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JUS- ONLINE 6/2020
ISSN 1827-7942
RIVISTA DI SCIENZE GIURIDICHE
a cura della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano

                            ALESSANDRO MAZZULLO
     Dottorando in Diritto privato del mercato, Università La Sapienza di
                                    Roma

    Disclosure e sustainable finance. Dall'informazione del cliente
             alla conformazione del mercato sostenibile

English title: Disclosure and sustainable finance. From informing the
client to conforming the sustainable market
DOI: 10.26350/18277942_000014

         Sommario: 1. La trasparenza come strumento di efficienza del
         mercato. 2. Dal dovere di informare al dovere di far comprendere. 3.
         La non-financial disclosure per gli enti di interesse pubblico. 4. Dalla
         trasparenza per informare alla trasparenza per conformare il
         mercato. 5. Dal mercato dei prodotti finanziari sostenibili alla
         sostenibilità come prodotto del mercato finanziario. 5.1. Il
         framework normativo europeo. 5.2. La disclosure ESG nella
         Direttiva IORP II e SRD II. 5.3. Il Reg. UE n. 2019/2088, come
         modificato dal Reg. UE n. 2020/852.

1.       La trasparenza come strumento di efficienza del mercato

La trasparenza rappresenta, tradizionalmente, uno dei principali obiettivi
della disciplina dei mercati finanziari1.
Già alla fine del XIX secolo, il contenuto principale dei fiduciary duties
gravanti sul broker consisteva in obblighi di carattere prevalentemente
informativo nei confronti del proprio client 2 : i) non solo riguardo al
compimento delle varie operazioni che contraddistinguevano il rapporto
di investimento3; ii) ma anche in relazione ai possibili conflitti di interesse
(c.d. no conflict rule); all’esistenza di meccanismi di incentivazione
economica ulteriori rispetto alla commissione (c.d. no profit rule)4; iii) o,


  Il contributo è stato sottoposto a double blind peer review.
1 Cfr. P. Lucantoni, L’informazione da prospetto. Struttura e funzione nel mercato
regolato, Giuffrè, 2020, p. 1; R. Costi, Il mercato mobiliare, Giappichelli 2018, p. 6.
2 Sul punto, si veda D. Imbruglia, Regola di adeguatezza e validità del contratto, in

Europa e Diritto Privato, fasc.2, 2016, pag. 335.
3 Si veda Supreme Court of New York, 1880, Hoffman v. Livingstone, 46 N. Y. Sup. Ct.

552
4 Si veda House of Lords, 18-12-1895, Bray v. Ford, [1896] AC 51.

VP VITA E PENSIERO
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ancora, alla possibile coesistenza, in capo al broker, della posizione di
buyer e seller 5.
Si trattava di obblighi che non nascevano dal singolo contratto, ma dal
rapporto fiduciario (più specificamente di agency6) che legava client e
broker e che derogava alla logica comune del caveat emptor7.
Com’è stato acutamente sottolineato8, dal punto di vista strutturale, tali
norme operavano sul piano delle regole di condotta, più che di validità. La
conseguenza della violazione di tali obblighi di trasparenza, in altri
termini, non inficiava gli effetti del contratto, ma la responsabilità del
contraente scorretto su cui gravava l’obbligo alternativo di disclose or
abstain.
Al client, in realtà, erano riconosciute anche altre forme di tutela, come: i)
il diritto al c.d. disgorgement, ovvero all’attribuzione a sè del guadagno
ottenuto dal broker tramite la violazione dei propri doveri fiduciari; ii) il
diritto alla risoluzione del rapporto di brokeraggio; iii) o, infine, il diritto
al disconoscimento degli effetti dell’attività d’intermediazione finanziaria
svolta, per suo conto, dal broker scorretto9.
Il breach of a fiduciary duty, tuttavia, non inficiava la possibilità
giuridica del rapporto. La dimensione degli interessi tutelati, d’altronde,
rimaneva essenzialmente relegata alla relazione negoziale tra le parti; alla
specificità del rapporto fiduciario di agency dentro cui si collocava il
contratto di brokeraggio.

5 Cfr. Court of Appeals of the State of New York, 31-05-1881, Levy v. Loeb. Al riguardo,
come ricorda D. Imbruglia, ult. op. cit., da notare la diversa regola operante in
Inghilterra (c.d. di single capacity) che vietava al broker di scambiare titoli propri.
6 Sull’esistenza o meno, all’interno del dibattito giurisprudenziale nord-americano, di

un automatismo tra rapporto di agency e fiduciary relationship, si veda l’indirizzo
maggioritario espresso da Supreme Court of Colorado, 12-05-1986, Paine, Webber,
Jackson & Curtis v. Adams, 718 P. 2d 516, secondo cui: “[the] fiduciary nature of a
broker-customer relationship is a factual issue”.
7 La formulazione del principio, riassunto nel brocardo caveat emptor, si deve a Lord

Mansfield secondo cui non doveva essere riconosciuta, nel contratto, una garanzia
implicita circa la buona qualità della cosa venduta. Solo in seguito, nel diritto inglese, il
predetto principio viene attenuato attraverso il ricorso ai c.d. implied terms, per poi
essere definitivamente accolto nel Sale of Goods Act del 1893. Sul punto, si veda P.
Gallo, Introduzione al diritto comparato, Vol. II, Istituti giuridici, Giappichelli, 2018,
p. 138. Con riferimento all’esperienza statunitense, si veda la decisione Supreme Court
of United States, 21-01-1889, Galigher v. Jones, 129 U.S. 193 e, in dottrina, la
ricostruzione di E. Norton, A Simple Purchase and Sale Through a Stockbroker, in
Harv. Law Rev., 1895, 435.
8 D. Imbruglia, ult. op. cit.
9 Si veda, sempre, D. Imbruglia, ult. op. cit.

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L’apertura del mercato mobiliare alla contrattazione di massa segna il
fondamentale allontanamento del rapporto di intermediazione finanziaria
dallo schema del contratto di agency.
Le ragioni di tutela che fondavano i fiduciary duties, anziché diminuire,
aumentarono, cominciando ad assumere la dimensione super-individuale
che ancora oggi le caratterizza.
La grande crisi del ‘29, in particolare, rese evidente i limiti di un mercato
ormai profondamente rinnovato, sia sotto il profilo soggettivo (per la
presenza di investitori sempre più “unsophisticated”), sia sotto il profilo
oggettivo (per la messa in circolazione di prodotti finanziari sempre più
“sophisticated”).
In tale passaggio, la trasparenza continuò a costituire un obbligo giuridico
a carico dell’intermediario. Ma la fonte non andava più ricercata nei
fiduciary duties della substantive law elaborata dalla Corti in accordo con
la dottrina del precedente giudiziario; quanto piuttosto nelle nuove
conduct of business rules introdotte da una regolamentazione speciale
pensata appositamente per le esigenze specifiche del mercato
finanziario10.
In quest’ottica, il dovere di trasparenza veniva confermato ma anche
trasformato alla luce della sua nuova funzione.
Scopo finale di questa regolamentazione speciale era (e, in larga misura, è
tutt’ora) tutelare la fiducia degli investitori rispetto al mercato, prima
ancora di quella del singolo investitore rispetto al singolo broker. Tale
fiducia, d’altra parte, costituiva elemento indispensabile per il buon
funzionamento di un mercato perfettamente concorrenziale11.
La trasparenza, in tal senso, è funzionale all’eliminazione delle
asimmetrie informative12 e si presenta come “l'inveramento del modello

