IL DIRITTO MIGRANTE E LA COSTRUZIONE DELLO SPAZIO GIURIDICO COMUNE

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FERDINANDO TREGGIARI*

            IL DIRITTO MIGRANTE E LA COSTRUZIONE
               DELLO SPAZIO GIURIDICO COMUNE**

        SOMMARIO: 1. L’atlante dei diritti e i compiti della storia giuridica comparata. — 2. Il
        sistema del diritto comune storico europeo. — 3. La migrazione in America del si-
        stema giuridico europeo. — 4. Dal diritto comune al diritto comunitario. — 5. La
        costruzione del diritto europeo uniforme.

     1. — La plurisecolare vicenda del flusso e del trapianto di istituti e di
esperienze giuridiche da un ordinamento all’altro e da un’area all’altra del
mondo ha reso oramai anacronistica la visione del diritto come tradizio-
ne e storia nazionale. La cultura storico-giuridica ha oggi sempre più bi-
sogno di farsi comparazione, superando sia i confini dell’ordinamento
nazionale sia i suoi stessi tradizionali confini disciplinari.
     La geografia attuale dei diritti sollecita questo allargamento del rag-
gio di studio. Il contesto odierno è infatti dominato da due tensioni ap-
parentemente contrarie: quella alla frammentazione e quella all’unità. Il
mutato atlante politico dell’Europa degli ultimi venti anni ne è un esem-
pio. Il Vecchio Continente coltiva da tempo una vocazione unitaria, che
ha già tagliato traguardi importanti: la moneta unica, la caduta delle
barriere doganali, la cittadinanza europea, un embrione di diritto uni-
forme. Ma al tempo stesso l’Europa ha visto moltiplicarsi i confini fe-
derali e regionali. Dopo la caduta del Muro di Berlino sono aumentati
in Europa gli Stati pluralistici e multiculturali e si sono riaccese e diffu-
se le spinte autonomiste interne agli Stati nazionali. Un fenomeno ana-
———
    * Professore associato dell’Università di Perugia.
    **  Il presente testo raccoglie il contenuto della lezione tenuta nell’Università di Pe-
rugia il 15 luglio 2009 nell’ambito del corso di Dottorato in «Società della conoscenza e
disciplina del mercato comune. Profili interdisciplinari dell’integrazione europea ed in-
ternazionale». Un suo svolgimento più ampio, sotto il titolo Traiettorie del diritto comune tra
Vecchio e Nuovo Mondo, è in corso di stampa in Juripolis. Revista de derecho y politica del
Departamento de derecho.
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logo ha coinvolto l’America Latina e molti paesi post-coloniali dell’A-
frica e dell’Asia.
     Il doppio orizzonte (diritto globale e diritti locali) che caratterizza il
sistema in costruzione segna anche il definitivo tramonto dell’idea del ca-
rattere universale dei sistemi giuridici occidentali, impostata sulla dico-
tomia tra i sistemi continentali di civil law e quelli anglo-americani di com-
mon law. Sia l’uno (civil law) che l’altro sistema (common law) si sono da se-
coli diffusi nel mondo assumendo spiccati connotati regionali, risultato
della simbiosi tra il modello originario ‘migrato’ e la cultura giuridica lo-
cale che lo ha accolto – o a cui è stato imposto, come nel caso delle co-
lonie –. Postulando due differenti ma omogenee tradizioni giuridiche, la
tradizionale visione eurocentrica dell’atlante dei diritti si mostra oggi in-
capace di cogliere i caratteri locali e regionali degli ordinamenti giuridici,
continuando a perseguire la ricerca astratta delle analogie, anziché studia-
re e analizzare le differenze.
