Il principio zero della termodinamica - fisichetta
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Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Il principio zero della termodinamica Il principio zero della termodinamica stabilisce che, se un corpo A è in equilibrio termico con un corpo B, e il corpo B è a sua volta in equilibrio termico con un altro corpo C, allora A è senz'altro in equilibrio termico con il corpo C. Sebbene sembri un'ovvietà, questo principio non può essere dimostrato a partire dagli altri principi della termodinamica, e va quindi specificato a parte. Questo principio viene utilizzato per effettuare una misura della temperatura, se viene intesa come proprietà che determina se un corpo è in equilibrio termico con altri corpi oppure no. Due corpi in equilibrio termico fra loro sono alla stessa temperatura. Sebbene sia concettualmente un'assunzione basilare, la sua funzione è stata riconosciuta dopo la formulazione e la popolarizzazione del primo e secondo principio della termodinamica, ed è stato pertanto deciso di attribuirgli il nome di "principio zero". Per afferrare il significato di contatto termico, si immagina di avere due oggetti posti in un contenitore isolato in modo che essi possano interagire fra loro, ma non con il resto del mondo. Se gli oggetti si trovano a temperature diverse essi si scambiano energia. L'energia scambiata tra gli oggetti a causa della differenza di temperatura è detta calore. A questo punto si assume che i due oggetti sono in contatto termico se tra essi può essere scambiato calore. L'equilibrio termico è la situazione nella quale due corpi in contatto termico tra di loro cessano di avere scambio di calore.
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Un sistema termodinamico è una porzione di spazio materiale, separata dal resto dell’universo (ambiente esterno) mediante una superficie, o confine, di controllo (superficie reale o immaginaria, rigida o deformabile). Tale sistema può essere sede di trasformazioni interne e scambi di materia e/o energia con l’ambiente esterno (ovvero tutto ciò di esterno al sistema che interagisce con esso). Tipologie di sistema termodinamico Esistono tre tipi principali di sistemi termodinamici: aperto, chiuso e isolato ˍGG Un sistema si dice aperto se consente un flusso con l' ambiente esterno, sia di massa sia di energia (tramite calore e/o lavoro), attraverso il suo confine (ne è un esempio una piscina piena d' acqua); ˍGG Un sistema si dice chiuso se consente un flusso di energia con l' ambiente esterno ,attraverso il suo confine, (tramite calore e/o lavoro), ma non di massa (ne è un esempio una bombola); ˍGG Un sistema si dice isolato se non permette un flusso né di energia né di massa attraverso il suo confine. Nel nostro caso, il sistema termodinamico che prenderemo in considerazione è un gas perfetto, ovvero un gas estremamente rarefatto in cui le molecole che lo compongono sono punti materiali (privi di volume) che non interagiscono tra loro, ma solo con le pareti del contenitore (modello). Da un punto di vista macroscopico, lo stato di un gas è definito se sono definite i valori di pressione P, volume V e temperatura T (in realtà , si è visto che bastano due sole di queste “variabili” termodinamiche, in quanto esse sono legate tra loro dalla legge dei gas perfetti: PV dGnRT , dove n è il numero di moli che compongono il gas e R è la costante dei gas perfetti). Tra gli stati termodinamici di un sistema, hanno particolare importanza gli stati di equilibrio. Questi stati hanno la proprietà di rimanere inalterati se non cambiano le condizioni esterne. Ad esempio, un gas chiuso un recipiente di volume costante è in equilibrio quando la pressione è costante in ogni punto e la sua temperatura eguaglia quella del recipiente. Un gas può modificare il suo stato, evolvendo da una condizione in cui i suoi valori di pressione, volume e temperatura sono rispettivamente PA ,V A ,TA ad un altro in cui la pressione, il volume e la temperatura assumeranno nuovi valori: PB ,VB ,TB . P A B V
