La gestione dei collaboratori nella Farmacia - Fabio Fantuzzi Consulente organizzativo ed esperto di apprendimento adulto

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La gestione dei collaboratori nella Farmacia - Fabio Fantuzzi Consulente organizzativo ed esperto di apprendimento adulto
La gestione dei collaboratori
       nella Farmacia
                       Fabio Fantuzzi
 Consulente organizzativo ed esperto di apprendimento adulto
La gestione dei collaboratori nella Farmacia - Fabio Fantuzzi Consulente organizzativo ed esperto di apprendimento adulto
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Cosa è una farmacia

    • Innanzitutto, cosa è una farmacia?
        – Una azienda
             • Deve produrre utile
             • Deve confrontarsi con la concorrenza
        – Un negozio
             • Rapporto diretto quotidiano con i clienti
             • Vendita al pubblico
        – Un luogo di lavoro
             • Deve rispettare le normative
             • Deve gestire esigenze e situazioni personali
        – Un elemento del sistema sanitario
             • Fornisce prodotti e servizi a volte critici per la vita e la salute
             • Ruolo pubblico, a volte anche per prenotazioni SSN
La gestione dei collaboratori nella Farmacia - Fabio Fantuzzi Consulente organizzativo ed esperto di apprendimento adulto
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Quali sono gli obiettivi di una farmacia?

    •   Ottenere un soddisfacente risultato economico
    •   Soddisfare i clienti, fidelizzarli e acquisirne di nuovi
    •   Adempiere in modo ottimale alla fornitura dei medicinali etici
    •   Svolgere professionalmente la consulenza relativa agli OTC
    •   Indirizzare convenientemente all’acquisto di prodotti come
        cosmetici, integratori alimentari, articoli per l’infanzia e altri extra
        farmaci
La gestione dei collaboratori nella Farmacia - Fabio Fantuzzi Consulente organizzativo ed esperto di apprendimento adulto
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Chi è il cliente e cosa cerca?

     CHI E’ IL CLIENTE
     • Anziani, persone che usano farmaci salva vita, cronici, neo-mamme,
     persone che hanno fretta, persone che pretendono di risolvere subito i
     sintomi per non compromettere impegni, persone che cercano prodotti
     naturali, ecc.
     • Ha un problema, spesso fastidioso e a volte ansiogeno
     • Vastissima diversificazione di esigenze
     • Paura, ansia, insicurezza, vergogna, dipendenza, ignoranza
     • Preoccupazione per la salute, ma anche per la spesa
     • Molto spesso, condizione psicologica negativa, debole, vulnerabile

     COSA CERCA
     • La soluzione di un problema, a volte grave o gravissimo
     • Il miglioramento della qualità della vita propria o di un congiunto
     • Rassicurazione
     • Consiglio
     • Aiuto
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Come si soddisfa il cliente?

    •     Assenza di errori
    •     Rispetto
    •     Riservatezza
    •     Comprensione
    •     Competenza
    •     Precisione
    •     Disponibilità
    •     Gentilezza
    •     Cordialità
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Come si soddisfa il cliente?

    • Buon umore
    • Flessibilità
    • Empatia
    • Pazienza
    • Velocità di servizio
    • Attenzione e ascolto
    • Prendersi a cuore il problema
    • Trovare soluzioni alternative
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Come si soddisfa il cliente?

    FATTORI SPECIFICI

    • Etico:
         - Assenza di errori
         - Disponibilità immediata

    • OTC:
        - Consulenza para-medica
        -Rapporto costo-benefici in funzione delle specifiche esigenze e
        condizioni

    • Extra farmaci:
        - Qualità-prezzo, offerte, novità
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Chi sono i collaboratori?

    • Famigliari
    • Soci
    • Dipendenti
    • Lavoratori part-time
    • Lavoratori a contratto
    • Laureati
    • Diplomati
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Cosa si aspettano i collaboratori?

    • Rispetto
    • Fiducia
    • Riconoscimento professionale
    • Riconoscimento umano
    • Condizioni di lavoro
    • Prospettive di crescita professionale
    • Formazione e aggiornamento
    • Denaro
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Cosa si aspettano i collaboratori?

    • Buon clima
    • Armonia
    • Gentilezza
    • Responsabilità
    • Disponibilità per le loro esigenze...
    • ...

    ...ma tutto questo e altro ancora in modo personalizzato,
    per ognuno sono importanti aspetti diversi!
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Noi cosa ci aspettiamo dai collaboratori?

    • Serietà
    • Competenza in materia farmaceutica
    • Capacità di gestire il cliente
    • Onestà
    • Lealtà
    • Precisione
    • Affidabilità
    • Impegno
    • Disponibilità
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Noi cosa ci aspettiamo dai collaboratori?

    • Flessibilità
    • Immagine
    • Approccio e sensibilità commerciale
    • Collaborazione
    • Adesione allo stile aziendale
    • Propositività per innovare e migliorare
    • Capacità di problem solving
    • Inventiva
    • Contributo al gioco di squadra
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Cosa significa gestire i collaboratori?

     Favorire, creare e mantenere le condizioni grazie alle quali
     i collaboratori possono esprimere tutti i talenti e le capacità
     e sviluppare i potenziali, mettendoli al servizio degli obiettivi
     della farmacia, massimizzando in quantità e qualità il
     contributo dato alla generazione di valore per i clienti.
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Il successo della farmacia dipende anche dal loro contributo

    • Hanno “in mano” il contatto coi clienti
    • La percezione da parte dei clienti della qualità del loro
    lavoro viene estesa alla farmacia
    • Da loro dipende il fatto di avere clienti più o meno
    soddisfatti, quindi la fidelizzazione
    • Da loro dipende il livello “consulenziale” che può
    indirizzare gli acquisti
    • Da loro dipendono i nostri conti
    • Da loro dipende la qualità della nostra vita quotidiana
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Il loro contributo dipende anche da noi

    • Il rapporto non è alla pari, noi abbiamo una maggiore
    responsabilità
    • Gli aspetti organizzativi e il nostro comportamento
    condizionano, nel bene e nel male, il loro rendimento
    • Tutte le persone hanno potenziali e capacità che mettono
    in campo solo se sussistono certe condizioni
    • A noi spetta una parte decisiva nella creazione di quelle
    condizioni
    • L’aspetto principale della gestione è quello
    “motivazionale”
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
“Gestire” collaboratori è un’ottima occasione per migliorarsi

    • Può capitare che la cosa non ci entusiasmi e neppure ci
    piaccia
    • Ma gestire altre persone è una occasione preziosa per
    conoscerci meglio
    • Confrontandosi con altre individualità in un rapporto
    “ruolizzato” ci richiede di metterci in gioco
    • Abbiamo una straordinaria occasione per migliorare
    nostre capacità e allo stesso tempo ottenere risultati per
    l’azienda-farmacia
    • E’ una occasione per crescere sia professionalmente che
    personalmente
1. Cosa significa “gestire” e perché farlo?
Riepilogo

    COSA
    • Cosa è una farmacia
    • Quali sono gli obiettivi della farmacia?
    • Chi è il cliente e cosa cerca?
    • Come si soddisfa il cliente?
    • Chi sono i collaboratori?
    • Cosa si aspettano i collaboratori?
    • Cosa ci aspettiamo dai collaboratori?
    • Cosa significa “gestire i collaboratori”?

