La ricercatrice cairese Jasmin Ortolan: "A New York situazione surreale, Trump poco razionale e ospedali allo stremo" - IVG.it

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La ricercatrice cairese Jasmin Ortolan: "A New York situazione surreale, Trump poco razionale e ospedali allo stremo" - IVG.it
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      La ricercatrice cairese Jasmin Ortolan: “A New York
      situazione surreale, Trump poco razionale e ospedali allo
      stremo”
      di Giorgia Scalise
      01 Aprile 2020 – 8:06

      Cairo Montenotte. Il Covid-19 ferma anche uno dei cuori pulsanti del commercio, della
      finanza e della cultura più importanti al mondo: New York City. Manhattan è deserta, le
      strade di solito piene di traffico ora sono dominate da un silenzio surreale, i newyorkesi
      hanno paura, una paura diversa da quella dell’11 settembre che li ha cambiati, ora il
      nemico è invisibile, silenzioso, ha una forza distruttiva immane e può penetrare nelle case
      di ognuno di loro. A raccontarci questa paura è la giovane dottoressa cairese Jasmin
      Ortolan, che da quasi due anni si è stabilita a New York, dove si occupa della ricerca
      sull’Alzheimer presso The Feinstein Institute for Medical research, un istituto che fa parte
      di Northwell Health, uno dei sistemi sanitari più grandi di tutto lo stato di New York.

      Hai vissuto l’emergenza Coronavirus prima da spettatrice e poi in prima persona.
      Immagino tu sia stata molto preoccupata dato che la tua famiglia e i tuoi amici
      vivono in Val Bormida. Il virus ora si sta diffondendo anche negli USA e
      soprattutto nello stato di New York, dove i numeri del contagio stanno diventando
      sempre più alti.

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      “È stata ed tutt’ora è una situazione surreale, sentendo la mia famiglia e i miei amici e
      seguendo notizie online sapevo che anche per l’America sarebbe stata questione di tempo.
      Così anche nei weekend antecedenti la chiusura totale delle attività, ho fatto una sorta di
      distanziamento sociale, anche perché i treni e le metro erano super affollati. Però poi il
      weekend finiva, la settimana lavorativa iniziava e mi ritrovavo comunque a contatto con
      persone che avevano vissuto a pieno il weekend. Considerando l’esperienza prima della
      Cina e poi dell’Italia, si sarebbe potuto giocare d’anticipo, ma così non è stato. In molti mi
      facevano domande su come stesse la mia famiglia, erano tutti preoccupati della situazione
      in Italia, cercavo di spiegare che sarebbe successo lo stesso anche qua, ma molti erano
      increduli. Ora la situazione si è ribaltata, molte persone mi chiamano preoccupate vedendo
      i contagi degli USA, sono tanti è vero e ce ne saranno molti altri, ma bisogna anche
      pensare che città come New York hanno una densità di popolazione 5 volte superiore
      quella di Milano”.

      Pensi che Trump abbia sottovalutato la pandemia?

      “Se devo dirla tutta neanche ora che il virus è in America, Trump pensa in modo razionale,
      fino a qualche giorno fa voleva avere le Chiese colme per il giorno di Pasqua, ora
      fortunatamente la quarantena è stata prorogata fino al 30 aprile. Al contrario il
      governatore Cuomo, che sta facendo un egregio lavoro, ha risposto dicendo che “non è uno
      sprint, ma una maratona”, risposta breve ma chiara e rappresentativa della situazione”.

      In Italia all’inizio è stato panico generale, supermercati svuotati e città lasciate in
      fretta. A New York la popolazione come sta vivendo la quarantena, ci sono
      restrizioni severe come da noi?

      “Le strade sono deserte, il traffico è diminuito e la maggior parte delle persone si
      comporta bene, chi però deve fare un lavoro ritenuto essenziale deve spostarsi e la
      maggior parte lo fa prendendo la subway, ecco perché qualche giorno fa 1 milione di
      persone ha affollato la metro. Non ci sono restrizioni particolari, non ci sono né
      autocertificazioni né polizia che controlla, tutto è lasciato al buon senso delle persone.
      Ovviamente come credo in tutto il mondo, si ha paura. Anche in America i supermercati
      sono stati presi d’assalto ed è difficile trovare carta igienica, disinfettanti e pasta. Molte
      persone hanno perso o perderanno il lavoro, per questo la richiesta è di non pagare gli
      affitti almeno per questi due mesi. Sono aumentate le richieste di sussidio di
      disoccupazione e prima di fine aprile le persone che guadagnano meno di 75.000$ all’anno
      riceveranno un aiuto di 1.200 dollari”.

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      Anche perché il sistema sanitario americano è privato e non tutti possono
      permettersi le cure…

      “Molti americani non dispongono di un’assicurazione sanitaria e credo che molte persone
      anche adesso durante il Covid-19 evitino di sottoporsi ad assistenza medica per paura del
      costo. Sarà interessante vedere che ruolo giocherà il Coronavirus proprio ora che siamo in
      piena propaganda elettorale con Bernie Sanders che spinge per avere un’assistenza
      sanitaria universale… e in questo caso il Covid-19 aiuta nel giustificarne la necessità”.

      Lavori in un importante ospedale newyorkese, come è organizzata ora la ricerca?
      Anche lì c’è carenza di posti letto, materiale e attrezzature sanitarie? In Italia si

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      soffre l’emergenza mascherine, in molti hanno optato per realizzarle faidate, ma il
      problema più grande è che mancano a dottori e infermieri.