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Le figura mostra la rappresentazione grafica degli stati macroscopici del gas su un diagramma pressione volume (ovvero un diagramma in cui rappresentiamo come varia la pressione in funzione del volume del gas. Perché questa rappresentazione è completa e non devo specificare altro?). La linea discontinua che lega A e B rappresenta una eventuale trasformazione tra i due stati. Una trasformazione è l’insieme degli stati in cui il gas “transita” per passare dallo stato iniziale allo stato finale. Le trasformazioni termodinamiche possono essere di due tipi: reversibili e irreversibili. Le trasformazioni reversibili sono trasformazioni teoriche composte da infiniti stati di equilibrio: in ogni punto della trasformazione lo stato del gas è noto e quindi la trasformazione è ripercorribile in senso inverso. Dalla definizione è ovvio il motivo per cui ho specificato teoriche: non possiamo pensare di conoscere in ogni istante la pressione e il volume esatti di un gas che si sta evolvendo. Nella realtà, le trasformazioni reversibili vengono riprodotte facendo evolvere lo stato del gas molto lentamente, in modo da avere il tempo di misurare la variazione puntuale della pressione e del volume. Le trasformazioni irreversibili, sono le trasformazioni in cui non sono noti i valori di pressione e volume in ogni punto e quindi non è possibile ripercorrerle in senso inverso. La rappresentazione grafica delle trasformazioni reversibili e irreversibili su un diagramma P-V è rispettivamente una linea continua e una linea “zigzagata” . P A I B R V
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Lavoro Termodinamico Durante una trasformazione il sistema può compiere lavoro verso l’esterno (ad esempio, un gas può espandersi sollevando un pistone) o può subire lavoro dall’esterno (possiamo comprimere il gas tramite un pistone). Per convenzione, il lavoro fatto dal gas sull’ambiente è una quantità positiva e il lavoro compiuto sul gas dall’esterno è una quantità negativa. Per capire meglio, tramite un esempio, ricaviamo la definizione di lavoro termodinamico. s F=PA A La definizione meccanica del lavoro (per una forza costante) è L dGFs Ma per un gas che spinge su un pistone non parliamo di forza, ma di pressione (che è la forza sull’unità di superficie), quindi F dGPA , dove A è la superficie del pistone. Il lavoro può essere riscritto come L dGPAs Il prodotto As è il volume guadagnato dal gas nell’espansione (quindi è il volume finale meno quello iniziale VF ˰GVI dG˭V ); quindi L dGP˭V Il lavoro compiuto dal gas sul pistone (con una pressione costante) è pari al prodotto della pressione per la variazione di volume prodotta. Come si può facilmente vedere questo lavoro è una quantità positiva. Riguardando il processo come se ci fosse una forza dall’esterno che comprimesse il gas, potremmo ripetere tutti i passaggi fatti sopra ed ottenere lo stesso risultato. Con l’unica differenza che, in accordo alla convenzione dei segni, il lavoro compiuto dall’esterno sarebbe negativo (verificare). Per concludere, il lavoro compiuto sul (o dal) sistema (con una pressione costante) è L dGP˭V .
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Cerchiamo di generalizzare nel caso di pressione non costante. Graficamente, su un diagramma P- V, il lavoro rappresenta l’area sottesa alla trasformazione. P PA dGPB A B VA VB V L dGPA OVB ˰GVA PG Se la pressione non si mantiene costante durante la trasformazione, la rappresentazione grafica sarebbe (ad esempio) P B PA A VA VB V Nell’esempio, ho utilizzato una variazione molto semplice per evidenziare che il calcolo del lavoro non può essere fatto in maniera automatica con la relazione L dGP˭V , ma bisogna considerare il fatto che in generale la pressione non è costante. Nel caso di variazioni di pressione semplici, come quella che ho disegnato, possiamo calcolare l’area semplicemente sommando l’area del rettangolo e del triangolo (riuscite a vedere l’errore che avremmo commesso considerando la pressione sempre uguale a quella in A o in B?). Per funzioni più complicate, purtroppo non abbiamo ancora gli strumenti matematici per calcolare l’area… dovete fidarvi che si può fare (e non è neanche difficile)!!!! Attenzione: questo parallelismo con l’area sotto la curva della pressione può confondere. Infatti siamo abituati a pensare che l’area di una superficie sia sempre positiva. Ed in geometria infatti è così! Qui, però, l’area rappresenta una grandezza fisica e quindi può assumere valori sia positivi che negativi. Se andiamo nella trasformazione da A a B, il volume aumenta e il lavoro (l’area) è positivo. Ma se torniamo indietro, da B ad A, allora il volume diminuisce, e il lavoro (l’area) sarà negativo!
