La progressione di carriera dei precari a seguito di sentenza

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La progressione di carriera dei
       precari a seguito di sentenza
   La Corte di Giustizia UE con la sentenza 22.12.2010 emanata
nei procedimenti riuniti C-444/2009 Gavieiro- Gavieiro e C-
456/2009 Iglesias-Terres, ha espressamente affermato che
“un’indennità per anzianità rientra nell’ambito di applicazione
della clausola 4, punto 1, dell’Accordo Quadro, in quanto
costituisce una condizione d’impiego”, così che in ordine ad essa i
lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo
meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato.
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Ancora, con sentenza del 08.09.2011, emanata nella Causa
177/2010, Rosado-Santana, la CGUE ha, altresì avuto modo di statuire
che ai fini della spettanza degli scatti di anzianità al personale assunto
a termine dalle pubbliche amministrazioni, di ruolo o non di ruolo, è
priva di rilevanza “la mera circostanza che un impiego sia qualificato
come ‘di ruolo’ in base all’ordinamento interno e presenti taluni aspetti
caratterizzanti il pubblico impiego dello Stato membro”, in quanto
altrimenti si rimetterebbe seriamente in discussione l’efficacia pratica
della Direttiva 1999/70 e quella dell’Accordo Quadro ad essa allegato
nonché la loro applicazione uniforme negli Stati membri.

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Così, pure, la Corte di Giustizia ha spiegato che le “ragioni
oggettive” che, secondo la clausola 4, Punto 1, dell’Accordo Quadro,
possono giustificare la deroga al principio di non discriminazione in
materia di periodi di anzianità, non autorizzano a giustificare una
differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i
lavoratori a tempo indeterminato per il fatto che tale differenza di
trattamento sia prevista da una norma interna generale ed astratta,
quale una legge o un contratto collettivo, atteso che le “ragioni
oggettive” che possono giustificare una tale disparità di trattamento
sono soltanto quelle che dimostrino che essa risponda ad una reale
necessità, che sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a
tal fine necessaria.
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Tali ragioni oggettive, secondo quanto precisato ancora dalla
Corte di Giustizia UE, non possono consistere neppure nel fatto che il
datore di lavoro sia una pubblica amministrazione, atteso che, secondo
la pacifica giurisprudenza comunitaria, le prescrizioni della Direttiva CE
1999/77 e dell’Accordo Quadro ad essa allegato sono applicabili anche
ai contratti e ai rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con le
pubbliche amministrazioni, trattandosi di “norme di diritto sociale
comunitario di particolare importanza che devono trovare applicazione a
tutti i lavoratori che forniscono prestazioni retributive nell’ambito di un
rapporto di impiego a tempo determinato che li vincola al loro datore di
lavoro”.

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Orbene, laddove si consideri che ai docenti non di ruolo assunti
reiteratamente a tempo determinato, con contratti a termine, viene
applicata la disciplina del contratto collettivo di lavoro del personale
della scuola, fondata sul principio sancito dall’art. 526 del Decr. Leg.vo
n. 297/1994 (T.U. della Scuola), secondo cui “al personale docente ed
educativo non di ruolo spetta il trattamento economico iniziale previsto
per il corrispondente personale docente di ruolo”, quindi senza alcun
riconoscimento dell’anzianità di servizio, e che essi sono del tutto
comparabili, sotto il profilo dell’attività lavorativa da svolgere e dei
doveri e degli oneri ad essa connessi, ai docenti di ruolo assunti a tempo
indeterminato, cui, invece, è riconosciuta una progressione economica,
in relazione alla maturazione dell’anzianità di servizio, articolata in
classi

