La gestione dei rischi nel codice della protezione civile. Brevi note sul sistema italiano e francese - Sipotra

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ISSN 1826-3534

                8 GENNAIO 2020

La gestione dei rischi nel codice della
  protezione civile. Brevi note sul
     sistema italiano e francese

                  di Vincenzo Pepe
      Professore associato di Diritto pubblico comparato
      Università degli studi della Campania “L. Vanvitelli”
La gestione dei rischi nel codice della
protezione civile. Brevi note sul sistema italiano
                   e francese *
                                              di Vincenzo Pepe
                           Professore associato di Diritto pubblico comparato
                           Università degli studi della Campania “L. Vanvitelli”
Abstract [It]: In questo saggio viene analizzata la disciplina della protezione civile in Italia alla luce del recente
codice della protezione civile (D.lgs. 1/2018). L'analisi si sviluppa attraverso la comparazione tra il sistema francese
e quello italiano evidenziandone le differenze e le concordanze al fine di sviluppare un comune modello per una
società pronta ad affrontare i sempre più frequenti disastri ambientali.

Abstract [En]: In this essay the italian civil protection discipline is analyzed under the light of the recent Code of
civil protection (D.lgs. 1/2018). The examination is developed by comparing the French and Italian systems,
pointing out the differences and concordances with the aim of creating a common model for a society ready to
face the increasingly frequent environmental disasters

Sommario: 1. L’evoluzione della normativa italiana sulla protezione civile: i principi. 2. Il nuovo Codice della
protezione civile tra semplificazione e gestione della complessità globale. 3. La protezione civile come servizio
pubblico polifunzionale. 4. La gestione del rischio e le competenze territoriali: il ruolo dei Comuni. 5. La protezione
civile e la funzione del volontariato tra diritti e doveri di solidarietà. 6. Brevi note sulla protezione civile in Francia.
7. L’attualità del modello francese dei piani Orsec tra prevenzione e informazione. 8. La protezione civile e il rischio
terroristico: il sistema francese di attenzione permanente.

1. L’evoluzione della normativa italiana sulla protezione civile: i principi.
La nozione di protezione civile è abbastanza complessa ed articolata. Nella società del rischio1 il termine
protezione non sta ad indicare solo l'azione protettiva necessaria per fronteggiare eventuali calamità o
catastrofi, ma anche l'attività svolta a favore di qualcuno. Così come civile non indica solo i rapporti tra i
componenti di una comunità organizzata, ma anche ciò che può offrire testimonianza di civiltà.
L'evoluzione legislativa della protezione civile in Italia è piuttosto complessa tanto che negli ultimi anni la
normativa ha presentato non pochi aspetti di ambiguità e di incertezza. Il concetto di protezione civile
che in passato consisteva essenzialmente nell'azione di soccorso in favore delle popolazioni colpite da
calamità, negli ultimi anni ha subito una profonda evoluzione. Alla prima legge del Ministro dei Lavori
Pubblici, che nel 1926 regolamentava il tema del coordinamento “di protezione civile”, nel dopoguerra,
ed in particolare negli anni ’80, è seguita una attività normativa ad hoc che ha caratterizzato un particolare

*   Articolo sottoposto a referaggio.
1   S. PEPPOLONI, Convivere con i rischi naturali, Bologna, Il Mulino, 2014, pag. 21 ss.

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settore delle politiche pubbliche: quello della difesa e della protezione civile intese come previsione e
prevenzione delle emergenze e gestione del rischio ambientale2.
Il processo evolutivo della legislazione italiana in materia può essere ricostruito, anche ai fini di chiarezza
espositiva, in tre tappe fondamentali e che accompagnano un periodo di tempo di circa quaranta anni. La
prima vera tappa del processo di evoluzione della normativa di settore è iniziata con quella che è stata
definita la “prima grande sfida” per la protezione civile, ovvero affrontare il terremoto del Friuli del 1976.
Proprio in questi anni Giuseppe Zamberletti, considerato il padre della protezione civile italiana, metteva
a punto, per la prima volta, un sistema di assistenza alla popolazione e poi di ricostruzione, realizzato in
stretta collaborazione tra istituzioni nazionali, regionali e locali. La seconda fase può essere individuata nel
1982, anno di nascita del Dipartimento della Protezione civile, ovvero di quella entità istituzionale
deputata a diventare il pilastro delle attività di direzione e coordinamento nazionale nel settore. La terza
fase è costituita dal periodo che possiamo definire eroico e che inizia il 24 febbraio del 1992 quando viene
promulgata, dopo un periodo di gestazione durato anni, la legge che istituisce e regola il Servizio nazionale
della Protezione civile, una normativa che ha rappresentato il punto di riferimento per tutto il sistema italiano
per ben 26 anni.
Con la legge n. 225 del 1992 nasce una nuova cultura e coscienza di protezione civile, vista in funzione
della necessità di dare incisivo risalto alla previsione e prevenzione dei disastri naturali o connessi con
l'attività dell'uomo oltre ad una adeguata organizzazione dell'attività di soccorso. E' su queste linee che si
articola la normativa che organizza in Italia il Servizio Nazionale di protezione civile.
Con questa legge, all'attività di protezione civile viene conferito il compito di tutelare l'integrità della vita,
i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da
catastrofi e da altri eventi calamitosi naturali o provocati dall'uomo.
La gestione del territorio e la previsione e prevenzione delle emergenze può essere finalizzata alla
produzione economica, alla crescita sociale della comunità e anche alla qualità della vita. Da ciò si rileva
una stretta connessione nonché frequenti contrasti tra gli scopi sociali e quelli economici della legge stessa
che intende ricercare un equilibrio tra interessi contrapposti puntando sulla prevenzione del rischio e sulla
previsione delle emergenze. In tal senso, l'attività di previsione e prevenzione ambientale ha costituito il
fondamento non solo per una corretta gestione del territorio ma del nucleo essenziale della protezione
civile. In questa cornice la gestione delle catastrofi è stata caratterizzata da cinque fasi, ovvero la Previsione

2 Per una panoramica storica dei disastri naturali che hanno colpito il territorio italiano si veda E. D’ANGELIS, Italiani
con gli stivali. La protezione civile nella penisola dei grandi rischi, Morciano di Romagna, La biblioteca del cigno, 2009. D. F.
BIGNAMI, Protezione civile e riduzione del rischio disastri. Metodi e strumenti di governo della sicurezza territoriale e ambientale, Rimini,
Maggioli, 2010. P. CALZOLARI, Grandi eventi non più competenza della protezione civile, in Il Giornale della Protezione civile, 1
marzo 2012, in http://www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it/?idart=5265.

