Il cinghiale sull'arco alpino: status e gestione delle popolazioni
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Il cinghiale sull’arco alpino: status e gestione delle popolazioni ANDREA MONACO1, LUCILLA CARNEVALI1, FRANCESCO RIGA1, SILVANO TOSO1 RIASSUNTO più utilizzata è la braccata, seguita dall’appo- stamento e dalla girata, mentre il metodo più Dopo la sua ricomparsa sull’arco alpino ita- diffuso per il contenimento delle popolazioni è il liano nei primi decenni del XX secolo, il cinghia- tiro da appostamento fisso. Il confronto con alcu- le ha mostrato una lenta ma costante espansio- ni dati pregressi, riferiti al periodo 1998-1999, ne, arrivando a colonizzare anche ambienti sub- mostra un aumento annuo dei prelievi in caccia ottimali come le aree alpine, con la conseguente pari al 9,3%, mentre l’incremento annuo dei pre- comparsa di danni, talvolta ingenti, alle attività lievi in controllo si attesta al 22,3%. Tutte le pro- agricole e alle biocenosi naturali. In assenza di vince lamentano danni alle colture, ma solo il un quadro aggiornato della situazione del cin- 62% di queste ricorre ad interventi di prevenzio- ghiale sull’arco alpino è stata condotta un’inda- ne. Nel 2003 la spesa complessiva stimata per il gine mediante questionari distribuiti alle pro- risarcimento dei danni è di 1.100.000 euro e per vince interessate. L’adesione all’indagine è stata 3 province (Aosta, Torino e Cuneo) ha superato i completa, a testimonianza del notevole interes- 100.000 euro. Complessivamente la cifra inve- se che la specie suscita nelle amministrazioni stita sull’arco alpino per attività di prevenzione provinciali. I dati sui quali è stata condotta (soprattutto recinti elettrificati) è di almeno l’analisi riguardano unicamente le porzioni al- 100.000 euro. Il confronto con i dati del 1999 pine e prealpine delle province interpellate. mette in evidenza un aumento annuo degli im- Attualmente il cinghiale è presente in tutte le porti erogati per i risarcimenti pari al 6,8%. 21 province dell’arco alpino e in oltre la metà di Sulla base di questi due dati, il ‘costo’ medio di esse risulta distribuito in modo diffuso. un cinghiale abbattuto nell’arco alpino risulta L’andamento demografico delle popolazioni è in pari a 128 euro, con una elevata variabilità da aumento ovunque (incluse le aree di presenza provincia a provincia (minimo: 11 euro; massi- storica), ad eccezione di sole 5 province (Varese, mo: 433 euro). Per il futuro, in relazione ad un Lecco, Sondrio, Trento e Vicenza) in cui la consi- prevedibile ampliamento dell’area occupata dal- stenza può essere definita stabile. Introduzioni la specie e con essa dei conflitti legati agli im- illegali sono ancora frequenti, soprattutto in patti sulle biocenosi e sulle attività agricole e Lombardia e Veneto dove, peraltro, la diffusione zootecniche, sarà necessario sviluppare strate- della specie è ancora piuttosto localizzata. In 14 gie di gestione coordinate, articolate e commisu- delle 21 province alpine sono autorizzati sia la rate ad obiettivi espliciti e realistici al fine di caccia che il controllo numerico delle popolazio- anticipare l’insorgenza di situazioni critiche. ni, in 6 il prelievo è attuato unicamente in con- trollo e in una sola provincia (Verona) il prelievo è del tutto assente. Durante la stagione venato- ria 2003-2004 sono stati abbattuti circa 8.900 1. INTRODUZIONE capi a cui si aggiungono circa 1.900 capi abbat- tuti in controllo durante il 2003. Considerando Il cinghiale è in grado di occupare un’ampia questi dati, attualmente può essere stimata una varietà di habitat, dalla pianura intensamente popolazione minima di 25.000 cinghiali sull’arco coltivata e antropizzata, fino agli orizzonti alpini alpino italiano. La forma di prelievo venatorio e alle praterie di alta quota (Massei & Genov 1) Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, “Alessandro Ghigi” 5
Report Centro Ecologia Alpina 38 (2006) Fig. 2 - Serie storica degli abbattimenti di cinghiale effettuati nel periodo 1977-1998 nella fascia alpina Fig. 1 - Incremento demografico delle popolazioni di della Provincia di Torino (ristampata con il permesso cinghiale in diversi paesi europei nel periodo 1965- degli autori da D’Andrea et al 2001). 1984: (1) Spagna, (2) Francia, (3) Finlandia, (4) Rus- sia europea, (5) Repubblica Ceca e Slovacchia, (6) Svizzera (Figura 1 da Sàez-Royuela e Tellerìa 1986; ristampato con il permesso di Mammal Review). del patrimonio faunistico, lo stesso non può dirsi della porzione alpina e prealpina nella quale la specie si è estinta probabilmente nella prima metà del XVIII sec. ed è ricomparsa solo agli ini- 2004). La grande adattabilità alle più disparate zi del XX (Ghigi 1911). Benché la specie risulti condizioni ecologiche che caratterizza questa spe- ormai presente in tutte le province dell’arco al- cie è l’elemento essenziale per comprendere il pino (da Imperia ad Udine; Figura 3), in gran considerevole ampliamento dell’areale avvenuto parte di questo territorio il cinghiale rappresen- in tutta Europa negli ultimi decenni (Figura 1). ta ancora una sorta di ‘alieno’ del quale si ritro- La rapidità con la quale si è verificato questo vano scarse tracce nella memoria collettiva e fenomeno espansivo è legata a molteplici cause, nelle tradizioni venatorie locali. Nonostante ciò, alcune delle quali dovute all’azione dell’uomo per gran parte delle province alpine assistiamo (introduzioni, incroci con le forme domestiche, ad una transizione progressiva verso l’ingresso spopolamento delle campagne) e altre connesse stabile del cinghiale tra la fauna oggetto di ge- alle peculiarità biologiche della specie (p.es. stione faunistico venatoria, analogamente a l’elevato potenziale riproduttivo). quanto avvenuto negli scorsi decenni nelle pro- Sebbene l’habitat più favorevole per il cin- vince di meno recente colonizzazione della spe- ghiale possa essere individuato nelle formazioni cie (Imperia, Torino, Cuneo, Udine). boschive a querce alternate ad arbusteti e pa- La presenza del cinghiale in un ambiente scoli (purché in presenza di una sufficiente di- quale quello alpino e montano comporta proble- sponibilità d’acqua), è innegabile che esso possa matiche in parte diverse da quelle tipicamente insediarsi stabilmente e manifestare ottime per- riscontrate nelle aree appenniniche o planiziali formance riproduttive anche in ambienti appa- (si pensi ad esempio all’impatto esercitato dal- rentemente sfavorevoli. È questo il caso, ad l’attività di scavo sulle praterie di alta quota) e esempio, degli habitat più propriamente alto- che, pertanto, necessita di approcci gestionali montani e alpini del settore occidentale dell’arco originali, parzialmente ancora inesplorati. A dif- alpino (dalle Alpi liguri fino alla Valle d’Aosta) ferenza di quanto avviene per gli altri Ungulati, che, ricolonizzati dal cinghiale quasi un secolo la portata delle problematiche è tale da rendere fa, hanno visto nel recente passato la progressi- molto alto il livello di interesse dei tecnici e degli va e piena affermazione della specie sia in ter- amministratori sia per l’evolversi della distribu- mini distributivi che di dimensioni delle popola- zione e dello status della specie sia per lo scam- zioni (Figura 2). bio di esperienze gestionali acquisite in questi Se per l’Italia appenninica e insulare il cin- anni. È proprio cogliendo questo interesse che ghiale costituisce un elemento caratterizzante l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (in 6