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stipendiali, appare, allora, più che evidente l’oggettiva disparità di
trattamento sussistente sotto tale aspetto tra le due categorie di
docenti, anche laddove si tenga, altresì, presente che ai docenti non di
ruolo a tempo determinato non sono riconosciuti benefici economici a
fini previdenziali e che gli stessi non necessariamente possono arrivare
ad essere immessi in ruolo in virtù dello scorrimento delle graduatorie
ad esaurimento in cui sono inseriti.
     In altri termini, il riconoscimento degli aumenti stipendiali
biennali di cui all’art. 53, comma 3, della Legge n. 312 del 1980 in
favore del personale scolastico non di ruolo assunto reiteratamente con
contratti a tempo determinato deve ritenersi una forma di perequazione
del trattamento degli stessi rispetto a quello riservato al personale di
ruolo assunto a tempo indeterminato.
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La disparità di trattamento sussiste, evidentemente, soltanto
quando il docente non di ruolo sia stato assunto ripetutamente con
contratti a termine succedutisi nel tempo senza rilevante soluzione di
continuità ed aventi una durata da coprire quasi integralmente l’anno
scolastico.
      In tali casi, infatti, la natura, la durata e la frequenza delle prestazioni
lavorative, nonché la maturazione nell’esperienza professionale, non
differiscono, in fatto, da quelle del personale docente assunto a tempo
indeterminato, con conseguente sostanziale identità di situazioni.
      Una disparità di trattamento non è, invece, ravvisabile nel caso di
docenti assunti con contratto a tempo determinato per brevi periodi di
tempo, per coprire momentanee scoperture di cattedre o di posti di
insegnamento (con assegnazione delle c.d. supplenze temporanee) e con
rilevante soluzione di continuità   tra un’assunzione e l’altra.
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Peraltro, la specialità del sistema normativo nazionale di
reclutamento del personale docente non di ruolo mediante assegnazione
di supplenze, se può in astratto giustificare la legittimità del ricorso da
parte dell’Amministrazione scolastica alle assunzioni a tempo
determinato di personale docente, al fine di garantire, attraverso la
continuità didattica, il diritto costituzionale allo studio e all’istruzione,
non ha alcuna connessione logica, né alcuna rilevante incidenza in
relazione alla questione della spettanza o meno al personale docente non
di ruolo assunto a tempo determinato di una progressione economica
retributiva in funzione dell’anzianità di servizio maturata

