Il figlio delle stelle e altre storie - OSCAR WILDE illustrazioni di Chiara Nocentini - Lisciani Scuola

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Il figlio delle stelle e altre storie - OSCAR WILDE illustrazioni di Chiara Nocentini - Lisciani Scuola
OSCAR WILDE

Il figlio delle stelle
    e altre storie
    illustrazioni di Chiara Nocentini
Il figlio delle stelle e altre storie - OSCAR WILDE illustrazioni di Chiara Nocentini - Lisciani Scuola
Il pescastorie                 Nota

Le ultime due storie raccolte in questo libro appartengono alla prima raccolta
di fiabe che Oscar Wilde (1854-1900) pubblicò nel 1888, che ne comprendeva
cinque in tutto. Lo scrittore aveva deciso di raccogliere in volume le storie che
si divertiva a raccontare ai suoi figli: come lui stesso affermò, voleva far diver-
tire i bambini come faceva divertire i grandi con le sue conferenze.
Il figlio delle stelle, appartiene invece a una sua raccolta di qualche anno dopo,
La casa dei melograni (1891). Sono storie profondamente commoventi, in-
centrate sull’importanza della generosità e dell’umiltà, ma anche pregevoli dal
punto di vista letterario, tanto che sono considerate tra i vertici della letteratura
fantastica di ogni tempo.

Il figlio delle stelle e altre storie di Oscar Wilde
Volume allegato al kit vacanze
Non vendibile singolarmente

Illustrazioni Chiara Nocentini
Editing, impaginazione e attività didattiche Sara Tosetto

Stampato in Italia

© 2012 Centro Produzione Editoriale srl
via Ruscitti, Zona Ind.le S. Atto – Teramo
Ristampa:
© 2019 Liscianigiochi S.p.A.
via Ruscitti, Zona Ind.le S. Atto – Teramo

www.liscianiscuola.it

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nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti.
Il figlio delle stelle e altre storie - OSCAR WILDE illustrazioni di Chiara Nocentini - Lisciani Scuola
Il figlio
    delle stelle

C
         ’erano una volta due poveri bo-
         scaioli che camminavano attra-
         verso una grande foresta di pini in
una fredda notte d’inverno. La terra e gli
alberi erano coperti da uno spesso strato
di neve. Persino la cascata che scendeva
dalla montagna se ne stava immobile, per-
fettamente congelata.
  Cammina e cammina, i due taglialegna
ogni tanto si soffiavano sulle dita e lascia-
vano sulla neve le impronte delle loro
grosse scarpe chiodate.

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«Poveri noi, quanto è lunga la strada per
tornare al nostro villaggio!» si lamentavano.
   Ma in quel momento successe una co-
sa molto strana: dal cielo cadde una stel-
la bellissima e luminosa che scivolò giù,
sfiorando le altre stelle. A bocca aperta per
lo stupore, la videro piombare dietro un
gruppo di arbusti, poco lontano da loro.
   I due boscaioli corsero a vedere dov’era
caduta la stella: chissà com’era fatta, co-
m’era preziosa! Uno dei due corse più in
fretta e sorpassò il compagno, si mise a
cercare tra i cespugli e... meraviglia! A un
tratto vide un oggetto dorato che brillava
sulla neve bianca. Si avvicinò ancora e al-
lungò la mano per toccarlo: era un manto
di tessuto dorato, con dei ricami dorati che
parevano tante stelle. Allora si mise a gri-
dare che aveva trovato un tesoro caduto
dal cielo e, quando anche il suo amico lo

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raggiunse, si sedettero insieme nella neve
per scostare le pieghe del mantello e divi-
dersi l’oro che sicuramente si nascondeva
lì dentro. Ma avvolto nel prezioso tessuto
non c’erano né oro né argento, ma solo
un piccolo bimbo addormentato.

