LA PRESA DEL POTERE IN ISTRIA E IN JUGOSLAVIA. IL RUOLO DELL'OZNA
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Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 29 LA PRESA DEL POTERE IN ISTRIA E IN JUGOSLAVIA. IL RUOLO DELL’OZNA ORIETTA MOSCARDA OBLAK CDU 323+940.53(497.4/.5-3Istria)“1945” Centro di ricerche storiche-Rovigno Saggio scientifico originale Marzo 2013 Riassunto: Il presente contributo mira ad illustrare una serie di considerazioni generali relative allo sviluppo del movimento di liberazione jugoslavo nei territori che costituirono la federazione jugoslava e in particolare nella regione istriana, con riferimento al ruolo dell’Ozna, il servizio di sicurezza e di informazione dell’esercito jugoslavo, e poi polizia politica nella stato jugoslavo. In tale contesto l’autrice affronta il tema relativo dell’uso della violenza politica da parte del movimento partigiano a guida comunista nella liberazione e nella conquista del potere in quella regione che sarebbe divenuta parte integrante del nuovo stato jugoslavo. Summary: The taking of power in Istria and Jugoslavia. The role of Ozna – This paper aims to outline some general considerations concerning the development of the national liberation movement in the territories that constituted the Yugoslav federation and in particular in the Istrian region, with special reference to the role of (the Department of National Security military intelligence and secret police) Ozna, the security and information agency of Yugoslav army, which later became the Yugoslav state political police. In this context, the author addresses the issue regarding the use of political violence by the Communist-led Partisan movement in the liberation and the conquest of power in the region that would become an integral part of the new state of Yugoslavia. Parole chiave / Keywords: Jugoslavia, Istria, Ozna, potere popolare, presa del potere, violenza politica / Yugoslavia, Istria-Istra, Ozna, People Power, Taking of power, Political Violence Violenza politica e movimento di liberazione jugoslavo Dopo la caduta del muro di Berlino, la dissoluzione del blocco sovietico e lo smembramento della Jugoslavia, dapprima in Slovenia, ma in seguito anche in Croazia, sono emerse nuove interpretazioni della storia della Se- conda guerra mondiale e del dopoguerra, accompagnate da una serie di po- lemiche, di accesi interventi sulla violenza dei regimi totalitari, in particola- re del sistema comunista, e in anni recenti, anche di studi sull’instaurazione
30 Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 di tale forma di governo nei territori che andarono a costituire la nuova entità statale. In quel contesto, uno dei temi allora maggiormente dibattuti fu proprio il ruolo e l’uso della violenza politica da parte del movimento partigiano a guida comunista nella liberazione e nella conquista del potere in quello che sarebbe divenuto il nuovo stato jugoslavo1. In generale, la resistenza nei territori jugoslavi si manifestò come un fenomeno di massa, molto articolato e complesso, le cui caratteristiche dipesero da una serie di fattori che andavano dalla capacità o volontà di stringere alleanze da parte dei comunisti, dal rapporto fra città e campa- gna e non ultimo dal loro settarismo. Il movimento dei partigiani jugosla- vi, comunque, si configurò sin dagli inizi come una forza rilevante non tanto sul piano militare, quanto sul versante dell’organizzazione interna e dell’impatto sociale. Il movimento aveva al suo interno aderenti che prove- nivano da ambienti sociali e politici molto vari, ma la guida era saldamente in mano al partito comunista, alla leadership composta da giovanissimi e guidata da Tito2. Non irrilevanti furono le differenze che, nello spazio e nel tempo, si ma- nifestarono tra gli uomini guidati da Tito. Così, mentre in Montenegro sin dall’inizio i partigiani dimostrarono un fortissimo zelo rivoluzionario, con una violenta intransigenza ideologica3, in Slovenia il movimento partigiano 1 All’interno della vasta produzione storiografica slovena e croata vedi V. SIMO- NITI, “Permanentna revolucija, totalitarizem, strah”, in D. Jančar (a cura di), Temna stran meseca: kratka zgodovina totalitarizma v Sloveniji 1945-1990, Ljubljana, Nova Re- vija, 1998, pp. 24-36; T. GRIESSER-PEČAR, Procesi proti duhovnikom in redovnistvu po maju 1945, in Ivi, pp. 113-125; N. KISIĆ-KOLANOVIĆ, “Pravno utemeljenje držav- nocentralističkog sistema u Hrvatskoj 1945.-1952. godine”, in Časopis za suvremenu po- vijest, 1, 1992, pp. 49-101; “Vrijeme političke represije: veliki sudski procesi u Hrvatskoj 1945.-1948. godine”, in Ibidem, 1, 1993, pp. 1-23; “Problem legitimiteta političkog susta- va u Hrvatskoj nakon 1945.g.”, in Ibidem, 3, 1992, pp. 177-196; J. VODUŠEK STARIČ, Kako su komunisti osvojili vlast 1944-1946, Zagabria, Naklada Pavičić, 2006; AA.VV., 1945. – Razdjelnica hrvatske povijesti, Atti del convegno, Zagabria, 5-6 maggio 2006, Hrvatski institut za povijest, Zagreb, 2006. 2 Tra gli autori che si sono occupati della resistenza jugoslava, nell’ambito della più ampia storia della Jugoslavia, ricorderemo i fondamentali S. BIANCHINI, La questione jugoslava, Firenze, Giunti, 1999; J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito, Jugoslavia 1918- 1992, Torino, Nuova Eri, 1993; D. BILANDŽIĆ, Historija Socijalističke Federativne Republike Jugoslavije, Glavni procesi, Zagabria, Školska knjiga, 1979; B. PETRANOVIĆ, Istorija Jugoslavije 1918-1988, vol. II, Belgrado, Nolit, 1988. 3 M. DJILAS, Memoir of a Revolutionary, New York, Harcourt Brace Jovanovich, 1973.
Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 31 conobbe un certo pluralismo politico grazie alla presenza, nel suo seno, anche di forze cattoliche e liberali. Nel 1943, però, i comunisti sloveni de- cisero di affermare la propria egemonia nella condotta della guerra, sicché la loro posizione politica si irrigidì, e il movimento perse quei tratti plura- listici che avevano costituito la sua peculiarità originaria. Infatti, dopo una manovra politica del partito comunista, con la cosiddetta dichiarazione del- le Dolomiti (marzo 1943) le forze cattoliche e liberali dovettero riconoscere al partito comunista la supremazia politica nel movimento di resistenza, il quale divenne così l’unico soggetto politico dotato di organizzazione auto- noma nell’ambito del Fronte.4 In Croazia, invece, nel momento in cui il regime di Pavelić vacillava a causa della crisi e poi del crollo fascista in Italia, una politica più elastica dei comunisti permise alle ali democratiche del Partito contadino croato – il più numeroso e forte partito croato d’anteguerra – di affiancarsi ad essi, rompendo così l’isolamento politico dei partigiani. Infatti, con il passaggio all’illegalità durante lo Stato indipendente di Croazia, gran parte della diri- genza e dei membri del Partito contadino aveva rifiutato la collaborazione con gli ustaša, anche se inizialmente una parte dei suoi dirigenti vi aveva dato il loro appoggio. Adottando la tattica dell’attendismo, molti attivisti furono arrestati, e alcuni uccisi. Già nel 1942, ma soprattutto nel corso del 1943-1944, gli attivisti del Partito contadino croato si inserirono sempre più numerosi nella lotta armata, unendosi al movimento dei partigiani di Tito5. La guerra combattuta dal movimento di resistenza jugoslavo a condu- zione comunista presentava una serie di peculiarità: di liberazione dagli occupanti, di scontro etnico (scaturiva dai conflitti che dividevano soprat- tutto i movimenti nazionalisti dei četnici e degli ustaša, laddove i par- tigiani di Tito manifestavano un carattere jugoslavo) e di scontro civile sulle prospettive politico-istituzionali del dopoguerra (i partigiani di Tito contrapposti agli ustaša, ai četnici e i vari gruppi locali di orientamento nazional-fascista). E dunque, quando si parla di questo movimento c’è da distinguere in- nanzitutto tra la lotta per la liberazione dagli occupanti, lotta che trovava ampio consenso tra le varie popolazioni jugoslave coinvolte, e i progetti 4 J. PIRJEVEC e M. KACIN-WOHINC, Storia degli sloveni in Italia, 1866-1998, Venezia, Marsilio, 1998; J. PIRJEVEC, Serbi, croati, sloveni. Storia di tre nazioni, Bolo- gna, Il Mulino, 2002. 5 N. ANIĆ, Antifašistička Hrvatska 1941-1945, Zagabria, Multigraf marketing, 2005.
