IL "PAESAGGIO CON FIUME" DI LEONARDO DA VINCI

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IL "PAESAGGIO CON FIUME" DI LEONARDO DA VINCI
Davide Maria Vertemara                                                                                                  1

        IL “PAESAGGIO CON FIUME” DI LEONARDO DA VINCI
Il “Paesaggio con Fiume” di Leonardo da Vinci è considerato il primo disegno di puro paesaggio nella storia
dell’arte occidentale, attribuito inizialmente alla Valle dell’Arno. Successivamente sono stati considerati altri
luoghi come possibili soggetti del disegno, ma in realtà il paesaggio raffigurato può essere solamente uno: la
Valle dell’Adda, a sud di Lecco.

                               Fig. 1 - “Paesaggio con fiume”, Leonardo Da Vinci.

1. PREMESSA STORICA

Questo paesaggio non è mai stato preso in considerazione come diverso da un paesaggio toscano, anche se
ultimamente è stato attribuito ad un paesaggio umbro. Certamente, non è mai stato ritenuto un paesaggio
lombardo e prealpino. Questo per due motivi: il primo è riconducibile alla data di realizzazione del disegno,
ovvero l'anno 1473; il secondo è rappresentato dai rilievi orografici più bassi, situati sullo sfondo dell'opera: il
monte appena accennato, le piccole colline antistanti lo stesso monte, le colline più basse in lontananza a sinistra.
Tali rilievi dal profilo dolce, direi a prima vista dal carattere appenninico, hanno tratto in inganno facendo
ricondurre il paesaggio ad un ambiente toscano, come in effetti potrebbe sembrare. Non si è mai trovata però in
questa regione una località che comprendesse, oltre al paesaggio sullo sfondo, anche i dirupi e la profonda gola
in primo piano ed il borgo fortificato situato a margine di questo profondo orrido con il castello a strapiombo
sull'ampia vallata con fiume. La quale presenta, come dimostrerò in seguito, anche due laghi formati da questo
fiume, il più piccolo e meridionale dei quali è rappresentato nel disegno con la relativa area paludosa attorno allo
stesso. Tutti elementi, naturali e non, che si trovano nella Valle del fiume Adda, esclusa l’area paludosa che nel
corso dei secoli si è gradualmente ridotta fin quasi a scomparire eccetto una piccola area ancora esistente nel
confinante territorio di Brivio, piccolo borgo situato sulla riva destra del fiume immediatamente a sud del lago
raffigurato.

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Davide Maria Vertemara                                                                                                 2

I rilievi in primo piano sono situati all’estremo sud della Val Gallavesa, comunemente detta anche Val d’Erve,
caratterizzata da una profonda forra o canyon, valle facente parte del più ampio territorio della Val San Martino
occupandone l'estremo lembo nord/ovest. La Val San Martino digrada dalle montagne bergamasche verso il
fiume Adda ed il Lago di Olginate, rappresentati nel disegno, e ad essa appartengono i rilievi in primo piano del
disegno leonardesco, il borgo con castello ed anche il torrente, il Gallavesa, che scorre nella profondità della
gola.

Il primo punto è sicuramente quello più controverso che gli storici potrebbero obiettare: infatti, la storiografia
ufficiale ci dice che Leonardo da Vinci arrivò alla Corte di Ludovico il Moro nel 1482. Ciò però non significa
che Leonardo non potesse essere arrivato prima di tale data nel Ducato di Milano. Il mio compito non è quello di
dimostrare se Leonardo fosse o meno presente alla Corte degli Sforza già in quell’anno, seppur magari per un
breve soggiorno. Questo aspetto dovrà essere approfondito dagli storici. Io mi limiterò esclusivamente ad
indicare gli elementi incontrovertibili del disegno che non possono non testimoniare che il paesaggio di
riferimento è quello della Valle dell’Adda e della Val San Martino.
Detto ciò, non mi sottrarrò dall’elaborare delle ipotesi riguardo alla presenza di Leonardo già in quel periodo:

I. Bisogna considerare innanzitutto il fatto che la dinastia degli Sforza e quella dei Medici furono sempre state
alleate, a partire dai rispettivi capostipiti Francesco Sforza e Cosimo de’ Medici (quindi dalla metà del XV
secolo) fino ai loro discendenti Galeazzo Maria (Duca di Milano dal 1466 al 1476) e Ludovico Sforza da un lato,
e Lorenzo il Magnifico dall’altro. Non è difficile pensare dunque, come del resto era abbastanza consueto
all’epoca, che un giovane Leonardo potesse essere arrivato a Milano in virtù di uno “scambio culturale” (così
come lo definiremmo noi oggi) tra le due corti, a dimostrazione della loro amicizia. Esempio ne fu già
l’architetto fiorentino Filarete che, arrivato a Milano nel 1451, eseguirà nel corso della sua permanenza nel
Ducato opere importanti, tra queste la torre omonima del Castello Sforzesco e l’Ospedale Maggiore, oggi
Università degli Studi di Milano. I contatti tra le due corti erano frequenti e spesso riguardavano unicamente le
varie personalità che gravitavano attorno ai Signori, pertanto non è da escludere, e questa è una seconda ipotesi,
che Leonardo sia arrivato nell'area lecchese invitato da uno dei tanti alleati del Duca presenti nell'area, senza
necessariamente essere passato dalla corte di Milano.

II. Riguardo più nello specifico alla Valle dell’Adda e la Val San Martino, per sintetizzare al massimo, tutta
l’area era già a partire dall’epoca Viscontea terreno di contesa tra il Ducato di Milano e la Repubblica di
Venezia. Il Fiume Adda e il torrente Gallavesa erano i confini naturali tra questi due stati e gli Sforza posero a
capo dell'area da loro dominata tutti i loro amici più fidati, ai quali vennero concesse particolari immunità ed
esenzioni. Ad esempio a Giovanni Calchi, secondo lo storico Cesare Cantù di Brivio, oltre a diversi privilegi fu
affidata la Rocca di Airuno, la quale ricorre ben visibile nel disegno in oggetto (fig. 19). Giovanni Calchi era tra
i più importanti alleati del Duca Francesco Sforza, direi sicuramente il principale per quel che riguarda questo
strategico territorio di confine; era anche padre di Bartolomeo, primo segretario ducale durante il governo di
Ludovico il Moro. E se è vero che, come dicono molti studiosi, si tratta forse di un disegno preparatorio per un
affresco, non è così impossibile immaginare che l'affresco in questione potesse essere stato commissionato da
uno di tali Signori per impreziosire una delle loro tante proprietà presenti nell’area.
Vi è poi una seconda ipotesi, a mio parere prevalente e più pragmatica, come spiegherò di seguito, che avrebbe
indotto Leonardo ad eseguire questo disegno su richiesta del Duca di Milano o di qualcuno dei Signori suoi
alleati residenti nell’area. Sono entrambe ipotesi che in ogni caso non si escluderebbero a vicenda.

