La gestione dei collaboratori nella Farmacia - Fabio Fantuzzi Consulente organizzativo ed esperto di apprendimento adulto
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La gestione dei collaboratori nella Farmacia Fabio Fantuzzi Consulente organizzativo ed esperto di apprendimento adulto
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Cosa è una farmacia • Innanzitutto, cosa è una farmacia? – Una azienda • Deve produrre utile • Deve confrontarsi con la concorrenza – Un negozio • Rapporto diretto quotidiano con i clienti • Vendita al pubblico – Un luogo di lavoro • Deve rispettare le normative • Deve gestire esigenze e situazioni personali – Un elemento del sistema sanitario • Fornisce prodotti e servizi a volte critici per la vita e la salute • Ruolo pubblico, a volte anche per prenotazioni SSN
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Quali sono gli obiettivi di una farmacia? • Ottenere un soddisfacente risultato economico • Soddisfare i clienti, fidelizzarli e acquisirne di nuovi • Adempiere in modo ottimale alla fornitura dei medicinali etici • Svolgere professionalmente la consulenza relativa agli OTC • Indirizzare convenientemente all’acquisto di prodotti come cosmetici, integratori alimentari, articoli per l’infanzia e altri extra farmaci
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Chi è il cliente e cosa cerca? CHI E’ IL CLIENTE • Anziani, persone che usano farmaci salva vita, cronici, neo-mamme, persone che hanno fretta, persone che pretendono di risolvere subito i sintomi per non compromettere impegni, persone che cercano prodotti naturali, ecc. • Ha un problema, spesso fastidioso e a volte ansiogeno • Vastissima diversificazione di esigenze • Paura, ansia, insicurezza, vergogna, dipendenza, ignoranza • Preoccupazione per la salute, ma anche per la spesa • Molto spesso, condizione psicologica negativa, debole, vulnerabile COSA CERCA • La soluzione di un problema, a volte grave o gravissimo • Il miglioramento della qualità della vita propria o di un congiunto • Rassicurazione • Consiglio • Aiuto
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Come si soddisfa il cliente? • Assenza di errori • Rispetto • Riservatezza • Comprensione • Competenza • Precisione • Disponibilità • Gentilezza • Cordialità
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Come si soddisfa il cliente? • Buon umore • Flessibilità • Empatia • Pazienza • Velocità di servizio • Attenzione e ascolto • Prendersi a cuore il problema • Trovare soluzioni alternative
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Come si soddisfa il cliente? FATTORI SPECIFICI • Etico: - Assenza di errori - Disponibilità immediata • OTC: - Consulenza para-medica -Rapporto costo-benefici in funzione delle specifiche esigenze e condizioni • Extra farmaci: - Qualità-prezzo, offerte, novità
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Chi sono i collaboratori? • Famigliari • Soci • Dipendenti • Lavoratori part-time • Lavoratori a contratto • Laureati • Diplomati
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Cosa si aspettano i collaboratori? • Rispetto • Fiducia • Riconoscimento professionale • Riconoscimento umano • Condizioni di lavoro • Prospettive di crescita professionale • Formazione e aggiornamento • Denaro
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Cosa si aspettano i collaboratori? • Buon clima • Armonia • Gentilezza • Responsabilità • Disponibilità per le loro esigenze... • ... ...ma tutto questo e altro ancora in modo personalizzato, per ognuno sono importanti aspetti diversi!
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Noi cosa ci aspettiamo dai collaboratori? • Serietà • Competenza in materia farmaceutica • Capacità di gestire il cliente • Onestà • Lealtà • Precisione • Affidabilità • Impegno • Disponibilità
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Noi cosa ci aspettiamo dai collaboratori? • Flessibilità • Immagine • Approccio e sensibilità commerciale • Collaborazione • Adesione allo stile aziendale • Propositività per innovare e migliorare • Capacità di problem solving • Inventiva • Contributo al gioco di squadra
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Cosa significa gestire i collaboratori? Favorire, creare e mantenere le condizioni grazie alle quali i collaboratori possono esprimere tutti i talenti e le capacità e sviluppare i potenziali, mettendoli al servizio degli obiettivi della farmacia, massimizzando in quantità e qualità il contributo dato alla generazione di valore per i clienti.