     Quest’universo di differenze è oggi attraversato da un fenomeno
apparentemente antitetico: la transnazionalizzazione del diritto, cioè la
vicenda di regimi giuridici internazionali e sovranazionali che attraversa-
no gli ordinamenti nazionali, imponendo regole e comportamenti uni-
formi. È questa l’ottica seguita anche nella costruzione del diritto unitario
europeo: le norme prodotte dalla Comunità Europea si sovrappongono e
si inseriscono nei tessuti normativi nazionali degli Stati membri creando
un nuovo diritto comune. All’interno del singolo Stato opera però con-
temporaneamente anche una forza tendenzialmente contraria al processo
unificatore. Il diritto nazionale non cambia infatti solo per l’effetto delle
norme comuni prodotte e imposte dagli organi sovranazionali, ma anche
per la spinta centrifuga del pluralismo giuridico interno, che si rivolge
contro la centralità del diritto posto dallo Stato e la sua pretesa di regola-
re in via esclusiva la vita sociale. Al processo di erosione della sovranità
dello Stato per effetto della transnazionalizzazione partecipa dunque an-
che un processo di frammentazione della totalità del diritto statuale, che
tende a rompere l’unità e l’universalità del sistema giuridico statuale di
stampo liberale-costituzionale moderno.
     Anche questa frammentazione contribuisce a screditare l’efficacia
della dicotomia civil law-common law. Ogni cultura giuridica nazionale può
dirsi oggi – e ognuna in modo diverso – cultura giuridica ‘mista’. È a par-
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tire da questo dato che storiografia e comparazione giuridica devono os-
servare e studiare oggi la varietà delle culture giuridiche del mondo.

      2. — Proviamo a scolpire, in un rapidissimo excursus, i tratti essenzia-
li del sistema storico del diritto comune vigente nell’età medievale e mo-
derna in gran parte d’Europa e le tappe fondamentali del suo processo
formativo.
      Con la ricostituzione dell’Impero ad opera di Carlo Magno (800) il
sistema politico e giuridico cominciò ad assumere quell’aspetto bipolare,
civile-canonistico, imperniato sui due poteri universali, che avrebbe con-
servato per molti secoli. L’Impero era il naturale protettore della Chiesa:
era «romano», ma anche «sacro». L’imperatore incarnava il potere tempo-
rale e il diritto dell’impero era il diritto romano della compilazione di
Giustiniano. Il papa incarnava il potere spirituale e il diritto della Chiesa
era il diritto divino, il diritto emanato dal papa e dai concili, ma anche il
diritto romano, sotto l’egida del quale la Chiesa di Roma da secoli era di-
venuta universale. Le due autorità universali del Medioevo, imperatore e
papa, si dividevano, non senza attriti, le competenze: la giurisdizione
dell’imperatore era in temporalibus; quella del papa in spiritualibus. I destina-
tari delle norme imperiali e delle norme pontificie erano però i medesimi,
unendo due simultanee qualità: quella di cives e quella di fideles.
      Dopo l’anno Mille la scena cambia. Muta l’economia, nasce il feno-
meno cittadino, fermenta la cultura. A Bologna rinasce lo studio del dirit-
to romano e si fonda l’Università (1088). Contemporaneamente, sempre
a Bologna, un analogo processo investe il diritto canonico, che nel XIII
secolo riceverà il suo corpus normativo. I due diritti universali (civile e ca-
nonico) dei due ordinamenti universali (Impero e Papato) sono ormai
costituiti e sono provvisti di una rispettiva e raffinata scienza.
      Nel frattempo si assiste alla nascita di numerosi ordinamenti ‘mino-
ri’, ognuno dotato di un proprio autonomo diritto. Ai due diritti univer-
sali, ius civile e ius canonicum, che insieme formano l’utrumque ius (ius commu-
ne), si affianca una molteplicità di diritti particolari, prodotti da una plura-
lità di ordinamenti fra loro assai diversi: feudi, Comuni cittadini, regni
monarchici, corporazioni artigiane e professionali. Sono ordinamenti
pienamente autonomi, ma consapevoli di derivare la loro potestas da una
fonte superiore, a cui sono giuridicamente collegati. È una pluralità
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nell’unità: un’unità animata dalla fede universale cattolica e sostenuta dal
diritto universale della tradizione romana. La varietà degli iura propria pre-
suppone sempre lo ius commune. E il rapporto tra le norme di ius proprium
e le norme di ius commune è la chiave di volta del sistema giuridico medie-
vale (del «sistema del diritto comune», inteso appunto come «sistema di
rapporti fra ius commune e ius proprium»): fenomeno europeo, non solo ita-
liano.