    PERCHE’
    •Il successo della farmacia dipende anche dal loro contributo
    •Il loro contributo dipende anche da noi
    •“gestire” collaboratori è una ottima occasione per migliorarci
2. I singoli e il team
I bisogni dell’individuo

     Cosa è una farmacia
     • Parlando di individuo ci riferiamo in realtà al suo
     comportamento
     • Il comportamento consiste nell’insieme di azioni fatte e
     atteggiamenti assunti
     • All’origine di azioni e atteggiamenti c’è la volontà e la
     motivazione
     • Le motivazioni dell’individuo fanno sempre riferimento a
     qualcosa ccui possiamo riferirci globalmente con il termine di
     “bisogni”
     • Sebbene ormai datata, mantiene ancora interesse la “piramide
     dei bisogni di Maslow” che presentiamo nella pagina che segue
2. I singoli e il team
I bisogni dell’individuo
2. I singoli e il team
Ogni persona è diversa

    • Diverse origini
    • Diversi canali di comunicazione
    • Diverse modalità di apprendimento
    • Diversi talenti
    • Diverse esigenze
    • Diverse età e condizioni biografiche
    • Diverse provenienze famigliari, geografiche, culturali
    • Diversi valori e credenze
2. I singoli e il team
Aspetti psicologici e comportamentali

    • Ogni individuo è portatore di alcune caratteristiche o tratti che,
      sebbene non siano scolpite nella pietra, normalmente tendono
      a caratterizzarne il comportamento
    • Temperamenti
    • Enneagramma
    • Ottimista-pessimista
    • Estroversso-introverso
    • ...
2. I singoli e il team
Struttura del cervello

              corticale

                limbico

                     retti
                          le
2. I singoli e il team
Le porte d’entrata

    • Ecco un utile modello basato su recenti scoperte scientifiche
      relative al funzionamento del cervello
    • Emisfero destro e sinistro
    • Area corticale e limbica
    • Le porte d’entrata possibili sono 4 e sono il canale prevalente
      con cui un individuo si rapporta con il mondo, e attraverso il
      quale si può comunicare con esso
    • Ogni persona può avere una o più porte d’entrata
    • Solitamente ve ne è comunque una prevalente
    • Alla porta d’entrata prevalente sono legate importanti
      caratteristiche sul piano dei bisogni, dei fattori motivanti e delle
      modalità comunicative
2. I singoli e il team
Le porte d’entrata

    CORTICALE SINISTRO

    La motivazione:
    La conoscenza per essere più efficiente
    La realizzazione:
    i numeri i fatti oggettivi, precisi.
    Considera le cose senza pregiudizi.
    Resiste alla pressione
    Cerca i dati precisi e i fatti
    Lavora rapidamente. Diretto
    Ama la performance (essere il n°1). Quantifica.
    Apprezza i numeri.
2. I singoli e il team
Le porte d’entrata

    CORTICALE DESTRO

    La motivazione:
    Il cambiamento funzionale all’evoluzione
    La realizzazione:
    l’approccio ludico, la novità
    Ha sempre delle soluzioni e delle idee, manda avanti le cose e
    va all’essenziale.
    Sintetizza. Anticipa.
    Ama innovare, l’imprevisto e il divertimento.
    Improvvisa senza complessi.
    Non apprezza la routine.
2. I singoli e il team
Le porte d’entrata

    LIMBICO SINISTRO

    La motivazione:
    La sicurezza del lavoro ben fatto
    La realizzazione:
    l’esperienza, le norme e la qualità
    Affidabile e fedele, lavora sulla durata e con costanza. Conosce
    bene il suo campo.
    Privilegia le regole o le procedure.
    Preciso.
    Ordinato.
2. I singoli e il team
Le porte d’entrata

    LIMBICO DESTRO

    La motivazione:
    essere riconosciuto ed amato
    La realizzazione:
    servire gli altri, armonizzare, comunicare
    Umanizza ed armonizza. Non arriva al conflitto.
    Individua facilmente i problemi delle persone.
    Si coinvolge. Cerca il consenso.
    Apprezza le relazioni interpersonali.
    Bisogno di contatto.
2. I singoli e il team
L’importanza del team e le sue dinamiche

    • Ma le caratteristiche individuali, seppur importantissime, non
      sono tutto
    • Per la qualità del servizio ricevuto dai clienti e il successo della
      farmacia il fatto che chi ci lavora “faccia squadra” è molto
      importante
    • Fare squadra significa fare in modo che l’insieme abbia una
      forza superiore alla somma delle parti
    • Dall’altro lato, se vi sono problemi all’interno della squadra, la
      sua forza può abbassarsi molto sotto al livello della somma
      delle parti
2. I singoli e il team
L’importanza del team e le sue dinamiche

    • All’interno del team solitamente si osservano dei ruoli, in
      particolare può esserci un leader carismatico
    • Un buon team valorizza e sfrutta la diversità dei tratti
      individuali, in uno non buono questa diventa fonte di conflitti
    • In un buon team ognuno è disposto ad aiutare l’altro e a coprire
      le sue eventuali carenza
    • In un buon team per ognuno è un piacere dare spazio alle
      capacità dei colleghi e valorizzarle
    • In un buon team in caso di successo si condivide il merito e la
      soddisfazione, in caso di difficoltà si manifestano solidarietà e
      concreti comportamenti di impegno
2. I singoli e il team
L’importanza del team e le sue dinamiche

    • Occorre osservare le dinamiche di squadra in corso per
      verificare se non ve ne siano di negative che pregiudicano
      la qualità dei servizi in carico al team
    • Se tali elementi esistono, bisogna intervenire.
2. I singoli e il team
L’importanza del team e le sue dinamiche

