IRAN, DIRITTO INTERNAZIONALE ED ENERGIA ATOMICA
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IRAN, DIRITTO INTERNAZIONALE ED ENERGIA ATOMICA di Paolo Bargiacchi* SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. Due possibili ed ulteriori elementi di valutazione del comportamento iraniano. - 3. Le iniziali posizioni di Iran, AIEA e Stati Uniti. – 4. I Reports del Direttore Generale dell’AIEA. – 5. La proposta S/2006/521, la Risoluzione 1696 (2006) e gli ultimi sviluppi negoziali. - 6. La delayed limited enrichment proposal dell’International Crisis Group. – 7. Il problema della mancanza di un credible international system for providing nuclear fuel. – 8. Conclusioni. 1. Indipendentemente dalla sua conclusione, la questione nucleare iraniana pone interrogativi politici e giuridici di portata generale che riguardano l’intero settore dell’energia atomica. In tal senso, perciò, prima di svolgere alcune brevi riflessioni sulla vicenda (con i limiti che derivano dall’essere questa ancora in corso), riteniamo necessario evidenziare l’assoluta peculiarità del settore data dal fatto che - mentre in ogni altro ambito regolato dal diritto internazionale vige (almeno sul piano formale) il principio giuridico della parità interstatuale - in ambito nucleare, invece, il presupposto di partenza è proprio quello della non paritarietà, neanche formale, tra gli Stati. In aggiunta alla discriminazione di base tra Stati nucleari e non nucleari, si notino anche i diversi controlli cui vengono assoggettati gli Stati dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, AIEA (gli Stati nucleari possono evitarli invocando la national security clause)1 e, ulteriormente, la peculiare * Ricercatore di diritto internazionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo ed incaricato di diritto dell’Unione europea nel Polo di Trapani. 1 Sul punto, si veda DI LIETO “L’Agenzia svolge un controllo anche sugli impianti ed i materiali degli Stati nucleari, ma in questo caso le misure sono meno rigide … perché gli Stati nucleari possono sottrarsi ai controlli adducendo motivi di difesa o di sicurezza” (Attività nucleari e diritto internazionale, Napoli, 2005, p.97) e, ibidem (nota 299, p.97, citando BLIX, Aspects juridiques des garanties de l’Agence internationale de l’Énergie atomique, in Annuaire français de droit international, 1984, p.39 ss.): “Cf. in particolare gli accordi stipulati dall’AIEA con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti in base ai quali è previsto che l’impegno da parte dei due
2 situazione di quegli Stati (India, Pakistan, Israele) che, sebbene nucleari (e dotati di armi atomiche), non intendono divenire parti al Trattato di Non Proliferazione, TNP, rimanendo così liberi da ogni vincolo e controllo a differenza, invece, degli Stati parte. Queste discriminazioni, insieme alla prassi degli Stati in materia, determinano effetti peculiari sulla produzione normativa: autorevole dottrina e la Corte internazionale di giustizia hanno, da un lato, evidenziato – per l’intero settore dell’energia atomica – l’inesistenza di norme consuetudinarie certe e ricostruibili (e la presenza di sole norme convenzionali) e, dall’altro, valutato le ulteriori conseguenze della non paritarietà della posizione giuridica degli Stati nel contesto normativo che regola il settore dell’energia atomica.2 Stati di accettare l’applicazione delle garanzie sulle materie brute e su tutti i prodotti fissili può essere derogato per motivi di sicurezza nazionale”. 2 Per PICONE, “L’assenza (almeno in via di principio) di norme di diritto internazionale generale … comporta a fortiori l’inesistenza di norme generali produttive di obblighi erga omnes, e suscettibili quindi in caso di violazione … di legittimare una reazione almeno potenziale di tutti gli Stati … a tutela di valori rilevanti per la stessa Comunità internazionale” e, inoltre, “per gli obblighi incombenti sugli Stati nel campo della non proliferazione nucleare, ai sensi del relativo Trattato, è anche in generale dubbio che la struttura non paritaria delle posizioni dei vari Stati, sancita sul piano convenzionale, possa costituire la base del formarsi di norme internazionali non solo imperative, ma anche produttive di veri e propri obblighi degli Stati nei confronti della Comunità internazionale” (La guerra contro l’Iraq e le degenerazioni dell’unilateralismo, in Rivista di diritto internazionale, 2003, p.367 e nota 92, pp.367-368). Secondo SIMMA, invece, “the Non-Proliferation Treaty, like the veto power in the UN Security Council, consecrates a hierarchical distinction between States which is difficult to reconcile with the overall spirit of the United Nations Charter, marked by respect for sovereign equality” (From Bilateralism to Community Interest in International Law, in Recueil des Cours, 1994, p.334). Per la Corte de L’Aja, si possono vedere le pronunce aventi ad oggetto il tema nucleare [per le due Advisory Opinions dell’8 luglio 1996: Legality of the Threat or Use of Nuclear Weapons, in Reports, 1996, p.226, e Legality of the Use by a State of Nuclear Weapons in Armed Conflict – Preliminary Objections, in Reports, 1996, p.66; per i Contentious cases, i due Judgments del 20 dicembre 1974 in Nuclear Tests (Australia v. France e New Zeland v. France), in Reports, 1974, pp. 253 e 457] nelle quali la Corte conclude per la sostanziale inesistenza di obblighi internazionali attesa la prassi degli Stati nucleari che non pongono limiti alla loro attività in questo ambito. In tal senso, quindi, l’irrilevanza, per la formazione di una norma proibitiva dell’uso dell’arma nucleare, delle dichiarazioni di protesta in luogo di quelle di condanna (come avvenne in occasione dei tests
3 A noi sembra, ulteriormente, che simili anomalie, che informano poi tutto il successivo sviluppo normativo della materia, non consentano di equipare questo settore agli altri regolati dal diritto internazionale secondo il principio della parità dei soggetti. Se, in un ordinamento giuridico, la presenza di principi strutturali (come la parità interstatuale) determina (come, a nostro avviso, avviene) la necessaria conformità a questi delle discipline dei singoli settori che compongono l’ordinamento, allora, a fronte dell’anomalia di settore data dalla “struttura non paritaria delle posizioni dei vari Stati”, si potrebbe ipotizzare - come conseguenza ultima - o la stessa non giuridicità della regolamentazione (che si caratterizzerebbe per la sua politicità normativizzata) oppure la comparsa nel tessuto socio-giuridico internazionale di un fenomeno di egemonizzazione (giuridica) dell’ordinamento con una struttura ancora giuridica ma fondata sulla diseguaglianza di status tra gli enti che necessariamente vi appartengono. Pur non potendo in questa sede affrontare più diffusamente simili ipotesi ricostruttive, ci sembra importante averle comunque introdotte atteso il rilievo giuridico che potrebbero assumere in futuro nelle relazioni internazionali: ed in questo ci sembra di essere “confortati” anche da una parte della dottrina statunitense.3 nucleari effettuati da India e Pakistan, Stati non parte al TNP; sul punto, ancora PICONE, op.cit., p.367, nota 91). 