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Esercizio. Calcolare il lavoro nel seguente ciclo termodinamico (ovvero una trasformazione che parte da un punto e torna al medesimo punto): P A 1 PB dG PA 2 B VA VB dG2VA V Esercizio. Qual è il lavoro di una trasformazione che non varia il suo volume (a volume costante)? Calore Durante una trasformazione il sistema può scambiare calore con l’ambiente esterno o con un altro sistema. Ad esempio, mettendo a contatto tra loro due oggetti, che so trovano a temperatura diversa, osserviamo che col passare del tempo, la temperatura del corpo più caldo diminuisce, mentre quella del corpo più freddo aumenta. Questa variazione di temperatura si ha grazie al trasferimento di calore dal corpo più caldo al corpo più freddo. Un esempio più facile da visualizzare: se abbiamo le mani fredde, le appoggiamo al termosifone, mica le mettiamo in frigo!!! Per convenzione, se il calore viene assorbito dal sistema è positivo; se viene perso o ceduto dal sistema è negativo. Lo scambio di calore si indica con Q. In generale, in una trasformazione ci potrà essere una certa quantità di calore assorbito e una certa quantità ci calore ceduto. Il calore scampiato totale sarà Qtot dGQA RGQC dGQA ˰GQC Equivalente meccanico del calore (Esperimento di Joule)
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Per il calcolo del calore, potremmo pensare di prendere semplicemente la formula che lo lega alla variazione di temperatura attraverso il calore specifico molare c: Q dGnc OT finale ˰GTinizile P dGnc˭T dove n è il numero di moli contenute nel gas. Prima di applicarla dobbiamo fare alcune considerazioni sul calore specifico molare. c in generale non è costante con la temperatura. Il che significa che lungo la trasformazione varia al variare della temperatura: c dGcOT PG. La relazione del calore scritta sopra, allora, non ha una forma univoca, ma dovrebbe tenere in considerazione tutti i valori che c assume lungo la trasformazione. Già abbiamo capito che così allora è troppo difficile. Per fortuna, per due trasformazioni termodinamiche particolari (a volume costante e a pressione costante) e per intervalli di temperatura limitati, il calore specifico è pressoché costante, e quindi ci permette di calcolare il calore facilmente usando la formula anzidetta. I due calori specifici, essendo gli unici due costanti in tutta la termodinamica (!!!) hanno un nome che li distingue: cv per il calore specifico a volume costante c p per il calore specifico a pressione costante Quindi: Q dGncv˭T Q dGnc p ˭T Energia interna L'energia interna di un sistema termodinamico, simbolo U, esprime l'energia totale di un sistema materiale, energia totale intesa come somma dei contributi di energia traslazionale, rotazionale,
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. vibrazionale delle molecole che lo compongono, più il contributo dell'energia dovuto agli elettroni e dell'energia al punto zero (energia fondamentale posseduta a 0 K): si misura in Joule (SI) o in Kcal. E’ una funzione di stato, cioè una proprietà di un sistema che dipende solamente dallo stato iniziale e finale, e non dal particolare cammino seguito per arrivarvi. Una funzione di stato descrive perciò lo stato di equilibrio di un sistema; per esempio. Abbiamo già visto che l’energia interna di un gas da un punto microscopico è fornita dalla sola energia cinetica media delle molecole (secondo il modello cinetico dei gas) ed è dipende solo dalla temperatura del gas stesso. Ciò significa che per conoscere l’energia di uno stato di un gas perfetto, occorre conoscere esclusivamente la temperatura di quello stato.
