Il figlio delle stelle e altre storie - OSCAR WILDE illustrazioni di Chiara Nocentini - Lisciani Scuola
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Il pescastorie Nota Le ultime due storie raccolte in questo libro appartengono alla prima raccolta di fiabe che Oscar Wilde (1854-1900) pubblicò nel 1888, che ne comprendeva cinque in tutto. Lo scrittore aveva deciso di raccogliere in volume le storie che si divertiva a raccontare ai suoi figli: come lui stesso affermò, voleva far diver- tire i bambini come faceva divertire i grandi con le sue conferenze. Il figlio delle stelle, appartiene invece a una sua raccolta di qualche anno dopo, La casa dei melograni (1891). Sono storie profondamente commoventi, in- centrate sull’importanza della generosità e dell’umiltà, ma anche pregevoli dal punto di vista letterario, tanto che sono considerate tra i vertici della letteratura fantastica di ogni tempo. Il figlio delle stelle e altre storie di Oscar Wilde Volume allegato al kit vacanze Non vendibile singolarmente Illustrazioni Chiara Nocentini Editing, impaginazione e attività didattiche Sara Tosetto Stampato in Italia © 2012 Centro Produzione Editoriale srl via Ruscitti, Zona Ind.le S. Atto – Teramo Ristampa: © 2019 Liscianigiochi S.p.A. via Ruscitti, Zona Ind.le S. Atto – Teramo www.liscianiscuola.it Tutti i diritti sono riservati. La casa editrice è a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti.
Il figlio delle stelle C ’erano una volta due poveri bo- scaioli che camminavano attra- verso una grande foresta di pini in una fredda notte d’inverno. La terra e gli alberi erano coperti da uno spesso strato di neve. Persino la cascata che scendeva dalla montagna se ne stava immobile, per- fettamente congelata. Cammina e cammina, i due taglialegna ogni tanto si soffiavano sulle dita e lascia- vano sulla neve le impronte delle loro grosse scarpe chiodate. 3
«Poveri noi, quanto è lunga la strada per tornare al nostro villaggio!» si lamentavano. Ma in quel momento successe una co- sa molto strana: dal cielo cadde una stel- la bellissima e luminosa che scivolò giù, sfiorando le altre stelle. A bocca aperta per lo stupore, la videro piombare dietro un gruppo di arbusti, poco lontano da loro. I due boscaioli corsero a vedere dov’era caduta la stella: chissà com’era fatta, co- m’era preziosa! Uno dei due corse più in fretta e sorpassò il compagno, si mise a cercare tra i cespugli e... meraviglia! A un tratto vide un oggetto dorato che brillava sulla neve bianca. Si avvicinò ancora e al- lungò la mano per toccarlo: era un manto di tessuto dorato, con dei ricami dorati che parevano tante stelle. Allora si mise a gri- dare che aveva trovato un tesoro caduto dal cielo e, quando anche il suo amico lo 4
raggiunse, si sedettero insieme nella neve per scostare le pieghe del mantello e divi- dersi l’oro che sicuramente si nascondeva lì dentro. Ma avvolto nel prezioso tessuto non c’erano né oro né argento, ma solo un piccolo bimbo addormentato. 5
«Siamo proprio sfortunati!» disse uno dei due boscaioli. «Che cosa ce ne facciamo di questo bambino? Lasciamolo qui, non possiamo togliere il pane di bocca ai no- stri figlioletti per darlo a un altro». «Sarebbe una cattiva azione abbando- narlo qui, morirà sicuramente di freddo. Anch’io sono povero e ho tanti bambi- ni, ma lo porterò con me e mia moglie si prenderà cura anche di lui» rispose l’altro. Poi sollevò il bambino, lo avvolse nel suo mantello e lo portò a casa sua, al villaggio poco lontano. «Povera me!» gemette sua moglie quan- do vide il nuovo arrivato. «Ci mancava so- lo un altro bambino. E se ci portasse sfor- tuna? Chi lo curerà?» «Non temere» rispose il boscaiolo «que- sto è un figlio delle stelle». E le raccontò come l’aveva trovato. La donna fu stupita 6
