L'Italia candida ufficialmente Milano a terza sede centrale dell'upc al posto di Londra - Filodiritto

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Tribunale Bologna 24.07.2007, n.7770 - ISSN 2239-7752
                                               Direttore responsabile: Antonio Zama

      L’Italia candida ufficialmente Milano a terza sede
              centrale dell’upc al posto di Londra
                                                   05 Ottobre 2020
                                                     Cesare Galli

Nel corso della riunione del 10 settembre scorso del Preparatory Committee della Unified Patent Court,
convocata in videoconferenza per discutere tra l'altro degli effetti del ritiro della ratifica dell'Agreement
istitutivo della Corte da parte del Regno Unito, l’Italia ha preannunciato l’intenzione di presentare la
candidatura di Milano quale nuova sezione distaccata della sede centrale della UPC in sostituzione di
Londra. Altre candidature potrebbero essere quelle di Amsterdam e Copenaghen.
Il Report emesso al termine della riunione del Comitato Preparatorio non fa espresso riferimento a questo
tema e spiega genericamente che “issues concerning the effects of the UK withdrawal were discussed as
well as appropriate ways forward” e che “Good progress was made and the Committee is confident that
pragmatic and legally sound solutions will be found that will enable the unitary patent system to be
functional in a near future”
Il Ministero degli Esteri italiano ha invece rilasciato un comunicato più articolato, secondo cui il Comitato
avrebbe " confermato la volontà degli Stati partecipanti di assicurare l’entrata in vigore del TUB non
appena sarà completato l’iter delle ratifiche, e auspicabilmente già agli inizi del 2021” e che “Per
consentirlo, ha approvato una provvisoria ridistribuzione di competenze della sede di Londra fra le sedi
esistenti di Parigi e Monaco di Baviera, a condizione tuttavia che si tratti di una soluzione di breve periodo,
in attesa che l’Accordo entri in vigore e che l’Italia possa avviare, d’intesa con gli altri Stati firmatari, la
procedura di modifica dell’Accordo per includervi Milano quale terza sede della divisione centrale
Tribunale”.
L’articolo 7.2 dell’Accordo istitutivo del TUB prevede che “La divisione centrale ha la propria sede a
Parigi, con sezioni a Londra e a Monaco. I casi dinanzi alla divisione centrale sono distribuiti
conformemente all'allegato II, che costituisce parte integrante del presente accordo” (e che stabilisce che
alla sezione di Londra vadano essenzialmente le cause su brevetti farmaceutici e Life Science).
Ora, a seguito della Brexit, il principio di conservazione dei trattati, ricavabile anche dalla Convenzione
di Vienna del 1969 sul Diritto dei Trattati, impone che questa norma vada interpretata nel senso che, a
seguito del recesso del Regno Unito, la sede centrale continua ad avere due sezioni distaccate, com’era
prescritto, e che semplicemente la sede di Londra deve essere riassegnata. Di conseguenza, solo
temporaneamente – in via di deroga all’Agreement – le sue competenze possono essere ripartite tra Parigi e
Monaco, essendo stabilito che, a una scadenza prefissata, dovrà essere riassegnata la sede di Londra.
Ciò significa che una sede centrale con due sezioni distaccate è prevista dall’Agreement e una sede centrale
con due sezioni distaccate deve rimanere, anche se una di queste due sedi è divenuta indisponibile e va
sostituita con un’altra sede distaccata.
Naturalmente, è possibile anche un'interpretazione alternativa (che pare però contraria a corretti canoni di
interpretazione dei Trattati), ossia quella per cui a seguito del recesso del Regno Unito, la sezione
distaccata di Londra semplicemente cessa e quindi le sue competenze vengono automaticamente ripartite
tra Parigi e Monaco. L'Italia dovrebbe evidentemente esprimere il suo più fermo dissenso verso questa
interpretazione, che comporterebbe come conseguenza che solo una modifica dell'Accordo, che richiede
l’unanimità dei firmatari e poi tutte le loro ratifiche, potrebbe nuovamente istituire questa seconda sezione
distaccata: ciò infatti renderebbe la candidatura di Milano giuridicamente inesistente e le possibilità che
Milano diventi la terza sede centrale sarebbero praticamente pari a zero. Questo dissenso sarebbe a più
forte ragione doveroso se si proponesse a tal fine di avvalersi del paragrafo 2 dell’articolo 87 dell’Accordo