III. La prova più tangibile che Leonardo da Vinci fosse già nel territorio in questione in quell'anno è data dallo
sfondo dell'Annunciazione, altra opera giovanile di Leonardo datata all'incirca nello stesso periodo del Paesaggio
con Fiume. In questo dipinto il paesaggio rappresentato è sempre quello lecchese, ma per una descrizione
completa di esso rimando alla seconda parte di questo mio saggio.

Ad ogni modo, l’obiezione che si potrebbe fare in questo caso in merito all’anno dell'esecuzione del disegno
andrebbe a frantumarsi contro l’evidenza del paesaggio reale: dai rilievi della Val San Martino in primo piano
all'ampia vallata con il lago di Olginate formato dal fiume Adda (valle all’epoca molto più paludosa e con il

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livello del lago senz'altro superiore a come lo vediamo oggi), dalle colline brianzole sullo sfondo alla piccola
piramide della Rocchetta di Airuno con la sua dorsale che si protende a nord e, più a ovest, il più elevato Monte
di Brianza dal dolce profilo. Esiste, anche se con qualche variazione come descriverò successivamente, il borgo
fortificato sul poggio a strapiombo sulla Valle dell’Adda.

2. IL DISEGNO NEI SUOI PARTICOLARI

Fatta questa doverosa premessa, mi dedicherò ad illustrare nel presente capitolo tutti quegli elementi del disegno
necessari a riconoscere la Valle dell’Adda quale paesaggio rappresentato dal Genio toscano.

2.1 IL CASTELLO DI ROSSINO

Quello che mi ha portato ad individuare la località è stato un disegno eseguito con la tecnica della xilografia
dall’artista Francesco Gonin (fig. 2) per illustrare il Castello dell’Innominato nella terza edizione (1840) dei
“Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni. Infatti osservando il borgo fortificato rappresentato sia nel disegno
suddetto sia in quello dell’artista toscano ho ravvisato l’estrema somiglianza tra di essi; il castello
dell’Innominato è senza dubbio riconducibile storicamente a questa precisa area geografica a sud di Lecco. In
effetti il paesaggio di Leonardo è ritratto da una posizione particolare: i monti, compreso il Resegone, sono alle
spalle dell’artista e lo sguardo è rivolto a sud-sud/ovest, dove la Valle dell’Adda si dispiega in tutta la sua
ampiezza, escludendo in tal modo i rilievi bergamaschi (all’epoca veneti) situati a sud del castello. Il fiume, dopo
aver lasciato il lago di Olginate, prosegue il suo corso verso sud-sud/est. Le colline sullo sfondo, oltre il lago ed
il fiume, appartengono alla Brianza: a sud di queste, c'è la pianura.

                                         Fig. 2 - Castello dell'Innominato.
                      Fonte: 

Leonardo si deve esse posizionato all'inizio della profonda forra del torrente Gallavesa, che partendo dal castello
in questione arriva fino al Comune di Erve (LC). Egli disegnò presumibilmente il suo paesaggio da una
posizione elevata del Monte Spedone, all’epoca appartenente alla Serenissima, posto sulla sinistra orografica del
torrente Gallavesa con immediatamente di fronte e vicinissimo, oltre il canyon e sulla destra orografica dello
stesso torrente, il Monte Mudarga. Nel disegno entrambi i monti sembrano costituire un unico e continuo rilievo
montuoso, la forra sembra interrompersi quando nella realtà la stessa prosegue verso nord per circa 1 km. A mio
parere l'estrema vicinanza dei due monti può avere indotto Leonardo a disegnarli senza evidenziarne la
separazione tra gli stessi.

Comunque sia il profondo canyon in primo piano ha tutte le caratteristiche della parte iniziale e meridionale
della Val Gallavesa, appartenente alla più ampia Val San Martino che, come si vedrà meglio alla fine, sarà
contesa dal Ducato di Milano e dalla Repubblica Veneta in prossimità del torrente in questione, le cui acque si
vedono sul fondo di questa profonda gola. Esso termina il suo percorso nel Lago di Garlate, immediatamente a

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nord del Lago di Olginate (oltre il Monte Mudarga in primo piano a destra), mentre il paesaggio sullo sfondo è la
Valle dell'Adda.

                              Fig. 3 – “Paesaggio con Fiume”. Il castello di Rossino

Nella figura 3 è evidenziato un borgo fortificato posto su un poggio alle pendici di un monte, e tra le mura di
esso le torri di un castello. Questo era il castello di Rossino (frazione di Calolziocorte), appartenente alla
Repubblica di Venezia, tutt'ora esistente (fig. 4, 5 e 6), come appariva all’epoca di Leonardo, cioè con almeno 4
torri. Ciò confermerebbe la tradizione popolare che diceva che di torri ne avesse almeno 4, massimo 6 ("Il
Castello di Rossino", Dell'Oro D.). Il poggio sul quale si trova è situato alle falde del Monte Spedone (vedi
anche fig. 5).

Fig. 4 - Il Castello di Rossino                                Fig. 5 - Il Castello di Rossino fotografato da
Fonte: "Per le vie di San Girolamo. Itinerari                  sud e, vicinissimi, i monti Mudarga (a sinistra)
lecchesi", Brivio D.                                           e Spedone (a destra).
                                                               Foto di D. Vertemara, 2020.

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La torre fotografata nella figura n. 6, con il suo caratteristico tetto a capanna, è l’unica tuttora esistente ed
integra, ovvero il mastio.

                                       Fig. 6 - Castello di Rossino: il Mastio.
                          Fonte: "Per le vie di San Girolamo. Itinerari lecchesi", Brivio D.

Una seconda torre è posizionata a sud/ovest, parzialmente abbattuta nella parte superiore, ampliata nel 1607 e
successivamente alzata alla fine dell’800. Oggi è adibita a residenza dei proprietari.
Una terza torre risulta oggi ribassata e inglobata nella cinta muraria facendone da spigolo nella parte nord/ovest.

Infine vi erano almeno un altro paio di torri all’epoca in cui Leonardo effettuò il disegno e che oggi non sono più
esistenti: una emergeva dal complesso della dogana. Probabilmente in essa alloggiava il corpo di guardia. La
dogana esisteva in quanto nel borgo si riscuotevano i pedaggi (attività già svolta probabilmente all’epoca dei
romani) ai viandanti in viaggio tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia; l’altra invece era ubicata sul
lato nord/est della cinta. Nonostante tutti i lavori di ristrutturazione effettuati, non si è mai riusciti a valutare se
esistesse o meno ("Il Castello di Rossino", Dell'Oro D.).

Per quanto riguarda invece l’illustrazione di Gonin, l’artista in questo caso deve aver ripreso il castello da nord,
come Leonardo, ma da una posizione più ribassata e interna alla Val Gallavesa. Ma gli elementi in comune sono
evidenti, in particolare è evidente la somiglianza tra i due castelli con le relative torri. La differenza tra i due
disegni semmai sta nelle intenzioni dei due autori: Leonardo disegna il borgo di Rossino all’interno di un quadro
più ampio in cui il castello è solo uno degli elementi che compongono il paesaggio, rappresentato in maniera
fedele, con una sola discrepanza: è l’interruzione della profonda forra che nella realtà prosegue verso nord per
circa 1 km. E’ altrettanto vero però che appostandosi sull’uno o sull’altro monte nei punti dove la distanza tra
questi è minima, gli stessi sembrano quasi toccarsi (vedi fig. 7a).