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e prevenzione, l’ Allarme, l’ Impatto, il Soccorso e la Ricostruzione. La nuova filosofia della protezione civile in
Italia si sviluppa in tre direzioni fondamentali: previsione-prevenzione, soccorso alle popolazioni
sinistrate, interventi per il ripristino delle attività socio-economiche3.
In questo quadro, la legge n. 225 del 1992, istituendo il Servizio nazionale di protezione civile - al fine di tutelare
l'integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da
calamità naturali, catastrofi e da altri eventi calamitosi - distingue, all'art. 2, la tipologia degli eventi ed
ambiti che per chiarezza definiamo: semplici, complessi e straordinari. Si possono definire eventi semplici
quegli eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che possono essere fronteggiati con gli strumenti
in dotazione alle singole Amministrazioni o Enti in via ordinaria; complessi, gli eventi che per la loro natura
o estensione comportano l'intervento coordinato di più Amministrazioni competenti in via ordinaria; per
straordinari sono da intendere le calamità naturali o catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione,
debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.
Secondo la legge 225 il Servizio nazionale di protezione civile è considerato un servizio pubblico essenziale,
anche dalla legge 12 giugno 1990, n. 146 che disciplina le norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei
servizi pubblici essenziali e la salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati.
La normativa quadro del 1992 ha conferito al Dipartimento della protezione civile, disciplinato della legge
n. 400 del 1988, ed ora anche dalla legge n. 401/2001, il compito di predisporre, in conformità ai criteri
determinati dal Consiglio nazionale della protezione civile, programmi nazionali per la previsione e
prevenzione delle varie ipotesi di rischio, i programmi di soccorso e di piani per l'attuazione delle
conseguenti misure di emergenza. Una tale struttura risponde a una logica di efficienza e moderna
organizzazione dell'apparato della Pubblica amministrazione nella quale accanto alle strutture di gestione,
che trovano la loro espressione tipica nei ministeri tradizionali, vanno assumendo crescente importanza
strutture di coordinamento e di controllo con carattere orizzontale.
Negli ultimi anni si è iniziato a modificare l'approccio nei confronti della cultura delle catastrofi. Prova
tangibile di questo nuovo modo di intendere la gestione preventiva delle emergenze è la necessità per le
PP.AA: e per i soggetti privati di affidarsi al «Disaster Management», volendo significare che la gestione

3 E su questi nuovi concetti che si articolavano i vari disegni di legge sull'istituzione del Servizio nazionale di protezione
civile. L’on. Balestracci presentò, il 2 luglio 1987, una proposta di legge, approvata dal Senato con varie modificazioni il
28 giugno 1990, e dalla Camera il 31 luglio 1990. Il Presidente della Repubblica, a norma dell'art. 74 della Costituzione,
con messaggio motivato, il 15 agosto 1990, rinviò la legge alle Camere per una nuova deliberazione, motivando che la
legge non avesse idonea copertura finanziaria e presentasse varie incongruenze costituzionali. Ai sensi dell'art. 136 del
Regolamento della Camera, la legge bocciata dal Presidente della Repubblica riprese il proprio iter alla Camera e al Senato
ove subì profonde modifiche e venne approvata, in via definitiva, nel gennaio 1992, per essere poi promulgata il 24
febbraio 1992, con il numero 225.

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delle catastrofi deve avere una propria pianificazione, in una prospettiva molto più ampia ed articolata
rispetto al mero soccorso4.
Ne consegue, in altri termini, che la gestione delle catastrofi dovrà essere sempre più caratterizzata da
una sequenza continua di azioni e comportamenti che vanno dalla prevenzione e previsione, al soccorso
e assistenza e che si concludono con la ricostruzione, ovvero, le iniziative necessarie e non più
dilazionabili volte a rimuovere gli ostacoli per la ripresa delle normali condizioni socio-economiche ed
ambientali dei territori coinvolti.

2. Il nuovo Codice della protezione civile tra semplificazione e gestione della complessità
globale.
L’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 1 del 2 gennaio 20185, conosciuto come nuovo Codice della
protezione civile6, interviene dopo 26 anni dalla storica legge n. 225 del 1992 e costituisce senza dubbio una
nuova fase del processo di evoluzione legislativa in materia di protezione civile: la quarta fase che posiamo
definire della nuova protezione civile.
Il legislatore italiano con la denominazione, secondo alcuni7 impegnativa, Codice della Protezione Civile ha
inteso riformare una disciplina ampia che interessa la governance delle emergenze ambientali,la gestione
del rischio nazionale e la definizione degli interventi di protezione civile attraverso i principi di previsione,
prevenzione e pianificazione delle emergenze8. Sul piano metodologico la bozza di decreto legislativo è
stato elaborato da un gruppo di redazione eterogeneo e composto in particolare da rappresentanti del
Dipartimento della Protezione Civile, delle Regioni, dei Comuni, dei Ministeri e dai rappresentanti del
Volontariato di protezione civile.

4 F. SANTOIANNI, Protezione civile disaster management. Emergenzae soccorso: pianificazione e gestione, Firenze, Accursio edizioni

di Noccioli, 2007.
5 E' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 Serie Generale di lunedì 22 gennaio 2018 il Decreto Legislativo n. 1

recante "Codice della Protezione Civile", ha sostituito la normativa italiana di Protezione Civile in esercizio dal 1992 ad
oggi ma che ha subito numerose e non coordinate modificazioni specialmente negli ultimi anni.
6 Il nuovo Codice è stato adottato sulla scorta della la legge 16 marzo 2017, n. 30, recante «Delega al Governo per il riordino

delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile» che ha delegato il Governo ad adottare, entro
nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi di ricognizione, riordino,
coordinamento, modifica e integrazione delle disposizioni legislative vigenti che disciplinano il Servizio nazionale della
protezione civile e le relative funzioni, in base ai principi di leale collaborazione e di sussidiarietà e nel rispetto dei principi
e delle norme della Costituzione e dell'ordinamento dell'Unione europea.
7Già alcuni hanno posto in evidenza i contenuti del nuovo codice della protezione civile, sul punto cfr. U.

ALLEGRETTI, Il Codice della Protezione Civile (d.lg. 2 gennaio 2018, n. 1), in Aedon, numero 1, 2018, reperibile su
http://www.aedon.mulino.it/archivio/2018/1/allegretti.htm, ultimo accesso, 24 giugno 2019.
8 La gestione dell'emergenza secondo il nuovo Codice - comprende il soccorso e l'assistenza delle popolazioni colpite e la

riduzione dell'impatto degli eventi; mentre il superamento dell'emergenza consiste nell'attuazione delle misure rivolte a
rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita e di lavoro (v. l'art. 2).

