IVANA MANCINO Restauro e Conservazione Opere d'Arte

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IVANA MANCINO
                       Restauro e Conservazione Opere d'Arte
                             90146 PALERMO – Via Nuova, 36
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                      DISPENSA SULLE TECNICHE DI DORATURA
                             Prof.ssa Ivana Mancino
PULITURA
L'oggetto da restaurare può richiedere diversi interventi. Ciò dipende dalla
natura dell'oggetto, dal suo valore, dal suo stato di conservazione, dagli
interventi che ha già subito.
Prima di tutto occorre osservare il pezzo con molta attenzione prima di
procedere alla pulitura.
Ed è proprio qui che inizia il lavoro di restauro perché ci dobbiamo fare
un'idea di come procedere e in che cosa consisterà il nostro lavoro.
Esaminando il pezzo già siamo in grado di capire se esso è ricoperto dall'oro in
foglia o dall'argento in foglia, se la foglia è di oro imitazione o se sono
stati usati smalti o porporina color oro e argento, o infine se è stata
applicata la vernice a mecca.
Questa fase è importantissima perché oltre a farci capire meglio il lavoro
eseguito, scopriamo lo stato di conservazione del pezzo e ci facciamo un'idea di
come proseguiremo il lavoro di restauro. Dopo aver spolverato accuratamente si
procede alla pulitura che può essere di due tipi:
a) superficiale e leggera b) a fondo
In entrambi i casi bisogna evitare assolutamente di rovinare il pezzo, quindi è
bene fare delle prove su piccolissime superfici o parti nascoste perché data la
delicatezza della vecchia doratura si può incorrere in rovinose scagliature.
La pulitura superficiale e leggera si effettua quando siamo in presenza di un
oggetto non particolarmente sporco e si utilizza la colla di pesce diluita a
caldo con acqua. Essendo questo tipo di colla gelatinosa (è la famosa "gelatina"
che si usa per preservare e guarnire i dolci) l'acqua non fa in tempo a
penetrare perché raffreddandosi si addensa, si gelatinizza, evitando quindi di
fradiciare gesso e legno che costituiscono il materiale-base della doratura. La
colla riscaldata si applica sulla superficie da pulire con un pennello e con un
tampone di cotone si strofina leggermente e si rimuove la gelatina. Si procede
per piccole superfici senza insistere ulteriormente. Finito il lavoro si
cosparge con la segatura per far assorbire l'umidità rimasta e si può usare una
fonte di calore moderata per l'asciugatura definitiva.
La pulitura a fondo si effettua invece quando il pezzo è particolarmente sporco
e va fatta con molta cura e attenzione evitando l'eccessivo logoramento e la
rimozione del sottile strato di metallo che provocherebbe operazioni di restauro
ulteriori e alquanto laboriose. Si utilizzano solventi come alcool, acetone,
diluente nitro, polish, sverniciatore, o un pulitore specifico per dorature,
applicati con pennello o batuffolini di ovatta.
C'è da dire che essendo oro e argento metalli particolarmente resistenti, lo
sverniciatore, usato con molta cura, non intacca assolutamente la
superficie. Viene applicato in piccole quantità con un pennellino, si lascia
agire per qualche minuto e subito rimosso con un tampone di ovatta o straccetto
morbido di cotone soffregando leggermente e con uniformità. In seguito si
tampona con solvente nitro per neutralizzare l'efficacia dello sverniciatore. E'
bene evitare l'uso dello sverniciatore per gli oggetti di un certo valore o
pregio e in generale se lo sporco e le macchie risultano particolarmente
difficili da asportare non bisogna assolutamente insistere, ci si deve
rassegnare alla loro presenza dato che sono spesso la migliore ed anche la più
bella testimonianza del tempo trascorso e della autenticità del pezzo
(patina). Lo sverniciatore viene usato soprattutto se il pezzo ha subito un
successivo intervento consistente nell'applicazione di smalti, porporine
similoro sopra ad una antecedente doratura o argentatura. Questa usanza di
cattivo gusto veniva fatta perché in presenza di graffi, ammaccature, fratture,
lacune, logorii, si riteneva che questi fossero antiestetici e usando questo
metodo, semplice da eseguire, si preferiva coprire totalmente la superficie. Una
volta eseguita la sverniciatura, rimosso lo strato superiore, spesso ci
capiterà, meraviglia delle meraviglie, di trovare la vera e autentica doratura
originaria. Un discorso particolare va fatto quando siamo in presenza della
tecnica dell'argentatura a mecca. In tali casi è sempre meglio iniziare con la
pulitura leggera. Questo perché se viene utilizzato lo sverniciatore, alcool, o
altro solvente, il sottile film dorato della mecca, viene completamente rimosso
lasciando scoperto lo strato sottostante costituito dall'argento.
In linea generale possiamo dire che solo nel caso in cui la vernice ricoprente è
particolarmente rovinata è bene rimuoverla per poi passare alla riverniciatura a
gommalacca, gommalacca decerata, o vernice a mecca per ridare all'oggetto
l'effetto oro. Altrimenti si fanno dei piccoli ritocchi sempre a gommalacca
nelle parti lacunose, rovinose e logorate.

MECCATURA
Anticamente, non essedo ancora stata inventata la foglia oro imitazione, l'unica
maniera per non spendere un occhio della testa nelle dorature, era quella di
argentare (all'epoca con argento vero, adesso possiamo scegliere anche fogli di
argento imitazione), trattando poi la superficie con una speciale vernice, detta
appunto mecca, in modo che la foglia d'argento assumesse l'aspetto della più
preziosa foglia d'oro.
La mecca è una vernice a base di alcool, gommalacca, resine naturali e ossidi,
che dona all'argento in foglia varie tonalità di colore oro, secondo il dosaggio
della vernice e dei diversi elementi cromatici della mecca. La tecnica della
doratura a mecca fu impiegata prevalentemente per gli oggetti meno pregiati o
adoperati con frequenza (cornici, sedie e mobilio in genere, stucchi, etc.).
Ingredienti della vernice a mecca: la sandracca: componente principale, diluita
in alcool; la gomma gutta: di colore giallo dorato, diluita in alcool e aggiunta
in piccole dosi per evitare che la colorazione gialla risultasse troppo
carica; il sangue di drago: resina di colore rosso bruno, anch'essa diluita in
alcool, che conferiva alla soluzione un colore rosso arancione; l'aloe: una
resina vegetale di colore bruno verdastro, che, molto diluita, veniva aggiunta
alla altre misture fino ad ottenere la tonalità desiderata.
ARGENTATURA A MECCA
 La tecnica di applicazione della foglia d'argento è la medesima della doratura
a guazzo o della doratura a missione, solo che, una volta che la foglia
d'argento è stata brunita con pietra d'agata (solo per la doratura a guazzo), si
procede a stendere la vernice a mecca. L'applicazione della mecca sulla foglia
dopo la brunitura, fa si che l'argento somigli all'oro.
DORATURA CON VERNICE
Questa tecnica consiste nell'utilizzo di una vernice per dorare pronta all'uso
al posto della foglia d'oro e può essere impiegata per dorare qualsiasi
materiale (legno, metallo, carta, plastica, pietra, ceramica, vetro, gesso,
ecc.).
La doratura con vernice è una tecnica che può essere conveniente, in alcuni
casi, per la sua rapidità e praticità.
Per dorare materiali porosi come il legno è necessario come sempre, preparare
prima il fondo per renderlo perfettamente liscio. A tale scopo è possibile
stendere sulla superficie da dorare una vernice turapori, oppure preparare il
fondo con gesso di Bologna e bolo (rosso, giallo o nero) come nella doratura a
guazzo. In sostituzione al bolo è possibile impiegare un colore acrilico che
imiti la tonalità del vero bolo. L'impiego del bolo o di un colore acrilico
serve per dare un colore al fondo, in modo da far risaltare meglio il colore oro
e dargli una tonalità più particolare.
Dopo aver steso la vernice turapori, il bolo vero o un colore acrilico, è sempre
meglio, una volta asciutti, dare una carteggiata con carta abrasiva a grana
finissima (400).
Come abbiamo già detto, questa preparazione serve per dare ai materiali porosi
una base perfettamente liscia su cui stendere poi la vernice per dorare. Non
sarà quindi necessaria, per tutti quei materiali compatti e lisci come il vetro,
il metallo, la plastica, la ceramica, etc. che potranno essere verniciati
direttamente.
Si potrà ora procedere all'applicazione della vernice per dorare (in
sostituzione può essere usata anche una pasta per dorare) con un pennello. Se
stesa con un pennello a setole larghe, la vernice per dorare, permette di
decorare superfici anche molto ampie come una cornice.