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Fig. 7a – In primo piano il Monte Spedone con edificata una cappelletta, chiamata anche Cappelletta del Corno;
                         di fronte e vicinissimo il Monte Mudarga. Foto di Luca Biava

    Fig. 7b – Il Monte Spedone con la Cappelletta del Corno, il Monte Resegone, il Monte Mudarga e la val
                           Gallavesa fotografati da sud-ovest. Foto di Beppe Raso

Il castello disegnato invece da Gonin è il soggetto principale dell’opera in quanto doveva assolvere ad una
funzione rappresentativa che fosse la più fedele possibile al romanzo di Manzoni, concentrandosi pertanto sugli
aspetti che ne risaltassero le qualità descritte dal “Lisander nazionale” e prendendosi delle libertà maggiori (ma
nemmeno troppe) nel raffigurare il paesaggio circostante, in modo che corrispondesse maggiormente alle parole
dello scrittore. Il castello infatti viene descritto nel romanzo come un nido d’aquila posto in cima ad un poggio.

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E’ doveroso a questo punto fare un po' di chiarezza sul famoso Castello dell’Innominato.

A tal proposito ci sono due interpretazioni: la prima, maggiormente accreditata, identifica il Castello
dell’Innominato nella Rocca di Somasca, frazione di Vercurago. Questa ex fortezza (fig. 8) situata su una rupe
dominante il lago di Garlate e la Valle dell'Adda, all’estremo sud/ovest del Monte Mudarga, dista circa 1,5 km
in linea d'aria dal Castello di Rossino.

             Fig. 8 - Vercurago: la Rocca di Somasca, oggi nota come il "Castello dell'Innominato"
                                   Fonte: 

    Fig. 9 – Rocca di Somasca, fotografata da sud/est. Sotto la Rocca è visibile il lago di Garlate, più a nord
      il lago di Lecco, a sud (non visibile nell'immagine) la Valle dell'Adda. Foto di D. Vertemara, 2020

La seconda, invece, appunto nel Castello di Rossino. Ma a confutazione della prima ipotesi si possono porre
delle semplici obiezioni: innanzitutto fu lo stesso Manzoni a non esplicitare mai nel suo Romanzo a quale dei
due castelli si riferisse, lasciando probabilmente in maniera voluta un alone di ambiguità sulla faccenda. In effetti
la descrizione da lui stesso fornita, “Il castello dell’innominato era a cavaliere a una valle angusta e uggiosa
sulla cima d’un poggio che sporge in fuori da un’aspra giogaia di monti”, potrebbe essere riferita ad entrambi i

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castelli, molto vicini tra loro, ma a mio parere quello che maggiormente corrisponde a tale descrizione, se non
altro per la maggior vicinanza allo stretto canyon della Val Gallavesa, è il Castello di Rossino. All’interno di
questa forra scorre il torrente omonimo ("Il fondo è un letto di ciottoloni, dove scorre un rigagnolo o
torrentaccio, secondo la stagione: allora serviva di confine ai due stati.", così lo scrittore definiva appunto il
Gallavesa nel capitolo XX del suo Romanzo. Il torrente infatti fungeva da confine tra la Repubblica di Venezia e
il Ducato di Milano. E a conferma di ciò interviene proprio il disegno di Leonardo, da cui si evince come il
castello si erga al di sopra di un poggio all’inizio di una valle angusta, dalla quale sbuca un corso d’acqua.
Mentre la Rocca di Somasca dalla sua rupe sovrasta il lago di Garlate e la valle dell’Adda con un’ampia visuale
da nord a sud (vedi fig. 9).

Ma la chiave di volta che permette di fare una distinzione inoppugnabile tra il Castello di Rossino e la Rocca di
Somasca nelle parole di Manzoni, è quando egli scrive della parte del poggio che guarda la valle come la sola
praticabile: “un pendio piuttosto erto, ma uguale e continuato” (Fig. 10).

                 Fig. 10 - Castello di Rossino con tratteggiato il pendio del poggio sul lato ovest.
                                            Foto di D. Vertemara, 2020

Dall’immagine sopra si nota come il pendio del poggio nel suo lato ovest, cioè quello rivolto verso la Valle
dell’Adda, sia “piuttosto erto ma uguale e continuato”, mentre la Rocca di Somasca non ha tali caratteristiche.

Il fatto che Manzoni scrivesse in maniera precisa i luoghi da lui così ben conosciuti è confermato anche da un
altro grande scrittore della sua epoca, ovvero Johann Wolfgang Goethe. Nei suoi colloqui con il poeta
Eckermann, Goethe esprime al suo collega le quattro qualità per cui, secondo lui, l'opera di Manzoni supera
qualsiasi cosa che si conosca in questo genere. La quarta di queste è appunto "la ricchezza e il mirabile minuto
rilievo nella pittura dei luoghi " ("I promessi sposi – Il parere di Goethe", http://imalpensanti.it/). Alla luce di
ciò, diventa difficile a mio avviso affermare che Manzoni potesse intendere la Rocca di Somasca quale Castello
dell'Innominato. Significherebbe dire che lo scrittore non fosse poi così meticoloso nello descrivere i luoghi
impressi nel Romanzo.

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Inoltre, a conferma che si tratti proprio del canyon del torrente Gallavesa quello descritto da Manzoni, è
possibile riferirsi ad un'altra illustrazione di Gonin. Ovvero quella che rappresenta il momento in cui, nel
capitolo XXIII, l'Innominato (a seguito della sua conversione) e don Abbondio entrano nella valle angusta che
porta al castello del bandito per liberare Lucia (fig. 11).

                                      Fig. 11 - Ingresso alla Val Gallavesa.
                         Fonte: 

                             Fig. 12 - Forra del Gallavesa con l'omonimo torrente.
                                  Fonte: 

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E' evidente dalla comparazione delle figure 11 e 12 che Manzoni e Gonin avessero preso spunto dalla Val
Gallavesa per la descrizione del paesaggio.
Infine, fatto ancora più importante, la Rocca di Vercurago all’epoca in cui furono scritti i Promessi Sposi era
quasi un rudere. Ma anche nel '600, cioè il periodo in cui il Romanzo fu ambientato, essa aveva perso da tempo
la sua funzione di roccaforte militare in quanto quasi interamente distrutta dai francesi nel 1509 e in seguito
riconvertita a ricovero per orfani dai padri somaschi. Pertanto Manzoni, e ancora di più Gonin nella sua
illustrazione (fig. 2), difficilmente avrebbero potuto prenderla come riferimento per una descrizione dettagliata
della struttura.

In ogni caso, a prescindere dalle personali attribuzioni che si potrebbero fare in merito all’identificazione del
castello dell’Innominato riferite all’uno piuttosto che all’altro (Rossino o Somasca), il disegno con castello di
Gonin è servito unicamente per individuare la località rappresentata da Leonardo che non può che riferirsi alla
zona indicata nel mio saggio.