3 La possibilità di un diritto internazionale egemonico è già apertamente discussa e ricostruita da alcuni Autori negli Stati Uniti, anche come sviluppo giuridico dell’impostazione neorealistica delle relazioni internazionali della Scuola di Yale. Sul diritto internazionale egemonico, senza pretesa di completezza, si veda ALVAREZ, Hegemonic International Law Revisited, in 97 AJIL 873 (2003) [per le conseguenze istituzionalistiche che, nel campo delle organizzazioni internazionali, derivano dall’impostazione egemonica e dalla c.d. move to institutions (la definizione è di KENNEDY, The Move to Institutions, in 8 Cardozo L. Rev. 841, 1986-1987), si veda ancora ALVAREZ, International Organizations as Law-Makers, New York, 2006; per un approccio addirittura post- istituzionalistico a favore di un “period dominated by international civil society”, invece, KU, Global Governance and the Changing Face of International Law, in ACUNS Rep. & Papers, 2001]; VAGTS, Hegemonic International Law, in 95 AJIL 843 (2001); ID., International Law in the Third Reich, in 84 AJIL 661 (1990); GLENNON, Has International Law Failed the Elephant?, in 84 AJIL 1 (1990); ID., How International Rules
4 2. L’art. IV, § 1, del TNP prevede “il diritto inalienabile della Parti di promuovere la ricerca, la produzione e l’utilizzazione pacifica dell’energia nucleare, senza discriminazioni e conformemente alle disposizioni degli articoli I e II”. Il combinato disposto degli articoli I, II, III e IV del TNP è, quindi, coerente e lineare: tutti hanno il diritto di condurre ricerche e produrre energia atomica con il solo e penetrante limite della sua utilizzazione pacifica sotto il controllo Die, in 93 Geo.L.J. 939 (2005); ID., Limits of Law, Prerogatives of Power: Interventionism after Kosovo, New York, 2001 [per un serrato confronto tra GLENNON e FRANCK - sul ruolo del diritto e su un eventuale “new American (or, if possibile, American-led) international order” - scaturito dalle affermazioni (critiche verso GLENNON) di FRANCK in The Power of Legitimacy and the Legitimacy of Power, in 100 AJIL 88 (2006), si veda Correspondence, in 100 AJIL 413 (2006)]; REISMAN, In Defense of World Public Order, in 95 AJIL 833 (2001); WEIL, Towards Relative Normativity in International Law?, in 77 AJIL 413 (1983); RUBENFELD (con accenti, però, critici verso l’unilateralismo egemonico), The Two World Orders, in The Wilson Quarterly (Autumn 2003). Ancora in senso critico, SANDS, Lawless World: America and the Making and Breaking of Global Rules from FDR’s Atlantic Charter to George W. Bush’s Illegal War, New York, 2005; ID., Lawless World: The Whistle-Blowing Account of How Our Leaders Are Taking the Law into Their Own Hands, New York, 2006. Tra quelli che, invece, dubitano, come conseguenza dell’egemonia politica, dell’esistenza stessa del diritto internazionale, non si può prescindere da BOLTON (per il quale “no law graces the hegemon’s universe”), Is There Really “Law” in International Affairs?, in 10 Transnat’l L. & Contemp. Probs 1 (spring 2000); ID., The Global Prosecutors: Hunting War Criminals in the Name of Utopia, in 78 Foreign Affairs 157 (January/February 1999); ID., Courting Danger: What’s Wrong with the International Criminal Court, in National Interest, Winter 1998/99 [e per una review del boltonism, BOSCO, The World According to Bolton, in 61 Bulletin of the Atomic Scientists 24 (July/August 2005)]. Con sfumature, invece, diverse, CARON, Does International Law Matter?, in ASIL Proceedings, 2004, 311. Alcune recenti decisioni della Corte Suprema, poi, hanno sollevato molti interrogativi sul rapporto tra Costituzione americana e diritto straniero ed internazionale: in particolare, con riferimento al caso Roper v. Simmons (125 S.Ct. 1183, 1 marzo 2005), ANDERSON, Foreign Law and the U.S. Constitution, in 131 Policy Review (June/July 2005); POSNER, No Thanks, We Already Have Our Own Laws, in Legal Affairs (July/August 2004); KIRGIS, Is Foreign Law International Law?, in 9 ASIL Insights 33, 31 Ottobre 2005.
5 dell’AIEA: in caso di violazione degli obblighi sanciti dall’art. II si perdono i diritti previsti dall’art. IV.4 In ogni caso, il diritto di produrre energia atomica ricomprende anche il diritto di arricchire l’uranio sul proprio territorio e, in tal senso, non è giuridicamente divisibile come emerge dalle singole norme e dal senso complessivo del TNP. Del resto, non avrebbe neanche fondamento logico riconoscere e garantire il diritto dello Stato alla produzione di energia, impedendogli, però, di procurarsi in modo indipendente il carburante necessario al funzionamento delle sue centrali. In tal senso, allora, l’attuale proposta internazionale che riconosce il diritto iraniano alla produzione di energia ma chiede un enrichment off-shore ha un valore politico (anche apprezzabile) che, però, appare priva di fondamento normativo e giuridico. L’accordo tra Iran ed AIEA per la definizione e l’applicazione delle garanzie contro la diversione a fini militari (in vigore dal maggio 1974) segue la falsariga di quelli conclusi con tutti gli altri Stati non nucleari richiamando, quindi, nel Preambolo il paragrafo 1 dell’articolo III del TNP che sancisce il generale limite del controllo internazionale sull’attività dello Stato.5 L’articolo 1 della Prima Parte (Basic Undertaking) del Safeguards Agreement evidenzia, poi, un tratto, a nostro avviso, caratterizzante la complessiva disciplina in tema di ricerca e sviluppo (research & development, R&D): i controlli effettuati e le garanzie applicate dall’ente internazionale, giustamente ampi,6 sono finalizzati e condizionati ad un “exclusive purpose” 4 Gli articoli I e II vietano la disseminazione di materiale nucleare e di tecnologia militare. L’art. III determina, invece, il limite di esercizio del diritto inalienabile sancito dal successivo art. IV: qualunque Stato parte al Trattato non può divergere l’energia nucleare “dall’impiego pacifico alla produzione di armi nucleari o altri congegni esplosivi” e, a tal fine, “si impegna ad accettare le garanzie fissate in un accordo da negoziare e concludere con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica”. 5 Agreement between Iran and the International Atomic Energy Agency for the Application of Safeguards in connection with the Treaty on the Non- Proliferation of Nuclear Weapons (INFCIRC/214, 13 dicembre 1974, in www.iaea.org/Publications/Documents). 6 “The safeguards required by this Article shall be applied on all source or special fissionable material in all peaceful nuclear activities within its territory, under its jurisdiction or carried out under its control anywhere”.