Mentre, se si impiega un pennello a punta molto fine, sarà possibile utilizzare
la vernice per dorare per ottenere delle micro decorazioni su oggetti molto
piccoli (fig.2).

La vernice è pronta all'uso, ma è possibile anche diluirla con acquaragia per
ottenere una colorazione oro meno intensa. Una volta asciutta la decorazione può
essere lucidata con un panno morbido
DORATURA CON METALLI IN ROTOLO
L'impiego dei metalli imitazione in rotolo permette la decorazione di superfici
ampie come soffitti e pareti, ma anche semplici cornici, in maniera semplice e
veloce, riducendo sensibilmente i tempi di messa in opera.
Per cominciare, è necessario rendere la superficie da dorare (o argentare) più
liscia possibile e ben isolata, specialmente se stiamo per decorare una
superficie in legno. A tal scopo possiamo applicare del gesso di Bologna o della
cementite, che rendono il legno liscio ed impermeabile (dopo aver steso il
prodotto è anche consigliabile passare della carta abrasiva a grana fine o della
lana d'acciaio finissima). È sempre consigliabile farlo, in quanto il legno è
poroso e non darebbe risultati ottimali se dorato direttamente. Quando si
desidera lasciare trasparire le venature naturali è invece consigliabile usare
del turapori alla nitro, oppure un turapori alla gommalacca se si preferisce un
prodotto naturale.
Successivamente è consigliabile stendere sul gesso del colore acrilico (un
colore giallo ocra o terra di Siena per l'oro e nero per l'argento danno ottimi
risultati) che servirà per dare un colore di fondo alla superficie in modo da
far risaltare meglio il colore del metallo e dargli una tonalità particolare.
A questo punto si passa all'applicazione della missione, che viene eseguita a
pennello stendendo uno strato uniforme sulla prima parte di superficie da
decorare. Con la missione all'acqua, dopo circa 10-15 minuti dalla stesura, la
superficie trattata diventerà appiccicosa e pronta a ricevere il metallo
imitazione in rotolo. Mentre, se si sta utilizzando una missione all'olio,
necessaria in caso di doratura su superfici molto compatte (es. metallo, vetro,
marmo, etc.) e per decorazioni poste all'esterno, bisognerà attendere circa 3
ore prima di applicare il metallo.
A questo punto prendiamo una striscia del rotolo di oro imitazione
precedentemente tagliata e tenendola ai due estremi con entrambe le mani,
stendiamola sulla parte di superficie dove abbiamo già applicato la missione
(fig.1).

Ora, con un bombasino in pelo di vajo, spingere delicatamente sopra la carta per
assicurarsi che il metallo si sia completamente staccato dal supporto ed abbia
aderito perfettamente alla superficie

Con cautela rimuovere ora la carta dal metallo, aiutandosi con il bombasino.
Fare attenzione che non si formino bolle d'aria e che l'oro imitazione sia
saldamente attaccato alla superficie da decorare

Con il bombasino spennellare delicatamente la superficie appena dorata per
rimuovere il metallo in eccesso, evitando però di grattare via l'oro