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«Siamo proprio sfortunati!» disse uno dei
due boscaioli. «Che cosa ce ne facciamo
di questo bambino? Lasciamolo qui, non
possiamo togliere il pane di bocca ai no-
stri figlioletti per darlo a un altro».
  «Sarebbe una cattiva azione abbando-
narlo qui, morirà sicuramente di freddo.
Anch’io sono povero e ho tanti bambi-
ni, ma lo porterò con me e mia moglie si
prenderà cura anche di lui» rispose l’altro.
Poi sollevò il bambino, lo avvolse nel suo
mantello e lo portò a casa sua, al villaggio
poco lontano.
  «Povera me!» gemette sua moglie quan-
do vide il nuovo arrivato. «Ci mancava so-
lo un altro bambino. E se ci portasse sfor-
tuna? Chi lo curerà?»
  «Non temere» rispose il boscaiolo «que-
sto è un figlio delle stelle». E le raccontò
come l’aveva trovato. La donna fu stupita

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7
e tranquillizzata: quel piccolo non poteva
che essere una creatura benedetta. Prese
il neonato dalle braccia del marito, gli die-
de un bacio e lo depose nel lettino dove
dormiva già il loro bambino più piccolo.
   Il boscaiolo nascose in un grosso cesto
il mantello dorato, e sua moglie vi aggiun-
se la collana d’ambra che avevano trovato
al collo del figlio delle stelle.

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IL FIGLIO DELLE STELLE
          E LA MENDICANTE

  Così il figlio delle stelle crebbe insieme
ai figli del taglialegna. Il piccolo diventava
ogni anno più bello e tutta la gente del vil-
laggio si meravigliava perché, mentre gli
altri bambini avevano la carnagione scura
e i capelli neri, lui aveva la pelle delicata
color dell’avorio e capelli biondi ricci.
  Purtroppo però la bellezza si univa alla
cattiveria: era presuntuoso, crudele e pi-
gro. Disprezzava i ragazzi del boscaiolo e
quelli del villaggio perché erano di umili
origini mentre lui era nato da una nobile
stella, e si comportava come un padrone,
chiamandoli suoi servi. Non aveva pietà
per i poveri e per i mendicanti e li cacciava
dalla strada, lanciando sassi e insultandoli.
  Amava soltanto la bellezza e passava
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molto tempo a rimirare il riflesso del suo
viso nella fontana, compiacendosi del suo
bell’aspetto.
   Un giorno arrivò nel villaggio una men-
dicante. Aveva gli abiti consumati e i piedi
pieni di piaghe a forza di camminare scal-
za. Era molto stanca, così si sedette a ripo-
sare sotto un grande albero ma, quando il
figlio delle stelle la vide, incitò i compagni
a cacciarla perché era troppo brutta e sfor-
tunata per starsene seduta sotto un albero
così bello e verde.
   Quando il boscaiolo, che lavorava in una
fattoria lì vicino, vide quello che il figlio
delle stelle stava facendo, corse a rimpro-
verarlo.
   «Hai proprio un cuore di pietra! Che co-
sa ha fatto questa poveretta perché tu la
tormenti così?»
   «Non sono tuo figlio e non devo ubbidir-

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ti, quindi non puoi dirmi niente!» rispose il
ragazzo, rosso per la rabbia.
   «Hai ragione. Ricordati però che quando
ti ho trovato nella foresta
ho avuto pietà di te».
   Quando udì queste pa-
role la mendicante gettò
un grido e svenne.
   Il boscaiolo la portò a
casa e la aiutò a ripren-
dersi. Non ap-
pena tornò in sé
la donna volle
sapere se quel
bambino era sta-
to trovato nel bo-
sco esattamente
dieci anni fa.
   «Sì, proprio dieci
anni da oggi» rispose l’uomo.

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«Per caso aveva addosso una collana
d’ambra e un mantello ricamato di stelle?»
  «Proprio così!» fece il boscaiolo, e le mo-
strò il cesto nel quale aveva nascosto quei
                            preziosi oggetti.
                               La poveretta
                             si mise a pian-
                              gere di gioia:
                               «È proprio il
                                mio bambino
                                perduto nel-
                                 la foresta. I
                                 ladri lo rapi-
                                 rono e lo ab-
                                bandonaro-
                                no nel bosco
                              per farlo mo-
                             rire. Sono anni
                           che giro il mon-
                          do per ritrovarlo».

