IL VELO DELLA VERONICA - IL VOLTO SANTO DI MANOPPELLO, LA SACRA SINDONE E LA MADONNA DEL LATTE DI GENTILE DA ROCCA.
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IL VELO DELLA VERONICA IL VOLTO SANTO DI MANOPPELLO, LA SACRA SINDONE E LA MADONNA DEL LATTE DI GENTILE DA ROCCA. Facendo un raffronto tra il personaggio ritratto nella Madonna del Latte di Gentile da Rocca (di Mezzo) ed i personaggi raffigurati nelle numerose reliquie cristiane che – si suppone - contengano l’immagine di Cristo, si noterà che gli stessi presentano una marcata somiglianza somatica. Il volto stilizzato della Madonna del Latte del 1283 d.C. è certamente sovrapponibile al Volto Santo di Manoppello (CH): i lineamenti e le fattezze sembrano coincidere. Secondo lo scrittore Paul Badde, autore del libro “La Seconda Sindone” 1, il Volto di Manoppello sarebbe lo stesso volto del sudario di Cristo conosciuto come Sacra Sindone, custodito a Torino. Sulla scorta di quanto esposto nel corso della ricerca, il personaggio enigmatico sarebbe ancora in vita in un luogo segreto dell’Altopiano delle Rocche: Rocca di Mezzo o Rovere. Verosimilmente si troverebbe in uno stato di morte apparente o catalessi o letargìa dentro un sacello (nella Madonna del Latte esso appare dietro il personaggio), dal quale si risveglia periodicamente durante il corso dell’anno, in occasione di festività significative per l’ebraismo e nella cornice di certi antichi rituali, tramandati lungo il trascorrere dei secoli. Forse la festività più importante di tutte sarebbe la Pasqua di Resurrezione: è in tale occasione che si verificherebbe l’Anastasi o Resurrezione dalla morte apparente e, sempre in tale occasione, si seguirebbe il rituale della Crocifissione e della Coppa Mistica con il Sangue Reale, consistente nell’assunzione comunitaria del suo sangue (l’espressione Sangue Reale o Sang Real, in codice GRAAL, va interpretata come sangue vero, liquido ematico). Durante tutto l’anno, comunque, il personaggio non sarebbe lasciato in balìa di se stesso, bensì vigilato e sottoposto al cosiddetto Gioco dell’Oca, cioè Gioco della Roca o della Rocca, in inglese Game of the Goose, in spagnolo Juego de la Oca, in francese Jeu de l’oie. 1 Paul Badde.“La seconda Sindone. La storia del vero volto di Cristo nel primo libro dedicato ai misteri del velo di Manoppello.” Newton Compton Editori, 2007.
La definizione in lingua francese è interessante perché la parola oie corrisponde al dialetto oie (oje), che significa olio, sostanza usata nel corso del gioco: il famoso olio benedetto. La presunta importanza dell’olio benedetto (baruch), utilizzato nell’ambito del rito, fu cristallizzata addirittura nella lingua d’oil, langue d’oil, che ebbe come contraltare la lingua d’oc, langue d’oc. Come visto in precedenza, langue significa sia langa, striscia di terra, riferibile alla terra di [r]oca o Rocca, sia langue, terza persona singolare del verbo languire (vedi quanto detto circa il cognome Paglialonga), sia l’angue, cioè il Serpente. In realtà facendo metatesi delle lettere di angue si ottiene anche agnu-e, cioè l’Agnus Dei, l’Agnello Sacrificale. La Sacra Sindone può essere chiamata anche, in base ai racconti storici tramandati, Velo della Veronica, espressione in cui la parola veronica deve essere letta con l’aggiunta di una r come verronica, cioè femmina del verro o maiale. L’epiteto fu evidentemente attribuito in tono spregiativo e derisorio a quello che sembra essere nell’iconografia in argomento un personaggio di sesso maschile, particolarmente inviso nella cultura ebraica. La somiglianza dei lineamenti del personaggio della Madonne del Latte e di quello del Volto Santo si riscontra:
- nella forma ovale del viso; - nel naso lungo e stretto; - nella capigliatura lunga che, nel dipinto della Madonna del Latte, è di colore nero, così come la barbetta; - nel mento e nella bocca femminile recante i segni dell’uso dello strumento di tortura denominato pera, rappresentati nella Madonna del Latte dalle due zampe all’insù formate dal rossetto. La comparazione va fatta ovviamente tenendo conto del fatto che il personaggio del dipinto della Madonna del Latte è raffigurato in maniera stilizzata, secondo i canoni dell’iconografia medievale.