       Come funzionava questo articolato sistema di fonti? In primo luogo
si applicava lo ius proprium, mentre per i casi da questa fonte non previsti
trovavano applicazione le leges romane. I canones avevano applicazione in
ogni caso in cui la materia da disciplinare avesse rilevanza spirituale (co-
me anche in ogni caso in cui intervenisse una ratio peccati), non tollerando
il diritto canonico alcuna deroga da parte delle fonti di ius proprium. La
concorrenza tra ius proprium e ius civile (ius commune in senso stretto) ubbi-
diva invece alla regola della prevalenza del diritto speciale sul diritto ge-
nerale. Lo ius civile si applicava solo se non era in vigore una norma di ius
proprium che implicitamente lo derogasse, disciplinando diversamente
l’istituto o la fattispecie. Il sistema, insomma, aveva trovato il suo equili-
brio nel criterio della deroga dello ius proprium rispetto allo ius commune
sussidiario.
       Il sistema pluralistico e al tempo stesso unitario di fonti giuridiche (ius
commune e ius proprium come elementi di un unico sistema normativo), ar-
ricchito nel corso del suo sviluppo da auctoritates vecchie e nuove (la gran-
de dottrina del diritto comune; la giurisprudenza dei tribunali dell’età
moderna), durerà nell’Europa continentale fino alla Rivoluzione francese
e avrà fine formale solo con l’esperienza codificatoria.

     3. — Il ponte creato alla fine del secolo XV a seguito della Scoperta
e della Conquista dell’America Latina ha avvicinato Vecchio e Nuovo
Mondo grazie alla comunicazione di modelli istituzionali e normativi, ga-
rantendo il transito, prima attraverso il canale del ius commune, poi attra-
verso quello dei codici e delle costituzioni, della cultura giuridica da un con-
tinente all’altro. Appunto perché fondato sulla tradizione giuridica del
Vecchio Continente, il diritto vigente nei territori della Conquista, nei
suoi cinquecento anni di storia, riflette un modello di integrazione fra or-
dinamenti, offrendo lo spunto per studiare la funzionalità extraeuropea
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del modello di sistema giuridico fondato sull’integrazione di una varietà
di diritti particolari attorno ad un unico diritto comune.
      La storia giuridica dell’America Latina non può però essere letta solo
come una vicenda ‘esterna’ di esportazione di regole e modelli e di colo-
nizzazione. Essa induce a riflettere anche sui problemi rappresentati dalla
co-vigenza e dall’integrazione di più ordinamenti. Anche per questo a-
spetto l’America Latina può essere considerata uno specchio per l’Euro-
pa. Lo stesso ius commune, nella sua traiettoria moderna, non può essere
pienamente conosciuto senza considerare il modo in cui l’esperienza del-
la colonizzazione americana ha influito su di esso.
      L’assoggettamento delle Nuove Terre al sistema normativo europeo,
al diritto «antico» che da quattro secoli reggeva la vita dell’Europa, cre-
ando una interrelazione tra i diritti indigeni consuetudinari e il diritto im-
portato dalla Spagna, riprodusse di fatto il modello di integrazione fra di-
ritto degli ordinamenti universali e diritto degli ordinamenti particolari,
che costituiva il marchio del sistema europeo di diritto comune. Al tem-
po della Conquista questo modello di integrazione tra diritto comune
(sussidiario) e diritti propri (derogatori del diritto comune) viveva in Eu-
ropa, come abbiamo visto, la sua fase matura. Trasferito nel Nuovo
Mondo, quel modello non cambiava struttura, ma in parte solo contenu-
ti: iura propria erano il diritto castigliano e il diritto indiano; ius commune re-
stava l’utrumque ius composto dal connubio fra ius civile e ius canonicum. Ad
essere esportato, dunque, non era un semplice complesso di norme posi-
tive, ma un sistema logico-giuridico. Non si trattava solo di applicare la
legislazione castigliana ad un territorio diverso dalla penisola iberica, ma
di trapiantare il modello normativo e di organizzazione delle fonti fonda-
to sulla dialettica generale-particolare, ius commune-iura propria, con la par-
ticolarità che il diritto vigente nelle Indie era costituito da iura propria di
più aree giuridiche, quella spagnola e quella indiana.