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La donna fece per avvicinarsi al figlio
delle stelle per abbracciarlo, ma questo
la allontanò gridando con disprezzo: «Tu
sei pazza! Non posso essere tuo figlio per-
ché sei una brutta stracciona. Vattene via e
non farti mai più vedere».
   «Bambino mio! Non vuoi nemmeno da-
re un bacio a tua madre?»
   «Preferirei baciare un rospo o una vipe-
ra, piuttosto che te!» rispose acido il figlio
delle stelle. Alla donna non restò che an-
darsene piangendo amaramente, mentre
il bambino tornava tutto contento a gioca-
re con i compagni.
   Stavolta, però, appena lo videro, iniziaro-
no a prenderlo in giro, dicendo che era più
viscido di un rospo e più ripugnante di una
vipera e che non lo volevano più fra loro.
E così dicendo lo cacciarono dal giardino.
   Com’era possibile che il bellissimo figlio

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delle stelle meritasse questi insulti? Per
rassicurarsi sulla propria bellezza, il bam-
bino decise di andare a specchiarsi nella
fontana come faceva sempre.
   Ma quando si affacciò sull’acqua limpi-
da, orrore! Vide che aveva la faccia come
quella di un rospo e il corpo ricoperto di
scaglie come una vipera.
   «Questo mi è successo per colpa della
mia malvagità» diceva piangendo il figlio
delle stelle, disperato. «Ho cacciato via
mia madre, mi sono comportato in modo
crudele con lei. Andrò a cercarla per tutto
il mondo finché non la troverò».
   Corse verso la foresta invocando la ma-
dre, ma non ebbe risposta. Quando scese
la notte si coricò su un mucchio di foglie,
mentre tutti gli animali della foresta fuggi-
vano da lui, ricordandosi della sua crudeltà.
   Quando spuntò il giorno si cibò del-

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16
le bacche amare del bosco e si rimise in
cammino, chiedendo a tutti quelli che in-
contrava se avessero visto sua madre.
   Lo chiese anche al fringuello, che rispo-
se: «Una volta mi hai spezzato le ali per
divertirti, come posso volare?»
   Lo chiese anche allo scoiattolo, che ri-
spose: «Tu hai ucciso mia madre, vuoi for-
se uccidere anche la tua?»
   Il figlio delle stelle piangeva a testa chi-
na, chiedendo perdono alle creature della
foresta a cui aveva fatto del male e conti-
nuando il viaggio attraverso il bosco, alla
ricerca della mendicante.
   Il terzo giorno uscì dalla foresta e co-
minciò a scendere verso la pianura.

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IL FIGLIO DELLE STELLE
            E LO STREGONE

  Tutti quelli che incontrava lo scher-
nivano per la sua bruttezza e lo scac-
ciavano senza pietà. Nessuno sa-
peva dargli notizie della madre,
così continuò a girare come un
vagabondo per tre anni.
  Una sera giunse infine
presso una città dalle alte
mura che sorgeva presso un
fiume e chiese di entrare.
Ma i soldati che montava-
no la guardia alle porte in-
crociarono le alabarde e lo
fermarono, chiedendogli
aspramente che cosa vo-
lesse.
  «Cerco mia madre» ri-
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spose il ragazzo disperato «vi prego, fate-
mi entrare».
   In quel momento arrivò il capo dei sol-
dati e disse ridendo: «Brutto come sei, al
massimo possiamo venderti come schiavo
in cambio di un boccale di birra!»
   Un vecchio dal volto cattivo che passa-
va di lì lo udì e diede al soldato quello che
chiedeva.
   Poi prese per mano il figlio delle stelle e
lo fece entrare in città.
   Dopo aver attraversato molte viuzze giun-
sero a una porticina nascosta dietro un al-
bero di melograno. Il vecchio la sfiorò con
il grosso anello che portava e questa magi-
camente si aprì: era infatti uno degli strego-
ni più potenti e malvagi di quel paese.
   Rinchiuse il bambino in una piccola cel-
la sotterranea e gli diede un po’ di pane
ammuffito.

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Il giorno dopo tornò dal bambino e gli
disse: «In un bosco vicino alle porte del-
la città di Giaurs c’è un pezzo d’oro bian-
co. Trovalo e portamelo, altrimenti ti darò
cento bastonate. Adesso vai, ti aspetto per
il tramonto».
   Il figlio delle stelle raggiunse la porta
della città e si diresse verso il bosco di cui
gli aveva parlato il mago. Cercò per tutto il
giorno il pezzo d’oro bianco, ma la foresta
era piena di rovi e cardi spinosi e il bambi-
no riuscì solo a ferirsi dappertutto. Al tra-
monto si rimise in cammino verso casa,
pieno di spavento per le bastonate che lo
aspettavano.
   Quando raggiunse il limitare del bosco,
udì un gemito proveniente da un cespu-
glio: era un leprotto, che era rimasto im-
prigionato nella trappola di un cacciatore.
Impietosito, lo liberò. L’animaletto allora