Un viso estremamente somigliante a quello della Madonna del Latte e del Volto Santo di Manoppello compare nel dipinto di Hans Memling “Santa Veronica” del 1433 (Seligenstadt, ca. 1435-1440 – Bruges, 11 agosto 1494).
Il personaggio è ancora una volta la Santa Verronica, così chiamata in tono spregiativo, anche per il colore rosso – rosaceo del volto, probabile allusione alla dinastia dei Capetingi, discendente dall’antichissimo sodalizio di Yoshua, i cui discepoli erano adusi tingersi i capelli di rosso (capi tinti-Capetingi), secondo la tradizione fenicia. Il dipinto del pittore tedesco fornisce ulteriori indizi circa la localizzazione del sepolcro del personaggio ritratto sull’Altopiano delle Rocche. Il castello che appare sullo sfondo dovrebbe essere l’antico Castello Orsini di Avezzano2, oltre il quale si trovava il Lago del Fucino, le cui acque sono simboleggiate dai tetti azzurri delle torri. 2 La struttura del castello è in realtà arricchita da ulteriori elementi architettonici, ricavati dagli edifici sacri che si rinvengono lungo l’asse che collega Rocca di Mezzo, Avezzano e il promontorio del Circeo (Torre Paola).
Il lago è rappresentato anche dalla piccola pozza d’acqua che si nota nell’angolo sinistro del dipinto, sotto le rocce, una delle quali è a forma di fallo eretto, che, a mo’ di freccia, indica in direzione della roccia sovrastante in cui è intagliato un sepolcro, parzialmente visibile, in quanto la parte inferiore è coperta dalla terra. Il dito anulare della mano destra del personaggio femminile indica verso l’Altopiano delle Rocche, così come il dito anulare della mano sinistra. Le due dita in inglese sono dette little finger e ring finger: il termine ring è un’allusione all’ano, ma anche finger allude allo stesso concetto, se lo si considera come cifratura di sfintere e di Sfinge. Il riferimento alla Sfinge è ribadito dalla sagoma delle zampe anteriori del leone o leonessa dissimulate nel terreno che va dai due alberelli fino alla strada tortuosa. L’ano, se letto in latino come anus, è una crittazione di Agnus e Agnus Dei, cioè dell’Agnello di Dio o Vittima Sacrificale, oltre ad essere un insulto al personaggio Enigma. Occorre notare che la roccia nella quale è ricavato il sepolcro dà forma, insieme al colle attiguo, alla sagoma di un elefante, coincidente con la sagoma del Monte di Rovere.