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D’altronde, l’art. 9, co. 18, del DL n. 70/11 dispone che “ all’articolo
  10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, dopo il comma 4 è
  aggiunto il seguente comma 4bis”.
“4bis Stante quanto stabilito dalle disposizioni di cui all’articolo 40,
comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n 449, e successive
modificazioni, all’articolo 4, comma 14bis, della legge 3 maggio 1999,
n. 124; e all’articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165, sono altresì esclusi dall’applicazione del presente decreto i
contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle
supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di
garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo
anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con
rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni
caso non si applica l’articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto”.
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La norma, cioè, espressamente, viene ad escludere l’applicabilità,
alla fattispecie in questione, dell’articolo 5, comma 4-bis, dl dlgs 368/01,
ossia di quella posizione che viene ad attuare la lettera b) della clausola 5
della Direttiva 99/70/CE.
      Va precisato che il su citato dlgs n. 368/01 abbia portato normativa,
in generale, anche nel pubblico impiego per il dato testuale dell’art. 36,
co 2 e 5bis, del dlgs. N. 165/01 (come modificato dal D.L. 1° luglio 2009,
n. 78) che al medesimo fa riferimento e in conformità alla giurisprudenza
della Corte di Giustizia che non esclude i rapporti pubblicistici dalla
disciplina della Direttiva 99/70/CE di cui è emanazione il dlgs n. 368/01.
      In secondo luogo, è possibile aggiungere come il dlgs n. 368/01
appaia attuabile anche nel settore scolastico ma solo per i contratti
stipulati fino al 13/05/2011, perché, in detta data, è intervento l’art. 9, co
18 del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 che ha inserito, nell’articolo
10 dello stesso decreto delegato il su citato comma 4bis.
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Detta ultima novella viene, infatti, indirettamente, a confermare,
escludendo solo per il “dopo” il 13/05/2011, considerata la consueta
portata non retroattiva della legge ex art. 11 delle preleggi al codice
civile, nell’ambito del dlgs n. 368/01 “ i contratti a tempo determinato
stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed
ATA”, come “prima” di detta data il decreto delegato in parola si
applicasse anche al personale scolastico.
     Ne deriva come debba intendersi che per i contratti a termine non
vlga il limite dei trentasei mesi suddetto e, d’altronde, l’articolo 5,
comma 4bis, del dlgs. 368/01 appare difficilmente conciliabile
sistematicamente con la disciplina della scuola per cui ogni ulteriore
supplenza conferisce al lavoratore un maggior punteggio utile per
“l’immissione in ruolo” dalle graduatorie permanenti e, dunque, ai fini
dell’assunzione a tempo indeterminato.
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Non vi è, infatti, motivo di tutelare il prestatore con un limite
 massimo temporale di rapporti a termine, oltre il quale il quale non
 siano più perfezionabili con il medesimo, rischiandosi, altrimenti, di
 pregiudicare le sue possibilità di “immissione in ruolo” dalle
 graduatorie ad esaurimento.
       E’ poi necessario mettere in evidenza la compatibilità tra l’art. 36
  del dlgs n. 165/01 e il dlgs n. 368/01 nel settore scolastico.
       Per farlo, è bene premettere che l’art. 70, co. 8, del dlgs n. 165/01
prevede che “le disposizioni del presente decreto si applicano al
personale della scuola. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo
21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del decreto legislativo 12
febbraio 1993, n. 35. Sono fatte salve le procedure di reclutamento del
personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n.
297 e successive modificazioni ed integrazioni”.
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Per detta previsione, risulta, quindi, applicabile il dlgs 165/01 al
personale della scuola, comprensivo dell’art. 36, visto che nessuna
norma esclude detta diposizione dalla regolamentazione del rapporto
degli insegnanti.
     Perciò, ai docenti è applicabile anche l’art. 36 dello stesso decreto
delegato che statuisce, con alcune diversificazioni nelle mutevoli
formulazioni del medesimo che si sono susseguite dal 2001 in avanti,
che “ in ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti
l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche
amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di
lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche
amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione, Il
lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante
dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative “
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Il contrasto tra le previsioni del diritto comunitario e quelle dettate dalla
normativa interna speciale del settore scolastico, qualora non giustificato da
“ragioni oggettive”, non può, del resto, che essere risolto dal giudice nazionale
in favore del diritto comunitario, in ragione della primazia di quest’ultimo nella
gerarchia delle fonti, mediante la disapplicazione delle norme nazionali con
esso contrastanti, così da garantire ai cittadini dello stato membro quei diritti
che il diritto comunitario attribuisce ai singoli.
      E ciò anche in ragione del carattere incondizionato e sufficientemente
preciso della Clausola 4, punto 1 dell’Accorso Quadro allegato alla Direttiva
CE 1977/99, che esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi
disparità di trattamento non oggettivamente giustificata nei confronti dei
lavoratori a tempo determinato per quanto riguarda le condizioni di impiego,
costituendo norma c.d. self-executing, che, pertanto, può essere invocata
dinanzi al giudice nazionale da lavoratori a tempo determinato anche delle
pubbliche amministrazioni.
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Sulla scorta di quanto innanzi, ed in particolare in ragione del
principio di non discriminazione tra i lavoratori a tempo determinato e
quelli a tempo indeterminato comparabili sancito dalla Clausola 4
dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva CE 1999/77, nonché in
considerazione del fatto che una indennità per anzianità di servizio
costituisce, secondo la giurisprudenza comunitaria, una condizione di
impiego ricadente nell’ambito di applicazione della suddetta Clausola
4, oltre che in considerazione del fatto che il punto 4 della medesima
clausola sancisce che i criteri che regolano il periodo di anzianità di
servizio devono essere gli stessi, sia per i lavoratori a termine, che per
i lavoratori a tempo indeterminato, non ci sembra che possa revocarsi
in dubbio che il personale scolastico non di ruolo assunto
ripetutamente con contratti a tempo determinato ha diritto di percepire
gli aumenti stipendiali biennali di cui al comma 3° dell’art. 53 della
Legge n. 312 del 1980, in ragione dell’anzianità di servizio maturata.
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• Cosa dice in sostanza questa sentenza?
   il principio di diritto su cui si basa la sentenza è il contrasto della normativa
   italiana con quella europea, in quanto il nostro attuale sistema non prevede
   misure dissuasive e preventive dell’abuso di contratti a termine. Gli accordi
   europei che regolano la materia impongono agli stati di indicare ragioni
   oggettive che giustifichino la reiterazione dei contratti a termine, ponendo
   anche un limite temporale; devono indicare anche delle sanzioni per chi ne
   abusa e i risarcimenti non devono essere inferiori al danno del lavoratore,
   altrimenti la misura dissuasiva non funziona. Da noi spesso si ricorre al
   risarcimento forfettario che non sempre è un deterrente. Inoltre, la Corte
   ritiene che non sia sufficiente che lo Stato dichiari l’intenzione di bandire i
   concorsi: deve indicare tempi certi del loro espletamento. Infine, il principio
   che non si deve abusare di contratti a termine laddove si manifestano
   esigenze permanenti vale sia per il settore pubblico sia per quello privato.
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1. Chi può presentare ricorso?
Possono presentare ricorso tutti i lavoratori precari che hanno prestato
servizio per più di 36 mesi, con contratti annuali a tempo determinato
fino al 30 giugno o al 31 agosto, con lo stesso profilo presso la
medesima amministrazione e che non hanno già presentato ricorso.
Tali requisiti (insieme all’abilitazione per i docenti) devono essere
posseduti al momento della presentazione del ricorso.
• Nota bene nel conteggiare i 36 mesi di servizio si potranno
  considerare tutti i periodi antecedenti al 1 gennaio 2008 e successivi
  al 1 aprile 2009. Infatti la legge di attuazione del Protocollo su
  pensioni e lavoro del 23 luglio 2007 (l. n. 247/2007 art. 1 c. 43 ) ha
  previsto un periodo di un anno “vacante” che non potrà essere preso
  in considerazione.