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gli disse: «Mi hai salvato! Cosa
posso darti in cambio?»
   «Sto cercando un pezzo d’o-
ro bianco, se non lo porto
stasera al mio padrone lui mi
picchierà».
   «Vieni con me» rispose il le-
protto, e lo condusse a una
quercia: il pezzo d’oro era na-
scosto in una fessura della sua
grande corteccia.
   Il bambino ringraziò il le-
protto e si avviò felice verso
la città. Vicino alle mura c’era
un lebbroso col viso coperto
da uno straccio, che implorò
il bambino: «Ti prego, dammi
qualcosa, o morirò!»
   «Ho solo questo pezzo d’oro
nella borsa, se non lo porte-

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rò al mio padrone mi picchierà» rispose il
bambino. Ma alla fine il lebbroso lo impie-
tosì così tanto che gli diede il pezzo d’oro:
«Dopotutto ne hai bisogno più tu di me».

       IL FIGLIO DELLE STELLE
         AL PALAZZO DEL RE

  Preoccupato per il destino che lo atten-
deva, il figlio delle stelle si avviò verso
la casa del vecchio stregone. Ma quando
attraversò le porte della città, le guardie
si inchinarono e dissero: «Com’è bello il
nostro principe!» Il bambino pensava che
si stessero facendo beffe di lui come al
solito, ma si accorse che una gran folla lo
circondava e lo spingeva verso il palazzo
del re. La porta del palazzo era aperta e

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gli alti dignitari uscirono per andargli in-
contro: «Un profeta ci disse che oggi sa-
rebbe giunto colui che deve regnare su
di noi. Prendi dunque la corona e lo scet-
tro e governa con saggezza».
  Il bambino vide il proprio riflesso nella
corona splendente: era tornato ad essere
bellissimo come una volta!
  «Non sono degno di essere il vostro prin-
cipe: ho rinnegato mia madre e non avrò
pace finché non la troverò e avrò il suo
perdono».
  Così dicendo si voltò verso la strada che
conduceva verso le porte della città e vide
tra la folla sua madre, la mendicante. Vici-
no a lei c’era il lebbroso che aveva aiutato
prima.
  Corse piangendo da lei, e si inginocchiò
ai suoi piedi, invocando il suo perdono.
  «Alzati» dissero in coro la mendicante e il

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lebbroso. E quando si alzò e li guardò, si
rese conto con meraviglia che erano il re e
la regina.
   Dopo aver abbracciato e baciato il figlio
delle stelle, lo condussero a palazzo e lo
rivestirono con abiti sontuosi, mettendo-
gli sul capo la corona e in mano lo scet-
tro. Il bambino fece chiamare a palazzo
il boscaiolo che l’aveva allevato e la sua
famiglia e li coprì di doni, e governò su
quella città con saggezza per lunghi anni.

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Il Gigante
        Egoista

O
          gni pomeriggio, appena usciva-
          no da scuola, i bambini avevano
          l’abitudine di andare a giocare
nel giardino del Gigante.
   Era un giardino grande, con erba verde
e soffice. Qua e là sull’erba sorgevano fiori
belli come stelle, e c’erano dodici peschi
che a primavera si aprivano in delicati fio-
ri rosa e in estate davano frutti saporiti. Gli
uccelli si posavano sugli alberi e cantava-
no con tanta dolcezza che i bambini in-
terrompevano i loro giochi per ascoltarli.

                      27
«Come siamo felici qui!» si gridavano l’un
l’altro.
   Un giorno il Gigante tornò. Era stato a
far visita al suo amico, l’orco della Corno-
vaglia, ed era rimasto da lui per sette an-
ni. Alla fine dei sette anni non aveva più
niente da raccontargli, e così aveva deciso
di tornarsene al suo castello. Quando ar-
rivò vide i bambini che giocavano nel suo
giardino.
   «Che ci fate qui?» tuonò. I bambini corse-
ro via spaventati.
   «Il mio giardino è mio» disse il Gigante
«qui posso giocare solo io, e nessun altro!»
Così costruì un alto muro tutt’intorno al
giardino, e mise un cartello:

  VIETATO L’INGRESSO
  I TRASGRESSORI SARANNO PUNITI
  A TERMINI DI LEGGE

                     28
29
Era un Gigante molto Egoista.
   I bambini non avevano un altro posto
dove giocare. Provarono a mettersi a gio-
care per strada, ma era piena di polvere e
di sassi duri, e non si divertivano
come nel giardino. Alla fine della
scuola gironzolavano intorno alle
alte mura, e parlavano del giardi-
no, pieni di nostalgia: «Come era-
vamo felici lì!» si dicevano.
   Poi venne la Primavera, e il paese
si riempì di piccoli fiori e uccelli.
Solo nel giardino del Gigante Egoi-
sta era ancora inverno. Gli uccel-
li non ci andavano più a cantare
perché non c’erano i bambini,
e gli alberi si dimenticarono di
fiorire. Solo un piccolo fiore si
affacciò dall’erba ma, appena
vide il cartello che aveva messo il Gi-

                    30
gante, diventò talmente triste che si lasciò
ricadere nella terra e tornò a dormire.

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La Neve e il Gelo, invece, erano molto
contenti della nuova situazione: «La Prima-
vera ha dimenticato questo giardino» disse-
ro in coro «vorrà dire che ci abiteremo tutto
l’anno».

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La Neve coprì l’erba col suo mantello
bianco, e il Gelo dipinse d’argento tutti gli
alberi. Poi invitarono il Vento del Nord a
stare un po’ da loro. Arrivò tutto impellic-
ciato, e ruggì nel giardino da mattina a sera,
abbattendo i comignoli delle case intorno.
«Qui c’è proprio da divertirsi!» disse. «Dob-
biamo invitare anche la nostra amica Gran-
dine».
  Così venne anche la Grandine. Ogni
giorno per tre ore crepitò sul tetto del ca-
stello finché non ruppe quasi tutte le te-
gole, e allora si mise a correre incessan-
temente intorno al giardino, più forte che
poteva. Era vestita di grigio, e il suo alito
era di ghiaccio.
  Nel frattempo, dentro il castello, il Gi-
gante Egoista guardava fuori preoccupa-
to il suo giardino gelido e bianco: «Non
capisco proprio perché la Primavera sta

                     33
tardando così tanto. Spero che il tempo
cambi presto».
   Ma la Primavera non venne mai. E nem-
meno l’Estate. L’Autunno diede frutti d’oro
a ogni giardino, ma niente al giardino del
Gigante. «È troppo egoista» disse. Così lì
era sempre inverno, e il Vento del Nord,
la Grandine, il Gelo e la Neve danzavano
qua e là fra gli alberi.
   Una mattina il Gigante fu svegliato da
una musica molto melodiosa. Gli suonò
così dolce alle orecchie che pensò fossero
i musici del re che passavano.
   In realtà era solo un piccolo uccellino
che cantava davanti alla sua finestra, ma
era da così tanto tempo che non ne sen-
tiva cantare uno nel suo giardino che gli
parve la musica più bella che avesse mai
sentito.
   Allora la Grandine smise di ballare sul

                    34
tetto, e il Vento del Nord cessò di ruggi-
re, e il Gigante sentì un profumo delizioso
provenire dal giardino. «Vuoi vedere che
finalmente è arrivata la Primavera?» si dis-
se il Gigante. Saltò giù dal letto e guardò
fuori. E cosa vide?
  Uno spettacolo meraviglioso: da un bu-
chino nel muro che circondava il giardino
erano entrati i bambini, che ora sedevano
appollaiati sui rami degli alberi. C’era un
bambino su ogni ramo!
  Gli alberi erano talmente contenti di ri-
avere i bambini che si erano ricoperti di
fiori, e agitavano delicatamente i bei rami
sul capo dei bambini. Gli uccelli volavano
e cantavano pieni di felicità. I fiori si affac-
ciavano a guardare dall’erba e ridevano.
  Ma c’era un punto in cui era ancora in-
verno. Nell’angolo più lontano del giar-
dino, c’era un bambino più piccolo de-

                      35
36
gli altri, che non riusciva a salire sui rami
dell’albero che aveva scelto. Continuava
a girarci intorno, ad allungarsi sulle punte
dei piedi, a saltare, ma niente: non ci arri-
vava proprio! Il bambino piangeva scon-
solato.
  Il povero albero era coperto di ghiaccio
e neve, e il Vento del Nord soffiava e rug-
giva sopra di lui.
  «Sali, bambino!» diceva l’albero, e tende-
va i rami più che poteva verso il bambino;
ma era davvero troppo piccolo, e non ci
arrivava.
  A quella vista, il cuore del Gigante si
sciolse. «Come sono stato egoista!» si dis-
se. «Ora so perché la Primavera non vole-
va venire. Metterò quel bambino in cima
all’albero, e poi abbatterò il muro, e il mio
giardino sarà aperto ai bambini per sem-
pre».