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e tranquillizzata: quel piccolo non poteva che essere una creatura benedetta. Prese il neonato dalle braccia del marito, gli die- de un bacio e lo depose nel lettino dove dormiva già il loro bambino più piccolo. Il boscaiolo nascose in un grosso cesto il mantello dorato, e sua moglie vi aggiun- se la collana d’ambra che avevano trovato al collo del figlio delle stelle. 8
IL FIGLIO DELLE STELLE E LA MENDICANTE Così il figlio delle stelle crebbe insieme ai figli del taglialegna. Il piccolo diventava ogni anno più bello e tutta la gente del vil- laggio si meravigliava perché, mentre gli altri bambini avevano la carnagione scura e i capelli neri, lui aveva la pelle delicata color dell’avorio e capelli biondi ricci. Purtroppo però la bellezza si univa alla cattiveria: era presuntuoso, crudele e pi- gro. Disprezzava i ragazzi del boscaiolo e quelli del villaggio perché erano di umili origini mentre lui era nato da una nobile stella, e si comportava come un padrone, chiamandoli suoi servi. Non aveva pietà per i poveri e per i mendicanti e li cacciava dalla strada, lanciando sassi e insultandoli. Amava soltanto la bellezza e passava 9
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molto tempo a rimirare il riflesso del suo viso nella fontana, compiacendosi del suo bell’aspetto. Un giorno arrivò nel villaggio una men- dicante. Aveva gli abiti consumati e i piedi pieni di piaghe a forza di camminare scal- za. Era molto stanca, così si sedette a ripo- sare sotto un grande albero ma, quando il figlio delle stelle la vide, incitò i compagni a cacciarla perché era troppo brutta e sfor- tunata per starsene seduta sotto un albero così bello e verde. Quando il boscaiolo, che lavorava in una fattoria lì vicino, vide quello che il figlio delle stelle stava facendo, corse a rimpro- verarlo. «Hai proprio un cuore di pietra! Che co- sa ha fatto questa poveretta perché tu la tormenti così?» «Non sono tuo figlio e non devo ubbidir- 11
ti, quindi non puoi dirmi niente!» rispose il ragazzo, rosso per la rabbia. «Hai ragione. Ricordati però che quando ti ho trovato nella foresta ho avuto pietà di te». Quando udì queste pa- role la mendicante gettò un grido e svenne. Il boscaiolo la portò a casa e la aiutò a ripren- dersi. Non ap- pena tornò in sé la donna volle sapere se quel bambino era sta- to trovato nel bo- sco esattamente dieci anni fa. «Sì, proprio dieci anni da oggi» rispose l’uomo. 12
«Per caso aveva addosso una collana d’ambra e un mantello ricamato di stelle?» «Proprio così!» fece il boscaiolo, e le mo- strò il cesto nel quale aveva nascosto quei preziosi oggetti. La poveretta si mise a pian- gere di gioia: «È proprio il mio bambino perduto nel- la foresta. I ladri lo rapi- rono e lo ab- bandonaro- no nel bosco per farlo mo- rire. Sono anni che giro il mon- do per ritrovarlo». 13
La donna fece per avvicinarsi al figlio delle stelle per abbracciarlo, ma questo la allontanò gridando con disprezzo: «Tu sei pazza! Non posso essere tuo figlio per- ché sei una brutta stracciona. Vattene via e non farti mai più vedere». «Bambino mio! Non vuoi nemmeno da- re un bacio a tua madre?» «Preferirei baciare un rospo o una vipe- ra, piuttosto che te!» rispose acido il figlio delle stelle. Alla donna non restò che an- darsene piangendo amaramente, mentre il bambino tornava tutto contento a gioca- re con i compagni. Stavolta, però, appena lo videro, iniziaro- no a prenderlo in giro, dicendo che era più viscido di un rospo e più ripugnante di una vipera e che non lo volevano più fra loro. E così dicendo lo cacciarono dal giardino. Com’era possibile che il bellissimo figlio 14
