IL VALORE DEL CONCILIO VATICANO II: camminare insieme

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IL VALORE DEL CONCILIO VATICANO II:
                   camminare insieme

C'è una scena straordinaria che è rimasta nella memoria di milioni di persone.
Riguarda la sera dell'11 ottobre 1962, quando Giovanni XXIII si affacciò alla finestra per salutare le
persone che si erano radunate in Piazza San Pietro per festeggiare, con una fiaccolata, l'apertura
del Concilio Ecumenico Vaticano II. Il Papa parlò dalla finestra del suo appartamento e saluta le
persone in piazza, saluta la luna e manda una carezza a tutti i bambini del mondo: un messaggio di
simpatia e di fiducia che colpisce tutti. Si chiuse in questo modo una giornata intensa iniziata, in
mattinata, con la solenne apertura del ventunesimo Concilio Ecumenico della Chiesa cattolica.

IL PAPA E LA LUNA

«Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma riassume tutte le voci del mondo; e qui di
fatto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera… Osservatela
in alto, a guardare questo spettacolo… Noi chiudiamo una grande giornata di pace… Sì, di pace:
"Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà"... La mia persona conta niente: è un fratello che
parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di Nostro Signore… Continuiamo dunque a
volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell'incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar
da parte, se c'è, qualche cosa che ci può tenere un po' in difficoltà… Tornando a casa, troverete i
bambini. Date loro una carezza e dite: "Questa è la carezza del Papa". Troverete forse qualche
lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto. Sappiano gli afflitti che il Papa
è con i suoi figli specie nelle ore della mestizia e dell'amarezza… E poi tutti insieme ci animiamo:
cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta,
continuiamo a riprendere il nostro cammino. Addio, figlioli. Alla benedizione aggiungo l'augurio
della buona notte».
CONCILIO ECUMENICO

Un Concilio è la riunione di tutti i vescovi, radunati e convocati dal Vescovo di Roma, ovvero il
Papa, per affrontare le principali questioni che riguardano la vita della Chiesa e il suo rapporto con
il mondo. Quando la comunità cristiana si riunisce in un Concilio, sperimenta e rende visibile la
comunione tra tutti i credenti, mostra a se stessa e agli altri come essere fratelli in Gesù. La parola
"ecumenico" significa "per tutta la terra abitata, universale". Tutti sono coinvolti.

IL SOGNO DI GIOVANNI XXIII

A convocare il Concilio Ecumenico Vaticano II, che segue di circa cent'anni il Vaticano I, è stato
Giovanni XXIII, il papa bergamasco che pochi mesi dopo la sua elezione, nel gennaio del 1959,
stupì molti, annunciando a un gruppo di cardinali riuniti nella Basilica di San Paolo fuori le mura in
Roma, l'idea di convocare un Concilio Ecumenico per la Chiesa universale.
Un gesto coraggioso e libero, nella consapevolezza che quando i credenti devono decidere cose
importanti si riuniscono. E attraverso l'ascolto, lo scambio, il dialogo, con l'aiuto della preghiera e
dello Spirito Santo cercano di essere sempre più fedeli al messaggio di Gesù.
Questa è stata l'intuizione di Giovanni XXIII, consapevole che i tempi stavano cambiando, nella
Chiesa e nel mondo. Una piccola indagine con i vostri nonni ve lo può confermare.
Il Papa convoca a Roma i vescovi di tutto il mondo ma non solo, chiama superiori di Ordini religiosi
e poi alcuni cristiani non cattolici e anche alcuni laici: 28 uomini, 12 donne e una coppia di sposi.
Papa Giovanni non potrà vedere concluso il Concilio perché muore il 3 giugno del 1963. Dopo di lui
viene eletto papa Paolo VI che, con entusiasmo, porterà a compimento l'opera del Concilio.

CONCILIO E NUMERI

Sono 21 i Concili Ecumenici che si sono succeduti nella storia. Il primo è dell'anno 325, ricordato
come il primo Concilio di Nicea. L'ultimo, per il momento, il Concilio Ecumenico Vaticano II,
iniziato l'11 ottobre 1962 e conclusosi tre anni dopo l'8 dicembre 1965.
4 sono stati i periodi di lavoro, ciascuno di circa 3 mesi. Hanno partecipato al Concilio 3.054
persone giunte da 145 Paesi diversi. 99 sono stati i cardinali e circa 2.500 i vescovi, mentre 2
sono stati i papi che l'hanno condotto.
Il padre conciliare più anziano fu il vescovo italiano Alfonso Carinci che compì i 100 anni dopo
circa un mese dall'inizio del Concilio e morì prima della sua conclusione. È curioso il fatto che da
bambino, come chierichetto, mons. Carinci aveva prestato il suo servizio al Concilio Vaticano I.
Invece, il padre conciliare più giovane fu il peruviano Alcides Mendoza Castro; all'inizio del
Concilio aveva 34 anni.
La provenienza geografica dei partecipanti al Concilio si può riassumere così: 38% i partecipanti
europei, 31% americani, 20% tra Asia e Oceania e 10% i partecipanti del continente africano.
L'aula conciliare in San Pietro occupava una superficie di circa 2.500 metri quadrati, con uno
spazio di lavoro per circa 2.905 posti. 34 erano le postazioni telefoniche per le comunicazioni
interne; telefoni che, per limitare il disturbo, emettevano solo segnali visivi. Per le tribune,
appositamente costruite per "l'aula conciliare", sono stati utilizzati 25.300 metri di tubi d'acciaio
su cui sono state poste assi di legno dallo spessore di 5 cm. Il tutto è stato ricoperto di drappi e
stoffe.