10 A. Hudson, The Law of Finance, Sweet & Maxwell, 2009, pp. 14-15.
11 Nel senso della riconduzione di tali regole alla capacità allocativa del mercato: D.
Imbruglia, ult. op. cit.; V. Scalisi, Dovere di informazione e attività di intermediazione
mobiliare, Riv. dir. civ., 1994, II, 169; R. Costi, Tutela degli interessi e mercato
finanziario, in Riv. trim. dir. e proc. civ. 1999. p. 777; S. Grundmann, La struttura del
diritto europeo dei contratti, in Rivista di diritto civile, (3), p. 396; S. Mazzamuto,
Diritto civile europeo e diritti nazionali: costruire l’unità nel rispetto della diversità, in
Contr. impr., 2005, 531; R. Natoli, Regole di validità e regole di responsabilità tra
diritto civile e nuovo diritto dei mercati finanziari, in Banca borsa, 2012, II, 177; G.
Grisi, Informazioni (obblighi di), in Enc. dir., IV (Milano 2011), 605-609.
12 Sulla relazione tra efficienza del mercato e asimmetrie informative, si rinvia al celebre

saggio di G. Akerlof, The Market for ‘Lemons’: Quality Uncertainty and the Market
Mechanism, Quart. Journ. Econ., 1970, pp. 488 e ss., in cui l’A. dimostrava come
l’assenza di informazioni adeguate, per distinguere una buona auto da un bidone
(“lemon”), conduceva ad una contrazione quantitativa della domanda e ad una

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di scambio immaginato dal legislatore moderno del contratto e posto a
base dei principi che regolano l'autonomia privata nei codici moderni”13.
La logica di fondo è quella del contratto come accordo libero e
consapevole, piuttosto che come scambio equo14. Ai fini della sua validità,
non conta tanto la sua giustizia sostanziale15, quanto quella procedurale
costruita intorno al dogma della volontà e al progressivo diffondersi del
liberalismo, in campo politico, e del liberismo (e neoliberismo), in campo
economico.
Com’è stato autorevolmente sottolineato, la nuova regolamentazione
(speciale) si propone di “sostituire al tradizionale intervento «a valle»
che correggeva l'esito di queste distorsioni, ossia il rapporto di scambio
tra bene e corrispettivo, un intervento «a monte» che riequilibri le
condizioni della contrattazione, ossia che corregga le asimmetrie
informative e irrigidisca l'assetto normativo degli obblighi reciproci dei
contraenti: dunque, in luogo della «misura politica» il ripristino della
«misura mercantile» ma attinta, ora, sulla base di un mercato
dispiegato ed efficiente”16.
Del resto, le teorie medioevali del giusto prezzo e della giustizia
contrattuale entrano in crisi proprio con l’età moderna, attraverso: i)
l’idea smithiana della mano invisibile che regola il mercato e che assicura
la inconsapevole coincidenza tra perseguimento dell’interesse personale e
progresso della società 17 ; ii) l’individualismo di Mandeville 18 ; le teorie

riduzione qualitativa dell’offerta, in un circolo vizioso che finiva per compromettere il
funzionamento dell’intero mercato.
13 M. Barcellona, L’interventismo europeo e la sovranità del mercato: le discipline del

contratto e i diritti fondamentali, in Europa e dir. priv., fasc.2, 2011, pp. 329 e ss.
14 Si veda P. Gallo, ult. op. cit., p. 134.
15 In conformità ai principi aristotelici della giustizia commutativa e all’elaborazione

medievale relativa al “giusto prezzo”. Sia consentito il rinvio, passim, ad A. Mazzullo, Il
rovescio della moneta. Per un’etica del denaro, Dehoniane, 2019. Si veda ancora P.
Gallo, ult. op. cit., pp. 134 e 135.
16 M. Barcellona, ult. op. cit., che prosegue, sottolineando come: “La filosofia eminente

di questo nuovo intervento e del rapporto tra legge e mercato, che esso suppone, è che
le sperequazioni sociali che la moderna disciplina del contratto sembra aver
fomentato per circa due secoli non siano dipese dall'intrinseca ingiustizia del sistema
del libero scambio (cui la disciplina moderna del contratto dà forma), bensì dalla
discrepanza tra le prassi negoziali e il modello autentico dell'economia di mercato:
strozzature e sopraffazioni non debbono imputarsi, perciò, al mercato ma al suo
insufficiente funzionamento, alle carenze nelle condizioni della sua corretta
operatività”. Id., I nuovi controlli sul contenuto del contratto e le forme
dell'eterointegrazione: Stato e mercato nell'orizzonte europeo, in Europa e dir. priv.,
2008, p. 38.
17 A. Smith, Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, trad. it.,

Milano, 1973.

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della competizione naturale che affondano le loro radici nel pensiero di
Malthus e Darwin.
La codificazione napoleonica, segnando la frattura tra diritto intermedio e
modernità, nell’ambito della tradizione di civil law, costituisce, in tal
senso, l’apice del volontarismo e dell’autonomia privata. “Qui dit
contractuelle, dit juste”19!
Al centro della codificazione moderna, pertanto, è collocata la figura
astratta e unitaria del soggetto giuridico che, liberatosi di ogni altro
status 20 , ricalca la figura dell’homo oeconomicus ed implica scelte
tendenzialmente razionali finalizzate alla massimizzazione della sua
utilità.
Parimenti, al centro della regolamentazione speciale del mercato
finanziario, si pone l’esigenza di assicurare un adeguato livello di
disclosure che consenta di eliminare l’incidenza delle asimmetrie
informative sulle libere scelte di investimento dei clients21.
In tale quadro assiologico, risulta ancora centrale il dovere di in-formare
il soggetto debole del rapporto contrattuale, piuttosto che il suo
contenuto.

2.     Dal dovere di informare al dovere di far comprendere

Le varie crisi che hanno coinvolto il mercato finanziario, tuttavia, hanno
contribuito alla messa in discussione dei già menzionati assunti 22.
L’homo oeconomicus, di fronte alla complessità del prodotto finanziario23,
si è dimostrato spesso “unsophisticated” ed irrazionale; a prescindere dal
suo grado di professionalità24.

18 Mandeville, The Fable of the Bees or Private Vices, Public Benefits, Indianapolis,
1988.
19 Celebre affermazione attribuita a Fouillé (1838-1912).
20 Celebre l’immagine sul passaggio dallo status al contratto di MAINE, HJ SUMMER.

Dallo ‘status’ al contratto. Il diritto privato nella società moderna, 1971, 211.
21 Si veda E. Brodi, Dal dovere di far conoscere al dovere di far" comprendere";

l'evoluzione del principio di trasparenza nei rapporti tra impresa e consumatori, in
Banca Borsa Titoli di Credito: rivista di dottrina e giurisprudenza, 2011, 64 (2), pp.
246-273. Come sottolinea l’A.: era questo, in buona sostanza, “il ragionamento posto a
fondamento dell'adozione della legge n. 154 del 1992, concernente le « norme per la
trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari », poi confluita nel testo
unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (t.u.b.)”.
22 Sul punto, passim, sia consentito il rinvio ad A. Mazzullo, Diritto dell’imprenditoria

sociale. Dall’impresa sociale all’impact investing, Giappichelli, 2019, pp. 10 e ss.
23 Al riguardo, si veda R. Costi, Il mercato mobiliare, Giappichelli, 2018, p. 5. Per l’A.,

una delle prime ragioni di un ordinamento special del mercato mobiliare è da ricercare
proprio nella difficoltà di ricostruire il contenuto del valore mobiliare.

