I casi speciali di accesso: le interazioni con l'accesso civico generalizzato - di Anna Paiano - ptpl

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ISSN 1826-3534

             19 FEBBRAIO 2020

I casi speciali di accesso: le interazioni
   con l’accesso civico generalizzato

                 di Anna2Paiano
         Dottoranda di ricerca in Diritto Pubblico
        Università degli Studi di Roma Tor Vergata
I casi speciali di accesso: le interazioni con
              l’accesso civico generalizzato *
                                                 di Anna Paiano
                                  Dottoranda di ricerca in Diritto Pubblico
                                 Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Abstract [It]: A tre anni dall’entrata in vigore del d. lgs. n. 97/2016, è necessaria una riflessione sull’interazione
fra le forme speciali di accesso esistenti nell’ordinamento e l’istituto dell’accesso civico generalizzato. Poiché, infatti,
il legislatore non ha proceduto ad una revisione delle disposizioni previgenti, si è posto il problema di comprendere
in che modo il nuovo diritto di accesso interagisse con quelli precedenti, all’interno di un sistema di norme
stratificato e caotico. Il saggio si propone di analizzare tali rapporti, con specifico riferimento all’informazione
ambientale, all’accesso negli enti locali e nelle procedure di evidenza pubblica. Si tratta di discipline settoriali, che
presentano propri presupposti e finalità. Tali specificità hanno determinato una scarsa attenzione da parte dei primi
commentatori della riforma, concentrati soprattutto sullo studio dei rapporti fra accesso tradizionale e accesso
civico. Tuttavia, l’analisi della casistica giurisprudenziale dimostra come stiano diventando oggetto di crescente
interesse e meritino un maggior grado di approfondimento.

Abstract [En]: Three years have passed since the so-called Freedom of Information Act (the legislative-decree n.
97/2016) came into force. Therefore, a reflection is needed on the interaction between the special forms of access
existing in the legal system and the generalized civic access. Since the legislator has not revised the previous
provisions, the problem is to understand how the new right of access interacts with the previous ones, within a
system of stratified and chaotic rules. The essay aims to analyze these connections, with specific reference to
environmental information, the right of access in local authorities and the one in tendering procedures. They are
sectoral disciplines, which have their own premises and objectives. These specificities have led to a lack of attention
by the first commentators of the reform, mainly focused on studying the relationship between traditional access
and civic access. However, the analysis of case law shows how they are becoming the subject of growing interest
and deserve an in-depth analysis.

Sommario: 1. L’accesso all’informazione ambientale alla luce del Decreto Trasparenza. 2. I diritti informativi
nell’ordinamento degli Enti locali: analogie e differenze con l’accesso civico generalizzato. 3. La trasparenza nelle
procedure di evidenza pubblica: l’applicabilità dell’accesso civico generalizzato agli atti di gara.

1. L’accesso all’informazione ambientale alla luce del Decreto Trasparenza
A due anni dall’entrata in vigore nell’ordinamento del d. lgs. n. 97/2016, il cd. Decreto Trasparenza, di
modifica al d. lgs. n. 33/2013, si impone una riflessione sul modo in cui l’istituto dell’accesso civico
generalizzato ha influito su altre forme di accesso preesistenti.
Il riferimento è, anzitutto, all’accesso all’informazione ambientale. La relativa disciplina è stata introdotta
per la prima volta nel 1986. La legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente ha, infatti, sancito il dovere
del Ministero di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell’ambiente1.

*Articolo sottoposto a referaggio.
1Legge 8 luglio 1986, n. 349, che ha istituito il Ministero dell’Ambiente e ha introdotto disposizioni in materia di danno
ambientale. Cfr. F. FRANZOSO, Il diritto di accesso alle informazioni ambientali, in Rivista giuridica dell’ambiente, n. 5/2004, pp.

