Il regista genovese Edoardo Viterbori menzionato al Taormina Film Festival - di MonicaMorisano 07 Luglio 2022 - 13:53

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Il regista genovese Edoardo Viterbori menzionato al Taormina Film Festival - di MonicaMorisano 07 Luglio 2022 - 13:53
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     Il regista genovese Edoardo Viterbori menzionato al
     Taormina Film Festival
     di MonicaMorisano
     07 Luglio 2022 – 13:53

     Edoardo Viterbori (Genova, 1998) è un giovane regista italiano. A Genova nel 2014 ha

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     diretto “Le storie di via Carnia”, “Rhapsody” e “Oltre il ponte!” (2019). Dopo essersi
     diplomato alla Roma Film Academy, ha diretto il cortometraggio Acquamara, un racconto
     sospeso tra il drammatico e l’esistenziale della vita di un giovane pescatore sulla costa
     laziale – lavorando parallelamente come assistente alla regia e ispettore di produzione su
     numerosi set, anche internazionali. È da poco terminata la post-produzione del suo
     documentario Contactus, di prossima uscita, una testimonianza polifonica sulla pandemia.
     Selezionato per le sue tematiche sociali e ambientali, il 29 giugno 2022 Acquamara ha
     vinto la Menzione speciale Atena Nike al Taormina Film Festival per il migliore interprete.

     Di seguito l’intervista rilasciata a Ludovico Cantisani per Birdmen:

     Come è nata l’idea di base per Acquamara e come hai sviluppato la sceneggiatura?

     Il cortometraggio è nato a quattro mani nel 2019 in collaborazione con Francesca
     Piscioneri. Sia io che lei volevamo fare un racconto che parlasse di una provincia, ma
     avevamo le idee ancora un po’ confuse su quale specifico aspetto della provincia
     dovessimo raccontare. Tramite una serie di coincidenze, abbiamo trovato la possibilità
     produttiva di girare ad Anzio, che è una città con una lunga tradizione di pesca. Io,
     essendo genovose di origine, mi portavo a mia volta dietro un bagaglio di storie sul mare,
     sui marinai e sui pescatori, che quando ero piccolo nel mio immaginario avevano assunto
     un carattere quasi mitologico. Questo background e quest’opportunità produttiva si
     sposava nel nostro comune desiderio di fare un racconto sull’ambiente e sulla grande
     epopea del mediterraneo. Acquamara nasce così, dal confluire di una serie di esigenze
     produttive che però, magicamente, raccontano il mio mondo, che è quello del mare, e il
     mondo di Francesca, che è quello della provincia, non priva di elementi sinistri come
     quello della criminalità.

     I primi minuti di Acquamara raccontano con un forte senso del realismo tutta la piccola
     industria del mercato del pesce sulla costiera laziale. Come hai collaborato con i pescatori
     di Anzio per i momenti più descrittivi del corto?

     Io volevo alternare il racconto di finzione a momenti più documentaristici: i pescatori che
     si vedono nel corto sono veri pescatori, a volte “messi al servizio” della fiction, altre volte
     semplicemente filmati durante il loro lavoro. Ho frequentato Anzio per un paio di mesi
     prima di girare Acquamara, cercando di instaurare un rapporto con loro. La sfida più
     grande è stata rappresentata dal girare le scene in mare: loro lavoravano, Nicolò Ernesto
     Alaimo, il protagonista, doveva affiancarli in maniera credibile, quindi i pescatori, prima
     delle riprese, gli hanno dovuto insegnare anche le movenze del mestiere, la parlata tipica
     dei pescatori, perché il connubio tra il protagonista e i suoi compagni di lavoro fosse
     credibile. Il momento più importante del nostro rapporto con loro è stato senza dubbio il
     momento, già durante la fase di riprese del corto, in cui, per un paio di giornate, io, il
     direttore della fotografia e Nicolò ci siamo imbarcati con loro, affidando anche un po’ al
     caso quello che avveniva, girando via via delle scene in parte improvvisata.

     Il dissidio morale che il protagonista vive ricorda per certi versi quello di Alessandro
     Borghi in Non essere cattivo di Caligari. Avevi quel film e/o altri titoli del cinema italiano
     recente come reference?

