INTERROGAZIONE PARENTELA, M5S, SU COLEOTTERO PARASSITA DEGLI ALVEARI, MORIA API - Agricolae
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INTERROGAZIONE PARENTELA, M5S, SU COLEOTTERO PARASSITA DEGLI ALVEARI, MORIA API Atto Camera Interrogazione a risposta in commissione 5-04327 presentato da PARENTELA Paolo testo di Giovedì 18 dicembre 2014, seduta n. 352 PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, L’ABBATE, GALLINELLA, BENEDETTI e ROSTELLATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: il viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali rispondendo all’atto di sindacato ispettivo n. 5-04188 presentato dall’interrogante e discusso il 3 dicembre 2014 in merito all’«Aethina tumida» – un coleottero parassita degli alveari sconosciuto fino a qualche tempo fa alle nostre latitudini ora approdato in Sicilia dopo aver causato danni agli apicoltori calabresi per oltre un milione e mezzo di euro – ha illustrato gli interventi messi in atto dal Ministro della salute che ha competenza specifica in materia; emerge che sarebbe stata attivata pedissequamente la procedura imposta dall’Europa che prevede «all’inizio di questi fenomeni, e fintantoché essi non diventino endemici, una strategia molto drastica, volta all’eradicazione»; il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha affermato: «sono stati esaminati i dati più recenti sulla diffusione dell’Aethina tumida e si è prospettata la necessità di studiare eventuali linee di intervento non più volte alla eradicazione, bensì solo al contenimento. A tal riguardo il Ministero della salute si è dichiarato disponibile a esaminare le condizioni normative europee per un adattamento della
strategia, ferme restando le garanzie sul controllo della movimentazione da assicurare all’Unione europea»; «siamo consapevoli, come Governo, che le misure di eradicazione, con la distruzione totale degli alveari, hanno comportato danni rilevanti agli operatori economici»; «per poter attivare un regime di aiuto a favore degli apicoltori danneggiati da infestazioni di Aethina tumida e vespa velutina è necessaria una nuova base giuridica, possibilmente con adeguate dotazioni finanziarie (tenuto conto della scarsità di risorse a disposizione per gli interventi compensativi del Fondo) che dovrà preventivamente essere notificata alla Commissione come aiuto di Stato»; «ritengo inoltre indispensabile lanciare un piano di tutela dell’apicoltura a più lungo termine»; il suddetto piano di eradicazione è stato attuato con lo stesso protocollo con il quale si trattano le altre specie zootecniche da reddito (bovini, ovini, suini) senza tenere conto che sia il parassita che l’ospite sono degli insetti; l’articolo 3, comma 1, lettera a), della decisione di esecuzione della commissione del 12 dicembre 2014 relativo ad alcune misure di protezione a seguito della presenza confermata del piccolo scarabeo dell’alveare in Italia [notificata con il numero C(2014) 9415] dispone che: «1. L’Italia garantisce l’attuazione delle seguenti misure di protezione nelle zone elencate nell’allegato: a) un divieto di spedizione di partite dei seguenti prodotti dalle zone elencate nell’allegato verso altre zone dell’Unione: i) api mellifere; ii) calabroni; iii) sottoprodotti apicoli non trasformati; iv) attrezzature apistiche; v) miele in favo per il consumo umano»; tra le sopracitate «zone elencate nell’allegato» soggette a misure di prevenzione di cui al GUL359 del 16 dicembre 2014 vengono inserite la regione Calabria e la regione Sicilia per l’intero territorio; le aziende calabresi e siciliane