Monaco, Carnevali, Riga & Toso collaborazione con il Centro di Ecologia Alpina e mazioni riguardanti la distribuzione e lo status l’Associazione Cacciatori Trentini) ha realizza- della specie, nonché la tendenza mostrata dalle to, mediante l’invio di un questionario alle am- popolazioni negli ultimi anni; le sezioni succes- ministrazioni competenti (Regioni, Province, sive riguardavano gli aspetti più propriamente Aree protette), un’indagine conoscitiva sulla si- di carattere gestionale, vale a dire il prelievo tuazione distributiva e gestionale della specie (caccia e controllo), il monitoraggio delle popola- nelle Alpi i cui risultati costituiscono il tema zioni, l’impatto sulle colture agricole e la pre- della presente pubblicazione. venzione dei danni. Il presente articolo rappresenta il primo qua- Sebbene le fonti classiche (Touring Club dro di sintesi esaustivo realizzato sull’argomen- Italiano 1957) definiscano l’arco alpino come de- to, che completa ed aggiorna le informazioni limitato ad occidente dal Passo di Cadibona (m. contenute nelle uniche due indagini pregresse 459), sopra Savona (Regione Liguria), e ad orien- esistenti (Carnevali et al 2000; Pedrotti et al te dal Passo di Vrata (m. 879), poco distante da 2001), la prima relativa al periodo 1998-1999 la Fiume (Regione Friuli-Venezia Giulia), l’area seconda al 1999-2000. scelta per l’indagine corrisponde alla porzione alpina e prealpina di ciascuna provincia dell’ar- co alpino italiano (Figura 3). Tale scelta, che ha comportato la scorporazione dei dati relativi al- 2. MATERIALI E METODI le zone collinari o di pianura di ciascuna provin- cia, trova giustificazione sia nella volontà di ri- L’indagine è stata condotta mediante un que- ferirsi ad un’unità spaziale omogenea dal punto stionario (vedi Appendice II) composto da sei di vista ambientale che nella necessità di fare sezioni. La prima sezione era dedicata alle infor- riferimento alle unità territoriali di gestione Fig. 3 - Area d’indagine: Regione Liguria (Provincia di: Imperia, IM); Regione Autonoma Valle d’Aosta (Provincia di Aosta, AO); Regione Piemonte (Province di: Cuneo, CN; Torino, TO; Biella, BI; Vercelli, VC; Verbania, VB); Re- gione Lombardia (Province di: Como, CO; Lecco, LC; Bergamo, BG; Sondrio, SO, Brescia, BS); Regione Autonoma Trentino-Alto Adige (Province di: Trento, TN; Bolzano, BZ); Regione Veneto (Province di: Verona, VR; Vicenza, VI; Treviso, TV; Belluno, BL); Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia (Province di: Pordenone, PN; Udine, UD). 7
Report Centro Ecologia Alpina 38 (2006) faunistico-venatoria esistenti (quasi sempre i monetario, si è scelto di considerare quest’ulti- Comprensori Alpini) per i quali risultavano di- mo. Sempre per quanto riguarda i danni, solo in sponibili i dati richiesti. un caso è stata fornita anche la cifra relativa ai Il questionario è stato inviato a tutte le ammi- risarcimenti delle collisioni con autoveicoli che nistrazioni provinciali dell’arco alpino o, in alter- non è stata considerata nell’analisi. Infine, in al- nativa, alle regioni, nei casi in cui fossero queste cuni casi, relativi agli importi erogati per i risar- ultime in possesso dei dati di sintesi relativi alle cimenti o per attività di prevenzione, le province singole province. Nell’indagine sono state com- non sono state in grado di quantificare con esat- prese anche le aree protette, sia nazionali che re- tezza il dato richiesto che, pertanto, è stato sti- gionali; alcune di queste sono state contattate di- mato sulle base delle informazioni disponibili. rettamente mentre per le restanti le informazio- L’analisi complessiva è stata condotta su ba- ni sono state fornite dalle regioni (Piemonte e se provinciale, rendendo necessaria per i dati re- Friuli Venezia Giulia). Tutte le amministrazioni lativi alle singole aree protette l’aggregazione a contattate hanno riconsegnato il questionario de- quelli delle province di appartenenza. bitamente compilato per cui la presente indagine copre la totalità dell’area di indagine. L’anno a cui fa riferimento la presente inda- gine è il 2003 (stagione 2003-2004 per il prelievo 3. RISULTATI venatorio), ad eccezione di pochissimi casi, per lo più riferiti alle informazioni sul risarcimento dei danni, per i quali risultavano disponibili 3.1 Evoluzione storica e status attuale unicamente i dati del 2002. delle popolazioni Preventivamente all’analisi finale è stato ne- cessario un trattamento dei dati al fine di uni- Il cinghiale è presente nella porzione alpina e formarli e renderli confrontabili o cumulabili. In prealpina di tutte le 21 province interessate dal- alcuni casi si è scelto di categorizzare i dati in l’indagine (Figura 4). Nelle porzioni occidentale modo da ottenere una rappresentazione grafica ed orientale dell’arco alpino italiano la distribu- maggiormente comprensibile. Nel caso delle in- zione è di tipo diffuso, mentre nel settore centra- formazioni relative ai danni, in presenza sia del- le la presenza risulta estremamente localizzata. la cifra stimata che dell’effettivo risarcimento L’unica provincia in cui il cinghiale non ha anco- Fig. 4 - Status distributivo delle popolazioni di cinghiale nelle province delle Alpi italiane. 8
Monaco, Carnevali, Riga & Toso ra dato vita a nuclei di popolazione stabili è espansione naturale dalla Francia sud-orientale Bolzano, benché nell’ultimo anno (2004) si sia e dalla Slovenia, successivamente ai quali la spe- verificato un consistente incremento delle se- cie non ha immediatamente ampliato in modo si- gnalazioni nel settore orientale della provincia, gnificativo il proprio areale. Nel frattempo, all’in- tale da far supporre un tentativo in atto di colo- terno del mondo venatorio, andava aumentando nizzazione stabile ad opera della specie l’interesse per una specie che da alcuni era vista (Carmignola & Gerstgrasser 2005). come preda alternativa ai tradizionali ungulati Per quanto concerne l’evoluzione temporale alpini (cervo, capriolo e camoscio) che, sebbene in della ricolonizzazione delle Alpi da parte del cin- ripresa demografica dopo la contrazione durata ghiale (Figura 5) si è già detto che le aree di pre- fino al secondo dopoguerra, localmente risultava- senza storica sono due: il comprensorio ligure- no presenti a densità piuttosto contenute. Inoltre, piemontese (province di Torino, Cuneo e Imperia), la caccia al cinghiale con l’uso dei cani da seguita