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Il successo della farmacia dipende anche dal loro contributo • Hanno “in mano” il contatto coi clienti • La percezione da parte dei clienti della qualità del loro lavoro viene estesa alla farmacia • Da loro dipende il fatto di avere clienti più o meno soddisfatti, quindi la fidelizzazione • Da loro dipende il livello “consulenziale” che può indirizzare gli acquisti • Da loro dipendono i nostri conti • Da loro dipende la qualità della nostra vita quotidiana
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Il loro contributo dipende anche da noi • Il rapporto non è alla pari, noi abbiamo una maggiore responsabilità • Gli aspetti organizzativi e il nostro comportamento condizionano, nel bene e nel male, il loro rendimento • Tutte le persone hanno potenziali e capacità che mettono in campo solo se sussistono certe condizioni • A noi spetta una parte decisiva nella creazione di quelle condizioni • L’aspetto principale della gestione è quello “motivazionale”
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? “Gestire” collaboratori è un’ottima occasione per migliorarsi • Può capitare che la cosa non ci entusiasmi e neppure ci piaccia • Ma gestire altre persone è una occasione preziosa per conoscerci meglio • Confrontandosi con altre individualità in un rapporto “ruolizzato” ci richiede di metterci in gioco • Abbiamo una straordinaria occasione per migliorare nostre capacità e allo stesso tempo ottenere risultati per l’azienda-farmacia • E’ una occasione per crescere sia professionalmente che personalmente
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo? Riepilogo COSA • Cosa è una farmacia • Quali sono gli obiettivi della farmacia? • Chi è il cliente e cosa cerca? • Come si soddisfa il cliente? • Chi sono i collaboratori? • Cosa si aspettano i collaboratori? • Cosa ci aspettiamo dai collaboratori? • Cosa significa “gestire i collaboratori”? PERCHE’ •Il successo della farmacia dipende anche dal loro contributo •Il loro contributo dipende anche da noi •“gestire” collaboratori è una ottima occasione per migliorarci
2. I singoli e il team I bisogni dell’individuo Cosa è una farmacia • Parlando di individuo ci riferiamo in realtà al suo comportamento • Il comportamento consiste nell’insieme di azioni fatte e atteggiamenti assunti • All’origine di azioni e atteggiamenti c’è la volontà e la motivazione • Le motivazioni dell’individuo fanno sempre riferimento a qualcosa ccui possiamo riferirci globalmente con il termine di “bisogni” • Sebbene ormai datata, mantiene ancora interesse la “piramide dei bisogni di Maslow” che presentiamo nella pagina che segue
2. I singoli e il team I bisogni dell’individuo
2. I singoli e il team Ogni persona è diversa • Diverse origini • Diversi canali di comunicazione • Diverse modalità di apprendimento • Diversi talenti • Diverse esigenze • Diverse età e condizioni biografiche • Diverse provenienze famigliari, geografiche, culturali • Diversi valori e credenze
2. I singoli e il team Aspetti psicologici e comportamentali • Ogni individuo è portatore di alcune caratteristiche o tratti che, sebbene non siano scolpite nella pietra, normalmente tendono a caratterizzarne il comportamento • Temperamenti • Enneagramma • Ottimista-pessimista • Estroversso-introverso • ...
2. I singoli e il team Struttura del cervello corticale limbico retti le
2. I singoli e il team Le porte d’entrata • Ecco un utile modello basato su recenti scoperte scientifiche relative al funzionamento del cervello • Emisfero destro e sinistro • Area corticale e limbica • Le porte d’entrata possibili sono 4 e sono il canale prevalente con cui un individuo si rapporta con il mondo, e attraverso il quale si può comunicare con esso • Ogni persona può avere una o più porte d’entrata • Solitamente ve ne è comunque una prevalente • Alla porta d’entrata prevalente sono legate importanti caratteristiche sul piano dei bisogni, dei fattori motivanti e delle modalità comunicative
2. I singoli e il team Le porte d’entrata CORTICALE SINISTRO La motivazione: La conoscenza per essere più efficiente La realizzazione: i numeri i fatti oggettivi, precisi. Considera le cose senza pregiudizi. Resiste alla pressione Cerca i dati precisi e i fatti Lavora rapidamente. Diretto Ama la performance (essere il n°1). Quantifica. Apprezza i numeri.
2. I singoli e il team Le porte d’entrata CORTICALE DESTRO La motivazione: Il cambiamento funzionale all’evoluzione La realizzazione: l’approccio ludico, la novità Ha sempre delle soluzioni e delle idee, manda avanti le cose e va all’essenziale. Sintetizza. Anticipa. Ama innovare, l’imprevisto e il divertimento. Improvvisa senza complessi. Non apprezza la routine.
2. I singoli e il team Le porte d’entrata LIMBICO SINISTRO La motivazione: La sicurezza del lavoro ben fatto La realizzazione: l’esperienza, le norme e la qualità Affidabile e fedele, lavora sulla durata e con costanza. Conosce bene il suo campo. Privilegia le regole o le procedure. Preciso. Ordinato.
2. I singoli e il team Le porte d’entrata LIMBICO DESTRO La motivazione: essere riconosciuto ed amato La realizzazione: servire gli altri, armonizzare, comunicare Umanizza ed armonizza. Non arriva al conflitto. Individua facilmente i problemi delle persone. Si coinvolge. Cerca il consenso. Apprezza le relazioni interpersonali. Bisogno di contatto.
2. I singoli e il team L’importanza del team e le sue dinamiche • Ma le caratteristiche individuali, seppur importantissime, non sono tutto • Per la qualità del servizio ricevuto dai clienti e il successo della farmacia il fatto che chi ci lavora “faccia squadra” è molto importante • Fare squadra significa fare in modo che l’insieme abbia una forza superiore alla somma delle parti • Dall’altro lato, se vi sono problemi all’interno della squadra, la sua forza può abbassarsi molto sotto al livello della somma delle parti
2. I singoli e il team L’importanza del team e le sue dinamiche • All’interno del team solitamente si osservano dei ruoli, in particolare può esserci un leader carismatico • Un buon team valorizza e sfrutta la diversità dei tratti individuali, in uno non buono questa diventa fonte di conflitti • In un buon team ognuno è disposto ad aiutare l’altro e a coprire le sue eventuali carenza • In un buon team per ognuno è un piacere dare spazio alle capacità dei colleghi e valorizzarle • In un buon team in caso di successo si condivide il merito e la soddisfazione, in caso di difficoltà si manifestano solidarietà e concreti comportamenti di impegno
2. I singoli e il team L’importanza del team e le sue dinamiche • Occorre osservare le dinamiche di squadra in corso per verificare se non ve ne siano di negative che pregiudicano la qualità dei servizi in carico al team • Se tali elementi esistono, bisogna intervenire.