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Era davvero dispiaciuto per quello che
aveva fatto.
  Ma appena uscì in giardino, i bambini si
spaventarono tanto che scapparono via di
nuovo, e subito nel giardino tornò l’inver-
no. Solo il bambino più piccolo non fuggì,
perché aveva gli occhi talmente pieni di
lacrime che non vide il Gigante. E il Gi-
gante si avvicinò silenziosamente, lo pre-
se con delicatezza nella sua manona, e lo
posò sull’albero.
  Subito l’albero si coprì di fiori, e gli uc-
celli vennero a cantare tra i suoi rami. Il
bambino tese le braccia e le gettò al collo
del Gigante e gli diede un bacio.
  Appena videro che il Gigante era diven-
tato buono, gli altri bambini tornarono di
corsa, e con loro tornò la Primavera.
  «Ora il giardino è vostro» disse il Gigante,
e abbatté il muro con una grande accetta.

                     38
39
Quel giorno, la gente che passava da-
vanti al giardino fu stupita nel vedere il
Gigante che giocava insieme ai bambini in
quel posto incantevole.

                    40
Il Principe
       Felice

A
         lta sulla città, in cima a un’im­
         ponente colonna, c’era la statua
         del Principe Felice. Era tutta
coperta di sottili foglie d’oro fino, come
occhi aveva due zaffiri lucenti, e un
grande rubino rosso scintillava sull’elsa
della spada.
  Tutta la città lo ammirava. «Perché non
puoi essere come il Principe Felice?» chiese
una madre al figlioletto che piangeva e
faceva i capricci. «Il Principe Felice non si
sogna mai di piangere senza motivo».

                     41
42
Una notte volò sulla città una piccola
rondine. Tutte le sue compagne erano già
partite per l’Egitto, ma lei era rimasta un
po’ indietro. Quando vide la statua del
Principe esclamò tutta contenta: «Perfetto,
per stanotte posso fare tappa qui, e
ripartire domattina». E si sistemò tra i piedi
del Principe Felice.
  «Che bello, ho una camera tutta d’oro»
disse guardandosi intorno prima di ad­
dormentarsi. Ma proprio quando stava
per mettere il capino sotto l’ala le cadde
addosso una goccia d’acqua.
  «Che strano, il cielo sembrava limpido…
dovrò trovarmi un riparo migliore, qui
dentro piove» disse la rondine. Stava per
aprire le ali e volarsene via, quando cadde
un’altra goccia. Allora la rondine guardò
in alto, e cosa vide?
  Gli occhi del Principe Felice erano pieni

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di lacrime. Il suo viso era così bello alla
luce della luna che la piccola rondine fu
piena di pietà.
  «Chi sei?» gli chiese.
  «Sono il Principe Felice».
  «E allora perché piangi? Mi hai com­
pletamente inzuppata».
  «Quando ero vivo e avevo un cuore
umano, non sapevo che cosa fossero le
lacrime, perché vivevo in un bellissimo
palazzo, dove facevo festa tutto il giorno
con i miei amici. Il palazzo era circondato
da alte mura, ma io non mi sono mai
domandato che cosa ci fosse dall’altra
parte, visto che la mia vita era così felice.
Ora che mi hanno messo su questo alto
piedistallo posso vedere tutte le brutture
e la miseria della mia città. Il mio cuore
è fatto di piombo, ma non posso fare a
meno di piangere».