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Dieci anni più tardi, il d. lgs. n. 39/1997, di recepimento della Direttiva n. 90/313/CEE, ha stabilito che
le autorità pubbliche sono tenute a rendere disponibili le informazioni ambientali a chiunque ne faccia
richiesta. L’attuale disciplina dell’accesso ambientale è contenuta nel d. lgs. 19 agosto 2005, n. 1952, che
ha recepito la direttiva comunitaria n. 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale3,
dando piena attuazione a quanto previsto dalla Convenzione di Aarhus del 1998.
Fin dalla sua introduzione, l’accesso ambientale si è segnalato per profili di forte innovatività rispetto alle
altre forme di accesso esistenti, tanto che si è parlato di un “fenomeno singolare ed eccezionale”4. A
differenza dell’accesso documentale della l. n. 241/1990, subordinato ad un interesse diretto, concreto e
attuale dell’istante, esso è consentito a chiunque ne faccia richiesta, senza necessità di allegare uno
specifico interesse5 e si caratterizza come diritto atipico6 al controllo sociale diffuso sulla qualità
dell'ambiente.
Ai sensi dell’art. 9 della Costituzione, l’ambiente è infatti un bene primario ed un valore assoluto, che va
difeso e tutelato. A questa attività di difesa dell’ambiente può contribuire ogni cittadino attraverso
l’esercizio del diritto di accesso alle informazioni, il quale, sostanziandosi in un’attività di monitoraggio e
controllo dell’operato dell’amministrazione, contribuisce ad affermare i valori della partecipazione e della
trasparenza e un ruolo attivo dell’amministrazione nell’informazione agli interessati7.
La previsione di una legittimazione “atitolata” e soggettivamente “indiscriminata”8, tuttavia, deve essere
analizzata in relazione allo specifico contesto in cui è inserita e, precisamente, tenendo a mente la ratio di
tutela dell’ambiente e della salute della collettività che ne è alla base 9.

631 e ss.; S. LABRIOLA, Diritto di accesso alle informazioni del cittadino e doveri della P.A. nella legge istitutiva del Ministero
dell’Ambiente, in Scritti in onore di M.S. Giannini, vol. II, Milano, 1988, pp. 263 e ss.
2 Decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione

ambientale, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 222 del 23 settembre 2005. Tra le prime analisi sul tema, si rinvia a V.
VITIELLO, Il diritto di accesso agli atti in materia ambientale alla luce del d.lgs. 19 agosto 2005, n. 195, in Rivista giuridica
dell’ambiente, n. 6/2005, p. 1055; M. CIAMMOLA, Il diritto di accesso all'informazione ambientale: dalla legge istitutiva del Ministero
dell'Ambiente al d.lgs. n. 195 del 2005, in Foro amministrativo - Cons. St., n. 2/2007, p. 657.
3 Con specifico riferimento alla direttiva in esame, v. E. PELOSI, Rafforzamento dell'accesso all'informazione ambientale alla

luce della direttiva 2003/4/CE, in Rivista giuridica dell’ambiente, n. 1/2004, p. 23.
4 Cfr. M. CIAMMOLA, Il diritto di accesso all'informazione ambientale, op. cit.
5 Art. 3, d. lgs. n. 195/2005.
6 Cfr. F. CARINGELLA, Il diritto all’informazione ambientale entra nelle aule di giustizia amministrativa, in Urbanistica e Appalti,

n. 6/1999, p. 674.
7 Per un approfondimento sulla funzione dell’informazione ambientale, v. D. SICLARI, La democrazia ambientale nel quadro

dei diritti partecipativi e dell’accesso all’informazione ambientale, in R. FERRARA. - M.A. SANDULLI, Trattato di diritto
dell’ambiente, vol. II, Giuffrè Editore, Milano, 2014, pp. 471 e ss; G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’ambiente, Giappichelli,
Torino, 2017, pp. 88 e ss; G. MANFREDI, S. NESPOR, Ambiente e democrazia: un dibattito, in Rivista giuridica dell’ambiente,
n. 2/2010, pp. 293 e ss.
8 V. N. BRUTTI, Il diritto all’informazione ambientale. Profili comparatistici, Torino, Giappichelli, 2005, pp. 64 ss.
9 Art. 1, d. lgs. n. 195/2005: “Il presente decreto, nello stabilire i principi generali in materia di informazione ambientale,

è volto a: a) garantire il diritto d'accesso all'informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche e stabilire i termini,
le condizioni fondamentali e le modalità per il suo esercizio; b) garantire, ai fini della più ampia trasparenza, che