Una volta finito di applicare il metallo, sarà necessario stendere sulla
superficie decorata una vernice finale di protezione, in quanto i metalli
imitazione si ossidano facilmente. Come vernice finale è possibile stendere
sulle dorature vernici naturali, come si faceva anticamente, a base di
gommalacca o gommalacca decerata oppure le più moderne vernici acriliche che
possono essere lucide, opache o satinate, a seconda dell'effetto desiderato.
DORATURA A MISSIONE
La doratura a missione è una tecnica molto più semplice da eseguire rispetto
alla doratura a guazzo, e permette di applicare la foglia d'oro su qualsiasi
superficie preventivamente verniciata o comunque non porosa.
Nella tecnica a missione non è necessaria ne la preparazione del fondo con gesso
di Bologna, ne la stesura di bolo.
La tecnica consiste essenzialmente nello stendere un liquido con potere adesivo
sull'oggetto da dorare ed applicare poi la foglia d'oro. Questo liquido adesivo
è chiamato missione (da cui il nome della tecnica).
Ci sono due tipi di missione: missione all'acqua e missione a vernice (missione
all'olio).
La missione all'acqua permette un'applicazione molto veloce, occorre attendere
infatti solo pochi minuti (10-15 minuti) perché sviluppi il suo potere adesivo,
inoltre, la missione all'acqua è indicata per la decorazione di superfici poste
all'interno e a media porosità come legno, gesso, stucco, carta etc.
La missione a vernice necessita invece di un'attesa di 3 ore prima di essere
adesiva, ma la brillantezza finale è maggiore, inoltre, è ideale per dorare
superfici poste all’esterno ed estremamente compatte come metallo, marmo e
vetro.
DORATURA CON MISSIONE ALL'ACQUA
Una condizione importante per un ottimo risultato è quella di applicare la
missione all'acqua su superfici a media porosità e ben liscie. Infatti, se
applicata su superfici ad alta porosità viene velocemente assorbita dal
supporto, non garantendo una buona adesività. In questi casi è consigliabile
applicare prima uno strato di vernice, compatibile con il supporto, per ridurre
l'assorbimento e carteggiare poi con carta abrasiva a grana fine (320). Nella
doratura a guazzo, prima di stendere la colla di pesce per incollare la foglia
oro, si stende il bolo (rosso, giallo o nero). Nel caso della doratura a
missione, è possibile sostituire il bolo con del colore acrilico che imiti la
tonalità del vero bolo, da stendere prima di applicare la missione. Questa
preparazione serve da base per dare un colore di fondo alla superficie in modo
da far risaltare meglio il colore oro e dargli una tonalità particolare. Anche
dopo aver steso il bolo vero o un colore acrilico, è sempre meglio dare una
carteggiata con carta abrasiva a grana finissima (400). A questo punto si passa
all'applicazione della missione, che viene eseguita a pennello stendendo uno
strato uniforme sulla prima parte di superficie da dorare. In linea di massima,
per ottenere una buona doratura resistente, è consigliabile applicare la
missione in strati il più possibile ridotti. Questo perchè una volta applicata
la foglia il processo di asciugamento della missione si arresta, lasciando fra
foglia e sottofondo uno strato elastico di eccessivo spessore. In questa
situazione qualsiasi sollecitazione subisca la foglia si formerebbero grinze e
spaccature. Concludendo l'operatore deve applicare la missione nella misura
minore possibile, compatibilmente con le esigenze di appiccicosità. Dopo circa
10-15 minuti dalla stesura, la missione diventerà appiccicosa e pronta a
ricevere la foglia d'oro. Per applicare la foglia d'oro si comincia aprendo
delicatamente il libretto e lo si accosta al cuscino da doratore. Poi con
l'aiuto del coltello da doratore, si fa scivolare una foglia d'oro sul cuscino e
la si stende soffiandoci sopra leggermente. Ricordarsi che la foglia d'oro va
sempre presa con il coltello e mai con le dita altrimenti si distruggerà
subito. A questo punto si può tagliare in pezzi più piccoli la foglia, sia per
agevolarne la presa, sia per seguire al meglio le parti da dorare. Questo
ritaglio va fatto con il coltello da doratore. Appoggiare il coltello sul punto
in cui si vuole procedere al taglio e fare un piccolo movimento avanti e
indietro, appoggiandosi leggermente sul foglio, poi togliere il coltello.
Attenzione a non incidere la pelle del cuscino. Dopo che la missione ha
sviluppato il suo potere adesivo (per la valutazione del giusto tempo di attesa
prima dell’applicazione della foglia, toccare con un dito la superficie
trattata a missione, questa deve risultare leggermente appiccicosa) si prende la
foglia d'oro necessaria con il pennello di vajo da doratore e si accosta al
pezzo in lavorazione. Si procede in questo modo fino alla completa applicazione
dell'oro. La foglia d'oro applicata a missione non può essere brunita per cui il
risultato non è lucido.
Quanto spiegato è valido per la doratura a missione fatta con oro vero in
foglia, anche se solitamente questa tecnica si esegue con foglie di oro
imitazione (in gergo orone), prima di tutto perché l'oro vero ha caratteristiche
tali che vengono esaltate solo con la doratura a guazzo, poi perché trattandosi
di una tecnica più economica non sarebbe conveniente utilizzare una materia
prima così costosa. L'oro imitazione si fa aderire all'oggetto da dorare con
l'aiuto di un bombasino in pelo di vajo, che battuto di punta, ci aiuta a
spingere la foglia nelle parti più difficili da raggiungere con le dita. Una
volta applicato l'oro imitazione, sarà necessario stendere sulla superficie
dorata una vernice finale di protezione, in quanto l'oro imitazione contenendo
rame si ossida facilmente. Come vernice finale è possibile stendere sulle
dorature vernici naturali, come si faceva anticamente, a base di gommalacca o
gommalacca decerata oppure le più moderne vernici acriliche che possono essere
lucide, opache o satinate, a seconda dell'effetto desiderato.

DORATURA CON MISSIONE A VERNICE
 La missione a vernice (o ad olio) è una miscela di olii con tempo di
essiccazione di 3 ore, il che vuol dire che sviluppa il suo potere adesivo dopo
circa 3 ore dall'applicazione. Ciò comporta il rischio che la superficie
trattata si impolveri. Sarebbe perciò preferibile un ambiente di lavoro privo di
polvere. Il tempo atmosferico influenza il tempo di essiccazione: umidità e
freddo lo allungano, al contrario il calore lo riduce. L'indicazione di 3 ore va
intesa quindi con una certa elasticità. Dopo questo lasso di tempo è comunque
possibile cominciare l'applicazione della foglia d'oro e d'argento (vera o
imitazione). La missione per dorare a vernice può essere utilizzata su
superfici poste sia all’interno che all’esterno ed è particolarmente adatta
all'applicazione di oro in foglia su superfici estremamente compatte come
metallo, marmo e vetro. La missione all'olio va applicata con un pennello in
pelo di martora, per superfici piatte è preferibile un pennello piatto mentre
per superfici intarsiate e per oggetti piccoli è consigliabile un pennello
tondo. Se la superfici risulta troppo liscia per far aderire la missione, sarà
necessario stendere prima una vernice aggrappante compatibile con il supporto da
decorare. La missione deve essere cosparsa uniformemente e bisogna soprattutto
evitare di ottenere spessori diversi nelle varie zone della superficie e il
formarsi di grumi, perché i tempi di essiccazione risulterebbero diversi nelle
varie zone della cornice. Alla fine di una sessione è meglio gettare la missione
rimasta nel contenitore dove la si è versata, ma non la si è utilizzata, perché
attirerebbe troppa polvere. È consigliabile inoltre proteggere dalla polvere la
superficie già trattata, coprendola con una specie di tenda o mettendola, quando
possibile, in posizione verticale.
Il doratore principiante nell'ansia di perdere il momento giusto per
l'applicazione della foglia spesso anticipa i tempi con il risultato che la
foglia risulterà opaca. Inoltre l'essiccazione verrà ulteriormente ritardata
dalla mancanza di aria e la foglia sarà più vulnerabile perché poggerà su una
superficie ancora morbida. Si noteranno particolarmente le ditate sulla
foglia. Il fatto che la foglia risulti opaca, se applicata in anticipo, viene
sfruttato dai doratori esperti quando vogliono creare zone di diversa opacità e
brillantezza nell'oggetto. Le zone volutamente opache verranno infatti ricoperte
con la foglia prima delle altre zone. Il principiante deve resistere alla
tentazione di toccare la missione col dito per saggiare il grado di
appiccicosità. L'impronta del dito si noterebbe anche dopo l'applicazione della
foglia; se al posto del dito si usa la nocca, si riduce parecchio
l'inconveniente, ma non lo si elimina completamente. Il metodo consigliabile è
invece quello di avvicinare il dorso della mano alla missione in modo che i peli
vengano leggermente attratti. Il doratore esperto è in grado di valutare
l'appiccicosità della missione anche dal suo grado di luminosità: man mano che
si essicca, infatti, la missione tende a diventare gradualmente più opaca.
Abbiamo visto che nella doratura a missione si può usare sia la foglia oro
zecchino che oro imitazione. La foglia oro zecchino non è soggetta ad
ossidazione, mentre la foglia oro imitazione, essendo costituita da una lega di
ottone, tende ad ossidarsi e va perciò protetta con una vernice finale
protettiva. Le modalità di applicazione della foglia sono le stesse già viste
sopra per la doratura con missione all'acqua. La doratura con missione non può
essere brunita, ma può essere antichizzata.
Per antichizzare la nuova doratura ci sono tanti metodi, consigliamo comunque
l'impiego della vernice invecchiante che si presenta in soluzione concentrata e
può essere applicata direttamente sulla doratura o opportunamente diluita per
ottenere una patinatura più chiara. È un prodotto semiliquido che può essere
applicato sulla doratura con pennello o a tampone e va subito tolto con un
batuffolo di cotone idrofilo in modo che rimanga in maggiore quantità nelle
parti più incavate. Si otterrà così una patinatura d'invecchiamento molto
realistica.