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«Per esempio, laggiù in quella stradina
c’è una povera casetta» continuò il
Principe. «Dalla finestra aperta vedo una
donna dal viso triste e smunto, che cuce
giorno e notte. È una povera sartina,
ma il suo lavoro non basta a comprare
nemmeno le arance per il suo bambino
malato, che giace nel letto vicino a lei.
Rondine, piccola rondine, vuoi portarle il
rubino sull’elsa della mia spada?»
   «Ma le mie amiche mi aspettano in
Egitto, sono già in ritardo…»
   Il Principe Felice fece una faccia così
triste che la piccola rondine si commosse.
«Fa un gran freddo qui» disse «ma mi
fermerò da te questa notte, e ti farò da
corriere». Così la rondine staccò il grande
rubino dalla spada del Principe e volò via
tenendola nel becco. Giunse alla casetta
e guardò dentro. Il bambino si agitava sul

                    45
letto, con la febbre alta, e la
madre si era addormentata. La
rondine posò il grande rubino
sul tavolo, poi svolazzò deli-
catamente intorno al letto,
facendo vento con le ali sulla
fronte del piccolo. «Che bel
fresco» disse il bambino «si
vede che sto guarendo» e si
addormentò sereno.
  La rondine tornò dal Principe
e gli raccontò quello che aveva
fatto. «È strano, ma adesso mi
sembra di avere caldo, nono-
stante faccia un gran freddo»
  «È perché hai compiuto una
buona azione» disse il Principe.
  Dolcemente cullata da queste
parole, la piccola rondine si
addormentò serena.

                     46
47
La notte dopo tornò a posarsi sulla
spalla della statua del Principe. «Rondine,
rondine, piccola rondine» le disse «non
vuoi restare con me ancora un notte?»
   «Ma è già inverno…»
   «Laggiù, dall’altra parte della città, c’è un
giovane tutto solo in una fredda soffitta,
impegnato a scrivere notte e giorno. Deve
terminare una commedia per il direttore
del teatro, ma ha troppo freddo per con-
tinuare a scrivere. Non ha più legna per
il fuoco».
   «Vuoi che gli porti un altro rubino?»
chiese la rondine.
   «Ahimè, non ho più rubini, ma i miei
occhi sono due zaffiri rari. Cavamene uno
e portaglielo».
   «Principe, non posso farlo!» disse pian-
gendo la rondine.
   «Ti prego, rondine, fa’ come ti comando».

                      48
A malincuore la rondine fece come il
Principe le aveva ordinato e posò lo zaffiro
di nascosto sulla scrivania del ragazzo. «Sarà
sicuramente un dono di qualche ammira-
tore!» pensò lo scrittore quando lo vide.
  Il giorno dopo la rondine tornò dal
Principe a salutarlo.
  «Ciao Principe, adesso non posso più
rimandare la partenza!»
  «Rondine, rondine, piccola rondine» le
disse «non vuoi restare con me ancora
un notte? Nella piazza qui sotto c’è una
piccola fiammiferaia. I fiammiferi le sono
caduti nel fango, e ora non può più
venderli. Non ha né scarpe né calze per
proteggersi dal freddo. Cavami l’altro
occhio e portaglielo».
  «Rimarrò con te un’altra notte, ma non
posso toglierti l’altro occhio, rimarresti
cieco del tutto!»

                     49
«Ti prego, rondine, fa’ come ti comando».
   Allora la rondine staccò l’altro zaffiro con
il becco, volò sopra la piccola fiammiferaia
e le lasciò scivolare la gemma nel palmo
della mano.
   La bambina la fissò piena di meraviglia.
   La rondine tornò dal Principe e gli disse:
«Ora sei cieco, quindi rimarrò con te per
sempre».
   «Piccola rondine, tu devi partire per i
paesi caldi».
   «Rimarrò con te per sempre» disse ancora
la rondine, e dormì ai piedi del Principe.
   Il giorno dopo l’uccellino volò per la
città e vide due bambini che giacevano
abbracciati sotto un ponte, per cercare di
scaldarsi.
   «Che fame!» si dicevano l’un l’altro.
   «Qui non potete stare!» gridò il guardiano,
e i piccoli dovettero uscire sotto la pioggia.

                      50
51
La rondine tornò a raccontare al Principe
quello che aveva visto.
   «Io sono ricoperto di oro fino» disse
il Principe «devi togliermelo di dosso, e
distribuirlo ai miei poveri».
   La rondine staccò una foglia d’oro dopo
l’altra con il becco, finché il Principe
apparve tutto grigio e opaco. Distribuì
l’oro ai poveri, e i bambini risero e
giocarono nelle strade. «Abbiamo il pane
ora!» gridavano.
   Poi venne la neve, e dopo la neve il
ghiaccio. La povera piccola rondine aveva
sempre più freddo, ma non voleva lasciare
il Principe. Si accontentava di beccare le
briciole davanti alla porta del fornaio, e
tentava di scaldarsi battendo le ali.
   Quella notte la piccola rondine si ad­
dormentò ai piedi del Principe, per non
svegliarsi più.