delle stelle meritasse questi insulti? Per rassicurarsi sulla propria bellezza, il bam- bino decise di andare a specchiarsi nella fontana come faceva sempre. Ma quando si affacciò sull’acqua limpi- da, orrore! Vide che aveva la faccia come quella di un rospo e il corpo ricoperto di scaglie come una vipera. «Questo mi è successo per colpa della mia malvagità» diceva piangendo il figlio delle stelle, disperato. «Ho cacciato via mia madre, mi sono comportato in modo crudele con lei. Andrò a cercarla per tutto il mondo finché non la troverò». Corse verso la foresta invocando la ma- dre, ma non ebbe risposta. Quando scese la notte si coricò su un mucchio di foglie, mentre tutti gli animali della foresta fuggi- vano da lui, ricordandosi della sua crudeltà. Quando spuntò il giorno si cibò del- 15
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le bacche amare del bosco e si rimise in cammino, chiedendo a tutti quelli che in- contrava se avessero visto sua madre. Lo chiese anche al fringuello, che rispo- se: «Una volta mi hai spezzato le ali per divertirti, come posso volare?» Lo chiese anche allo scoiattolo, che ri- spose: «Tu hai ucciso mia madre, vuoi for- se uccidere anche la tua?» Il figlio delle stelle piangeva a testa chi- na, chiedendo perdono alle creature della foresta a cui aveva fatto del male e conti- nuando il viaggio attraverso il bosco, alla ricerca della mendicante. Il terzo giorno uscì dalla foresta e co- minciò a scendere verso la pianura. 17
IL FIGLIO DELLE STELLE E LO STREGONE Tutti quelli che incontrava lo scher- nivano per la sua bruttezza e lo scac- ciavano senza pietà. Nessuno sa- peva dargli notizie della madre, così continuò a girare come un vagabondo per tre anni. Una sera giunse infine presso una città dalle alte mura che sorgeva presso un fiume e chiese di entrare. Ma i soldati che montava- no la guardia alle porte in- crociarono le alabarde e lo fermarono, chiedendogli aspramente che cosa vo- lesse. «Cerco mia madre» ri- 18
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spose il ragazzo disperato «vi prego, fate- mi entrare». In quel momento arrivò il capo dei sol- dati e disse ridendo: «Brutto come sei, al massimo possiamo venderti come schiavo in cambio di un boccale di birra!» Un vecchio dal volto cattivo che passa- va di lì lo udì e diede al soldato quello che chiedeva. Poi prese per mano il figlio delle stelle e lo fece entrare in città. Dopo aver attraversato molte viuzze giun- sero a una porticina nascosta dietro un al- bero di melograno. Il vecchio la sfiorò con il grosso anello che portava e questa magi- camente si aprì: era infatti uno degli strego- ni più potenti e malvagi di quel paese. Rinchiuse il bambino in una piccola cel- la sotterranea e gli diede un po’ di pane ammuffito. 20
Il giorno dopo tornò dal bambino e gli disse: «In un bosco vicino alle porte del- la città di Giaurs c’è un pezzo d’oro bian- co. Trovalo e portamelo, altrimenti ti darò cento bastonate. Adesso vai, ti aspetto per il tramonto». Il figlio delle stelle raggiunse la porta della città e si diresse verso il bosco di cui gli aveva parlato il mago. Cercò per tutto il giorno il pezzo d’oro bianco, ma la foresta era piena di rovi e cardi spinosi e il bambi- no riuscì solo a ferirsi dappertutto. Al tra- monto si rimise in cammino verso casa, pieno di spavento per le bastonate che lo aspettavano. Quando raggiunse il limitare del bosco, udì un gemito proveniente da un cespu- glio: era un leprotto, che era rimasto im- prigionato nella trappola di un cacciatore. Impietosito, lo liberò. L’animaletto allora 21