   • Le cause di problemi di un gruppo possono essere interne ma
     anche esterne
   • Fattori esterni negativi posso essere:
     - Mancanza di trasparenza e equità nel trattamento dei singoli
     - In particolare, differenze tra membri della famiglia e altri
     - Condizioni organizzative
     - Condizioni di lavoro spiacevoli
     - Eccessivo stress
   • I fattori interni possono essere legati a problemi tra singoli che
     possono anche far nascere fazioni
   • E’ chiaro che nel primo caso sta nel capo porre rimedio alle sue
     mancanze
   • Ma anche nel secondo è bene che il capo intervenga con
     l’obiettivo prima di capire bene come stanno le cose e poi di
     prendere i provvedimenti del caso
   • Per fare ciò è normalmente preferibile fare colloqui individuali
     -> vedi gestione dei conflitti
2. I singoli e il team
Riepilogo

   • I bisogni dell’individuo
   • Ogni persona è diversa
   • Aspetti psicologici e comportamentali
   • Struttura del cervello
   • Le porte d’entrata
   • L’importanza del team e le sue dinamiche
3. Essere un buon leader
Cosa è un leader

   • Manager o leader?
   • Le persone sono il fattore che può maggiormente
     differenziare
   • Il leader ha compreso che è la gestione dei collaboratori
     l’attività maggiormente generatrice di valore
   • L’eccellenza nasce dalle persone
   • Una buona leadership esalta le dinamiche di squadra
   • Il leader ha in primo piano la valorizzazione delle
     capacità, dei talenti e delle potenzialità dei suoi
   • Il leader ama lo sviluppo dei suoi collaboratori
   • Il leader sa concedere responsabilità e spazi di iniziativa
   • Il leader sa toccare individualmente le corde motivazionali
     delle singole persone
   • Il leader naturalmente fa tutto ciò senza trascurare il
     presidio delle altre funzioni di management
3. Essere un buon leader
La leadership sta nei rapporti 1 a 1

   • Il leader non necessariamente è il personaggio
     carismatico e il grande comunicatore in pubblico
   • Al leader interessa capire le particolarità del collaboratore
     e individualizzare l’approccio
   • Il leader conquista la fiducia personale del collaboratore
   • Il leader mira ad essere riconosciuto autorevole, più che a
     esercitare autorità
3. Essere un buon leader
Non esiste il leader ideale

   • Alcune ricerche condotte con metodo scientifico hanno
     dimostrato che non esistono caratteristiche ‘tipiche’ del
     leader
   • Possono esserci tanti ‘stili di leadership’
   • La leadership può derivare da tratti e punti di forza molto
     diversi
3. Essere un buon leader
Tutti possono migliorare le proprie qualità di leadership

   • Prima di tutto occorre saper gestire se stessi
   • Capacità di attenzione e di concentrazione
   • Dare l’esempio con il proprio comportamento
   • Essere tesi all’auto miglioramento e capaci di cambiare
3. Essere un buon leader
Gli stili di leadership secondo Blanchard
3. Essere un buon leader
Gli stili di leadership secondo Blanchard

 LIVELLO DI MATURITA’                       STILE ADEGUATO
 M1 BASSA MATURITA’                         S1 DIRETTIVO
 non competente;non pronto ad               Alta guida e basso sostegno
 assumersi responsabilità
 M2 MATURITA’ MEDIO-BASSA                   S2 PERSUASIVO (COACHING)
 non competente; disponibile ad             Alta guida e alto sostegno
 assumersi responsabilità
 M3 MATURITA’ MEDIO-ALTA                    S3 PARTECIPATIVO (SUPPORTO)
 competente ma riluttante o                 Bassa guida e alto sostegno
 insicuro
 M4 ALTA MATURITA’                          S4 DELEGANTE
 capace e competente,                       bassa guida e basso sostegno
 disponibile, sicuro di sè
3. Essere un buon leader
Stile direttivo

   • La fonte del nostro “potere” sugli altri, della nostra
     capacità di influenzarli e’ l’autorità, il potere formale che
     abbiamo in quanto proprietari o dirigenti
   • L’autorità è dunque un potere impersonale, che ci deriva
     non dalle nostre caratteristiche personali, ma dal fatto di
     occupare una certa posizione. Capacità di attenzione e di
     concentrazione
3. Essere un buon leader
Stile direttivo

   • Chi dirige, prescrive, assegna unilateralmente
     incarichi,obiettivi
   • Le decisioni sono prese unicamente dal leader
   • Diagnosi, soluzioni, valutazioni sono di competenza
     esclusiva del leader
   • L’operato del leader non viene messo in discussione, è
     scontato fare quello che dice lui
   • La comunicazione è a una via e controllata dal leader
   • La relazione tra leader-collaboratore tende a essere
     distaccata, impersonale
   • Il leader si occupa del lavoro, non delle persone, e’ attento
     ai risultati, non al “clima”
3. Essere un buon leader
Stile persuasivo

   • La fonte del “potere” sugli altri sono le competenze
     personali del leader.
   • La sua capacità di influenzare gli altri nasce dal possesso
     di specifiche competenze riconosciute, ammirate dai suoi
     collaboratori.
3. Essere un buon leader
Stile persuasivo

   • Il leader e’ percepito come un punto di riferimento, a lui si
     ricorre costantemente
   • Il leader tende a valutare, considerando se stesso come
     uno standard
   • E’ il leader ad avere le idee migliori, a trovare le soluzioni
     vincenti, a capire prima degli altri le criticità
   • La comunicazione è prevalentemente a una via
   • Il leader si occupa di tutto e di tutti, tende a svolgere il
     lavoro operativo
   • Nei confronti del leader si sviluppa un legame emotivo
     forte di fascinazione, stima, dipendenza, emulazione
3. Essere un buon leader
Stile partecipativo

   • Il “potere” sugli altri e l’influenza si fondano sull’autonomia
     e la responsabilizzazione dei collaboratori e sulla
     professionalità.
   • Questo stile di leadership nasce dal riconoscimento
     reciproco di competenze tecniche e caratteristiche
     comportamentali.
3. Essere un buon leader
Stile partecipativo

   • Il leader responsabilizza, da’ ampia autonomia gestionale,
     gestisce per obiettivi
   • L’operato di tutti, anche del leader , deve ispirarsi a criteri
     di competenza, efficacia, rispetto a cui si fissano standard
     e obiettivi
   • Lo scambio comunicativo e’ a due vie
   • La relazione tra il leader e il collaboratore si basa
     sull’apprendimento reciproco, sul rispetto, sulla fiducia
   • Il leader valorizza le competenze professionali e le
     caratteristiche comportamentali , favorisce la crescita
     professionale e lo sviluppo dei collaboratori
   • Il leader e’ fortemente orientato a creare un team, una
     squadra di lavoro affiatata e motivata
3. Essere un buon leader
Stile delegante

