I LUSSURIOSI - Patrimoni d'Arte

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I LUSSURIOSI - Patrimoni d'Arte
FEBBRAIO 2021 | N.4

                                              I LUSSURIOSI
                                                   L'AMORE:
                                          UNA TEMPESTA CHE TRAVOLGE

                        Canto V dell'Inferno: II Cerchio, I lussuriosi
   Questi peccatori
dimentichi dell’amore   I lussuriosi del Canto V dell’Inferno dantesco vengono definiti da
   per Dio si sono      Dante Alighieri come coloro i quali “la ragion sommettono al
 rifugiati nell’amore   talento”, per sottolineare come in queste persone la passione ha in
carnale, rinunciando    vita prevalso sulla ragione. Al centro di tutto il desiderio:

   per sempre alla      travolgente, inconsolabile, irrazionale; un desiderio carnale, dell’altro,
                        di possedere l’anima e corpo dell’altro. Il contrappasso per analogia
  salvezza della loro
                        che i dannati del II cerchio devono sopportare è l’essere travolti da
        anima.
                        una bufera violentissima, poiché in vita si fecero trascinare dalla
                        tempesta amorosa che tormentava il loro cuore.        Tra le anime che
                        Dante incontra nel suo peregrinare in questo cerchio la regina
                        Semiramide che dopo aver avuto una relazione incestuosa con il
                        proprio figlio proclamò per legge la libertà di compiere anche le più
                        sconsiderate pratiche sessuali. Famosissima poi Didone che si suicida
                        per amore di Enea che l’ha abbandonata richiamato dal proprio fato.
                        Dante riconosce poi Cleopatra amante di Giulio Cesare e Marco
                        Antonio, che si uccise dopo la sconfitta di quest’ultimo ad Azio. E poi
                        i tanti personaggi dell’epica classica che si fecero trascinare dal
                        turbinio della passione amorosa come Elena, Paride ed Achille. Tra i
                        lussuriosi anche Tristano, personaggio del ciclo arturiano che si
                        innamora perdutamente di Isotta promessa sposa dello zio di lui.
                        Tristano morirà dopo essere stato ferito in duello e subito dopo perirà
                        Isotta, straziata dal dolore della perdita.
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Paolo e Francesca: un amore tragico
Successivamente Dante incontra Paolo e Francesca. La donna si trova insieme all’amante Paolo
nel II Cerchio, poichè in vita i due furono travolti da un amore meramente passionale.
Francesca da Polenta, figlia di Guido da Polenta signore di Ravenna, fu data in sposa a Gianciotto
Malatesta, esponente della famiglia che governava sulla città di Rimini. Il matrimonio fu combinato
dalle due signorie per stringere e consolidare un’alleanza politica; non era un’unione d’amore, ma
semplicemente di convenienza. Nella Commedia si narra che Francesca tradì Gianciotto con il
fratello di lui, Paolo, conosciuto al loro matrimonio. Questo amore si concluse con l’uccisione dei
due amanti da parte di Gianciotto, che li sorprese insieme e compì il delittuoso crimine spinto dal
desiderio di ripulire il suo onore.
Francesca si presenta nella Commedia come una donna sensibile, colta, d’ animo buono, una
donna però che ha ceduto alla passione di un amore sensuale, non capace di combattere con la
ragione questo sentimento impetuoso che l’ha portata a perdere il controllo cedendo ai propri
istinti.

 "Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende
 Amor, ch'a nullo amato amar perdona
 Amor condusse noi ad una morte:
 Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
 mi prese del costui piacer sì forte, che,
 come vedi, ancor non m'abbandona."

Francesca racconta a Dante come Lei e Paolo siano stati trascinati in questa passione senza freni
dalla lettura della storia di Lancillotto e Ginevra, sono stati incapaci di controllare le proprie
emozioni con l’intelligenza e la morale, deviati da un amore sensuale, incapaci di prevederne le
conseguenze. Questa è una critica che Dante muove in modo implicito alla poesia cavalleresca, a
quella letteratura cortese che ha impoverito l’amore rendendolo semplicemente un istinto
animalesco, invece di un sentimento capace di far scaturire nell’individuo la determinazione a
nobilitare il proprio animo al fine di raggiungere un’elevazione morale tale da consentire la
salvezza tramite l’amore per Dio.
Francesca è quindi l’esempio di come l’uomo allontanandosi dall’amore spirituale, dal sentimento di
devozione a Dio, da una vita incentrata sulla morale possa solo cadere nella perdizione del piacere
terreno, un piacere effimero, insufficiente ad elevare lo spirito, un piacere che non porta ad altro
se non alla dannazione eterna ed eterne sofferenze.
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La Pietas di Dante per le anime tormentate dalla passione amorosa
 Se i retori contemporanei di Dante condannavano l’uso delle similitudini che i più illustri poeti
 dell’antichità, da Virgilio ad Ovidio, usavano in abbondanza, il Sommo Poeta sancisce la loro validità
 prima nel Convivio e poi nella Divina Commedia. Esempi di questa figura retorica sono disseminati per
 tutto il testo dantesco, sono più di cinquecento le similitudini utilizzate da Dante che non hanno il semplice
 scopo di rendere più accattivante il testo, ma sono vere e proprie descrizioni utili al racconto. Nel canto V
 per descrivere la bufera che tortura i dannati Dante utilizza tre similitudini paragonando il loro
 turbinare al volo degli uccelli come le gru gli storni e le colombe. Delle cosiddette colombe fanno parte
 Paolo e Francesca.

                                                                   Numismatica:
                                                          un mezzo di propaganda

"[...] la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante"

 Dante è profondamente scosso dalla situazione perché lui stesso ha rischiato di abbandonarsi
 completamente alla lussuria, perciò si sente in qualche modo partecipe del dolore di questi due amanti ed
 intrattiene un dialogo molto intimo con Francesca. Prova un’intensa pietà per ella, è costernato
 dall’epilogo della storia fra i due amanti, si domanda come sia potuto finire in tale tragedia violenta.
 L’amore che condividevano andava contro la morale dell’epoca, la stessa morale che li portò alla morte. St
 Stranamente però Dante riveste il racconto di grande pietas e per la prima
 ed unica volta inserisce il bacio come elemento d’amore, gesto che sublima
 i sentimenti dei due innamorati.
 Il Sommo Poeta prova pietà per Paolo e Francesca perché è conscio che
 l’uomo da solo non può sconfiggere il bisogno d’amore, legato
 indissolubilmente all’impulso passionale. Non esiste libero arbitrio di
 fronte al sentimento amoroso, si è inevitabilmente trascinati alla passione.
 Solo nel Paradiso Dante porrà una soluzione al turbinio dei sentimenti
 d’amore che sconvolgono gli animi umani, ed è più una speranza che una
 concreta vittoria, affidandosi con fiducia alla preghiera di San Bernardo
 alla Vergine, "Vinca tua guardia i sentimenti umani".
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