gli disse: «Mi hai salvato! Cosa posso darti in cambio?» «Sto cercando un pezzo d’o- ro bianco, se non lo porto stasera al mio padrone lui mi picchierà». «Vieni con me» rispose il le- protto, e lo condusse a una quercia: il pezzo d’oro era na- scosto in una fessura della sua grande corteccia. Il bambino ringraziò il le- protto e si avviò felice verso la città. Vicino alle mura c’era un lebbroso col viso coperto da uno straccio, che implorò il bambino: «Ti prego, dammi qualcosa, o morirò!» «Ho solo questo pezzo d’oro nella borsa, se non lo porte- 22
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rò al mio padrone mi picchierà» rispose il bambino. Ma alla fine il lebbroso lo impie- tosì così tanto che gli diede il pezzo d’oro: «Dopotutto ne hai bisogno più tu di me». IL FIGLIO DELLE STELLE AL PALAZZO DEL RE Preoccupato per il destino che lo atten- deva, il figlio delle stelle si avviò verso la casa del vecchio stregone. Ma quando attraversò le porte della città, le guardie si inchinarono e dissero: «Com’è bello il nostro principe!» Il bambino pensava che si stessero facendo beffe di lui come al solito, ma si accorse che una gran folla lo circondava e lo spingeva verso il palazzo del re. La porta del palazzo era aperta e 24
gli alti dignitari uscirono per andargli in- contro: «Un profeta ci disse che oggi sa- rebbe giunto colui che deve regnare su di noi. Prendi dunque la corona e lo scet- tro e governa con saggezza». Il bambino vide il proprio riflesso nella corona splendente: era tornato ad essere bellissimo come una volta! «Non sono degno di essere il vostro prin- cipe: ho rinnegato mia madre e non avrò pace finché non la troverò e avrò il suo perdono». Così dicendo si voltò verso la strada che conduceva verso le porte della città e vide tra la folla sua madre, la mendicante. Vici- no a lei c’era il lebbroso che aveva aiutato prima. Corse piangendo da lei, e si inginocchiò ai suoi piedi, invocando il suo perdono. «Alzati» dissero in coro la mendicante e il 25
lebbroso. E quando si alzò e li guardò, si rese conto con meraviglia che erano il re e la regina. Dopo aver abbracciato e baciato il figlio delle stelle, lo condussero a palazzo e lo rivestirono con abiti sontuosi, mettendo- gli sul capo la corona e in mano lo scet- tro. Il bambino fece chiamare a palazzo il boscaiolo che l’aveva allevato e la sua famiglia e li coprì di doni, e governò su quella città con saggezza per lunghi anni. 26
Il Gigante Egoista O gni pomeriggio, appena usciva- no da scuola, i bambini avevano l’abitudine di andare a giocare nel giardino del Gigante. Era un giardino grande, con erba verde e soffice. Qua e là sull’erba sorgevano fiori belli come stelle, e c’erano dodici peschi che a primavera si aprivano in delicati fio- ri rosa e in estate davano frutti saporiti. Gli uccelli si posavano sugli alberi e cantava- no con tanta dolcezza che i bambini in- terrompevano i loro giochi per ascoltarli. 27
«Come siamo felici qui!» si gridavano l’un l’altro. Un giorno il Gigante tornò. Era stato a far visita al suo amico, l’orco della Corno- vaglia, ed era rimasto da lui per sette an- ni. Alla fine dei sette anni non aveva più niente da raccontargli, e così aveva deciso di tornarsene al suo castello. Quando ar- rivò vide i bambini che giocavano nel suo giardino. «Che ci fate qui?» tuonò. I bambini corse- ro via spaventati. «Il mio giardino è mio» disse il Gigante «qui posso giocare solo io, e nessun altro!» Così costruì un alto muro tutt’intorno al giardino, e mise un cartello: VIETATO L’INGRESSO I TRASGRESSORI SARANNO PUNITI A TERMINI DI LEGGE 28