      “Il lavoro è stato ridotto al minimo, solo una persona per laboratorio può avere accesso
      all’istituto, abbiamo colonie murine numerose che non possono esser trascurate ed è stato
      suggerito a tutti lo smart working. Per quanto riguarda le mascherine, molti non le
      indossano perché non le trovano e anche chi lavora negli ospedali che, al momento sono
      colmi di pazienti, si aggiusta un po’ come riesce, altri non le indossano perché tanto dicono
      di stare bene. Io non sono d’accordo, so che è difficile trovarle, ma dovrebbero essere
      obbligatorie per tutti, io stessa potrei esser inconsapevolmente positiva da Covid-19 ed
      esser una fonte di ampissimo contagio se non indossassi la mascherina grazie alla quale
      posso proteggere me stessa e le altre persone, non mi sto riferendo solamente al tossire o
      starnutire ma anche semplicemente parlando o respirando vengono emesse all’esterno
      droplets, ‘goccioline’ dal tratto respiratorio. I posti letto in ospedale sono meno della
      richiesta soprattutto ora che i numeri sono incrementati, però sono stati adibiti alcuni
      ospedali provvisori, ad esempio è arrivata una nave ospedale militare con circa 1.000 posti
      letto e il Javits Center, struttura usata solitamente per i congressi, è stato adibito a
      ospedale, anche molti hotel rinomati si sono offerti per mettere a disposizione le camere
      ad uso ospedaliero. Stessa cosa anche per i respiratori, Tesla ne ha donati un centinaio, ne
      servirebbero molti di più almeno 30.000, perché si aspetta che il numero dei contagi
      aumenterà nei prossimi giorni”.

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      Situazione tamponi, in Italia c’è molta polemica, ormai dato il numero di casi
      vengono effettuati soltanto a pazienti sintomatici, in America come funziona?

      “Ci sono stati dei ritardi, basti pensare che nello stato di Washington il primo caso è stato
      il 20 gennaio e fino al 24 febbraio non si era ancora pronti con i test. All’inizio di marzo si
      sono iniziati a fare i tamponi ma ancora pochi erano disponibili, ora vengono controllate
      quasi 100.000 persone al giorno, si è partiti troppo tardi. Nell’istituto dove lavoro, una
      parte è stata dedicata proprio alla realizzazione dei tamponi alle persone asintomatiche, in
      modo tale che si limitino assembramenti di persone e il pronto soccorso dell’ospedale
      possa dare la priorità a coloro che sono in condizioni più gravi. In città ci sono molti urgent
      care che fanno i tamponi, alcuni ti permettono di effettuare il test senza dover scendere

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      dalla macchina. In alcuni casi non iniziano le procedure se non hai una dichiarazione del
      tuo medico, in altri invece puoi andare prenotando online. Tutto varia da stato a stato e dal
      numero di casi, se uno stato al momento ha 53.000 casi cercherà di limitare i tamponi sulle
      persone che hanno sintomi lievi, rispetto ad uno stato che ha 10.000 casi”.

      Essendo del settore, a che punto è la ricerca in America per debellare il virus?
      Sono stati testati alcuni farmaci che hanno avuto delle risposte positive sui
      contagiati?

      “Si stanno facendo dei trials clinici con la clorochina e idrossiclorochina. La clorochina è
      stata utilizzata per il trattamento della malaria e della chemioprofilassi, mentre
      l’idrossiclorochina è anche usata per trattare l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso.
      Entrambi i farmaci hanno attività in-vitro contro la Sars-CoV, Sars-CoV2 e altri
      coronavirus. Però l’idrossiclorochina ha una maggior efficacia contro Sars-CoV2, il virus
      che causa proprio il Covid-19. Si sta dunque testando l’idrossiclorochina da sola o in
      combinazione con l’azitromicina, antibiotico usato per trattarle infezioni delle vie
      respiratorie superiori e inferiori. A breve partirà un trail che andrà ad utilizzare il plasma,
      ovvero la parte liquida del sangue, dei convalescenti contro il coronavirus. L’obiettivo è
      quello di sfruttare i preziosi anticorpi presenti nel sangue di chi ha già combattuto e vinto
      la malattia, per favorire il recupero di altri malati. Il vantaggio di utilizzare il plasma dei
      convalescenti è dato dalla sua immediata reperibilità, rispetto a nuovi trattamenti
      farmacologici e vaccini che devono essere sperimentati a lungo prima di dimostrarsi sicuri
      ed essere approvati. Mi auguro che il duro lavoro dei ricercatori che si espongono al virus
      in laboratorio ogni giorno porti i risultati sperati. Non è una gara a chi trova prima una
      cura, ora tutti i paesi devono collaborare e condividere le proprie ricerche”.

      E per concludere una domanda personale… In questo momento, cosa ti manca di
      più?

      “Non me lo sarei mai aspettata, il caos di Time Square, sempre super affollato prima mi
      infastidiva, ma ora mi manca così tanto. Non vedo l’ora che si torni alla vita di sempre
      senza dover evitare le persone per strada e soprattutto tornare (per me in Italia) ad
      abbracciare coloro che amo di più. Alla fine di tutti questi giorni di distanziamento sociale
      scopriremo, anche se in fondo già lo sapevamo, quanto un abbraccio sia terapeutico”.

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