in cui il cinghiale è comparso oltre 80 anni fa sembrava poter sostituire, almeno in parte, quel- (1919: Col di Tenda (CN), 1919-1920: Val di Susa la tradizionale alla lepre, specie la cui consisten- (TO), 1920: Val Varaita (CN); De Beaux & Festa, za era nel frattempo fortemente diminuita nel- 1927), e quello friulano (provincia di Udine), in l’area alpina. Tutto questo ha condotto, nel corso cui la specie è segnalata con certezza da almeno degli anni settanta, in concomitanza con il cre- 50 anni (ingresso dalla Slovenia nelle Valli del scente benessere economico, al diffondersi della Natisone nell’ultimo dopoguerra). Per le restan- pratica delle introduzioni a scopo venatorio che, ti province alpine la ricomparsa del cinghiale è ad incominciare dalla Lombardia (la popolazione un evento recente, avvenuto tra 20 e 30 anni fa della Valle d’Aosta sembra essersi originata per per la Valle d’Aosta e per alcune province lom- irradiamento spontaneo dalla Savoia, Francia e barde (Varese, Bergamo e Brescia), e meno di 20 dal Piemonte; AA.VV. 2001), si sono ripetutamen- anni fa per tutte le altre. Nelle province di te verificate e tutt’oggi continuano. A partire dal- Vercelli, Lecco e Sondrio la specie risulta pre- le popolazioni originate per immigrazione natu- sente addirittura da meno di 10 anni. rale, nonché dai piccoli nuclei creati dall’uomo, il Una possibile schematizzazione delle tappe cinghiale, dotato di un’intrinseca elevata capaci- attraverso le quali il cinghiale si è affermato su tà di recupero demografico, ha finito per diffon- tutto l’arco alpino comincia a partire dai due dersi progressivamente fino a raggiungere l’am- eventi storici di ricolonizzazione, avvenuti per pia distribuzione attuale. Fig. 5 - Evoluzione temporale della comparsa delle attuali popolazioni di cinghiale nelle province delle Alpi italiane. 9
Report Centro Ecologia Alpina 38 (2006) Fig. 6 - Tendenza delle popolazioni di cinghiale nelle province delle Alpi italiane. In termini di andamento evolutivo (Figura 6) le popolazioni appaiono attualmente quasi ovun- que in incremento numerico, con poche eccezio- ni, tutte relative a province poste nelle porzioni centrale e centro-orientale dell’arco alpino, nelle quali il cinghiale sembra essere numericamente stabile. A tal riguardo è interessante notare la completa assenza di una correlazione tra ‘età’ delle popolazioni e attuale andamento demogra- fico, come dimostra la tendenza all’incremento delle storiche popolazioni piemontesi e friulane. Con buona probabilità l’assenza di tale relazio- ne sta ad indicare l’esistenza di popolazioni il cui status demografico e/o distributivo è ancora ben al di sotto delle potenzialità espresse dal- l’ambiente. Infatti, se si confronta l’attuale area di distribuzione della specie (Figura 7) con la mappa ottenuta a partire dal modello di idonei- tà ambientale elaborato per il cinghiale nell’am- bito della Rete Ecologica Nazionale (Boitani et al 2002; Figura 8), si può notare la presenza di vaste aree caratterizzate da un buon grado di idoneità nelle quali essa risulta ancora assente. Nella realtà il modello di idoneità ambientale potrebbe perfino sottostimare le potenzialità del territorio, in particolare della fascia alto-monta- na e alpina delle Alpi. Un caso esemplare in tal senso è quello della Valle d’Aosta che, nonostan- te mostri un territorio con caratteristiche am- Fig. 7 - Distribuzione storica e attuale del cinghiale nel- bientali apparentemente poco idonee, almeno le Alpi italiane (modificato da Apollonio et al 1988). 10
Monaco, Carnevali, Riga & Toso Una situazione analoga a quella della Valle d’Aosta, potrebbe anche innescarsi successiva- mente al superamento di una data soglia di consistenza delle popolazioni, evidentemente a tutt’oggi ancora non raggiunta, in situazioni per certi versi analoghe delle alpi centrali e centro-orientali (province di Sondrio, Trento, Bolzano e Belluno). In termini di diffusione delle popolazioni, un ruolo determinante può essere svolto dalla pratica delle immissioni di soggetti a scopo ve- natorio, purtroppo ancora in uso in molte aree delle Alpi (Figura 9). Tutte le immissioni, pro- babili o accertate, segnalate in quasi il 40% delle province, sono di tipo illegale, a riprova della presa d’atto da parte delle amministra- zioni provinciali alpine della sconsideratezza di qualsiasi operazione volta ad incrementare in maniera artificiale la presenza di una specie in grado di esercitare un forte impatto negati- Fig. 8 - Modello di idoneità ambientale per il cinghia- vo sulle attività economiche. La scelta di ‘chiu- le elaborato nell’ambito del progetto Rete Ecologica sura’ nei confronti della diffusione della specie Nazionale (da Boitani et al 2002). è un esempio di gestione oculata delle risorse faunistiche nel rispetto degli interessi del- l’agricoltura che non deve essere considerata secondo quelli che classicamente vengono rite- scontata, come dimostra la persistenza della nuti i parametri ecologici ottimali per la specie, pratica delle immissioni di cinghiale a scopo ha visto incrementare le consistenze e la distri- venatorio ancor oggi condotta da parte di di- buzione del cinghiale fino all’occupazione stabi- verse amministrazioni provinciali del centro e le di tutta la superficie regionale. del sud Italia. Figura 9: Quadro di sintesi delle immissioni illegali di cinghiale nelle province delle Alpi italiane. 11
Report Centro Ecologia Alpina 38 (2006) Un ruolo cruciale nel favorire la pratica delle dati disponibili non permettono di delineare un immissioni di cinghiale viene spesso assunto da- quadro di sintesi per l’intera porzione alpina del gli allevamenti, legali e abusivi, che proliferano paese; tuttavia, indagini condotte a livello locale sul territorio. Purtroppo, al momento attuale, i (Figura 10) danno un’idea dell’ampia diffusione degli allevamenti che richiederebbe da parte delle autorità preposte una costante e rigorosa verifica sulla provenienza, destinazione e status sanitario degli animali prodotti. 3.2 Gestione delle popolazioni 3.2.1 Prelievo Il cinghiale risulta cacciabile in 14 delle 21 province interessate dall’indagine (Figura 11). In Veneto, Trentino-Alto Adige e nella Provincia di Sondrio, la specie non viene cacciata ma sot- toposta solo a piani di controllo, con la sola ecce- zione di Verona, nella quale, attualmente, non è prevista alcuna forma di prelievo. Tra le provin- ce in cui il cinghiale non viene cacciato, un caso particolare è quello di Trento dove il prelievo, formalmente considerato come ‘controllo’, pre- senta caratteristiche e modalità di svolgimento quantomeno intermedie tra caccia e controllo. Tra le province dove si caccia il cinghiale, so- lo a Lecco e Pordenone (entrambe caratterizzate Fig. 10 - Distribuzione degli allevamenti di cinghiale da popolazioni originatesi di recente) non si ri- nella regione Veneto su base comunale (ristampata con corre ad interventi di controllo per il suo conte- il permesso degli autori da Nicoloso et al 2004)). nimento. Fig. 11 - Tipologie di prelievo del cinghiale attuate nelle province delle Alpi italiane. 12