specializzate nell’allevamento e nell’esportazione di api, oltre a vedere svanire anni di lavoro, ricerche, sperimentazioni ed investimenti, non potranno più nemmeno alienare le attrezzature apistiche utilizzate come ultimo disperato tentativo per recuperare un po’ di liquidità provando una riconversione verso altre produzioni –: se non ritenga, in linea con quanto già affermato dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, che non sussistano più i requisiti probabilistici e di convenienza economica per continuare a perseverare nel tentativo di eradicazione d’Aethina Tumida, a fronte di danni oramai oltre la soglia di accettabilità ad apicoltura, agricoltura e ambiente; se il Ministro non ritenga più opportuno elaborare una strategia che preveda un intervento diretto sul coleottero, la limitazione del proliferare delle popolazioni tramite le trappole per il controllo degli adulti, i trattamenti larvicidi nonché l’utilizzo della lotta integrata; quali interventi siano stati messi in atto allo stato attuale al fine di attivare un regime di aiuto a favore degli apicoltori danneggiati da infestazioni di Aethina tumida; se non ritenga opportuno, al fine di agevolare la riconversione delle aziende agricole apistiche, in deroga a quanto stabilito dalla decisione della Commissione del 12 dicembre 2014, assumere iniziative per permettere il commercio delle attrezzature apistiche, sottoprodotti apicoli non trasformati, attrezzature apistiche, miele in favo per il consumo umano, esclusivamente a seguito di controllo ed eventuale rilascio della certificazione fitosanitaria dal parte degli ispettorati fitosanitari competenti per territorio, nelle regioni comprese nell’allegato alla decisione europea. (5-04327)
NOMISMA – DE NARDIS: “LA GERMANIA DEVE SUPERARE IL SUO EGOCENTRISMO” “Avere a cuore le sorti della moneta unica significa preoccuparsi non delle pause nell’aggiustamento fiscale die paesi periferici né dei ritardi nei loro processi di riforma strutturale,, ma dell’atteggiamento di negazione che la Germania ha rispetto a misure di sostegno del ciclo economico e di correzione dei i propri squilibri. Squilibri propagatori di effetti depressivi sull’intera area. ” – E’ questo uno dei passaggi chiave dell’ultima analisi di scenario curata da Sergio De Nardis, Capo Economista di Nomisma e pubblicata sul sito del Think Tank bolognese all’interno della newsletter di dicembre. “Are you willing to risk it all or is your love in vain? “ Prendendo in prestito le parole di una famosissima canzone di Bob Dylan, De Nardis punta i riflettori sugli squilibri dei paesi creditori in seno all’unione monetaria e – in particolare – sull’egocentrismo tedesco che pare mettere in dubbio “l’amore” della Germania nei confronti della moneta unica, dubbi evidenti sin dagli albori della crisi dell’euro nel 2010 ma realizzati con un discreto ritardo. Ritardo che è responsabile –in parte – degli esiti deleteri a cui oggi assistiamo, ritardo che Sergio De Nardis attribuisce a tre fattori principali: l’aver sottovalutato l’impatto dell’austerità su economie già provate dalla recessione del 2008-2009, l’aver subito il fascino per il modello tedesco – con conseguenti sviluppi di mercantilismo e rigetto delle regole della politica economica – e, infine, l’aver riposto fiducia in agende politiche che hanno puntato su una modernizzazione dell’economia e una riduzione del peso dello Stato, accantonando un punto prioritario: l’uscita dalla recessione.
A ben vedere, l’ampio e crescente attivo della Germania non è il risultato di una crescita della produttività manifatturiera, quanto di una svalutazione competitiva messa in atto durante il primo decennio dell’entrata in vigore della moneta unica: in Germania tra il 1999 e il 2007 le retribuzioni reali pro-capite nel settore industriale – il più esposto alla concorrenza internazionale – sono diminuite del 12,2% in rapporto alla produttività (aumentata del 25% rispetto agli altri settori non esposti alla concorrenza); al contrario, nei paesi periferici, i salari sono cresciuti del 7,8% rispetto alla produttività industriale. È possibile, quindi, parlare di una svalutazione competitiva a tutti gli effetti: l’abbattimento dei costi reali (-20 punti percentuali) rispetto ai competitori ha generato un enorme vantaggio (esportazioni al 50% del Pil, industria al 26%) per la Germania, vantaggio ottenuto a discapito dei partner commerciali e possibile solo grazie alla mancanza del tasso di cambio all’interno dell’unione monetaria. È possibile stimare – sottraendo al differenziale d’inflazione richiesto per correggere gli squilibri, intersettoriali e internazionali, il differenziale d’inflazione verificatosi – un deprezzamento tedesco di circa il 16% (fra il 1999 e il 2007): visto l’indugiare della Germania davanti ad azioni di pronta correzione di questi squilibri, saranno i paesi periferici a dover portare le dinamiche dei propri prezzi e costi al di sotto del 16% rispetto a quelli tedeschi. E pare questa la strada intrapresa dalla Germania che continua a proporsi, o ad imporsi, come modello economico per i paesi periferici, cui spetterebbe l’intera responsabilità di tempestivi provvedimenti, ovvero riforme strutturali che aumentino la produttività mantenendo a freno i salari, provando a ridimensionare il surplus del 7% riscontrato in Germania. Lo status quo vede i paesi periferici – che includono Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia – alle prese con un’inflazione dell’euro dello 0,4% contro un’inflazione tedesca dell’1% rispetto a cui è necessario eliminare il gap competitivo, e le riforme strutturali invocate dalla Germania
non bastano e – anzi – potrebbero rappresentare un pericolo per l’economia di questi paesi: per tendere a un’inflazione pari a zero occorre che l’economia sia molto debole per poter frenare le retribuzioni salariali al di sotto delle dinamiche della produttività, produttività incoraggiata proprio dalle riforme strutturali; ma in un’economia debole l’aumento della produttività si realizzerebbe con cali dell’occupazione e si cadrebbe – nuovamente – nella trappola della depressione. Per eliminare un divario competitivo di 16 punti percentuali con la Germania (con inflazione a 1%) , i paesi periferici (inflazione 0%) dovrebbero andare incontro a 16 anni di depressione che coinvolgerebbe tutta l’area euro (inflazione 0,5%), con il fallimento della Bce nel mantenere la stabilità dei prezzi. Per ovviare a una catastrofe simile, un piano valido potrebbe essere quello in cui un’inflazione tedesca portata al 3% e quella dei paesi periferici all’1% consentirebbe di annullare la sperequazione in soli 8 anni, dimezzando quindi le tempistiche e mettendo in grado la Bce di realizzare il target del 2%; superfluo ribadire la necessità che la Germania riconosca le proprie responsabilità nella correzione di questi squilibri. Al tempo stesso l’analisi di scenario – curata da De Nardis – sposta l’attenzione sull’altro braccio della politica economica, ovvero quello fiscale: la sostenibilità dell’euro è minacciata da una stagnazione che è il risultato di politiche che hanno compresso la domanda; il ridisegno dei tempi del consolidamento fiscale nelle economie periferiche e l’aumento della spesa pubblica per investimenti nei paesi “core” dovrebbero affiancare gli sforzi della Bce nel cercare di rivitalizzare l’economia e nel far crescere l’inflazione in Germania e nell’area euro. .
E.ROMAGNA, 17 MLN PER I DANNI INDIRETTI DA AVIARIA In arrivo nuove risorse per le aziende avicole dell’Emilia- Romagna colpite dagli effetti dell’influenza aviaria che ha interessato l’Emilia-Romagna tra il 14 agosto e il 5 settembre 2013. Si tratta di oltre 17 milioni di euro, ai quali ha dato il via libera la Conferenza Stato-Regioni di ieri. Il decreto ministeriale (in attuazione del regolamento Ue 1071 del 2014) riguarda i cosiddetti danni indiretti, legati alla mancata movimentazione e dunque commercializzazione degli animali e delle uova, in seguito alle misure di tipo sanitario adottate sul territorio regionale per fronteggiare il virus H7N7. “Si tratta di un risultato importante e non scontato per il quale questa Regione si è impegnata con forza. Queste risorse – spiega l’assessore regionale all’agricoltura Tiberio Rabboni – si aggiungono a quelle già interamente liquidate dalla Regione per i danni diretti: quasi 9 milioni 500 mila euro, che sono andati a 17 allevamenti delle province di Ravenna, Ferrara e Bologna nei quali, nei giorni dell’epidemia, furono abbattuti animali o distrutti uova e mangimi a causa delle presenza di un focolaio e in via preventiva”. I 17 milioni 529 mila euro saranno interamente liquidati agli allevatori entro il 30 settembre 2015. Termini e modalità per la richiesta dell’indennizzo verranno a breve definiti da Agrea (l’ente pagatore della Regione Emilia-Romagna) attraverso una circolare. Sarà infatti proprio Agrea l’organismo cui dovrà essere inviata la domanda di indennizzo. Le risorse sono stanziate al 50% dello Stato e al 50% dalla Ue. Potranno presentare domanda le imprese produttrici di uova da cova e pulcini; gli allevamenti di pollo, faraona, anatra, gallina ovaiola, pollastra, pulcino, tacchino; i centri di imballaggio delle uova. Gli indennizzi verranno concessi per i