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Era un Gigante molto Egoista. I bambini non avevano un altro posto dove giocare. Provarono a mettersi a gio- care per strada, ma era piena di polvere e di sassi duri, e non si divertivano come nel giardino. Alla fine della scuola gironzolavano intorno alle alte mura, e parlavano del giardi- no, pieni di nostalgia: «Come era- vamo felici lì!» si dicevano. Poi venne la Primavera, e il paese si riempì di piccoli fiori e uccelli. Solo nel giardino del Gigante Egoi- sta era ancora inverno. Gli uccel- li non ci andavano più a cantare perché non c’erano i bambini, e gli alberi si dimenticarono di fiorire. Solo un piccolo fiore si affacciò dall’erba ma, appena vide il cartello che aveva messo il Gi- 30
gante, diventò talmente triste che si lasciò ricadere nella terra e tornò a dormire. 31
La Neve e il Gelo, invece, erano molto contenti della nuova situazione: «La Prima- vera ha dimenticato questo giardino» disse- ro in coro «vorrà dire che ci abiteremo tutto l’anno». 32
La Neve coprì l’erba col suo mantello bianco, e il Gelo dipinse d’argento tutti gli alberi. Poi invitarono il Vento del Nord a stare un po’ da loro. Arrivò tutto impellic- ciato, e ruggì nel giardino da mattina a sera, abbattendo i comignoli delle case intorno. «Qui c’è proprio da divertirsi!» disse. «Dob- biamo invitare anche la nostra amica Gran- dine». Così venne anche la Grandine. Ogni giorno per tre ore crepitò sul tetto del ca- stello finché non ruppe quasi tutte le te- gole, e allora si mise a correre incessan- temente intorno al giardino, più forte che poteva. Era vestita di grigio, e il suo alito era di ghiaccio. Nel frattempo, dentro il castello, il Gi- gante Egoista guardava fuori preoccupa- to il suo giardino gelido e bianco: «Non capisco proprio perché la Primavera sta 33
tardando così tanto. Spero che il tempo cambi presto». Ma la Primavera non venne mai. E nem- meno l’Estate. L’Autunno diede frutti d’oro a ogni giardino, ma niente al giardino del Gigante. «È troppo egoista» disse. Così lì era sempre inverno, e il Vento del Nord, la Grandine, il Gelo e la Neve danzavano qua e là fra gli alberi. Una mattina il Gigante fu svegliato da una musica molto melodiosa. Gli suonò così dolce alle orecchie che pensò fossero i musici del re che passavano. In realtà era solo un piccolo uccellino che cantava davanti alla sua finestra, ma era da così tanto tempo che non ne sen- tiva cantare uno nel suo giardino che gli parve la musica più bella che avesse mai sentito. Allora la Grandine smise di ballare sul 34
tetto, e il Vento del Nord cessò di ruggi- re, e il Gigante sentì un profumo delizioso provenire dal giardino. «Vuoi vedere che finalmente è arrivata la Primavera?» si dis- se il Gigante. Saltò giù dal letto e guardò fuori. E cosa vide? Uno spettacolo meraviglioso: da un bu- chino nel muro che circondava il giardino erano entrati i bambini, che ora sedevano appollaiati sui rami degli alberi. C’era un bambino su ogni ramo! Gli alberi erano talmente contenti di ri- avere i bambini che si erano ricoperti di fiori, e agitavano delicatamente i bei rami sul capo dei bambini. Gli uccelli volavano e cantavano pieni di felicità. I fiori si affac- ciavano a guardare dall’erba e ridevano. Ma c’era un punto in cui era ancora in- verno. Nell’angolo più lontano del giar- dino, c’era un bambino più piccolo de- 35
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gli altri, che non riusciva a salire sui rami dell’albero che aveva scelto. Continuava a girarci intorno, ad allungarsi sulle punte dei piedi, a saltare, ma niente: non ci arri- vava proprio! Il bambino piangeva scon- solato. Il povero albero era coperto di ghiaccio e neve, e il Vento del Nord soffiava e rug- giva sopra di lui. «Sali, bambino!» diceva l’albero, e tende- va i rami più che poteva verso il bambino; ma era davvero troppo piccolo, e non ci arrivava. A quella vista, il cuore del Gigante si sciolse. «Come sono stato egoista!» si dis- se. «Ora so perché la Primavera non vole- va venire. Metterò quel bambino in cima all’albero, e poi abbatterò il muro, e il mio giardino sarà aperto ai bambini per sem- pre». 37