Monaco, Carnevali, Riga & Toso Fig. 12 - Entità del prelievo venatorio del cinghiale nelle province delle Alpi italiane. Il dato ufficiale relativo al prelievo venatorio prattutto settentrionali), poiché vi si realizzano effettuato nella stagione 2003-2004 nelle 14 pro- carnieri annuali di almeno un migliaio di capi vince dell’arco alpino italiano in cui si pratica la (Figura 13). A tal proposito, si consideri che, co- caccia ammonta a 8.890 cinghiali con una media me illustrato nella premessa metodologica, i da- di 635 capi per provincia e una densità di prelievo ti riportati sono riferiti unicamente ai compren- pari a 3,6 capi abbattuti ogni 10 km2 di superficie. sori alpini e prealpini, mentre i prelievi com- Il confronto rispetto al dato pregresso, risalente alla stagione 1998-1999, mette in luce un aumen- to complessivo del 46,4% che corrisponde ad un incremento annuo del prelievo pari al 9,3%. Prelievi in caccia In termini quantitativi (Figura 12) il prelievo in caccia raggiunge i suo livelli massimi nelle N° di province 5 due province piemontesi di presenza storica del cinghiale: Torino (oltre 1.700 capi abbattuti al- 4 l’anno) e Cuneo (oltre 2.500 capi). Altre 4 provin- 3 ce (Imperia, Aosta, Varese e Como) presentano carnieri piuttosto consistenti, compresi tra 500 2 e 1.000 capi, tra queste va segnalato il caso di Imperia dove, nonostante la ridotta superficie 1 del comprensorio alpino, nel 2003 sono stati pre- 0 levati ben 945 cinghiali. meno 200 200-500 500-1000 oltre 1000 In termini generali è interessante notare che N° di capi prelevati per quanto concerne l’entità del prelievo venato- rio diverse province alpine presentano situazio- Fig. 13 - Ripartizione delle province alpine in catego- ni simili o prossime a quelle appenniniche (so- rie relative al numero dei cinghiali cacciati. 13
Report Centro Ecologia Alpina 38 (2006) Fig. 14 - Densità di prelievo venatorio del cinghiale nelle province delle Alpi italiane. plessivi di alcune delle province indagate sono cie risulta piuttosto debole (Figura 15): infatti di gran lunga superiori a quelli considerati nella accanto a province in cui, nonostante la presen- presente indagine (p.es. Imperia: 3.098 capi). za storica della specie, le densità di prelievo ri- Se si riconsidera il dato dei carnieri in termi- mangono piuttosto basse (p.es. Udine), ve ne so- ni di densità di prelievo (Figura 14) sono le por- no alcune in cui, nonostante la comparsa relati- zioni alpine delle province di Biella, Varese e so- vamente recente del cinghiale, i prelievi per uni- prattutto Imperia a raggiungere i valori più ele- tà di superficie risultano già consistenti (p.es. vati, mentre la maggior parte delle restanti pro- Como e Biella). vince rimane al di sotto della soglia dei 2 capi Dall’analisi dei dati relativi alle modalità abbattuti ogni 10 km2 di superficie. La correla- adottate per il prelievo venatorio emerge che le zione diretta che ci si potrebbe attendere tra province che utilizzano una sola tecnica sono cin- densità di prelievo e anni di presenza della spe- que, mentre le restanti abbinano due o addirittu- 30 Tecniche di caccia 100% Densità di prelievo in caccia (capi/10 km2) 25 20 80% 15 60% 10 40% 5 20% 0 0 20 40 60 80 100 Anni di presenza del cinghiale 0% braccata appostamento girata battuta Fig. 15 - Relazione tra gli anni di presenza del cin- Fig. 16 - Utilizzo relativo delle diverse tecniche di pre- ghiale e la densità di prelievo venatorio nelle province lievo venatorio del cinghiale nelle province delle Alpi delle Alpi italiane. italiane. 14
Monaco, Carnevali, Riga & Toso Fig. 17 - Entità del prelievo del cinghiale in regime di controllo nelle province delle Alpi italiane. ra tre diverse modalità di prelievo (Torino, Cuneo, cia preleva più di 100 capi all’anno in controllo. Biella e Como). Tra le diverse tecniche la bracca- In realtà, se si osserva la distribuzione geografi- ta risulta in assoluto la più praticata (86% dei ca del controllo con maggior dettaglio, essa ri- casi), seguita dall’abbattimento da appostamen- sulta molto più disomogenea, poiché il 58% del to, dalla girata e dalla battuta (Figura 16). In prelievo avviene in sole due province, Torino e nessuna provincia alpina la caccia da apposta- Aosta; in quest’ultima il numero di capi abbat- mento è utilizzata come tecnica esclusiva, men- tuti è addirittura di poco superiore a quello degli tre solo a Varese e Lecco il prelievo venatorio vie- animali prelevati in caccia (603 contro 600). Il ne effettuato senza l’ausilio di cani (battuta). numero di province caratterizzate da prelievi Per quanto concerne il prelievo extra-venato- numericamente limitati è maggioritario (56%), rio, finalizzato al contenimento delle popolazio- a riprova del fatto che anche sull’arco alpino lo ni, il dato ufficiale relativo al 2003 ammonta a strumento del controllo viene ampiamente uti- 1.857 cinghiali abbattuti nelle 18 province del- l’arco alpino italiano in cui si pratica il controllo, con una media pari a 103 capi per provincia e Prelievi in controllo una densità di prelievo pari a 0,4 abbattuti ogni N° di province 6 10 km2 di superficie. Il confronto rispetto al dato pregresso, risalente al 1999, mostra un aumento 5 complessivo molto marcato (89,2%), corrispon- 4 dente ad un incremento annuo del 22,3%. 3 Dal punto di vista quantitativo la ripartizio- ne geografica degli abbattimenti in regime di 2 controllo appare, con poche eccezioni (Imperia, 1 Biella e Trento), bipartita, cioè caratterizzata da prelievi essenzialmente medi e medio-alti nel 0 meno 10 10-50 50-100 oltre 100 settore occidentale dell’arco alpino e bassi e me- N° di capi prelevati dio-bassi in quello orientale (Figura 17). Nonostante l’estremo orientale delle Alpi costi- Fig. 18 - Ripartizione delle province alpine in catego- tuisca un’area di presenza storica della specie, rie relative al numero dei cinghiali abbattuti in regime ad est della Regione Piemonte nessuna provin- di controllo. 15