, dedicato alle revisioni, che prevede che “Il comitato amministrativo può modificare il presente accordo al
fine di adeguarlo a un trattato internazionale in materia di brevetti o al diritto dell'Unione” (in questo caso,
con un’interpretazione forzata e criticabile, al recesso del Regno Unito): il paragrafo 3 della medesima
norma prevede infatti che “Una decisione del comitato amministrativo adottata sulla base dei paragrafi 1 e
2 non ha effetto giuridico se uno Stato membro contraente dichiara, entro dodici mesi dalla data della
decisione, sulla base delle relative procedure decisionali interne pertinenti, che non vuole essere vincolato
dalla decisione. In tal caso, è convocata una conferenza di revisione degli Stati membri contraenti”;
in questa ipotesi l'Italia, oltre a contestare il ricorso all'articolo 87 in termini generali, dovrebbe
dichiarare di non voler essere vincolata a tale decisione.
In questa prospettiva la scelta di Milano non è certamente obbligata, ma merita di essere presa in seria
considerazione, per molteplici ragioni. In primo luogo, i criteri a suo tempo seguiti per designare Londra (il
Regno Unito era al terzo posto per numero di brevetti e l’Italia era quarta). In secondo luogo, dall’Italia
viene il 52% dei farmaci venduti nell’Unione Europea, dunque anche sotto questo profilo l’Italia è il
candidato ideale per ospitare la sezione della UPC che si occupa di brevetti farmaceutici. In terzo luogo,
l’Italia in tutto il mondo è simbolo di qualità della vita, con la sua grande bellezza, con la sua cultura
enogastronomica, con la sua moda e il suo design, ma anche con i suoi settori più innovativi, come il
biomedicale, la meccanica, la meccatronica, l’intelligenza artificiale applicate anzitutto proprio ai settori
che con la vita hanno a che fare, e con tutto l’indotto che queste attività creano. Milano, in particolare, è la
città più europea del paese, posta al centro di un’area che, nonostante il Covid, rimane tra le più forti
d'Europa, specie sul piano delle imprese innovative e della ricerca, anche universitaria, con poli di
eccellenza assoluta come Politecnico, San Raffaele, Humanitas, non a caso tutti attivi nei settori
Pharma e Life Science.
 Questa è una ricchezza che può aiutare tutta l’Europa a competere nel mondo globale e la scelta di Milano
come una sede delle sedi centrali dell’UPC contribuirebbe quindi all’immagine dell’Europa a livello
mondiale.
L’Europa del post-Covid deve infatti puntare a progetti e programmi che consentano la valorizzazione
reciproca delle sue imprese di eccellenza, dei territori in cui gravitano e dell’intera UE, come fattore
competitivo sui mercati mondiali. Il sistema economico europeo dovrà infatti venire sostenuto non con
l’assistenzialismo, ma attraverso aiuti mirati a ricostruire le condizioni per una ripresa della crescita,
avendo ben presenti le nuove domande del mercato di domani, dato che i cambiamenti nel modo di
lavorare e anche le nuove professioni che inevitabilmente la “guerra al coronavirus” sta introducendo non
potranno venire tutti dimenticati, anche perché presentano aspetti positivi per la vita e la sostenibilità
ambientale. Il nuovo sviluppo dovrà cioè rispondere al bisogno di qualità della vita che questa crisi ha
portato in primo piano e che significa anzitutto salute, ma allo stesso modo tutela dell’ambiente,
dell’abitazione domestica, benessere, sicurezza (anche delle comunicazioni), comfort, possibilità di
conciliare le esigenze lavorative con quelle personali e familiari.
Dunque l’assegnazione a Milano di una delle tre sedi centrali del Tribunale Unificato dei Brevetti è
molto di più di un’istituzione UE da portare in Italia: è un tassello importante di un progetto realistico
di rilancio e di riqualificazione dell’economia europea dopo l’emergenza Covid-19, che parta da una chiara
visione del futuro basata sui punti di forza delle varie regioni d’Europa e sui modi concreti per valorizzarli.
ella sede centrale della UPC in sostituzione di Londra. Altre candidature potrebbero essere quelle di
Amsterdam e Copenaghen.
Il Report emesso al termine della riunione del Comitato Preparatorio non fa espresso riferimento a questo
tema e spiega genericamente che “issues concerning the effects of the UK withdrawal were discussed as
well as appropriate ways forward” e che “Good progress was made and the Committee is confident that
pragmatic and legally sound solutions will be found that will enable the unitary patent system to be
functional in a near future”