      Il trapianto del sistema normativo europeo fu accompagnato e favo-
rito dal sumultaneo trapianto delle istituzioni del Vecchio Continente.
L’intero ambiente sociale delle nuove terre venne trasformato secondo il
modello dominante in Europa sin dalla bassa Età Media, a cominciare
dalla creazione di nuclei urbani con la denominazione di ciudades, cellule
primarie dell’ordinamento politico, centri di vita amministrativa, econo-
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mica, culturale e religiosa, sede del governo e della giustizia territoriale,
che rievocavano la civitas europea e il suo glorioso passato medievale.
     Un altro importante fattore di unificazione fu costituito dalla classe
dei giuristi. La tradizionale rilevanza di questo gruppo sociale, in Europa
e nella Spagna moderna, era determinato non solo dal prestigio della cat-
tedra universitaria, ma anche dalla centralità della presenza e della media-
zione dei doctores del diritto comune nelle attività amministrative e legisla-
tive delle città e in quelle giudiziarie dei tribunali cittadini, regi ed eccle-
siastici. La presenza dei giuristi spagnoli in America dopo la Conquista
coincise non a caso con la fondazione delle città e con la redazione dei
primi documenti normativi per le terre conquistate. Anche il modello ac-
cademico visse la sua vicenda di esportazione. Se in un primo tempo i
giuristi presenti in America erano originari della Penisola e formati nelle
sue università, a partire dalla seconda metà del secolo XVI furono fonda-
ti centri universitari nelle terre conquistate, che si svilupparono in sim-
biosi con la colonizzazione. Teologia, giurisprudenza e medicina furono,
in America come già in Europa, i saperi superiori. Fu dunque la cultura
giuridica con le sue categorie concettuali a rappresentare l’interfaccia tra
il Vecchio mondo medievale e il Nuovo mondo, la cui scoperta inaugu-
rava l’età moderna.
     Lo ius commune, che aveva dato e all’epoca della Conquista ancora
dava ottima prova di sé nel vecchio Continente, accomunando il vivere
giuridico degli ordinamenti di gran parte d’Europa, dimostrava, attraver-
so la colonizzazione, di poter fare da modello di integrazione per i paesi
del continente ibero-americano. Il panorama culturale, così come il con-
tenuto e l’ordine delle fonti normative, cambierà nell’America latina solo
nel XVIII secolo, in sincronia con la critica del sistema del diritto comu-
ne, del pluralismo delle fonti e degli abusi della giurisprudenza che carat-
terizzerà la cultura giuridica europea nel secondo Settecento, premessa
del nuovo ordine giuridico che si affermerà, di lì a poco, con l’avvento
delle costituzioni e dei codici. Ma anche questi sviluppi storici successivi
del diritto europeo condizionarono la parallela vicenda giuridica del
Nuovo Continente. All’inizio dell’Ottocento anche i giuristi centro-
sudamericani avviarono un intenso dibattito sull’inadeguatezza del siste-
ma del diritto comune. L’Europa continentale con il codice napoleonico
(1804) aveva rovesciato l’ordine legale dell’antico regime, abrogato ogni
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fonte normativa concorrente e instaurato un nuovo ordine legale fondato
sull’esclusività della legge statuale, sulla negazione del pluralismo norma-
tivo, sulla condanna dell’arbitrio interpretativo e sull’uguaglianza formale
dei soggetti. Anche nelle ex colonie spagnole d’America si fecero presto
strada iniziative di riforma, fra cui, appunto, quella codificatoria. E anco-
ra una volta, il modello per l’America Latina fu l’Europa.
      Analogo cambio d’epoca si realizzò all’inizio del XIX secolo in A-
merica Latina sul versante costituzionale, per l’influenza convergente del
costituzionalismo nordamericano ed europeo. Le prime costituzioni, sia
in Spagna sia nell’America centro-meridionale, portano i segni evidenti
delle carte costituzionali francese e nord-americana e furono tra loro con-
temporanee.