6 consistente nel “verifying that such material is not diverted to nuclear weapons or other nuclear explosive devices”. La volontà di garantire – almeno nel settore del R&D – la parità orizzontale degli Stati e quella verticale verso l’AIEA ha così prodotto testi convenzionali (il TNP e i Safeguards Agreements) in base ai quali il diritto inalienabile al R&D da parte di qualunque Stato è limitato al solo scopo di impedire la diversione a fini militari: in altre parole, la libertà di ricerca è la regola e la sua limitazione è l’eccezione. Ciò è confermato da quelle altre norme dei Safeguards Agreements informate al principio della minima interferenza e dell’effetto utile come l’art. 4 (le safeguards saranno applicate in modo da evitare “hampering the economic and technological development of Iran or international cooperation in the field of peaceful nuclear activities, including international exchange of nuclear material” e da evitare “undue interference in Iran’s peaceful nuclear activities”) e l’art. 5 (l’AIEA è obbligata a prendere ogni precauzione per proteggere i segreti industriali e le conoscenze riservate dello Stato); ed ancora, l’art. 8 stabilisce che saranno richieste “only the minimum amount of information and data consistent with carrying out its [dell’AIEA] responsibilities under this Agreement” e che “Information pertaining to facilities shall be the minimum necessary for safe- guarding nuclear material subject to safeguards under this Agreement”. Insomma, ci sembra emergere - in punto di R&D – la volontà internazionale di garantire, da un lato, la parità interstatuale e, dall’altro, di limitare qualitativamente ed orizzontalmente (ferma restando, invece e comunque, una rimarchevole ampiezza quantitativa e verticale del regime ispettivo) i controlli sulle attività dello Stato. A nostro avviso, questa prima peculiarità legata all’impostazione sistematica del regime dei controlli potrebbe essere tenuta in conto in sede di valutazione degli inadempimenti iraniani (particolarmente in relazione alla richiesta dell’AIEA di sospendere l’esercizio del diritto previsto dall’art.IV del TNP) determinando, in via interpretativa, un affievolimento della loro gravità (attesa anche la triplice progressività delle violazioni individuata dal sistema del TNP).7 7 “An IAEA finding of non-compliance (as opposed to an anomaly or a breach) [corsivi nostri] that is not corrected results in mandatory referral to
7 Similmente, poi, e sempre per giungere ad una valutazione degli inadempimenti iraniani che tenga conto anche delle peculiarità strutturali dell’intero settore, si potrebbe accedere ad una ricostruzione peculiare della nozione di “minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale” nel contesto del TNP. A ben vedere, infatti, la nozione in questo ambito è integrata, come tratto caratterizzante, anche dall’elemento della cooperazione internazionale e del diritto degli Stati non nucleari di produrre energia nucleare a fini pacifici. Garantire, quindi, la pace e la sicurezza nucleare non significherebbe solamente evitare la proliferazione e la violenza nucleare ma anche garantire un effettivo e credibile sistema multilaterale di cooperazione e di approvvigionamento del combustibile nucleare (essendo, poi, questo un presupposto logico essenziale per il raggiungimento della pace e della sicurezza). In tale ottica, allora l’esistenza e l’effettivo funzionamento di questo sistema multilaterale potrebbe anche diventare una condizione giuridica capace, in funzione del suo maggiore o minore grado di attuazione, di determinare parallelamente anche il grado di responsabilità dello Stato in caso di loro violazione: l’inattuazione di alcune, quindi, potrebbe sospenderne l’efficacia normativa o, comunque, affievolire la gravità della loro violazione.8 Attese le lacune di attuazione del sistema del TNP, allora, la valutazione sulla gravità delle violazioni iraniane (al fine di valutare poi la proporzionalità delle contromisure assunte) potrebbe, in primo luogo ed innanzitutto, tenere conto del valore the SC. An abnormal situation that is rapidly addressed is considered an ‘anomaly’. If further investigation reveals that the activities violate the Safeguards Agreement, they are considered breaches. For instance, Iran’s import of nuclear materials from China, which was not reported in a timely manner, was deemed a breach of the agreement. Finally, if further investigation and information provided dot not resolve the suspicion, the IAEA Board of Governors may make a determination of non-compliance, which triggers UNSC referral. In the past, Iran has been in breach of the Safeguards Agreement and, had corrective measures not been taken, could have been found in non-compliance” [ICG (International Crisis Group), Iran: Is There a Way Out of the Nuclear Impasse?, Middle East Report, n.51, 23 febbraio 2006, p.15, nota 102. 8 In caso di disfunzioni normative in un sistema giuridico, la presenza di principi giuridici che informano la struttura, determinerebbe, così, la possibilità – per via interpretativa – di derogare al dato normativo attraverso le due vie indicate.