   • Il “potere” sugli altri e l’influenza si basano sulla totale
     autonomia dei collaboratori, sulla loro capacità di
     assumersi le responsabilità e di auto motivarsi
   • La capacità di influenzare gli altri nasce dal possesso di
     caratteristiche personali riconosciute e ammirate dai
     collaboratori:
     - un personalità vincente
     - etica e valori fermi
     - talento e professionalità
     - energia
3. Essere un buon leader
Stile delegante

   • Il leader e il collaboratore condividono gli obiettivi, gli
     incarichi e i tempi
   • Le decisioni sono prese per consenso
   • Il leader responsabilizza e da totale autonomia gestionale
   • Lo scambio comunicativo è a due vie
   • La relazione tra il leader ed il collaboratore si basa sul
     reciproco confronto, sul rispetto, sulla fiducia, sul
     riconoscimento delle rispettive competenze
3. Essere un buon leader
La leadership situazionale e le qualità di leadership

   • Possiamo riconoscerci più o meno affini ad uno degli stili
     di leadership
   • In realtà in ognuno ci sono aspetti positivi e aspetti
     negativi
   • Meglio di tutto è allora sviluppare le qualità base della
     leadership e saperle applicare in base alle specificità delle
     diverse situazioni
3. Essere un buon leader
La leadership situazionale e le qualità di leadership

              ISPIRARE                                         FARE
                                                             COACHING

                                                                    Attenzione
                                                                    alla persona

                                                                    Attenzione
                                                                    ai processi

              FARE
           INTERVENTI                                           GUIDARE
             E’ attivo il leader                  E’ attivo il collaboratore
3. Essere un buon leader
La leadership situazionale e le qualità di leadership

   GUIDARE
     Aiutare i collaboratori a esprimere il loro impegno e
     dirigerlo verso gli obiettivi aziendali

   • Attenzione al concreto processo di lavoro
   • Creare disciplina
   • Dare un quadro chiaro di obiettivi e priorità
   • Dare incarichi tagliati sui talenti delle persone
   • Avere sempre il punto di riferimento del cliente
3. Essere un buon leader
La leadership situazionale e le qualità di leadership

   FARE COACHING
     Supportare lo sviluppo dei collaboratori per far loro
     acquisire nuove capacità.

   • Aiutare il collaboratore nel suo cammino di sviluppo
     personale, quindi deve mettersi al servizio di esso
   • Esercitare l’ascolto attivo
   • Stimolare la riflessione
   • Avere una comunicazione aperta
3. Essere un buon leader
La leadership situazionale e le qualità di leadership

   ISPIRARE

     Il leader deve comunicare la sua visione del futuro e
     riuscire a coinvolgere ed entusiasmare i collaboratori. Da
     questa capacità dipende molto la motivazione, il senso di
     appartenenza e l’adesione alle sfide che l’azienda decide
     di affrontare

   • Chiedere feedback
   • Idee guida
   • Identità e valori
   • L’azienda esiste per soddisfare i bisogni dei clienti
   • Obiettivi sfidanti ma raggiungibili
3. Essere un buon leader
La leadership situazionale e le qualità di leadership

   FARE INTERVENTI
     Il leader deve prendere a volte decisioni per modificare i
     normali processi aziendali. In particolare quando si tratta di
     interventi con ricadute sul personale, dove si sovrappongono
     fattori di natura relazionale o psicologica, spesso il leader
     incontra difficoltà, specialmente quando si tratta di dare
     feedback alle persone, positivi ma anche e soprattutto quelli
     negativi.

   • Saper dire di NO
   • Mettere paletti
   • Confrontarsi
   • Mantenere la posizione
   • Gestire il conflitto
   • Distinguere gli ambiti
   • Oggettivare riferendosi a fatti e non a impressioni
3. Essere un buon leader
Come motivare

    Fermo restando che le leve motivazionali hanno carattere
    molto individuale, è possibile indicare alcuni dei principali fattori
    motivazionali che esistono nella farmacia:
  • Il rapporto diretto coi clienti
  • Il clima di lavoro
  • Il senso di appartenenza al gruppo
  • L’aiuto alla crescita professionale
  • Spazi di autonomia e di delega
  • La reputazione della farmacia
  • La gestione per obiettivi (SMART)
  • Il rapporto con titolare e colleghi
  • L’esempio del titolare
  • Inquadramento e remunerazione
  • Gli incentivi monetari e non
  • L’orientamento “etico” della farmacia
3. Essere un buon leader
Riepilogo

   •   Cosa è un leader
   •   La leadership sta nei rapporti 1 a 1
   •   Non esiste il leader ideale
   •   Tutti possono migliorare le proprie qualità di leadership
   •   Gli stili di leadership secondo Blanchard
   •   Direttivo
   •   Persuasivo
   •   Partecipativo
   •   Delegante
   •   La leadership situazionale e le qualità di leadership
   •   Come motivare
4. Gli strumenti per la gestione
Selezione

   • Definire il profilo cercato non solo in base al titolo di studio e
   alle competenze, ma anche rispetto all’insieme delle capacità
   richieste dal ruolo
   • Raccogliere e confrontare diverse candidature, confrontarle con
   il profilo ideale, selezionare una rosa ristretta di candidati da
   incontrare di persona
   • Valutare con equilibrio la combinazione dei fattori: esperienza,
   titoli, motivazione per il ruolo offerto, potenziale, aspetti della
   personalità e relazionali
   • Evitare di prendere decisioni affrettate, dettate da stati d’animo
   e da simpatia/antipatia personali
   • Cercare di indagare soprattutto gli aspetti motivazionali
   • Fornire un quadro realistico, onesto e esaustivo della
   prospettiva professionale che si sta offrendo
   • Affrontare questa fase con tutte le attenzioni e le cure che
   possono contribuire alla nascita di un rapporto di fiducia
   reciproca
4. Gli strumenti per la gestione
Contratti di lavoro, inquadramento, remunerazione

   • Valutare con attenzione quale forma prevista dalla
   legislazione vigente meglio si adatta ad una equa
   regolamentazione del rapporto di lavoro:
   - tempo indeterminato o determinato
   - tempo pieno o parziale
   - apprendistato
   - collaborazione a progetto
   • Soprattutto nel caso di diversi collaboratori, gestire con
   equità e corrispondenza alle effettive caratteristiche
   professionali la qualifica e l’inquadramento
   • Allo stesso modo affrontare le questioni relative alla
   remunerazione
   • Errori, superficialità o mancanza di equità rispetto a
   queste tematiche che costituiscono uno dei fondamenti del
   rapporto con i collaboratori possono generare e alimentare
   frustrazione, disagio, demotivazione, scarso impegno,
   scarsa flessibilità, perdita di fiducia
4. Gli strumenti per la gestione
Ferie, permessi, malattie, recuperi