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Il Codice interviene in un ambito di legislazione concorrente (ovvero in una materia c.d. concorrente
indicata all’articolo 117 della Costituzione) il cui assetto delle competenze tra i diversi livelli di governo
territoriale era già regolato dalla legge 59/97 che assegnava allo Stato “i compiti di rilievo nazionale del
sistema di protezione civile” e dal d.lgs. 112/98.
La prima esigenza posta alla base del piano di riordino della normativa è rappresentata dalla necessità di
una semplificazione normativa. La volontà di riformare la normativa di protezione civile arriva quando
la legge 225/1992 ha già compiuto 25 anni ed è già stata modificata in modo intensivo e frammentato.
La proposta di riordino della normativa in materia di protezione civile è, infatti, frutto del lavoro di un
gruppo di lavoro eterogeneo e tale scelta ha influito sull’impianto collettivo del Codice, nato da un
“confronto aperto su criticità e punti di forza”9 della pregressa normativa in materia.
La seconda esigenza pratica su cui si fonda lo spirito della riforma va ricercata nella gestione della
complessità globale, nel senso che la protezione civile ha assunto un carattere multidisciplinare che
richiede una rivisitazione e un ammodernamento10 della disciplina nazionale.
Regolamentando le attività di previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi, ma anche di gestione delle
emergenze e loro superamento, il Codice ha l’obiettivo di garantire un intervento efficace e tempestivo a
tutela dell’interesse pubblico nazionale. Ecco perché l’elaborazione del nuovo Codice parte dalla necessità
di dare una risposta globale alle emergenze11, in termini di prevenzione, pianificazione ed informazione
del rischio che accompagna le attività umane e le catastrofi naturali.
In generale il Codice esplicita le tipologie di rischio di cui si occupa la protezione civile: sismico, vulcanico,
da maremoto, idraulico, idrogeologico, da fenomeni meteorologicamente avversi, da deficit idrico, da
incendi boschivi. Precisa inoltre i rischi su cui il Servizio nazionale può essere chiamato a cooperare:
chimico, nucleare, radiologico, tecnologico, industriale, da trasporti, ambientale, igienico-sanitario, da
rientro incontrollato di satelliti e detriti spaziali.
Nel merito e sul piano dei contenuti normativi il Decreto legislativo n. 17/2018 consta di 50 articoli12 e
disciplina la definizione e le finalità del Servizio nazionale della protezione civile (artt. 1-7) e le funzioni

9 Cfr. il dossier Il Codice di Protezione Civile: cosa cambia, reperibile sul sito http://www.protezionecivile.gov.it/servizio-
nazionale/storia/il-codice-di-protezione-civile-cosa-cambia, ultimo accesso 11 giugno 2019.
10U. ALLEGRETTI, Il Codice della Protezione Civile (d.lg. 2 gennaio 2018, n. 1), in op. cit.. Per un approfondimento si veda

U. ALLEGRETTI, Una rinnovata Protezione Civile, in Astrid Rassegna, 2017, 5; Id., The Italian Civil Protection System. Present
situation and prospects of reform, in Forum di Quaderni Costituzionali online, giugno 2017.
11 A. FIORITTO, L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, il Mulino, Bologna, 2008. F. GIGLIONI, voce

Amministrazione dell’emergenza, in Enc. dir., ann. VI., Giuffrè, Milano, 2013, pp. 44 - 46 e p. 58.
12 Il Codice è articolato in 7 “Capi”. In base al dato testuale il Capo I è dedicato alle Finalità, alle attività e alla composizione

del Servizio nazionale della protezione civile (Artt. 1 a 6); il Capo II è dedicato all’Organizzazione del Servizio nazionale della protezione
civile (Artt. 7 a 15); il Capo III all’ Attività per la previsione e prevenzione dei rischi (Artt. 16 a 22); il Capo IV alla Gestione delle
emergenze di rilievo nazionale (Artt. 23 a 30; il Capo V richiama la partecipazione dei cittadini e il volontariato organizzato di protezione

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del Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e di altri soggetti
istituzionali (artt. 8-12). Disposizioni specifiche sono dedicate al coordinamento degli interventi delle
componenti e delle strutture operative (elencate nell'art. 13), alla convocazione del Comitato operativo
nazionale della protezione civile (art. 14) e in merito all'adozione di direttive del Presidente del Consiglio
dei ministri (art. 15). Esso contiene la definizione delle attività di protezione civile dedicando una parte
alla organizzazione di un sistema di governo c.d. “policentrico”. Il testo prevede poi l’adozione di misure
di auto protezione e misure di promozione e sostegno delle organizzazioni di volontariato. Il Decreto
legislativo dedica poi una parte relativa alla revisione e alla valutazione periodica dei piani di emergenza
comunali, alla disciplina dello stato di emergenza e alla identificazione delle tipologie dei rischi.

3. La protezione civile come servizio pubblico polifunzionale
Secondo l’art. 1 del Codice - recante “Definizione e finalità del Servizio nazionale della protezione civile
(Articolo 1-bis, comma 1, legge 225/1992) - il Servizio nazionale della protezione civile, - definito di
pubblica utilità - è un “sistema” che esercita la funzione di protezione civile costituito dall'insieme delle
competenze e delle attività volte a tutelare la vita, l’integrità fisica, i beni, gli insediamenti, gli animali e
l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da eventi calamitosi di origine naturale o derivanti
dall’attività dell'uomo. Già nella definizione dell’art. 1 prevista dal Codice si individua un aspetto di
particolare novità e rilevanza; si chiarisce che il Servizio nazionale della protezione civile costituisce “l’insieme
delle competenze e delle attività” volte a tutelare anche gli animali.
In questo quadro il Servizio nazionale concorre al perseguimento delle finalità previste dalla normativa
dell'Unione europea in materia di protezione civile che opera attraverso il Meccanismo Europeo di Protezione
Civile13 utilizzato per rispondere tempestivamente ed in maniera efficace alle emergenze che si verificano
su un territorio interno o esterno all’Unione, attraverso la condivisione delle risorse di tutti gli Stati
membri14.

civile (Artt. 31 a 42); il Capo VI è rivolto alle misure e strumenti organizzativi e finanziari per la realizzazione delle attività di
protezione civile (Artt. 43 a 46); il Capo VII, l’ultimo, è dedicato alle norme transitorie, di coordinamento e finali (Artt. 47 a 50).