TRE ANNI DI LAVORO INSIEME

Il Concilio si svolse in 4 periodi, ognuno dei quali durava alcuni mesi, tra il 1962 e il 1965. I padri
conciliari lavoravano in commissioni, confrontandosi, riflettendo e approfondendo alcuni temi. Se
le commissioni spesso si riunivano per gruppi linguistici, le discussioni nell'aula conciliare –
appositamente costruita nella Basilica di San Pietro – avvenivano in latino, la lingua ufficiale della
Chiesa e che tutti i vescovi conoscevano. I risultati del Concilio sono stati raccolti in alcuni
documenti, anche se sono le persone, le comunità cristiane e la loro vita che hanno messo e
mettono tuttora in atto le riflessioni e le decisioni che il Concilio ha preso.
IL VALORE STORICO DEL CONCILIO VATICANO II

Il Concilio Vaticano II è stato, ed è ancora, un tentativo di cambiamento nella vita della Chiesa e
non solo di essa. Prima del Vaticano II, la storia della Chiesa è stata per lungo tempo quasi
interamente ridotta alla figura del Papa e alla sua azione, trascurando il ruolo di vescovi, sacerdoti,
laici e prescindendo dal contesto più ampio in cui la Chiesa è da sempre inserita: le società, il
mondo. Il politologo Samuel Huntington ha scritto nel 1991 un volume intitolato La terza ondata. I
processi di democratizzazione alla fine del XX° secolo in cui sostiene che l’aumento del numero dei
paesi democratici negli ultimi decenni del Novecento è dovuto soprattutto a due fattori: il crollo
del comunismo in Europa orientale e, prima ancora, il Vaticano II.
Che il Concilio Vaticano II rappresenti una novità nella storia della Chiesa del Novecento è oramai
indubbio. Ma di quale novità si tratta?
Lo storico gesuita John O’Malley, nel suo “Cosa è successo nel Vaticano II?”, sottolinea come la
composizione stessa del Vaticano II, rappresentativo di tutta la Chiesa come mai prima, disegni
innegabilmente un elemento di novità rispetto ai passati Concili. La presenza dei teologi (Congar,
De Lubac, Courtenay Murray), la celebrazione liturgica in lingua volgare, il fatto di rivolgersi a tutta
l’umanità e non solo al clero, la presenza delle donne (seppur in un numero risibile), degli
osservatori non cattolici e dei media (è proprio al Vaticano II che nasce la figura del vaticanista),
rappresentano tutti elementi di novità rispetto ai passati Concili.
Ma la vera grande novità del Vaticano II è sicuramente la rinuncia alla logica della condanna e
l’apertura alla storia sullo stile di Papa Roncalli dapprima e poi di Papa Paolo VI, per cui la Chiesa
deve abbracciare il mondo e rispondere alle sue attese, queste ultime poste in relazione con le
urgenze della storia. Ecco la necessità di indire un nuovo Concilio.
Allo sviluppo economico, al processo di modernizzazione delle strutture produttive e
amministrative, si accompagna in molti Paesi un radicale cambiamento negli stili di vita. La
modernità si presenta nel dopoguerra con il volto della società dei consumi. La concentrazione dei
centri di produzione nei centri urbani genera movimenti migratori e il conseguente massiccio
spostamento di forza lavoro dalle campagne. Questi movimenti migratori determinano la divisione
delle famiglie e la traumatica rottura delle strutture sociali tradizionali. La famiglia, la comunità del
paese, la stessa Chiesa non sono più punti di riferimento validi. C’è tutta un’umanità che vuole
affrancarsi dalla tradizione e che spinge verso la formazione di un mondo nuovo.
Quali sono all’interno della Chiesa le opinioni su quest’umanità in fermento? Da un lato si guarda
al mondo nuovo con un atteggiamento di timore e di ostilità, dall’altro si guarda con
preoccupazione la crescente distanza tra il mondo nuovo e la Chiesa. Per molti si è di fronte allo
scontro tra religione e forze demoniache della storia. Il comunismo, l’ateismo militante, e la
conseguente persecuzione religiosa in URSS e negli Stati filosovietici, rappresentano l’espressione
più pericolosa di questa umanità in fermento, di questo mondo nuovo che avanza.
La società dei consumi di massa esibisce tutta la sua forza dirompente e si scopre importante
propulsore per quel processo di secolarizzazione che sempre più allontana i fedeli dalla religione e
dalla Chiesa. In Occidente sono penetrati, dunque, quegli errori che sconvolgono i costumi,
corrompono la società, negano i principi della giusta dottrina e in modo pericoloso mettono in
discussione l’autorità della Chiesa universale.