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2. I contratti di lavoro a tempo determinato ai fini del calcolo dei 36 mesi di
servizio dovranno essere consecutivi?
    Non è necessario che i contratti di lavoro a tempo determinato siano
    consecutivi.
    Infatti, la norma di attuazione della direttiva europea relativa all’accordo quadro
    sul lavoro a tempo determinato (art. 5, co. 4 bis del d.lgs n. 368/2001) stabilisce
    in maniera chiara che: “qualora per effetto di successione di contratti a termine
    per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso
    datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i 36
    mesi di servizio comprensivi di proroghe e rinnovi indipendentemente dai
    periodi di interruzione intercorso tra un contratto e l’altro, il contratto si
    considera a tempo indeterminato”.
3. Ai fini del calcolo dei 36 mesi di servizio si considerano soltanto i contratti a
tempo determinato con scadenza 31 agosto?
    No. Si potrà considerare anche il servizio prestato con contratti a tempo
    determinato aventi scadenza 30 giugno.
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4. La vertenza può essere intrapresa da docenti precari non in
possesso di abilitazione?
No. L’abilitazione o titolo di studio ritenuto equivalente (per ITP e
docenti scuola primaria) deve essere posseduto, insieme agli altri
requisiti, al momento della presentazione del ricorso.
5. L'eventuale vertenza per i precari che non avevano
presentato finora ricorso può riguardare tutti i diversi aspetti
ovvero stabilizzazione/risarcimento/ricostruzione?
Si. Il lavoratore precario che risulti in possesso dei requisiti potrà
avanzare tutte le domande.

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• Nota bene: in particolare per quanto riguarda la richiesta risarcitoria, sarà
  opportuno richiedere l’applicazione del criterio previsto dallo Statuto dei lavoratori
  (art. 18 L. 300/70), disposizione che trova applicazione anche nei rapporti di lavoro
  nei quali è parte la pubblica amministrazione (Art. 51 cpv d.lgs n. 165/2001).
  Considerando il numero dei contratti posti in essere dal lavoratore si potranno
  richiedere n. 5 mensilità corrispondenti alla misura minima prevista dallo Statuto
  comma 4 dell’art. 18 l. 300/70 e 15 mensilità corrispondenti all’indennità sostitutiva
  della reintegra prevista dal comma 5 dell’art. 18 l. 300/70. In via subordinata, qualora
  il giudice non dovesse condividere l’utilizzazione dei parametri sopra indicati
  bisognerà richiedere l’applicazione del Collegato lavoro (l. n. 183/2010 art. 32 co. 5) il
  quale dispone che: “ nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il
  giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo una
  indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 mensilità ed
  un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto...”.

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6. Quali sono i termini entro cui presentare ricorso?
Entro 5 anni (termine per le cause dinanzi al giudice del lavoro) se si chiede la
stabilizzazione per effetto del superamento dei 36 mesi di servizio.
Qualora il lavoratore volesse contestare anche la nullità dei termini apposti ai
contratti di lavoro a tempo determinato (il termine è nullo quando mancano le
ragioni obiettive) si dovrà tenere conto delle decadenze fissate dal Collegato Lavoro
(legge 183/2010) e sue successive modifiche previste dalla riforma del lavoro
Fornero (legge 92/2012), ovvero entro 120 giorni dalla scadenza del contratto
l’invio della lettera di contestazione e con l’obbligo di presentare il ricorso entro i
180 giorni successivi.
La contestazione della nullità del termine apposto è aggiuntiva e rafforzativa del
ricorso per il superamento dei 36 mesi di servizio è può essere intrapresa da chi sia
attualmente in possesso di un contratto annuale su posto vacante e disponibile e non
siano decorsi i termini di cui sopra.