RIDORATURA
Se sono state eseguite con esattezza le operazioni di preparazione delle
superfici da trattare si può procedere all'applicazione della foglia metallica,
senza che si verifichino difetti antiestetici.
È questa la fase più delicata del lavoro che deve avvenire senza fretta e con
molta pazienza, perché solo a queste condizioni il lavoro avrà buon esito. La
pratica e l'esperienza poi lo renderà perfetto.
Per prelevare la foglia d'oro dal libretto, si poggia il coltello da doratore
sopra di essa e poi si soffia delicatamente, in questo modo la foglia si
piegherà sul coltello. A questo punto trasciniamo la foglia sul cuscino da
doratore. L'oro e l'argento in foglia sono particolarmente sottili e quindi
l'operazione è delicatissima.
La foglia stesa sul cuscinetto viene tagliata in pezzi più o meno grandi (a
seconda della lacuna da colmare) e collocati a distanza tra loro per evitare che
si sovrappongono e si raggrinziscano. Bisogna cercare di evitare inoltre, gli
sprechi, altrimenti, specie per l'oro, il lavoro diventerebbe troppo
dispendioso. I piccoli scarti non vanno mai buttati perché possono essere sempre
utili a dorare piccoli intagli nascosti. Prima di procedere alla ridortura, se
si vuol una maggiore lucentezza del metallo, si deve prima brunire (lucidare) il
bolo con la pietra d'agata, rendendo così liscia la superficie.
A questo punto bisogna preparare la colla di pesce, che va messa a bagno per
tutta la notte e poi scaldata a bagnomaria. La colla va passata delicatamente
sul bolo con una sola passata altrimenti il bolo può rinvenire e
sciogliersi. Prima che la colla venga assorbita si prende la foglia d'oro
necessaria con il pennello di vajo da doratore, che deve essere leggermente
ingrassato strofinandolo sulla fronte o ungendolo con pochissimo olio
paglierino, altrimenti la foglia non aderirebbe sul pennello. La foglia viene
così trasportata e posata sulla superficie con molta grazia, avendo cura che
essa non si frastagli e si rovini. Con un batuffolo di cotone inumidito si preme
leggermente sulla foglia in modo da far uscire l'acqua in eccesso, le bolle
d'aria, togliere le grinze e distenderla. Questa operazione deve essere
effettuata con molta delicatezza per evitare che la foglia si rovini. Si procede
in questo modo, dorando una parte per volta, fino a riempire tutta le mancanze
di oro.
Se stiamo invece eseguendo un restauro utilizzando la tecnica della doratura a
missione, non avremo bisogno di applicare la colla di pesce, ma basterà stendere
la foglia metallica (solitamente nella doratura a missione viene impiegato l'oro
imitazione o l'argento imitazione) sulla missione, dopo aver atteso il tempo
necessario affinchè il solvente essicchi e diventi appiccicosa (dopo circa 15
minuti per la missione all'acqua e dopo 3 ore per la missione a vernice). Con un
batuffolo di cotone inumidito poi si spiana e si tolgono le grinze.
Brunitura Dopo la loro applicazione, le foglie d'oro o d'argento si lucidano con
appositi brunitoi in pietra d'agata, questa operazione si chiama brunitura
appunto. Prima di eseguire la brunitura bisognerà aspettare che la foglia d'oro
applicata sia completamente asciutta. In genere in estate l'attesa va dalle 5
alle 8 ore ed in inverno si deve attendere 20/24 ore, per evitare che lo strato
sia troppo molle o troppo secco. La brunitura rende lucido e perfettamente
liscio l'oro che finora non brillava. Ha anche la funzione di accorpare l'oro
con forza alla base sottostante. Si lucida perché con la pressione, le
particelle di colla contenute nel gesso e nel bolo vengono spianate
meccanicamente. Il brunitoio va passato sulle parti dorate, con una pressione
costante e in diverse direzioni, in modo tale che a lavoro ultimato non si
vedano i vari movimenti. Prima di passarlo va "scaldato" in una pezza di lana
strofinandolo velocemente. L'ideale sarebbe possedere un brunitoio della forma
giusta per ogni tipo di curva che la superficie dorata effettua.
Patinatura L'applicazione della foglia oro è una tecnica abbastanza semplice da
imparare, ma solo l'esperienza e il costante lavoro "sul campo", consentono di
acquisire le tecniche per riuscire ad "antichizzare" mobili e complementi del
passato. Una delle tecniche di restauro più utilizzata è la patinatura, che
conferisce agli oggetti in oro un aspetto antichizzato. Infatti, dopo aver
applicato la foglia in oro zecchino, gli oggetti presentano un colore molto
acceso, che stona con l'età dei mobili antichi. La patinatura serve appunto ad
"invecchiare" i mobili, e si ottiene attraverso l'applicazione di una tempera
composta di terre ed acqua. Un metodo più semplice per antichizzare una doratura
ed adatto ai meno esperti, consiste nell'impiego di un'apposita vernice
invecchiante pronta, da applicare direttamente sulla doratura, in modo da
omogeneizzare il colore della nuova foglia oro appena applicata con l'antica
doratura originale.