                                Fig. 13 - Leonardo da Vinci, disegno RL 12395r.
                                   Fonte: 

A mio parere anche il disegno della Royal Library 12395r, di Leonardo da Vinci (fig. 13), è riferibile sempre alla
profonda forra della Val Gallavesa. Anche in questo caso sono rilevanti per l'identificazione della località le
parole di Manzoni nel suo celebre romanzo, sempre al capitolo XX: "I gioghi opposti, che formano, per dir così,
l’altra parete della valle, hanno anch’essi un po’ di falda coltivata; il resto è schegge e macigni, erte ripide,
senza strada e nude, meno qualche cespuglio ne’ fessi e sui ciglioni".

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"L'altra parete della valle", così come scritto da Manzoni, è proprio quella rappresentata in primo piano nel
disegno di Leonardo da Vinci, cioè la parete del Monte Mudarga. Le espressioni "schegge", “macigni” e
“qualche cespuglio né fessi e sui ciglioni” usati dallo scrittore si riferiscono ad elementi ben visibili nel disegno
di Leonardo: le “schegge” sono i pinnacoli dalle forme aguzze che si ergono dal terreno pressoché aderenti alla
parete rocciosa; i "macigni" sono i massi che si trovano nel letto del torrente; infine i “cespugli ne’ fessi e sui
ciglioni” sono quella vegetazione arborea ben visibile nella parte alta del disegno, nelle fessure e sui ciglioni
delle pareti rocciose.
Per quanto riguarda la foto della figura 12 sono evidenti i due elementi dei ”macigni” e dei “cespugli né fessi e
sui ciglioni”, ma non appaiono le “schegge” a lato del torrente in quanto la Val Gallavesa si sviluppa per quasi 1
km, come già detto, fino al paese di Erve e in alcuni punti vi è una fitta vegetazione che copre quasi interamente
le pareti rocciose rendendo scarsamente visibili i loro tratti caratteristici.
Queste “schegge” o pinnacoli, seppur situati in una posizione più elevata rispetto al fondo dello stretto canyon,
sono rappresentati dal Maestro Toscano anche nel disegno 8P (fig. 14a). A mio parere il pinnacolo aderente alla
parete rocciosa nel suddetto disegno (evidenziato in azzurro nella fig. 14a), potrebbe essere lo stesso ancora
esistente ben visibile nella fig. 14b. Gli altri più piccoli ed esterni, posizionati un po' più in basso rispetto a
questo evidenziato, o sono stati inglobati dalla vegetazione sottostante la verticale parete, o nel corso dei secoli
sono stati erosi dall’azione dei vari agenti atmosferici in quanto queste esili formazioni rocciose sono assai
fragili e suscettibili a questi agenti. Un esempio, per quanto riguarda questo monte, è dato anche dall’immagine
della foto 14c che riguarda una relazione geologica fatta eseguire dal Comune di Vercurago per il suo territorio
nel dicembre 2010. Alla pagina 16 di questa relazione è rappresentata questa fotografia (14c) così descritta:
“pinnacolo roccioso in precario stato di equilibrio”. Questa guglia è situata sul versante sud/ovest del Monte
Mudarga, a dimostrazione del fatto che questi elementi rocciosi sono tipici di questa montagna (vedi anche le
parole di A. Manzoni).

Fig. 14a - Pinnacoli sul versan-       Fig. 14b - Pinnacolo sul versan-        Fig. 14c – Pinnacolo sul versan-
te sud/est del Monte Mudarga           te sud/est del Monte Mudarga.           te sud/ovest del Monte Mudarga.
                                       Foto di D. Vertemara, 2020              Comune di Vercurago

Ad ogni modo Leonardo conosceva molto bene la Val Gallavesa, il soprastante Monte Resegone e tutti i rilievi
circostanti disegnati perfettamente nel suo disegno n. 12411-12413 del codice Windsor (fig. 15). Rilievi ritratti
per certo dalla zona del Monte di Brianza, quindi da sud/ovest, come descritto nel mio saggio “La Gioconda
della Rocchetta di Airuno” e come già spiegato con dovizia di particolari già nel 1997 da A. Recalcati nel suo Le
Prealpi Lombarde ritratte da Leonardo, da L. G. Conato in Leonardo da Vinci nella Valle dell’Adda pubblicato
nel 2003 e ancor più dettagliatamente da Alberto Turrin in un suo saggio pubblicato nella rivista “Archivi di
Lecco e della Provincia” di giugno 2013.

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  Fig. 15 - Disegno 12411-12413 del Codice Windsor: nella parte superiore è raffigurato il Monte Resegone,
  con davanti i due monti Mudarga (a sinistra) e Spedone (a destra), mentre nella parte inferiore si intravede
                               il corso del fiume Adda e la relativa vallata.

Fig. 16 – Foto raffigurante il Monte Resegone e la Valle dell’Adda scattata da sud/ovest, dalla zona del Monte di
      Brianza. La si compari con la fig. 15 e con il video al seguente link: https://youtu.be/S2FES0gxKXk.

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        Fig. 17 - Valle dell'Adda: in primo piano, da sinistra, il Monte Mudarga ed il Monte Spedone,
                     e tra i due sullo sfondo il Monte Resegone. Foto D. Vertemara, 2019

                Fig. 18 - Il castello di Rossino e l'ingresso alla Val Gallavesa (o Val d'Erve).

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2.2 LA ROCCHETTA DI AIRUNO

                            Fig. 19 – “Paesaggio con Fiume”. La Rocchetta di Airuno

Nel disegno di Leonardo si vede un’altura evidenziata di verde con al di sopra una costruzione con due torri, la
cosiddetta Rocca di Airuno e alle sue spalle dei piccoli monti che costituiscono un unico monte denominato
Monte di Brianza. Come spiego nel mio saggio “La Gioconda della Rocchetta di Airuno”, essa è chiamata così
perché un tempo, all’epoca in cui Leonardo si trovava presso la corte sforzesca, era una fortezza difensiva, con
all'interno la piccola chiesa di San Michele, a presidio dei confini del Ducato di Milano. Secondo il Dottore
dell'Ambrosiana Giovanni Dozio, autore nel 1858 di "Notizie di Brivio e sua Pieve", la Rocca fu demolita sul
finire del secolo decimoquinto e la chiesa al suo interno ristrutturata nella sua forma attuale ("Segni della pietà
mariana. Itinerari lecchesi", Brivio D.)

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          Fig. 20a - La Rocchetta di Airuno ripresa da nord/est con alle sue spalle il Monte di Brianza.
                                              Foto di Beppe Raso

                   Fig. 20b - La Rocchetta di Airuno con alle sue spalle il Monte di Brianza.
                                              Foto di Beppe Raso

Secondo lo storico Cesare Cantù, essa fu affidata da Francesco Sforza a Giovanni Calchi nel 1450, quando
nell’area imperversava ancora la battaglia tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia iniziata nel 1449.