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Sul punto si è espressa la giurisprudenza, chiarendo come la richiesta di accesso ambientale debba
comunque indicare le matrici ambientali potenzialmente compromesse e fornire una ragionevole
prospettazione di tali effetti negativi10. La richiesta di accesso, infatti, non può essere formulata in termini
eccessivamente generici e deve fare riferimento alle matrici ambientali ovvero ai fattori o alle misure che
influiscono sull’ambiente11.
Ne consegue che l'istanza di accesso, pur se astrattamente riguardante un'informazione ambientale, non
esime il richiedente dal dimostrare che l'interesse che intende fare valere è un interesse ambientale, come
qualificato dal d. lgs. n. 195/2005 e, dunque, volto alla tutela dell’ambiente, della salute e della sicurezza
umana. L’ampia platea di soggetti legittimati a presentare richiesta di accesso non ne consente, infatti, un
uso indiscriminato per il perseguimento di finalità ad esso estranee.
Lo stesso discorso si può ripetere con riferimento all’oggetto dell’accesso, costituito dall’“informazione
ambientale”12. Il legislatore, anche in questo caso, ha utilizzato una formula ampia, idonea a
ricomprendere non solo documenti in senso stretto, ma anche dati e informazioni che non siano già
formati, ma richiedano un’attività di elaborazione da parte dell’amministrazione. Il livello di tutela stabilito
dal d. lgs. n. 195/2005 è dunque superiore a quello minimo previsto dalla legge sul procedimento
amministrativo, essendo esteso ad ogni conoscenza di cui l’amministrazione abbia la disponibilità, pur
non ancora incorporata in uno specifico documento.

l'informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, anche
attraverso i mezzi di telecomunicazione e gli strumenti informatici, in forme o formati facilmente consultabili,
promuovendo a tale fine, in particolare, l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione”. Cfr. Corte di
Giustizia UE, sez. III, 28 luglio 2011, n. 71. G. ROSSI, in Diritto dell’ambiente, op. cit., p. 92, sottolinea che la previsione
della titolarità diffusa dell’accesso all’informazione ambientale dipende dalla natura stessa dell’interesso protetto: il bene
ambientale, infatti, “appartiene a tutti e non appartiene a nessuno”. Pertanto, richiedere la dimostrazione di uno specifico
interesse significherebbe determinare l’impossibilità materiale di acquisire le informazioni.
10 Cfr. da ultimo, Cons. St., sez. V, 13 marzo 2019, n. 1670; Cons. St., sez. V, 17 luglio 2018, n. 4339.
11 Art. 2, comma 1, lett. a), d. lgs. n. 195/2005, che fa riferimento a: “2) fattori quali le sostanze, l'energia, il rumore, le

radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell'ambiente, che incidono o
possono incidere sugli elementi dell'ambiente […]; 3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni
legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività
che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività
finalizzate a proteggere i suddetti elementi”. Cfr. Tar Lazio, Roma, sez. I quater, 21 settembre 2016, n. 9878; Cons. St.,
sez. III, 05 ottobre 2015, n. 4636; Cons. St., sez. III, 05 ottobre 2015, n. 4637. In quest’ultimo caso la domanda di
accesso ambientale non era stata formulata dalla società ricorrente in base ad una preoccupazione per lo stato
dell’ambiente, ma era volta all'acquisizione di informazioni riguardanti la concorrente a fini concorrenziali e commerciali.
Si rinvia, sul punto, a M. BOMBI, Accesso ambientale negato se lo stesso è per carpire informazioni commerciali, in Diritto & giustizia,
n. 35/2015, p. 68.
12 La definizione è contenuta nell’art. 2, comma 1, lett. a), d. lgs. n. 195/2005. A titolo esemplificativo si indicano quali

informazioni ambientali tutte quelle riguardanti lo stato delle acque, dell'aria, del suolo, della fauna, della flora, del
territorio e degli spazi naturali, nonché le attività o le misure che incidono o possono incidere negativamente su tali
componenti ambientali; lo stato della salute e sicurezza umana, le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale
e altre. Cfr. F. FONDERICO, Il diritto di accesso all’informazione ambientale, in Giornale di diritto amministrativo, n. 6/2006, pp.
675 e ss.