L’idea di Giovanni XXIII di indire un Concilio Vaticano II si colloca all’interno di questo
sconvolgimento del paradigma di società legata alle strutture sociali tradizionali; segni dei tempi
che la Pacem in terris, poi, inviterà a considerare con attenzione. Nella costituzione apostolica di
convocazione ufficiale del Concilio Vaticano II, Humanae Salutis, Papa Roncalli spiega che l’avvento
di un mondo nuovo impone alla Chiesa compiti nuovi: «La Chiesa assiste oggi ad una crisi in atto
della società. Mentre l’umanità è alla svolta di un’era nuova, compiti di una gravità e ampiezza
immensa la attendono, come nelle ore più tragiche della sua storia».
Il Vaticano II insomma non è convocato esclusivamente per risolvere le difficoltà interne alla
Chiesa (che pur sono importanti), ma prima di tutto per affrontare i problemi che la sconvolgente
evoluzione della storia ha generato nel mondo. Lontano dai facili ottimismi, il Vaticano II
s’interroga sulla Chiesa e sulla sua relazione con il mondo. Ecco la grande novità del Vaticano II:
una Chiesa che si interroga sul mondo e sulle sue urgenze.
Paolo VI lo scrive nella lettera apostolica, In Spiritu Sancto, di chiusura del Vaticano II: «Il Concilio
Vaticano II […] deve senza dubbio annoverarsi tra i maggiori eventi della Chiesa: infatti fu il più
grande per il numero dei Padri, venuti alla sede di Pietro da ogni parte della terra; il più ricco per gli
argomenti che, per quattro sessioni, sono stati con cura e profondità trattati; fu infine il più
opportuno perché, avendo presenti le necessità dell’epoca odierna, innanzi tutto va incontro alle
necessità pastorali e, alimentando la fiamma della carità, grandemente si è sforzato di
raggiungere non solo i cristiani ancora separati dalla comunione della sede apostolica, ma anche
tutta la famiglia umana».
L’eredità del Concilio non consiste, dunque, solamente nei documenti approvati. Il Concilio, in
quanto evento, è la risposta della Chiesa alle urgenti domande del mondo contemporaneo.
Nell’Omelia tenuta a conclusione del Concilio, l’8 dicembre 1965, Paolo VI osserva: «Ma non
possiamo trascurare un’osservazione capitale dell’esame del significato religioso di questo Concilio:
esso è sta to vivamente interessato dallo studio del mondo moderno. Non mai forse come in questa
occasione la Chiesa ha sentito il bisogno di conoscere, di avvicinare, di comprendere, di penetrare,
di servire, di evangelizzare la società circostante e di coglierla, quasi di rincorrerla nel suo rapido e
continuo mutamento».
I documenti di indizione e di conclusione del Concilio, l’insieme dei testi conciliari e la stessa
immagine aggiornata della Chiesa si presentano come evento; l’agire di una Chiesa che conduce a
cogliere i «chiari segni dei tempi».
Nonostante il permanere di questioni ancora grandemente irrisolte, rimane il giudizio positivo
sull’evento che ha caratterizzato la vita della Chiesa del secolo scorso; un giudizio largamente
condiviso da Benedetto XVI nel suo discorso del 22 dicembre 2005: «Così possiamo oggi con
gratitudine volgere il nostro sguardo al Concilio Vaticano II: se lo leggiamo e recepiamo guidati da
una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre
necessario rinnovamento della Chiesa».

I FRUTTI DEL CONCILIO

Il Concilio ha lanciato dei semi che sono diventati frutti nel tempo e che ora si possono valutare.
Forse il primo seme germogliato è la rinnovata fiducia che la Chiesa nel suo insieme, la comunità
cristiana, può e deve parlare a tutti, senza esclusioni, un po' come faceva Gesù. E che la Chiesa si
trasforma e cresce con l'umanità tutta. Sono stati gettati semi che, pur con qualche difficoltà,
hanno germogliato in molti campi: pensiamo alla riflessione sulla Parola di Dio e al ribadire che la
Bibbia è dono e nutrimento per tutti i credenti, oppure al riconoscere la Chiesa come un popolo in
cammino verso il suo Signore, un popolo che a volte sbaglia e ha bisogno di pazienza da parte di
Dio e di perdono.
Il dialogo e il confronto con le altre confessioni cristiane e le altre religioni è un altro dei frutti del
Concilio, così come il rinnovamento della messa e dei sacramenti, fonte della vita cristiana a cui
tutti sono chiamati a partecipare. Questi semi e frutti accompagnano da allora la comunità
cristiana, utili per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa.
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