Era davvero dispiaciuto per quello che aveva fatto. Ma appena uscì in giardino, i bambini si spaventarono tanto che scapparono via di nuovo, e subito nel giardino tornò l’inver- no. Solo il bambino più piccolo non fuggì, perché aveva gli occhi talmente pieni di lacrime che non vide il Gigante. E il Gi- gante si avvicinò silenziosamente, lo pre- se con delicatezza nella sua manona, e lo posò sull’albero. Subito l’albero si coprì di fiori, e gli uc- celli vennero a cantare tra i suoi rami. Il bambino tese le braccia e le gettò al collo del Gigante e gli diede un bacio. Appena videro che il Gigante era diven- tato buono, gli altri bambini tornarono di corsa, e con loro tornò la Primavera. «Ora il giardino è vostro» disse il Gigante, e abbatté il muro con una grande accetta. 38
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Quel giorno, la gente che passava da- vanti al giardino fu stupita nel vedere il Gigante che giocava insieme ai bambini in quel posto incantevole. 40
Il Principe Felice A lta sulla città, in cima a un’im ponente colonna, c’era la statua del Principe Felice. Era tutta coperta di sottili foglie d’oro fino, come occhi aveva due zaffiri lucenti, e un grande rubino rosso scintillava sull’elsa della spada. Tutta la città lo ammirava. «Perché non puoi essere come il Principe Felice?» chiese una madre al figlioletto che piangeva e faceva i capricci. «Il Principe Felice non si sogna mai di piangere senza motivo». 41
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Una notte volò sulla città una piccola rondine. Tutte le sue compagne erano già partite per l’Egitto, ma lei era rimasta un po’ indietro. Quando vide la statua del Principe esclamò tutta contenta: «Perfetto, per stanotte posso fare tappa qui, e ripartire domattina». E si sistemò tra i piedi del Principe Felice. «Che bello, ho una camera tutta d’oro» disse guardandosi intorno prima di ad dormentarsi. Ma proprio quando stava per mettere il capino sotto l’ala le cadde addosso una goccia d’acqua. «Che strano, il cielo sembrava limpido… dovrò trovarmi un riparo migliore, qui dentro piove» disse la rondine. Stava per aprire le ali e volarsene via, quando cadde un’altra goccia. Allora la rondine guardò in alto, e cosa vide? Gli occhi del Principe Felice erano pieni 43
di lacrime. Il suo viso era così bello alla luce della luna che la piccola rondine fu piena di pietà. «Chi sei?» gli chiese. «Sono il Principe Felice». «E allora perché piangi? Mi hai com pletamente inzuppata». «Quando ero vivo e avevo un cuore umano, non sapevo che cosa fossero le lacrime, perché vivevo in un bellissimo palazzo, dove facevo festa tutto il giorno con i miei amici. Il palazzo era circondato da alte mura, ma io non mi sono mai domandato che cosa ci fosse dall’altra parte, visto che la mia vita era così felice. Ora che mi hanno messo su questo alto piedistallo posso vedere tutte le brutture e la miseria della mia città. Il mio cuore è fatto di piombo, ma non posso fare a meno di piangere». 44
«Per esempio, laggiù in quella stradina c’è una povera casetta» continuò il Principe. «Dalla finestra aperta vedo una donna dal viso triste e smunto, che cuce giorno e notte. È una povera sartina, ma il suo lavoro non basta a comprare nemmeno le arance per il suo bambino malato, che giace nel letto vicino a lei. Rondine, piccola rondine, vuoi portarle il rubino sull’elsa della mia spada?» «Ma le mie amiche mi aspettano in Egitto, sono già in ritardo…» Il Principe Felice fece una faccia così triste che la piccola rondine si commosse. «Fa un gran freddo qui» disse «ma mi fermerò da te questa notte, e ti farò da corriere». Così la rondine staccò il grande rubino dalla spada del Principe e volò via tenendola nel becco. Giunse alla casetta e guardò dentro. Il bambino si agitava sul 45