2. I singoli e il team L’importanza del team e le sue dinamiche • Le cause di problemi di un gruppo possono essere interne ma anche esterne • Fattori esterni negativi posso essere: - Mancanza di trasparenza e equità nel trattamento dei singoli - In particolare, differenze tra membri della famiglia e altri - Condizioni organizzative - Condizioni di lavoro spiacevoli - Eccessivo stress • I fattori interni possono essere legati a problemi tra singoli che possono anche far nascere fazioni • E’ chiaro che nel primo caso sta nel capo porre rimedio alle sue mancanze • Ma anche nel secondo è bene che il capo intervenga con l’obiettivo prima di capire bene come stanno le cose e poi di prendere i provvedimenti del caso • Per fare ciò è normalmente preferibile fare colloqui individuali -> vedi gestione dei conflitti
2. I singoli e il team Riepilogo • I bisogni dell’individuo • Ogni persona è diversa • Aspetti psicologici e comportamentali • Struttura del cervello • Le porte d’entrata • L’importanza del team e le sue dinamiche
3. Essere un buon leader Cosa è un leader • Manager o leader? • Le persone sono il fattore che può maggiormente differenziare • Il leader ha compreso che è la gestione dei collaboratori l’attività maggiormente generatrice di valore • L’eccellenza nasce dalle persone • Una buona leadership esalta le dinamiche di squadra • Il leader ha in primo piano la valorizzazione delle capacità, dei talenti e delle potenzialità dei suoi • Il leader ama lo sviluppo dei suoi collaboratori • Il leader sa concedere responsabilità e spazi di iniziativa • Il leader sa toccare individualmente le corde motivazionali delle singole persone • Il leader naturalmente fa tutto ciò senza trascurare il presidio delle altre funzioni di management
3. Essere un buon leader La leadership sta nei rapporti 1 a 1 • Il leader non necessariamente è il personaggio carismatico e il grande comunicatore in pubblico • Al leader interessa capire le particolarità del collaboratore e individualizzare l’approccio • Il leader conquista la fiducia personale del collaboratore • Il leader mira ad essere riconosciuto autorevole, più che a esercitare autorità
3. Essere un buon leader Non esiste il leader ideale • Alcune ricerche condotte con metodo scientifico hanno dimostrato che non esistono caratteristiche ‘tipiche’ del leader • Possono esserci tanti ‘stili di leadership’ • La leadership può derivare da tratti e punti di forza molto diversi
3. Essere un buon leader Tutti possono migliorare le proprie qualità di leadership • Prima di tutto occorre saper gestire se stessi • Capacità di attenzione e di concentrazione • Dare l’esempio con il proprio comportamento • Essere tesi all’auto miglioramento e capaci di cambiare
3. Essere un buon leader Gli stili di leadership secondo Blanchard
3. Essere un buon leader Gli stili di leadership secondo Blanchard LIVELLO DI MATURITA’ STILE ADEGUATO M1 BASSA MATURITA’ S1 DIRETTIVO non competente;non pronto ad Alta guida e basso sostegno assumersi responsabilità M2 MATURITA’ MEDIO-BASSA S2 PERSUASIVO (COACHING) non competente; disponibile ad Alta guida e alto sostegno assumersi responsabilità M3 MATURITA’ MEDIO-ALTA S3 PARTECIPATIVO (SUPPORTO) competente ma riluttante o Bassa guida e alto sostegno insicuro M4 ALTA MATURITA’ S4 DELEGANTE capace e competente, bassa guida e basso sostegno disponibile, sicuro di sè
3. Essere un buon leader Stile direttivo • La fonte del nostro “potere” sugli altri, della nostra capacità di influenzarli e’ l’autorità, il potere formale che abbiamo in quanto proprietari o dirigenti • L’autorità è dunque un potere impersonale, che ci deriva non dalle nostre caratteristiche personali, ma dal fatto di occupare una certa posizione. Capacità di attenzione e di concentrazione
3. Essere un buon leader Stile direttivo • Chi dirige, prescrive, assegna unilateralmente incarichi,obiettivi • Le decisioni sono prese unicamente dal leader • Diagnosi, soluzioni, valutazioni sono di competenza esclusiva del leader • L’operato del leader non viene messo in discussione, è scontato fare quello che dice lui • La comunicazione è a una via e controllata dal leader • La relazione tra leader-collaboratore tende a essere distaccata, impersonale • Il leader si occupa del lavoro, non delle persone, e’ attento ai risultati, non al “clima”
3. Essere un buon leader Stile persuasivo • La fonte del “potere” sugli altri sono le competenze personali del leader. • La sua capacità di influenzare gli altri nasce dal possesso di specifiche competenze riconosciute, ammirate dai suoi collaboratori.
3. Essere un buon leader Stile persuasivo • Il leader e’ percepito come un punto di riferimento, a lui si ricorre costantemente • Il leader tende a valutare, considerando se stesso come uno standard • E’ il leader ad avere le idee migliori, a trovare le soluzioni vincenti, a capire prima degli altri le criticità • La comunicazione è prevalentemente a una via • Il leader si occupa di tutto e di tutti, tende a svolgere il lavoro operativo • Nei confronti del leader si sviluppa un legame emotivo forte di fascinazione, stima, dipendenza, emulazione
3. Essere un buon leader Stile partecipativo • Il “potere” sugli altri e l’influenza si fondano sull’autonomia e la responsabilizzazione dei collaboratori e sulla professionalità. • Questo stile di leadership nasce dal riconoscimento reciproco di competenze tecniche e caratteristiche comportamentali.