PREPARAZIONE DEL FONDO
Durante l'esecuzione del restauro di una superficie dorata, molto probabilmente
ci troveremo di fronte, oltre che a delle mancanze di oro, anche a mancanze di
gesso, dovute principalmente a fori dei tarli, scalfiture, spaccature, crepe, e
urti vari.
Il fondo in gesso è estremamente importante nella doratura, perché costituisce
la base, insieme al bolo, sulla quale si andrà a stendere la foglia d'oro.
Dovremo quindi porre molta attenzione a ripristinare il fondo in gesso in tutte
quelle parti dove è venuto meno. Le mancanze di gesso verranno riempite tramite
la stuccatura.
Preparazione dello stucco Su una lastra di vetro o di marmo (anche una tavoletta
verniciata va bene) si versa del gesso di Bologna e si aggiunge in piccole
quantità la colla di coniglio (calda) precedentemente preparata. Il tutto va
impastato bene con una spatola fino ad ottenere un composto ne troppo molle ne
troppo denso, ma facilmente spatolabile. Essendo questo uno stucco che tarda
molto a far presa (circa 12 ore) possiamo modellarlo con comodità, ma va
preparato in piccole quantità perché il suo effetto collante avviene in breve
tempo. Per evitare il suo veloce raffreddamento è consigliabile utilizzare, per
impastare gesso di Bologna e colla, il palmo della mano che emana calore.
Levigatura Ora dovremo procedere a sgrossare, levigare e carteggiare le
stuccature appena realizzate. Infatti, una volta asciutto il gesso, ci
accorgeremo che il nostro oggetto avrà perso un po' di precisione sugli spigoli
e sugli intagli. Si andranno allora ad eseguire, con il raschietto da doratore,
dei delicati interventi di sgrossatura del gesso in eccesso, al fine di
ravvivare gli spigoli ed i motivi ornamentali. La forma del raschietto scelto
per questo intervento dovrà essere adatta alla superficie che vogliamo levigare
e ravvivare. L'ideale sarebbe avere un raschietto della forma giusta per ogni
tipo di intaglio e rilievo. È necessario che il lavoro di levigatura sia
perfetto, eseguito con molta cura e scrupolo. La fretta è spesso causa di errori
a volte irreparabili. La mano dell'operatore dev'essere leggera, ferma e decisa;
solo così si ottiene una superficie ben levigata. Non bisogna premere troppo
perché ciò provocherebbe brutte e dannose striature rendendo necessario un nuovo
lavoro di stuccatura. La levigatura va eseguita quando la stuccatura è
completamente asciutta, ciò avviene dopo circa 12 ore. Un materiale poco usato
ma molto efficace per eseguire la levigatura delle parti piane è la pietra
pomice. Viene usata inumidita con acqua, o olio di lino o petrolio. Prima di
adoperarla si strofina sopra una superficie di marmo o altra materia per
spianarla e questa operazione va ripetuta ogni volta che viene utilizzata per
levigare per eliminare il gesso impastato in modo da averla sempre pulita. Altro
materiale usato è la carta abrasiva che può essere usata a secco, ad acqua o ad
olio. In quest'ultimi due casi non si deve esagerare con acqua ed olio al fine
di non rovinare alcun particolare e bisogna spesso pulire o cambiare la carta
adoperata per evitare che essa, impastandosi, provochi danno. Gli oli usati
devono essere siccativi (olio di lino crudo, di noce) mai l'olio di vaselina che
avendo come caratteristica la non siccativita impedisce che qualsiasi mordente o
vernice aderisca perfettamente. La levigatura a secco, ad acqua e ad olio si
possono alternare tra di loro a seconda della convenienza. All'inizio del
lavoro si usano carte abrasive di grana grossa n.120, 180, 220, 240 poi si
procede con quelle più fini n.400, 600, 800, 1000, 1200 fino ad ottenere una
superficie liscissima. E' opportuno ogni tanto spolverare accuratamente per
eliminare ogni traccia di polvere. Per rendere ancora più liscia la stuccatura
alla fine strofinare la parte con pelle di camoscio o di vitello.
Apprettatura Consiste nell'operazione che serve a preparare la superficie appena
levigata, per far aderire le foglie metalliche. L'appretto di bolo (usato nella
doratura a guazzo) si applica sulla superficie ben levigata, ed è disponibile in
tre tonalità: rosso, giallo ocra e nero. Il colore del bolo deve essere
necessariamente scelto in base al colore del bolo esistente nel pezzo che si
vuol restaurare. Il bolo va sciolto in poca acqua fredda e aggiunto alla colla
di coniglio precedentemente riscaldata. Viene steso rapidamente a caldo con un
buon pennello senza ripassare sullo stesso punto. Se si vuole una maggiore
brunitura è necessario passare due o più mani di bolo, altrimenti è sufficiente
una sola mano. Quando l'apprettatura è ultimata si lascia asciugare. Anche la
missione (usata appunto nella doratura a missione) serve a far aderire la
foglia, ed ha un tempo di essiccazione variabile dai 15 minuti per la missione
all'acqua, alle 3 ore per la missione all'olio. In entrambi i casi è necessario
attendere che la superfici trattata a missione diventi appiccicosa prima di
stendere la foglia metallica.
Il principiante deve resistere alla tentazione di toccare la missione con il
dito per saggiare il grado di appiccicosità. L'impronta del dito si noterebbe
anche dopo l'applicazione della foglia; se al posto del dito si usa la nocca, si
riduce parecchio l'inconveniente, ma non lo si elimina completamente. Il metodo
consigliabile è invece quello di avvicinare il dorso della mano alla missione in
modo che i peli vengano leggermente attratti. Il doratore esperto è in grado di
valutare l'appiccicosità della missione anche dal suo grado di luminosità: man
mano che si essicca, infatti, la missione tende a diventare gradualmente più
opaca.

LABORATORIO
Il laboratorio di restauro del doratore deve avere alcuni requisiti essenziali
al fine di poter svolgere un buon lavoro di restauro.
Prima di tutto il luogo deve essere asciutto, arieggiato, comodo e ordinato.
L'illuminazione deve essere abbondante, e può essere naturale o, in mancanza di
essa, riprodotta artificialmente con lampade a "luce solare".
Infine il locale adibito a laboratorio deve essere ben pulito, facendo
attenzione specialmente all'eliminazione della polvere. Anche tutti i strumenti
impiegati per la doratura devono essere puliti.
Vediamo ora cosa non deve mancare nel laboratorio di restauro del doratore:
I METALLI
Oro in foglia L' oro è un metallo prezioso, di colore giallo-rossastro,
lucidissimo se levigato, molle e duttile. E' inalterabile all'aria e non è quasi
mai impiegato allo stato puro perché troppo molle e legato all'argento o al rame
che lo rendono più duro. E' abbastanza diffuso in natura in piccole quantità e
più precisamente nei terreni alluvionali o nelle rocce quarzose qua e là
disseminato solo o unito a altri minerali, o argento, pirite, sotto forma di
pagliuzze, polveri e granelli. Le zone più ricche di oro sono il Sudafrica,
l'America, Russia Australia. L'Italia è scarsissima di giacimenti d'oro e si
concentra nella zona della Val d Aosta e per quanto riguarda i terreni
alluvionali è limitato nei fiumi Po, Dora, Ticino. L'oro adoperato nel restauro
della doratura si presenta in fogli raccolti in libretti (oro in foglia). Ciò
avviene riducendo l'oro in fogli molto sottili di spessore variabile da mm.
0,00001 a mm. 0,00008 o anche minore. Il costo del libretto varia a seconda dei
carati dell'oro cioè della sua più o meno purezza.
Oro in polvere L'oro in polvere si ottiene macinando in polvere finissima l'oro
puro, da mischiare con idoneo legante (solitamente si impiega la gomma arabica)
per ottenere un colore adatto a realizzare decorazioni su i più svariati
supporti.
Oro in conchiglia L'oro in conchiglia è oro puro macinato in polvere finissima e
mischiato con gomma arabica. Bagnato con acqua demineralizzata si stende come
una tempera e si ottiene l'effetto della foglia d'oro.
Oro falso E' detto comunemente "orone" o "oro imitazione" ed è costituito in
gran parte da rame (80-85%) unito ad altri metalli (solitamente zinco) in
quantità diversa. Il suo colore è più o meno giallo come l'oro vero però meno
lucente quando è levigato. Anch'esso si presenta in fogli sottili (oro
imitazione in foglia), di spessore leggermente superiore all'oro e per questo
risulta più facile e comoda la sua applicazione.
Argento in foglia Metallo nobile, il più malleabile dopo l'oro, il più bianco e
duttile. Il suo peso specifico è di 10,5. Fonde a 960°, assorbendo ossigeno
dall'aria, che rilascia poi raffreddandosi. Ad un'altissima temperatura, può
essere trasformato in vapori, che sono verdastri. E' naturalmente molto molle;
perciò lo si allega al rame per renderlo più duro. Non si ossida all'aria, né a
caldo né a freddo ma bensì in contatto con ozono. E' alterabilissimo alle
esalazioni solfidriche le quali lo anneriscono. A contatto prolungato dei sali
da cucina (cloruro di sodio) si corrode assumendo un colore nero-verdastro. E'
particolarmente diffuso sotto forma di cristalli, lamine, filamenti, masse più o
meno voluminose, in Cile, Bolivia, Messico, Perù, Australia, Spagna e in Italia
in Sardegna. Come l'oro per il restauro si presenta in fogli sottili che
costituiscono il libretto (argento in foglia). Tali fogli hanno spessore fino a
mm. 0,000025.
Argento in polvere L'argento in polvere si ottiene macinando in polvere
finissima l'argento puro, da mischiare con idoneo legante (solitamente si
impiega la gomma arabica) per ottenere un colore adatto a realizzare decorazioni
su i più svariati supporti.
Argento falso L'argento imitazione è costituito da alluminio puro e si presenta
in libretti che contengono fogli in quantità variabile. L'alluminio è un metallo
di colore simile all'argento e molto lucente, malleabile e duttile. Ha il pregio
di essere inalterabile all'aria a qualunque temperatura.