13 Fanno parte del Meccanismo Europeo di Protezione Civile i 28 Paesi membri dell’Unione Europea e i 3 Paesi
appartenenti      all’Area     Economica         Europea,     Norvegia,       Islanda      e        Liechtenstein.
A partire dal 31 gennaio 2012 con la ratifica del Memorandum of Understanding, la Ex Repubblica Yugoslava di
Macedonia (FYROM) è il 32° Stato partecipante al Meccanismo Europeo di Protezione Civile; cfr.
http://www.protezionecivile.gov.it/media-comunicazione/dossier/dettaglio//asset_publisher/default/,        ultimo
accesso 27 giugno 2019.
14 R. ARJEN BOIN, M. EKENGREN, M. RHINARD, The European Union as Crisis Manager. Patterns and Prospects,

Cambridge, Cambridge University Press, 2013.

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Nel nuovo codice viene accentuata la natura di servizio polifunzionale e sono richiamate le attività di
protezione civile, ovvero quelle volte alla 1) previsione degli scenari di rischio (non più probabili, ma
possibili; 2) prevenzione e mitigazione dei rischi; 3) gestione delle emergenze e al loro superamento anche
con strumenti amministrativi eccezionali.
I principali elementi di novità introdotti dal nuovo Codice vengono in rilievo in ordine alle attività di
protezione civile (Art. 2), ovvero:
a) la previsione; b) la prevenzione e mitigazione dei rischi; c) la gestione delle emergenze; d) il
      superamento delle emergenze.
Il Codice specifica, inoltre, le attività di prevenzione precisando le due tipologie, ovvero quelle
"strutturali" e "non strutturali".
Tra le attività di prevenzione nelle forme strutturali troviamo; a) la partecipazione alla elaborazione delle
linee di indirizzo nazionali e regionali; b) la partecipazione alla programmazione degli interventi di
mitigazione dei rischi; c) l’esecuzione di interventi strutturali di mitigazione del rischio in occasione di
eventi calamitosi; d) le azioni integrate svolte dal Dipartimento di Protezione civile.
La prevenzione non strutturale, invece, è composta da una serie di attività in cui spiccano l’allertamento e
la diffusione della conoscenza di protezione civile su scenari di rischio e norme di comportamento e
la pianificazione di protezione civile. Tra le attività di prevenzione non strutturali troviamo 1)
allertamento; 2) pianificazione; 3) formazione professionale; 4) applicazione normativa tecnica; 4)
diffusione della conoscenza (auto protezione); 5) informazione della popolazione; 6) promozione e
organizzazione di esercitazioni; 7) attività integrata internazionale; 8) raccordo con pianificazione
territoriale.
In ordine alle attività di prevenzione si tiene conto dell’evoluzione della materia nel tempo esplicitando
che l’ambito della prevenzione è sia strutturale sia non strutturale, anche in maniera integrata.
In materia di previsione, il Codice prevede innovazioni relative allo studio anche dinamico degli scenari
di rischio possibili. L’attività di previsione è propedeutica alle attività del sistema di allertamento e alla
pianificazione di protezione civile di quella che è stata già definita come società del rischio15.
Il potere di Ordinanza16 viene collocato nella mani del Presidente del Consiglio dei Ministri (Art. 5) il
quale può esercitarlo per il tramite del Capo Dipartimento della protezione civile17. Come è noto il potere

15 Sul termine di società del rischio e tutela dell’ambiente si veda i particolare R. FERRARA, Emergenza e protezione
dell’ambiente nella «società del rischio», in Foro amm. T.a.r., 2005, 4, p. 3361.
16 F.S. SEVERI, Le ordinanze della legge n. 225/92 sulla protezione civile, Giuffrè, Milano, 1996.
17 M. RICCI, Il potere di ordinanza nella gestione delle emergenze ambientali, in Rivista giuridica Ambientediritto.it, fascicolo

2/2019.

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di Ordinanza18 deve far fronte allo stato di emergenza, ovvero a quella situazione che la giurisprudenza
ha definito come “l’esercizio di un’amplissima potestà discrezionale, il cui limite sta nell’effettiva esistenza
di una situazione di fatto da cui derivi, o possa derivare, un pericolo all’integrità delle persone, o ai beni
o agli insediamenti e all’ambiente, oltre nella sua ragionevolezza e nell’impossibilità di poter altrimenti
fronteggiare la situazione”19.
Le nuove norme del codice sullo stato di emergenza sono state applicate conseguentemente al crollo del
viadotto Polcevera, detto “Ponte Morandi”. Come è noto tenuto conto delle informazioni acquisite
nell’ambito del Comitato Operativo della protezione civile convocato in data 14 agosto 2018 nonché
degli esiti degli approfondimenti e dei sopralluoghi speditivi effettuati dal Dipartimento della protezione
civile, il Consiglio dei Ministri, tenutosi in via di urgenza a Genova, in data 15 agosto 2018, ha deliberato,
ai sensi dell’articolo 24, comma 1 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n.1, lo stato di emergenza in
relazione agli eventi in argomento per la durata di 12 mesi20, prorogato per altri dodici mesi con
Deliberazione del Consiglio dei Ministri del 31 luglio 201921.
Nel rispetto dell’impianto normativo delineato dall’articolo 25 del decreto legislativo 2gennaio 2018, n.1,
è stata adottata la prima ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile22, nella quale sono
stati disposti i primi interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare i danni conseguenti
all’emergenza di cui trattasi ed è stato nominato il Presidente della Regione Liguria quale Commissario
Delegato per il superamento dell’emergenza. Nella medesima ordinanza sono state altresì previste le
misure immediate necessarie per garantire i primi soccorsi alla popolazione, tra cui disposizioni inerenti
il contributo di autonoma sistemazione in favore della popolazione evacuata.