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Basti pensare al coinvolgimento, nella crisi del 2008, degli investitori c.d.
“qualificati” e, tra questi, dei grandi investitori istituzionali.
Tutto ciò si è inevitabilmente riflesso sulla portata dei doveri di
trasparenza nell’ambito della regolamentazione finanziaria.
Quest’ultima, d’altro canto, fungendo da tradizionale focina per presidi
estesi anche alla generalità dei rapporti interprivatistici 25, ha favorito un
rafforzamento e ripensamento della trasparenza anche in ambiti diversi
(soprattutto consumeristici), incisi dal dirompente avvento della
contrattazione di massa e dei c.d. “scambi senza accordo”26.
Nell’intermediazione finanziaria, si è così passati dal dovere in informare
il contraente debole, al dovere di quello forte di informarsi sulle qualità
del primo, alla luce delle c.d. suitability and appropriateness rules (o
regole dell’adeguatezza e dell’appropriatezza del prodotto rispetto alle
caratteristiche e agli obiettivi dell’investitore)27.

24 Sul punto, si veda A. Perrone, Mercato all'ingrosso e regole di comportamento, in
Riv. soc. 2010, p. 524. Secondo l’A: “i prodotti finanziari identificati come fonte del
rischio assunto in misura eccessiva ...(in particolare, le collaterized debt obligations e i
credit derivatives) sono stati collocati e negoziati al di fuori della disciplina speciale di
protezione approntata dal diritto speciale dei mercati finanziari, secondo una scelta
normativa che tradizionalmente considera non efficiente estenderne le disposizioni a
situazioni connotate dalla esclusiva presenza di investitori professionali, come tali
capaci di cavarsela da soli all'interno di dinamiche negoziali destinate ad esaurirsi
tra le parti del contratto”. Ma si veda anche U. Minneci, Servizi di investimento in
favore del clinete professionale: dal regime del rapporto al regime dell’attività, in
Banca borsa tit. cred., fasc.5, 2012, pp. 568 e ss.
25 Cfr. Costi, Informazione e contratto nel mercato finanziario, in Riv. trim. dir. proc.

civ., 1993, I, 719: “Talvolta la disciplina speciale dettata per il mercato finanziario
prelude e trasmigra in una disciplina di diritto comune, confermando la natura di
“laboratorio” dell'ordinamento dei mercati finanziari".
26 Per usare la felice espressione di N. Irti, Scambi senza accordo, in riv. Trim. dir.

Proc. Civile, 1998, pag. 347 e ss. e ora in Id. Norma e Luoghi, Problemi di geo-diritto,
Laterza, Bari, 2001, pag. 103 e ss.
27 Al riguardo, si vedano gli articoli: 19, § 4-6, dir. 2004/39/CE; 35-37, dir.

2006/73/CE; 25, dir. 2014/65/EU. Dal punto di vista del diritto interno, si vedano gli
artt. 39-40, reg. Consob 16190/2007 per l’adeguatezza dei servizi di risparmio gestito e
gli artt. 41-42, reg. Consob 16190/2007 per l’appropriatezza dei servizi di risparmio
amministrato. Dal punto di vista dottrinario, oltre all’opera di D. Imbruglia, La regola
di adeguatezza e il contratto, Giuffrè, 2017, si vedano i lavori di F. Annunziata, La
disciplina del mercato mobiliare, Giappichelli 2014), p. 140; A. Antonucci,
Declinazioni della suitability rule e prospettive di mercato, in Banca borsa e titoli di
credito, 2010, I, p. 728; E. Costi, Il mercato mobiliare, Giuffrè, 2018, p. 147 e ss.; A. Di
Amato, I servizi e i contratti di investimento, in (a cura di S. Amorosino), Manuale di
diritto del mercato finanziario, Giuffrè 2014, p. 101; R. Natoli, Il contratto “adeguato”.
La protezione del cliente nei servizi di credito, di investimento e di assicurazione,
Giuffrè 2012, p. 87.

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C’è chi, al riguardo, ha anche parlato del passaggio dal dovere di
informare a quello di “far comprendere”28.
Certamente, si è assistito ad un potenziamento della trasparenza
dell’attività finanziaria nel suo complesso, più che dell’atto (contrattuale)
in sé29.
I doveri di disclosure hanno finito per estendersi sotto il profilo sia
soggettivo che oggettivo. Un’estensione tale da far parlare di
“paternalismo libertario”, a proposito di questa iper-regolamentazione,
soprattutto sul piano dei doveri di trasparenza30.
Sotto il profilo soggettivo, basti pensare all’estensione penetrante dei
doveri di trasparenza anche in capo alle società emittenti. O all’estensione
dei predetti doveri a favore di investitori qualificati, un tempo considerati
non bisognosi di tutela, in quanto sufficientemente informati e capaci di
“cavarsela da sè”31.
Parallelamente, sotto il profilo oggettivo, la trasparenza ha finito per
estendersi, di là del singolo prodotto negoziato, all’attività finanziaria nel
suo complesso 32 : dalla c.d. product governance, alle politiche di

28 E. Brodi, ult. op. cit. Per l’A.: “Il passaggio ad un concetto di trasparenza che non si
limiti più a prevedere un mero « dovere di far conoscere » ma che includa, anzi, un
« dovere di far comprendere » è stato nella sostanza promosso da una rilettura delle
fattispecie rilevanti, illuminata, come spesso ricordato, dagli insegnamenti della
behavioral economics literature”.
29 Sul punto, cfr. U. Minneci, ult. op. cit, secondo il quale: “il riferimento al modo di

atteggiarsi della operatività degli investitori professionali ha messo in oggettiva
evidenza l'inadeguatezza di una risposta fondata principalmente o essenzialmente
sulla previsione in capo all'intermediario di obblighi di disclosure; sia per l'oggettiva
difficoltà di eliminare ogni asimmetria informativa esistente tra le parti (anche se il
cliente può vantare una notevole competenza in materia), sia per l'esistenza di
ulteriori fattori — oggetto di studio della finanza comportamentale — che offuscano la
pretesa correlazione necessaria tra l'agire informato e l'agire razionale, sia ancora
perché le asimmetrie che caratterizzano il mercato riguardano non solo le
informazioni, ma anche — e in modo altrettanto rilevante — la distribuzione del
potere contrattuale”.
30 Si veda Wright, Behavioral Law and Economics, Paternalism, and Consumer

Contracts: an Empirical Perspective, NYU J. L. & Liberty, 2007, pp. 470 e ss.;
Caterina, Paternalismo e antipaternalismo nel diritto privato, in Riv. dir. civ., 2005,
II, pp. 784 e ss. Si veda sempre anche E. Brodi, ult. op. cit.
31 Passim, U. Minneci, ult. op. cit., e A. Perrone, ult. op. cit.
32 Sul passaggio da una trasparenza in senso formale-informativo ad una sostanziale,

ovvero tale da coinvolgere l'intera attività posta in essere da parte dell'intermediario e
relativa a tutte quelle condotte che, caratterizzate da un certo grado di opacità,
permetterebbero all'intermediario — se non correttamente regolate — di perpetrare
comportamenti dannosi per il cliente, si veda L. Mezzasoma, Trasparenza e
meritevolezza nei contratti finanziari, Banca Borsa Titoli di Credito, fasc. 2, 1 aprile
2018, pp. 180 e ss.