Il sodalizio tra la famiglia dei Calchi e quella degli Sforza continuerà con i loro rispettivi figli.
Nel 1473, anno in cui fu disegnato il “Paesaggio con Fiume” di Leonardo, Bartolomeo Calchi era già segretario
da almeno un anno di Bona di Savoia, moglie di Galeazzo Maria Sforza nonché duchessa di Milano.
Pertanto mi viene naturale pensare che se il disegno di Leonardo fosse preparatorio per un affresco, come
ipotizzato da alcuni, probabilmente esso fu commissionato o dagli Sforza o da uno dei Signori e mecenati loro

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sostenitori che nella Valle dell’Adda avevano delle ville di delizia, proprio come i Calchi. Questa parte però sarà
oggetto di un approfondimento nel mio penultimo capitolo.

Infine la Rocchetta di Airuno è rappresentata da Leonardo da Vinci anche nel disegno 12398 del Codice
Windsor, questa volta da una posizione a sud ed in prossimità della stessa.

                Figura 21 - Rocchetta di Airuno disegnata da sud, dalla sponda destra dell'Adda.
                                     Disegno 12398 del Codice Windsor.

2.3 I MONTI, LE COLLINE, IL LAGO DI OLGINATE ED IL FIUME ADDA

Questo capitolo della mia ricerca lo voglio dedicare agli ultimi elementi naturali della Valle dell’Adda e della
Val San Martino.

                     Fig. 22 - Il Monte di Brianza, le colline brianzole e il Lago di Olginate.

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                    Fig. 23a – Tutti gli elementi, naturali e non, che ricorrono nel disegno 8P.
                                               Foto di Beppe Raso

   Fig. 23b – Il castello di Rossino sul proprio poggio a strapiombo sul lato nord/ovest (tratteggiato in giallo).
                                                Foto di Beppe Raso

Le linee verdi indicano i rilievi del Monte di Brianza, detto anche Colle di Brianza, posti ad ovest della Rocca di
Airuno e già visibili anche nella figura 20a. Questo Monte, costituito da 3 cime, Monte San Genesio, Monte
Crocione, Monte Regina, è di origine morenica e risulta staccato dalle Prealpi del Triangolo lariano; ciò gli
consente di avere dei rilievi più dolci e meno elevati rispetto alle altre montagne lecchesi. Questo aspetto è
fondamentale perché a mio avviso è soprattutto per questo motivo che il disegno di Leonardo è stato attribuito ad
un paesaggio toscano, ovvero per via dei rilievi dolci dei monti e delle colline ritratte in esso.

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La linea blu indica le colline della Brianza lecchese.
Ad est di queste colline brianzole (a sinistra del disegno) si trova Brivio, paese situato sulla sponda destra
dell'Adda, località molto conosciuta e frequentata da Leonardo. Viene citato, per esempio, per ben quattro volte
nei suoi scritti. Il motivo? Brivio era la prima stazione fluviale del progetto vinciano per rendere navigabile il
corso dell’Adda da Lecco a Milano. Un progetto grandioso e moderno per l'epoca al quale lo stesso Leonardo ci
teneva particolarmente.
Il paese era situato in un punto allora strategico per l’attraversamento dell’Adda: passaggio obbligato, in quanto
molto stretto e quindi comodo, fra il territorio del Ducato di Milano e quello bergamasco (“Leonardo da Vinci
nella Valle dell’Adda”, Conato L. G.).

Oltretutto è anche il paese dove si trova la chiesa di San Leonardo, all'interno della quale si trova un bellissimo
affresco di scuola leonardesca, la "Madonna del latte", attribuita al Luini o al Boltraffio. A mio parere è evidente
che le fattezze dei due volti, del Bambino e della Madonna, sono identiche a quelle del Bambino e della
Sant’Anna raffigurate nel dipinto “Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’Agnellino” di Leonardo da Vinci.

  Fig. 24 – Madonna delle Grazie, detta anche Madonna del Latte. Chiesa di San Leonardo in Brivio. Affresco
attribuito a Bernardino Luini o a Giovanni Antonio Boltraffio. Fonte: "Umanesimo e Rinascimento in Brianza",
                                                 Longoni V.

Nella fig. 25 al centro del disegno ci sono un paio di barche da pesca in quello che è il Lago di Olginate, che ha
il fiume Adda come immissario ed emissario. All’epoca tale attività rappresentava insieme all’agricoltura la
principale fonte di sostentamento della zona e sicuramente la valle, come appare chiaramente anche dal disegno
di Leonardo, era molto più paludosa di come lo è adesso.
Nella zona lacustre, oltre alle piccole barche da pesca ben visibili, si notano numerosi elementi cubici che non
possono essere riferiti ad elementi naturali.

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                                         Fig. 25 - Barche da pesca e legnari

Questi elementi dalle linee nette verticali ed orizzontali formanti apparentemente dei solidi senz'altro si
riferiscono ai legnari, che insieme alle gueglie ed alle tese erano i principali manufatti per consentire la
riproduzione e la pescagione in una zona lacustre/paludosa e fluviale assai ricca di pesci. Essi potevano essere o
di forma quadrata (fig. 26) o circolare e servivano principalmente per favorire la riproduzione dei pesci, solo
occasionalmente venivano utilizzati per pescare: proprio per questo venivano posizionati dove vi era meno
corrente, ai margini del lago, nella zona lacustre/paludosa, come appare esattamente nel disegno. I legnari, molto
diffusi, venivano utilizzati anche nel vicino lago di Garlate (a nord) ed anche nella palude o “lago” di Brivio (a
sud).

                    Fig. 26 – Da sinistra a destra: la gueglia, la tesa con i bertavelli, il legnaro.
                                   Fonte: “Brivio. Ponte dell’Adda”, Borghi A.

Anche nel sopracitato disegno 12398 del Codice Windsor è possibile vedere un altro dei 3 manufatti
summenzionati, ovvero la gueglia (fig. 28). Essa aveva una struttura dalla forma a “V” con l’apertura a monte ed
era utilizzata, a differenza del legnaro, unicamente per pescare. Di norma era posta nei tratti in cui l’acqua non
era profonda più di sei metri e, preferibilmente, dove la corrente era più forte (Aldeghi G., Riva G., La gueglia
'magna' e la pesca ad Olginate nel fiume Adda nei secoli).
La rappresentazione di questi “edifizi” di pesca (così venivano chiamati) da parte di Leonardo identifica ancora
di più, se necessario, le località dei due disegni summenzionati. Il fatto che gli stessi fossero utilizzati in maniera
così diffusa com’era effettivamente in questa valle è testimoniato, oltre che dal disegno 8P, anche da una mappa
del 1753 del fiume Adda e relativa area lacustre/paludosa presente lungo questo tratto di fiume nel territorio di
Brivio (fig. 27).

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       Fig. 27 – Mappa del fiume Adda del 1753 nel tratto di Brivio: sono rappresentati consistentemente
                                     i legnari, le tese e le gueglie (ASMI).

          Fig. 28 - Gueglia nel fiume Adda. Particolari tratti dal disegno 12398 e dal testo La gueglia
               'magna' e la pesca ad Olginate nel fiume Adda nei secoli di Riva G. e Aldeghi G.