3. Essere un buon leader Stile partecipativo • Il leader responsabilizza, da’ ampia autonomia gestionale, gestisce per obiettivi • L’operato di tutti, anche del leader , deve ispirarsi a criteri di competenza, efficacia, rispetto a cui si fissano standard e obiettivi • Lo scambio comunicativo e’ a due vie • La relazione tra il leader e il collaboratore si basa sull’apprendimento reciproco, sul rispetto, sulla fiducia • Il leader valorizza le competenze professionali e le caratteristiche comportamentali , favorisce la crescita professionale e lo sviluppo dei collaboratori • Il leader e’ fortemente orientato a creare un team, una squadra di lavoro affiatata e motivata
3. Essere un buon leader Stile delegante • Il “potere” sugli altri e l’influenza si basano sulla totale autonomia dei collaboratori, sulla loro capacità di assumersi le responsabilità e di auto motivarsi • La capacità di influenzare gli altri nasce dal possesso di caratteristiche personali riconosciute e ammirate dai collaboratori: - un personalità vincente - etica e valori fermi - talento e professionalità - energia
3. Essere un buon leader Stile delegante • Il leader e il collaboratore condividono gli obiettivi, gli incarichi e i tempi • Le decisioni sono prese per consenso • Il leader responsabilizza e da totale autonomia gestionale • Lo scambio comunicativo è a due vie • La relazione tra il leader ed il collaboratore si basa sul reciproco confronto, sul rispetto, sulla fiducia, sul riconoscimento delle rispettive competenze
3. Essere un buon leader La leadership situazionale e le qualità di leadership • Possiamo riconoscerci più o meno affini ad uno degli stili di leadership • In realtà in ognuno ci sono aspetti positivi e aspetti negativi • Meglio di tutto è allora sviluppare le qualità base della leadership e saperle applicare in base alle specificità delle diverse situazioni
3. Essere un buon leader La leadership situazionale e le qualità di leadership ISPIRARE FARE COACHING Attenzione alla persona Attenzione ai processi FARE INTERVENTI GUIDARE E’ attivo il leader E’ attivo il collaboratore
3. Essere un buon leader La leadership situazionale e le qualità di leadership GUIDARE Aiutare i collaboratori a esprimere il loro impegno e dirigerlo verso gli obiettivi aziendali • Attenzione al concreto processo di lavoro • Creare disciplina • Dare un quadro chiaro di obiettivi e priorità • Dare incarichi tagliati sui talenti delle persone • Avere sempre il punto di riferimento del cliente
3. Essere un buon leader La leadership situazionale e le qualità di leadership FARE COACHING Supportare lo sviluppo dei collaboratori per far loro acquisire nuove capacità. • Aiutare il collaboratore nel suo cammino di sviluppo personale, quindi deve mettersi al servizio di esso • Esercitare l’ascolto attivo • Stimolare la riflessione • Avere una comunicazione aperta
3. Essere un buon leader La leadership situazionale e le qualità di leadership ISPIRARE Il leader deve comunicare la sua visione del futuro e riuscire a coinvolgere ed entusiasmare i collaboratori. Da questa capacità dipende molto la motivazione, il senso di appartenenza e l’adesione alle sfide che l’azienda decide di affrontare • Chiedere feedback • Idee guida • Identità e valori • L’azienda esiste per soddisfare i bisogni dei clienti • Obiettivi sfidanti ma raggiungibili
3. Essere un buon leader La leadership situazionale e le qualità di leadership FARE INTERVENTI Il leader deve prendere a volte decisioni per modificare i normali processi aziendali. In particolare quando si tratta di interventi con ricadute sul personale, dove si sovrappongono fattori di natura relazionale o psicologica, spesso il leader incontra difficoltà, specialmente quando si tratta di dare feedback alle persone, positivi ma anche e soprattutto quelli negativi. • Saper dire di NO • Mettere paletti • Confrontarsi • Mantenere la posizione • Gestire il conflitto • Distinguere gli ambiti • Oggettivare riferendosi a fatti e non a impressioni
3. Essere un buon leader Come motivare Fermo restando che le leve motivazionali hanno carattere molto individuale, è possibile indicare alcuni dei principali fattori motivazionali che esistono nella farmacia: • Il rapporto diretto coi clienti • Il clima di lavoro • Il senso di appartenenza al gruppo • L’aiuto alla crescita professionale • Spazi di autonomia e di delega • La reputazione della farmacia • La gestione per obiettivi (SMART) • Il rapporto con titolare e colleghi • L’esempio del titolare • Inquadramento e remunerazione • Gli incentivi monetari e non • L’orientamento “etico” della farmacia
3. Essere un buon leader Riepilogo • Cosa è un leader • La leadership sta nei rapporti 1 a 1 • Non esiste il leader ideale • Tutti possono migliorare le proprie qualità di leadership • Gli stili di leadership secondo Blanchard • Direttivo • Persuasivo • Partecipativo • Delegante • La leadership situazionale e le qualità di leadership • Come motivare
4. Gli strumenti per la gestione Selezione • Definire il profilo cercato non solo in base al titolo di studio e alle competenze, ma anche rispetto all’insieme delle capacità richieste dal ruolo • Raccogliere e confrontare diverse candidature, confrontarle con il profilo ideale, selezionare una rosa ristretta di candidati da incontrare di persona • Valutare con equilibrio la combinazione dei fattori: esperienza, titoli, motivazione per il ruolo offerto, potenziale, aspetti della personalità e relazionali • Evitare di prendere decisioni affrettate, dettate da stati d’animo e da simpatia/antipatia personali • Cercare di indagare soprattutto gli aspetti motivazionali • Fornire un quadro realistico, onesto e esaustivo della prospettiva professionale che si sta offrendo • Affrontare questa fase con tutte le attenzioni e le cure che possono contribuire alla nascita di un rapporto di fiducia reciproca