18 Sulla natura delle ordinanze si veda le pronunce della Corte Costituzionale     nn. 8 del 1956 e 26 del 1961 che confermano
la natura amministrativa delle ordinanze; tuttavia, nella sentenza n. 4 del 4 gennaio 1977, sarebbe stata ammessa la
possibilità che le ordinanze potessero avere una “natura normativa”, sebbene non potessero essere considerate come
fonti del diritto; ci si è chiesti, però, in che cosa possa consistere la natura normativa delle ordinanze, se non nella
produzione di norma giuridiche (si v. G. MARAZZITA, Il conflitto tra autorità e regole: il caso del potere di ordinanza, in Rivista
AIC, 2010, 4, p. 33). Anche parte della dottrina continua ad attribuire alle ordinanze la natura di fonte del diritto (si v.
ad esempio A. ROMANO TASSONE, La normazione secondaria, in L. MAZZAROLLI, G. PERICU, A. ROMANO, F.A.
ROVERSI MONACO, F.G. SCOCA (a cura di), Diritto amministrativo, Bologna, Monduzzi editore, 2005, p. 61.
19 Cfr. Cons. Stato Sez. VI n. 654 del 28 gennaio 2011.
20 Sul punto si veda l’Audizione del Capo del Dipartimento della protezione civile del 9 ottobre 2018 in relazione al

crollo di un tratto del viadotto Polcevera dell’autostrada A10 nel comune di Genova ed all’evento alluvionale occorso
nel      bacino      del     Torrente       Raganello,      in    provincia        di    Cosenza,        reperibile        su      cfr.
https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento.
21 Sul punto cfr. Delibera Cdm del 31 luglio 2019 recante Proroga dello stato di emergenza a causa del crollo di un tratto del viadotto

Polcevera, noto come ponte Morandi, sulla A10, a Genova, avvenuto nella mattinata del 14 agosto 2018, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 183 del 31 luglio 2019. Ad oggi, infatti, gli interventi per il superamento del contesto di criticità sono tuttora
in corso e l'emergenza non può ritenersi conclusa. Per queste ragioni si è ritenuto di dover prorogare lo stato di
emergenza ricorrendo, nella fattispecie, i presupposti previsti dall'art. 24, comma 3, del citato decreto legislativo 2
gennaio 2018, n. 1, per la proroga dello stato di emergenza.
22 Cfr. Ordinanza n. 539 del 20 agosto 2018, elaborata in constante raccordo e d’intesa con la Regione Liguria.

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Altra particolare novità introdotta dal Codice è lo stato di mobilitazione che consente al sistema territoriale
di mobilitare le sue risorse e di chiedere il concorso delle risorse nazionali, anche prima della dichiarazione
dello stato di emergenza. Se l’evento si tramuta in calamità, si mette in moto la macchina emergenziale.
In caso contrario, con un atto unilaterale del Capo Dipartimento si possono riconoscere i costi sostenuti
da parte di chi si è preventivamente attivato. Il Codice ridefinisce la durata dello stato di emergenza di
rilievo nazionale, portandola a un massimo di 12 mesi, prorogabile di ulteriori 12 mesi.
La nuova normativa conferma il ruolo chiave della pianificazione e punta al superamento di una concezione
c.d. “compilativa” di Piano in favore di una visione evoluta, organica e partecipata, volta a rendere
questo strumento pienamente operativo.
Secondo le nuove direttive la Comunità scientifica partecipa al Servizio Nazionale sia attraverso attività
integrate, sia attraverso attività sperimentali propedeutiche. Il Codice, inoltre, codifica la funzione dei
Centri di Competenza, la cui specificità è realizzare prodotti che possano essere utilizzati in ambito di
protezione civile. I Centri di Competenza, da strumenti del Dipartimento diventano con il Codice
strumenti dell’intero Sistema.
In sintesi la finalità strategica ed istituzionale del nuovo Codice va ricercata nel rafforzamento
complessivo dell’azione del servizio nazionale di protezione civile in tutte le sue funzioni, con particolare
rilievo per le attività operative in emergenza. In questo quadro il decreto legislativo intende:
a) migliorare la definizione della catena di comando e di controllo in emergenza in funzione delle diverse
tipologie di emergenze;
b) definire le attività di pianificazione volte a individuare a livello territoriale gli ambiti ottimali che
garantiscano l’effettività delle funzioni di protezione civile;
c) stabilire la possibilità di svolgere le funzioni da parte dei comuni in forma aggregata e collegata al fondo
regionale di protezione civile;
d) migliorare la definizione delle funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nell’ambito del servizio
di protezione civile, quale componente fondamentale.
Tra le novità di maggior rilievo vi è inoltre: 1) l’introduzione del provvedimento della “mobilitazione
nazionale”, preliminare a quello della dichiarazione dello stato d’emergenza, 2) l’istituzione del fondo
regionale di protezione civile utile al potenziamento territoriale e al concorso alle emergenze di livello
regionale, 3) il coordinamento delle norme in materia di volontariato di protezione civile, anche in
raccordo con le recenti norme introdotte per il Terzo settore e con riferimento alla partecipazione del
volontariato alla pianificazione di protezione civile.
A nostro avviso il servizio di protezione civile costituisce senza dubbio un servizio pubblico
polifunzionale che presenta però una particolare rilevanza ambientale. Tutte le attività di protezione civile

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sono chiamate oggi a governare la complessità globale, il rischio e le emergenze ambientali, quelle
climatiche e quelle legate ad eventi eccezionali (naturali e antropici), che possono produrre direttamente
o indirettamente danni e conseguenze pericolose per la vita degli esseri viventi.

4. La gestione del rischio e le competenze territoriali: il ruolo dei Comuni
In questo contesto di governo policentrico, acquistano rinnovato spessore: a) gli ambiti territoriali
ottimali; b) la pianificazione multilivello.
Infatti, una novità importante della recente normativa è prevista all’Art. 3 dove formalizzata la possibilità
di articolare la funzione base di protezione civile a livello territoriale su “ambiti territoriali e organizzativi
ottimali”, individuati dalle Regioni nel rispetto dei principi di sussidiarietà ed adeguatezza.
Alle Regioni è stato attribuito il compito di definire con proprio provvedimento, in riferimento all’art. 18
del Codice (quello relativo alla pianificazione di emergenza), quali saranno gli “ambiti ottimali”.
L’articolazione di base dell’esercizio della funzione di protezione civile a livello territoriale è organizzata
nell’ambito della programmazione che, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e
adeguatezza, definisce gli ambiti territoriali e organizzativi attuali individuati dalle Regioni. Gli ambiti
territoriali e organizzativi, secondo le nuove norme, devono essere costituiti da uno o più comuni, allo
scopo di assicurare l’effettivo svolgimento delle attività di protezione civile. La gestione in ambiti
territoriali ha luogo in deroga ai vincoli di cui all’articolo 14, commi 27 e seguenti del dl 78/2010
convertito nella legge 122/2010 che prevede che i comuni con popolazione inferiore a cinque mila
abitanti esercitino in forma associata le funzioni fondamentali elencate nel comma 27 (tra cui figura
proprio la protezione civile). Secondo il D.lgs. 1/2018, artt. 3, 11 e 18, vi è la necessità di definire a cura
delle Regioni e delle Province autonome gli “ambiti territoriali e organizzativi ottimali” costituiti da uno
o più comuni o municipi (di cui art.3 lettera c -sindaci metropolitani) al fine di assicurare lo svolgimento
delle attività di protezione civile. Tali “ambiti” devono essere individuati nel piano regionale di protezione
civile, nel rispetto dei criteri generali fissati ai sensi da una direttiva del Presidente del Consiglio dei
Ministri. Tali criteri riguardano sia gli aspetti connessi alla definizione “geografica” dell’ambito sia quelli
necessari a consentire una governance efficace in tutte le attività di protezione civile, ed in particolare in
fase di pianificazione e di gestione delle emergenze. Ad oggi, nonostante i buoni propositi, le Regioni non
hanno ancora definito gli Ambiti territoriali ottimali, in quanto non è stata ancora pubblicata la versione