   • La farmacia ha le sue esigenze, e così pure il
   collaboratore
   • La farmacia può avere bisogno di un impegno
   straordinario in occasione di picchi di lavoro, di assenze per
   malattia, ecc.
   • A sua volta il collaboratore può avere bisogno di
   assentarsi per necessità famigliari, di salute, ecc.
   • E’ da perseguire una situazione caratterizzata da
   reciproca disponibilità
   • In una logica di rispetto e riconoscimento dei reciproci
   bisogni, e allo stesso tempo di ‘do ut des’, il ‘venirsi
   incontro’ è la modalità che meglio contribuisce ad un
   rapporto di collaborazione di reciproca soddisfazione
4. Gli strumenti per la gestione
Ferie, permessi, malattie, recuperi

   • E’ bene che ci siano principi chiari ed esplicitati, e che il
   trattamento delle diverse persone sia il più possibile
   omogeneo
   • Laddove non lo è per giustificati motivi, si consiglia di
   comunicare con trasparenza questi motivi
   • La flessibilità è una qualità sempre più richiesta nella vita
   odierna, quindi anche in farmacia va opportunamente
   praticata
   • Allo stesso tempo è bene non calare la guardia rispetto a
   possibili abusi e scorrettezze che possono verificarsi da
   parte dei collaboratori
4. Gli strumenti per la gestione
Gestione per obiettivi

   • La gestione per obiettivi (in inglese Management by
   Objectives – MBO) è un metodo teorizzato nell’ormai
   lontano 1954 da P. Drucker
   • E’ stato impiegato con successo per molti anni nel mondo
   delle organizzazioni e ancora oggi, sebbene per le
   organizzazioni di medie e grandi dimensioni siano stati
   proposti sistemi più evoluti e raffinati, mantiene indiscusso
   valore
   • L’idea di partenza è quella di associare strettamente gli
   obiettivi dei singoli a quelli dell’organizzazione
   • Consente, se ben applicata, di confrontare con oggettività
   le performance dei singoli collaboratori
4. Gli strumenti per la gestione
Gestione per obiettivi

   PRINCIPI

   • La procedura in sequenza degli obiettivi organizzativi
   • Obiettivi specifici per ogni membro
   • Processo decisionale partecipativo
   • Periodo di tempo esplicito
   • Valutazione della performance e feedback
4. Gli strumenti per la gestione
Gli obiettivi SMART

   Ecco le caratteristiche di un “buon” obiettivo:

   • Specifico
           Individuare con precisione quali sono i risultati attesi,
           e in che ambito
   • Misurabile
           I risultati devono essere misurabili; la valutazione
           non può essere affidata all’arbitrio di qualcuno
   • Attinente
           I risultati che si attendono dal collaboratore devono
           essere collegati agli obiettivi aziendali
   • Realistico
           L’obiettivo deve essere raggiungibile
   • Tempificato
           Deve essere espressa la scadenza entro la quale ci
           si aspetta il raggiungimento dell’obiettivo
4. Gli strumenti per la gestione
Colloqui periodici

   • Anche se con il collaboratore si interagisce
   quotidianamente, è consigliabile stabilire occasioni
   periodiche di verifica
   • Nella quotidianità, infatti, l’attenzione deve essere sulla
   operatività e la soddisfazione dei clienti
   • E’ invece opportuno avere anche uno spazio in cui si
   lasciano da parte le ‘cose da fare’ e ci si confronta e si
   ragiona insieme
   • Fare un bilancio di come sono andate le cose rispetto alle
   reciproche aspettative e a eventuali obiettivi concordati in
   precedenza
   • Ragionare sui cambiamenti intervenuti, sia sul lavoro che
   per la persona, le nuove necessità e opportunità
   • Concordare sulle nuove prospettive di collaborazione
   • All’interno di questo, portare avanti l’MBO
4. Gli strumenti per la gestione
Premi e incentivi

   • Qualcuno è portato erroneamente a credere che la leva
   economica sia il fattore più motivante: è stato ampiamente
   dimostrato che non è così
   • Vero è che se il trattamento economico è iniquo e al di
   sotto di ragionevoli attese, ciò costituisce di solito elemento
   di demotivazione
   • I premi e gli incentivi sono qualcosa “in più” che può
   essere offerto al collaboratore , ma senza limitarsi al piano
   economico
   • Funziona poco e male l’affidare la motivazione a premi e
   incentivi quando nelle condizioni di lavoro esistono fattori di
   base demotivanti
   • E’ importante che la concessione di premi e incentivi sia
   basata su fattori oggettivi di valutazione, piuttosto che su
   impressioni
   • Fatte queste premesse ecco una panoramica su possibili
   modi per premiare e incentivare:
4. Gli strumenti per la gestione
Premi e incentivi

                                   MATERIALI
                MONETARI                          NON MONETARI
    Premi annuali                       Benefits aziendali:
    Incentivi monetari                  -assicurazioni
    Quote azionarie                     -previdenza integrativa
    Partecipazioni agli utili           -servizi e facilitazioni
                INDIVIDUALI                       COLLETTIVI
    Formazione                          Leadership
    Sviluppo sul lavoro                 Comunicazione
    Prospettive di carriera             Coinvolgimento
    Status                              Autonomia
    Pubblici riconoscimenti             ….
                                ORGANIZZATIVI
4. Gli strumenti per la gestione
Premi e incentivi

                                   AUMENTI DI MERITO
   passato

                    COTTIMI
                                     BASATI SULLA
                    BONUS
                                     PRESTAZIONE

                                   AUMENTI DI MERITO
   futuro

               BENEFIT DI STATO       BASATI SUL
                                      POTENZIALE

                    reversibili        irreversibili
4. Gli strumenti per la gestione
Formazione e aggiornamento

  • La formazione e l’aggiornamento professionale sono
  attività necessarie e strettamente funzionali alla qualità del
  servizio che la farmacia offre
  • E’ ovviamente necessario che gli addetti ricevano
  regolarmente aggiornamento tecnico sui prodotti e i servizi
  che la farmacia offre
  • E’ consigliabile che abbiano occasioni formative per
  migliorare le proprie capacità relazionali, visto che, come
  evidenziato nella parte relativa all’identità dei clienti, in
  farmacia ci si trova normalmente a che fare con persone
  che sono in una condizione di debolezza psicologica
  • E’ opportuno proporre formazione mirata ad affinare le
  capacità consulenziali orientate alla proposta dei prodotti
  non medicinali
4. Gli strumenti per la gestione
Specializzazione