I MATERIALI
Gesso di Bologna Si tratta di solfato di calcio idrato (in sostituzione può
essere impiegato anche il Bianco di Meudon). Ha una morbidezza al tatto unica,
data dalla finezza della grana di cui è composto. Non va mai fatto bollire per
evitare la formazione di grumi che sono dannosi alla plastica compattezza
dell'insieme. Va pertanto sciolto a bagnomaria. Si conserva in un luogo
asciutto, teme l'umidità.
Colla di Coniglio (colla lapin) Si ottiene dalla pelle di coniglio immersa in un
bagno di acqua di calce. Era conosciuta ancor prima della colla a caldo da
falegname e, rispetto a quest'ultima, ha una tenacia inferiore. Ciò la rende
ideale per la delicata preparazione dell'ingessatura. La colla di coniglio va
sciolta a bagnomaria e la proporzione tra colla ed acqua deve essere di 1 a 8.
Si usa calda ma non bollente. Va conservata in un barattolo di vetro chiuso.
Colla di pesce (ittiocolla) S ricava dalla vescica natatoria di alcune specie di
pesci quali storioni ed affini. Si trova in commercio sotto forma di scaglie
trasparenti che vanno lasciate in acqua per circa 24 ore prima dell'uso. Dopo
aver fatto decantare l'acqua in eccesso si scioglie a bagnomaria. A differenza
delle altre colle non aumenta di molto il suo volume. Va usata solo per far
aderire la foglia d'oro al bolo.
Bolo Armeno È un'argilla particolare che serve da base all'oro. È facile notarlo
nelle vecchie dorature, nei punti in cui l'oro si sia consumato. Può essere di
due tre colori: color terra rossa (bolo rosso), color terra di Siena naturale
(bolo giallo) e color nero (bolo nero). Va diluito con colla fino a raggiungere
una consistenza leggera. Va passato con un pennello di martora con una sola
pennellata leggera, sempre dopo averlo scaldato a bagnomaria. Appena tolta la
quantità occorrente conviene richiudere il barattolo con cura.
Sverniciatore Utile per togliere l'eventuale porporina applicata per coprire le
mancanze di foglia d'oro su un oggetto.

LE ATTREZZATURE
Cuscino da doratore È uno strumento indispensabile per stendere la foglia oro
per poi tagliarla nella misura necessaria alla decorazione.
Coltello da doratore Si usa per tagliare la foglia d'oro. La lama non deve
essere toccata con le dita, in tal caso va sgrassata con dell'alcool. Ogni tanto
va affilata con carta abrasiva finissima. Non va mai fatta toccare con altre
parti in metallo per non creare dei "denti" sul filo della lama. Non deve
tagliare la pelle del cuscino, altrimenti vuol dire che l'affilatura è stata
fatta in modo errato (eccessivo). È utile anche per prelevare la foglia dal
libretto e portarla sul cuscinetto.
Pennellessa da doratore Realizzata in morbidissimo pelo di vajo, serve per
prendere la foglia d'oro, precedentemente tagliata, e stenderla sulla superficie
da dorare.
Brunitoio Conosciuto anche come Pietra d'Agata è uno strumento che serve a
comprimere l'oro una volta asciutto il bolo sottostante. È composto dal manico
ed una pietra d'agata (con superficie estremamente liscia). Tramite questa
operazione (detta anche brunitura) si fissa e si lucida la foglia che diventerà
un tutt'uno con la base di gesso e bolo. È l'operazione finale della lavorazione
e anche la più soddisfacente.
Spugne naturali Usate per lavare e pulire le superfici o per distendere mordente
o turapori al posto dei pennelli
Spatole d'acciaio Di forma e grandezza variabile, vengono utilizzate soprattutto
per stuccare o per modellare le decorazioni.
Raschietti da doratore Realizzati in acciaio e disponibili in diverse forme e
grandezze, sono uno strumento indispensabile per togliere delicatamente, una
volta asciutto il gesso, gli eccessi e le imperfezioni della superficie
stuccata, in modo da ravvivare spigoli e motivi ornamentali.
Fornellino elettrico Serve per la preparazione a bagnomaria delle diverso colel
utilizzate nella doratura
Carta abrasiva Serve per levigare lo stucco rendendo la superficie liscia
Lana d'acciaio finissima La lana d'acciaio con grana finissima "0000", può
essere impiegata ogni qualvolta si voglia ottenere una superficie perfettamente
levigata
Bisturi Sul manico bisturi possono essere montate lame di varie forme,
necessarie nel caso di incrostazioni, vecchie stuccature, vecchie incollature,
parti ricostruite malamente. Queste dapprima vanno ammorbidite (per esempio con
olio paglierino, acqua demineralizzata o olio di vaselina nel caso di gesso) e
poi si rimuovono con molta delicatezza e cautela con il bisturi

FINITURA A GOMMALACCA
La lucidatura è l'ultima delle operazioni di restauro del mobile, e viene
eseguita dopo aver effettuato tutte le fasi precedenti. Ora dovremmo avere
davanti a noi il mobile reintegrato in tutte le su parti, armonizzato nel colore
nelle parti nuove che dovranno essere ben levigate.
La gommalacca si può applicare a pennello o a stoppino. La scelta del metodo
dipende dal mobile che dobbiamo rifinire e dal tipo           i rifinitura che
desideriamo ottenere.
Per mobili rustici costruiti in abete, olmo, castagno o rovere che dalla nascita
non hanno goduto di cure troppo approfondite, e hanno naturalmente i pori
aperti, possono essere rifiniti con il metodo misto: si verniciano con
gommalacca a pennello, poi si rifiniscono con cera d'api.

