L'ETERNO RITORNO DEL NERO NELLA MODA
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L’ETERNO RITORNO DEL NERO NELLA MODA DI RENATA MOLHO Rappresenta un distinguo unificante. Il nero Il nero riassume riassume gli estremi dell’eterna dicotomia gli estremi della dicotomia nella quale si dibatte la moda: esclusività e nella quale diffusione. Può essere concettuale, geometrico la moda si è o gotico, può adeguarsi ai piu differenti stili, sempre dibattuta: e non va percepito come sottrazione, ma, esclusività al contrario, come somma di colori e di e diffusione. significati, come un monocromo di Klein. Il suo valore, Con il nero il pensiero potrebbe sembrare come segno e inespresso, ma in realtà è sintesi di potenza, come espressione semplicemente si addensa, disegnando di un pensiero il perimetro, definendo la silhouette. visivo, è chiaro fin dal ‘400. Tutti ne subiscono il fascino perchè sottolinea Tutti ne subiscono il rapporto della figura con lo spazio e vicever- il fascino, sa: è come se lo spazio si aprisse per lasciarle perché è simbolo posto. Più che mai presente nella moda, anche di eleganza la sua storia recente, quella del novecento, e purezza, lo vede periodicamente protagonista. e sottolinea Con un andamento ondivago lo si riscopre il rapporto e lo si esalta, adattandolo all’esigenza della figura del momento. Cosi, è con Coco Chanel che con lo spazio. il colore si riduce. Il suo leggendario tubino Rassegna propone questo nero, accompagnato dalle abbondanti collane contributo critico, di perle connota il primo dopoguerra, nel contesto oltre a introdurre un’idea di semplificazione, della mostra sposta la destinazione del nero: non solo “Il Cavaliere relegato ad alcune occasioni, ma utilizzato in nero”, anche per il giorno. Gi esistenzialisti, poi in corso al Museo segnano un’altra tappa importante. Poldi Pezzoli Lo adottarono a oltranza, nei maglioni neri di Milano fino al a collo alto che rappresentavano il grado zero, 15 gennaio 2006, il rifiuto delle sovrastrutture, nei giubbotti con il sostegno della Banca neri, che diedero il nome ai blouson noir, Regionale i ragazzi stessi che li indossavano. Inevitabile Europea. collegare l’immagine a quelle fumose delle caves parigine e a Juliette Gréco. Un paio di decenni piu tardi, a metà degli anni 70 arrivarono i Punk , con il loro motto “no future”. Alla base dell’ estetica nichilista, inventata da Vivienne Westwood e Malcolm Mclaren che seppero interpretare visivamente il disagio, ci stavano il nero, le spille da balia, le borchie e la pelle lucida dei pantaloni attillati e le calze smagliate. Copiata e divenuta una moda, quella dei punk rimane un’espres- sione moderata, rispetto a quella dei successivi dark, che rifiutarono qualsiasi mediazione o ironia: se i primi indulgevano nei colori sgargianti dei capelli, stemperando la severità del tutto nero, i dark avrebbero mostrato tutta la loro intransigenza scegliendo solo e unicamente il nero per esprimersi. Sopra: John S. Sargent Madame Pierre Gautreau, 1884. Metropolitan Museum, New York. 38 • R A S S E G N A N. 2 0 INVERNO 2005-2006
A fianco: Madame Villiers, Madame Soustras, 1802. Museo del Louvre, Parigi. 39 • R A S S E G N A N. 2 0 INVERNO 2005-2006
Qui il nero diventava una ridondanza semio- tica, un grido ancora piu acuto nel buio. Ma è alla fine degli anni 80 che tutto cambia veramente. Con l’arrivo a Parigi degli stilisti giapponesi, Yamamoto, Miyake, Comme des Garçons, si sarebbe ribaltato e ridefinito il linguaggio di moda, se ne sarebbero smorzati i toni, arricchendolo per sottrazione. Il nero che, malgrado alcuni episodi, era, come già detto, relegato ad alcune occasioni, che andavano dal lutto alla serata importante, o comunque appartenevano a una iconografia circoscritta, assume un nuovo significato e torna a diventare simbolo di eleganza e purezza. Arriva a rappresentare un distinguo tra l’estetica colta e e una più ingenua e grossolana, che mette il colore al centro. Tanto che alcune categorie sociali si travesti- ranno definitivamente, soffocando qualsiasi esuberanza cromatica, e trasformando total- mente il proprio guardaroba, diventando a tratti dei fanatici. E le folle del mondo si trovarono vestite di nero, richiamando alla mente un brano di Dickens, in David Copperfield, nel quale descrive l’inghilterra e Londra come un grande e lungo funerale. Ma il fenomeno lo si può leggere come un necessario momento di sincerità, una sorta di momento catartico della moda, nel quale si esprime nel suo duplice valore, quello di vitalità e di morte, nel suo contenere l’inizio e la fine stessa. Come un fiume carsico, la fascinazione per il nero, a volte sembra scomparsa, sopraffatta da differenti entusiasmi, ma, immancabil- mente, dopo qualche stagione, torna a scorrere in superficie, travolgendo e oscurando i rosa, i turchesi e cocedendo un piccolo spazio solo al blu e ai toni neutri, che gli fanno da contraltare, e imponendosi di nuovo con decisione. Cosi è attualmente: il ritorno del nero, infatti, è stato decretato dalla collezione di Prada per l’inverno 2005/ 2006. Il valore del nero, come segno e come espressione di un pensiero visivo, è chiaro fin dalle sue prime manifestazioni quattrocentesche e in seguito nella sua massima diffusione tra la seconda metà del XVI sec. e la prima metà del secolo seguente. Lo era sia nel mondo cattolico che in quello riformato. L’abbigliamento femminile, natu- ralmente più che quello maschile, ha permesso di smorzare il rigore del nero, attraverso molteplici invenzioni sartoriali. 40 • R A S S E G N A N. 2 0 INVERNO 2005-2006