Infine, per completare gli elementi caratteristici del paesaggio, non si possono non menzionare i Monti Mudarga
e Spedone che delimitano rispettivamente ad ovest e ad est l’inizio della Val d’Erve, e il torrente Gallavesa che
scorre all’interno di essa andando a immettersi infine nel Lago di Garlate.

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                           Fig. 29 - I monti Mudarga, Spedone e il torrente Gallavesa.

2.4 LA DATA E IL CULTO DELLA MADONNA DELLA NEVE

Vorrei dedicarmi in questo capitolo alla data di realizzazione del "Paesaggio con Fiume", non tanto dal punto di
vista dell’anno, il 1473, ma piuttosto del giorno, ovvero il 5 agosto.

A mio modesto avviso ci possono essere 2 interpretazioni a riguardo di tale data: la prima è che il disegno fu
effettuato casualmente il 5 agosto, un giorno come un altro per Leonardo e senza particolari significati riposti;
un’altra invece è che la scritta “Dì de Sta Maria della Neve / Adì 5 daghosto 1473” non sia casuale, ma sia
collegata al culto della Madonna della Neve, al quale è molto probabile che fossero devoti anche alcuni membri
della famiglia Calchi.

Come molte famiglie nobili dell'epoca, i membri della famiglia Calchi avevano chiesette e cappelle di proprietà:
ad esempio la Chiesa di Sant'Ambrogio a Calco ("Calco... paese di Brianza", Autori Vari); la Cappella di Santa
Maria ad Nives, cioè Santa Maria della Neve, in Villa Gola al Buttero ad Olgiate Molgora, paese confinante con
Calco, Brivio ed Airuno (). In questo caso la Cappella fu fatta
costruire nel 1592 da Paolo Emilio Calchi, pronipote di Bartolomeo; nel territorio di Calco, appartenente
all'epoca alla Pieve di Brivio, si può registrare la Chiesa di Sant'Antonio di Padova in località Boffalora, la quale
è detta anche della "Madonna della Neve", come riportato da BeWeb, il portale web dei beni culturali
ecclesiastici (). Sebbene essa sia stata realizzata nel 1660 da architetto e
committente sconosciuti, non è da escludere che essa fu costruita sui resti di una chiesa precedente poiché
l'intera area era di proprietà dell'antico Monastero di Arlate ed era posta su un'altura strategica a guardia della
Valle dell'Adda. Se così fosse, viene naturale pensare che i Calchi avessero potuto dedicare anche solo una
cappelletta o un'edicola al culto della Madonna della Neve, in quanto il territorio in questione era sotto il loro
diretto controllo.

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                 Fig. 30 - Chiesa di Sant'Antonio da Padova, detta della "Madonna della Neve",
                            in località Boffalora di Calco. Foto di D. Vertemara, 2019.

Per far capire quanto fosse radicato questo culto nella zona, si possono nominare altre chiese dedicate a Santa
Maria della Neve: una situata in località Foppaluera a Brivio, dove tale festività religiosa viene solennemente
celebrata ogni anno il giorno 5 di Agosto. Fu fatta costruire nel 1717 dalla famiglia Carozzi di origini
bergamasche, ma anche in questo caso non è detto che non ce ne fosse una già esistente nel periodo in cui
Leonardo frequentava queste zone; a Lorentino, frazione di Calolziocorte confinante con la frazione e il castello
di Rossino, si trova quella dedicata a Santa Brigida d'Irlanda, realizzata nel 1490, dove ogni anno si celebra tale
ricorrenza. In questa chiesa si trova un quadro raffigurante la Madonna della Neve (Beweb); un santuario,
risalente al XVI secolo, dedicato alla Madonna della Neve, si trova a Pusiano, paese sui laghi briantei, a pochi
chilometri dal Monte di Brianza; infine a Torre de' Busi, paese della Val San Martino, ogni anno ad agosto si
festeggia tale ricorrenza.

L'elenco di edifici religiosi sopra riportato non ne comprende tanti altri situati nelle terre limitrofe, ovvero nelle
province di Bergamo, Como e Monza e Brianza e diversi altri nella stessa provincia di Lecco.

Quanto scritto finora non prova in alcun modo che ci sia una relazione tra la data di esecuzione del disegno ed il
culto della Madonna della Neve, ma è ugualmente molto curioso che la sua realizzazione combaci
temporalmente con una festa religiosa molto sentita nella zona.

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3. CONCLUSIONI: IL CONFINE TRA I DUE STATI E I CUNICOLI SEGRETI

Vorrei finire questo mio saggio contestualizzando maggiormente il periodo storico in cui Leonardo fece il primo
disegno di puro paesaggio nella Storia dell'Arte occidentale.

                      Fig. 31 - Confine tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia

Nella fig. 31 l'area colorata di verde rappresenta la Valle dell'Adda, il Monte di Brianza e le colline brianzole.
Questa zona era nel 1473 sotto il dominio di Galeazzo Maria Sforza, Duca di Milano, anche se il Monte di
Brianza e i territori delle pievi che lo circondavano costituivano una Provincia Autonoma con particolari
immunità ed esenzioni. Infatti essendo tale provincia un avamposto militare nei confronti della confinante
Repubblica di Venezia, molti Signori di Milano che si succedettero al potere, dalla dinastia dei Visconti a quella
degli Sforza, cercarono di tenersi strette le alleanze con le popolazioni locali. Nel 1440 venne nominata per la
prima volta in un decreto l'Università del Monte di Brianza con sede ad Oggiono e nel 1485 venne costituita la
Banca del Monte di Brianza ("Umanesimo e Rinascimento in Brianza", Longoni V.), istituzioni che furono alla
base del Rinascimento brianzolo. Questi fatti testimoniano l'autonomia ma anche la vivacità culturale di tutta
quell'area, la quale sicuramente coinvolse anche Leonardo da Vinci.

In blu è raffigurato il fiume Adda ed il lago di Olginate.
In giallo è evidenziato il Monte Mudarga, posto al confine dei due Stati, a quell'epoca perennemente conteso
dall'uno e dall'altro.
In azzurro si nota il torrente Gallavesa (già accennato nel capitolo 2.1)

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La zona raffigurata in rosso invece è il Monte Spedone (facente parte della Val San Martino) ed il poggio con il
castello di Rossino alle sue pendici, all'epoca sotto il controllo del Capitano Generale della Serenissima,
Bartolomeo Colleoni. Questa valle fu a partire dal XIII secolo terreno di aspre battaglie tra i Visconti, signori
ghibellini di Milano, e i Benaglio, famiglia guelfa che deteneva il feudo della Val San Martino come vassalli
della famiglia Della Torre. ().