     Amo molto il film di Caligari ma non è stato uno dei miei principali punti di riferimento:
     Acquamara condivide con Non essere cattivo una certa romanità involontaria, questo sì. In
     Acquamara sento più forte la presenza di altri registi che ho amato, come Tornatore o
     Bertolucci. Di Bernardo Bertolucci mi aveva molto colpito come, sul set di Novecento, ha

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     mescolato Hollywood e il documentario, la destra e la sinistra, facendo recitare Depardieu
     e De Niro in mezzo ai contadini della Bassa Padana. Ovviamente Novecento vale come
     mera suggestione, Acquamara non ha e non può avere quella ambizione storica, ma
     qualcosa del cinema di Bertolucci è rimasto. Un’altra fonte di ispirazione per me è stata il
     cinema di Angelopoulos e, in modo più lieve, una certa tradizione del crime americano.

     Dopo Acquamara, quali sono i tuoi prossimi progetti?

     Dopo Acquamara c’è stato il lockdown e ho immediatamente iniziato a pensare a un film
     sulla pandemia intitolato Contactus, con testimonianze provenienti da persone di tutto il
     mondo su come ognuno ha vissuto il Coronavirus nella sua sfera privato. Mi ha colpito
     scoprire che il significato del termine latino “contactus” implica sia il contagio che il
     contatto, in senso di contatto umano, anche fisico, e per questo motivo ho intitolato così il
     documentario. Mi sembrava un titolo adatto al mio documentario perché mi intrigava
     raccontare la conseguenza che il Coronavirus ha avuto sull’intera umanità. Contactus è
     stato prodotto da Millennium Cinematografica, Golden Frog e da Valerio Tedeschi, un
     giovane produttore alla sua prima esperienza che ha creduto e investito con grande
     energia nel progetto, dando una svolta significativa a tutto il percorso creativo del film.

     Come è stato possibile raggiungere persone di tutto il mondo per chiedere la loro
     testimonianza per il documentario?

     Gli intervistati di Contactus sono stati raggiunti principalmente tramite social network. A
     volte ci siamo affidati anche a piccole produzioni e service qua e là nel mondo, che ci
     hanno fornito anche materiale stock da loro ripreso per alternarlo con le interviste. Siamo
     arrivati a usare anche siti di incontri per stringere i primi contatti e poi proporre le
     interviste, visto che sulle piattaforme di e-dating si può selezionare un paese di
     riferimento. Un po’ di passaparola ci ha aiutato, se contattavamo una persona di un paese
     specifico spesso capitava che si trovava bene e ci indirizzava ad altri tre o quattro
     connazionali per allargare lo sguardo.

     Come ti sei relazionato con il team di montaggio per rendere armonica, sia sul fronte visivo
     che sul fronte emotivo, la narrazione complessiva di Contactus?

     Il film è stato montato da Federico Bosi, che è stato molto bravo a dare a Contactus una
     componente estetica molto forte. Assieme abbiamo costruito una linea narrativa forte. In
     un film di finzione puoi seguire pedissequamente una sceneggiatura già sul set, nel caso di
     Contactus, che nasceva come un grande “minestrone” di testimonianze, serviva trovarla a
     riprese fatte. Abbiamo lavorato oltre un anno e mezzo, abbiamo iniziato a montare quando
     ancora stavamo raccogliendo materiale anche perché per noi il montaggio è stato il vero
     momento di scrittura del film. Ci tenevano a che il film avesse la sua musicalità, e in
     questo senso è stato molto importante l’apporto di Andrea Policiti, che ha costruito una
     colonna sonora caratterizzata da un sound elettronico, underground e “urbano”. Io
     immaginavo il documentario quasi come se fosse un’opera, musicato quasi interamente
     anche per rendere meno difficile per gli spettatori seguire la narrazione: a volte ci siamo
     trovati anche a utilizzare la colonna sonora in contrasto con le immagini che scorrevano
     sullo schermo, utilizzando le musiche per smorzare immagini forti che rischiavano di
     essere eccessivamente martellanti.

     Quando e dove pensi sarà visibile al pubblico?

     Il film è terminato ma non sappiamo ancora la data di uscita. Ci farebbe molto piacere fare

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     una uscita in sala, senza dubbio approderà su alcune piattaforme streaming con cui già ho
     collaborato per film di altri.

     A cura di Ludovico Cantisani (Birdmen Magazine)

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