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La giurisprudenza ha parlato, a tale proposito, di un regime “tendenzialmente integrale” dell’informazione
ambientale13. Ciò consentirebbe di accogliere anche una richiesta di accesso su un determinato contesto
ambientale formulata in termini generici, a condizione però che questo contesto sia specificato e che,
dunque, si dimostri l’incidenza in concreto dell’atto richiesto sui valori giuridici ambientali14. Tanto è
sufficiente a far sorgere in capo all’amministrazione l’obbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato
della conservazione e della salubrità dei luoghi interessati dall’istanza, ad elaborarle ed a comunicarle al
richiedente.
È evidente, dunque, il favor della disciplina legislativa per la trasparenza, posto che si configura un vero e
proprio onere di collaborazione da parte della P.A. al fine di soddisfare e rendere possibile l’accesso.
La dimensione collaborativa della disciplina sull’accesso ambientale emerge anche dalla previsione dell’art.
8 del d. lgs. n. 195/2005, in base al quale l’autorità pubblica deve rendere disponibili le informazioni
ambientali detenute e rilevanti ai fini delle proprie attività istituzionali, anche per mezzo di mezzi di
telecomunicazione e strumenti informatici. Dunque, alla previsione di obblighi di “trasparenza reattiva”,
che sorgono per effetto di un’istanza del soggetto interessato, si accompagnano obblighi di “trasparenza
proattiva”, la quale si sostanzia nella pubblicazione di dati, documenti e informazioni detenuti dalla P.A..
I casi di esclusione del diritto alla conoscibilità15 costituiscono ipotesi residuali, nell’ambito di un quadro
ordinamentale costruito sui pilastri della trasparenza generalizzata. Il diniego di accesso deve trovare
giustificazione in termini di pregiudizio concreto degli interessi in gioco. In particolare, non sono previste
eccezioni assolute al diritto di accesso, ma qualora si verifichi una causa di esclusione, l’autorità pubblica
deve effettuare una valutazione ponderata fra l’interesse pubblico all’informazione ambientale e
l’interesse tutelato dall’esclusione dell’accesso, in modo che l’applicazione di dette limitazioni non vada

13 Cfr. Cons. St., sez. IV, 24 giugno 2019, n. 4295. Si veda, inoltre, TAR Lazio, Roma, sez. II-ter, 27 febbraio 2018, n.
2141, dove si afferma che: “A fronte della particolare ampiezza delle informazioni ambientali, non osta alla loro
divulgazione una eventuale “copiosa mole” dei dati richiesti, posto che si tratta di una condizione intrinseca alla qualità
delle informazioni stesse che, per loro natura, hanno ad oggetto molteplici e complessi indicatori di natura tecnica e
specialistica; del resto, è proprio la particolare complessità della informazione ambientale che, nell’interesse di una
conoscenza diffusa delle condizioni degli elementi costituitivi dell’ecosistema e dei fenomeni antropici, richiede la
condivisione con gli interessati di tutti i dati scientifici relativi agli elementi fisici, chimici e biologici che ne determinano
l’assetto”.
14 Cfr. Cons. St., sez. VI, 16 febbraio 2007, n. 668.
15 Art. 5, d. lgs. n. 195/2005. La legge distingue tre ipotesi, in cui il diniego o la limitazione del diritto di accesso

all’informazione ambientale possono considerarsi legittimi: a) quella relativa alle modalità di presentazione dell’istanza,
qualora la richiesta sia eccessivamente generica o irragionevole rispetto alle finalità del diritto indicate dal decreto, ovvero
afferisca a dati non in possesso del relativo destinatario e di cui questi non sappia indicare l’autorità legittimata a riceverla;
b) quella correlata all’oggetto dell’istanza, quando l’istanza faccia riferimento a comunicazioni interne, ovvero a materiali,
documenti o dati incompleti o in corso di completamento, con l’obbligo, in tale ipotesi, di indicare la data approssimativa
di elaborazione del materiale; c) l’ipotesi di incompatibilità tra l’esercizio del diritto e altri diritti configgenti sottesi alle
informazioni ambientali richieste.

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al di là di quanto strettamente necessario per la tutela degli interessi presidiati dalle disposizioni che le
contemplano16.
Quanto ai rimedi previsti in caso di diniego o di ritardato rilascio dell’informazione oggetto di ostensione,
il d. lgs. n. 195/2005 si limita a rinviare alla disciplina generale di cui agli artt. 25 e ss. della legge sul
procedimento amministrativo17, oggi abrogati e confluiti, senza modifiche di particolare rilievo, nell’art.
116 del codice del processo amministrativo.
In conclusione, ciò che caratterizza il diritto all'informazione ambientale è la sua ampiezza, sia dal punto
di vista soggettivo dei titolari del diritto, sia dal punto di vista della nozione di informazione accessibile.
Proprio la massima trasparenza nel campo ambientale e la possibilità di un controllo sociale diffuso sulla
qualità del bene-ambiente sono elementi che avvicinano la disciplina dell’accesso ambientale a quella
dell’accesso civico, sia semplice che generalizzato.
L’accesso civico semplice comporta la divulgazione d’ufficio di dati detenuti dall’amministrazione. In
punto di coordinamento con la disciplina dell’accesso ambientale, l’art. 40 del d. lgs. n. 33/2013 si limita
a fare salve le disposizioni del d. lgs. n. 195/200518.
L’accesso civico generalizzato, invece, è una forma di reactive disclosure, non subordinata alla titolarità di
una situazione giuridicamente rilevante e avente ad oggetto ogni informazione, dato o documento di cui
l’amministrazione abbia la disponibilità. Esso ha il fine di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la
partecipazione al dibattitto pubblico e consentire un controllo diffuso sul perseguimento delle finalità
istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche19. Ciò delinea un chiaro mutamento di tendenza rispetto
alla legge n. 241/1990, dove si esclude perentoriamente la possibilità di utilizzare l’accesso ivi disciplinato
al fine di un controllo generalizzato sull’operato dell’amministrazione20.