8 sostanziale e concreto di queste (bilanciato anche dalla considerazione degli adempimenti iraniani) e, in secondo luogo o residualmente, anche di questi due criteri di interpretazione e ricostruzione “teleologica” del TNP (che, per tal via, diverrebbero ulteriori parametri giuridici di valutazione dei comportamenti iraniani). Astraendo dall’avvenuta violazione formale delle richieste dell’AIEA e rapportando le attività iraniane anche al contesto sostanziale (e alle peculiarità, anche patologiche) del settore dell’energia atomica, si potrebbe, quindi, concludere per una minore gravità (tale, ad esempio, da non giustificare la richiesta di sospensione delle nuclear activities, la determinazione di non- compliance ed il referral al Consiglio di Sicurezza) dei comportamenti iraniani. In tale ottica, il raggiungimento unilaterale di obiettivi che si sarebbero dovuti raggiungere attraverso una (ad oggi inattuata o ineffettiva) cooperazione multilaterale, pur contrastando con il dato formale e normativo del TNP e delle decisioni AIEA, evidenzierebbe una ridimensionata lesività dell’ordine giuridico. 3. Sulla base dell’art.IV del TNP gli Stati non nucleari (come l’Iran) hanno il diritto di sviluppare la full nuclear fuel cycle capability (che comprende anche l’enrichment dell’uranio) sotto il controllo dell’AIEA. Il timore di una possibile deriva militare iraniana una volta acquisite certe conoscenze (tanto più dopo la scoperta nel 2002 del programma nucleare clandestino),9 ha spinto la Comunità internazionale a chiedere all’Iran – pur riconoscendo il suo diritto a sviluppare un programma nucleare civile (in questo senso il Direttore Generale dell’AIEA e persino il Presidente degli Stati Uniti)10 - di riguadagnare la fiducia del mondo prima 9 Sulla questione iraniana, si segnala un recente e molto interessante (anche per una puntuale ed esauriente ricostruzione storica) contributo di ANNIBALE, La questione iraniana – Dichiarazioni del Presidente iraniano – Programma nucleare iraniano, in Rivista della Cooperazione Giuridica Internazionale, 25, 2006. 10 Il Direttore Generale dell’AIEA, in una intervista a Newsweek del 12 gennaio 2006, nel rispondere ad una domanda nella quale si evidenziava come “there’s nothing in the Non-Proliferation Treaty itself to prevent them from enriching uranium”, sottolineava come “the board is saying, ‘You have the right under the treaty to enrich uranium, but because of the lack of confidence in your program and because the IAEA has not yet given a clean
9 di continuare su questa strada e, quindi, di sospendere per il momento ogni attività (a cominciare dall’enrichment).11 La parte iraniana, invece, è irremovibile nell’affermare i propri diritti sulla base del TNP e nel respingere ogni richiesta di loro sospensione dichiarandosi, comunque, e nel caso vengano riconosciuti dalla Comunità internazionale, disponibile ad una piena cooperazione con l’AIEA.12 Sebbene divergano specularmente sulla sospensione delle attività nucleari, le due posizioni sembrano essenzialmente bill of health, you should not exercise that right”. Il Presidente Bush, poi, nel proporre una sistema esterno di approvvigionamento del combustibile nucleare che non impedisca all’Iran di avere un “civilian nuclear power”, notava come “Some of us are wondering why they need civilian nuclear power anyway. They’re awash with hydrocarbons. Nevertheless, it’s a right of a government to want to have a civilian nuclear program” (Reuters, 13 settembre 2005). 11 Fu la resolution adottata il 4 febbraio 2006 dal Board of Governors della AIEA (GOV/2006/14) a chiedere l’adozione di confidence building measures allo scopo di meglio risolvere le ancora aperte questioni sul rispetto del Safeguards Agreement e chiarire la natura esclusivamente pacifica del programma nucleare iraniano. Le measures comprendevano, tra le altre, la sospensione completa di tutte le enrichment-related and reprocessing activities (compreso il R&D) e la riapplicazione de facto del Protocollo Addizionale firmato il 18 dicembre 2003 ma non ancora ratificato dall’Iran. La stessa resolution, poi, chiedeva al Direttore Generale “to report on the implementation of that resolution” al Board e “to convey that report to the Security Council”. Il Direttore Generale, ad oggi, ha presentato (al Board e al Consiglio) quattro Reports sulla Implementation of the NPT Safeguards Agreement in the Islamic Republic of Iran: il GOV/2006/15 del 27 febbraio; il GOV/2006/27 del 28 aprile; il GOV/2006/38 dell’8 giugno ed il GOV/2006/53 del 31 agosto. 12 In una Press Release of Iran’s Permanent Mission to the UN of February 17, 2006 (che, a sua volta, riportava l’intervista concessa il giorno prima dal capo negoziatore iraniano Ali Larijani) si legge che: “Should the EU change its discourse and stand ready to clearly recognise Iran’s rights in the framework of the NPT … there will be a complete readiness on Iran’s side to cooperate with Europe … The best guarantee for peacefulness of the nuclear program … could include the following measures: Accepting the current IAEA monitoring and verification system; use of modern centrifuges, proposed by some American and British scientists, which permit only limited enrichment; participation of interested countries in Iran’s peaceful nuclear activities in form of a consortium. Accordingly there are various ways to ensure that Iran is not pursuing military nuclear programs. Should these guarantees be acceptable, the Islamic Republic of Iran would accept to send the Additional Protocol to the Parliament for ratification”.
10 distinguersi per la diversa valutazione che operano dei fatti. Del resto, attesa la complessità, anche tecnica, di simili valutazioni è molto difficile (cominciando da chi scrive) assumere una posizione netta e priva di dubbi sulla vicenda: non è un caso, quindi, che le parti siano alla ricerca di un difficile compromesso fondato più sulla negoziazione politica che su un “asettico” accertamento giuridico delle circostanze di fatto. Vi è da notare, però, anche una terza posizione (di impronta fortemente politica e sostanzialmente riconducibile agli Stati Uniti) secondo la quale le omissioni iraniane del passato (e certi presenti atteggiamenti) dimostrerebbero indiscutibilmente le illecite finalità militari del programma nucleare e, quindi, imporrebbero di negare ora e sempre (e anche nel caso in cui l’AIEA, completati i controlli, rilasciasse un clean bill of health per l’Iran) qualunque diritto in tal senso e di consentire, al più, un approvvigionamento esterno di combustile nucleare.13 Impedire l’esercizio dei diritti previsti dal TNP sulla base di una valutazione politica e preventiva circa future diversioni militari appare, però, giuridicamente in contrasto con il TNP (e con lo stesso modus procedendi dell’AIEA),14 oltre che politicamente incauto e pericoloso. 13 Il tema della non-proliferazione nucleare, insieme a quello della lotta contro il terrorismo, è divenuto uno dei primi sull’agenda politica statunitense. In tal senso, si veda, ad esempio, il Report “American Interests and UN Reform” presentato nel giugno 2005 dallo USIP (U.S. Institute of Peace) nel quale il Panel di esperti (chiamati ad individuare le linee di riforma onusiana consone agli interessi americani) ha manifestato pieno appoggio all’intenzione dell’Amministrazione Bush di affrontare insieme il problema del terrorismo e quello della proliferazione nucleare, con particolare riguardo alla proposta che “countries and companies selling nuclear material and equipment should not assist in the development of new nuclear processing facilities in any country that does not already have them”. Proposta che implicherebbe l’impossibilità per ogni Stato ancora privo della tecnologia (pacifica) nucleare di accedere un domani, per via diretta, ai suoi benefici. 14 “We are not in the business of judging intentions. What we look for are facts and proof, and so far we have no proof of a nuclear-weapons program. The jury is still out … Unless you are ready to bomb your way through every country you suspect of developing weapons of mass destruction, I see no alternative to international inspectors” (così il Direttore Generale dell’AIEA, Mohamed El Baradei, in una intervista del 24 novembre 2005 al Time Europe).