   Il Ministero degli Esteri italiano ha invece rilasciato un
   comunicato più articolato, secondo cui il Comitato avrebbe "
   confermato la volontà degli Stati partecipanti di assicurare
   l’entrata in vigore del TUB non appena sarà completato l’iter
   delle ratifiche, e auspicabilmente già agli inizi del 2021” e che
   “Per consentirlo, ha approvato una provvisoria ridistribuzione
   di competenze della sede di Londra fra le sedi esistenti di Parigi
   e Monaco di Baviera, a condizione tuttavia che si tratti di una
   soluzione di breve periodo, in attesa che l’Accordo entri in
   vigore e che l’Italia possa avviare, d’intesa con gli altri Stati
   firmatari, la procedura di modifica dell’Accordo per includervi
   Milano quale terza sede della divisione centrale Tribunale”.
L’articolo 7.2 dell’Accordo istitutivo del TUB prevede che “La divisione centrale ha la propria sede a
Parigi, con sezioni a Londra e a Monaco. I casi dinanzi alla divisione centrale sono distribuiti
conformemente all'allegato II, che costituisce parte integrante del presente accordo” (e che stabilisce che
alla sezione di Londra vadano essenzialmente le cause su brevetti farmaceutici e Life Science).
Ora, a seguito della Brexit, il principio di conservazione dei trattati, ricavabile anche dalla Convenzione
di Vienna del 1969 sul Diritto dei Trattati, impone che questa norma vada interpretata nel senso che, a
seguito del recesso del Regno Unito, la sede centrale continua ad avere due sezioni distaccate, com’era
prescritto, e che semplicemente la sede di Londra deve essere riassegnata. Di conseguenza, solo
temporaneamente – in via di deroga all’Agreement – le sue competenze possono essere ripartite tra Parigi e
Monaco, essendo stabilito che, a una scadenza prefissata, dovrà essere riassegnata la sede di Londra.
Ciò significa che una sede centrale con due sezioni distaccate è prevista dall’Agreement e una sede centrale
con due sezioni distaccate deve rimanere, anche se una di queste due sedi è divenuta indisponibile e va
sostituita con un’altra sede distaccata.
Naturalmente, è possibile anche un'interpretazione alternativa (che pare però contraria a corretti canoni di
interpretazione dei Trattati), ossia quella per cui a seguito del recesso del Regno Unito, la sezione
distaccata di Londra semplicemente cessa e quindi le sue competenze vengono automaticamente ripartite
tra Parigi e Monaco. L'Italia dovrebbe evidentemente esprimere il suo più fermo dissenso verso questa
interpretazione, che comporterebbe come conseguenza che solo una modifica dell'Accordo, che richiede
l’unanimità dei firmatari e poi tutte le loro ratifiche, potrebbe nuovamente istituire questa seconda sezione
distaccata: ciò infatti renderebbe la candidatura di Milano giuridicamente inesistente e le possibilità che
Milano diventi la terza sede centrale sarebbero praticamente pari a zero. Questo dissenso sarebbe a più
forte ragione doveroso se si proponesse a tal fine di avvalersi del paragrafo 2 dell’articolo 87 dell’Accordo
, dedicato alle revisioni, che prevede che “Il comitato amministrativo può modificare il presente accordo al
fine di adeguarlo a un trattato internazionale in materia di brevetti o al diritto dell'Unione” (in questo caso,
con un’interpretazione forzata e criticabile, al recesso del Regno Unito): il paragrafo 3 della medesima
norma prevede infatti che “Una decisione del comitato amministrativo adottata sulla base dei paragrafi 1 e
2 non ha effetto giuridico se uno Stato membro contraente dichiara, entro dodici mesi dalla data della
decisione, sulla base delle relative procedure decisionali interne pertinenti, che non vuole essere vincolato
dalla decisione. In tal caso, è convocata una conferenza di revisione degli Stati membri contraenti”;
in questa ipotesi l'Italia, oltre a contestare il ricorso all'articolo 87 in termini generali, dovrebbe
dichiarare di non voler essere vincolata a tale decisione.
In questa prospettiva la scelta di Milano non è certamente obbligata, ma merita di essere presa in seria
considerazione, per molteplici ragioni. In primo luogo, i criteri a suo tempo seguiti per designare Londra (il
Regno Unito era al terzo posto per numero di brevetti e l’Italia era quarta). In secondo luogo, dall’Italia
viene il 52% dei farmaci venduti nell’Unione Europea, dunque anche sotto questo profilo l’Italia è il
candidato ideale per ospitare la sezione della UPC che si occupa di brevetti farmaceutici. In terzo luogo,
l’Italia in tutto il mondo è simbolo di qualità della vita, con la sua grande bellezza, con la sua cultura
enogastronomica, con la sua moda e il suo design, ma anche con i suoi settori più innovativi, come il
biomedicale, la meccanica, la meccatronica, l’intelligenza artificiale applicate anzitutto proprio ai settori
che con la vita hanno a che fare, e con tutto l’indotto che queste attività creano. Milano, in particolare, è la
città più europea del paese, posta al centro di un’area che, nonostante il Covid, rimane tra le più forti
d'Europa, specie sul piano delle imprese innovative e della ricerca, anche universitaria, con poli di
eccellenza assoluta come Politecnico, San Raffaele, Humanitas, non a caso tutti attivi nei settori
Pharma e Life Science.

