liberale era insorta in nome della
ragione e della libertà. Se molti governanti degli Stati nazionali liberali pure
ritenevano necessario educare il cittadino nel culto della “religione della patria”,
gli unici strumenti pedagogici legittimi, perché razionali e moderni, erano la
scuola e l’esercito. Tutto ciò spiega perché, nonostante l’incremento
considerevole degli apparati rituali, simbolici e dei miti degli Stati nazionali
dell’Ottocento, il loro contributo alla sacralizzazione della politica fu, secondo me,
limitato, anche se di questi apparati, adattandoli e trasformandoli, si poterono
avvalere i regimi totalitari, i quali trovarono un terreno già preparato su cui porre
le fondamenta della loro religione politica.
    Lo sviluppo della sacralizzazione della politica fu maggiormente favorito dalla
nascita dei movimenti di massa, che fecero ampio uso di formule e moduli della
tradizione religiosa, di riti e di simboli nuovi, dando altresì origine a nuove forme
di relazione fideistica fra le masse e i loro capi, e soprattutto dando un forte
146                                  Emilio Gentile

impulso alla assolutizzazione mitica delle entità secolari che erano il fulcro delle
loro ideologie e alla pratica della militanza politica come dedizione che assorbiva
il militante interamente, diventando una ragione e uno stile di vita. E’ di per sé
significativo che alla fine dell’Ottocento, da parte dei sociologi, si cominci a
parlare di nascita di nuove religioni, al di là delle interpretazioni che ne davano,
proprio in riferimento ai movimenti di massa, e soprattutto al socialismo. Ed è
ancor più significativo, che fossero spesso gli stessi protagonisti di questi
movimenti a concepirli come manifestazioni di una nuova religiosità laica, e anzi
ad auspicare che i loro militanti assumessero l’animo e la mentalità dei movimenti
religiosi. I dirigenti dei movimenti rivoluzionari ricorrevano volentieri al
confronto con i movimenti religiosi per definire la loro concezione della politica
come esperienza integrale, come forza di rigenerazione totale, che avrebbe
dovuto portare alla creazione di una nuova civiltà e di una nuova umanità. E
anche essi, in questo modo, contribuivano a diffondere i semi della
sacralizzazione della politica.
    All’inizio del XX secolo, l’impulso più decisivo e fecondo alla sacralizzazione
della politica venne dalla prima guerra mondiale, e per varie vie, e soprattutto
produsse un nuovo materiale per la costruzione delle religioni della politica che
saranno largamente utilizzate dai movimenti totalitari. Innanzi tutto, essa
contribuì, contemporaneamente, alla politicizzazione delle religioni storiche, che
si schierarono, in quasi tutti i paesi, a servizio della nazione nella guerra santa
contro l’Anticristo, e contribuirono molto alla santificazione della patria. Ogni
Stato in guerra proclamò che Dio era al fianco dei suoi soldati per condurli alla
vittoria in una guerra per la salvezza della civiltà e dell’umanità. La guerra fu
interpretata come un grande evento apocalittico e rigeneratore voluto da Dio,
accrescendo così la legittimazione della violenza per il trionfo del Bene. Ciò
contribuì moltissimo alla sacralizzazione delle ideologie coinvolte nel conflitto.
Inoltre, nella propaganda bellica ebbe per la prima volta massima elaborazione la
immagine del nemico come incarnazione del Male, e, legata a questa, sorse anche
l’immagine del nemico interno, che si annida nel corpo stesso della nazione, è parte
della nazione, ma non le appartiene perché non ne accetta la sacralità e non la
venera con dedizione leale ed assoluta. Inoltre, l’esperienza della morte di massa,
vissuta per la prima volta da milioni di uomini, favorì il risveglio del sentimento
religioso e generò nuove forme di religiosità laica legate all’esperienza stessa della
guerra. La simbologia della morte e della resurrezione, la dedizione alla nazione,
la mistica del sangue e del sacrificio, il culto degli eroi e dei martiri, la
“comunione” del cameratismo: tutto ciò contribuì a diffondere fra i
combattenti l’idea della politica come esperienza totale, e quindi religiosa, che
doveva rinnovare tutte le forme dell’esistenza. Il culto dei caduti è stata
probabilmente la più universale manifestazione di sacralizzazione della politica
La sacralizzazione della politica                              147
nel XX secolo. In tutti i paesi che avevano partecipato al conflitto, tranne la
Russia, la sacralizzazione della nazione conobbe il suo momento più intenso negli
anni della Grande Guerra.
    Fascismo e nazismo, figli della guerra, derivarono la dimensione religiosa della
loro politica principalmente dall’esperienza bellica, ma nella formazione delle
religioni totalitarie confluirono certamente, in vario modo e con diverse
mescolanze, l’esperienza della sacralizzazione della politica che aveva ormai una
tradizione centenaria e aveva accumulato un cospicuo materiale, al quale le
religioni totalitarie attinsero a larghe mani. Nell’ambito della sacralizzazione
della politica operata dalla grande guerra possiamo includere anche l’esperienza
della rivoluzione bolscevica, nutrita di furore escatologico marxista e di tradizioni
milleranistiche russe. Tutto ciò non significa collocare le religioni totalitarie alla
fine di un processo che in esse doveva necessariamente sfociare. In altre parole, le
religioni totalitarie, e nel complesso i totalitarismi del ventesimo secolo, non sono
discendenti della sacralizzazione della politica della rivoluzione francese, come
pure è stato sostenuto da vari studiosi: sono religioni politiche nuove, che
nascono dalla Grande Guerra e dalla rivoluzione russa, anche se in esse
confluiscono correnti preesistenti e certamente sono favorite dalla esistenza di
precedenti esperienze della sacralizzazione della politica, sia ideologiche sia
pratiche, che avevano preparato un terreno favorevole, nel quale le religioni
totalitarie misero radici, sviluppandosi rapidamente.
    Nella seconda metà del Novecento, scomparse le religioni politiche del
fascismo e del nazismo, la religione politica del comunismo ha avuto una nuova
stagione di rigoglio sia nell’Unione Sovietica dopo Stalin sia nei nuovi regimi
comunisti instaurati in Europa orientale e in Asia, specialmente nella Cina di Mao
e nella Corea del Nord, che rimane tuttora uno Stato dove la sacralizzazione della
politica è praticata nelle forme più dogmatiche ed esaltate. Dopo il 1945, nuove
forme di sacralizzazione della politica di intonazione nazionalista sono avvenute
nei nuovi Stati sorti nel continente africano e asiatico dalla fine del colonialismo9.
Nei paesi democratici, specialmente occidentali, la sacralizzazione della politica
ha invece subito un processo di riflusso, ad eccezione degli Stati Uniti, dove la
religione civile, pur con manifestazioni di variabile intensità, è rimasta una
caratteristica peculiare della dimensione politica, conoscendo una vera e propria
esplosione di risveglio dopo l’11 settembre10.