letto, con la febbre alta, e la madre si era addormentata. La rondine posò il grande rubino sul tavolo, poi svolazzò deli- catamente intorno al letto, facendo vento con le ali sulla fronte del piccolo. «Che bel fresco» disse il bambino «si vede che sto guarendo» e si addormentò sereno. La rondine tornò dal Principe e gli raccontò quello che aveva fatto. «È strano, ma adesso mi sembra di avere caldo, nono- stante faccia un gran freddo» «È perché hai compiuto una buona azione» disse il Principe. Dolcemente cullata da queste parole, la piccola rondine si addormentò serena. 46
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La notte dopo tornò a posarsi sulla spalla della statua del Principe. «Rondine, rondine, piccola rondine» le disse «non vuoi restare con me ancora un notte?» «Ma è già inverno…» «Laggiù, dall’altra parte della città, c’è un giovane tutto solo in una fredda soffitta, impegnato a scrivere notte e giorno. Deve terminare una commedia per il direttore del teatro, ma ha troppo freddo per con- tinuare a scrivere. Non ha più legna per il fuoco». «Vuoi che gli porti un altro rubino?» chiese la rondine. «Ahimè, non ho più rubini, ma i miei occhi sono due zaffiri rari. Cavamene uno e portaglielo». «Principe, non posso farlo!» disse pian- gendo la rondine. «Ti prego, rondine, fa’ come ti comando». 48
A malincuore la rondine fece come il Principe le aveva ordinato e posò lo zaffiro di nascosto sulla scrivania del ragazzo. «Sarà sicuramente un dono di qualche ammira- tore!» pensò lo scrittore quando lo vide. Il giorno dopo la rondine tornò dal Principe a salutarlo. «Ciao Principe, adesso non posso più rimandare la partenza!» «Rondine, rondine, piccola rondine» le disse «non vuoi restare con me ancora un notte? Nella piazza qui sotto c’è una piccola fiammiferaia. I fiammiferi le sono caduti nel fango, e ora non può più venderli. Non ha né scarpe né calze per proteggersi dal freddo. Cavami l’altro occhio e portaglielo». «Rimarrò con te un’altra notte, ma non posso toglierti l’altro occhio, rimarresti cieco del tutto!» 49
«Ti prego, rondine, fa’ come ti comando». Allora la rondine staccò l’altro zaffiro con il becco, volò sopra la piccola fiammiferaia e le lasciò scivolare la gemma nel palmo della mano. La bambina la fissò piena di meraviglia. La rondine tornò dal Principe e gli disse: «Ora sei cieco, quindi rimarrò con te per sempre». «Piccola rondine, tu devi partire per i paesi caldi». «Rimarrò con te per sempre» disse ancora la rondine, e dormì ai piedi del Principe. Il giorno dopo l’uccellino volò per la città e vide due bambini che giacevano abbracciati sotto un ponte, per cercare di scaldarsi. «Che fame!» si dicevano l’un l’altro. «Qui non potete stare!» gridò il guardiano, e i piccoli dovettero uscire sotto la pioggia. 50
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La rondine tornò a raccontare al Principe quello che aveva visto. «Io sono ricoperto di oro fino» disse il Principe «devi togliermelo di dosso, e distribuirlo ai miei poveri». La rondine staccò una foglia d’oro dopo l’altra con il becco, finché il Principe apparve tutto grigio e opaco. Distribuì l’oro ai poveri, e i bambini risero e giocarono nelle strade. «Abbiamo il pane ora!» gridavano. Poi venne la neve, e dopo la neve il ghiaccio. La povera piccola rondine aveva sempre più freddo, ma non voleva lasciare il Principe. Si accontentava di beccare le briciole davanti alla porta del fornaio, e tentava di scaldarsi battendo le ali. Quella notte la piccola rondine si ad dormentò ai piedi del Principe, per non svegliarsi più. 52