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Il primo principio della termodinamica Il primo principio della termodinamica è essenzialmente il principio della conservazione dell’energia per i sistemi termodinamici. La variazione di energia di un sistema termodinamico durante una qualsiasi trasformazione uguaglia la quantità energia che il sistema riceve dai corpi che lo circondano. Per capire quello che succede da un punto di vista energetico durante una trasformazione, facciamo qualche esempio (ovvero, procediamo con un approccio sperimentale). Prendiamo il contenitore con il pistone che abbiamo utilizzato per definire il lavoro. P1 eGP0 V1 cGV0 P0 ,V0 ,T0 T1 eGT0 P1 ,V1 ,T1 Il contenitore ha le pareti isolanti (come un thermos), quindi il gas che si trova all’interno non può scambiare calore con l’esterno. Il gas si trova in uno stato di equilibrio con pressione, volume e temperatura note ( P0 ,V0 ,T0 ). Se comprimiamo il pistone, come ricordiamo, compiamo lavoro sul sistema. Le molecole avranno meno spazio, il volume diminuisce e la pressione aumenta. Ancora non possiamo quantificare questo aumento con una formula. Possiamo però misurare le grandezze (il volume è facile!, la pressione con un manometro e la temperatura con un termometro). Cosa accade alla temperatura? Il nostro termometro ci dice che la temperatura aumenta. In termini di energia questo vuol dire che l’energia è aumentata, ovvero che c’è stata una variazione di energia positiva. Poiché l’unico scambio di energia con l’esterno è avvenuto sotto forma di lavoro compiuto sul sistema, tutto questo lavoro (negativo) si deve essere trasformato in variazione di energia interna (positiva). Possiamo quindi quantificare quanto osservato: ˭U dG˰L Procediamo in modo analogo. Prendiamo il nostro contenitore e blocchiamo il pistone, in modo tale che non possa variare il volume. P1 eGP0 V1 dGV0 P0 ,V0 ,T0 T1 eGT0 P1 ,V0 ,T1 Q
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Forniamo calore dall’esterno, ad esempio mettendo il contenitore sopra un fornello caldo. Per semplicità, immaginiamo che il contenitore possa solo assorbire calore dal fornello, ma tutte le altre pareti siano isolate, in modo da non perderne. In questo modo il calore totale scambiato con l’esterno è solo il calore assorbito e, per la convenzione, è positivo. Le nostre misure di pressione, volume e temperatura ci dicono: la pressione è aumentata, il volume è rimasto costante (abbiamo bloccato il postone) e la temperatura è aumentata. Quindi, anche in questo caso, la variazione di energia è positiva. Dato che l’unico contributo in questo caso viene dall’immissione di calore, una legge che quantifica tale fenomeno è data da: ˭U dGQ Generalizzando queste due relazioni per una trasformazione in cui ci sia scambio di calore e lavoro, si ottiene: ˭U dGQ ˰GL Questa relazione è una legge fondamentale della termodinamica, e prende il nome di primo principio della termodinamica. Il cardine del primo principio, nonché dell'intera termodinamica, è l'equivalenza di calore e lavoro. In questa espressione leggiamo: la variazione di energia interna di un gas è la somma algebrica dei contributi dovuti allo scambio di calore totale con l’esterno (siano esso positivi o negativi) e al lavoro meccanico compiuto o subito dal sistema. Queste tre grandezze sono funzioni termodinamiche, ovvero sono espresse in funzione delle variabili termodinamiche (P,V,T). L’energia è una funzione di stato, cioè dipende solo dallo stato iniziale e dallo stato finale della trasformazione, in particolare dipende solo dalla temperatura dei due stati. Il lavoro, invece, non è una funzione di stato, ma dipende dalla particolare trasformazione che avviene tra lo stato iniziale e finale (vi ricordate la definizione e la rappresentazione grafica del lavoro? Fate un esempio di due trasformazioni che hanno gli stessi stati iniziali e finali, ma hanno diverso lavoro -area-). Anche il calore non è una funzione di stato. Mostreremo il perché tra breve. U=U(T) Esperienza di Joule.