32 Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 politici dei vertici comunisti, che presentavano un programma di libera- zione nazionale e di unione di tutti i popoli jugoslavi. I comunisti, però, fedeli seguaci della Terza internazionale, intendevano la lotta come una ri- voluzione atta a cambiare radicalmente l’ordine istituzionale e i modi della convivenza sociale jugoslava, con la costruzione di uno Stato comunista6. Nella Venezia Giulia, accanto alla resistenza italiana si sviluppò quella croato/slovena, che aveva anche chiare mire di liberazione di quelli che erano considerati territori etnicamente croati e sloveni. Infatti, i comunisti, per trovare sostegno e consenso popolare, fecero propri e privilegiarono i termini del nazionalismo “borghese” croato e sloveno (le cui aspirazioni erano sorte prima del 1914 ed erano state esacerbate durante il ventennio fascista), sostenendo che tutta la penisola istriana, addirittura tutto il terri- torio fino all’Isonzo, dovevano passare alla Croazia e alla Slovenia, ovvero alla Jugoslavia. La Regione Giulia, e l’Istria in particolare, che dopo la I guerra mondiale non erano state inserite nel Regno degli Sloveni, Croati e Serbi, venivano rivendicate in quanto facenti parte del “territorio etnico” di quelli che diventarono due popoli costitutivi la federazione jugoslava. I “proclami di annessione” dell’Istria alla Croazia e del Litorale sloveno alla Slovenia del settembre 1943, attuati dagli organismi regionali che furono espressione del movimento popolare di liberazione jugoslavo, rappresen- tarono degli elementi distintivi e assolutamente inediti rispetto alle altre zone e regioni in cui si sviluppò il MPL. In questi territori perciò i motivi del riscatto nazionale si fusero con quelli della liberazione dall’“occupante/ oppressore” e con i motivi di carattere sociale, come la distribuzione della terra e l’espropriazione dei latifondi7. Un’altra caratteristica fondamentale da rilevare è legata al fatto che sin dal 1941 la dirigenza del movimento di liberazione jugoslavo stabilì che nelle zone liberate la vecchia amministrazione regia sarebbe stata sostituita 6 Cfr. PETRANOVIĆ, Istorija Jugoslavije 1918-1988, cit., dedicato alla resistenza e alla rivoluzione jugoslava. 7 Vedi AA.VV., Istra i Slovensko primorje, Belgrado, Rad, 1952; Ljubo DRNDIĆ, Oružje i sloboda Istre, 1941-1943, Zagabria-Pola, Školska knjiga, 1978, tra. it. Le armi e la libertà dell’Istria, 1941-1943, Fiume, Edit, 1981; G. LA PERNA, Pola-Istria-Fiume 1943-1945, Mursia, 1993; O. MOSCARDA OBLAK, “Il Novecento 1918-1991”, in Istria nel tempo, a cura di E. Ivetic, Rovigno, Centro di ricerche storiche, 2006, in particolare le pp. 561-574. Tali tematiche sono riprese e analizzate anche negli studi di R. PUPO, Il lungo esodo, Milano, Rizzoli, 2005 e Il confine scomparso, Trieste, IRSML, 2007.
Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 33 dai “comitati di liberazione”, che in seguito diventarono i nuovi organi po- litici e civili del potere jugoslavo. Si creavano, perciò, i fondamenti di una nuova statualità, di un nuovo potere, che fu definito “potere popolare” in quanto sarebbe stato espressione della volontà del popolo. Il modello speri- mentato nel primo territorio libero, a Užice, nella Serbia centro-occidentale (1941), fu proprio quello di un nuovo ordine di potere che azzerasse il pre- cedente. L’attacco dei četnici su Užice – dopo alcuni tentativi di accordo tra il movimento di Mihailović e quello di Tito, in funzione antitedesca – rap- presentò l’inizio della guerra civile, in Serbia e in tutti i territori, dove i due movimenti di resistenza erano presenti fianco a fianco. La lotta tra i due gruppi rivali sarebbe continuata, senza esclusione di colpi, fino alla fine della guerra. Le ragioni della definitiva frattura fra di loro vanno ricerca- te nei gravi dissensi ideologici, politici e strategici che separavano i due movimenti. Il movimento politico e militare dei četnici, sorto all’indoma- ni dell’invasione della Jugoslavia nell’aprile 1941 sulle ceneri del disciolto esercito monarchico, si riallacciava alla tradizione, alla monarchia, ai miti della storia serba, riconoscendo in Draža Mihailović, ex colonnello, loro capo e leader. Fedeli alla monarchia di re Pietro Karađorđević, che a Lon- dra costituì un governo in esilio, in un primo momento (1941-1943) le for- mazioni cetniche ottennero il sostegno del governo inglese. Inizialmente, i četnici si opposero a un confronto armato contro i tedeschi, preferendo pre- servare le forze per il momento in cui la monarchia sarebbe stata restaurata. Di chiara impronta nazionalistica, ferventi anti-comunisti, che prospetta- vano una Serbia “omogenea”, il movimento dei četnici ben presto entrò in conflitto con l’altro movimento di resistenza sviluppatosi in Serbia, sotto la guida di Tito. Il fatto poi, che buona parte degli uomini di Mihailović confluì, in seguito ad accordi segreti, nelle fila della gendarmeria di Nedić (governo collaborazionista serbo), offrì ai comunisti un pretesto per accu- sarli di tradimento. Agli attacchi dei tedeschi, degli italiani, degli ustaša e dei četnici, nel Montenegro e nell’Erzegovina il movimento partigiano rispondeva, però, fucilando i disertori e incendiando i villaggi diventati nemici, alimentando così una guerra che andava assumendo sempre più i caratteri di una guerra fratricida. Nei territori in cui si erano alleati con i četnici, gli italiani riuscirono a trovare fra le popolazioni locali delle forze disposte ad appoggiarli. In
34 Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 particolare, in Slovenia le scolte contadine o domobrani8 o belogardisti9 si ramificarono in un movimento che contava diverse migliaia di aderenti. L’avversione del clero e delle strutture politiche tradizionali nei confron- ti dei comunisti, nonché la spregiudicatezza della giustizia rivoluziona- ria contro i nemici di classe, provocarono così delle fratture incolmabili nell’ambito della società slovena. L’8 settembre 1943, data dell’armistizio (ma in sostanza della capitola- zione dell’Italia), in Jugoslavia il movimento partigiano si era già rafforzato a tal punto da mettere in pericolo la sicurezza delle retrovie balcaniche pro- prio quando gli eserciti dell’Asse si dibattevano in difficoltà crescenti. Ben- ché sconfitto, tra l’inverno e la primavera 1943, nelle battaglie della Neretva e della Sutjeska (Bosnia), il movimento di Tito era riuscito a sfuggire ai te- deschi, sebbene con forti perdite, e a riorganizzare le file. Pertanto, quando giunse la notizia dell’armistizio, essi furono in grado di appropriarsi della maggior quantità di armi dell’esercito italiano in rotta, e di raccogliere in nuove brigate (Garibaldi, Matteotti, Italia, ecc.) ampie ali di tale esercito. Tra le macerie della Jugoslavia occupata, tra gli Stati fantoccio filofa- scisti, i comunisti alla guida della resistenza jugoslava riuscirono dunque a trovare uno spazio per l’affermazione politica combattendo non solo contro l’occupante tedesco e italiano (il movimento partigiano era diffuso nei pri- mi anni tra le montagne dinariche), ma soprattutto contro gli ustaša croati e i četnici serbi. Per controllare il territorio liberato imposero nuove leader- ship in ogni comunità: non bastarono la simpatia o il consenso (che comun- que c’erano) della popolazione. Chi non accettava il nuovo potere, maga- ri sperando in una copertura nazionale (croata o serba), veniva eliminato. Intere élites furono soppresse dai villaggi del Montenegro a quelli della Dalmazia interna, al Gorski Kotar. In Slovenia si fecero i conti con le scolte contadine e con quelle forze slovene che fiancheggiarono le truppe italiane. Il fine della rivoluzione, cioè la presa del potere e la creazione di un nuovo ordine (il potere popolare), era addotto a giustificazione dell’eliminazione del nemico della rivoluzione, o nemico del popolo. Il periodo che va dal 1943 e il 1945 fu denso di cambiamenti e non poteva essere altrimenti. Il disarmo delle truppe italiane aveva portato armamenti, munizioni e vestiario alle forze partigiane jugoslave; inoltre, dal dicembre Termine che significa “difensori della patria”. 8 Termine, preso in prestito dalla terminologia russa, che significa “guardie bianche”, 9 ma usato dai comunisti in senso dispregiativo.
Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 35 1943 il movimento di Tito fu riconosciuto dagli alleati, che dall’Italia meri- dionale iniziarono a rifornirlo con mezzi e viveri. Il 1944 vide una crescita, senza eguali tra i movimenti di liberazione in Europa, di quello che era di- ventato a tutti gli effetti l’esercito jugoslavo. Nell’ottobre del 1944, Tito era già a Belgrado10 e disponeva di intere armate che dovevano marciare verso occidente, fino al confine etnico definito dai filo-jugoslavi nel 1915-17. Il Movimento popolare di liberazione (MPL) disponeva non soltanto di un esercito e di un territorio, ma si era sviluppato in un organismo maturo, con volontà e ambizioni politiche proprie. In effetti, alla fine di novembre 1943, l’AVNOJ (Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia), si era autoproclamato massimo organo del potere delle forze partigiane, e dunque governo provvisorio. Nonostante fosse in realtà espressione della volontà e degli interessi di un gruppo ristretto, che deteneva saldamente nelle proprie mani le leve del comando, nell’Avnoj furono inclusi esponenti della vita politica e culturale prebellica, non affiliati al partito comunista, per dare all’assemblea la parvenza della più vasta rappresentatività possi- bile11. Presa del potere e ruolo dell’Ozna Con il termine “presa del potere” da parte del MPL jugoslavo, s’intendo- no due processi fondamentali, che non avvennero parallelamente, ma che consentirono al Partito comunista jugoslavo (PCJ) il controllo effettivo e concreto del territorio istriano. Il primo è di carattere tecnico-organizza- tivo, e consiste nella presa dell’apparato amministrativo, delle banche e di tutte le istituzioni nelle cittadine istriane che man mano vennero “liberate” dall’esercito jugoslavo nel maggio 1945. Tale “presa” fu organizzata molto tempo prima della fine della guerra, seguendo il medesimo schema adottato in tutti gli altri territori “liberati” dai partigiani di Tito. L’altro processo assume un significato molto più esteso, dal momento che s’intende l’adozione di una serie di misure politiche da parte del PCJ, 10 Sulla situazione in Serbia, in particolare in Vojvodina, vedi M. PORTMANN, Die kommunistische Revolution in der Vojvodina 1944-1952, Vienna, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften, 2008. 11 Cfr. B. PETRANOVIĆ, Istorija Jugoslavije 1918-1988, cit., pp. 280-302.
36 Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 risultato quindi di una strategia politica deliberata, che assicurarono pro- gressivamente al PCJ il controllo politico sull’Istria. La penisola istriana era l’unica regione che mai prima aveva fatto parte di uno stato o regno slavo, dove a guerra finita, il clima politico fu influen- zato dalla netta divisione tra Movimento popolare di liberazione e tutto il resto, dove ogni cittadino venne politicamente valutato in base alla parteci- pazione e all’atteggiamento avuto nei confronti dell’MPL, in base alla sua militanza nel partito comunista croato, alla nazionalità e, non ultimo, tra filo jugoslavi e filo italiani. Suddivisa da tante fratture, appariva chiaro che nel dopoguerra la società istriana e la sua politica avrebbero prodotto un clima affatto pacifico e sereno. Sulla base di una serie di fonti archivistiche inedite12, in questo articolo ci si sofferma sul secondo aspetto tratteggiato, all’interno del quale si illu- stra le modalità con le quali il Servizio informativo dell’esercito jugoslavo (Odjeljenje za zaštitu naroda – Ozna), in accordo con il Partito comunista croato (PCC)/PCJ preparò la presa del potere sul territorio istriano ben prima della fine delle operazioni militari della primavera del 1945, indivi- duando e tenendo sotto il massimo controllo tutti gli avversari politici, reali e presunti, che avrebbero potuto contrastare la presa del potere da parte del PCJ, ovvero del Movimento popolare di liberazione jugoslavo. In questo contesto, il lavoro dei servizi segreti, l’Ozna, addestrata alla lotta ai nemici interni, fu basilare e determinante13. La Sezione per la sicurezza del popolo – Odjeljenje za zaštitu naroda (OZN-a) nacque nella primavera del 1944 come organo informativo e di servizio informativo dell’esercito jugoslavo, sotto la dirigenza e il controllo del PCJ. Ma già dal 1941, su direttiva di Tito, avevano iniziato a formarsi i primi nuclei di organismi informativi presso i Comandi partigiani locali e territoriali nei territori che man mano ponevano sotto li loro controllo. Dunque, costituita il 13 aprile 1944 su decreto di Tito, comandante supre- mo del movimento partigiano jugoslavo, come servizio di sicurezza del- lo stato, quattro mesi più tardi, il 15 agosto 1944, l’Ozna ricevette il suo 12 Si tratta dei fondi relativi ai comitati di partito istriani, a livello locale e regionale, consultati presso l’Archivio di Stato di Pisino e quello di Zagabria. 13 In generale sull’Ozna vedi il recente volume di William KLINGER, Il terrore del popolo. Storia dell’Ozna, la polizia politica di Tito, Ed. Italo Svevo, Trieste, 2012 e l’articolo “Nascita ed evoluzione dell’apparato di sicurezza jugoslavo 1941-1948”, in Fiume, n. 19, Roma, 2009.
Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 37 braccio armato, il Corpo di difesa popolare della Jugoslavia (Korpus na- rodne odbrane Jugoslavije – KNOJ). Le azioni di quest’ultimo furono di- rettamente gestite da Tito, in quanto Commissario per la difesa popolare, a cui era subordinato il capo dell’Ozna, A. Ranković. Modellata sullo schema organizzativo dell’NKVD sovietico (la polizia segreta sovietica), l’OZNA nacque con il compito di difendere la rivoluzione (il “braccio armato della rivoluzione”), che corrispose a una funzione essenzialmente politica, ov- vero di controllo del territorio liberato. Gli jugoslavi perciò seguirono il modello repressivo sovietico e i suoi quadri furono direttamente addestra- ti in URSS. Il Knoj avviò la sua attività operativa alla fine del 1944, in Vojvodina, dove con la liberazione di Belgrado fu istituita l’Amministra- zione militare del Banato, della Bačka e della Baranja (regioni costituenti la Vojvodina), che durò fino al febbraio 1945, quando fu lasciato il posto all’amministrazione civile del territorio, attraverso i Comitati popolari di liberazione14. Furono inizialmente in questi territori che gli “istruttori” sovietici aiutarono gli jugoslavi a punire “esemplarmente” innanzitutto la minoranza tedesca, che si era schierata in massa coi nazisti; mentre quei tedeschi che non erano riusciti a fuggire nei convogli organizzati dalle SS furono uccisi, deportati o rinchiusi in campi di concentramento, per essere espulsi in massa dal paese, se sopravvissuti, alla fine della guerra15. L’OZNA fu un’organizzazione militare completamente indipendente, i cui membri erano contemporaneamente iscritti al partito comunista; fu alle dirette dipendenze del Ministero della difesa popolare federale a Belgrado fino a marzo 1946, quando furono separati la sezione militare da quella ci- vile, con la nascita del VOS (Vojno obavještajna služba) e del KOS (Kontra Obavještajna Služba) in campo militare e dell’UDBA (Uprava Državne Bezbednosti) in campo civile.16 Come il partito comunista jugoslavo, fu un’organizzazione centralizzata, con un centro direttivo e un unico metodo di lavoro in tutta la Jugoslavia. 14 Sulla presa del potere in Vojvodina è fondamentale il volume già ricordato M. PORTMANN, Die kommunistische Revolution in der Vojvodina 1944-1952, cit. 15 Su queste tematiche vedi in modo più approfondito, oltre al volume di M. Portmann, gli studi di V. GEIGER e I. JURKOVIĆ, Što se dogodilo s folksdojčerima? Sudbina njemaca u bivšoj Jugoslaviji, Zagabria, Njemačka narodnosna zajednica-Volksdeutsche Gemeimschaft, 2003 e V. GEIGER, Folksdojčeri. Pod teretom kolektivne krivnje, Osijek, Njemačka narodnosna zajednica, 2002. 16 Diana MIKŠIĆ, “Arhiv Ozn-a s osvrtom na godinu 1945.”, in AA.VV., 1945. razdjelnica hrvatske povijesti, cit., p. 475.
38 Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 La sua organizzazione interna seguiva perciò il modello verticistico dei comitati di partito, delle unità militari e dei comitati popolari di liberazione (CPL). In quanto “braccio della rivoluzione” o “braccio armato del parti- to”, l’Ozna era presente in tutti i livelli delle organizzazioni legate al MPL (comitati di partito, unità militari e CPL), ma rispondeva della sua attivi- tà unicamente al corrispondente segretario di partito, ma tali competenze spesso si mescolarono. Aleksandar Ranković, uno dei più stretti collaboratori di Tito e capo dell’Ozna a livello jugoslavo, alcuni anni dopo la fine della guerra puntua- lizzò che nel momento della presa del potere, il compito principale degli organismi dell’Ozna era stato quello di (…) ripulire i nostri territori e le nostre città dai servi dell’occupato- re, dai traditori e dai nemici che per anni si sono macchiati di crimini contro il popolo. Nel giorno dell’attesa liberazione, i nostri organismi, assieme all’e- sercito, controllavano i confini e impedirono la fuga di tale massa (…)17 Infatti, man mano che i territori vennero “liberati”, alla fine del 1944 e nel 1945, nel momento della presa del potere fu l’Ozna che ebbe il compito di mettere in atto una spietata resa dei conti con gli occupanti (tedeschi, italiani), i četnici, gli ustaša, i belogardisti, i domobrani, ma anche contro tutti i potenziali o presunti collaborazionisti e nemici di classe; vennero eliminati sistematicamente non solo i nemici di ieri, ma anche quanti – nel presente e nel futuro – avrebbero potuto mettere in discussione gli obietti- vi politici dei comunisti jugoslavi18, che nel territorio della Venezia Giulia equivaleva alla sua annessione e contemporaneamente alla creazione di un nuovo ordine politico, il potere popolare. Ebbe inizio un periodo che portò progressivamente alla persecuzione contro i nemici reali e presunti del nuovo regime, dato che ogni oppositore politico (esponenti di qualsiasi partito diverso da quello comunista), sociale 17 Vedi Jefto ŠAŠIĆ, “Obavještajna služba i služba bezbednosti u NOR”, in Iskustva narodnooslobodilačkog rata, Vojnoizdavački zavod, Beograd, 1965, p. 44. 18 Le recenti ricerche sul ruolo dell’Ozna nella presa del potere in Croazia sono riportate in Zdenko RADELIĆ, “Uloga OZNE u preuzimanju vlasti u Hrvatskoj 1945”, in AA.VV., 1945.- Razdjelnica hrvatske prošlosti…, cit., pp. 97-135.
Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 39 (piccola e grande borghesia, ceto medio), religioso o culturale (gli intel- lettuali) sarebbe stato etichettato di essere collaborazionista, o nemico del popolo, e il solerte lavoro dei “tribunali del popolo” avrebbe ridotto presto al silenzio qualsiasi voce di dissenso19. In effetti, la resa dei conti, in Slovenia e in Croazia, ma in tutti i territori jugoslavi, contro i domobrani, gli ustaša e i četnici fu caratterizzata da feroci violenze. Anche quelli che riuscirono a consegnarsi agli alleati, fu- rono riconsegnati ai comandi jugoslavi. Ci furono arresti e deportazioni in massa nei campi di concentramento. Corpi di soldati tedeschi, di fascisti, di collaborazionisti processati dal “tribunale del popolo” e anche di molti civi- li furono gettati nelle cave carsiche e nei pozzi minerari. Inoltre, uccisioni, fucilazioni e liquidazioni sommarie di prigionieri, violenze verso chi venne incolpato (senza processo) di essere collaborazionista, verso chi non si alli- neava con il potere jugoslavo. In questo modo a cadere furono anche molti antifascisti non comunisti, tutti etichettati di collaborazionismo, ma in real- tà colpiti perché considerati potenziali oppositori politici. Tristemente noti rimangono, soprattutto nella memoria dei croati e degli sloveni, i massacri di Bleiburg, elevato a simbolo della tragedia dei croati20, di Kočevje e di un’infinità di fosse comuni scoperte in anni recenti nei territori sloveno e croato. In queste ondate di violenze, persero la vita un numero imprecisato di persone. Il loro numero sul territorio croato varia a seconda delle fonti da cui provengono: da un minimo di 50.000 ad un massimo di 250-300.000 vittime. In base alle sentenze, nel periodo che va da luglio ad agosto 1945, in Croazia i tribunali militari condannarono circa 5200 persone, e di queste più di 1500 furono le condanne a morte21. Quanto ai domobrani sloveni, la cifra varia dalle 12.000 alle 20-30.000 vittime22. 19 Vedi Z. DIZDAR, V. GEIGER, M. POJIĆ, M. RUPIĆ, Partizanska i komunistička represija i zločini u Hrvatskoj 1944.-1946. Dokumenti, Slavonski Brod – Zagabria, Hrvatski institut za povijest, 2005; J. JURČEVIĆ, Bleiburg – Jugoslavenski poratni zločini nad Hrvatima, Zagabria, Dokumentacijsko informacijsko središte, 2005. 20 V. GEIGER, “Osvrt na važniju literaturu o Bleiburgu” 1945, in Časopis za suvre- menu povijest, 1, 2003, pp. 189-216; 21 Z. Dizdar nel 2005 riportava il dato di più di 1000 fosse comuni nei territori dell’ex Jugoslavia, nelle cui profondità sarebbero finiti in gran parte prigionieri politici; di queste si troverebbero 700 circa in Croazia, 90 in Bosnia Erzegovina e 200 in Slovenia, vedi Z. DIZDAR, “Prilog istraživanju problema Bleiburga i križnih putova (u povodu 60. obljetnice)”, in Senjski zbornik, 32, 2005, pp. 117-196. 22 Cfr. SIMONITI, Permanentna revolucija, totalitarizem, strah, cit., pp. 24-36;
40 Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 Il ruolo dell’Ozna fu determinante nella presa del potere vero e proprio anche in Istria, essendo l’Ozna investita del fondamentale compito di “ripu- lire” il territorio dai nemici del popolo, dai traditori e da qualsiasi ostacolo al nuovo potere popolare. In Istria e nella Venezia Giulia, l’Ozna fu perciò direttamente collegata alle violenze e alle repressioni che si manifestarono con l’arrivo delle formazioni partigiane a Trieste e nei centri istriani nel maggio 1945: incarcerazioni, invio nei campi di internamento, deportazio- ni, ma anche uccisioni e scomparse nelle foibe da parte di soldati italiani e tedeschi, di quadri intermedi del fascismo, guardie di finanza, guardie ci- viche, esponenti del CLN, partigiani italiani contrari all’egemonia del MPL e cittadini (sloveni, croati e italiani) considerati nemici di classe, contrari al comunismo23. Tale funzione repressiva era stata stabilita da precisi accordi tra l’Ozna e il IX corpo d’armata, che informavano con “direttiva riservatissima” il Co- mitato popolare regionale per l’Istria sulle rispettive funzioni nel momen- to della presa del potere da parte delle truppe jugoslave nei diversi centri istriani.24 Infatti, le modalità di entrata-occupazione nel territorio istriano si con- formavano alle istruzioni impartite dall’Ozna per la Croazia per gli altri territori croati25 ben prima della fine della guerra. La presa del potere fu perciò organizzata con precisione molto tempo prima della conclusione del- le operazioni militari sul territorio croato. Già nel dicembre 1944, l’Ozna per la Croazia aveva inviato ai suoi organismi locali nella zona di Zagabria, 23 Sul fenomeno delle foibe esiste una vasta bibliografia di provenienza italiana, ma anche croata e slovena, generalmente in contrapposizione tra loro, vedi per tutti G. VALDEVIT (cur.), Foibe, il peso del passato. Venezia Giulia 1943-1945, IRSML, Trieste, 1997; R. PUPO – R. SPAZZALI, Foibe, Mondadori, Milano, 2003; R. PUPO, Il lungo esodo. Istria: le persecuzioni, le foibe, l’esilio, Rizzoli storica, Milano, 2005; J. PIRJEVEC, Foibe, Einaudi, Torino, 2009; Elio APIH, Le foibe giuliane, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia, 2010; J. PIRJEVEC, N. TROHA, G. BAJC, D. DUKOVSKI, G. FRANZINETTI, Fojbe, Cankarjeva Založba, Ljubljana, 2012. 24 Hrvatski Državni Arhiv Pazin (=HDAP), fondo (=f.) Oblasni Narodni Odbor za Istru (=ONOI), b. 9, fasc. “Izvještaj o zadatcima ONO u oslobođenim krajevima”, vedi anche D. DUKOVSKI, Rat i mir istarski, CASH, Pola, s.a. (ma 2002), p. 149. 25 AA.VV., Partizanska i komunistička represija i zločini u Hrvatskoj, 1944.-1946., Zagreb, 2008, pp. 257-258, vedi la riservatissima del CPL regionale della regione di Zagabria al CPL circondariale di Zagabria dell’8 maggio 1945, “Zadatci upravnih odjela pri oslobađanju novik krajeva” (Compiti delle sezioni amministrative nella liberazione dei nuovi territori).
Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 41 una comunicazione con relative istruzioni e compiti spettanti all’Ozna e ai CPL durante le fasi di liberazione del territorio (”Compiti dei CPL durante la liberazione dei neoterritori”). Tali istruzioni stabilivano che ad entrare per primi nelle cittadine do- vevano essere i rappresentati dell’esercito, le truppe armate dell’Ozna (il KNOJ) e gli organismi dell’Ozna. Inizialmente, tutto il potere, in particola- re quello amministrativo, doveva essere concentrato nelle mani dell’Ozna, ai cui ordini dovevano sottostare pure gli organismi amministrativi dei CPL. Solo in seguito, dopo alcuni giorni, quando l’Ozna avrebbe ultimato il suo compito di “ripulire” il territorio dagli “elementi nemici”, il potere sarebbe passato ai CPL, i quali avrebbero provveduto ad organizzare la struttura politica e il potere popolare. Alla fine di aprile 1945, l’Ozna del- la regione zagabrese inviò nuove direttive, molto più dettagliate, ai suoi organismi inferiori. Venivano indicate le istituzioni che dovevano essere occupate dall’esercito, il sequestro di tutto l’inventario e l’archivio di tali istituzioni, ovvero degli stabilimenti industriali, delle banche e tutte le altre principali istituzioni cittadine.26 L’Ozna non si limitò all’arresto dei nemici del popolo, ma assieme ai rappresentanti della sezione amministrativa dei CPL, aveva il compito pro- cedere pure al sequestro di tutti i beni relativi a tali nemici del popolo. In- fatti, uno degli obiettivi del PCJ fu quello procurare i beni per la proprietà statale, quale base fondamentale dei cambiamenti rivoluzionari che avreb- bero portato alla creazione del nuovo stato comunista jugoslavo. E l’Ozna agì anche in questo senso. Ad esempio, già nel marzo 1945 l’Ozna stimò che a Fiume il 75% delle aziende e degli stabilimenti industriali sarebbero stati confiscati a favore dello stato, essendo in mano a “elementi fascisti” che si erano “sufficientemente” compromessi con il MPL. Tale modo di procedere nel controllo del territorio fu messo in pratica in tutte le zone liberate dai partigiani. Tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945 erano state liberati gran parte dei territori di quello che sarebbe diventato il futuro stato jugoslavo. Il fine della rivoluzione, cioè la presa del potere e la creazione di un nuovo ordine, cioè il potere popolare, giustificava qualsiasi azione di eliminazione dell’ordine precedente. Rancori e ritorsioni personali, Vedi la documentazione reperibile presso l’Archivio di Stato di Zagabria, relativa al 26 fondo dell’Ozna in Zdenko RADELIĆ, “Uloga OZNE u preuzimanju vlasti u Hrvatskoj 1945”, in AA.VV., 1945.- Razdjelnica hrvatske prošlosti…, cit., pp. 100-101.
42 Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 la decapitazione delle elite nei villaggi e nelle cittadine trovavano una moti- vazione rivoluzionaria e di liberazione nazionale. In questa dinamica della violenza, in cui l’alternativa a un regime totalitario era un regime analogo, molti innocenti persero la vita.27 I mesi più critici nei territori dell’Alto Adriatico, l’Istria, Fiume e il Litorale sloveno, furono maggio e giugno 1945, quando furono eseguiti numerosi abusi e crimini, arresti e deportazioni, confische e uccisioni da parte degli appartenenti all’Ozna e di quegli organismi del nuovo potere (l’apparato amministrativo dei Comitati popolari di liberazione, la milizia popolare) che avevano il compito di sottostare ai loro ordini.28 Gli arrestati venivano inviati nella sede centrale dell’Ozna, che nel mag- gio 1945 risulta essere a Pola29, e di tali arresti venivano informati sia le relative strutture militari, sia quelle amministrative (Comitato distrettuale CPL) che quelle politiche (sezione Agit-prop del PCC) locali. Nulla impedì che in quei giorni di grandi cambiamenti fossero arresta- te anche persone che non si erano compromesse con gli occupatori e che avevano mantenuto un comportamento leale nei confronti del movimento partigiano jugoslavo durante la guerra. Non avendo accuse specifiche da addebitare a quest’ultima categoria di arrestati, l’Ozna affidava al segre- tario politico del partito distrettuale la sorte di tali persone, che godeva anche dell’arbitrio di decidere il loro invio al lavoro coatto nella miniera ad Arsia.30 Nei primi momenti della presa del potere, in alcuni casi l’Ozna impostò una difficile collaborazione con i comitati di partito locali. Infatti, ci fu una parte degli organismi del potere regionale e locale (comitati di partito, CPL) più moderata, che richiamarono e biasimarono l’Ozna per l’estensione e la profondità della “pulizia” che stavano attuando, specie nelle cittadine 27 Sulla resa dei conti in Istria vedi, tra l’altro, O. MOSCARDA OBLAK, “Il Novecen- to”, cit., p. 565. 28 HDAP, f., Kotarski Narodni Odbor (KNO) Buie, b.1, Fascicolo dell’Ozna del distretto di Buie, contenente tra l’altro un elenco di nominativi di persone arrestate, un verbale di sequestro dei beni di un “fascista”, un verbale di un arrestato per contrabban- do, una richiesta del CPL di scarcerazione da un campo di lavoro forzato (giugno e luglio 1945). 29 HDAP, f. KNO Buie, b.1, Elenco degli incarcerati dall’Ozna nel distretto di Buie, 21 maggio 1945. 30 HDAP, f. KK KPH Labin, Comitato distrettuale PCC Albona, b.1, Ozna per l’Istria – Segretario del Com. distrett. Albona, Elenco di trasferimento di 9 arrestati, 5 giugno 1945.
Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 43 italiane, e soprattutto in un territorio “particolare”, percorso da lacerazioni nazionali, dove la lotta politica per la sua annessione era ancora tutta da giocare.31 Struttura e organizzazione dell’Ozna in Istria Con l’ordine n. 496 del Comando dell’XI corpus, l’8 agosto 1944 viene formato il 2° battaglione (istriano) della IV brigata dell’Ozna. Fino allo- ra, l’Ozna era stata attiva, con una brigata, in tutto il territorio istriano in cui era presente il movimento popolare di liberazione (MPL), eccetto nelle città. Nel nuovo battaglione dell’Ozna, confluirono le precedenti unità che operarono a livello di circondari di partito (Fiume, Pinguente, Pisino e Pola). Incaricato dal Settore operativo per l’Istria, Vinko Brnčić Frančikina ricevette il compito di formare il nuovo battaglione; a comandante fu posto Ivan Blažina, commissario politico Kazimir Jelovica, aiuto commissario politico Lino Verbanac, segretario Gioventù comunista Cesare Vlacich32. Già allora, notevoli difficoltà si incontravano nella reperibilità di quadri idonei per operare nella II sezione, che si occupava del servizio contro in- formativo, come di collaborazionismo, del controllo dei gruppi che avevano aderito al movimento di liberazione, ecc.33 Uno dei compiti di intelligence fu quello di raccogliere informazioni sui gruppi politici che erano rimasti estranei, ma anche di quelli che ave- vano aderito al MPL, tutti considerati “elementi nemici” o potenzialmente “nemici”, che si trovavano nelle cittadine istriane. Di conseguenza, l’Ozna regolò la sua organizzazione in base alla sua attività di informazioni e di controspionaggio.34 All’inizio del 1945, l’attività dell’Ozna in Istria fu molto ben sviluppata, comprendendo una rete di informatori e di collaboratori diramata in tutte 31 Hrvatski Državni Arhiv Zagreb (=HDAZ), Libro dei verbali del Comitato regionale PCC per l'Istria, verbale del 13 luglio 1945, e D. DUKOVSKI, op. cit., p. 149. 32 “Relazione del Com. Reg. PCC per l’Istria del 4 ottobre 1944”, in Pazinski memorijal, cit., p. 537 e Milan Klobas, Borbeni put Operativnog Štaba za Istru. Svjedočanstva generale Milana Klobasa, Histria Croatica CASH, Pula, 2010. 33 “Izvještaji Oblasnog komiteta KPH za Istru”, Relazione del Comitato regionale PCC del 27 settembre 1944, firmata dal segretario Mate Kršul, in Pazinski memorijal, 13, Pisino, 1984, p. 529. 34 W. KLINGER, op.cit., p. 32.