Preziosità e decorazioni, tagli e costruzioni, giochi di proprzioni: è interessante vedere le analogie tra gli abiti più recenti e quelli antichi: cambiano le fogge, pur restando frequenti le ispirazioni e i rimandi tra oggi e ieri. Dall’uso del lutto come status symbol si è arrivati all’assunzione contemporanea dei due significati (civile e luttoso) che nella moda ottocentesca maschile, raggiunse addi- rittura un valore sociale mai più abbandonato. Parliamo di quella che Flugel definì “La grande rinuncia”, e che aveva il duplice scopo di democratizzare il guardaroba e la rappresentazione di sè, e di dare rilievo, di sottolineare l’importanza della figura femminile in società. Un argomento complesso e ricco, trasversale, si direbbe oggi, che riserva letture differenti. Nero come astrazione, dunque, come spiritualità. Come espressione ascetica. Ma anche come consapevolezza dello spazio che si occupa. E ancora, nero come mortifica- zione, come rinuncia e, totalmente all’oppo- sto: nero come strumento della seduzione. Distinguo intellettuale, dunque, ancor prima che gerarchico, il nero lo si adotta per molte ragioni, tra le quali, la più pratica e attuale: ci lascia fuori dal giudizio. Racconta comunque di un’appartenenza che può essere reale o millantata, ma è resa facile esattamente dalla moda, che, ci permette di scegliere tra tante identità possibili. Minimalista o barocco, lineare o frastagliato, il nero è segno di consapevolezza. In alto: Hans Mielich, il futuro duca Alberto di Baviera in abito da sposo, 1545. Bayerische Staatsgëmaldesamlung, Monaco. Nella pagina a fianco, in alto: Krine, ritratto di giovane signora, 1830/35. Museo dell'Hermitage, San Pietroburgo. 41 • R A S S E G N A N. 2 0 INVERNO 2005-2006
CARLO E FEDERICO LA VOCE DEI BORROMEO NELLA MILANO SPAGNOLA DI PAOLO BISCOTTINI DIRETTORE DEL MUSEO DIOCESANO Carlo e Federico, nonostante la profonda La mostra La sua spiritualità si espresse largamente è in corso al nella cultura, considerando lo scrivere diversità, sono tra i capisaldi della storia Museo Diocesano della Chiesa ambrosiana, che riconosce di Milano, fino al un modo di servire Dio e l’arte un prezioso in loro i continuatori della tradizione 7 maggio 2006, strumento per la comprensione del progetto di Ambrogio e gli interpreti di una città che, con il sostegno divino. fra le alterne vicende, aveva saputo perfino della Banca Il Museo Diocesano con questa rassegna rinunciare al suo ruolo politico di capitale, Regionale guarda a entrambi, nella convinzione della senza mai perdere il senso dell’eccellenza Europea. loro centralità nella storia della Chiesa in ogni campo e mantenere alto nel tempo ambrosiana dopo il Concilio di Trento. un primato culturale. Da un punto di vista strettamente artistico La mostra nasce da questa convinzione la grandezza di Federico è fuori dubbio ma e a essa affida la lettura di un’epoca, da Carlo essa non avrebbe avuto un ruolo trainante a Federico per l’appunto, quanto mai intensa e fortemente innovativo, se non si fosse di trasformazioni e avvenimenti e suggestiva rispecchiata nella personalità e nell’eroicità di chiari e scuri. E se ogni epoca è natural- di Carlo. E in questo mente di passaggio fra un prima e un poi, scorrere del tempo quanto mai lo è questa dei due Borromeo: e delle idee questa in arte si va dal rigore del classicismo tardo mostra si pone come cinquecentesco al pietismo scenografico una pausa di riflessione e vibrante dei primi decenni del Seicento; e, lo vorremmo, nello sviluppo degli eventi dalla peste di contemplazione di San Carlo (1576-77) a quella manzoniana della bellezza e del (1629-32), diversamente vissute dagli mistero di Dio nell’arte. spagnoli e forse anche dai due Borromeo. San Carlo voleva fare di Milano una sorta di civitas Dei, Federico pensava alla Diocesi Per informazioni di Milano come alla chiesa di San Carlo, alla e prenotazioni: telefono 02 89420019 cui imitazione si dedicò appassionatamente. www.museodiocesano.it info@museodiocesano.it Orari: martedì - domenica 10/18 - lunedì non festivi chiuso A fianco, da sinistra: Ambrogio Figino, ritratto di San Carlo Borromeo; pittore lombardo del XVII secolo, ritratto di Federico Borromeo. Milano, Pinacoteca Ambrosiana. 42 • R A S S E G N A N. 2 0 INVERNO 2005-2006
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