La mattina dopo il sindaco passò di buon’ora nella piazza dove sorgeva la statua del Principe. Appena vide la statua, diventata tutta brutta e grigia, esclamò: «Povero me, in che stato è ridotto il Principe Felice, sembra proprio un mendicante! E ha perfino un uccello morto ai piedi! È tempo di abbattere questa brutta statua». Fu così che la statua del Principe Felice fu abbattuta e fusa in una fornace. «Che strano!» dissero gli operai della fonderia. «Questo cuore di piombo non vuole fondersi. Bisognerà buttarlo». E lo gettarono nella spazzatura, vicino al corpicino della rondine. «Portami le due cose più preziose della città» disse Dio a uno dei suoi angeli. E l’angelo gli portò il cuore di piombo e l’uccellino morto. «Hai scelto bene» disse Dio «perché nel 53
giardino del paradiso questo uccellino canterà per sempre, e il Principe vivrà felice accanto a lui». 54
Attivita` di approfondimento Il pescastorie da 7 anni
Trova l'intruso In ogni riga scopri l’intruso e riporta l’iniziale del suo nome nella casella destra. Alla fine leg- gerai in verticale da dove viene il protagonista del primo racconto. 56
Completa i fumetti Che cosa dicono i personaggi in questa vi- gnetta? Leggi qui sotto e completa i fumetti. Lo stregone dice al bimbo di portargli l’oro nascosto nel bosco. Il bambino dice che il bosco è troppo grande. 57
Chi dice cosa? Chi pronuncia queste frasi? Collega le parole al personaggio che le dice. Fuori di qui! Siete nella mia proprietà! Vattene via, brutta mendicante! Forza bambino, salta su! 58
´ Dimmi perche Leggi e segna con una x la risposta giusta. • Il figlio delle stelle riesce a trovare il pezzo d’oro bianco perché: L’ha aiutato il leprotto L’ha aiutato il lebbroso È stato molto abile nella ricerca • Alla fine la Rondine decide di passare l’inverno con il Principe Felice perché: Aveva perso la strada per migrare nei paesi caldi Il Principe Felice era diventato cieco Le piacevano le pietre preziose • Il Gigante ha accolto i bambini nel giardino perchè: Il Gigante si era impietosito Il Gigante si era stancato dell’inverno Il Gigante si annoiava 59
Nomi propri di persona Nella fiaba del Gigante Egoista compaiono una serie di agenti atmosferici. Quale compare prima e quale compare dopo? Riordina metten- do i numeri nelle caselle. VENTO DEL NORD GRANDINE NEVE GELO 60
Colora le parole Leggi e sottolinea in rosso i nomi, in blu i ver- bi. Poi riportali nella tabella sotto. La Grandine e il Vento del Nord abitarono per lungo tempo nel giardino del Gigante Egoista, portando il freddo e il gelo per tutto l’anno. Ma quando tornarono i bambini, gli alberi fiorirono e gli uccellini tornarono a cantare: finalmente era torna- ta la Primavera! NOMI VERBI 61
Colora il Principe Felice Ecco il Principe Felice. Colora e completa sotto. Gli occhi del Principe sono pietre preziose: sono ........................... di colore ................ Il ................ sull’elsa della spada è di colore .......... 62
Prima e dopo Come sono i personaggi all’inizio e alla fine della storia? Collega ad ogni personaggio le sue caratteristiche all’inizio (prima) e alla fine (dopo) della storia, come nell’esempio. PRIMA DOPO il figlio delle stelle egoista buono gentile arrogante vanitoso antipatico violento nervoso il gigante buono buono presuntuoso cattivo modesto umile pigro generoso 63
Indice Il figlio delle stelle.................................................................3 Il Gigante Egoista................................................................27 Il Principe Felice..................................................................41 Attività di approfondimento................................................55
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