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remunerazione e incentivazione della performance di negoziazione 33 ;
passando per la potenziale presenza di conflitti di interesse; fino ad
arrivare agli aspetti di carattere non strettamente finanziario afferenti
all’attività delle emittenti34.
Quest’ultimo aspetto, tuttavia, rappresenta una tappa intermedia
fondamentale rispetto al percorso evolutivo che si sta tratteggiando e,
come tale, merita un approfondimento più specifico.

3.     La non-financial disclosure per gli enti di interesse
       pubblico

L’introduzione di obblighi di trasparenza non finanziaria ha sollevato
interrogativi sistemici ben superiori alla portata della specifica disciplina.
Ci si è interrogati, innanzitutto, sui suoi riflessi rispetto all’esatta
individuazione dell’interesse sociale 35 e, quindi, del fine ultimo

33 Cfr., ex pluribus, L. Bebchuk-H. Spamann, Regulating Bankers' Pay, June 2009, in
www.ssrn.com.
34 Si veda il d.lgs. 30 dicembre 2016, n. 254 con cui è stata data attuazione alla direttiva

2014/95/UE recante modifica alla direttiva 2013/34/UE sui bilanci, per quanto
riguarda la “comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di
informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi
dimensioni”; nonché il Regolamento Consob, adottato con delibera n. 20267 del
18.01.2018 (in G.U. n. 21 del 26.01.2018), recante le “modalità di pubblicazione,
verifica e vigilanza sulle dichiarazioni di carattere non finanziario” per società
quotate o con azioni diffuse tra il pubblico, banche e assicurazioni di grandi
dimensioni. Si veda, infine, la Comunicazione della Commissione europea relativa agli
“Orientamenti sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario
(Metodologia per la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario)” in
GUCE 5.07.2017 (2017/C 215/01) con funzione di Linee guida non vincolanti, ma pur
sempre autorevoli. In realtà la normativa si rivolge agli enti di interesse pubblico ma,
tra essi,
35 Il tema dell’interesse sociale, come noto, rappresenta uno degli ambiti di maggiore

confronto dottrinario del diritto societario. Tale disamina, peraltro, ha spesso finito per
intrecciarsi con la ricostruzione dello stesso fondamento dell’impresa, a cavallo tra la
visione del contrattualismo e dell’istituzionalismo. Cfr., tra gli altri: Aa.Vv., L’interesse
sociale tra valorizzazione del capitale e protezione degli stakeholders. In ricordo di
Pier Giusto Jaeger, Atti del Convegno, Milano, 9 ottobre 2009; C. Angelici, La società
per azioni, I, Principi e problemi, Tratt. Cicu-Messineo, Milano, 2012; Id., Note sul
«contrattualismo societario»: a proposito del pensiero di Francesco Denozza, in Riv.
dir. comm., 2018, p. 191 ss.; Id, Poteri” e “interessi” nella grande impresa azionaria: a
proposito di un recente libro di Umberto Tombari, in riv. Soc. 1/2020, pp. 4 e ss; T.
Ascarelli, Interesse sociale e interesse comune nel voto, in Riv. trim. dir. e proc. civ.,
1951, p. 1145 ss.; A. Asquini, I battelli del Reno, in Scritti, III, Padova, 1961, p. 221 ss.;
G. Cottino, Contrattualismo e istituzionalismo (Variazioni sul tema da uno spunto di
Giorgio Oppo), Riv. soc, 2005, pp. 693 e ss.; AF. D’Alessandro, Il diritto delle società
da i «battelli del Reno» alle «navi vichinghe», in Foro it., 1988, V, c. 48; F. Denozza,
Quattro variazioni sul tema: «contratto, impresa e società nel pensiero di Carlo

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dell’impresa societaria. Ci si è domandati, in altre parole, se gli obblighi di
trasparenza sulle azioni poste a tutela degli stakeholder, potessero
costituire il segno di una rivisitazione della c.d. shareholder supremacy36.
Al riguardo, in via semplificatoria, possiamo distinguere due orientamenti
di fondo.
Da un lato, quello che potremmo chiamare “pluralista”37, costituito da
quell’insieme     di    teorie,     invero    sia     istituzionalistiche  che
contrattualistiche38, tese ad attribuire agli amministratori “una funzione
di arbitraggio e composizione dei diversi interessi che ruotano attorno

Angelici», in Giur. comm., 2013, p. 480 ss.; A. Ferrarini, An Alternative View of
Corporate Purpose: Colin Mayer on Prosperity, in riv. Soc. 1/2020, pp. 27 e ss; P.G.
Jaeger, L’interesse sociale, Milano, 1964; e Id., L’interesse sociale (quarant’anni dopo),
in Giur. comm., 2000, p. 795 ss.; M. Libertini, Ancora in tema di contratto, impresa e
società. Un commento a Francesco Denozza, in difesa dell’«istituzionalismo debole»,
in Giur. comm., 2014, p. 669 ss.; P. Montalenti, L’interesse sociale: una sintesi, in Riv.
soc., 2018, p. 303 ss.; Id., Interesse sociale e amministratori, in Aa. Vv., L’interesse
sociale, cit., p. 80 ss.; V. Oppo, Le grandi opzioni della riforma e le società per azioni,
in Riv. dir. civ., 2003, p. 477 e 478; R. Rordorf, L’abuso di potere della minoranza, in
Società, 1999, 7, pp. 809 ss. F. Riganti, Note in tema di abuso della maggioranza e
interesse sociale, in Giur. it., 2017, p. 1893 ss.; G. Strampelli, Gli investitori
istituzionali salveranno il mondo? Note a margine dell’ultima lettera annuale di
BlackRock, in riv. Soc. 1/2020, pp. 51 e ss; M. Ventoruzzo, Brief Remark on
“Prosperity” by Colin Mayer and the often Misunderstood Notion of Corporate
Purpose, in riv. Soc. 1/2020, pp. 43 e ss.
36 Sul punto, si veda, in particolare: C. Angelici, Divagazioni sulla “responsabilità

sociale” d'impresa, in Rivista delle Società, 2018, pp. 3 ss; V. Calandra Buonaura,
Responsabilità sociale dell'impresa e doveri degli amministratori, in Giurisprudenza
commerciale, 2011, 38.4, pp. 526-548; M. Maugeri, Informazione non finanziaria e
interesse sociale, in Rivista delle Società, fasc.5, 1 dicembre 2019, pp. 992 e ss.; S.
Fortunato, L'informazione non-finanziaria nell'impresa socialmente responsabile, in
Giurisprudenza Commerciale, fasc.3, 1 giugno 2019, pp. 415 e ss; N. Rondinone,
Interesse sociale vs. interesse “sociale” nei modelli organizzativi di gruppo
presupposti dal d. lgs. n. 254/2016, in Rivista delle Societa', fasc.2, 1 giugno 2019, pp.
360 e ss.; F. Riganti, Disclosure non finanziaria e diritto delle società: aspetti di
corporate governance e (possibili) ricadute in tema di interesse sociale, in Nuove
Leggi Civ. Comm., 2019, 2, pp. 458 e ss.; E. Bellissario, Rischi di sostenibilità e
obblighi di disclosure: il d. lgs. n. 254/16 di attuazione della dir. 2014/95/UE, in
Nuove Leggi Civ. Comm, 2017, 1, pp. 19-46; S. Bruno, Dichiarazione ‘non finanziaria’ e
obblighi degli amministratori, in Rivista delle società, 2018, 4, pp. 974-1020.
37 Come efficacemente e sinteticamente denominato da V. Calandra Buonaura,

Responsabilità sociale dell'impresa e doveri degli amministratori, in Giurisprudenza
commerciale, 2011, 38.4, pp. 526-548, rifacendosi sul punto al significato attribuitogli
dalla letteratura inglese: si veda, in particolare, la sua nota 5.
38 Che vanno “dalle più risalenti concezioni istituzionalistiche dell'Unternehmen an

sich e della versione anglosassone della company come "social istitution" alle più
recenti concezioni che, in chiave contrattualistica, ipotizzano l'esistenza nella public
company di un interesse comune, non conflittuale, tra gli azionisti e gli altri
stakeholders” (sempre V.C. Buonaura, ult. op. cit.).