11 Si potrebbe, infatti, offrire il pretesto all’Iran per denunciare il TNP sottraendo a quel punto, e al pari dei tre Stati nucleari che già non ne sono parti, ogni attività nucleare iraniana al controllo internazionale. E a ben poco servirebbe denunciare l’illegittimità del recesso una volta che, di fatto, l’Iran è uscito dal sistema TNP.15 E altrettanto disctubile dal punto di vista giuridico sarebbe qualificare il recesso come una “minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale” visto che, a quel punto, l’Iran si troverebbe nella stessa situazione di Pakistan, India e Israele: se, infatti, esiste il “diritto” di non essere parte del TNP (evitando i controlli e conducendo liberamente attività di R&D fino al 15 La dottrina (dopo le dichiazioni iraniane secondo le quali un intervento del Consiglio avrebbe reso “invalid” il TNP per l’Iran) ha richiamato il combinato disposto dell’art.X del TNP (che prevede la possibilità di “withdrawn from the Treaty if it [lo Stato] decides that extraordinary events, related to the subject matter of this Treaty, have jeopardized the supreme interests of its country”) e del principio di buona fede indicato dalla Convenzione di Vienna del 1969 per affermare l’illegittimità del recesso in mancanza degli “extraordinary events … jeopardiz[ing] the supreme interests” (così KIRGIS, Iran and the Nuclear Nonproliferation Treaty, in 10 ASIL Insights 13, 30 maggio 2006). Premessa l’assorbente (e, per noi, sufficiente) considerazione che le relazioni internazionali sono caratterizzate giuridicamente dal principio di effettività (ex facto ius oritur e, talvolta, ex iniuria ius oritur), resta il fatto che, come la stessa dottrina citata riconosce, manca un meccanismo per accertare la buona fede del denunciante e, nel caso, l’illegittimità del recesso. E, comunque, il tema delle sanzioni e della responsabilità statuale per il recesso contra bona fidem ci appare distinto da quello del perdurare del vincolo dello Stato verso il trattato illegittimamente denunciato: è pretendendo di identificare questi due piani di ragionamento (dichiarando inefficace il recesso illegittimo) che si rischiano pericolose confusioni e si dà indebito ingresso alla politica nella disciplina giuridica delle relazioni internazionali. Del resto, la prevalenza della volontà politica sulla legittimità giuridica del fatto sembra implicitamente (e, per noi, contraddittoriamente) ammessa proprio da chi, mentre parla di legal issues, buona fede e “mechanism for making a determination as to whether a party has acted in good faith”, conclude però ritenendo che “If Iran withdraws from the NPT either lawfully or unlawfully [corsivo nostro], the SC could determine under Chapter VII that there is a threat to the peace and could decide on measures to maintain or restore peace and security” (KIRGIS, op.ult.cit.). Che, poi, non significa altro che accettare il fatto che il Consiglio non abbia limiti, né giuridici né politici, alla sua azione (per una serrata critica di questa impostazione, su tutti ARANGIO-RUIZ, On the Security Council’s “Law-Making”, in Rivista di diritto internazionale, 2000, p.609 ss.).
12 possesso di armi nucleari), allora questo “diritto” non può non rivivere una volta che lo Stato abbia denunciato il TNP. Sembra, quindi, che alla deplorazione politica che può accompagnare il rifiuto dei tre Stati (e, parimenti, l’eventuale recesso iraniano) di assoggettarsi ad ogni forma di controllo internazionale, non possa anche aggiungersi una censura di illegittimità giuridica16 4. La scoperta nel 2002 delle programma nucleare clandestino iraniano spinse i c.d. EU3 (Francia, Germania e Gran Bretagna) ad intervenire con l’obiettivo di convincere l’Iran ad abbandonare (e, per l’intanto sospendere) l’arricchimento dell’uranio (e, più in generale, le attività nucleari) e a firmare il Protocollo Addizionale (che amplia i poteri di controllo dell’AIEA) al Safeguards Agreement. In effetti, i primi accordi del 21 ottobre 2003 e del 15 novembre 2004 (Paris Agreement) avevano determinato una intesa (che doveva aprire la strada a successivi negoziati per un accordo generale) caratterizzata, da un lato, dall’impegno iraniano a non produrre armi nucleari, a cooperare pienamente con la AIEA e a prorogare la sospensione delle attività di enrichment e reprocessing e, dall’altro, dalla promessa europea, una volta ricostruita la fiducia internazionale, di un “easier access to modern technology and supplies in a range of areas” e di “firm guarantees on nuclear, technological and economic cooperation and firm committments on security issues”.17 L’intesa, prettamente politica come i risultati raggiunti (applicazione del Protocollo anche se non vincolante; rinuncia volontaria all’enrichment), però, “side-stepped the [legal] core of the dispute, Iran’s asserted right to enrich” (che, infatti, è ancora il punto chiave del dissenso tra Iran e Comunità internazionale).18 16 Sul valore giuridico delle dichiarazioni del Presidente iraniano contro Israele, si può leggere ANNIBALE, op.cit. 17 L’accordo di Parigi - come anche la revised March 2005 proposal e la Comunicazione dell’8 agosto di Francia, Germania e Gran Bretagna (infra, nota 20) - si legge in www.iaea.org/Publications/Documents. 18 Così, ICG, Iran: Is There a Way Out, cit., p.2.