danni indiretti subiti nel periodo compreso tra il 14 agosto 2013 ( data di inizio dell’epidemia) e il 30 giungo del 2014, quando sono terminate le misure di limitazione della movimentazione. Oltre all’Emilia-Romagna il provvedimento interessa , sia pur in misura minore, il territorio della Regione Vento. EXPORT DI VINO 2014 IN FRENATA. SI ALLONTANA L’OBIETTIVO DI 7,5 MLD AL 2020 Le stime Wine Monitor per l’export di vino italiano dicono di un 2014 in lievissima progressione (poco più dell’1%) rispetto all’anno precedente, con un valore che dovrebbe assestarsi attorno ai 5,1 miliardi di euro rispetto ai 5,04 del 2013, dopo tassi medi annui di crescita superiori al 9% tra il 2009 e il 2013. “I motivi di tale frenata sono diversi ma ampiamente noti agli addetti ai lavori”, afferma Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor di Nomisma. “Dal giro di vite del governo cinese ai rimborsi spese dei propri funzionari (il principale segmento di consumatori di vino importato nel paese) allo “spiazzamento” subito dai nostri vini sfusi sul mercato tedesco ad opera del più competitivo – e in svendita – prodotto spagnolo (la metà dell’export di sfuso italiano finisce in Germania e questa tipologia di vino pesa ancora per il 30% sui volumi complessivamente esportati)”. Ma al di là dei casi specifici, la tendenza di fondo sembra essere quella di un generale rallentamento dell’economia che sta
interessando i principali mercati di consumo del nostro vino. La stessa Russia, il cui embargo non coinvolge questo prodotto, vedrà per il 2014 aumentare l’import di vino italiano solamente di qualche punto percentuale, un mercato che negli ultimi cinque anni ci aveva invece abituati a crescite medie annue superiori al 10%. All’opposto, tra i principali sbocchi del nostro vino, aumentiamo negli Stati Uniti, recuperiamo in Giappone e teniamo nel Regno Unito, in particolare grazie agli sparkling (leggi Prosecco) dove sopperiamo così ad un calo dei vini fermi imbottigliati. Guardando all’ultimo decennio, è pur vero che vi sono stati altri casi di riduzione dell’export di vino italiano: addirittura nel 2003 e nel 2009 si sono registrati cali rispettivamente del 3,1% e 4,4% rispetto all’anno precedente. La verità è che, con la perdurante crisi dei consumi in atto in Italia, l’export è diventata la nostra ancora di salvezza, alla quale aggrapparsi in questa tempesta che non sembra finire mai. Resta da capire cosa occorre fare, nell’ambito di questo scenario di mercato, per raggiungere quei 7,5 miliardi di euro di export di vino annunciati come obiettivo per il settore dal premier Renzi all’ultimo Vinitaly. A valori nominali, all’appello mancano ancora 2,4 miliardi di euro che, se rapportati in termini di crescita media annua equivalgono, per il prossimo quinquennio, a tassi superiori al 6,5%. “Guardando a quanto accaduto nell’ultimo decennio, non si tratta di aumenti irraggiungibili” continua Pantini, “è chiaro però che occorre mettere in atto diverse strategie, tra cui quelle di riposizionamento anche qualitativo in grado di spuntare prezzi medi più elevati per i nostri vini”. A tale proposito basti pensare come dal 2007 al 2013 il prezzo medio all’export del vino italiano si sia apprezzato del 35%, passando da 1,83 a 2,47 euro/litro. Tale rivalutazione sottende, tra le altre cose, una riduzione dell’incidenza dello sfuso (sceso dal 33,6% al 28,5%) e un contestuale incremento del peso degli sparkling (dal 6,5% al 10,2%) e dei