     4. — La realtà pluriordinamentale europea nell’età del diritto comu-
ne e quella analoga sviluppatasi nel Nuovo Mondo per effetto della colo-
nizzazione costituiscono importanti precedenti storici per discutere la
questione odierna dell’integrazione fra diritto comunitario e diritto interno dei
singoli Stati europei. Oggi, come allora, in Europa ci troviamo di fronte
alla contemporanea vigenza sullo stesso territorio di norme provenienti
da fonti ed autorità eterogenee, di iurisdictiones e di apparati normativi fra
loro correlati.
     Il sistema del diritto comune aveva risolto il problema dell’armoniz-
zazione delle diverse fonti normative ordinandole secondo un criterio che
non era gerarchico e verticale, ma concorrente e orizzontale. Quelle fonti
e quegli ordinamenti, a differenza di quanto avviene nei sistemi giuridici
codificati e a rigida sovranità statuale, non ricevevano legittimazioni
dall’esterno, ma si autolegittimavano in quanto espressioni spontanee
delle più diverse espressioni del sociale. Certamente, ciò era reso possibi-
le dalla mancanza di barriere geografiche, quelle che si sarebbero in seguito in-
terposte fra gli Stati a seguito dei processi di identificazione nazionale,
con conseguente riduzione ad unità delle fonti normative e pretesa esclu-
sività del diritto nazionale. Certamente, ciò era reso possibile anche dalla
lingua comune, il latino, e dalla tradizione giuridica comune, costituita dal diritto
imperiale romano, che ridimensionava e superava ogni confine, annul-
lando le distanze geografiche fra gli ordinamenti.
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      Oggi il diritto in Europa non parla più una lingua comune, ma il
processo di integrazione europea ha reso attuali le condizioni per la crea-
zione di un nuovo diritto comune che faccia da sfondo e coordini fra lo-
ro le autonomie giuridiche dei vari Stati membri. L’indebolimento della
sovranità esterna sotto i colpi dell’azione sovrastatuale dell’Unione euro-
pea e la scoperta del diritto comunitario come patrimonio comune dei
popoli europei suggeriscono un paragone e un collegamento con la co-
mune esperienza giuridica del passato. Anche oggi siamo in presenza di
un ordinamento a più livelli – municipale, regionale, nazionale, europeo
– in cui il giurista deve sapersi muovere facendo spazio anche alle fonti
sovrastatuali e alle fonti non legislative, alla consuetudine, alla dottrina e
alla giurisprudenza, seguendo una prospettiva che non solo rievoca, ma
affonda le sue radici nella storia giuridica europea. Oggi l’Unione euro-
pea sta per tagliare il traguardo della Costituzione unitaria, fondata sulla
mediazione fra identità culturali e ricerca di valori e tradizioni comuni,
favorita in questo passo dalla omogeneità socio-economica, dal comune
patrimonio storico e dal declino delle sovranità statuali.
      In questo contesto si può proporre un accostamento fra due età,
quella del diritto comune e quella del diritto comunitario, pur nella consapevo-
lezza dei contesti storici che rendono molto diversi fra loro i rispettivi in-
trecci pluriordinamentali e irripetibile l’esperienza del passato. Tuttavia
incuriosisce la coincidenza di problematiche. I rapporti fra ius commune e
iura propria sembrano offrire almeno un esempio di coordinamento e di
equilibrio fra un ordinamento (quello comunitario) e tanti ordinamenti (quelli
degli Stati membri). In fondo, è pur sempre un diritto universale (ieri lo
ius commune, oggi il diritto comunitario) a doversi inserire, come diritto posi-
tivo comune, nel tessuto giuridico degli ordinamenti particolari.
      Ma bisogna tenere bene a mente le differenze, oltre che di contesto
storico, anche di struttura.