   • Laddove l’organizzazione ne offre le condizioni, può
   essere opportuno differenziare i ruoli dei collaboratori
   • In questo caso il collaboratore acquisisce una certa
   ‘responsabilità’ su un certo ambito del funzionamento della
   farmacia
   • Parte delle conoscenze andranno comunque condivise
   coi colleghi, ai fini della garanzia del servizio che la
   farmacia deve offrire a prescindere dalla presenza di un
   particolare addetto
   • E’ poi da valutare la possibilità di far ruotare nel tempo
   queste specializzazioni, sia per offrire più ricche occasioni
   di crescita professionale agli addetti, sia per diffondere
   meglio tra i collaboratori le competenze richieste
4. Gli strumenti per la gestione
Responsabilizzazione e delega

   • Responsabilizzare le persone è forse la decisione e l’azione
   che più di ogni altra può produrre frutti per il futuro
   dell’organizzazione
   • L’attribuzione di responsabilità, nella misura in cui attiva il
   ‘senso’ di responsabilità, costituisce una potente molla
   motivazionale
   • Vedendola dal lato esattamente opposto, è evidente quanto il
   non dare responsabilità genera solitamente situazioni di scarso
   impegno, di superficialità, di disamore per il lavoro, di bassa
   qualità
   • Il concetto strettamente collegato a quello di ‘responsabilità’ è
   ‘fiducia’, nel senso che, normalmente si dà responsabilità se ci si
   fida
   • La fiducia è un qualcosa di particolarissimo, perché dipende in
   parte dal soggetto che la dovrebbe ricevere, ma sicuramente
   molto anche da chi dovrebbe darla
   • In particolare dipende dalla rappresentazione mentale che chi
   dovrebbe dare fiducia ha di chi dovrebbe riceverla
4. Gli strumenti per la gestione
Responsabilizzazione e delega

   • Questa rappresentazione mentale dipende in parte dalle
   percezioni che si hanno della persona e dei suoi
   comportamenti, e in parte dalla propria costituzione
   psicologica, da possibili preconcetti o pregiudizi, di origine
   a volte anche inconscia
   • Ecco allora che, se ci si ritrova ad avere forti resistenze
   rispetto all’affidare una responsabilità a un collaboratore,
   come spesso succede, è consigliabile cercare di
   riesaminare la situazione nel modo il più possibile oggettivo
   • E’ bene inoltre considerare che le persone sono portatrici
   di potenziali, è spesso è proprio l’avere responsabilità che
   le porta a trasformare questi potenziali in vere e proprie
   capacità
   • Responsabilizzare può pertanto essere un potente
   strumento per sviluppare i collaboratori, senza
   naturalmente dimenticare che alcuni individui sembrano
   però non volerne proprio sapere
4. Gli strumenti per la gestione
Responsabilizzazione e delega

   Detto questo, come si fa?
   • Definire con molta chiarezza l’oggetto del trasferimento di
   responsabilità
   • Dettagliare quali sono, rispetto al processo o ai processi
   in oggetto, le decisioni che la persona potrà prendere in
   autonomia
   • Stabilire in modo molto chiaro le modalità di
   comunicazione e le necessità di consultazione preventiva
   • Mettere tutto questo preferibilmente in forma scritta e
   firmare congiuntamente
   • E’ consigliabile concordare dei misuratori che permettano
   di valutare con oggettività se la persona che riceve la
   responsabilità soddisfa le aspettative
   • Nella pratica si consiglia anche di prevedere un periodo di
   ‘rodaggio’ durante il quale la persona prende le decisioni
   ma, prima di attuarle, si consulta con il suo ‘capo’.
4. Gli strumenti per la gestione
Riepilogo

   • Selezione
   • Contratti di lavoro, Inquadramento, Remunerazione
   • Ferie, permessi, malattie, recuperi
   • Gestione per obiettivi
   • Colloqui periodici
   • Premi e incentivi
   • Formazione e aggiornamento
   • Specializzazione
   • Responsabilizzazione e delega
5. La comunicazione
La comunicazione è la base di tutto

   • Informazione, comunicazione e condivisione sono gli
   ingredienti di base per la gestione dei collaboratori
   • Un buon livello di comunicazione tra colleghi in farmacia e
   il clima positivo che ne deriva sono il nostro miglior
   strumento di marketing e di sviluppo, oltre che renderci la
   vita quotidiana in farmacia più piacevole
   • Quindi alla comunicazione in tutte le sue forme va
   dedicata cura e attenzione
5. La comunicazione
Alla base della comunicazione

   • La comunicazione è un fenomeno tanto apparentemente
   semplice quanto profondamente complesso
   • La complessità nasce dal fatto che,
   fenomenologicamente, la comunicazione consiste nel far
   interagire due interi ‘mondi’
5. La comunicazione
Alla base della comunicazione

   SIGNIFICATO                                                                            SIGNIFICATO
  INTENZIONALE                                                                            ATTRIBUITO

                                                                FILTRI IN INGRESSO
                           FILTRI IN USCITA
  EMETTITORE

                                                                                                  RICEVENTE
                CONSCIO                                                               CONSCIO
               INCONSCIO                                                             INCONSCIO

                                                   FORMA
                                              RAPPRESENTATA
                                                 con verbale,
                                                 paraverbale
                                                e non verbale
5. La comunicazione
Alla base della comunicazione

   • Mentre quando ci proponiamo di comunicare solitamente
   tutta la nostra attenzione è sul contenuto, è stato
   ampiamente dimostrato che ciò che viene ‘ricevuto’
   dipende in massima parte da altro
   • In particolare nella comunicazione orale si individuano 3
   fattori:
   - Verbale (contenuto espresso a parole)
   - Paraverbale (toni, ritmo, pause, timbro,...)
   - Non verbale (aspetto, postura, gestualità,...)
   • Il verbale mediamente contribuisce solo per il 7% a ciò
   che viene colto dal destinatario
   • In caso di contraddizione tra contenuti e modalità, non vi
   è dubbio che la ‘verità’ viene attribuita alle modalità
5. La comunicazione
Alla base della comunicazione