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definitiva23 della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri recante gli Indirizzi per la predisposizione
dei piani di protezione civile ai diversi livelli territoriali24.
Il nuovo Codice, all'art. 6, identifica le attribuzioni in capo alle autorità territoriali; ovvero i Presidenti di
Regione e i Sindaci. Le “autorità locali” sono tali in quanto “garantiscono l’unitarietà dell’ordinamento
esercitando, in relazione ai propri ambiti di governo, le funzioni di indirizzo politico in materia di
protezione civile”.
In generale entrambe le “autorità locali” - Presidenti di Regione e Sindaci - “esercitano le funzioni di
vigilanza sullo svolgimento integrato e coordinato delle medesime attività da parte delle strutture afferenti
alle rispettive amministrazioni”.
Grande importanza è attribuita alla pianificazione comunale. Come è previsto dal nuovo Codice il piano
comunale di protezione civile è redatto sulla base: a) di criteri approvati con direttive del Presidente del
Consiglio dei Ministri; b) di indirizzi emanati dalle regioni o dalle province autonome.
In questo quadro i piani comunali devono rispondere alle finalità di previsione e prevenzione ed essere
dotati di un contenuto minimo, ovvero delle seguenti indicazioni: Mappatura del territorio;
Identificazione          delle        tipologie        di       rischio    (idrogeologico,       industriale,       boschivo,
sismico,viabilistico,generico); Modalità di intervento; Aree di emergenza; Scenari di rischio; Strutture di
gestione dell’emergenza: centro coordinamento soccorsi (centrale), centro operativo misto (periferico),
centro operativo comunale; Catena di comando e organizzazione delle attività.
Una novità importante che conferma una prassi di fatto della precedente disciplina è il ruolo rilevante
della pianificazione multilivello. L’articolo 12, comma 6, prevede che quando l’evento non possa essere
fronteggiato con i mezzi a disposizione del Comune o di quanto previsto nell’ambito delle pianificazioni
di cui all’articolo 18, il Sindaco chiede l’intervento di altre forze e strutture operative regionali alla Regione
e nazionali al Prefetto25, che adotta i Provvedimenti di competenza.

23 Ad oggi è possibile consultare la Bozza (del 16.5.2019) di direttiva recante gli Indirizzi per la predisposizione dei piani di
protezione civile ai diversi livelli territoriali sul sito http://www.ancicampania.it/wp-content/uploads/2019/05/bozza-
direttiva-piani-territoriali.pdf.
24 Come è noto in attuazione dell’art. 18 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, recante “Codice della protezione

civile”, si stabilisce che “le modalità di organizzazione e svolgimento dell’attività di pianificazione di protezione civile e
del relativo monitoraggio, aggiornamento e valutazione”, siano disciplinate con direttiva da adottarsi ai sensi dell’articolo
15 al fine di ”garantire un quadro coordinato in tutto il territorio nazionale e l'integrazione tra i sistemi di protezione
civile dei diversi territori, nel rispetto dell'autonomia organizzativa delle Regioni e delle Province autonome di Trento e
di Bolzano”.
25 Sulla competenza del Prefetto si veda la sentenza della Corte Costituzionale n. 85/2012. In questa decisione è stabilito

che “è costituzionalmente illegittimo per contrasto con l’articolo 117, terzo comma, l’articolo 15, commi 1 e 2, della
legge della Regione Veneto n. 7 del 2011, nella parte in cui, nel sostituire l’articolo 16, comma 1, della legge della Regione
Veneto 27 novembre 1984, n. 58, e nell’introdurre nel medesimo articolo 16 il comma 1-bis,prevede che il Presidente
della Provincia sia autorità di protezione civile, respon-sabile dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello
provinciale nei casi di emergenza di protezione civile, per gli eventi di cui all’art. 2, comma 1, lettera b),della legge 24
febbraio 1992, n. 225. La norma, nel delineare la competenza del Presidente della Provincia in termini ampi e generali,

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Così come il Presidente della regione e il Sindaco metropolitano, il Sindaco è definito autorità territoriale
di Protezione civile e a lui conferita la funzione di vigilanza sullo svolgimento integrato e coordinato delle
attività da parte delle strutture afferente all’amministrazione.
Secondo alcuni una lacuna evidente del Codice è rappresentata dal fatto che viene omessa la menzione
dell'uso della tecnica della micro zonazione sismica che deve essere considerata come strumento di
prevenzione e che dovrebbe precedere la pianificazione perché è in grado di individuare a scala locale le
zone a più elevata pericolosità a causa delle condizioni geologiche e geotecniche. E ciò nonostante si tratti
di una tecnica, basilare per la pianificazione urbanistica e in vista dell'emergenza, ormai ben studiata e
sperimentata con successo in varie situazioni (terremoti del Friuli del 1976, dell'Umbria e Marche del
1997 ecc.)26.
Secondo l’art. 35 del Codice i Comuni possono promuovere la costituzione, con riferimento al proprio
ambito territoriale, di un gruppo comunale di protezione civile composto esclusivamente da cittadini che
scelgono di aderirvi volontariamente, quale ente del Terzo settore costituito in forma specifica, ai sensi
di quanto previsto dall'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117. La costituzione
del Gruppo comunale di volontariato di protezione civile è deliberata dal Consiglio comunale, sulla base
di uno schema-tipo approvato con apposita direttiva da adottarsi ai sensi dell'articolo 15, sentito il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali e acquisito il parere del Comitato di cui all'articolo 42 che
prevede, in particolare:
a) che il Comune, mediante i propri uffici, cura la gestione amministrativa del Gruppo comunale e ne è
responsabile;
b) che all'interno del Gruppo comunale è individuato, secondo i principi di democraticità, un coordinatore
operativo dei volontari, referente delle attività di quest'ultimi, e sono altresì individuate la durata e le
modalità di revoca del coordinatore.
Al fine di essere integrati nel Servizio nazionale, i Gruppi comunali si iscrivono negli elenchi territoriali
gestiti dalle Regioni e dalle Province autonome, ma possono, altresì, essere costituiti anche gruppi
intercomunali o provinciali.