Report Centro Ecologia Alpina 38 (2006) Fig. 19 - Densità di prelievo in regime di controllo del cinghiale nelle province delle Alpi italiane. lizzato più che per un effettivo contenimento delle 4 province di presenza storica (Udine, delle consistenze come strumento volto alla ri- Torino e Imperia) si assestano su densità di pre- duzione dei conflitti sociali (Figura 18). lievo inferiori a 1 capo abbattuto ogni 10 km2 di Considerando le densità di prelievo (Figura superficie, mentre le province con i valori massi- 19) sono le province di Varese, Aosta, Cuneo e mi di densità, ad eccezione di Cuneo, ospitano il Vercelli a raggiungere i valori maggiori, mentre cinghiale da meno di 30 anni. In questo caso, la maggior parte delle restanti province rimane tuttavia, va considerato che, a differenza di al di sotto della soglia dei 0,5 capi abbattuti ogni quanto detto per la caccia, la natura spesso più 10 km2 di superficie. Ancor più che per il prelie- politica che tecnica delle valutazioni che deter- vo in caccia, nel caso del controllo la correlazio- minano la scelta del ricorso al contenimento del- ne tra densità di prelievo e anni di presenza del- le popolazioni rende meno lecito attendersi l’esi- la specie è molto labile (Figura 20); non a caso 3 stenza della correlazione in questione. 2,5 Densità di prelievo in controllo (capi/10 km2) 2,0 100% 1,5 80% 1,0 60% 40% 0,5 20% 0,0 0 20 40 60 80 100 Anni di presenza del cinghiale 0% appostamento girata battuta braccata catture cerca con faro Fig. 20 - Relazione tra gli anni di presenza del cin- Fig. 21 - Utilizzo relativo delle diverse tecniche di pre- ghiale e la densità di prelievo in regime di controllo lievo per il contenimento del cinghiale nelle province nelle province delle Alpi italiane. delle Alpi italiane. 16
Monaco, Carnevali, Riga & Toso Fig. 22 - Entità dei risarcimenti per i danni causati dal cinghiale nelle province delle Alpi italiane. Le tecniche adottate per il contenimento del- 3.2.2 Monitoraggio le popolazioni di cinghiale sull’arco alpino, seb- A conclusione di questo capitolo sulla gestio- bene in parte analoghe a quelle utilizzate per il ne della specie si riportano alcuni dati relativi prelievo venatorio, presentano differenze so- alle diverse forme di monitoraggio attuate sul- stanziali in termini di utilizzo relativo (Figura l’arco alpino. Un monitoraggio (seppur minimo) 21). L’abbattimento da appostamento risulta di delle caratteristiche dei capi prelevati in caccia gran lunga la forma di prelievo più utilizzata viene realizzato da tutte le province interessate, (78%), mentre tra le tecniche alternative la gira- a differenza di quanto accade per i capi preleva- ta è l’unica ad avere una certa diffusione (39% ti durante l’attività di controllo, per i quali in dei casi). Le differenze di approccio esistenti ri- una provincia su tre non vengono raccolte in spetto al prelievo venatorio emergono chiara- modo sistematico nemmeno le informazioni di mente anche dalla presenza di ben dieci provin- base (sesso, età e peso). Per quanto riguarda, in- ce (56% dei casi) che impiegano tecniche che non fine, le stime di consistenza solo il 43% delle pro- prevedono l’ausilio di cani, metà delle quali uti- vince alpine realizza tali operazioni con cadenza lizzano per gli abbattimenti esclusivamente annuale, mentre il restante 57%, per i motivi l’appostamento. più disparati (mancanza di personale, difficoltà Riassumendo quanto detto fino ad ora, il di applicazione, ridotta efficacia dei metodi di prelievo ufficiale complessivo (sia caccia che stima, densità troppo esigue, ecc.) attua la ge- controllo) effettuato sull’arco alpino nel 2003 stione senza avvalersi del dato relativo all’evo- ammonta a 10.747 cinghiali. Sulla base di luzione delle consistenze. questo dato e in considerazione di alcuni ele- menti tra cui: gli immancabili prelievi non di- chiarati, le ampie porzioni di territorio protet- 3.3 Impatto sulle attività antropiche te o nelle quali la specie non risulta cacciata, e, in ultima analisi, le informazioni disponibi- Tutte le 21 province alpine interessate dal- li in merito all’incidenza percentuale del pre- l’indagine presentano danni all’agricoltura cau- lievo venatorio sulle dimensioni complessive sati dal cinghiale; tra queste solo nella provincia delle popolazioni, si ritiene plausibile la stima di Bolzano, in relazione alla presenza sporadica di almeno 25.000 cinghiali presenti sull’arco della specie, i danni sono esigui a tal punto da alpino italiano. risultare difficilmente quantificabili. L’unica 17
Report Centro Ecologia Alpina 38 (2006) provincia per la quale non si hanno informazio- ni quantitative è Belluno sebbene, nel contesto N° di province 10 alpino e prealpino veneto, rappresenti la provin- cia caratterizzata dalla presenza più diffusa 8 della specie (Nicoloso et al 2004). 6 Complessivamente l’importo dei risarcimenti per danni da cinghiale è pari a circa 1.100.000 4 euro, con una media di circa 57.900 euro per pro- vincia. Purtroppo, la lacunosità del dato pre- 2 gresso (1999) permette solo un confronto parzia- 0 le; su un campione di sette province si rileva un .0 00 € 00 0€ .0 00 € 00 0€ ar c iti on i bi le 10 0. 00 0. ris -5 10 sp aumento complessivo del 27,1%, che corrispon- m en o 10 50-1 ol tre no n no n di de ad un incremento annuo degli esborsi pari al Ammontare dei risarcimenti 6,8%. In termini quantitativi (Figura 22) è l’intero Fig. 24 - Ripartizione delle province alpine in catego- settore occidentale dell’arco alpino, con l’unica rie relative all’entità dei risarcimenti per i danni cau- eccezione di Imperia, ad essere caratterizzato sati dal cinghiale. dalla situazione più critica; ad oriente solo la provincia di Udine presenta un livello medio-al- to di esborsi per i danni da cinghiale. Un caso molto interessante è quello della Valle d’Aosta che, a fronte di una comparsa piuttosto recente 160 Migliaia di euro della specie, eroga per i risarcimenti una cifra 140 decisamente considerevole (150.000 euro; Figura 120 23). Per contro, se si sommano gli importi di 3 delle 4 province di presenza storica del cinghiale 100 (Torino, Cuneo e Udine) si ottiene un importo 80 pari a circa il 50% dell’esborso erogato in tutto 60 l’arco alpino. 40 Analogamente a quanto visto nel caso dei 20 carnieri, anche la ripartizione dei risarcimenti 0 in classi di importi crescenti (Figura 24) mette 1994 1995 1996 1997 1998 in luce, almeno per quel 35% di province che ero- Fig. 23 - Serie storica dei risarcimenti erogati per i ga somme annuali superiori a 50.000 euro, una danni causati dal cinghiale in Valle d’Aosta nel perio- situazione che ormai si può definire di tipo ‘ap- do 1994-1998 (ristampato da AA.VV. 2001). penninico’. Per poter effettuare un’adeguata valutazione delle cifre sopra riportate è indispensabile fare una precisazione in merito alla natura dei dati Tipologie colturali danneggiate forniti dalle amministrazioni. Molte delle cifre disponibili sono da considerarsi una stima per difetto di quelle reali in quanto il dato dichiara- to corrisponde in molti casi alle somme risarcite Altro 5,5% anziché ai danni effettivamente rilevati nel cor- so delle perizie (p.es. la Provincia di Pordenone Vigneti ha stimato per il 2003 23.788 euro di danni e ne 4,0% ha liquidati 13.000). I motivi di tale incongruen- Prati e prati-pascolo 81,0% Patate za sono diversi: in alcuni casi la legge regionale 9,5% o il regolamento provinciale prevedono un in- dennizzo non completo del danno subito; in altri annualmente viene definito un capitolato di spe- sa fisso per gli indennizzi esaurito il quale i dan- ni non vengono compensati (p.es. Aosta), in altri Fig. 25 - Le diverse tipologie colturali danneggiate dal ancora le province istituiscono una franchigia cinghiale in Valle d’Aosta nel periodo 1994-1998 (ri- (in genere di poche centinaia di euro) sotto la stampato da AA.VV. 2001). 18