Per i mobili più ricercati, costruiti generalmente in noce o essenze di pregio,
il discorso è diverso. occorre seguire il metodo della lucidatura a stoppino.

Metodo a Stoppino

Questa lucidatura viene definita in molteplici modi: a tampone, a stoppino, alla
francese. Comunque sia chiamata, questa tecnica esige una discreta abilità
d'esecuzione che si acquisisce solo con tanta pratica, ma non ha nulla in sé di
arcano o misterioso come spesso si è voluto far credere.
Richiede parecchio tempo, e buona pazienza, basti pensare che fino al secolo
scorso un buon artigiano lasciava intercorrere, fra una mano e l'altra, anche
decine di giorni. Non bisogna scoraggiarsi dagli insuccessi, ma si deve
insistere, magari affiancandosi ad un artigiano col quale si è instaurato un
buon rapporto.
Nella lucidatura a tampone se si provocano delle bruciature della lucidatura
(succede quando col tampone si asporta della gommalacca non ancora asciugata
bene), occorre armarsi di santa pazienza: non è possibile correggere localmente
l'errore, ma bisogna passare tutta la superficie del piano con lana di acciaio
finissima e poi ricominciare da capo..
 Comunque, se eseguita secondo le regole dell'arte è sicuramente la tecnica che
da i migliori risultati sia nell'aspetto estetico che pratico. Infatti, rispetto
alla lucidatura a cera questa risulta essere meno delicata.
Questo tipo di lucidatura è stata utilizzata per la rifinitura dei mobili
impiallacciati o lastronati o comunque di pregevole fattura. Per i mobili in
massello o rustici, dove non si addice una superficie brillante ma piuttosto
satinata, il tipo di lucidatura più idonea, come si è detto, è quella a cera o
del metodo misto.

Oltre ad un buon prodotto lucidante ,che abbiamo visto come ottenerlo, è
necessario il tampone e la polvere di pomice usata nella fase di chiusura dei
pori (quando necessita).

Preparazione del tampone

Il tampone è costituito da un cuscinetto, ottenuto con una pezzuola di lana non
colorata che ne costituisce "l'anima", avvolta in una tela bianca di cotone e
lino, il tessuto usato per fare le lenzuola ai tempi della nonna.
La grandezza del tampone, dipende dalla superficie che si deve lucidare. Sarà
più piccolo per superfici intagliate o piccole fasce e frontalini di cassetti,
più grande per piani di tavolo o di comò.
In fase di lucidatura la gommalacca la si versa in una ciotola larga in modo da
poter immergervi completamente la pezzuola di lana. Una volta inzuppata bene, la
si strizza con una mano, mentre nell'altra si tiene aperto il telo di lino.
Quando la pezzuola di lana e ben strizzata la si mette al centro del telo di
lino e si raccolgono i quattro lembi torcendoli ottenendo così il tampone pronto
per l'uso.

Fasi della Lucidatura

La lucidatura   si articola in   tre differenti fasi:

                    Pomiciatura che ha lo scopo di chiudere i pori del legno
                    Lucidatura vera e propria
                    Brillantatura o lucidatura finale