tali da comprendere anche le attribuzioni riservate al Prefetto dalla normativa statale, contrasta con i prin-cipi
fondamentali in materia di protezione civile di cui alla legge n. 115 del 1992,in combinato disposto con l’art. 5, comma
1, del decreto-legge n. 343 del 2001.
26 Sul punto cfr. U. ALLEGRETTI nel suo contributo Il Codice della Protezione Civile (d.lg. 2 gennaio 2018, n. 1), in op. cit.

per un approfondimento T. CRESPELLANI, Microzonazione sismica: obiettivi e principi fondamentali, in J. FACCIORUSSO
(a cura di), Microzonazione sismica: uno strumento consolidato per la riduzione del rischio. L'esperienza della Regione Emilia-Romagna,
Bologna, Regione Emilia-Romagna, 2012, 13-23; S. AVERSA, T. CRESPELLANI, Seismic microzonation: an essential tool
for urban planning in seismic areas, in Upland. Journal of Urban Planning, Landscape and environmental Design, 2016, 121-152.

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5. La protezione civile e la funzione del volontariato tra diritti e doveri di solidarietà.
Il Codice della Protezione civile del 2018 introduce il principio della partecipazione dei cittadini finalizzata
alla maggiore consapevolezza dei rischi e alla crescita della resilienza delle comunità. Tale partecipazione
alla governance del rischio ambientale e alla protezione civile può realizzarsi in vari ambiti, dalla
formazione professionale, alla pianificazione di protezione civile e attraverso l’adesione al volontariato di
settore27.
Il servizio nazionale promuove, infatti, iniziative rivolte ad accrescere la resilienza delle comunità,
favorendo la partecipazione dei cittadini, singoli e associati, anche mediante formazioni di natura
professionale, alla pianificazione di protezione civile.
I cittadini possono concorrere allo svolgimento delle attività di protezione civile:
a) aderendo al volontariato organizzato;
b) agendo a titolo personale per l’esecuzione dei primi interventi immediati rivolti al proprio ambito
personale, familiare o di prossimità.
Ai sensi dell’art. 31 del Codice “il Servizio nazionale promuove iniziative volte ad accrescere la resilienza delle comunità,
favorendo la partecipazione dei cittadini, singoli e associati, anche mediante formazioni di natura professionale, alla
pianificazione di protezione civile come disciplinata dall'articolo 18, e la diffusione della conoscenza e della cultura di
protezione civile”.
Le componenti del Servizio nazionale, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, forniscono ai cittadini tutte
le informazioni sugli scenari di rischio e sull'organizzazione dei servizi di protezione civile del proprio
territorio, anche al fine di consentire loro di adottare misure di autoprotezione nelle situazioni di
emergenza (ex articolo 7, comma 1, lettere a), b) e c)) in occasione delle quali essi hanno il dovere di
ottemperare alle disposizioni impartite dalle autorità di protezione civile in coerenza con quanto previsto
negli strumenti di pianificazione.
Secondo la nuova normativa i cittadini possono concorrere allo svolgimento delle attività di protezione
civile, acquisite le conoscenze necessarie per poter operare in modo efficace, integrato e consapevole,
aderendo al volontariato organizzato operante nel settore, ovvero, in forma occasionale, ove possibile, in
caso di situazioni di emergenza, agendo a titolo personale e responsabilmente per l'esecuzione di primi
interventi immediati direttamente riferiti al proprio ambito personale, familiare o di prossimità, in
concorso e coordinandosi con l’attività delle citate organizzazioni.

27 Come fa notare U. ALLEGRETTI nel suo contributo Il Codice della Protezione Civile (d.lgs. 2 gennaio 2018, n. 1), in op.
cit. “L'art. 18.2 assicura la partecipazione dei cittadini, singoli o associati, all'elaborazione della pianificazione di protezione civile, e un
intero e fin troppo nutrito capitolo, il V, tra i più dettagliati della legge, è dedicato, oltre e più che alla partecipazione in genere (che pure
figura anch'essa nell'intitolazione), particolarmente alla disciplina del "volontariato organizzato", forma vistosa più di altre dell'aggregazione
dei cittadini nell'esercizio associato della partecipazione civica e celebratamente attiva in Italia almeno fin dall'alluvione di Firenze del 1966”.

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Il volontariato organizzato presta la propria opera, in occasione di situazioni di emergenza di protezione
civile, o nella loro imminenza, secondo quanto previsto nella pianificazione di protezione civile di
cui all'articolo 18 e su richiesta dell'autorità amministrativa di protezione civile competente. Il
coordinamento dell'intervento dei soggetti iscritti negli elenchi territoriali di cui all'articolo 34, comma
3, lettera a) in caso di emergenza e' assicurato dalla struttura di protezione civile della Regione o
Provincia autonoma di appartenenza. Il coordinamento dell'intervento dei soggetti iscritti nell'elenco
centrale di cui all'articolo 34, comma 3, lettera b), e' assicurato dal Dipartimento della protezione civile.
Ove volontari di protezione civile, al momento del verificarsi di un evento di cui al comma 1, si
trovino sul luogo e siano nell'assoluta impossibilità di avvisare le competenti pubbliche autorità,
possono prestare i primi interventi, fermo restando l'obbligo di dare immediata notizia dei fatti e
dell'intervento alle autorità di protezione civile cui spettano il coordinamento e la direzione degli
interventi di soccorso.
Con la circolare del 6 agosto 2018 il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio
dei Ministri ha previsto indicazioni in merito all'impiego del volontariato organizzato di protezione civile
(VOPC) per l'organizzazione e la realizzazione di manifestazioni pubbliche28. Le citate indicazioni,
muovendo dal disposto di cui all' art. 16 del Codice della protezione civile, chiariscono che l'impiego del
VOPC nell'ambito di eventi e manifestazioni pubbliche può essere previsto esclusivamente per lo
svolgimento di attività di natura organizzativa e di assistenza alla popolazione, non potendo, di contra,
tale impiego, in nessun caso, interferire con l'approntamento e l'attuazione dei servizi che attengono alla
tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
L’articolo 31 stabilisce che le Regioni e le Province autonome possono disciplinare ulteriori forme di
partecipazione dei cittadini in forma occasionale alle attività di soccorso non direttamente riferite al loro
ambito personale, familiare o di prossimità.
Il nuovo Codice chiarisce che l'Elenco nazionale del volontariato di protezione civile costituisce lo strumento
operativo mediante il quale viene assicurata la partecipazione del volontariato organizzato alle attività di
protezione civile, garantendone l'indirizzo unitario, nel rispetto delle peculiarità dei territori, grazie a
specifiche modalità di registrazione.