44 Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 le cittadine e i centri istriani, i quali fornivano, chi per convinzione, chi per delazione, ricatto o costrizione, dati sull’attività politica e militare dei “nemici” e non solo. L’Ozna era strutturata in tre centri informativi circondariali: Parenzo, Pola e città di Pola.35 La sede del centro dell’Ozna del circondario di Pola era composta da 4 membri, tutti membri del PCC, con centri operativi di- ramati in cinque località, che corrispondevano ai distretti di Rovigno, Pola, Prodol, Albona e Gimino. Nel distretto di Rovigno vi operavano due mem- bri dell’Ozna, di cui uno era membro del PC e l’altro era ancora a livello di candidato del PC; a questi si affiancavano 32 “fiduciari” (povjerenici); il distretto di Pola aveva quattro membri, tutti membri del PC e 31 “fidu- ciari”; nel distretto di Albona, l’Ozna poteva contare su 3 membri, di cui due erano membri del partito e uno a livello di candidato di partito, con 30 “fiduciari”; il distretto di Gimino contava sei membri, tutti nel partito, con ben 97 “fiduciari”. Complessivamente l’Ozna del circondario di Pola poteva disporre di 26 membri e di 273 “fiduciari”.36 L’Ufficio dell’Ozna per la Croazia era guidato dal generalmaggiore Ivan Krajačić “Stevo”, che dopo la guerra divenne anche ministro degli interni della Croazia. Il metodo di lavoro degli uffici succursali istriani, si basava sulle direttive impartite dalla centrale repubblicana, che consisteva nella compilazione di “relazioni sulla situazione politica” e di elenchi di persone, di gruppi, di partiti che non avevano partecipato all’MPL, che erano con- trari al movimento partigiano guidato da Tito, ma anche di tutti i rappre- sentanti del Terzo reich, delle forze militari tedesche e fasciste, di tutte le organizzazioni di partito, di quelle giovanili, come pure di tutte le istituzio- ni civili, militari e intellettuali. A febbraio 1945, la I sezione dell’Ozna per la Croazia informava la di- rezione dell’Ozna per la Croazia che già alla fine del 1944 aveva portato a termine tutti i compiti in vista della “liberazione” della Croazia, in partico- lar modo delle grandi città. Anche in Istria l’Ozna aveva preparato il “materiale” per tutte le cittadi- ne e i comuni, mentre risultava ancora incompleto per il territorio di Pola e D. MIKŠIĆ, op. cit., p. 485. 35 HDAZ, f. Okružni komitet (=OK) Komunistička Partija Hrvatske (=KPH) Pula, 36 fasc. I, Relazione politica dell’Ozna del circondario di Pola al Comitato circondariale PCC di Pola, 10 febbraio 1945.
Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 45 di Fiume, dove per l’Ozna, si trovava il centro della “reazione” dell’intero territorio istriano.37 Fu nel marzo 1945, in vista della fine della guerra e della presa del po- tere, che venne avviata la riorganizzazione dell’Ozna per l’Istria, con l’i- stituzione di un centro e di un apparato regionale, completamente indi- pendente dalle altre strutture del potere. Già a febbraio 1945 una circolare del Comitato circondariale del PCC di Pola, firmata dal segretario Vlado Juričić38, comunicava a tutti i comitati distrettuali di partito dell’arrivo in Istria del “compagno Petrović, dell’XI corpo d’armata jugoslavo, per orga- nizzare il servizio informativo militare sul territorio istriano”, motivo per cui ordinava a tutti i membri di trovare le persone “adeguate” per svolgere tali funzioni.39 37 Z. RADELIĆ, Uloga Ozne…, cit., p. 104. 38 Vladimir Juričić (Zagabria, 1922 - Rovigno, 2012), nato a Zagabria da genitori istriani (padre dell’Albonese, la madre di Medolino) emigrati nel Regno di Jugoslavia. A Zagabria entrò a far parte del Club degli studenti “Istra”, punto di riferimento per tutti gli emigrati istriani. La sua carriera politica iniziò allorchè entra nelle fila della Gioventù comunista prima della guerra; nel 1942 si arruolò nella I unità militare istriana, arrivando così sul suolo istriano. Nel marzo 1943 fu uno dei componenti del primo gruppo dirigente comunista a livello regionale, assieme e Josip Matas, Božo Kalčić, i fratelli Ante e Ljubo Drndić, che si costituì a Caroiba. Durante la guerra Vlado Juričić fu responsabile per il lavoro politico sul campo (commissario politico – politkomesar) nel distretto di Pisino e in seguito, fino alla fine della guerra, fu membro del Comitato circondariale del PCC di Pola. Nell’estate del 1945 entrò nel massimo organismo di partito a livello regionale, che nel maggio-giugno ‘46 lo cooptò nel CPL regionale per l’Istria. Ebbe l’incarico di accogliere la commissione interalleata per la delimitazione dei confini nella primavera del 1946. Nel settembre 1947, con il passaggio di Pola alla Jugoslavia, e con lo scioglimento del CPL regionale per l’Istria, il CC PCC gli assegnò la carica di segretario del Comitato cittadino del PCC di Pola. In seguito ricoprì la carica di segretario del Comitato cittadino del PCC di Fiume. Accanto alla carriera politica, ultimò gli studi ginnasiali e la facoltà di economia. Nel 1951 fu messo alla carica di direttore dell'azienda Borovo, dove rimase per 11 anni. Quindi ritornò a Zagabria come vicepresidente della Camera di commercio repubblicana. Dal 1963 al 1970 fu assistente, poi vice ministro dell’economia della Jugoslavia, e in seguito, per cinque anni, capo della missione jugoslava presso il Comecon a Mosca. Dal 1975 fino al pensionamento nel 1980 fu direttore del complesso fieristico di Zagabria. Per due mandati (8 anni) fu deputato al Sabor croato e all’Assemblea federale jugoslava. Vedi HDAZ, f. Oblasni komitet KPH za Istru, b.5, 1945, documento manoscritto (20 marzo 1945); Libro dei verbali del Comitato regionale del PCC per l’Istria, Verbali del 5 agosto 1945 e del 30 maggio 1946; nonchè “Rovinj se oprostio od Vlade Juričića”, in Glas Istre, 7 agosto 2012. 39 HDAZ, f. OK KPH Pula, fasc. I, Circolare del Comitato circondariale del PCC di
46 Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 Nella documentazione interna dell’Ozna si affermava che con l’istituzio- ne di un apparato indipendente, essa avrebbe dovuto essere seconda, o su- bordinata, soltanto al partito. I suoi organismi inferiori (comitati distrettuali e circondariali) ne furono istruiti a tempo debito soprattutto in relazione alla scelta dei nuovi quadri per l’apparato distrettuale e circondariale dell’Ozna istriana. Già a marzo 1945, dunque, si informavano i comitati distrettuali e circondariali del partito che con l’avvicinarsi della presa del potere, il ruolo dell’Ozna doveva cambiare, motivo per cui si rendeva necessario dirottare la concentrazione di “tutte le sue forze” dalla “lotta contro gli eserciti nemi- ci”, a quella contro la “reazione” interna al MPL e alle “sue diverse forme di sabotaggio”, con il fine di “assicurare la sicurezza interna del territorio”. Durante la guerra, nelle fila dell’Ozna erano stati inseriti “quadri ai quali era stata inflitta una punizione, o ai quali per altri motivi non poteva essere loro affidato alcun incarico; nel nuovo apparato dell’Ozna dovevano entrare i “comunisti migliori”, unica garanzia affinché l’Ozna diventasse la “mano destra del partito”. Allo stesso tempo, però, i dirigenti regionali raccoman- davano di non privare il partito di “tutti i migliori comunisti”, in modo tale da indebolire la struttura organizzativa locale del partito. Se durante la guerra i membri distrettuali dell’Ozna, i “commissari”, avevano avuto un incarico temporaneo, ora questo diventava permanente. Insomma, essere membro dell’Ozna diventava una professione. In ogni organizzazione locale dell’Ozna, doveva entrare un membro del comitato distrettuale del partito, che non doveva per forza essere il segre- tario del partito, visto che tale funzione poteva essere svolta anche da altri “validi” comunisti. I segretari del partito, però, avevano il compito di eleva- re, cioè istruire politicamente i quadri dell’Ozna e fornir loro qualsiasi altro tipo di aiuto, educandoli in modo tale da non frenare in loro l’iniziativa personale, dote invece ritenuta molto importante nell’attività dell’Ozna, ma anzi dovevano fare in modo di svilupparla. Concretamente, l’Ozna regionale ebbe il compito di trovare e inviare almeno due nuovi membri, provenienti dalle fila di tutti gli organismi di partito e dei CPL distrettuali e circondariali istriani, nel territorio inter- no della Croazia, precisamente nel Kordun, dove sarebbero stati istruiti e addestrati in vista della presa del potere in Istria, dove una volta rientrati, Pola a tutti i comitati distrettuali, 4 febbraio 1945.
Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 47 sarebbe stato loro assegnato l’incarico “a seconda delle capacità dimostrare nell’addestramento”.40 A livello circondariale e distrettuale, perciò, la riorganizzazione dei qua- dri inferiori dell’Ozna fu avviata nella primavera del 1945, ma nonostan- te a più riprese (febbraio e marzo 1945) i comitati di partito fossero stati avvertiti di essere molto accorti e prudenti nella scelta dei quadri, specie nelle cittadine abitate da popolazione italiana (Pola, Rovigno, Dignano)41, la scelta non soddisfaceva il massimo organismo del partito a livello regio- nale e il CC PCC, in quanto i nuovi quadri furono ritenuti “inaffidabili e incompetenti”42. La soluzione suggerita dalla dirigenza regionale del partito al Comitato Centrale croato fu perciò quella di inserire nelle strutture distrettuali e cir- condariali dell’Ozna alcuni membri fidati provenienti dalla fila del medesi- mo partito regionale.43 A livello regionale, l’Ozna per l’Istria risultò essere così composta: -- a capo della prima sezione, che si occupava di intelligence nel territo- rio occupato, si trovavano Pipo Miletić Plavi, Veljko Vučinić-Marković, Čedo Vuksanović44, tale Rodica, Marija - Dunja Radetić; -- la seconda sezione, che aveva compiti di controspionaggio nel territorio liberato (collaborazionismo, controllo di gruppi che avevano aderito al MPL, ecc.) era affidata a Makso Glažar (capo responsabile)45, Dušan Rapotec, Vilim Štefan, tali Đuro, Brajković e Dmitar; -- la terza sezione: nei documenti consultati non è stato rinvenuto alcun dato; 40 HDAZ, f. OK KPH Pula, fasc. II, Comunicazione di Makso Glažar, capo della II sezione dell’Ozna regionale e membro del Comitato regionale del partito, al Comitato circondariale PCC di Pola, 18 marzo 1945. 41 HDAZ, f. OK KPH Pula, fasc. I, Comunicazione del Comitato regionale PCC per l’Istria al Comitato circondariale PCC di Pola, 21 febbraio 1945. 42 Galiano LABINJAN, Dražen VLAHOV, “Izvještaji Oblasnog komiteta KPH za Istru 1944-1945”, in Pazinski memorijal, n.13, Pisino, 1984, Relazione del Com. Reg. PCC per l’Istria al CC PCC del 29 marzo 1945, p. 548. 43 Ibidem. 44 Montenegrino, studente di medicina, membro del PCC circondariale di Pola. 45 Nel 1948-1949 verrà condannato per cominformismo.
48 Orietta Moscarda Oblak, La presa del potere in Istria e in Jugoslavia, Quaderni, volume XXIV, 2013, pp.29-61 -- la quarta sezione, che raccoglieva dati statistici e tecnici, era affidata a tre uomini e una donna, i cui nomi non sono forniti dalla documentazio- ne consultata.46 Contemporaneamente, con la riorganizzazione dell’Ozna, il massimo organismo regionale del partito richiedeva che all’interno di tutte le orga- nizzazioni locali fosse avviata un’operazione di pulizia interna di tutti quei membri che avevano dimostrato titubanze, disattenzioni nello svolgimento dei propri compiti.47 Lotta contro i “traditori, gli spioni, e i provocatori”, la “reazione nemica”, i “banditi” e i nemici del popolo Parte dell’attività dell’Ozna precedente alla sua riorganizzazione interna, si esplicò nella raccolta di informazioni sulla forza e sulle mosse degli eser- citi nemici, come pure sul loro potenziale bellico. Nella relazione dell’Ozna circondariale di Pola, firmata dal responsabile Mijo Pikunić48, che ricopriva anche la carica di commissario politico del Comando militare territoriale di Pola, e inviata il 10 gennaio 1945 al Comitato circondariale del PCC di 46 Relazione del Com. Reg. PCC per l’Istria al CC PCC del 29 marzo 1945, cit., p. 548. 47 HDAZ, f. OK KPH Pula, fasc. I, Circolare del Comitato regionale PCC per l’Istria al Comitato circondariale PCC di Pola, 10 febbraio 1945, firmata da Dina Zlatić. 48 Mijo Pikunić, (Stignano-Pola, 1914 – Pola, 1976) – antifascista e comunista croato. Nel 1936 emigrò a Zagabria, dove venne in contatto con il movimento operaio e il PCC. Operò nella società degli immigrati istriani “Istra”, che raccoglieva i giovani di orientamento antifascista. Divenne membro del PCC nel 1940; dopo l’invasione della Jugoslavia, su ordine del PCC ebbe il compito, come molti altri emigrati istriani, di ritornare in Istria ad organizzare l’insurrezione. Lavorò presso il cantiere navale di Pola, dove operò illegalmente nel campo politico. Assieme a Mario Spiler nel 1942 fu arrestato dalla polizia mentre stavano viaggiando alla volta di Trieste, dove avrebbero dovuto incontrarsi con alcuni rappresentati del PCI per programmare un’azione comune contro il fascismo in Istria. Rilasciato nell’aprile 1944, si inserì nel MPL in Istria diventando segretario del Comitato circondariale del PCC di Albona, mentre nel giugno 1944 divenne commissario politico del Comando militare di Pisino e quindi di Pola. Nel dopoguerra ricoprì alte cariche nell’ambito degli Affari interni, e fu presidente e segretario del Distretto di Pola, mentre dal 1962 fino al pensionamento nel 1964, ricoprì la carica di direttore dell’“Elektroistra” di Pola, vedi S. ZLATIĆ, “Životni put i lik Mije Pikunića”, in Pazinski memorijal, 1979, 9 e H. BURŠIĆ, voce “Mijo Pikunić”, in Istarska enciklopedija, 2005.
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