Monaco, Carnevali, Riga & Toso quale il danno non viene considerato risarcibile Purtroppo, la qualità delle informazioni rela- (p.es. Trento). Tutto questo senza considerare i tive alle somme investite è estremamente varia- danni ‘sommersi’, cioè quelli per i quali i risarci- bile da provincia a provincia, risultando in molti menti non vengono volontariamente richiesti, casi lacunosa se non addirittura mancante. molto spesso a causa della sfiducia nei confronti L’importo complessivo degli investimenti fina- dell’ottenimento dell’indennizzo o dell’inade- lizzati alla prevenzione dei danni, calcolato su guatezza delle somme erogate. un campione di 9 province, è pari a circa 59.500 La definizione di una sintesi in merito alle ti- euro con una media di circa 6.600 euro per pro- pologie colturali danneggiate è di fatto impossi- vincia. La mancanza delle somme relative ad un bile in quanto strettamente dipendente dalle terzo del campione e l’approssimazione per di- colture localmente predominanti, peraltro in fetto di alcune di quelle disponibili fa ritenere parte soggette a variazioni periodiche dovute plausibile una stima pari a non meno di 100.000 agli incentivi comunitari. In linea generale euro complessivamente investiti per attività di emerge l’impatto ricorrente su prati e prati-pa- prevenzione sull’arco alpino. scolo, per i quali le operazioni di ripristino, a Dal confronto con il dato pregresso relativo al causa dei costi elevati, non vengono sempre fi- 1999, per quanto condotto su un campione di so- nanziate dalle amministrazioni. A titolo di esem- le 9 province, si evince un esorbitante aumento pio si riporta (Figura 25) il dato relativo alla complessivo del 1551% pari al 387% su base an- Valle d’Aosta, rappresentativo degli impatti nua, effetto dell’assenza totale di prevenzione, esercitati dalla specie in un contesto ambientale nel 1999, nella maggior parte delle province uti- di tipo alpino. lizzate per il confronto. Sebbene i danni alle colture si manifestino in La rappresentazione cartografica degli im- tutte le province considerate, solo il 62% di que- porti investiti per attività di prevenzione (Figura ste ricorre alle tecniche attualmente disponibili 26) è piuttosto interessante in quanto mette in per la prevenzione diretta del danno. Per impe- luce un nucleo di intervento concentrato nel set- dire fisicamente l’accesso del cinghiale alle col- tore centro-occidentale dell’arco alpino e l’as- ture si utilizzano quasi ovunque le due tipologie senza di qualsiasi dato (per mancata quantifica- classiche di recinzione, elettrificata e fissa, uti- zione o per assenza di prevenzione) ad est delle lizzate rispettivamente nel 69% e nel 46% dei province di Bergamo e Sondrio. Il quadro che casi. emerge indica una forte disomogeneità di atteg- Fig. 26 - Entità degli investimenti per la prevenzione dei danni causati dal cinghiale nelle province delle Alpi italiane. 19
Report Centro Ecologia Alpina 38 (2006) l’indennizzo e alla prevenzione dei danni da cin- ghiale sull’arco alpino è stimabile in circa N° di province 8 1.200.000 euro. Circa il 95% di tale somma è re- lativa a province nelle quali il cinghiale è specie 6 cacciabile e che hanno totalizzato per la stagio- ne 2003-2004 un prelievo pari a 8.890 capi. Sulla 4 base di questi due dati è possibile calcolare il ‘co- sto’ medio di un cinghiale abbattuto nell’arco al- 2 pino, considerato un indice della sostenibilità economica dell’interazione tra la specie e le atti- 0 vità antropiche (Monaco et al 2003). Il valore co- 0€ 00 € 0€ to 00 0 ca o 1. 10 .0 10 .0 nt ifi sì ottenuto, 128 euro, se paragonato a dati ana- en 0- tre ua m 00 ol q loghi disponibili in letteratura (188 euro, 1. no n Ammontare degli investimenti Provincia di Bologna 2001; 23-122, Provincia di Siena 1991; 72, Francia meridionale 1998; 25- Fig. 27 - Ripartizione delle province alpine in catego- 263, Francia centrale e settentrionale 1991- rie relative all’entità degli investimenti per la preven- 1997), si colloca ad un livello intermedio. zione dei danni causati dal cinghiale. Tuttavia, se si analizza la situazione nelle sin- gole province (Tabella 1) emerge uno spaccato giamento nei confronti degli strumenti di pre- caratterizzato da profonde differenze ai cui venzione, come dimostrato dal mancato utilizzo estremi si trovano le province di Imperia (11 eu- a Torino e Udine o dall’utilizzo esiguo a Cuneo ro) e Vercelli (433 euro). (7.500 euro), tutte province che si caratterizza- Per completare il quadro dell’impatto del cin- no per la presenza storica della specie e che, co- ghiale sulle attività antropiche manca il dato me detto in precedenza, insieme erogano circa la sulle collisioni con automezzi, la cui importanza metà dei risarcimenti complessivi. Di atteggia- si è notevolmente accresciuta nel corso degli an- mento esattamente opposto (seppur caratteriz- ni. Purtroppo le informazioni a tal riguardo sono zata da somme molto contenute) è invece la scel- esigue e frammentarie su tutto il territorio na- ta fatta dalle province di Imperia e di Varese zionale e per l’arco alpino sono disponibili solo che, rispettivamente, investono per interventi di prevenzione una somma pari al 155% e al 70% di quella erogata per i risarcimenti, mentre in Tabella 1 - Costo in euro (€) per cinghiale abbattuto tutte le restanti province tale rapporto si atte- in ogni provincia alpina. sta mediamente attorno al valore del 20%. La ripartizione in classi delle somme investi- te per la prevenzione (Figura 27) insieme all’esi- Regione Provincia Costo guo valore del rapporto tra spese per la preven- Liguria: Imperia 11 zione e spese per i risarcimenti (inferiore al 10%), mettono in luce una tendenza generale a Valle d’Aosta: Aosta 292 contenere gli investimenti in questo tipo di atti- Piemonte: Biella 243 vità. Da questo punto di vista la situazione alpi- Cuneo 125 na differisce molto da quanto accade in larghe Torino 831 porzioni della dorsale appenninica, dove le som- Verbania 266 me destinate alla prevenzione sono paragonabi- Vercelli 433 li, e talvolta superiori, a quelle erogate per i ri- Lombardia: Bergamo 156 sarcimenti, con il chiaro intento di evitare l’in- Brescia 2001 sorgenza del conflitto sociale causata dal mani- festarsi dei danni. Una possibile spiegazione Como 92 delle differenze fra i due contesti geografici ri- Lecco 200 siede nella redditività per unità di superficie, Varese 46 mediamente più contenuta nell’area alpina, che Friuli Venezia Giulia: Pordenone 90 rende economicamente più onerosi gli interven- Udine 2011 ti di prevenzione. In considerazione di quanto detto sino ad ora 1) dato calcolato considerando unicamente la somma per la cifra minima complessivamente destinata al- il risarcimento danni. 20