Gli scontri tra le due fazioni andarono avanti fino alla prima metà del XV secolo. Poi con la pace di Lodi del
1454 si stabilì definitivamente che l’intera Val San Martino passasse sotto la Repubblica di Venezia,
confermando di fatto che il fiume Adda segnasse il confine tra la Serenissima e il Ducato di Milano ("Pace di
Lodi", Wikipedia), le cui acque rimanevano di proprietà di quest’ultimo, il quale aveva il diritto esclusivo al loro
sfruttamento. Questo è un particolare rilevante perché lo sfruttamento delle acque di un fiume così importante, in
un'epoca in cui l'agricoltura, l'allevamento e la pesca rappresentavano le principali fonti di sostentamento per le
popolazioni locali, poteva rappresentare forti disagi per coloro che non ne avevano diritto. E difatti questo sarà
uno dei motivi per cui in realtà anche dopo la pace suddetta continuarono ad esserci guerriglie di frontiera.

Inoltre anche se con la pace di Lodi si ebbero quelle condizioni di stabilità politica tra i vari stati medioevali che
permisero poi la nascita del Rinascimento italiano, ciò non evitò l'insorgere di nuove battaglie per il predominio
politico sulla penisola. Ancora una volta a vedersi tristemente protagonisti di questi episodi ci sono in particolare
il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia il cui odio reciproco, incarnato perfettamente da Bartolomeo
Colleoni e da Galeazzo Maria Sforza, sfociò al suo apice nella battaglia della Riccardina, nel bolognese, del
1467, la quale passerà alla storia per essere stata la prima in cui vennero usate massicciamente le armi da fuoco,
sebbene unicamente da parte veneziana.

Nel 1473, anno del disegno di Leonardo, la situazione geopolitica non era cambiata: i protagonisti dei due stati
erano ancora gli stessi, ovvero Galeazzo Maria Sforza e Bartolomeo Colleoni. Pertanto è evidente come la
situazione sul confine dovesse essere di una tensione continua per via della loro ostilità perenne.

       Fig. 32 – Probabile cunicolo segreto con postazione difensiva presso il confine sul Monte Mudarga.

Ingrandendo il disegno si possono notare sulla parete del Monte Mudarga, conteso dai due Stati ma appartenente
formalmente alla Repubblica Veneta, dei segni che secondo me sono riconducibili ad un'apertura o anfratto con
un probabile cunicolo accennato in sezione sul fianco della montagna (evidenziati in blu) e ad una scala in legno

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e corda (evidenziata in verde) la quale dall’anfratto giunge penzolante in prossimità del torrente. Probabilmente
si tratta di una postazione di controllo del confine.

Questo disegno poteva rappresentare molto probabilmente un rilevamento di una postazione di controllo già
esistente al momento della sua esecuzione, appartenente ad uno dei due Stati.
Ci sarebbe da verificare se, dopo tanti secoli trascorsi, sia rimasta qualche traccia di tale postazione.

Comunque sia una cosa è certa: i cunicoli sotterranei a Calolziocorte e a Vercurago (i due paesi della Val San
Martino situati sulle rive del torrente Gallavesa, Calolziocorte a sud e Vercurago a nord) esistevano eccome. Ed
esistono ancora oggi alcuni resti ben visibili.

Nel già summenzionato libro "Il Castello di Rossino" di Dario Dell'Oro, si elencano ben 11 percorsi differenti di
questi passaggi segreti, aventi come punto d'incontro proprio il castello in oggetto. Da tale costruzione si
potevano raggiungere i punti strategici della Valle, attraverso due direttrici principali: 1) Castello di Rossino -
Piazza Regazzoni (Caloziocorte); 2) Castello di Rossino - Rocca di Somasca (Vercurago).

                  Fig. 33 - Gli 11 percorsi dei cunicoli sotterranei di Calolziocorte e Vercurago
                                    Fonte: "Il Castello di Rossino", Dell'oro D.

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Ad oggi tali cunicoli sono purtroppo impraticabili per vari motivi, ma alcune loro caratteristiche le si conoscono
ugualmente: in alcuni casi erano cunicoli di una certa altezza ed ampiezza, tali da permettere il facile passaggio
di uomini armati in posizione eretta. Inoltre al loro interno erano presenti i cosiddetti "tranelli", cioè dei pozzi
profondi grazie ai quali ci si liberava di persone sgradite.

Per risalire ai tracciati di questi percorsi, l'autore del libro ha tenuto conto nella maggioranza dei casi di
dichiarazioni frutto dell'esperienza diretta o di articoli di giornale che in passato hanno trattato dei loro
ritrovamenti. Solo in rari casi, più precisamente nella ricostruzione dei tre percorsi riguardanti il territorio di
Vercurago, si è fatto affidamento a testimonianze indirette e pertanto riportati con le dovute cautele.

                            Fig. 34 - Oratorio parrocchiale di Calolziocorte: imbocco
                             dei cunicoli verso il Castello di Rossino. Foto del 1951
                                   Fonte: "Il Castello di Rossino", Dell'oro D.

Fig. 35 - Calolziocorte, imbocco di uno dei                   Fig. 36 - Vercurago: imbocco di uno dei cunicoli
cunicoli presenti nel sottosuolo.                             (oggi chiuso) presso l'orto della chiesa
Fonte: "Il Castello di Rossino", Dell'oro D.                  Parrocchiale.
                                                              Fonte: "Il Castello di Rossino", Dell'oro D.

Alla luce di quanto scritto in quest'ultimo capitolo, ritengo che se effettivamente il "Paesaggio con Fiume" di
Leonardo sia stato realizzato per rappresentare una postazione di controllo con un probabile cunicolo, è difficile

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che esso sia servito come disegno preparatorio di un affresco come molti esperti hanno ipotizzato oppure come
semplice rappresentazione di una località per puro diletto.
Ancora oggi non si è a conoscenza di documenti antichi che facciano riferimento a questi cunicoli, infatti si
trattava di passaggi segreti da cui dipendeva spesso la vita di chi li utilizzava, quindi non veniva messo nulla per
iscritto riguardo la loro esistenza. Tuttavia, proprio il disegno di Leonardo potrebbe assumere un valore ancora
più importante perché sarebbe una testimonianza storica della loro esistenza, forse l'unica in questo senso.
Considerata la collocazione elevata di questa postazione di controllo/avvistamento sopra la grande forra e la sua
posizione dominante con grande veduta sull’intera vallata, ritengo che le caratteristiche di questo anfratto +
cunicolo siano diverse rispetto agli altri cunicoli sopracitati che risalivano dalla valle verso il castello di Rossino
con lunghissimi tragitti. A tal proposito è plausibile supporre che il cunicolo disegnato da Leonardo sia molto
breve in quanto doveva fungere da riparo o nascondiglio, per esempio dalle intemperie o dai nemici, e non da
passaggio come gli altri. Difatti l’accesso a questa vedetta era consentito dalla scala a corda. Vorrei sottolineare
come Leonardo, con la sua impareggiabile capacità di disegnare, abbia elegantemente camuffato l’intera
postazione (anfratto/cunicolo + scala a corda) mimetizzandola con gli elementi naturali circostanti, ovvero
vegetazione e rocce. A mio parere per motivi precauzionali: d’altra parte era in territorio veneto!