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7. Gli effetti della sentenza si applicano automaticamente a tutti gli interessati?
No. Soltanto con la proposizione di una vertenza dinanzi al giudice del lavoro
territorialmente competente, il lavoratore che rientri nelle fattispecie indicate nella
sentenza della Corte di Giustizia potrà richiedere la stabilizzazione del rapporto di
lavoro.
In ogni caso il giudice territoriale dovrà tenere conto nella propria decisione dei
principi affermati nella sentenza del 26 novembre dalla Corte di Giustizia. Al
riguardo sono numerose le sentenze in cui la Corte di Giustizia ha affermato il
principio in base al quale, nella materia di competenza dell’Unione, vale a dire nelle
materie oggetto di regolamentazione da parte del diritto europeo, la norma
eurounitaria prevale in caso di conflitto con la norma statale. Sulla prevalenza del
diritto comunitario si è espressa anche la Corte di Cassazione SS.UU. (vedi sent. n.
27619/2006 e 355/2010).

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8. Questa sentenza è immediatamente estensibile ai precari degli
altri comparti (ricerca, università, afam) o ci sono specificità di cui
tener conto?
La sentenza della Corte di Giustizia riguarda tutti i “lavoratori a tempo
determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro
disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore
di ciascuno Stato membro”.
E’ opportuno tuttavia tenere conto delle specificità di singoli comparti
(in specie della Ricerca) poiché in essi potrebbero essere in vigore
accordi contrattuali specifici finalizzati al mantenimento del posto di
lavoro anche oltre i 36 mesi.
 Pertanto, in questi casi, il legale di riferimento dovrà valutare caso per
 caso le situazioni relative ai comparti diversi da quello scolastico.
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L’USR per la Toscana ha pubblicato una nota in cui fornisce
indicazioni riguardo alla compilazione dei decreti da adottare in esecuzione
delle sentenze sul riconoscimento del servizio pre-ruolo se il contratto a
tempo determinato del personale della scuola sia stato reiterato.
     Il servizio che è stato giudicato dalle sentenze non va considerato nella
ricostruzione di carriera, ma permette solo il riconoscimento ai fini
economici del periodo pre-ruolo prestato.
      Vanno considerati solo i contratti a tempo determinato oggetto di
impugnazione ai fini del calcolo: si dovrà tener conto degli anni scolastici
indicati in sentenza e su quelli effettuare il calcolo delle differenze
stipendiali come imposto nella sentenza stessa, tenendo conto che il diritto
alla prima progressione stipendiale si raggiunge alla fine di un periodo di
servizio triennale.          maurizio.cavallo.pz@istruzione.it             24
Per il conteggio del servizio utile ai fini dell’applicazione della
progressione economica, quindi, si considereranno gli effettivi periodi
di servizio, cioè le anzianità maturate sommando i periodi dei singoli
contratti a tempo determinato.
     Si dovranno computare i servizi effettivi a partire dal 1° giorno di
servizio dell’anno scolastico più remoto indicato in sentenza,
dopodiché si attribuirà la seconda fascia stipendiale.
     Il termine prescrizionale per le differenze retributive da
corrispondere è quinquennale e quindi verranno considerati gli
arretrati stipendiali dei cinque anni precedenti al deposito del ricorso
introduttivo del giudizio oppure a precedente atto interruttivo della
prescrizione.
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Nel computo degli effettivi periodi di servizio utili alla
progressione economica, non si dovranno considerare le assenze che
determinano una sospensione della retribuzione, come per la malattia,
il cui periodo senza diritto ad alcun trattamento retributivo interrompe
la maturazione dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, mentre per le
assenze parzialmente retribuite non si interrompe la maturazione
dell’anzianità di servizio; invece il congedo per maternità e quello
parentale sono computati nell’anzianità di servizio mentre il congedo
biennale per l’assistenza di familiare disabile è utile soli ai fini del
trattamento di quiescenza.

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