4. Gli strumenti per la gestione Contratti di lavoro, inquadramento, remunerazione • Valutare con attenzione quale forma prevista dalla legislazione vigente meglio si adatta ad una equa regolamentazione del rapporto di lavoro: - tempo indeterminato o determinato - tempo pieno o parziale - apprendistato - collaborazione a progetto • Soprattutto nel caso di diversi collaboratori, gestire con equità e corrispondenza alle effettive caratteristiche professionali la qualifica e l’inquadramento • Allo stesso modo affrontare le questioni relative alla remunerazione • Errori, superficialità o mancanza di equità rispetto a queste tematiche che costituiscono uno dei fondamenti del rapporto con i collaboratori possono generare e alimentare frustrazione, disagio, demotivazione, scarso impegno, scarsa flessibilità, perdita di fiducia
4. Gli strumenti per la gestione Ferie, permessi, malattie, recuperi • La farmacia ha le sue esigenze, e così pure il collaboratore • La farmacia può avere bisogno di un impegno straordinario in occasione di picchi di lavoro, di assenze per malattia, ecc. • A sua volta il collaboratore può avere bisogno di assentarsi per necessità famigliari, di salute, ecc. • E’ da perseguire una situazione caratterizzata da reciproca disponibilità • In una logica di rispetto e riconoscimento dei reciproci bisogni, e allo stesso tempo di ‘do ut des’, il ‘venirsi incontro’ è la modalità che meglio contribuisce ad un rapporto di collaborazione di reciproca soddisfazione
4. Gli strumenti per la gestione Ferie, permessi, malattie, recuperi • E’ bene che ci siano principi chiari ed esplicitati, e che il trattamento delle diverse persone sia il più possibile omogeneo • Laddove non lo è per giustificati motivi, si consiglia di comunicare con trasparenza questi motivi • La flessibilità è una qualità sempre più richiesta nella vita odierna, quindi anche in farmacia va opportunamente praticata • Allo stesso tempo è bene non calare la guardia rispetto a possibili abusi e scorrettezze che possono verificarsi da parte dei collaboratori
4. Gli strumenti per la gestione Gestione per obiettivi • La gestione per obiettivi (in inglese Management by Objectives – MBO) è un metodo teorizzato nell’ormai lontano 1954 da P. Drucker • E’ stato impiegato con successo per molti anni nel mondo delle organizzazioni e ancora oggi, sebbene per le organizzazioni di medie e grandi dimensioni siano stati proposti sistemi più evoluti e raffinati, mantiene indiscusso valore • L’idea di partenza è quella di associare strettamente gli obiettivi dei singoli a quelli dell’organizzazione • Consente, se ben applicata, di confrontare con oggettività le performance dei singoli collaboratori
4. Gli strumenti per la gestione Gestione per obiettivi PRINCIPI • La procedura in sequenza degli obiettivi organizzativi • Obiettivi specifici per ogni membro • Processo decisionale partecipativo • Periodo di tempo esplicito • Valutazione della performance e feedback
4. Gli strumenti per la gestione Gli obiettivi SMART Ecco le caratteristiche di un “buon” obiettivo: • Specifico Individuare con precisione quali sono i risultati attesi, e in che ambito • Misurabile I risultati devono essere misurabili; la valutazione non può essere affidata all’arbitrio di qualcuno • Attinente I risultati che si attendono dal collaboratore devono essere collegati agli obiettivi aziendali • Realistico L’obiettivo deve essere raggiungibile • Tempificato Deve essere espressa la scadenza entro la quale ci si aspetta il raggiungimento dell’obiettivo
4. Gli strumenti per la gestione Colloqui periodici • Anche se con il collaboratore si interagisce quotidianamente, è consigliabile stabilire occasioni periodiche di verifica • Nella quotidianità, infatti, l’attenzione deve essere sulla operatività e la soddisfazione dei clienti • E’ invece opportuno avere anche uno spazio in cui si lasciano da parte le ‘cose da fare’ e ci si confronta e si ragiona insieme • Fare un bilancio di come sono andate le cose rispetto alle reciproche aspettative e a eventuali obiettivi concordati in precedenza • Ragionare sui cambiamenti intervenuti, sia sul lavoro che per la persona, le nuove necessità e opportunità • Concordare sulle nuove prospettive di collaborazione • All’interno di questo, portare avanti l’MBO
4. Gli strumenti per la gestione Premi e incentivi • Qualcuno è portato erroneamente a credere che la leva economica sia il fattore più motivante: è stato ampiamente dimostrato che non è così • Vero è che se il trattamento economico è iniquo e al di sotto di ragionevoli attese, ciò costituisce di solito elemento di demotivazione • I premi e gli incentivi sono qualcosa “in più” che può essere offerto al collaboratore , ma senza limitarsi al piano economico • Funziona poco e male l’affidare la motivazione a premi e incentivi quando nelle condizioni di lavoro esistono fattori di base demotivanti • E’ importante che la concessione di premi e incentivi sia basata su fattori oggettivi di valutazione, piuttosto che su impressioni • Fatte queste premesse ecco una panoramica su possibili modi per premiare e incentivare:
4. Gli strumenti per la gestione Premi e incentivi MATERIALI MONETARI NON MONETARI Premi annuali Benefits aziendali: Incentivi monetari -assicurazioni Quote azionarie -previdenza integrativa Partecipazioni agli utili -servizi e facilitazioni INDIVIDUALI COLLETTIVI Formazione Leadership Sviluppo sul lavoro Comunicazione Prospettive di carriera Coinvolgimento Status Autonomia Pubblici riconoscimenti …. ORGANIZZATIVI
4. Gli strumenti per la gestione Premi e incentivi AUMENTI DI MERITO passato COTTIMI BASATI SULLA BONUS PRESTAZIONE AUMENTI DI MERITO futuro BENEFIT DI STATO BASATI SUL POTENZIALE reversibili irreversibili
4. Gli strumenti per la gestione Formazione e aggiornamento • La formazione e l’aggiornamento professionale sono attività necessarie e strettamente funzionali alla qualità del servizio che la farmacia offre • E’ ovviamente necessario che gli addetti ricevano regolarmente aggiornamento tecnico sui prodotti e i servizi che la farmacia offre • E’ consigliabile che abbiano occasioni formative per migliorare le proprie capacità relazionali, visto che, come evidenziato nella parte relativa all’identità dei clienti, in farmacia ci si trova normalmente a che fare con persone che sono in una condizione di debolezza psicologica • E’ opportuno proporre formazione mirata ad affinare le capacità consulenziali orientate alla proposta dei prodotti non medicinali