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Trasformazioni termodinamiche Ora vediamo qualche trasformazione particolarmente facile. Per queste trasformazioni vogliamo scrivere in maniera esplicita le formule che ci permettono di calcolare la variazione di energia interna, il calore scambiato e il lavoro compiuto o subito, in funzione delle variabili termodinamiche. Trasformazione isoterma: temperatura costante P PA A PB B VA VB V L legge dei gas perfetti afferma che: PV dGnRT , ovvero PV dGcost (T è la temperatura costante lungo l’isoterma). Se ci trovassimo su un sistema di riferimento xy, (x è il volume, y la pressione), la funzione xy dGcost rappresenterebbe un’iperbole equilatera. Quindi, la trasformazione isoterma su un diagramma P-V è un ramo di iperbole, che si estende dallo stato iniziale allo stato finale. Il lavoro compito dal sistema (se andiamo da A a B) o subito dal sistema (da B a A) è pari all’area sottesa alla curva (area ombreggiata in figura). P PA A PB B VA VB V Come precedentemente detto non abbiamo ancora gli strumenti matematici per calcolare questa area. Dobbiamo fidarci sulla parola. V L dGnRT ln B se la trasformazione va da A a B VA VA L dGnRT ln se la trasformazione va da B a A VB
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. In generale, V finale L dGnRT ln Viniziale Ora passiamo alla variazione di energia, e per fortuna per la trasformazione isoterma è facilissimo calcolarla. Abbiamo già detto che l’energia interna di un gas è funzione solo della temperatura. Quindi, se la temperatura è costante, l’energia non può variare: la variazione di energia interna di un gas perfetto lungo la trasformazione isoterma è nulla ˭U dG0 Più facile di così!! Infine, cerchiamo un’espressione per il calore. Se prendiamo il primo principio della termodinamica, che lega variazione di energia interna, calore e lavoro, visto che la variazione di energia e il lavoro li abbiamo appena determinati, possiamo ricavare il calore (in via indiretta): ˭U dGQ ˰GL ിGQ dG˭U RGL ിGQ dGL Quindi, lungo un’isoterma il calore assorbito si trasforma tutto in lavoro meccanico. Trasformazione isocora: volume costante P PA A PB B VA dGVB V La trasformazione isocora è un’altra trasformazione facile facile! Innanzitutto, lo abbiamo già visto, il lavoro è nullo (l’area sottesa a una retta verticale è nulla!). Per il calcolo del calore, possiamo prendere la relazione per le trasformazioni a volume costante e calcolarlo in maniera diretta: Q dGncv ˭T Infine, per il primo principio della termodinamica, la variazione di energia interna è: ˭U dGQ dGncv ˭T Trasformazione isobara: pressione costante
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. P PA dGPB A B VA VB V Anche per questa trasformazione, il calcolo del lavoro è facilissimo, e in realtà l’abbiamo già fatto, proprio quando abbiamo introdotto il lavoro termodinamico: L dGPA ˭T Il calore ha una forma particolarmente facile anche per questa trasformazione: Q dGnc p ˭T Infine, sempre con l’aiuto del primo principio, la variazione di energia interna è ˭U dGQ ˰GL dGnc p˭T ˰GP˭V Prima di andare avanti, facciamo una piccola pausa sul calcolo dell’energia interna. Traformazione adiabatica: Q dG0 La trasformazione adiabatica è una trasformazione di un gas che avviene senza scambio di calore con l’esterno (un esempio l’abbiamo già menzionato, quanto abbiamo considerato un gas in un contenitore con le pareti isolanti). Matematicamente è la trasformazione più complicata (tra quelle semplici). Ma non disperiamo! Per i nostri scopi, dobbiamo solo ricordare che non c’è scambio di calore con l’esterno! Questo è facile! P PA A PB B VA VB V Mi raccomando: osservate bene il grafico: è diverso da una isoterma. Non è un ramo di iperbole!!! La variazione di energia interna è pari a
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. ˭U dGncv ˭T dato che l’energia non dipende dalla trasformazione ( ˭T è la variazione di temperatura tra lo stato iniziale e finale). Tramite il primo principio allora: L dG˰˭U dGncv ˭T Ancora sui calori specifici relazione tra cv e cp Esercizio. Dimostrare che l’energia calcolata per andare da A a B lungo un’isobara è uguale all’energia per andare da A a B lungo un’isocora e un’isoterma opportune (come si vede dalla figura). P B A V