Un’ulteriore mia considerazione in merito a questo disegno è che Leonardo da Vinci sia andato nella Val
Gallavesa (o Val d’Erve) per effettuare una mappatura delle postazioni difensive nemiche situate in terra
bergamasca su richiesta del Duca di Milano o di qualche Signore della zona suo alleato. Anche quella
rappresentata sul Monte Mudarga (anfratto + cunicolo), sebbene sia collocata su un monte conteso dai due stati
(fig. 31), è molto più probabile che appartenesse alla Repubblica di Venezia in quanto ufficialmente quel
versante del monte apparteneva alla Serenissima.
Il fatto che l’obiettivo del disegno potesse essere una mappatura delle varie strutture di difesa e di controllo, sia
venete che milanesi, contrapposte tra loro, è desumibile dall’evidenza delle stesse effettuata dall’artista: lungo la
sponda milanese Leonardo ha rimarcato in maniera netta le fortificazioni della linea difensiva del Ducato, ovvero
partendo da sinistra la Bastiglia di Brivio (non più esistente), costruita sulla piccola altura a nord del paese da
Francesco Sforza a metà del XV secolo, la già citata Rocchetta di Airuno ed infine, a nord di questa, una delle
tante fortificazioni, torri o case-torri esistenti nella vallata. Vista la posizione di quest’ultima sarei propenso ad
attribuirla all’antico castello di Ganza collocato nel territorio del comune di Valgreghentino, non più esistente ed
indicato come “diroccato” in una mappa seicentesca. Non escludo comunque che possa essere una delle tante
altre torri o case-torri presenti lungo quel confine.
Inoltre, a conferma di questa mia tesi, sembra che Leonardo abbia voluto mettere ancora di più in rilievo la
piramide rocciosa sulla quale è appostata la Rocchetta di Airuno, distanziandola dalla sua dorsale e facendola
sembrare quasi un corpo a sé stante. Al contrario il retrostante Monte di Brianza, che evidentemente non aveva la
stessa importanza strategica della collina della Rocchetta, è stato appena accennato (fig. 37).
Anche la rappresentazione dei legnari a mio parere avvalorerebbe questa ipotesi: tali manufatti, anche se non
avevano uno scopo militare, all’epoca erano molto importanti sia dal punto di vista economico per i ricchi
signori della zona loro proprietari sia per la sopravvivenza della popolazione locale, ovvero gli abitanti del
Ducato.
Per un maggior rigore nella descrizione del paesaggio, preciso che la forra del Gallavesa è stata come compressa,
essendo nella realtà più profonda di come appare nel disegno: affacciandosi sulla forra da una posizione alta del
Monte Spedone, come io penso abbia fatto Leonardo, il torrente non si vede perchè è più in profondità e la
rigogliosa vegetazione presente non ne permette la visibilità. Ma questo è comprensibile perchè Leonardo
doveva rappresentare per intero la postazione difensiva e quindi anche il torrente, che ne costituiva la via di
accesso e di fuga tramite la scala a corda che vi arrivava dall'alto. Anche il castello sembra ravvicinato dal punto
di osservazione dell'artista, ma anche in questo caso doveva essere molto ben rappresentato: si tratta per la Val
Gallavesa di una riduzione della profondità di poche decine di metri, mentre per il castello l'avvicinamento al
punto di osservazione sembrerebbe di qualche centinaio di metri. Si tratta quindi di misure irrilevanti, se
considerate nel complesso del disegno, che Leonardo ha dovuto adottare per poter rappresentare al meglio tutti
questi elementi.
Infine un'ultima ma non meno importante considerazione riguarda i due paesaggi nascosti sul retro del disegno,
individuati alla radiazione infrarossa nel 2019 dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze. I due disegni rivelati

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rappresentano il primo una scena fluviale con al centro un corso d’acqua e due rive collegate da un ponte, il
secondo sulla sinistra una formazione di rocce aguzze e frastagliate con l'aggiunta di picchi montuosi
(). In pratica tutti elementi naturali esistenti in questa zona specifica oggetto della mia
analisi (solo come esempio rimando alle figure 14 e 18).

Riassumendo, se preso nel suo complesso il “Paesaggio con fiume” (detto altrimenti “Paesaggio 8P”) di
Leonardo da Vinci è un disegno di natura prettamente di stampo strategico-militare in cui vengono evidenziate in
maniera netta e contrapposte tra di loro le opere difensive e di controllo della Repubblica di Venezia e quelle del
Ducato di Milano, per quest’ultimo anche le proprietà di rilevanza economica (i legnari), da sottoporre in ultima
istanza al Duca o ad uno dei tanti Signori dell’area suoi alleati.

                Fig. 37 – Le opere difensive del Ducato di Milano e della Repubblica di Venezia

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                                  IL PAESAGGIO DELL'ANNUNCIAZIONE

                                  Fig. 1 - L'Annunciazione di Leonardo da Vinci.
                                 Fonte: < https://it.wikipedia.org/>, CC BY-SA 4.0

Per quanto riguarda la presenza di Leonardo da Vinci nel territorio lecchese e abduano nei primi anni settanta del
'400, oltre alla esecuzione del disegno del Paesaggio con Fiume, vi è un'altra opera importante dell'artista
collocata nello stesso periodo e nella stessa zona. Si tratta dell'Annunciazione, dove entrambi i paesaggi situati
alla sinistra e alla destra dell'angelo non possono essere altro che riferibili al territorio in questione.
Bisogna precisare, per chi non conosce questo ricchissimo e variegato territorio, che i due paesaggi situati quasi
sulla stessa linea di parallelo (quello di destra è di poco più a nord) distano tra di loro pochi km: quello di sinistra
ad ovest, sotto l’ala dell’angelo, raffigura i laghi briantei ed i monti che li circondano; ad est, quello tra l’angelo
e la Madonna, raffigura l’allora città turrita di Lecco con il lago e parte dei monti che la circondano. Quindi
l’artista ha dipinto entrambi i paesaggi da sud: in particolare quello all’estrema sinistra con i piccoli laghi ed i
monti che li circondano è stato ripreso dal Monte di Brianza, monte che certamente conosceva per avervi
eseguito senza ombra di dubbio il disegno 12411-12413 del Codice Windsor raffigurante il Monte Resegone e la
sottostante vallata dell’Adda come ho già spiegato in precedenza.

Esaminando il paesaggio di destra, come già scritto ad esempio da Mario Cereghini (architetto, pittore, fotografo
e designer lecchese) nel suo Immagini di Lecco nei secoli nel lontano 1965 e riportato da L. G. Conato in
Leonardo da Vinci nella Valle dell'Adda (pubblicato nel 2003), si può notare l'immagine di due singolari
spuntoni rocciosi alle falde del monte in primo piano: questi sono senz’altro riferibili ai cosiddetti "Pizzetti",
posizionati all'estremo sud/ovest e alla base del Monte San Martino, che sovrasta a nord la città di Lecco (fig. 2 e
3). Anche quest'ultima è ben visibile nello sfondo del dipinto, sottostante la “Montagna di Lecco” e posizionata
sulla sponda est del lago con le torri e le opere di fortificazione tipiche della sua natura di avamposto militare del
Ducato di Milano a confine con la Repubblica di Venezia.

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