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alla grande impresa (ivi compresi quelli degli stakeholder esterni - ndr)
senza riconoscere una preminenza all'interesse dei soci”39.
Dall’altro, quello, nettamente caratterizzante la dottrina italiana, che
considera gli amministratori legittimati (se non obbligati) a considerare
interessi diversi da quelli dei soli shareholder; ma solo nella misura in cui
risultino strumentali (o comunque non confliggenti) rispetto al
perseguimento dell'obiettivo preminente di una crescita di valore per gli
azionisti (attuali e futuri)40.
A sostegno di questo secondo approccio, nel nostro ordinamento, va
certamente rimarcata l’oggettiva assenza di stabili strutture di
rappresentanza interna degli interessi degli stakeholder, come della loro
azionabilità diretta (salva l’ipotesi di cui all’art. 2395 c.c.). Ma il dibattito,
soprattutto dal punto di vista operativo (più che giuridico), è ancora
aperto41.
Tuttavia, in questa sede, ciò che sembra più significativo è il riflesso
indiretto della disclosure rispetto al mercato, piuttosto che quello diretto
sullo scopo dell’impresa societaria.
Il punto non sta, pertanto, nel livello di penetrazione e modificazione
degli istituti che compongono il diritto societario, ma nella loro azione
servente rispetto ad un modello di mercato che non “dev’essere” più
soltanto efficiente, ma anche sostenibile o, al più, efficiente in quanto
sostenibile.
Ciò che qui rileva, in altre parole, è l’affermarsi di nuovo ordine giuridico
del mercato42.
La disclosure non finanziaria, non a caso, è considerata esplicitamente
dalla stessa direttiva 2014/95 (considerando n. 3) come “fondamentale
per gestire la transizione verso un’economia globale sostenibile” 43.

39 V.C. Buonaura, ult. op. cit. che si sofferma anche sull’analisi dei c.d. stakeholders
statutes statutinitensi e sulla sec. 172(1) del Companies Act del 2006 inglese. Tanto i
primi, quantoPer l’A., i primi sarebbero comunque caratterizzati dalla prevalente
facoltatività della considerazione degli interessi degli
40 Vedi nota 35.
41 Sul punto, si veda l’importante presa di posizione della Business Roundtable (grande

associazione della Corporate America che riunisce tra le principali corporation del
mondo), M. Valsania, Svolta della Corporate America dopo 22 anni: basta con la
«dittatura» degli azionisti, in IlSole24ore.com del 19 agosto 2019.
42 Sulla portata del significato di “ordine giuridico del mercato”, naturalmente, si rinvia

al noto saggio di N. Irti, L’ordine giuridico del mercato, Milano, 2004.
43 Considerando 3. Ma vedi anche: il Considerando n. 11 che rinvia al paragrafo 47 del

documento finale della conferenza delle Nazioni Unite RIO+20, intitolato «The Future
We Want».

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La sostenibilità, in tale ottica, assume una funzione sempre più
ordinatrice rispetto all’ordine degli scambi.
Gli obblighi di disclosure non finanziaria sono funzionali a plasmare il
mercato sia dal lato dell’offerta, che da quello della domanda.
Sotto il primo profilo, rendicontare equivale al “rendere conto” di un
interesse ultroneo, rispetto a quello meramente finanziario.
Il renderne conto, a sua volta, implica il “tenerne conto”; anche quando a
quell’interesse non corrisponda una specifica politica aziendale e non
risulti preminente rispetto all’interesse sociale.
Il dover spiegare le ragioni di questa esclusione, infatti, costringe gli
amministratori a considerare comunque tali interessi: in senso positivo
(rispetto alle azioni adottate) o negativo (rispetto alle azioni non adottate
e alle ragioni di tale scelta); a prescindere dal carattere finale o
strumentale degli interessi non finanziari rispetto all’interesse sociale.
In ultima analisi, la scelta gestionale degli amministratori, come quella di
consumo o di investimento, rimane formalmente libera. Nella sostanza,
tuttavia, la si vorrebbe orientare in una direzione politica nuova: quella
della sostenibilità.

4.     Dalla trasparenza per informare alla trasparenza per
       conformare il mercato

Nell’ambito degli originari rapporti finanziari tra broker e client, lo scopo
del dovere di trasparenza era la conformazione del contratto alla sua
natura essenzialmente fiduciaria.
Successivamente, ci è serviti della trasparenza per mitigare le asimmetrie
informative rispetto ad investitori e prodotti finanziari, rispettivamente,
sempre meno e sempre più sophisticated.
La consapevolezza di un’asimmetria del potere non soltanto informativo,
ma anche contrattuale, ha poi portato ad una nuova estensione, oggettiva
e soggettiva, delle regole di disclosure; ma sempre in vista della fiducia
interna al mercato e di un certo approccio fideistico sulla sua capacità di
auto-indirizzarsi verso uno sviluppo più efficiente e, pertanto, più giusto.
Oggi, questa fede sembra essersi quanto meno ridimensionata.
Il legislatore, nazionale e sovranazionale, mira ad introdurre regole
correttive che non si limitano più al mero ripristino di meccanismi di
presunto auto-funzionamento del mercato 44 ma al suo stesso

44Si potrebbe, in tal senso, richiamare la distinzione operata da Hayek, tra nomos (la
norma “trovata” che regola in modo spontaneo l’ordine giuridico del mercato, quale

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indirizzamento verso obiettivi di natura politica ed etica 45 .
La trasparenza, in altre parole, comincia a giocare un ruolo diverso da
quello tradizionalmente svolto: garantire la protezione degli investitori
unsophisticated; l’efficienza del mercato; la riduzione dei costi di agenzia;
la gestione delle criticità connesse all’information orverload, alla limited
rationality e al deviant behavior degli investitori46.
Tra le nuove funzioni della trasparenza, come anticipato 47, è indubbio il
ruolo ormai assunto dalla “sostenibilità”.
Il nuovo Codice di corporate governance, non a caso, stabilisce che:
“L’organo di amministrazione guida la società perseguendone il successo
sostenibile”48.
Il punto centrale è capire se tale obiettivo derivi dal ritenere che: a) non
possa esserci successo aziendale senza sostenibilità; o b) che il successo

locus naturalis, qualificabile come cosmos) e thesis (la norma “creata” dal legislatore
per regolare un ordine giuridico etero-imposto, qualificabile come taxis, in quanto
finalizzato al perseguimento di uno scopo politico). Si veda, a tal riguardo, lo stesso F.
A. von Hayek, La confusione del linguaggio nel pensiero politico (1968), ora in Id,
Nuovi studi di filosofia, politica, economia e storia delle idee, trad. It., Roma, 1988, pp.
83-110. In senso critico, si rinvia al noto saggio di N. Irti, ult. op. cit., pp. 5 e ss.
45 Sul legame (antico e auspicabilmente post-moderno) tra etica, politica ed economia,