vini fermi (dal 59,9% al 61,3%) sui volumi totale dell’export. Se si ipotizzano, da qui al 2020, tassi analoghi di “sostituzione” nella tipologia dei vini esportati e di rivalutazione dei prezzi medi, l’obiettivo dei 7,5 miliardi di euro sembra avvicinarsi. Quali sono le opportunità e le criticità che influiscono su questo possibile scenario? Nel primo caso, l’appeal del made in Italy e la svalutazione dell’euro possono darci una mano: si pensi infatti che i 2/3 delle esportazioni finiscono al di fuori dell’area euro e le previsioni di Goldman Sachs indicano un rapporto di parità euro/dollaro entro il 2017, contro l’attuale 1,25. Sul fronte delle criticità occorre invece ricordare come in molti mercati esteri l’Italia detenga ormai una quota di mercato significativa, rendendo più complicato prevedere dinamiche di crescita agli stessi ritmi dell’ultimo settennato. Su questo versante i casi sono due: o si amplia la presenza dei vini italiani nei mercati emergenti (l’export nei BRICS pesa per meno del 5%), o si allarga la platea delle imprese esportatrici. “Entrambe le direzioni di marcia richiedono però dimensioni competitive che molta parte delle nostre imprese vinicole non hanno rispetto ai competitor internazionali e, indubbiamente, i principali sforzi per raggiungere i 7,5 miliardi di euro di export, dovrebbero prioritariamente riguardare questo ambito di intervento”, conclude Pantini. IMU, CAPOZZOLO E FRAGOMELI, PD: OGGI DOPPIO PASSO AVANTI «Dopo che, la settimana passata, il Consiglio dei Ministri ne ha rinviato la scadenza relativa al pagamento – dal 16
dicembre al 26 gennaio 2015 – oggi è arrivato un doppio risultato, sia alla Camera che al Senato, relativamente alle iniziative intraprese allo scopo di contenere gli effetti dell’IMU sui terreni agricoli». Lo dichiara la responsabile nazionale agricoltura della Segreteria nazionale Pd, Sabrina Capozzolo, che prosegue: «Questo pomeriggio, alla Camera è stata approvata la risoluzione – a prima firma dell’On. Gian Mario Fragomeli e sottoscritta anche dai componenti Pd della Commissione Finanze – che ha indirizzato il Governo ad intervenire, ad inizio gennaio, sui criteri applicativi di questa imposta, verificando nuove modalità di esenzione/riduzione per i terreni agricoli». «Al Senato, inoltre» interviene infine Fragomeli «è stato approvato un emendamento alla Legge di stabilità 2015 che ha definito l’aliquota da applicare, il 7,6 per mille, e posto al riparo i bilanci comunali attraverso la compensazione tra il gettito IMU in oggetto e il taglio dei trasferimenti subito». MESSINA (IDV): PROROGA IMU AGRICOLA NON E’ SOLUZIONE, CANCELLARLA DEL TUTTO Siamo contrari all’Imu per i terreni montani nei Comuni sopra i 600 metri di quota che colpisce il sistema delle piccole imprese. La riteniamo una tassa iniqua, inaccettabile per le amministrazioni comunali ed anche per i cittadini perché insostenibile economicamente.Una misura peraltro incostituzionale perché lede, per quanto riguarda i Comuni, il principio di annualità del bilancio mentre per quanto riguarda
i cittadini è in palese violazione dello Statuto del Contribuente. Noi vogliamo salvaguardare i diritti delle Comunità locali. Il nostro obiettivo è che questo tributo, che penalizza gravemente i terreni agricoli e montani, venga abolito. Far slittare la data del pagamento non è una soluzione e non serve, perché, di fatto, questo salasso fiscale non è stato eliminato. Il gioco del bastone e la carota non è quello che si aspetta il Paese. ” E’ quanto dichiara in una nota il Segretario Nazionale di Italia dei Valori Ignazio Messina. BIODIVERSITA’, CENNI, PD: INVERTIRE LA ROTTA E PUNTARE A EXPO 2015 “Questa proposta di legge è un primo grande passo verso una inversione di rotta nel campo della biodiversità e dimostra che il Parlamento ha compreso l’importanza di dotare il nostro Pese di un sistema di norme capace di riconoscere, proteggere, recuperare, organizzare e mettere a sistema la biodiversità agricola e alimentare”. Lo dichiara in aula il deputato del Pd, Susanna Cenni, prima firmataria della pdl per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare approvata oggi. “Dobbiamo credere fino in fondo sulle potenzialità dell’agricoltura e sul valore del cibo e consentire al nostro Paese di aggiungere questa norma al parterre della sfida di Expo Milano 2015”, aggiunge il deputato.