      1) Il diritto comune era un diritto sussidiario. Esso era sempre in vigore
in tutti gli ordinamenti particolari, ma veniva applicato solo ove non vi
fossero norme ad hoc dell’ordinamento particolare. L’applicazione del di-
ritto comune era dunque un’applicazione di secondo grado, giacché
l’esistenza di una norma di diritto particolare che disciplinasse il caso
concreto aveva la forza di derogare alla norma di diritto comune contra-
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stante (ma non anche la forza di abrogarla implicitamente). Da qui due
vantaggi. Il primo era che un conflitto tra ius commune e iura propria non
poteva verificarsi. L’altro era che il sistema non conosceva lacune.
      2) Il diritto comunitario, al contrario, gode oggi di primaria (e non sus-
sidiaria) applicazione nel territorio dei singoli Stati membri. Le norme
comunitarie – sotto forma di regolamenti direttamente precettivi, e di diret-
tive, bisognose di legge interna di adeguamento – prevalgono sempre sul
diritto interno. Il giudice dello Stato membro che accerti l’esistenza di un
contrasto tra norma comunitaria e norma interna, deve disapplicare
quest’ultima. I principi generali di diritto comunitario non solo costitui-
scono una risorsa per colmare le lacune dell’ordinamento comunitario,
ma conformano la stessa produzione di norme dei singoli Stati membri,
svolgendo una funzione di armonizzazione e di riavvicinamento delle le-
gislazioni.
      In questa sua funzione il diritto comunitario ‘mima’ lo ius commune.
Anche lo ius commune, tra il XII e il XVIII secolo, aveva contribuito ad
avvicinare le legislazioni particolari di tutta Europa. E non solo di Euro-
pa, come abbiamo visto, ma anche di terre lontanissime, come quelle
americane. L’esperienza storica può dunque offrire utili spunti per sugge-
rire tecniche per l’integrazione delle fonti normative dell’Unione europea
e dei singoli Stati membri in un unico sistema.

      5. — Nell’orizzonte della definizione di nuove aree giuridiche omo-
genee si colloca anche il processo dell’unità giuridica europea. Il diritto
privato comune europeo è quel diritto che si sta cercando di creare
all’interno dell’Unione europea, nuovo «spazio giuridico» costituito
dall’unità politica degli Stati membri.
      Ma quanto potrà essere ‘nuovo’ il costruendo diritto europeo? Il
processo in realtà è circolare. Gran parte delle regole oggi incluse nei
trattati comunitari e create dalle fonti di produzione del diritto comunita-
rio riflettono terminologie, concetti, istituti appartenenti alle culture giu-
ridiche dei singoli Paesi membri. Questo fenomeno certamente agevola il
cammino verso la costruzione di un nuovo diritto comune, inteso come
corpus di regole in cui si riconoscono le diverse esperienze dei Paesi ap-
partenenti all’Unione.
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     Ma la costruzione dello spazio giuridico comune deve affrontare in-
terrogativi che sono di metodo e di contenuto. L’armonizzazione delle
legislazioni dovrà essere spontanea o autoritaria? Dovrà procedere per
settori di discipline o per interi comparti di materie? Quale peso nel pro-
cesso di costruzione del diritto privato europeo avranno le tradizioni?
Come si supererà l’antiteticità tra i due modelli ereditati dal medioevo eu-
ropeo e che ancora oggi caratterizzano due distinte aree dell’esperienza
giuridica europea: il diritto scritto e la case law? Quali valori condivisi assu-
merà il nuovo diritto comune in tema di persona, famiglia, successioni,
obbligazioni e contratti? E quali forme (‘codici’, ‘testi unici’, indirizzi giuri-
sprudenziali) prenderanno i nuovi corpi normativi?
     Questioni aperte, che impegneranno il lavoro dei giuristi d’Europa
nei prossimi anni.

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     in Codici. Una riflessione di fine millennio, a cura di P. Cappellini e B. Sordi,
     Milano, Giuffrè, 2004.
Guido Alpa, Diritto privato europeo. Come costruire l’unità nel rispetto della diversità, http:
     //www.astrid-online.it/Il-diritto/Studi--ric/Allpa_-Come-costruireunit--
     nel-rispe.pdf
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