    9
       Per una applicazione del concetto di religione politica in un contesto diverso dai
totalitarismi europei, cfr. D. A. APTER, “Political religion in the new nations”, in C. Geertz ed., Old
Society and New States. The Quest for Modernity in Asia and Africa, London 1963, pp. 57-103.
    10
       Cfr. E. GENTILE, La democrazia di Dio. La religione americana nell’era dell’impero e del terrore,
Roma-Bari 20062.
148                                   Emilio Gentile

    Come abbiamo visto, la sacralizzazione della politica ha avuto una notevole
varietà di manifestazioni, che hanno avuto origine, matrici, contenuti e forme
differenti, come varie e diverse sono le sue relazioni con l’ambiente storico e
sociale, con l’agire politico e con la vita della collettività e i rapporti con le forze
politiche e sociali. La sacralizzazione della politica è stata sia democratica che
totalitaria. Avendo presente tutto ciò, ritengo opportuno concludere questa
sezione proponendo una differenziazione concettuale fra “religione civile” e
“religione politica”, in riferimento al loro contenuto e al loro atteggiamento verso
le religioni tradizionali e gli altri movimenti politici, considerando la prima come
forma di sacralizzazione della politica che è presente nei movimenti e nei regimi
democratici, la seconda come forma di sacralizzazione della politica che è propria
dei movimenti e dei regimi totalitari:

a) La religione civile è una forma di sacralizzazione della politica che generalmente
riguarda una entità secolare, ma talvolta connessa a un essere sopranaturale
concepito deisticamente; non si identifica con l’ideologia di un particolare
movimento politico, ma riconosce un’ampia autonomia dell’individuo nei
confronti della collettività, si avvale prevalentemente di mezzi pacifici di
propaganda, fa appello al consenso spontaneo per l’osservanza dei comandamenti
dell’etica pubblica e della liturgia collettiva, e convive generalmente con le
religioni tradizionali e con le più varie ideologie politiche, cercando di proporsi
come “credo civico” sovrapartitico e sovraconfessionale, che mantiene netta la
separazione fra lo Stato e la Chiesa e non si identifica con nessuna confessione
particolare.

b) La religione politica è la sacralizzazione di una ideologia e di movimento politico
integralista, che divinizza la propria entità secolare mitizzata; non accetta la
coesistenza con altre ideologie e movimenti politici, santifica la violenza come
legittima arma di lotta contro i nemici della propria fede e come strumento di
rigenerazione; nega la autonomia dell’individuo rispetto alla comunità, prescrive
in forma obbligatoria il culto politico e l’osservanza dei suoi comandamenti;
assume nei confronti delle religioni tradizionali o un atteggiamento ostile,
mirando a eliminarle, oppure cerca di stabilire un rapporto di una convivenza
simbiotica, nel senso che la religione politica mira ad incorporare la religione
tradizionale nel proprio sistema di credenze e di miti, riservandole una funzione
subordinata e ausiliare. Ovviamente, nella realtà storica, questa distinzione non è
così netta e precisa, né esclude la possibilità che vi siano fra le due elementi
comuni. Storicamente, la distinzione fra religione civile e religione politica può
apparire netta se mettiamo a confronto, per esempio, la religione civile degli Stati
Uniti e la religione politica della Germania nazista o dell’Italia fascista. Ma anche
La sacralizzazione della politica                                149
la religione civile, in particolari situazioni, può trasformarsi in una religione
politica integralista e intollerante, come accadde durante la rivoluzione francese.
L’ambiguità era già insita nella concezione della religione civile elaborata da
Rousseau e nella sua visione della sacralità della volontà generale e della patria
come assoluti principi fondativi e regolativi del corpo politico. E l’ambiguità
rimase nel modo in cui questa concezione fu messa in pratica dai rivoluzionari
francesi. Se Boissy d’Anglas perorava la istituzione di una religione nazionale sul
modello degli antichi, “l’epoque bénie où la religion ne faisait qu’un avec l’État”,
ricordando che la “religion des anciens fut toujours politique et nationale”11, Condorcet
accusava la “religion politique” di “violer la liberté dans ses droits les plus sacrés sous
prétexte d’apprendre à les chérir”12.

   11
        Cit. in A. MATHIEZ, La theophilanthropie et le culte décadaire (1796-1801), Paris 1903, p.23.
   12
        Cit. in OLIVER IHL, La fête républicaine, Paris 1996, p. 39.
Puoi anche leggere