sia consentito il rinvio ad A. Mazzullo, Il rovescio della moneta. Per un’etica del
denaro, EDB, 2019. Ma vedi anche, Id., Diritto dell’imprenditoria sociale.
Dall’impresa sociale all’impact investing, Giappichelli, 2019. Contra N. Rondinone,
ult. op. cit., secondo il quale: “esiste una divaricazione strutturale fra fini lucrativi e
fini sociali, corrispondente al naturale conflitto fra interesse lucrativo dei soci e
interessi degli altri stakeholders (compresi i lavoratori, in linea con il rilievo, fra gli
altri weberiano, che il livello dei salari si pone in rapporto di proporzionalità inversa
con quello dei dividendi); il rapporto fra etica e affari è ingannevole e la cd. “etica-
tampone” può solo aiutare il capitalismo a riparare le incrinature cui periodicamente
va incontro sul piano del consenso sociale; le corporations possono trarre beneficio da
siffatto connubio in termini di immagine, ma anche per legittimare il loro ruolo di
nuove “istituzioni” (di Stato nello Stato), capaci di produrre da sé le norme che le
riguardano”.
46 Si vedano, tra gli altri, L. Enriques - S. Gilotta, Disclosure and Financial Market

Regulation, in N. Moloney - E. Ferran - J. Payne (a cura di), The Oxford Handbook on
Financial Regulation, cit., pp. 511-536; G. Liace, L’investitore tra deficit informativi e
bias comportamentali, in Banca Impresa Società, Bologna, fasc. 3/2019, pp. 445-462;
M. Siri e S. Zhu, L’integrazione della sostenibilità nel sistema europeo di protezione
degli investitori, in Banca Impresa Società, Bologna, fasc. 1/2020, p. 18.
47 Si veda supra: paragrafo 3.
48 Edito dal Comitato corporate governance, nel gennaio 2020. Al riguardo, appaiono

certamente rilevanti le considerazioni di Larry Fink (Presidente e AD di Blackrock - il
maggiore investitore istituzionale al mondo) indirizzate ai vertici delle società
americane dello S&P500 e contenute in una recente quanto famosa lettera pubblica del
17 gennaio 2018: “Society is demanding that companies…serve a social purpose…”
(consultato            il         22/01/2021             al             seguente          link:
https://corpgov.law.harvard.edu/2018/01/17/a-sense-of-purpose/).

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“debba” essere tale, in ragione di un principio ormai interiorizzato nel
funzionamento fisiologico del mercato.
Al riguardo, è senza dubbio rilevante l’incidenza che l’integrazione dei
criteri ESG49 ha sulla performance e sulla rischiosità finanziaria50 che il
mercato incorpora nei fattori di sconto dei flussi51. La maggior parte degli
studi mostra una relazione positiva e significativa tra ESG e valore. Ma
non vi è altrettanta univocità sull’automaticità e sulla direzione di questa
causalità: se siano le imprese più sostenibili ad essere le migliori (doing
well while doing good) o se siano le migliori ad essere più sostenibili, in
quanto più organizzate (doing good while doing well)52.
L’impressione, tuttavia, è che la natura di quell’obiettivo sia ormai
politica, prima ancora che tecnica, in quanto legata ad esigenze di
carattere generale che trascendono la performance individuale (anche di
lungo periodo), puntando a conformare il mercato verso un nuovo
modello di sviluppo.
E in tale ottica andrebbe letta anche la nuova funzione di regole antiche,
come la disclosure, un tempo serventi rispetto al paradigma di un
mercato allergico a qualsiasi condizionamento esterno, di natura politica
o etica.

5.     Dal mercato dei prodotti finanziari sostenibili alla
       sostenibilità come prodotto del mercato finanziario

5.1. Il framework normativo europeo

49  ESG – Acronimo, presente in molti atti normativi europei, che sta
per: Environmental, Social and Governance. Sul punto, si veda il recente Regolamento
UE 2020/852 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti
sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088.
50 Sia in termini di rischi specifici (ad esempio reputazionali o legati al contezioso

legale) che sistemici.
51 Sulla relazione tra performance, rischio finanziario e integrazione criteri ESG,

confronta l’analisi della letteratura scientifica operata da A. Del Giudice, La finanza
sostenibile. Strategie, Mercato e investiotori istituzionali, Giappichelli, 2019, pp. 52 e
ss. Per un maggior approfondimento della tematica, passim, si veda anche M. La Torre
e H. Chiappini (a cura di), Socially Responsible Investments. The crossroads between
institutional investors and retail investors, Palgrave Macmillan, London, pp. XII-173;
M. Calderini, V. Chiodo e F. V. Michelucci, The social impact investment race: toward
an interpretative framework, in European Business Review, vol. 30, fasc. 1, pp. 66-81.
52 Cfr. Del Giudice, ult. op. cit., p. 61. Per H. Liang - L. Renneboog, On the foundations

of corporate social responsibility, in The Journal of Finance, 2017, 72.2, pp. 853-910.

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A livello europeo, questo legame lato sensu “politico” tra disclosure e
sostenibilità sta assumendo una particolare evidenza nel mercato dei
servizi finanziari.
Sul punto, appare particolarmente significativa la recente emanazione del
Regolamento UE n. 2019/2088 del 27 novembre 2019 (relativo
all’informativa sulla sostenibilità nel predetto ambito) e al Regolamento
UE n. 2020/852 del 18 giugno 2020 (sulla tassonomia degli investimenti
ecosostenibili)53.
I predetti regolamenti, tuttavia, s’inseriscono in un più ampio Action
Plan54 che prevede l’imminente emanazione di altri tre atti regolamentari
(sui benchmark climatici55, sull’introduzione di un’etichetta specifica per i
green bonds56 e su alcuni interventi di modifica alle misure di attuazione
della Mifid II e della IDD57 ), per promuovere una “finanza sostenibile”58.

53 Si veda, infra, il par. 5.3.
54 Action Plan Financing Sustainable Growth, presentato dalla Commissione europea
nel Maggio 2018. Vedi qui: https://ec.europa.eu/info/business-economy-
euro/banking-and-finance/sustainable-finance_it#action-plan
55 Con l’obiettivo di introdurre due nuove categorie di indici di riferimento che tengono

conto di alcuni aspetti di sostenibilità ambientale (“low carbon benchmark” e “positive
carbon impact benchmark”) per gli strumenti finanziari e per i contratti finanziari
ovvero per misurare la performance dei fondi di investimento: Proposta di regolamento
recante modifica al Regolamento (UE) 2016/1011.
56 Con l’obiettivo di realizzare l’Azione 2 dell’Action Plan, la Commissione Europea ha