Monaco, Carnevali, Riga & Toso alcuni dati sparsi che vengono di seguito ripor- lare le tendenze mostrate dagli esborsi per i tati. Nella provincia di Pordenone nel 2003 sono danni e la prevenzione vanno interpretati con stati stimati danni da collisione per 49.965 euro prudenza in relazione all’esiguità del campione di cui 31.745 sono stati risarciti. In Valle d’Aosta e all’assenza del dato relativo alle province di le collisioni provocate dal cinghiale costituisco- presenza storica. Complessivamente, per l’enti- no circa il 30% del totale e nel 2003 sono risulta- tà dei carnieri e delle somme destinate alla pre- te 16 (L. Domeneghetti, ex verbis). Un’indagine venzione ed ai risarcimenti, la situazione del- condotta a livello regionale in Piemonte (com- l’arco alpino sta evolvendo verso scenari di tipo presa anche la porzione planiziale e collinare ‘(nord) appenninico’, di fatto già presenti in al- della regione) ha rilevato negli ultimi anni una cune delle province interessate dall’indagine percentuale complessiva di investimenti attri- (soprattutto Torino e Cuneo). buita al cinghiale pari a circa il 65%, con valori I dati relativi all’attività di prevenzione dei compresi tra il 15% di Verbania e l’85% della danni fanno invece emergere, a differenza di Provincia di Asti, Regione Piemonte (L. Pompilio, quanto avviene in molte aree dell’Appennino, ex verbis). Infine, per l’intera provincia di Torino, un contenuto ricorso a questa pratica. Ciò, se da gli incidenti rilevati sono passati da 49 nel 1999 un lato risulta giustificato dalla bassa redditivi- a 178 nel 2002, con un incremento considerevole tà per unità di superficie che caratterizza i ter- in parte dovuto al diffondersi delle informazioni reni montani, dall’altro espone al danno da cin- sull’accesso alla procedura di risarcimento (L. ghiale aree nelle quali la presenza di attività Picco, ex verbis). agricole e pastorali tradizionali costituisce un elemento di notevole valenza ambientale, cultu- rale e storica. Inoltre, per quanto riguarda i pra- ti e prati-pascolo delle quote maggiori, pur nella 4. DISCUSSIONE E consapevolezza delle difficoltà di applicazione PROSPETTIVE FUTURE delle tecniche di protezione passiva, non va di- menticato che i danni su questa tipologia am- La ‘riconquista’ da parte del cinghiale delle bientale sono particolarmente critici, sia per gli regioni alpine è un fenomeno in rapida e costan- effetti diretti sulla produzione di foraggio (con te evoluzione; esso risponde in parte a cause na- relativo impatto sulla capacità di carico del be- turali e in parte all’azione diretta dell’uomo. stiame) e la stabilità idrogeologica, sia, soprat- Quest’ultima risulta nel complesso contraddit- tutto, per gli elevatissimi costi di ripristino del toria, poiché, spesso nella stessa unità territo- cotico erboso (anche 1.000-1.300 euro per ettaro; riale di gestione, è caratterizzata sia da inter- G. Bonavigo, ex verbis) dovuti all’acclività del venti di controllo delle popolazioni, sia da im- terreno e alle difficoltà di accesso con mezzi mec- missioni di animali allevati o da una pervicace canici. resistenza ad adottare piani di prelievo venato- L’impatto del cinghiale sull’ecosistema alpino rio in sintonia con il mantenimento di densità assume aspetti molto variabili in relazione ai di- sostenibili. Anche nell’arco alpino dunque, come versi piani altitudinali e alle diverse specie con- avviene in molte altre parti d’Italia, il cinghiale siderate (Baubet et al 2004). Per quanto concer- può essere considerato l’elemento più critico del- ne le fitocenosi, va sottolineato che in mancanza la gestione faunistico-venatoria, quello per cui di studi intensivi e a lungo temine, le conoscenze le esigenze di gruppi sociali diversi stentano a disponibili sono molto limitate e comunque pre- trovare una sintesi e gli organismi gestori mo- liminari. Tra i diversi temi che necessiterebbero strano le maggiori difficoltà di scelta politica e di approfondimento, particolare attenzione an- di programmazione. Ciò risulta tanto più grave drebbe dedicata allo studio dell’impatto deri- se si pensa alla fragilità degli ecosistemi alpini, vante dall’attività di rooting a carico delle pra- particolarmente negli orizzonti più elevati, e al terie d’altitudine, sia per gli effetti qualitativi e fatto che l’irruzione del cinghiale nello scenario quantitativi sulla comunità vegetale, sia per le faunistico delle Alpi rischia di mettere in crisi ricadute sulla capacità portante per gli ungulati assetti di gestione venatoria consolidati e, nel selvatici e domestici. complesso, non disprezzabili. Per quanto concerne le zoocenosi, un argo- Prelievi (venatori e ‘di controllo’), danni e in- mento oggetto di controversie è l’importanza vestimenti economici per la prevenzione presen- della predazione del cinghiale sui nidi di uccelli tano tutti una tendenza all’aumento, seppur con terricoli, da alcuni considerata tale da provocare incrementi di entità molto variabile; in partico- una contrazione numerica nelle popolazioni di 21
Report Centro Ecologia Alpina 38 (2006) specie quali gallo cedrone (Tetrao urogallus) e riferimento, cioè quello della gestione adattati- gallo forcello (T. tetrix). In relazione allo stato di va1. Anche nelle regioni alpine, pertanto, le basi conservazione non certo ottimale di specie così concettuali della programmazione, la sequenza altamente rappresentative dell’ecosistema alpi- logico-temporale delle azioni ed i criteri d’indivi- no, assume particolare interesse la realizzazio- duazione delle tecniche d’intervento dovrebbero ne di studi sperimentali mirati alla definizione fare riferimento alle linee guida recentemente qualitativa e quantitativa di questo fenomeno, elaborate a livello nazionale (vedi Monaco et al la cui conoscenza risulta indispensabile per una 2003) che su tale modello si fondano. corretta pianificazione della presenza del cin- Il cinghiale è sicuramente un elemento che fa ghiale sul territorio. parte delle originarie zoocenosi alpine e, dal Per anticipare l’insorgenza di situazioni criti- punto di vista zoogeografico e conservazionisti- che vi è la necessità di studiare ed applicare co, il suo ritorno, come quello di altri Ungulati o strategie di gestione preventive, articolate e dei grandi Carnivori, può essere considerato un commisurate ad obiettivi realistici e chiaramen- elemento positivo. D’altra parte le Alpi ospitano te individuati. È necessario, inoltre, sviluppare oggi ecosistemi fortemente rimaneggiati dal- un’analisi della vocazionalità socio-ecologica e l’azione dell’uomo, spesso fragili ed in rapida venatoria del territorio specifica per i diversi evoluzione. Una gestione del cinghiale che ac- ambiti che caratterizzano il contesto alpino, evi- cetti la sua presenza in maniera diffusa senza tando di mutuare acriticamente gli approcci e i che si disponga di informazioni sufficienti a va- modelli adottati in situazioni appenniniche o lutarne l’impatto e si siano messe a punto le pre- mediterranee. A tal riguardo è importante con- messe per scelte consapevoli rappresenta un pe- siderare attentamente le peculiarità