Rispetto a quest’ultimo il sepolcro è orientato in direzione di Rocca di Mezzo, simboleggiata dalla Donna3, cioè il medesimo personaggio il cui volto è impresso sul velo (la Sacra Sindone). E’ a Rocca di Mezzo, quindi, che dovrebbe trovarsi tale personaggio, conosciuto nella cultura ebraica come katz, equivalente all’italiano cazzo, come confermato dal simbolo fallico sottostante (egli sarebbe anche il Cat, cioè Gath ed il GADU). Nel percorso suggerito dal dipinto, da Avezzano fino a Rocca di Mezzo, si trova Celano ed anche tale toponimo è ricollegabile all’ano e all’uccello, metafora del fallo: cel (forma dialettale di uccello) ed ano (vedi sopra quanto detto sulla geomorfologia dell’Altopiano delle Rocche). La posizione delle dita possiede un significato crittato. 3 Che la Donna sia Rocca di Mezzo, cioè in codice Rotta di Mezzo, si evince anche dal giro che compie il fallo di roccia: il suo tragitto passa per il sepolcro soprastante, per la mano destra, per quella sinistra, gira all’insù per il gomito del braccio sinistro, fino ad arrivare sulla fronte della Donna, dove il fallo è appena tratteggiato in nero e rivolto all’ingiù. Dalla fronte esso indica in direzione della vagina della Donna.
I diti anulare e mignolo della mano destra formano le lettere capovolte L ed I, volendo significare che lì è il sepolcro, mentre la mano sinistra forma una cresta di gallo: lì è il sepolcro del Gallo (rosso), del Cristo (nome derivante dal greco κέρας, -ατος, keras, keratos, che significa corno, allo stesso modo di cresta, elemento formato da una serie di corni), a Rocca di Mezzo. In realtà, se le falangette delle dita piegate si considerano come metafore di altrettanti sepolcri, i personaggi nelle tombe sarebbero cinque. Bisogna osservare, inoltre, che le giunture delle dita della mano destra formano le lettere F, E, L, I, mentre la lettera C è formata dal dito anulare ripiegato sul medio: il nome FELICE, assunto anche dai Papi del primo periodo cristiano, è il nome del Leone di Gerusalemme, vale a dire della Sfinge o Leonessa delle Piramidi di Giza, dato che il nome FELIX deriva da felino. Considerando le giunture del dito mignolo si leggerà la lettera greca , considerando il dito mignolo e l’anulare piegato si leggerà una lettera K, componendo little (finger) e ring (finger) si otterrà una omicron: o-micron, cioè piccola o, piccolo cerchio, cerchietto (little ring). Se si mettono insieme le lettere predette con le lettere E ed I, si ottiene il nome KEOPI, il nome del Faraone rintracciabile anche nel toponimo San Pio e nel nome Pio assunto da numerosi Papi. L’anulare piegato simboleggia anche una Piramide che, unitamente all’indice e al medio, vuole essere un riferimento alle tre Piramidi di Giza (Keope, Kefren e Micerino). Costoro sono tutti personaggi appartenenti all’antichissima tradizione dello shoa e di Yoshua, alla quale era appartenuto anche colui che è comunemente noto con il nome di Gesù di Nazareth. Bisogna ancora osservare che la linea che su Google Earth congiunge il Castello Orsini di Avezzano a Rocca di Mezzo perviene a Terranera, comprendo una distanza di circa 15 miglia,
distanza contenuta nel numero romano LI, che corrisponde al numero 51, da leggersi in senso contrario come 15. Infatti, i segni I , ruotando all’ingiù la , diventano I L, cioè 51 all’incontrario, ossia 15. Il nome TERRA è nascosto ugualmente tra le giunture delle dita della mano destra: sono visibili la T e la E, la A è data dall’anulare piegato a triangolo, mentre la R, rigirata dall’altro lato, è data dall’anulare ripiegato sul pollice, la cui falange non è visibile. L’aggettivo NERA è dato dal colore della scollatura della Donna, ma dovrebbe riferirsi in realtà al colore marrone della terra, come indicato dal colore delle zampe della Sfinge retrostanti alla Donna. La falange del pollice è volutamente posta dietro il velo per significare che la tomba o le tombe sono nascoste: l’inglese thumb, pollice, sta per lo spagnolo tumba e l’italiano tomba. Aggiungendo alla traiettoria AvezzanoTerranera le traiettorie TerraneraMarruvium (l’odierna San Benedetto dei Marsi) e CelanoCastelnuovo di Avezzano si visualizzerà su Google Earth una A, corrispondente alla figura femminile con la fascia nera all’altezza della vita.