13 Nonostante i tentativi compiuti nella prima metà del 2005 di trovare un accordo,19 i negoziati non registrarono progressi fino alla rottura avvenuta all’inizio di agosto 2005.20 Poiché fino a quando l’Iran resta nel sistema TNP, i suoi diritti vanno garantiti e controllati dall’AIEA mediante un sistema di ispezioni che, se violato, può dar luogo a sanzioni di varia intensità, si pone il problema di valutare la gravità delle violazioni. La non applicazione di un Protocollo Addizionale non vincolante, di per sé, non costituisce una violazione mentre l’attività di R&D, legittima sulla base del TNP salva la violazione dell’art.II, è invece formalmente contraria alla richiesta di sospensione di questa attività contenuta nella decisione del Board of Governors dell’AIEA (fatta, poi, propria dal Consiglio) che, però, non sancisce la violazione dell’art.II del TNP.21 Resta il dubbio, secondo noi, che dal punto di vista sostanziale gli inadempimenti iraniani possano non essere così 19 In quel periodo, l’Iran aveva respinto tutte le offerte che non affrontavano il tema del diritto all’arricchimento. Similmente, gli EU3 avevano respinto una articolata proposta iraniana in 4 fasi (presentata ai colloqui di Parigi del 23 marzo 2005) secondo la quale, nella prima fase, sarebbe ripresa ad Isfahan la conversione dell’uranio (rimanendo sospesa l’attività di enrichment); nella seconda, sarebbero state assemblate, installate e testate 3.000 centrifughe a Natanz con l’impegno a convertire tutto l’uranio arricchito in barre di combustibile e a non produrne di highly enriched; nella terza fase, l’Iran avrebbe completato a Natanz un impianto di centrifughe su scala industriale sotto la continua sorveglianza on-site di ispettori AIEA ed europei; nella quarta, infine, l’inizio della produzione industriale a Natanz avrebbe coinciso con la ratifica del Protocollo Addizionale. 20 Poco prima della rottura dei negoziati, l’1 agosto 2005, l’Iran aveva introdotto una revised March 2005 proposal nella quale offriva di abbandonare definitivamente la riprocessazione del combustile esaurito (utile a recuperare uranio e plutonio) e di sottomettersi ad un regime ispettivo rafforzato. La risposta europea (presentata con un framework agreement del 5 agosto e ulteriormente illustrata l’8 agosto in una Communication), pur riconoscendo il diritto allo sviluppo di un programma nucleare civile, respingeva l’ipotesi di un Iran capace di arricchire l’uranio sul proprio territorio e, anzi, chiedeva di limitare le attività solamente alla costruzione e alla gestione di un light-water power and research reactor. Dopo pochissimi giorni, si interruppero i negoziati. 21 Sul tema della violazione della decisione e, in generale, sulla gravità degli inadempimenti iraniani, si veda ancora infra il § 8.
14 gravi da giustificare – quanto a necessarietà e proporzionalità - la richiesta di sospensione (e, ancor meno, il referral al Consiglio). Raffrontando e soppesando le violazioni e gli adempimenti iraniani sulla base degli ultimi quattro Reports del Direttore Generale dell’AIEA sembrerebbe emergere, infatti, un complesso quadro generale dove si ritrovano gli uni e gli altri.22 Come è tipico dei regimi ispettivi internazionali, l’obiettivo finale è duplice: da un lato, to account for all declared nuclear material e, dall’altro, accertare che non esistano undeclared nuclear materials or activities. In tal senso, il primo Report del febbraio 2006 (GOV/2006/15), nel Current overall statement conclusivo, dopo aver evidenziato le passate e ripetute violazioni e la presente cooperazione,23 sottolinea che “all the declared nuclear material in Iran has been accounted for” ma che “although the Agency has not seen any diversion of nuclear material to nuclear weapons or other nuclear explosive devices, the Agency is not at this point in time in a position to conclude that there are no undeclared nuclear materials or activities in Iran”.24 Con rispetto ai vari outstanding issues, quindi, si evidenziano elementi positivi, negativi e ancora pending nel comportamento iraniano e la mancanza, però, di una full transparency che consentirebbe di raggiungere prima il secondo residuale obiettivo di stabilire che non ci sono undeclared nuclear materials or activities in Iran.25 22 Il primo report sull’Iran fu presentato oralmente dal Direttore Generale alla riunione del Board del 17 marzo 2003. Da allora, ed escludendo gli ultimi 4 del 2006, il Direttore ha presentato 16 reports scritti e alcuni oral statements. 23 “Iran has made substantial efforts over the past two decades to master an independent nuclear fuel cycle, and, to that end, has conducted experiments to acquire the know-how for almost every aspect of the fuel cycle. Many aspects of Iran’s nuclear fuel cycle activities and experiments … had not been declared to the Agency in accordance with Iran’s obligations under its Safeguards Agreement, Iran’s policy of concealment continued until October 2003, and resulted in many breaches of its obligations to comply with that Agreement ... Since October 2003, Iran has taken corrective actions with respect to those breaches”, §§ 46-47, Report n.15. 24 § 53, Report n.15. 25 Il Report n.15 individua alcuni outstanding issues (tra i quali, Enrichment Programme, Uranium Metal, Plutonium Experiments, Transparency Visits and Discussions, Suspension) a loro volta suddivisi in ulteriori aspetti [per l’Enrichment Programme, vi è, ad esempio, la questione della
15 Ad esempio, sul tema della contamination da HEU particles (la presenza di particelle di uranio highly enriched in alcuni siti nucleari), la AIEA nota come le analisi tendano a confermare le spiegazioni date dall’Iran (che, cioè, le centrifughe erano già contaminate prima del loro arrivo dall’estero in Iran) sebbene siano necessarie ulteriori ricerche su altre HEU e LEU (low-enriched) particles.26 Similmente, sull’acquisizione delle centrifughe di prima e seconda generazione (P-1 e P-2), si nota come “although some progress has been made ... in the verification of statements by Iran regarding the chronology of its centrifuge enrichment programme, the Agency has not yet been able to verify the correctness and completeness of Iran’s statements concerning those programmes” mentre, in relazione alle ispezioni condotte nei siti di Kolahdouz, Parchin e Lavisan, la AIEA già conclude per l’assenza di unusual activities e di nuclear material nei primi due, mentre continua l’analisi delle informazioni già ricevute (e attende di riceverne altre) relative al sito di Lavisan.27 Il secondo Report dell’aprile 2006 (GOV/2006/27) – e così i successivi (GOV/2006/38 di giugno e GOV/2006/53 di agosto) – non hanno evidenziato significativi passi avanti o indietro nello scioglimento delle questioni dubbie o sospese (anche a causa dell’intervento del Consiglio di Sicurezza che era fortemente osteggiato dall’Iran).28 Contamination da HEU (high enriched uranium) particles rilevata in alcuni siti e quella dell’Acquisition of P-1 and P-2 centrifuge technology]. 