che potreb- ricoloso azzardo. bero caratterizzare la diffusione del cinghiale in La sfida che nei prossimi anni si troveranno contesti di certo non ottimali per la specie quali ad affrontare tutti coloro che sono interessati al- quelli strettamente alpini, con presenza di una la gestione del cinghiale poggia soprattutto sul- stagione invernale fortemente limitante; tra la dimensione umana, culturale e politica, del queste possiamo citare le minori densità rag- problema. Purtroppo un’analisi critica ed obiet- giungibili, i tassi di mortalità superiori, i tassi tiva delle esperienze sin qui realizzate non testi- riproduttivi inferiori, le consistenti migrazioni monia a favore di una convincente capacità di altitudinali stagionali, gli impatti esercitabili su governo del fenomeno da parte degli organismi elementi peculiari delle biocenosi alpine. gestori ai diversi livelli (Regioni, Province, In fase di organizzazione dell’assetto territo- Comprensori alpini). Naturalmente la speranza riale a fini gestionali, un aspetto che potrebbe è che all’accresciuta percezione del fenomeno, rivelarsi particolarmente critico è la necessità che è sicuramente in atto, faccia seguito la rapi- di conciliare la definizione di unità di gestione da applicazione di scelte gestionali adeguate. Se del cinghiale di grandi dimensioni (una o più il presente lavoro contribuirà allo sviluppo di centinaia di km2), in quanto commisurate al- questo processo avrà certamente raggiunto lo l’ambito geografico occupato da un’unità di po- scopo per cui è stato realizzato. polazione, e l’organizzazione territoriale che ca- ratterizza molte delle regioni alpine, tradizio- nalmente fondata sulle riserve comunali la cui estensione risulta quasi sempre molto contenu- 5. RINGRAZIAMENTI ta (una o più decine di km2). In ambito alpino il contesto socio-culturale I più sentiti ringraziamenti degli autori vanno profondamente differente da quello appenninico alle persone e agli enti che a vario titolo hanno e mediterraneo e, in particolare, l’assenza di una contribuito alla raccolta dei dati: Gianfranco tradizione consolidata di caccia al cinghiale, ren- dono possibile e doverosa l’impostazione ex novo di una gestione venatoria più compatibile con la 1) conservazione delle altre specie selvatiche e con Una delle possibili definizioni di gestione adattativa l’uso plurimo del territorio (p.es. attraverso l’uti- è: “...processo che prevede (1) che si contempli l’imple- lizzo esclusivo di forme di prelievo a basso impat- mentazione di attività gestionali anche in presenza di una quota di incertezza sui loro effetti, (2) che gli effetti to). Fatte salve le suddette differenze, un elemen- della gestione vengano misurati e valutati criticamen- to che deve accomunare le realtà alpine e quelle te, (3) che i risultati siano determinanti per orientare appenniniche è, piuttosto, il modello gestionale di le future decisioni gestionali.” (Nyberg 1998) 22
Monaco, Carnevali, Riga & Toso Torello (Provincia di Imperia), Lucia Pompilio di Bergamo), Alessandra Feliziani (Provincia di (Regione Piemonte), Luca Picco (Provincia di Brescia), Luigi Boscaini (Parco Alto Garda Torino), Romeo Ciglia (Provincia di Verbania - Bresciano), Massimo Graziadei (Provincia Cusio – Ossola), Bruno Bassano (Parco Nazionale Autonoma di Trento), Giorgio Carmignola Gran Paradiso), Lilia Domeneghetti (Regione (Provincia Autonoma di Bolzano), Ivano Confor- Autonoma Valle d’Aosta), Massimo Bocca (Parco tini (Provincia di Verona), Giancarlo Bonavigo Monte Avic), Mario Claudio Comolli (Provincia di (Provincia di Vicenza), Stefania Busatta Varese), Marco Testa (Provincia di Como), Pietro (Provincia di Treviso), Gianmaria Sommavilla Gatti (Provincia di Lecco), Maria Ferloni (Provincia di Belluno), Roberta Petrucco (Regione (Provincia di Sondrio), Giacomo Moroni (Provincia Autonoma Friuli - Venezia Giulia). 6. BIBLIOGRAFIA AA.VV. 2001. Piano Regionale Faunistico-venatorio. 2001-2006. Regione Autonoma Valle d’Aosta, Assessorato Agricoltura e Risorse Naturali. APOLLONIO M, RANDI E, TOSO S. 1988. The systematics of the wild boar (Sus scrofa L.) in Italy. Bollettino di Zoo- logia 3: 213-221. BAUBET E, BONENFANT C, BRANDT S. 2004. Diet of the wild boar in the French Alps. In: C Fonseca, J Herrero, A Luis, AMVM Soares (eds.) Wild Boar Research 2002. A selection and edited papers from the 4th International Wild Boar Symposium. Galemys 16 (special issue): 101-113. BOITANI L, CORSI F, FALCUCCI A, MAIORANO L, MARZETTI I, MASI M, MONTEMAGGIORI A, OTTAVIANI D, REGGIANI G, RON- DININIC. 2002. Rete Ecologica Nazionale. Un approccio alla conservazione dei vertebrati italiani. Università di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo; Ministero dell’Ambiente, Direzione per la Conservazione della Natura; Istituto di Ecologia Applicata. CARMIGNOLA G, GERSTGRASSER L. 2005. Il cinghiale. Una nuova sfida gestionale? Giornale del Cacciatore, Periodico dell’Associazione Cacciatori Alto Adige 1/2005. CARNEVALI L, DUPRÉ E, GENOVESI P. 2000. Indagine sull’attività di caccia sulle Alpi. Strategie di conservazione dei grandi carnivori sulle Alpi. Rapporto per il WWF Italia – Progetto Life “Grandi Carnivori Alpi”. D’ANDREA L, DURIO P, MACCHI E, PERRONE A, ZENNA F. 2001. Il Cinghiale (Sus scrofa L.) in Provincia di Torino. Vol II. Provincia di Torino, Università degli Studi di Torino. DE BEAUX O, FESTA E. 1927. La ricomparsa del cinghiale nell’Italia settentrionale occidentale. Memorie della Società Italiana delle Scienze Naturali e il Museo Civico della Storia Naturale di Milano 9: 265-342. GHIGI A. 1911. Ricerche faunistiche e sistematiche sui Mammiferi che formano oggetto di caccia. Natura, Milano 2: 1-51. MASSEI G, GENOV P. 2004. The environmental impact of wild boar. In: C Fonseca, J Herrero, A Luis, AMVM Soares (eds.) Wild Boar Research 2002. A selection and edited papers from the 4th Internationa Wildd Boar Symposium. Galemys 16 (special issue): 135-145. MONACO A, FRANZETTI B, PEDROTTI L, TOSO S. 2003. Linee guida per la gestione del Cinghiale. Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica. NICOLOSO S, DE STEFANI G, BOTTAZZO M. 2004. Il cinghiale nella Regione Veneto. Indagine conoscitiva. Veneto Agricoltura. NYBERG JB. 1998. Statistics and the practice of adaptive management. In: V Sit, B Taylor (eds.), Statistical methods for adaptive management studies. Land management handbook n°42, British Columbia, Ministry of Forests. pp 1-7. PEDROTTI L, DUPRÈ E, PREATONI D, TOSO S. 2001. Banca Dati Ungulati: status, distribuzione, consistenza, gestione, prelievo e potenzialità degli Ungulati in Italia. Biologia e Conservazione della Fauna n.109, Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica. SÁEZ-ROYUELA C, TELLERÍA JL. 1986. The increased population of the Wild Boar (Sus scrofa L.) in Europe. Mammal Review 16: 97–101. TOURING CLUB ITALIANO. 1957. Italia Fisica. Conosci l’Italia, vol. I. 23
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