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Il secondo principio della termodinamica Per il primo principio della termodinamica è sempre possibile trasformare lavoro in calore e viceversa. Per alcuni fenomeni ciò è sempre vero: ad esempio, un corpo, può sempre essere riscaldato per attrito, o tramite il lavoro compiuto dal passaggio di corrente elettrica in una resistenza. Sappiamo dall’esperienza che si sono, invece, delle limitazioni nella trasformazione di calore in lavoro: infatti non è possibile costruire una macchina in grado di trasformare in lavoro il calore ottenuto raffreddando i corpi circostanti. Questa limitazione è formulata dall’enunciato di Lord Kelvin: è impossibile realizzare conversione di calore in lavoro meccanico mediante un corpo che subisca trasformazioni ricevendo calore da una sola sorgente, che si trovi tutta alla stessa temperatura. Cerchiamo di visualizzare, in parole semplici, questo enunciato. P P A A PA PA PB B PB B C VA VB V VA VB VB V Osserviamo queste due trasformazioni: La trasformazione AB è una trasformazione isoterma, mentre la trasformazione BC è una trasformazione adiabatica. La trasformazione AB è riproducibile mettendo il contenitore di gas a contatto con una sorgente a temperatura costante uguale alla temperatura del gas (in questo modo il gas è in equilibrio termico con la sorgente). Si lascia espandere il gas, che assorbendo calore dalla sorgente ( QASS eG0 ), compie lavoro sull’eterno. Quindi, con questa trasformazione ho trasformato tutto il calore assorbito in lavoro (vi ricordate? La variazione di energia è nulla). Una macchia termica per funzionare deve compiere un ciclo, ovvero voglio che ripeta questo passaggio più volte. Allora devo trovare un modo per tornare indietro che non sprechi il lavoro che ho ottenuto. Potreste suggerire: torniamo indietro lungo la stessa trasformazione! Bella idea! Ma così il lavoro che ottengo in totale (A˧B˧A) è nullo! Ditemi voi perché!
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Allora cerchiamo qualche trasformazione “economica”, ovvero che mi faccia perdere meno lavoro possibile, o addirittura niente! La trasformazione BC è una trasformazione adiabatica, che non scambia calore con l’esterno, e vedete? Mi ha anche fatto guadagnare un altro po’ di lavoro! Ma ho diminuito la temperatura del gas (la pressione è diminuita, il volume è aumentato e la temperatura è diminuita). Ma adesso, non c’è verso: per tornare indietro devo cedere calore e quindi compiere lavoro negativo. Per farlo ho bisogno dai una seconda sorgente, a temperatura più bassa della precedente, a cui cedere calore… Lord Kelvin aveva ragione! Ma completiamo il ciclo, perché quello che abbiamo cominciato non è un ciclo qualunque, ma è il ciclo di Carnot, basato sul funzionamento della macchina di Carnot. La macchina di Carnot è una macchina termica perfetta. P P A A PA PA PB B PB B PC C VA VB V VA VB VC V P P A A PA PA PD PD D B B PB PB D PC C PC C VA VD VB VB V VA VD VB VC V La figura non è perfetta: guardate quella sul libro!!!
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Questa è presa da wikipedia: Quindi, il nostro gas si trova nello stato C. La sua temperatura è minore della temperatura che aveva in B. Per cominciare a tornare verso lo stato iniziale, mettiamo il contenitore a contatto con una sorgente più fredda, avente la stessa temperatura del gas nello stato C. Il gas subirà una contrazione isoterma, subendo un lavoro negativo e cedendo calore all’isoterma ( QCED cG0 ). Chiamiamo la temperatura dell’isoterma AB, ovvero la temperatura della sorgente (più) calda, TH e la temperatura dell’isoterma CD, ovvero la temperatura della sorgente (più) fredda, TL . Chiudiamo il ciclo isolando di nuovo il gas dall’esterno: compiendo un’adiabatica, il gas si comprimerà ancora (sto perdendo ancora lavoro, ma non disperiamo, magari rimane ancora qualcosa!!!), aumenterà la sua pressione e la sua temperatura, fino a tornare allo stato iniziale. E il ciclo è compiuto! Vi ricordate la definizione di lavoro di un ciclo? E’ l’area interna al ciclo! Quindi, non tutto il lavoro ottenuto è andato perduto!!! Per concludere questa prima parte sul secondo principio: per ottenere lavoro da una certa quantità di calore assorbito, dobbiamo cederne un po’, per concludere il ciclo della macchina!! Come si fa a quantificare se la macchina funziona bene o male? O meglio: se rende tanto o poco? Abbiamo detto che l’ottimo sarebbe ottenere tanto lavoro quanto è il calore assorbito. Quindi, definiamo una quantità che chiamiamo Ɂ, che quantifica il rendimento di una macchina termica, come il rapporto tra lavoro ottenuto rispetto al calore assorbito: L ɁGdG QASS Se questo rendimento fosse uguale a 1 avrei ottenuto che tutto il calore assorbito è stato trasformato in lavoro.