4. Gli strumenti per la gestione Specializzazione • Laddove l’organizzazione ne offre le condizioni, può essere opportuno differenziare i ruoli dei collaboratori • In questo caso il collaboratore acquisisce una certa ‘responsabilità’ su un certo ambito del funzionamento della farmacia • Parte delle conoscenze andranno comunque condivise coi colleghi, ai fini della garanzia del servizio che la farmacia deve offrire a prescindere dalla presenza di un particolare addetto • E’ poi da valutare la possibilità di far ruotare nel tempo queste specializzazioni, sia per offrire più ricche occasioni di crescita professionale agli addetti, sia per diffondere meglio tra i collaboratori le competenze richieste
4. Gli strumenti per la gestione Responsabilizzazione e delega • Responsabilizzare le persone è forse la decisione e l’azione che più di ogni altra può produrre frutti per il futuro dell’organizzazione • L’attribuzione di responsabilità, nella misura in cui attiva il ‘senso’ di responsabilità, costituisce una potente molla motivazionale • Vedendola dal lato esattamente opposto, è evidente quanto il non dare responsabilità genera solitamente situazioni di scarso impegno, di superficialità, di disamore per il lavoro, di bassa qualità • Il concetto strettamente collegato a quello di ‘responsabilità’ è ‘fiducia’, nel senso che, normalmente si dà responsabilità se ci si fida • La fiducia è un qualcosa di particolarissimo, perché dipende in parte dal soggetto che la dovrebbe ricevere, ma sicuramente molto anche da chi dovrebbe darla • In particolare dipende dalla rappresentazione mentale che chi dovrebbe dare fiducia ha di chi dovrebbe riceverla
4. Gli strumenti per la gestione Responsabilizzazione e delega • Questa rappresentazione mentale dipende in parte dalle percezioni che si hanno della persona e dei suoi comportamenti, e in parte dalla propria costituzione psicologica, da possibili preconcetti o pregiudizi, di origine a volte anche inconscia • Ecco allora che, se ci si ritrova ad avere forti resistenze rispetto all’affidare una responsabilità a un collaboratore, come spesso succede, è consigliabile cercare di riesaminare la situazione nel modo il più possibile oggettivo • E’ bene inoltre considerare che le persone sono portatrici di potenziali, è spesso è proprio l’avere responsabilità che le porta a trasformare questi potenziali in vere e proprie capacità • Responsabilizzare può pertanto essere un potente strumento per sviluppare i collaboratori, senza naturalmente dimenticare che alcuni individui sembrano però non volerne proprio sapere
4. Gli strumenti per la gestione Responsabilizzazione e delega Detto questo, come si fa? • Definire con molta chiarezza l’oggetto del trasferimento di responsabilità • Dettagliare quali sono, rispetto al processo o ai processi in oggetto, le decisioni che la persona potrà prendere in autonomia • Stabilire in modo molto chiaro le modalità di comunicazione e le necessità di consultazione preventiva • Mettere tutto questo preferibilmente in forma scritta e firmare congiuntamente • E’ consigliabile concordare dei misuratori che permettano di valutare con oggettività se la persona che riceve la responsabilità soddisfa le aspettative • Nella pratica si consiglia anche di prevedere un periodo di ‘rodaggio’ durante il quale la persona prende le decisioni ma, prima di attuarle, si consulta con il suo ‘capo’.
4. Gli strumenti per la gestione Riepilogo • Selezione • Contratti di lavoro, Inquadramento, Remunerazione • Ferie, permessi, malattie, recuperi • Gestione per obiettivi • Colloqui periodici • Premi e incentivi • Formazione e aggiornamento • Specializzazione • Responsabilizzazione e delega
5. La comunicazione La comunicazione è la base di tutto • Informazione, comunicazione e condivisione sono gli ingredienti di base per la gestione dei collaboratori • Un buon livello di comunicazione tra colleghi in farmacia e il clima positivo che ne deriva sono il nostro miglior strumento di marketing e di sviluppo, oltre che renderci la vita quotidiana in farmacia più piacevole • Quindi alla comunicazione in tutte le sue forme va dedicata cura e attenzione
5. La comunicazione Alla base della comunicazione • La comunicazione è un fenomeno tanto apparentemente semplice quanto profondamente complesso • La complessità nasce dal fatto che, fenomenologicamente, la comunicazione consiste nel far interagire due interi ‘mondi’
5. La comunicazione Alla base della comunicazione SIGNIFICATO SIGNIFICATO INTENZIONALE ATTRIBUITO FILTRI IN INGRESSO FILTRI IN USCITA EMETTITORE RICEVENTE CONSCIO CONSCIO INCONSCIO INCONSCIO FORMA RAPPRESENTATA con verbale, paraverbale e non verbale
5. La comunicazione Alla base della comunicazione • Mentre quando ci proponiamo di comunicare solitamente tutta la nostra attenzione è sul contenuto, è stato ampiamente dimostrato che ciò che viene ‘ricevuto’ dipende in massima parte da altro • In particolare nella comunicazione orale si individuano 3 fattori: - Verbale (contenuto espresso a parole) - Paraverbale (toni, ritmo, pause, timbro,...) - Non verbale (aspetto, postura, gestualità,...) • Il verbale mediamente contribuisce solo per il 7% a ciò che viene colto dal destinatario • In caso di contraddizione tra contenuti e modalità, non vi è dubbio che la ‘verità’ viene attribuita alle modalità