26 §§ 7-10, Report n.15. Il quarto e più recente Report (il n.53) evidenzia la mancanza di progressi e nuove informazioni sul punto (come anche sul tema delle centrifughe P-1 e P-2). 27 Sui due temi, si vedano rispettivamente i §§ 11-18 (e 50-51) e 32-40 (e 52) del Report n.15. Per le centrifughe P-1, poi, un punto dolente è rappresentato da un documento di una pagina scritto a mano (nel quale è contenuta una offerta fatta nel 1987 all’Iran da un intermediario straniero relativa alla fornitura di centrifughe non assemblate, informazioni tecniche e materiale per 2000 macchine) che l’Iran si rifiuta, pur avendolo fatto esaminare agli ispettori, di fornire in copia all’Agenzia. Sulla questione delle visite ai tre siti sensibili, invece, si contrappongono i chiarimenti e le informazioni aggiuntive già fornite, l’attesa per i risultati delle analisi ancora in corso (e per altre additional information to provide) e il rifiuto di far intervistare un precedente Direttore del PHRC, Physics Research Center (l’altro, invece, ha già incontrato gli ispettori) di Lavisan-Shian. 28 In una lettera del 27 aprile inviata al Direttore Generale, infatti, l’Iran aveva sottolineto di essere “fully prepared to continue granting the
16 Il tema dei Plutonium Experiments (relativi alla separazione di piccole quantità di plutonio) appare particolarmente delicato (e, al momento, il più negativo) anche alla luce del fatto che, a fronte di certe inconsistencies emerse tra i chiarimenti iraniani ed i risultati delle analisi, la AIEA “cannot exclude the possibility that the plutonium analysed was derived from sources other than the ones declared by Iran”.29 La questione, invece, del livello di arricchimento raggiunto sembra smentire, fino ad oggi, certi timori della Comunità internazionale. Si ritiene, infatti, che un arricchimento fino al 5% sia compatibile (e, soprattutto, sufficiente) con il proposito di condurre R&D a scopi pacifici mentre il superamento della soglia aprirebbe prospettive militari all’uso dell’energia nucleare. Il primo livello di arricchimento (del 3.6%) dichiarato dall’Iran fu confermato dalle analisi condotte il 18 aprile presso il PFEP (Pilot Fuel Enrichment Plant) di Natanz;30 il nuovo livello del 5% (raggiunto in giugno) è in corso di verificazione da parte dell’AIEA.31 Agency’s inspection in accordance with the Comprehensive Safeguards provided that the Iran’s nuclear dossier will remain, in full, in the framework of the IAEA and under its safeguards” (§ 6, Report n.27). 29 Così il § 17 del Report n.27. Il Report n.38 (il terzo) dava conto (al § 9, Plutonium Experiments) del fatto che l’Iran avesse fornito, in giugno, all’AIEA “further explanations, and a copy of the longbook kept by the researcher responsible for the plutonium experiments” subito sottoposte a verifiche sulle quali riferisce negativamente l’ultimo Report n.53: le explanations e il longbook non forniscono informazioni sufficienti per chiarire le questioni ancora dubbie e l’Iran afferma di non avere altre informazioni disponibili (§ 15). Inoltre, gli environmental samples prelevati da uno dei containers situati nella facility di Karaj (dove vengono stoccati i depleted uranium targets che sono prodotti durante gli esperimenti sul plutonio) indicano la presenza di particelle di uranio altamente arricchite. Il 15 agosto l’AIEA ha chiesto informazioni sulla fonte di tale contaminazione e sull’uso che dei containers è stato fatto in passato (§ 17). 30 “In February 2006, Iran started enrichment tests at PFEP by feeding UF6 gas into a single P-1 machine, and later into 10-machine and 20-machine cascades. … On 13 April 2006, Iran declared to the Agency that an enrichment level of 3.6% had been achieved. On 18 april 2006, the Agency took samples at PFEP, the results of which tend to confirm as of that date the enrichment level declared by Iran. … The enrichment process at PFEP, including the feed and withdrawal stations, is covered by Agency safeguards containment and surveillance measures” (§ 31, Report n.27). 31 “In June 2006, Iran stated that it had achieved enrichment levels of 5% U-235 in a test run in the 164-machine cascade. Iran provided measurement
17 Anche l’overall assessment del secondo Report sottolinea come tutto il materiale nucleare dichiarato sia stato controllato e che non è stato trovato altro materiale nucleare non dichiarato (in aggiunta a quello prodotto, fino al 2003, in attuazione del ventennale programma nucleare clandestino).32 Resta la preoccupazione legata a certi gaps in the Agency’s knowledge che non consentono di concludere definitivamente per l’assenza di undeclared nuclear material and activities e la constatazione che, dopo tre anni di ispezioni e nonostante la cooperazione iraniana, il problema non è stato ancora risolto.33 In particolare, l’obiettivo della full transparency, secondo l’Agenzia, può essere raggiunto andando oltre le “mere” previsioni normative del Safeguards Agreement e del Protocollo Addizionale e adottando, con atto di volontà politica, ulteriori transparency measures non giuridicamente obbligatorie.34 E su questo punto, ancora una volta, la Comunità internazionale e l’Iran assumono posizioni diverse (tanto che le “transparency measures are not yet forthcoming”) dichiarandosi results from the on-line mass spectrometer to substantiate this statement. The Agency collected environmental samples, the results of which are still pending. Iran has refused the Agency access to operating records concerning product and tail assays which the Agency requires to complete its auditing activities. However, on 30 August 2006, Iran provided the Agency with some information about product assays, which the Agency is currently assessing” (§ 5, Report n.53, cioè il quarto e più recente). 32 Il Summary dell’ultimo Report di agosto evidenzia, come elementi positivi, il fatto che l’Iran abbia consentito l’accesso al materiale e ai siti nucleari (con l’eccezione di “certain operating records at PFEP”) e fornito i required reports e, come elementi negativi, il non aver affrontato certe questioni da molto tempo in sospeso e non avere offerto la necessaria trasparenza per chiarire certi dubbi (oltre al mancato rispetto del Protocollo Addizionale) il che impedisce all’Agenzia di raggiungere la conclusione che il programma nucleare iraniano sia esclusivamente per scopi pacifici (§§ 27-29, Report n.53). 33 §§ 33-34, Report n.27. 34 L’accesso “addizionale” a documenti, materiale dual use ed individui servirebbe a comprendere lo scopo e l’utilizzo del materiale dual use e di certi studi che potrebbero rivestire valenza militare. Si noti, poi, come l’AIEA distingua tra safeguards obligations e confidence building measures definendole different, distinct and not interchangeable. In particolare, “the implementation of confidence building measures is no substitute for the full implementation at all times of safeguards obligations” (§§ 34-36, Report n.27).