“Questa legge permette di superare la conservazione e passare all’uso attivo e sostenibile delle risorse genetiche (risoluzione del Parlamento ue), di aggiornare normative, sollecitare reti di coordinamento, attivare risorse ed utilizzare pienamente le opportunità rappresentate dallo Sviluppo Rurale e dal programma Horizont 2020. Andare in questa direzione, come ricorda il parlamento UE, significa contribuire al miglioramento della produzione agricola, dell’ambiente e dell’occupazione”, conclude Cenni. NOMINA LEGACOOP, GLI AUGURI DELL’ALLEANZA DELLE COOPERATIVE AGROALIMENTARI A MAURO LUSETTI “Esprimiamo le nostre più vive congratulazioni a Mauro Lusetti per la sua nomina a Presidente di Legacoop. Gli formuliamo i più sinceri auguri di buon lavoro nel decisivo percorso che porterà la Legacoop a confluire, insieme a Confcooperative e ad Agci, in un unico soggetto di rappresentanza, una casa comune per tutte le cooperative e i cooperatori”. Cosi Giorgio Mercuri, Presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari commenta, anche a nome di Giovanni Luppi e Giampaolo Buonfiglio, l’elezione di Mauro Lusetti alla guida della Legacoop.
BIODIVERSITÀ, SANI: OTTIMO RISULTATO, SALVAGUARDARE PAESE Un ottimo risultato approvato alla unanimità” . E’ il commento del presidente della commissione Agricoltura , il deputato Pd Luca Sani, al sì dell’aula della Camera alla proposta di legge sulla biodiversità. “Il lavoro proficuo che in questi mesi ha svolto la commissione Agricoltura con serietà e determinazione – spiega Sani – ha trovato oggi nell’aula un punto d’arrivo importante. Si tratta di una proposta che per la prima volta modifica profondamente la prospettiva attraverso la quale interpretare l’ ambiente nel suo complesso. I capisaldi della legge sono l’istituzione del Sistema nazionale di tutela e valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare, per la tutela delle risorse genetiche locali dal rischio di estinzione e di erosione genetica; l’Anagrafe nazionale della biodiversità alimentare, presso il Ministero delle politiche agricole; la Rete nazionale della biodiversità agraria e alimentare per la conservazione del germoplasma; il Portale nazionale della biodiversità e il Comitato permanente per la biodiversità agraria e alimentare, presso il Mipaaf . Ancora: dal 2015, il Fondo per la tutela della biodiversità agraria e alimentare per sostenere le azioni degli agricoltori e degli allevatori nell’ambito delle disposizioni previste dalla legge e appositi indennizzi ai produttori agricoli danneggiati da forme di contaminazione dagli Ogm coltivati in violazione dei divieti stabiliti”. “Investire in biodiversità nell’era della globalizzazione – ha concluso Sani – è una scelta decisiva che ci permetterà di
essere presenti sui mercati internazionali con un livello di competitività sempre più alto. Dobbiamo valorizzare i prodotti del nostro territorio e tutelarli costruendo un’economia imperniata del valore della grande qualità del nostro cibo”. BIODIVERSITA’, OLIVERIO, PD: SI A PDL SIGNIFICA CAMBIO DI APPROCCIO AL TERRITORIO “Una legge che rappresenta la volontà forte ed unanime del parlamento italiano ad imprimere un cambio di verso profondo nell’approcciare il nostro territorio, nella tutela dei suoi prodotti e nella difesa del patrimonio naturale“. Lo ha dichiarato il deputato Pd Nicodemo Oliverio, capogruppo in commissione Agricoltura, commentando il sì alla proposta di legge sulla Biodiversità “ una proposta – sottolinea – che va nella direzione mondiale della urgenza di porre uno freno al progressivo impoverimento del pianeta”. “La salvaguardia della biodiversità – spiega Oliverio – è un obiettivo improcrastinabile per il futuro e la salvezza del nostro territorio in un’ epoca dove la globalizzazione e i prodotti geneticamente modificati minacciano la qualità del prodotto Italia. Tra i passaggi più importanti: l’istituzione del Sistema nazionale di tutela e valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare; l’Anagrafe nazionale della biodiversità, la Rete nazionale della biodiversità agraria e alimentare; il Portale nazionale della biodiversità e il Comitato permanente per la biodiversità agraria e alimentare. Inoltre, sostegni alle azioni degli agricoltori e allevatori nell’ambito delle disposizioni previste dalla legge.
Il sì dell’aula alla Pdl – ben la terza proposta di legge parlamentare approvata in un anno – è un ottimo risultato di cui ringraziamo anche il ministro Martina che ci ha assiduamente seguito e consigliato”. “Il nostro paese – conclude il deputato Pd – è uno dei più ricchi di biodiversità agraria ma allo stesso tempo la minaccia di estinzione è forte. Finalmente il Parlamento è stato in grado di varare un provvedimento concretamente dalla parte degli italiani e che ci permetterà anche di competere a testa alta sui mercati internazionali”.
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