5. La comunicazione Alla base della comunicazione • Scopo della comunicazione è normalmente ottenere un cambiamento nel destinatario, intendendo per cambiamento il fatto che per esempio modifichi un parere, decida qualcosa, porti l’attenzione ad un aspetto che gli sfugge, viva uno stato d’animo, ‘capisca’ qualcosa, abbia un’informazione che prima gli mancava, e così via • Per raggiungere questo scopo ci affidiamo alla produzione di segni percepibili: sguardi, parole, gesti delle mani, toni, ecc. • Nel fare ciò siamo condizionati dalla nostra cultura, dall’educazione, dal nostro temperamento, dai tratti della nostra personalità, da abitudini e consuetudini
5. La comunicazione Alla base della comunicazione • Già l’attribuzione di significato a questi segni non è per nulla omogenea in individui diversi: dipende infatti non solo dalla intrinseca diversità tra gli individui ma anche dal momento e dalla condizione interiore che vivono in quel momento • In più, indipendentemente dalla nostra volontà, in noi si rendono visibili segni che tradiscono le nostre emozioni, i nostri impulsi, i nostri pensieri
5. La comunicazione Alla base della comunicazione • Come se non bastasse, questo insieme di segni, di cui una parte sono involontari e non consapevoli, viene interpretato dal ricevente sulla base dei suoi filtri dovuti più o meno agli stessi agenti che condizionano il nostro modo di esprimerci • A conclusione di questo avventuroso processo, nella mente del ricevente si forma un significato che, come avrete già capito, può essere anche piuttosto distante da quello originario
5. La comunicazione Alla base della comunicazione • Da quanto esposto deriva che se vogliamo comunicare qualcosa, dobbiamo preoccuparci di trovare modalità che siano adatte al destinatario • Per farlo occorre comprendere ‘come funziona’ il nostro ricevente • Per questo affinamento di capacità può essere molto utile tenere conto delle ‘porte d’entrata’ di cui abbiamo parlato al punto 3 • La facoltà di cui stiamo parlando, che richiede di rivolgere tutta l’attenzione al nostro interlocutore, astenendoci dal giudicare e dal sovrapporre nostri pensieri ed emozioni, si chiama ‘ascolto attivo’
5. La comunicazione La comunicazione “efficace” • Esercitare l’ascolto attivo è fondamentale per sviluppare le proprie capacità di comunicazione, e bisogna farlo sia quando è il nostro interlocutore a manifestarsi, sia quando sta solo reagendo ai nostri ‘messaggi’ • Nel primo caso è utile chiedere conferma se quanto si è ‘capito’ corrisponde a quanto l’altro voleva esprimere • Nel secondo, dobbiamo osservare con molta attenzione come reagisce a ciò che gli stiamo dicendo: - Condivide? - E’ infastidito? - Disapprova? - Si annoia e pensa ad altro? - Si arrabbia? - Si ritira? - Si emoziona?
5. La comunicazione La comunicazione “efficace” • Se esercitiamo bene la nostra capacità di ascolto e di osservazione siamo a buon punto, ma non basta • Infatti, una volta verificato che alcune nostre modalità comunicative ‘non funzionano’ con il nostro interlocutore, dobbiamo usarne di diverse • Ovviamente, questo presuppone che ne siamo capaci • Se tali capacità ci mancano, dobbiamo acquisirle…
5. La comunicazione La comunicazione “efficace” • In generale, per comunicare in modo efficace, bisogna essere non troppo affezionati a rimanere nelle proprie abitudini e pronti e capaci di adottare ‘registri’ diversi da quelli per noi abituali
5. La comunicazione La comunicazione “efficace” QUANDO SI ASCOLTA - Mettere a proprio agio chi parla (spesso il cliente della farmacia è in una condizione psicologica debole) - Esercitare l’ascolto attivo (soprattutto per l’anamnesi) - Non pensare ad altro, bloccare le associazioni che vengono (per esempio, spiegazioni scientifiche poco comprensibili per il cliente) - Stare contemporaneamente attenti al contenuto, alle emozioni e agli impulsi manifestati ►
5. La comunicazione La comunicazione “efficace” - Usare le parole sollecite (ah, sì, certo,…) - Guardare negli occhi - Avere consapevolezza della propria postura - Evitare di interrompere o sovrapporsi con scortesia - Astenersi dal reagire giudicando, sia a parole che con altri segnali percepibili (ad esempio, atteggiamenti di ‘sufficienza’ rispetto all’“ignoranza” del cliente) - Se si hanno dei dubbi, chiedere conferma di quanto si è capito (meglio farlo una volta di troppo che una di meno)
5. La comunicazione La comunicazione “efficace” QUANDO SI PARLA - Mettere a proprio agio chi ascolta (sempre importante, perché solitamente sta vivendo un ‘problema’) -Avere chiaro l’obiettivo della comunicazione (ad esempio, indicare la terapia da seguire, ma allo stesso tempo tranquillizzare) - Avere presente le caratteristiche comunicative dell’interlocutore, i suoi ‘filtri in ingresso’ (cultura, biografia, situazione presente, credenze,…) (soprattutto la proprietà di linguaggio: esprimersi con semplicità, in modo comprensibile per l’altro) ►
5. La comunicazione La comunicazione “efficace” - Gestire consapevolmente gli aspetti non verbali (tono, gesti, postura, ecc) (non mettersi ‘sopra’, ma trasmettere comprensione per la sofferenza e volontà d’aiuto) - Avere presente i propri ‘filtri in uscita’ e compensarli se necessario, in relazione all’interlocutore (tendenza a parlare troppo in fretta o troppo lento, a saltare passaggi, a essere monotono, a essere poco chiaro, o troppo descrittivo, o troppo scarno, ecc) - Se il tipo di comunicazione lo rende opportuno, richiedere un feedback per verificare cosa l’interlocutore ha capito (anche qui, meglio una volta in più che una in meno)
5. La comunicazione Riepilogo • La comunicazione è alla base di tutto • Alla base della comunicazione • La comunicazione “efficace”
6. I conflitti Il conflitto • Nella fenomenologia del conflitto riconosciamo tre dimensioni: - I comportamenti gli atti osservabili compiuti dagli attori (ad esempio delle frasi dette in una disputa verbale, o degli atti di violenza) -Le percezioni il punto di vista soggettivo a partire dal quale gli attori "vedono" se stessi, la controparte, il conflitto, e la relazione nel suo complesso -Il problema di fondo Il problema (o i problemi) alla base del conflitto: ad esempio la questione dell’ordine in archivio, dei turni notturni, delle modalità con cui la farmacia si rapporta ai mendicanti che entrano...