18 quest’ultimo, a fronte della maggiore disponibilità politica richiesta, pronto ad adempiere i soli obblighi giuridicamente vncolanti. 5. Il Consiglio di Sicurezza, raccogliendo le indicazioni e le preoccupazioni contenute nei Reports, il 31 luglio ha adottato - under Article 40 of Chapter VII - la Risoluzione 1696 (2006) nella quale, tra l’altro, chiede il rispetto del Protocollo Addizionale, la sospensione di tutte le enrichment-related and reprocessing activities (incluso il R&D), l’attuazione di tutte le confidence building and transparency measures richieste dall’AIEA per condurre le ispezioni e, pur non qualificando la situazione come una “minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale”, manifesta serious concern per questa. E’ difficile, a nostro avviso, stabilire con certezza se gli inadempimenti al regime dei controlli e la mancata cooperazione politica su certi aspetti non vincolanti per l’Iran giustificassero l’involvment del Consiglio (o, perlomeno, con la tempistica adottata), tanto più considerando alcuni elementi positivi della vicenda come la conformità di tutte le declared nuclear activities e la cooperazione comunque prestata dalle autorità iraniane Giuridicamente parlando, questi ultimi elementi – se calati in un contesto che tenga conto anche degli squilibri e delle lacune dell’intero sistema normativo - potrebbero far apparire prematuro l’ormai avvenuto rinvio della questione al Consiglio di Sicurezza. Politicamente, comunque, non ci sembra convincente il presupposto politico da cui muove il Consiglio (su indicazione dell’AIEA), vale a dire “the conviction that such sospension [di tutte le enrichment-related and reprocessing activities, including R&D] as well as full, verified Iranian compliance with the requirements set out by the IAEA Board of Governors, would contribute to a diplomatic, negotiated solution that guarantees Iran’s nuclear programme is for exclusively peaceful purpose”.35 Porre la sospensione delle activities come precondizione di ogni possibile negoziato potrebbe non essere la migliore strategia con l’Iran, anche considerando alcune variabili politiche quali i pessimi rapporti con gli Stati Uniti, l’attuale situazione internazionale di forte contrapposizione e tensione, le discriminazioni e le lacune del sistema TNP e le critiche (giuste 35 Così il § 3 della Resolution 1696 (S/RES/1696, 2006).
19 o sbagliate che siano) di double standards che, in generale, si rivolgono contro il Consiglio. In ogni caso, il Consiglio ha fatto propria questa impostazione e, inoltre, ha accolto, richiamandola nella risoluzione 1696, la proposta S/2006/521 del 13 luglio 2006 per un accordo complessivo “that would allow for the development of relations and cooperation with the Islamic Republic of Iran, based on mutual respect and the establishment of international confidence in the exclusively peaceful nature of the nuclear programme of [Iran]”.36 Così, in prima battuta la Comunità internazionale – in cambio della piena cooperazione con l’AIEA, della sospensione di tutte le enrichment-related and reprocessing activities e dell’applicazione del Protocollo Addizionale da parte dell’Iran – è pronta a riaffermare il diritto iraniano allo sviluppo di un programma nucleare civile e pacifico, a sostenere actively and through international joint projects la costruzione di un rettore ad acqua leggera (in luogo del construendo rettore ad acqua pesante) e a sospendere l’esame della questione in Consiglio una volta ripresi i negoziati. Al di là degli incentivi politici ed economici,37 la proposta prevede anche la negoziazione di un accordo di cooperazione nucleare tra Iran ed Euratom, la cogestione del combustibile nucleare già impiegato e dei rifiuti radioattivi (attraverso ulteriori accordi da definire) e, soprattutto, una serie di garanzie circa l’approvvigionamento off-shore di combustile (l’idea, cioè, che sin dall’inizio aveva avanzato la Russia). 36 La proposta S/2006/521 fu presentata, con lettera del Rappresentante permanente francese alle Nazioni Unite, da Cina, Francia, Germania, Russia, Gran Bretagna e Stati Uniti (Letter dated 13 July 2006 from the Permanent Representative of France to the United Nations addressed to the President of the Security Council; i termini della proposta sono contenuti nell’Annex). La risoluzione 1696 menziona anche il “support of the European Union’s High Representative” (punto 4 della risoluzione). 37 Principalmente, facilitare l’accesso iraniano ai mercati, ai capitali e all’economia internazionale (anche tramite l’ingresso nella World Trade Organization) favorendo gli investimenti stranieri; poi, favorire la cooperazione nel settore dell’aviazione civile (eventualmente rimuovendo le restrizioni europee e statunitensi sulle esportazioni di aeromobili civili in Iran), sostenere la modernizzazione della rete di telecomunicazioni (eventualmente rimuovendo certe limitazioni all’esportazione imposte dagli Stati Uniti) e assicurare un possibile accesso ai prodotti e alle tecnologie agricole europee e statunitensi.
20 Attraverso garanzie legally binding, cioè, all’Iran sarebbe assicurata la partnership nella gestione di un impianto internazionale in Russia che arricchirebbe il materiale per poi effettuare una reliable fornitura di combustile ai reattori nucleari iraniani. Inoltre, sarebbe garantita per l’Iran una riserva di combustibile nucleare (con la partecipazione e sotto la supervisione dell’AIEA) fino a 5 anni.38 A questa proposta, è seguita il 22 agosto una controproposta dell’Iran che, però, su sua richiesta, è rimasta confidential ed è attualmente allo studio dei c.d. P5 plus 1 (i 5 membri permanenti del Consiglio più la Germania): essa, probabilmente, è l’oggetto principale dei colloqui attualmente in corso a Berlino tra il Responsabile della Politica Estera dell’Unione Europea ed il capo negoziatore iraniano.39 E’ trapelato, comunque, che essa contiene “some positive elements” (tra cui la disponibilità a riprendere i negoziati sul proprio programma nucleare) ma che, allo stesso tempo, non accoglie, ancora una volta, la precondizione circa la sospensione dell’enrichment. Gli Stati Uniti, pur dichiarando la proposta “not satisfactory because it did not envisage a suspension of uranium enrichment and remained vague on transparency issues”, hanno comunque riconosciuto la serietà dell’approccio iraniano al dialogo (tra l’altro, gli Stati Uniti sembrano – rispetto alla loro 38 La proposta, in punto di Fuel guarantees, prevede anche il “development with IAEA of a standing multilateral mechanism for reliable access to nuclear fuel, based on ideas to be considered at the next meeting of the Board of Governors” (S/2006/521, Annex to the Letter, cit., p.3). 39 All’esito della due giorni di colloqui (28-29 settembre 2006), Javier Solana ha dichiarato in conferenza stampa di “non essere riuscito a raggiungere un accordo … ma di aver posto le basi per future discussioni: ‘Facciamo progressi … Abbiamo ancora alcune questioni che non sono state chiuse’ ha detto Solana [che] spera in nuovi contatti con gli iraniani a metà della prossima settimana” (Reuters, 29 settembre 2006). Sempre la Reuters, poi, richiama il Washington Times secondo il quale “l’Iran è vicino ad un accordo che comporterebbe una sospensione di 90 giorni dell’arricchimento dell’uranio e aprirebbe la strada a negoziati sui dettagli del pacchetto. L’Iran ha bollato la notizia come propaganda. Ma fonti francesi dicono che Larijani si è offerto di prendere in considerazione una sospensione temporanea in un vertice con Solana due settimane fa” (Reuters, 29 settembre 2006). Questi brevi righe vengono licenziate per la stampa il 29 settembre 2006.
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