28 Si veda la Circolare del Ministero dell’Interno del 6 agosto 20l8 relativa ad alcune Precisazioni sull'attivazione e
l'impiego del volontariato di protezione civile nelle manifestazioni pubbliche reperibile sul sito
http://www.interno.gov.it/sites/default/files/documneto2.pdf. II documento è frutto di preventiva condivisione con
le rappresentanze delle Regioni e Province autonome, dell'ANCI, della Consulta nazionale delle organizzazioni di
volontariato di protezione civile e, per gli aspetti di competenza, con I' Amministrazione della pubblica sicurezza.

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Secondo l’art. 35 del Codice i Comuni possono promuovere la costituzione, con riferimento al proprio
ambito territoriale, di un gruppo comunale di protezione civile composto esclusivamente da cittadini che
scelgono di aderirvi volontariamente, quale ente del Terzo settore costituito in forma specifica, ai sensi
di quanto previsto dall'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117.
La costituzione del Gruppo comunale di volontariato di protezione civile è deliberata dal Consiglio comunale,
sulla base di uno schema-tipo approvato con apposita direttiva da adottarsi ai sensi dell'articolo 15, sentito
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e acquisito il parere del Comitato di cui all'articolo 42 che
prevede, in particolare: a) che il Comune, mediante i propri uffici, cura la gestione amministrativa del
Gruppo comunale e ne è responsabile; b) che all'interno del Gruppo comunale è individuato, secondo i
principi di democraticità, un coordinatore operativo dei volontari, referente delle attività di quest'ultimi,
e sono altresì individuate la durata e le modalità di revoca del coordinatore.
Al fine di essere integrati nel Servizio nazionale, i Gruppi comunali si iscrivono negli elenchi territoriali
gestiti dalle Regioni e dalle Province autonome. Il nuovo Codice prevede inoltre la possibilità di costituire,
in coerenza con quanto previsto dal presente articolo, gruppi intercomunali o provinciali.
Le attività del volontariato di protezione civile esprimono a pieno le dimensioni della solidarietà
individuate come le coordinate del diritto-dovere alla protezione civile e che qualificano la singolarità di
quello che ho inteso, in un precedente studio, come un diritto sociale complesso. Volendo sintetizzare
possiamo individuare nel volontariato organizzato quattro tipiche dimensioni della solidarietà, ovvero:
una solidarietà intergenerazionale, una solidarietà ambientale, una solidarietà sociale e una solidarietà
globale.
Il diritto alla protezione civile è un diritto di solidarietà intergenerazionale, ovvero una garanzia di tutela dei
diritti delle future generazioni. Non è un caso che le generazioni presenti devono prevenire il rischio di
calamità naturali e incidenti diversi che possano arrecare pregiudizio o danni alle generazioni successive.
Il diritto alla protezione civile deve essere considerato anche come un dovere di “solidarietà ambientale”.
Come si è detto l’art. 1 del Codice della protezione civile stabilisce che il Servizio nazionale della
protezione civile è un “sistema” costituito dall'insieme delle competenze e delle attività volte a tutelare
la vita, l’integrità fisica, i beni, gli insediamenti, gli animali e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni
derivanti da eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell'uomo.
Come si può ben vedere il rapporto tra protezione civile e ambiente costituisce una alleanza necessarie
per tutelare la vita e l’integrità fisica. La protezione civile, nell’epoca del diritto post moderno29 è senza

29Sul concetto di post-modernità nel diritto ambientale, vedi N. DE SADELEER, I principi ambientali tra diritto moderno e
post-moderno, in D. AMIRANTE, (a cura di), La forza normativa dei principi. Il contributo del diritto ambientale alla teoria generale,
Padova, 2006, 20.

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dubbio “solidarietà sociale” che trova una propria tutela penale nell'omissione di soccorso e nelle varie
sfaccettature della tutela penale dell'integrità della vita, dei beni e dell'ambiente. In questo quadro il diritto-
dovere alla protezione civile è espressione della solidarietà globale di “tutti” nei confronti del prossimo,
dell’ambiente in cui viviamo, dei beni, degli animali e di tutto il pianeta.
Al fine di sensibilizzare i giovani e allo scopo di promuovere e accrescere la resilienza delle comunità
attraverso l'adozione di comportamenti consapevoli e misure di autoprotezione da parte dei cittadini,
nonchè a favorire l'informazione alle popolazioni sugli scenari di rischio e le relative nuove norme di
comportamento, nonchè quelle inerenti la moderna pianificazione di protezione civile, in conformità a
quanto previsto dall'art. 2, comma 4, lettere e) ed f), del citato decreto legislativo n. 1/2018 - con la
Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1° aprile 2019, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. n.116 del 20 maggio 2019, è stata istituita la «Settimana nazionale della protezione civile», in
corrispondenza del 13 ottobre di ogni anno, data della Giornata internazionale per la riduzione dei disastri
naturali, dichiarata dall'Organizzazione delle Nazioni Unite. In occasione di tale settimana, il
Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, anche in coordinamento
con le componenti e strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile, promuove e realizza
idonee iniziative di informazione e comunicazione volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, ed in
particolare i giovani, sui temi della protezione civile e della resilienza, anche attraverso la diffusione di
iniziative finalizzate alla riduzione dei rischi e della conoscenza diretta delle capacità di intervento delle
diverse articolazioni del citato Servizio nazionale.
Ciò posto, nella seconda parte di questo lavoro si è inteso rispolverare le caratteristiche del modello
francese di protezione civile, ancora strutturato sulla legge del 2004, ma che ha saputo adeguarsi nel
corso del tempo alle esigenze di gestione delle nuove emergenze che hanno interessato la Francia, specie
a seguito della minaccia terroristica. Come si vedrà nel modello d’oltralpe la normativa sulla protezione
civile e quella sulla sicurezza civile nazionale ha conferito sempre più attenzione alla pianificazione
preventiva delle emergenze e alla informazione della popolazione attraverso dei dispositivi moderni di
attenzione e di vigilanza permanente ritenuti necessari a seguito degli attentati terroristici che hanno
colpito il territorio francese.

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