   • Scopo della comunicazione è normalmente ottenere un
   cambiamento nel destinatario, intendendo per
   cambiamento il fatto che per esempio modifichi un parere,
   decida qualcosa, porti l’attenzione ad un aspetto che gli
   sfugge, viva uno stato d’animo, ‘capisca’ qualcosa, abbia
   un’informazione che prima gli mancava, e così via
   • Per raggiungere questo scopo ci affidiamo alla produzione
   di segni percepibili: sguardi, parole, gesti delle mani, toni,
   ecc.
   • Nel fare ciò siamo condizionati dalla nostra cultura,
   dall’educazione, dal nostro temperamento, dai tratti della
   nostra personalità, da abitudini e consuetudini
5. La comunicazione
Alla base della comunicazione

   • Già l’attribuzione di significato a questi segni non è per
   nulla omogenea in individui diversi: dipende infatti non solo
   dalla intrinseca diversità tra gli individui ma anche dal
   momento e dalla condizione interiore che vivono in quel
   momento
   • In più, indipendentemente dalla nostra volontà, in noi si
   rendono visibili segni che tradiscono le nostre emozioni, i
   nostri impulsi, i nostri pensieri
5. La comunicazione
Alla base della comunicazione

   • Come se non bastasse, questo insieme di segni, di cui
   una parte sono involontari e non consapevoli, viene
   interpretato dal ricevente sulla base dei suoi filtri dovuti più
   o meno agli stessi agenti che condizionano il nostro modo
   di esprimerci
   • A conclusione di questo avventuroso processo, nella
   mente del ricevente si forma un significato che, come
   avrete già capito, può essere anche piuttosto distante da
   quello originario
5. La comunicazione
Alla base della comunicazione

   • Da quanto esposto deriva che se vogliamo comunicare
   qualcosa, dobbiamo preoccuparci di trovare modalità che
   siano adatte al destinatario
   • Per farlo occorre comprendere ‘come funziona’ il nostro
   ricevente
   • Per questo affinamento di capacità può essere molto utile
   tenere conto delle ‘porte d’entrata’ di cui abbiamo parlato al
   punto 3
   • La facoltà di cui stiamo parlando, che richiede di rivolgere
   tutta l’attenzione al nostro interlocutore, astenendoci dal
   giudicare e dal sovrapporre nostri pensieri ed emozioni, si
   chiama ‘ascolto attivo’
5. La comunicazione
La comunicazione “efficace”

   • Esercitare l’ascolto attivo è fondamentale per sviluppare
   le proprie capacità di comunicazione, e bisogna farlo sia
   quando è il nostro interlocutore a manifestarsi, sia quando
   sta solo reagendo ai nostri ‘messaggi’
   • Nel primo caso è utile chiedere conferma se quanto si è
   ‘capito’ corrisponde a quanto l’altro voleva esprimere
   • Nel secondo, dobbiamo osservare con molta attenzione
   come reagisce a ciò che gli stiamo dicendo:
   - Condivide?
   - E’ infastidito?
   - Disapprova?
   - Si annoia e pensa ad altro?
   - Si arrabbia?
   - Si ritira?
   - Si emoziona?
5. La comunicazione
La comunicazione “efficace”

   • Se esercitiamo bene la nostra capacità di ascolto e di
   osservazione siamo a buon punto, ma non basta
   • Infatti, una volta verificato che alcune nostre modalità
   comunicative ‘non funzionano’ con il nostro interlocutore,
   dobbiamo usarne di diverse
   • Ovviamente, questo presuppone che ne siamo capaci
   • Se tali capacità ci mancano, dobbiamo acquisirle…
5. La comunicazione
La comunicazione “efficace”

   • In generale, per comunicare in modo efficace, bisogna
   essere non troppo affezionati a rimanere nelle proprie
   abitudini e pronti e capaci di adottare ‘registri’ diversi da
   quelli per noi abituali
5. La comunicazione
La comunicazione “efficace”

   QUANDO SI ASCOLTA
   - Mettere a proprio agio chi parla (spesso il cliente della
   farmacia è in una condizione psicologica debole)
   - Esercitare l’ascolto attivo (soprattutto per l’anamnesi)
   - Non pensare ad altro, bloccare le associazioni che
   vengono (per esempio, spiegazioni scientifiche poco
   comprensibili per il cliente)
   - Stare contemporaneamente attenti al contenuto, alle
   emozioni e agli impulsi manifestati
                                                                 ►
5. La comunicazione
La comunicazione “efficace”

   - Usare le parole sollecite (ah, sì, certo,…)
   - Guardare negli occhi
   - Avere consapevolezza della propria postura
   - Evitare di interrompere o sovrapporsi con scortesia
   - Astenersi dal reagire giudicando, sia a parole che con altri
   segnali percepibili (ad esempio, atteggiamenti di
   ‘sufficienza’ rispetto all’“ignoranza” del cliente)
   - Se si hanno dei dubbi, chiedere conferma di quanto si è
   capito (meglio farlo una volta di troppo che una di meno)
5. La comunicazione
La comunicazione “efficace”

   QUANDO SI PARLA
   - Mettere a proprio agio chi ascolta (sempre importante,
   perché solitamente sta vivendo un ‘problema’)
   -Avere chiaro l’obiettivo della comunicazione (ad esempio,
   indicare la terapia da seguire, ma allo stesso tempo
   tranquillizzare)
   - Avere presente le caratteristiche comunicative
   dell’interlocutore, i suoi ‘filtri in ingresso’ (cultura, biografia,
   situazione presente, credenze,…) (soprattutto la proprietà
   di linguaggio: esprimersi con semplicità, in modo
   comprensibile per l’altro)
                                                                      ►
5. La comunicazione
La comunicazione “efficace”

   - Gestire consapevolmente gli aspetti non verbali (tono,
   gesti, postura, ecc) (non mettersi ‘sopra’, ma trasmettere
   comprensione per la sofferenza e volontà d’aiuto)
   - Avere presente i propri ‘filtri in uscita’ e compensarli se
   necessario, in relazione all’interlocutore (tendenza a
   parlare troppo in fretta o troppo lento, a saltare passaggi, a
   essere monotono, a essere poco chiaro, o troppo
   descrittivo, o troppo scarno, ecc)
   - Se il tipo di comunicazione lo rende opportuno, richiedere
   un feedback per verificare cosa l’interlocutore ha capito
   (anche qui, meglio una volta in più che una in meno)
5. La comunicazione
Riepilogo

   • La comunicazione è alla base di tutto
   • Alla base della comunicazione
   • La comunicazione “efficace”
6. I conflitti
Il conflitto