incaricato il TEG (Technical expert group) di elaborare raccomandazioni per lo
sviluppo di un Green Bond Standard (EU GBS). Il 18 giugno 2019 il TEG ha pubblicato
un report contenente i principi fondamentali e la struttura del GBSEU Technical Expert
Group on Sustainable Finance 2019, Report on EU Green Bond Standard Overview:
https://bit.ly/32ivzup. In base agli ultimi dati pubblicati dalla Climate Bonds Initiative
(CBI) – la principale organizzazione a livello mondiale per la promozione e il
monitoraggio del settore – nel 2018 sono state emesse obbligazioni verdi per un valore
complessivo di $167,6 miliardi. La somma totale delle emissioni dal 2007 a fine 2018
(valore cumulativo) ha raggiunto il risultato record di $521 miliardi. Cfr: Climate Bonds
Initiative 2019, Green Bonds – The State of the Market 2018, p. 2:
https://bit.ly/2HpgjUn (consultato il 22/01/21). L’organizzazione Mission 2020 ha
stimato che, per il raggiungimento degli obiettivi definiti dall’Accordo di Parigi, il
mercato dei green bond dovranno aumentare e raggiungere almeno $800-900 miliardi
entro il 2020, ovvero una cifra pari a oltre dieci volte le emissioni totali registrate nel
2016. Mission 2020, The Climate Turning Point, p. 18: https://bit.ly/2z9VZUx
(consultato il 22/01/21). La letteratura sui green bond è vastissima. Per tutti, H.
CHIAPPINI, Investimenti di impatto sociale oltre le obbligazioni di impatto sociale:
un'agenda di ricerca e politica, in Investimenti a impatto sociale oltre la SIB, Palgrave
Macmillan, 2018; Id, Un'introduzione agli investimenti a impatto sociale, in Fondi per
l'impatto sociale, Palgrave Macmillan, 2017.
57 Con l’obiettivo di introdurre l’obbligo per imprese di investimento, intermediari

assicurativi e imprese di assicurazione di tenere conto delle preferenze della clientela in
materia di investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale e di
governance nella prestazione dei servizi di investimento e nella distribuzione di IBIP,

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Il predetto Action Plan, a sua volta, nasce allo scopo di orientare il
mercato dei capitali verso il finanziamento di attività economiche che
contribuiscano al raggiungimento degli impegni assunti dall’Unione
europea con la sottoscrizione dell’Agenda Onu 2030 59 , per il
conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile 60 , e con la firma
dell’Accordo di Parigi del 201661.
Tra i punti salienti del predetto Action Plan, si segnala la volontà di: i)
introdurre una “tassonomia” europea per la finanza sostenibile, ovvero
un sistema condiviso di definizione e classificazione delle attività
economiche sostenibili; ii) creare standard e certificazioni di qualità per i
green bond, con l’obiettivo di garantire la credibilità del mercato e
rafforzare la fiducia degli investitori; iii) modificare le Direttive MiFID II
e IDD e le linee guida ESMA sulla valutazione di adeguatezza dei prodotti,
includendo le preferenze dei clienti in materia di sostenibilità tra gli
elementi da considerare nell’ambito dei servizi di consulenza; iv) rendere

anche in relazione alla valutazione di adeguatezza (draft di regolamenti delegati recanti
modifica al Regolamento Delegato (UE) 2017/565 di attuazione della MiFID II e al
Regolamento Delegato (UE) 2017/2359 di attuazione della IDD).
58 Per un’ampia disamina del contesto normativo e, soprattutto, economico, si veda

Forum per la finanza sostenibile, L’unione europea e la finanza sostenibile. Impatti e
prospettive per il mercato italiano, 2019.
59 Come specificato dal primo Considerando del Reg. 2019/2088: “Il 25 settembre 2015

l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato un nuovo quadro mondiale per
lo sviluppo sostenibile: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile («Agenda 2030»),
incentrata sugli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG). La comunicazione della
Commissione del 22 novembre 2016 sulle prossime tappe per un futuro europeo
sostenibile collega gli SDG al quadro strategico dell’Unione per garantire che tutte le
azioni e le iniziative strategiche dell’Unione, al suo interno e a livello mondiale,
tengano conto fin dall’inizio degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Nelle sue
conclusioni del 20 giugno 2017 il Consiglio ha confermato l’impegno dell’Unione e dei
suoi Stati membri ad attuare l’Agenda 2030 in modo completo, coerente, globale,
integrato ed efficace, e in stretta cooperazione con i partner e le altre parti
interessate”.
60 Gli obiettivi sono 17 e sono articolati in 169 target. Lo scopo è affrontare le sfide poste

dal cambiamento climatico e ridurre qualunque forma di povertà o disuguaglianza,
garantendo la sostenibilità economica, ambientale e sociale delle comunità umane nel
lungo periodo.
61 Approvato dall’Unione il 5 ottobre 2016 (con Decisione (UE) 2016/1841 del

Consiglio, del 5 ottobre 2016 - GU L 282 del 19.10.2016) ed entrato in vigore il 4
novembre 2016, si propone di rafforzare la risposta ai cambiamenti climatici, tra l’altro,
rendendo i flussi finanziari compatibili con un percorso che conduca a uno sviluppo a
basse emissioni di gas a effetto serra e resiliente dal punto di vista climatico.
Nell’ambito dell’Accordo di Parigi, l’Unione Europea si è impegnata a raggiungere tre
obiettivi entro il 2030: i) ridurre di almeno il 40% le emissioni di gas a effetto serra
rispetto ai livelli del 1990; ii) portare la quota di consumo energetico soddisfatto da
fonti rinnovabili almeno al 32%; iii) migliorare l’efficienza energetica di almeno il
32,5%.

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più trasparenti le metodologie adottate dagli index provider nella
costruzione dei benchmark di sostenibilità, armonizzando in particolare
gli indici low-carbon; v) incoraggiare l’integrazione dei criteri di
sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG) da parte delle
società di rating e di ricerca di mercato; vi) introdurre i criteri di
sostenibilità nella definizione di dovere fiduciario, che vincola gli
investitori istituzionali ad agire nel migliore interesse dei beneficiari; vii)
valutare la possibilità di introdurre una riduzione nei requisiti
patrimoniali minimi delle banche in relazione agli investimenti sostenibili
dal punto di vista ambientale (il cosiddetto “green supporting factor”),
nel caso in cui i profili di rischio siano effettivamente inferiori; viii)
migliorare qualità e trasparenza della rendicontazione non finanziaria
delle imprese, allineando le attuali linee guida sui rischi climatici alle
raccomandazioni della Task Force on Climate-related Financial
Disclosures del Financial Stability Board; vix) incoraggiare l’integrazione
dei criteri ESG e l’adozione di un approccio di lungo periodo nei processi
decisionali dei Consigli di Amministrazione.
L’impressione, ancora una volta, è che si tratti di scelte politiche, prima
ancora che tecniche, che indirizzino l’Europa (e non solo) verso un nuovo
modello di sviluppo economico fortemente improntato alle tematiche
della sostenibilità e al raggiungimento di alcuni obiettivi specifici, come la
neutralità climatica entro il 205062.
Come chiaramente espresso dal Considerando n. 9 del Reg. n. 2020/852,
l’obiettivo non è più favorire la mera circolazione dei capitali, ma
rimuovere gli ostacoli che impediscono ai relativi flussi di incanalarsi in
direzione degli investimenti sostenibili.
Non si tratta più di informare il cliente ma il mercato, in nome di un
ordine giuridico improntato alla neutralità energetica, più che a quella
politica; alla sostenibilità socio-ambientale, più che al sostegno del
soggetto meno informato.
La trasparenza, in tale dinamica, non è più in funzione di una presunta
neutralità politica del mercato. È semmai espressione di un ordine
giuridico che mira ad orientarlo verso un modello di sviluppo ben preciso.
Il sistema finanziario, come dichiarato dal Considerando n. 10 del Reg. n.
2020/852: “dovrebbe essere adattato gradualmente per supportare un
funzionamento sostenibile dell’economia”.