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. Ma vediamo di quantificare questo rendimento, per il ciclo di Carnot. In un ciclo la variazione di energia è nulla (perché?). Quindi: ˭U dGQ ˰GL dG0 ിGL dGQ dove Q rappresenta il calore totale scambiato lungo tutto il ciclo. Se andiamo a riguardare il percorso fatto dal gas per andare da A ad A passando per B, C, e D, ci accorgiamo che il calore è stato scambiato con l’esterno (per meglio dire con le due sorgenti) soltanto lungo le due isoterme (lungo le adiabatiche il sistema era isolato). In particolare, lungo l’isoterna AB il calore è stato assorbito, lungo l’isoterma CD il calore è stato ceduto. Quindi, possiamo dire che il lavoro totale lungo la trasformazione ciclica è Qtot dGQASS RGQCED dGQASS ˰GQCED Riscriviamo allora il lavoro e poi il rendimento: L dGQ dGQASS ˰GQCED Q ˰GQCED Q ɁGdG ASS dG1 ˰G CED QASS QASS E questa formula pre il rendimento, già ci dice qualcosa: abbiamo visto che per completare il ciclo di una macchina termica, bisogna sempre cedere calore ad una sorgente “più” fredda. Quindi il termine QCED non sarà mai uguale a zero. Ne consegue che il rendimento di una macchina termica non può essere uguale a 1 (neanche di una macchia termica perfetta come quella di Carnot). Figuriamoci il nostro condizionatore!!! Si può verificare (semplicemente sostituendo il calore assorbito e ceduto lungo le isoterme, esercizio che abbiamo già fatto al paragrafo precedente), ma non lo faremo, che il rendimento di una macchina di Carnot è pari a: T ɁGdG1 ˰G L TH dove TH è la temperatura della sorgente calda e TL la temperatura della sorgente fredda. Si vede subito che il rendimento sarebbe massimo (100%), solo se TL dG0K (Zero assoluto), un valore della temperatura non raggiungibile da nessun corpo. Ne consegue che, indipendentemente da ogni dettaglio, il rendimento teoricamente realizzabile con un ciclo di Carnot, sarà sempre inferiore all'unità. Da wikipedia: Lo zero assoluto è la temperatura più bassa che teoricamente si possa ottenere in qualsiasi sistema macroscopico, e corrisponde a 0K (−273,15°C; −459,67 °F). Si può mostrare con le leggi della termodinamica che la temperatura non può mai essere esattamente pari allo zero assoluto, anche se è possibile raggiungere temperature arbitrariamente vicine ad esso. Allo zero
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. assoluto le molecole e gli atomi di un sistema sono tutte allo stato fondamentale (ovvero il più basso
Francesca Fattori Speranza. Bozza del 14/05/2008. Per segnalazioni di errori, imprecisioni o commenti scrivere a francescafs@gmail.com. livello di energia possibile) e il sistema ha il minor quantitativo possibile di energia cinetica permesso dalle leggi della fisica. Questa energia minima corrisponde all'energia di punto zero, prevista dalla meccanica quantistica per tutti i sistemi che abbiano un potenziale confinante. Nel caso di atomi liberi a temperature prossime allo zero assoluto, la maggior parte dell'energia è in forma di movimento traslazionale e la temperatura può essere misurata in termini di velocità di tale movimento, con velocità inferiori corrispondenti a temperature inferiori. A causa degli effetti della meccanica quantistica la velocità allo zero assoluto non è esattamente zero, ma dipende, così come l'energia, dalle dimensioni dello spazio nel quale l'atomo è confinato.
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