                    52
La mattina dopo il sindaco passò di
buon’ora nella piazza dove sorgeva la
statua del Principe. Appena vide la statua,
diventata tutta brutta e grigia, esclamò:
«Povero me, in che stato è ridotto il Principe
Felice, sembra proprio un mendicante! E
ha perfino un uccello morto ai piedi! È
tempo di abbattere questa brutta statua».
   Fu così che la statua del Principe Felice
fu abbattuta e fusa in una fornace. «Che
strano!» dissero gli operai della fonderia.
«Questo cuore di piombo non vuole
fondersi. Bisognerà buttarlo».
   E lo gettarono nella spazzatura, vicino
al corpicino della rondine.
   «Portami le due cose più preziose della
città» disse Dio a uno dei suoi angeli. E
l’angelo gli portò il cuore di piombo e
l’uccellino morto.
   «Hai scelto bene» disse Dio «perché nel

                     53
giardino del paradiso questo uccellino
canterà per sempre, e il Principe vivrà
felice accanto a lui».

                  54
Attivita` di
approfondimento
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Trova l'intruso
In ogni riga scopri l’intruso e riporta l’iniziale
del suo nome nella casella destra. Alla fine leg-
gerai in verticale da dove viene il protagonista
del primo racconto.

                        56
Completa i fumetti
Che cosa dicono i personaggi in questa vi-
gnetta? Leggi qui sotto e completa i fumetti.

Lo stregone dice al bimbo di portargli l’oro nascosto
nel bosco.
Il bambino dice che il bosco è troppo grande.

                         57
Chi dice cosa?
Chi pronuncia queste frasi? Collega le parole
al personaggio che le dice.

                              Fuori di qui! Siete
                              nella mia proprietà!

                              Vattene via, brutta
                              mendicante!

                              Forza bambino,
                              salta su!

                      58
´
            Dimmi perche
Leggi e segna con una x la risposta giusta.
• Il figlio delle stelle riesce a trovare il pezzo d’oro
bianco perché:

    L’ha aiutato il leprotto
    L’ha aiutato il lebbroso
    È stato molto abile nella ricerca

• Alla fine la Rondine decide di passare l’inverno
con il Principe Felice perché:
    Aveva perso la strada per migrare nei paesi caldi
    Il Principe Felice era diventato cieco
    Le piacevano le pietre preziose

• Il Gigante ha accolto i bambini nel giardino perchè:

    Il Gigante si era impietosito
    Il Gigante si era stancato dell’inverno
    Il Gigante si annoiava

                            59
Nomi propri di persona
Nella fiaba del Gigante Egoista compaiono
una serie di agenti atmosferici. Quale compare
prima e quale compare dopo? Riordina metten-
do i numeri nelle caselle.

			 VENTO DEL NORD                 GRANDINE

			 NEVE				                       GELO

                     60
Colora le parole
Leggi e sottolinea in rosso i nomi, in blu i ver-
bi. Poi riportali nella tabella sotto.
La Grandine e il Vento del Nord abitarono per lungo
tempo nel giardino del Gigante Egoista, portando il
freddo e il gelo per tutto l’anno.
Ma quando tornarono i bambini, gli alberi fiorirono e
gli uccellini tornarono a cantare: finalmente era torna-
ta la Primavera!

          NOMI                 VERBI

                          61
Colora il Principe Felice
Ecco       il Principe Felice. Colora e completa
sotto.

Gli occhi del Principe sono pietre preziose: sono
........................... di colore ................
Il ................ sull’elsa della spada è di colore ..........

                              62
Prima e dopo
Come sono i personaggi all’inizio e alla fine
della storia? Collega ad ogni personaggio le
sue caratteristiche all’inizio (prima) e alla fine
(dopo) della storia, come nell’esempio.

PRIMA					                                   DOPO

                    il figlio delle stelle
egoista                                      buono

gentile                                      arrogante

vanitoso                                     antipatico

violento                                     nervoso
                          il gigante

buono                                        buono

presuntuoso                                  cattivo

modesto                                      umile

pigro                                        generoso

                          63
Indice

Il figlio delle stelle.................................................................3

Il Gigante Egoista................................................................27

Il Principe Felice..................................................................41

Attività di approfondimento................................................55
Puoi anche leggere