   • Nella fenomenologia del conflitto riconosciamo tre
   dimensioni:
   - I comportamenti
           gli atti osservabili compiuti dagli attori (ad esempio
           delle frasi dette in una disputa verbale, o degli atti di
           violenza)
   -Le percezioni
           il punto di vista soggettivo a partire dal quale gli
           attori "vedono" se stessi, la controparte, il conflitto, e
           la relazione nel suo complesso
   -Il problema di fondo
           Il problema (o i problemi) alla base del conflitto: ad
           esempio la questione dell’ordine in archivio, dei turni
           notturni, delle modalità con cui la farmacia si
           rapporta ai mendicanti che entrano...
6. I conflitti
Realtà e percezioni

                                                                                      FATTO RAPPRESENTATO
                                                                                              DA 2

                                                               FILTRI IN INGRESSO
  OSSERVATORE 1

                              FILTRI IN INGRESSO

                                                                                                  OSSERVATORE
                   CONSCIO                                                           CONSCIO

                                                                                                       2
                  INCONSCIO                                                         INCONSCIO

                                                     FATTO
                                                   OGGETTIVO
6. I conflitti
Le fonti del conflitto

   • Le possibili fonti del conflitto non sono niente altro che
   tutti i fattori che fanno essere le persone ciò che sono e
   una diversa dall’altra
   • In particolare il conflitto scatta se si verifica un episodio
   che da uno degli attori viene visto come favorevole al
   secondo attore, a proprio danno
   • Quell’attore vede nell’episodio la perdita o la mancata
   acquisizione di un valore desiderato
   • A volte viene vissuta come danno per sé l’impressione
   che un episodio in cui non si è per nulla coinvolti vada a
   beneficio dell’altro
   • Ciò che da un individuo viene considerato come un
   valore, è sempre in relazione a qualche suo bisogno
   (Maslow)
6. I conflitti
Evoluzione del conflitto

   • Una volta innescato il conflitto, succede che il significato
   ed il valore attribuiti ai fatti nell’interazione tra i due soggetti
   sono sempre più distorti
   • Quindi un conflitto una volta avviato, se non si esercita
   un’azione volontaria volta alla risoluzione, tende
   fisiologicamente a peggiorare
   • E’ molto importante, in quest’ottica, tenere conto della
   ‘punteggiatura’
6. I conflitti
La punteggiatura

   • La punteggiatura è un concetto introdotto da Paul Watzlawick
   che, nel Mental Research Institute di Palo Alto’ dagli anni ’60, ha
   posto i fondamenti della pragmatica della comunicazione umana
   • Egli ci dice che la natura di una relazione dipende dalla
   punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i partecipanti
   • Significa che io interpreto il comportamento dell’altro sulla base
   di quando ritengo che lo scambio sia cominciato, e, quindi, di chi
   abbia la ‘responsabilità’ della prima mossa, soprattutto se
   percepita come ostile
   • In sostanza, stiamo parlando di ciò che succede quando io mi
   ritrovo a pensare: “ha cominciato lui, io ho solo reagito”
   • E’ evidente che l’individuazione del punto di partenza della
   catena di scambi comunicativi si presta a differenze dipendenti
   dal punto di vista
6. I conflitti
Gli effetti del conflitto

   •     Clima aspro
   •     Musi lunghi, non c’è buon umore
   •     Non si scherza e non si ride
   •     Tutto viene frainteso
   •     Ogni piccolezza diventa un problema
   •     Mancanza di collaborazione
   •     Non si vede l’ora di andarsene
   •     Senso anche fisico di costrizione

                                               ►
6. I conflitti
Gli effetti del conflitto

   •     Si ha paura di subire danni
   •     Non ci si fida più
   •     Si diventa sospettosi
   •     Gioco di squadra gravemente compromesso
   •     Perdita di lucidità
   •     Aumentano gli errori e le dimenticanze
   •     ...e i clienti se ne accorgono e si allontanano
6. I conflitti
Come superare il conflitto

   •   Di solito occorre l’aiuto di un ‘mediatore’
   •   Cercare di contenere la reattività e l’emotività, quindi
       non agire quei comportamenti che alimentano il conflitto
   •   Cercare un incontro sul piano squisitamente umano,
       dimenticando per un attimo il problema
   •   Sforzarsi di vedere i fatti dal punto dell’altro
   •   Sottolineare i punti di accordo e rafforzare tutti gli
       elementi che accomunano invece di dividere
   •   Cercare di riconoscere la legittimità delle attese
       dell’altro
   •   Analizzare bene i fatti, cercando di distinguerli
       nettamente dai significati attribuiti
                                                             ►
6. I conflitti
Come superare il conflitto

   •   Cercare di capire quali sono i valori che ognuno dei
       soggetti teme di perdere o di non acquisire
   •   Fare uno sforzo creativo alla ricerca di una possibile
       opzione risolutiva che salvaguardi tutte le aspettative di
       entrambi
   •   Se non la si trova, individuare la soluzione, tra quelle
       possibili, che dà risposta nel modo più equo alle
       aspettative di entrambi
   •   Fare osservare che non sembrano esistere soluzioni
       migliori, quindi che quella individuata, seppur non
       perfetta, è la più ragionevole
   •   NOTA: alcuni conflitti hanno radici così profonde che i
       suggerimenti dati non sono sufficienti…
6. I conflitti
Riepilogo

   • Il conflitto
   • Realtà e percezione
   • Le fonti del conflitto
   • I bisogni dell’individuo
   • Evoluzione del conflitto
   • La punteggiatura
   • Gli effetti del conflitto
   • Come superare il conflitto
Riepilogo finale

  1.   Cosa significa “gestire” e perché farlo
  2.   I singoli e il team
  3.   Essere un buon leader
  4.   Gli strumenti per la gestione
  5.   La comunicazione
  6.   I conflitti
Conclusioni

  • La gestione dei collaboratori è una attività complessa e
  necessita di cura e attenzione costante
  • Richiede molte capacità
  • Queste capacità possono essere acquisite
  • Ha strettamente a che fare con il rapporto tra essere
  umani
  • Per questo occorre una disponibilità e volontà rispetto
  all’incontro
  • Occorre anche disponibilità all’autocritica, a mettersi in
  gioco, a cambiare

                                                                 ►
Conclusioni

  • Impegnarsi nella miglior gestione dei collaboratori
     - Porta risultati sul piano aziendale
     - Aumenta le potenzialità con cui affrontare il futuro
     - Rende più piacevole il lavoro quotidiano
     - Ci fa crescere come essere umani
     - Si traduce in benefici a vari livelli per i nostri clienti-
     pazienti
     - Rende la nostra farmacia migliore

                E’ UN IMPEGNO BEN RIPAGATO
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