6. I conflitti Realtà e percezioni FATTO RAPPRESENTATO DA 2 FILTRI IN INGRESSO OSSERVATORE 1 FILTRI IN INGRESSO OSSERVATORE CONSCIO CONSCIO 2 INCONSCIO INCONSCIO FATTO OGGETTIVO
6. I conflitti Le fonti del conflitto • Le possibili fonti del conflitto non sono niente altro che tutti i fattori che fanno essere le persone ciò che sono e una diversa dall’altra • In particolare il conflitto scatta se si verifica un episodio che da uno degli attori viene visto come favorevole al secondo attore, a proprio danno • Quell’attore vede nell’episodio la perdita o la mancata acquisizione di un valore desiderato • A volte viene vissuta come danno per sé l’impressione che un episodio in cui non si è per nulla coinvolti vada a beneficio dell’altro • Ciò che da un individuo viene considerato come un valore, è sempre in relazione a qualche suo bisogno (Maslow)
6. I conflitti Evoluzione del conflitto • Una volta innescato il conflitto, succede che il significato ed il valore attribuiti ai fatti nell’interazione tra i due soggetti sono sempre più distorti • Quindi un conflitto una volta avviato, se non si esercita un’azione volontaria volta alla risoluzione, tende fisiologicamente a peggiorare • E’ molto importante, in quest’ottica, tenere conto della ‘punteggiatura’
6. I conflitti La punteggiatura • La punteggiatura è un concetto introdotto da Paul Watzlawick che, nel Mental Research Institute di Palo Alto’ dagli anni ’60, ha posto i fondamenti della pragmatica della comunicazione umana • Egli ci dice che la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i partecipanti • Significa che io interpreto il comportamento dell’altro sulla base di quando ritengo che lo scambio sia cominciato, e, quindi, di chi abbia la ‘responsabilità’ della prima mossa, soprattutto se percepita come ostile • In sostanza, stiamo parlando di ciò che succede quando io mi ritrovo a pensare: “ha cominciato lui, io ho solo reagito” • E’ evidente che l’individuazione del punto di partenza della catena di scambi comunicativi si presta a differenze dipendenti dal punto di vista
6. I conflitti Gli effetti del conflitto • Clima aspro • Musi lunghi, non c’è buon umore • Non si scherza e non si ride • Tutto viene frainteso • Ogni piccolezza diventa un problema • Mancanza di collaborazione • Non si vede l’ora di andarsene • Senso anche fisico di costrizione ►
6. I conflitti Gli effetti del conflitto • Si ha paura di subire danni • Non ci si fida più • Si diventa sospettosi • Gioco di squadra gravemente compromesso • Perdita di lucidità • Aumentano gli errori e le dimenticanze • ...e i clienti se ne accorgono e si allontanano
6. I conflitti Come superare il conflitto • Di solito occorre l’aiuto di un ‘mediatore’ • Cercare di contenere la reattività e l’emotività, quindi non agire quei comportamenti che alimentano il conflitto • Cercare un incontro sul piano squisitamente umano, dimenticando per un attimo il problema • Sforzarsi di vedere i fatti dal punto dell’altro • Sottolineare i punti di accordo e rafforzare tutti gli elementi che accomunano invece di dividere • Cercare di riconoscere la legittimità delle attese dell’altro • Analizzare bene i fatti, cercando di distinguerli nettamente dai significati attribuiti ►
6. I conflitti Come superare il conflitto • Cercare di capire quali sono i valori che ognuno dei soggetti teme di perdere o di non acquisire • Fare uno sforzo creativo alla ricerca di una possibile opzione risolutiva che salvaguardi tutte le aspettative di entrambi • Se non la si trova, individuare la soluzione, tra quelle possibili, che dà risposta nel modo più equo alle aspettative di entrambi • Fare osservare che non sembrano esistere soluzioni migliori, quindi che quella individuata, seppur non perfetta, è la più ragionevole • NOTA: alcuni conflitti hanno radici così profonde che i suggerimenti dati non sono sufficienti…
6. I conflitti Riepilogo • Il conflitto • Realtà e percezione • Le fonti del conflitto • I bisogni dell’individuo • Evoluzione del conflitto • La punteggiatura • Gli effetti del conflitto • Come superare il conflitto
Riepilogo finale 1. Cosa significa “gestire” e perché farlo 2. I singoli e il team 3. Essere un buon leader 4. Gli strumenti per la gestione 5. La comunicazione 6. I conflitti
Conclusioni • La gestione dei collaboratori è una attività complessa e necessita di cura e attenzione costante • Richiede molte capacità • Queste capacità possono essere acquisite • Ha strettamente a che fare con il rapporto tra essere umani • Per questo occorre una disponibilità e volontà rispetto all’incontro • Occorre anche disponibilità all’autocritica, a mettersi in gioco, a cambiare ►
Conclusioni • Impegnarsi nella miglior gestione dei collaboratori - Porta risultati sul piano aziendale - Aumenta le potenzialità con cui affrontare il futuro - Rende più piacevole il lavoro quotidiano - Ci fa crescere come essere umani - Si traduce in benefici a vari livelli per i nostri clienti- pazienti - Rende la nostra farmacia migliore E’ UN IMPEGNO BEN RIPAGATO
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