   Questa è una ricchezza che può aiutare tutta l’Europa a
   competere nel mondo globale e la scelta di Milano come una sede
   delle sedi centrali dell’UPC contribuirebbe quindi all’immagine
   dell’Europa a livello mondiale.
L’Europa del post-Covid deve infatti puntare a progetti e programmi che consentano la valorizzazione
reciproca delle sue imprese di eccellenza, dei territori in cui gravitano e dell’intera UE, come fattore
competitivo sui mercati mondiali. Il sistema economico europeo dovrà infatti venire sostenuto non con
l’assistenzialismo, ma attraverso aiuti mirati a ricostruire le condizioni per una ripresa della crescita,
avendo ben presenti le nuove domande del mercato di domani, dato che i cambiamenti nel modo di
lavorare e anche le nuove professioni che inevitabilmente la “guerra al coronavirus” sta introducendo non
potranno venire tutti dimenticati, anche perché presentano aspetti positivi per la vita e la sostenibilità
ambientale. Il nuovo sviluppo dovrà cioè rispondere al bisogno di qualità della vita che questa crisi ha
portato in primo piano e che significa anzitutto salute, ma allo stesso modo tutela dell’ambiente,
dell’abitazione domestica, benessere, sicurezza (anche delle comunicazioni), comfort, possibilità di
conciliare le esigenze lavorative con quelle personali e familiari.
Dunque l’assegnazione a Milano di una delle tre sedi centrali del Tribunale Unificato dei Brevetti è
molto di più di un’istituzione UE da portare in Italia: è un tassello importante di un progetto realistico
di rilancio e di riqualificazione dell’economia europea dopo l’emergenza Covid-19, che parta da una chiara
visione del futuro basata sui punti di forza delle varie regioni d’Europa e sui modi concreti per valorizzarli.

TAG: Regno Unito, Unione Europea, Covid-19, Londra

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