Il toponimo dell’antica città dei Marsi, Marruvium, deriva dal latino marrubium4, erba, ma il suo etimo è lo stesso di marrone (il colore della terra del manto erboso), da cui deriva anche maronita, marano (toponimo) e marrano, epiteto attribuito agli ebrei falsamente convertiti al cristianesimo per motivi di opportunità. La sua radice etimologica è mor, da cui deriva moreno e nel linguaggio crittato amor, nonché la variante mar, da cui deriva mara (mora), maria e lo stesso etnonimo marso. Immaginando di inclinare sulla sua destra la figura femminile, essa coinciderà con la A formata dall’anulare della mano destra piegato a mo’ di freccia, che indica verso il sepolcro nella roccia e l’Altopiano delle Rocche. In ogni caso interessa rilevare la particolarità che la lettera A formata dalla cintola nera e dalla veste azzurra della Donna la si ritrova: - in dimensioni ridotte, sul suo capo, formata dal turbante e dalla striscia nera sulla fronte; - in posizione capovolta sul suo grembo, formata dalla fascia nera e dalle due fasce grigie della veste . Considerando che la A sul capo della Donna lascia intravvedere un fallo all’ingiù, in direzione della vagina nascosta, metafora del sepolcro, e che la sagoma della Donna presenta la forma di un fallo 4 Secondo alcuni marrubium deriverebbe da mar, amaro, e rob, succo, crittazione forse del sacco o saccheggio amaro di Gerusalemme perpetrato più volte nel corso dei secoli dai rubri, cioè dai rossi, i seguaci di Sirio e della tradizione dei Faraoni.
eretto, si potrebbe supporre che il personaggio collocato nel sepolcro, Katz, resuscita dallo stato di morte apparente secondo quanto spiegato in precedenza . La lettera A può essere interpretata come la lettera Aleph dell’alfabeto ebraico e, in quanto tale, riferirsi ad Abramo, il capostipite del popolo ebreo oppure ad Adonai. Il personaggio che resuscita dalla catalessi sarebbe un discendente da Abramo5 - da intendersi qui come nome di uno dei popoli padroni di Israele - come lascia intendere il fallo disegnato in nero discendente dal turbante, copricapo utilizzato sin da tempi antichissimi da Egizi, Persiani, Arabi e Turchi. Il nome Abramo si ricava dalle dita della mano destra, le quali, come già visto, nascondono le lettere A ed R. Piegando la falangetta e la falangina del dito mignolo, accanto all’anulare, si ottiene una lettera B rigirata , che può essere vista anche come una lettera M. Il nome Adonai sarebbe secondo l’insegnamento ebraico il modo in cui viene letto il nome biblico YHWH: la sua radice etimologica dam è la stessa di dominus e di domare (greco δαμάζω), di domina e donna (vedi le voci relative su www.etimo.it ). In greco corrisponde al personaggio mitologico Άδωνης e Άδωνις. Dovrebbe essere interpretato come un nome cifrato, composto da A – dona – i, cioè A – domina – I, probabilmente Ay, la Signora di Israele6. 5 Abramo, Abram o Abraham era conosciuto anche presso la religione induista come Brahma o Brama e doveva essere una divinità di origine egizia la cui fama era giunta fin nella lontana India, divenendo parte fondamentale della Trimurti indù. La Trimūrti, in sanscrito devanāgarī, significa letteralmente che possiede "tre forme" o "tre aspetti" ed esprime il concetto del triangolo, come parte geometrica elementare della Piramide. Nell’induismo indica i "tre aspetti" della divinità suprema, detta Trimurti, formata da Brahmā, Viṣṇu e Śiva o di una singola divinità (deva). Avraham è lo stesso Aura Mazda. 6 .
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