Concentrazione della Gommalacca:
                    Chiusura dei pori: 1 etto in 2 litri di alcool
                    Lucidatura: 1 etto in 1 litro di alcool
                    Brillantatura: 1 etto in 2 litri di alcool
LUCIDATURA A GOMMALACCA
 La lucidatura è l'ultima delle operazioni di restauro del mobile, e viene
eseguita dopo aver effettuato tutte le fasi precedenti (vedere nel menù di
sinistra la voce Restauro del mobile). Ora dovremmo avere davanti a noi il
mobile reintegrato in tutte le su parti, armonizzato nel colore e nelle parti
nuove. A questo punto procederemo ad eseguire la lucidatura a gommalacca, scelta
in conformità al tipo di mobile che ci troviamo davanti.
La gommalacca
 La gommalacca è una secrezione dell'insetto "cocus lacca" o "laccifer lacca"
che vive nell'Asia meridionale, è una cocciniglia che succhia la linfa di alcuni
alberi ( acacia, ficus, ecc.) per nutrirsene, proteggendosi all'esterno con un
guscio fatto appunto di lacca. Viene venduta in scaglie dal colore ambrato
(gommalacca TN) oppure biondo (gommalacca decerata), ma anche in soluzione
pronta all'uso (gommalacca in soluzione). Dona alla superfice un aspetto di
particolare lucentezza che al tatto risulta asciutto e vellutato.
Per la preparazione della vernice, si fanno sciogliere le scaglie in alcool a
94° o superiore (meglio in alcool a 99,9°), in una percentuale variabile da
100 a 200 grammi per litro. Per conservarla basterà riporla al buio in un luogo
fresco.
La gommalacca si può applicare a pennello o a tampone, la scelta del metodo
dipende dal mobile che dobbiamo rifinire e dal tipo di finitura che desideriamo
ottenere. Per mobili rustici costruiti in abete, olmo, castagno o rovere, che
dalla nascita non hanno goduto di cure troppo approfondite e hanno naturalmente
i pori aperti, possono essere lucidati a cera, si verniciano con gommalacca a
pennello e poi si rifiniscono con cera d'api in pasta. Per i mobili antichi che
prevedono una lucidatura brillante e per i mobili più ricercati, costruiti
generalmente in noce o essenze di pregio, il discorso è diverso, occorre seguire
il metodo della lucidatura a tampone.
Lucidatura a tampone
 Questa lucidatura viene definita in molteplici modi: a tampone, a stoppino,
alla francese, etc. Comunque sia chiamata, questa tecnica esige una discreta
abilità d'esecuzione che si acquisisce solo con tanta pratica, ma non ha nulla
in sé di arcano o misterioso come spesso si è voluto far credere. Richiede
parecchio tempo, e buona pazienza, basti pensare che fino al secolo scorso un
buon artigiano lasciava intercorrere, fra una mano e l'altra, anche decine di
giorni. Non bisogna scoraggiarsi dagli insuccessi, ma si deve insistere, magari
affiancandosi ad un artigiano col quale si è instaurato un buon rapporto. Nella
lucidatura a tampone se si provocano delle bruciature della lucidatura (succede
quando col tampone si asporta della gommalacca non ancora asciugata bene),
occorre armarsi di santa pazienza: non è possibile correggere localmente
l'errore, ma bisogna passare tutta la superficie del piano con lana di acciaio
finissima e poi ricominciare da capo. Comunque, se eseguita secondo le regole
dell'arte è sicuramente la tecnica che da i migliori risultati sia nell'aspetto
estetico che pratico. Questo tipo di lucidatura è stata utilizzata per la
rifinitura dei mobili impiallacciati o lastronati o comunque di pregevole
fattura. Per i mobili in massello o rustici, dove non si addice una superficie
brillante ma piuttosto satinata, il tipo di lucidatura più idonea, come si è
detto, è quella a cera. Oltre alla gommalacca, dobbiamo procurarci della pomice
in polvere, necessaria nella fase di chiusura dei pori del legno.
Preparazione del tampone
 Il tampone è costituito da un cuscinetto, ottenuto con una pezzuola di lana non
colorata che ne costituisce "l'anima", avvolta in una tela bianca di cotone e
lino, il tessuto usato per fare le lenzuola ai tempi della nonna. La grandezza
del tampone, dipende dalla superficie che si deve lucidare. Sarà più piccolo per
superfici intagliate o piccole fasce e frontalini di cassetti, più grande per
piani di tavolo o di comò. In fase di lucidatura la gommalacca la si versa in
una ciotola larga in modo da poter immergervi completamente la pezzuola di lana.
Una volta inzuppata bene, la si strizza con una mano, mentre nell'altra si tiene
aperto il telo di lino. Quando la pezzuola di lana e ben strizzata la si mette
al centro del telo di lino e si raccolgono i quattro lembi torcendoli ottenendo
così il tampone pronto per l'uso.
Fasi della Lucidatura
 La lucidatura si articola in tre differenti fasi: • Pomiciatura (ha lo scopo
di chiudere i pori del legno)
• Lucidatura vera e propria
• Brillantatura o lucidatura finale
Concentrazione della Gommalacca:
• Chiusura dei pori: 1 etto in 2 litri di alcool
• Lucidatura: 1 etto in 1 litro di alcool
• Brillantatura: 1 etto in 2 litri di alcool Ora vediamole una per una:
Pomiciatura
 Ha lo scopo di otturare i pori del legno per rendere più liscia la superficie.
Infatti se si guarda in controluce un legno nuovo o sverniciato, si intravedono
i pori aperti che riflettendo in modo non omogeneo la luce sulla superficie da
l'effetto di una lucidatura non perfetta. Questa fase va sicuramente eseguita
nelle parti che sono state reintegrate con legno nuovo. Le parti originali, già
lucidate e che magari non sono state sverniciate non necessitano di questa prima
fase in quanto dovrebbero avere il poro già chiuso. La concentrazione della
gommalacca usata in questa fase è abbastanza diluita, infatti è di 2 litri di
alcool con 1 etto di gommalacca. La polvere di pomice va "spolverata" sulla
superficie (non va messa sul tampone), e col tampone occorre sottoporla ad una
energetica frizione al fine di farla penetrare nei pori. La polvere si bagna di
gommalacca, penetra nei pori e li chiude come una sorta di stucco. Infatti
quando la gommalacca si asciuga, questa si indurisce ed elimina l'effetto
inestetico del poro. Nel passare il tampone, occorre imprimere a questo molta
forza, descrivendo ampi cerchi. Se ci si accorge che il tampone fa fatica a
scorrere, conviene effettuare alcune passate con gommalacca molto diluita senza
aggiungere pomice sulla superficie. Bisogna prestare molta attenzione affinché
non rimangano tracce di pomice in superficie per non correre il rischio di
ritrovarsi con delle macchie biancastre a fine lucidatura. Il procedimento della
Pomiciatura va ripetuto fino a che, guardando in controluce il piano, non lo si
veda completamente liscio. Sarà comunque la natura del legno più o meno poroso a
determinare la quantità di mani necessarie. Questa operazione, per così dire
preliminare, non va affatto sottovalutata al fine di ottenere un buon risultato
finale.
Lucidatura
 Dopo la fase di Pomiciatura con la quale si è preparato il fondo, è necessario
lasciare passare almeno un paio di giorni prima di iniziare con la fase di
lucidatura questo per permettere alla gommalacca data precedentemente di
asciugarsi in modo definitivo: diversamente il passaggio del nuovo tampone
rimuoverebbe la pomice dai pori. Per la lucidatura va senz'altro usato un
tampone nuovo, non usate quello impiegato per la Pomiciatura. La lucidatura si
realizza stendendo la gommalacca sul legno con l'uso del tampone: l'alcool
contenuto nella soluzione evaporando lascia solo un sottilissimo strato di
gommalacca che al contatto con l'aria indurisce mettendo in risalto le venature
ed il colore del legno, dando a questo l'aspetto lucido che vogliamo ottenere.
Se una soluzione densa di gommalacca porta a formare in meno tempo lo strato
lucido, è comunque meglio usare una soluzione più diluita, dedicando più tempo
per stendere più mani che formeranno una pellicola più aderente al legno
evitando di scagliarsi. In questa operazione non bisogna assolutamente avere
fretta, per ottenere un lavoro veramente soddisfacente occorre lasciare
trascorrere, tra una mano e l'altra un paio di giorni in modo di permettere alla
gommalacca di indurire meglio. Dopo aver bagnato bene il tampone, come
descritto precedentemente, lo si strizza in modo che non sgoccioli. Si inizia a
lucidare seguendo le venature del legno, senza ripassare dove si è appena
applicato e senza mai fermarsi sulla superficie. Se la superficie da lucidare è
ampia, si inizia da una parte e sistematicamente ci si porta su lato opposto per
poi ritornare sull'altro lato continuando in modo ininterrotto la lucidatura.
Solo quando il tampone comincia ad asciugarsi opponendo una certa resistenza,
allora lo si fa scivolare via velocemente da uno spigolo, senza alzarlo dal
piano per evitare bruciature.

Nella mano successiva, si cambia movimento, disegnando degli otto. si parte da
un lato della superficie e si procede, senza sosta fino al lato opposto.

Quando il tampone è asciutto, si ricarica nuovamente di gommalacca, poi si
ricomincia cambiando ancora movimento, questa volta si disegna col tampone una
serie di cerchi contigui:

Le varie passate vanno fatte alternando questi movimenti fino ad ottenere un
risultato soddisfacente. Nella progressione delle diverse mani, conviene usare
gommalacca sempre più diluita. Ricordatevi che per "mano" di gommalacca, non si
intendono quelle fra una ricarica del tampone e l'altra, ma quelle fra un giorno
e l'altro. Comunque non spaventiamoci, tre o quattro mani sono sufficienti per
ottenere un buon lavoro.
Possibili errori: • Velatura È una patina bianca dovuta al freddo e
all'umidità, in questo caso bisogna portare il mobile in un locale caldo e
lasciare asciugare; se permane spagliettarlo con vigore con lana d'acciaio fine.
• Trasudazione È dovuta ad un eccesso di olio paglierino, che puo' essere
asportato con il tampone con energici movimenti rotatori.
• Opacità È dovuta ad un eccesso d'alcool impresso col tampone, trattare la
superficie sempre con lo stesso tampone ma con gommalacca maggiormente diluita
in alcool con energici movimenti.
Brillantatura:
 è l'operazione finale, più delicata e più difficoltosa, ma è anche quella che
darà più soddisfazione, perché perfezionerà il vostro lavoro. Lo scopo è quello
di eliminare i segni di tampone, le imperfezioni della vernice ed eventuali
tracce di olio. Per eseguirla occorre fare un nuovo tampone con una tela molto
fine ed bagnarlo con una concentrazione di gommalacca molto diluita: 1 etto in 2
litri di alcool. Poi lo si passa sulla superficie molto velocemente nel senso
della venatura esercitando una pressione molto leggera. Al termine si otterrà
una lucidatura brillante.
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