62Si veda la proposta di una legge europea sul clima presentata dalla Commissione
europea il 4 marzo 2020.

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Il Green new deal, presentato dalla nuova Commissione europea, il 19
dicembre 201963, e gli atti elaborati successivamente alla crisi sanitaria
legata alla pandemia da Covid-19, sembrano confermare il carattere
strategico e pervasivo di tale obiettivo64.

5.2. La disclosure ESG nella Direttiva IORP II e SRD II

Rispetto a tale percorso evolutivo, come anticipato, appare
particolarmente significativa l’emanazione del nuovo Reg. n. 2019/2088.
Prima di passare ad una disamina più dettagliata del suo contenuto, va
ricordato come, a livello europeo, la “disclosure ESG” sia stata già
anticipata da due Direttive operanti in settori più specifici:
• la Direttiva UE 2016/2341 sulle attività e sulla vigilanza degli enti
pensionistici aziendali o professionali (IORP II65);
• e la Direttiva UE 2017/828 sull’incoraggiamento dell’impegno a lungo
termine degli azionisti (Shareholder Rights – SRD II)66.

63 COM (2019) 640.
64 Per la timeline europea, si veda qui: https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-
2019-2024/european-green-deal_en.
65 Direttiva UE 2016/2341 relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici

aziendali o professionali (EPAP), 14 dicembre 2016: https://bit.ly/30N3qdP
66 Direttiva UE 2017/828 per quanto riguarda l’incoraggiamento dell’impegno a lungo

termine degli azionisti, 17 maggio 2017. La direttiva va a modificare la previgente
2007/36/CE, al fine di incoraggiare espressamente l’impegno a lungo termine degli
azionisti, ed è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo n. 49 del 2019 (con
disposizioni in vigore dal 10 giugno 2020) recante varie modifiche al TUF. In
particolare, il decreto va a introdurre il comma 3bis dell’art. 123-ter del TUF, in virtù
del quale: “La politica di remunerazione contribuisce alla strategia aziendale, al
perseguimento degli interessi a lungo termine e alla sostenibilita' della societa' e
illustra il modo in cui fornisce tale contributo. Fermo quanto previsto dal comma 3-
ter, le societa' sottopongono al voto dei soci la politica di remunerazione di cui al
comma 3 con la cadenza richiesta dalla durata della politica definita ai sensi del
comma 3, lettera a), e comunque almeno ogni tre anni o in occasione di modifiche
della politica medesima. Le societa' attribuiscono compensi solo in conformita' con la
politica di remunerazione da ultimo approvata dai soci. In presenza di circostanze
eccezionali le societa' possono derogare temporaneamente alla politica di
remunerazione, purche' la stessa preveda le condizioni procedurali in base alle quali
la deroga puo' essere applicata e specifichi gli elementi della politica a cui si puo'
derogare. Per circostanze eccezionali si intendono solamente situazioni in cui la
deroga alla politica di remunerazione e' necessaria ai fini del perseguimento degli
interessi a lungo termine e della sostenibilita' della societa' nel suo complesso o per
assicurarne la capacita' di stare sul mercato”. Tramite l’art. 3, comma 2, inoltre, si
introduce l’art. 124-quinquies del TUF, che, al comma 1, stabilisce che: “Salvo quanto
previsto dal comma 3, gli investitori istituzionali e i gestori di attivi adottano e
comunicano al pubblico una politica di impegno che descriva le modalita' con cui
integrano l'impegno in qualita' di azionisti nella loro strategia di investimento. La

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La Direttiva IORP II è stata recepita in Italia dal Decreto Legislativo n.
147 del 2018, in vigore dal 1° febbraio 2019 per gli operatori
previdenziali 67 ; ma, a sua volta, era stata preceduta da una disciplina
nazionale più avanzata che, già con l’art. 6, comma 14, del Decreto
Legislativo n. 252 del 2005, prevedeva che: “le forme pensionistiche
complementari sono tenute ad esporre nel rendiconto annuale e,
sinteticamente, nelle comunicazioni periodiche agli iscritti, se ed in quale
misura nella gestione delle risorse e nelle linee seguite nell’esercizio dei
diritti derivanti dalla titolarità dei valori in portafoglio si siano presi in
considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali”68.

politica descrive le modalita' con cui monitorano le societa' partecipate su questioni
rilevanti, compresi la strategia, i risultati finanziari e non finanziari nonche' i rischi,
la struttura del capitale, l'impatto sociale e ambientale e il governo societario,
dialogano con le societa' partecipate, esercitano i diritti di voto e altri diritti connessi
alle azioni, collaborano con altri azionisti, comunicano con i pertinenti portatori di
interesse delle societa' partecipate e gestiscono gli attuali e potenziali conflitti di
interesse in relazione al loro impegno”.
67 Con l’art. 1, comma 5, s’introduce l’art. 4bis del dlgs n. 252 del 2005, che, al comma

2, stabilisce che: “Il sistema di governo [dei fondi pensione - ndr] e' proporzionato alla
dimensione, alla natura, alla portata e alla complessità delle attivita' del fondo
pensione. Il sistema di governo e' descritto in un apposito documento e tiene in
considerazione, nelle decisioni relative agli investimenti, dei connessi fattori
ambientali, sociali e di governo societario. Il documento e' redatto, su base annuale,
dall'organo di amministrazione ed e' reso pubblico congiuntamente al bilancio di cui
all'articolo 17-bis”. Il comma 7 introduce l’art. 5-ter del dlgs n. 252 del 2005, che
impone, al comma 4, let. g), di considerare all’interno del Sistema di gestione dei rischi,
di quelli ESG. Il comma 8, modificando l’art. 6 del dlgs n. 252 del 2005, ne modifica il
comma 5-quarter, stabilendo che I fondi pensione diano informative agli iscritti, tra le
altre cose, del modo in cui la politica d'investimento tiene conto dei fattori ESG. Il
comma 14 introduce l’art. 13-ter del dlgs n. 252 del 2005, che impone ai fondi pensione
complementare di fornire informazioni ai potenziali aderenti circa il modo in cui
vengono (o non vengono) considerati i fattori ESG nelle proprie politiche di
investimento. Analoghe informazioni sono contenute nel “Prospetto delle prestazioni
pensionistiche” di cui al novellato art. 13-quater del dlgs n. 252 del 2005,
periodicamente fornito agli aderenti. Il comma 21, infine, introduce il nuovo art. 17-bis,
del dlgs n. 252 del 2005, che, al comma 5, stabilisce che: “Nei bilanci di cui al comma 1
e nei rendiconti di cui al comma 2 e' dato conto se ed in quale misura nella gestione
delle risorse e nelle linee seguite nell'esercizio dei diritti derivanti dalla titolarita' dei
valori in portafoglio si siano presi in considerazione fattori ambientali, sociali e di
governo societario”.
68 Cfr. sul punto M. Camilleri, “Le novità in materia ESG per i fondi pensione con il

recepimento della IORP II”, in www.Ilpuntopensionielavoro.it, 5 novembre 2018
(disponibile qui: https://bit.ly/2Kedmpo), secondo la quale, i veri elementi di novità
introdotti dalla Direttiva IORP II e dal DLgs. 147 del 2018 sono rappresentati:
“dall’integrazione dei fattori ESG nell’attività di risk management del fondo e da
una maggiore richiesta di trasparenza informativa circa le modalità con cui la
politica di investimento tiene conto di questi fattori”.

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