16 Cfr. Corte di Giustizia UE, sez. VI, 26 giugno 2003, causa C-233/00, Commissione delle Comunità europee c. Repubblica
francese. Secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia, il legislatore può anche determinare con una disposizione di
carattere generale criteri che consentano di facilitare tale valutazione comparata degli interessi contrapposti, a condizione
però che tale disposizione non dispensi le autorità competenti dal procedere effettivamente ad un esame particolare di
ciascuna situazione. In questo senso, Corte di Giustizia UE, 16 dicembre 2010, causa C-266/09, Stichting Natuur en Milieu
e altri.
17 Art. 7, d. lgs. n. 195/2005.
18 Art. 40, d. lgs. n. 33/2013: “In materia di informazioni ambientali restano ferme le disposizioni di maggior tutela già

previste dall'articolo 3-sexies del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, dalla legge 16 marzo 2001, n. 108, nonchè dal
decreto legislativo 19 agosto 2005 n. 195. 2. Le amministrazioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto
legislativo n. 195 del 2005, pubblicano, sui propri siti istituzionali e in conformità a quanto previsto dal presente decreto,
le informazioni ambientali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, che
detengono ai fini delle proprie attività istituzionali, nonché le relazioni di cui all'articolo 10 del medesimo decreto
legislativo. Di tali informazioni deve essere dato specifico rilievo all'interno di un'apposita sezione detta «Informazioni
ambientali». 3. Sono fatti salvi i casi di esclusione del diritto di accesso alle informazioni ambientali di cui all'articolo 5
del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195. […]”.
19 Art. 5, comma 2, d. lgs. n. 33/2013.
20 Cfr. M. AVVISATI, Accesso procedimentale versus accesso civico nel dialogo tra le fonti: il caso FOIA, in Osservatorio sulle fonti, n.

2/2017, pp. 4 e ss; S. FOÀ, La nuova trasparenza amministrativa, in Diritto amministrativo, n. 1, 1 marzo 2017, p. 65. Sui limiti

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Anche l’accesso civico generalizzato, come l’accesso ambientale, è condizionato dalla necessità di
rispettare i limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti. A tal fine, il legislatore ha
individuato un elenco di interessi per la protezione dei quali l'accesso è rifiutato, se il diniego è necessario
per evitare un pregiudizio concreto21. Anche nel nuovo quadro normativo, il diritto alla conoscibilità
diffusa costituisce la regola, rispetto a cui limiti ed esclusioni rappresentano eccezioni da interpretarsi
secondo una lettura restrittiva.
Il sistema di tutela processuale è poi analogo a quello previsto per l’accesso ambientale, considerato che
l’art. 5 del decreto prevede che avverso la decisione di diniego dell’istanza, il richiedente può proporre
ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell'articolo 116 del d. lgs. n. 104/2010.
Alla luce delle caratteristiche esposte, è possibile affermare che l’accesso ambientale sia stato un vero e
proprio precursore dell’accesso civico generalizzato. Il d. lgs. n. 195 del 2005 ha rappresentato, infatti, la
prima disciplina di accessibilità piena dei dati e dei documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni22.
La differenza principale che emerge fra la prima e la seconda fattispecie è relativa alla ratio specifica delle
relative norme. L’accesso ambientale, infatti, è limitato dall'attinenza della notizia richiesta alla materia
ambientale. Al contrario, l’accesso generalizzato si connota per un fine più ampio, ravvisabile nel
controllo sul buon andamento della P.A. e sul corretto utilizzo delle risorse pubbliche. Tale scopo non è
necessariamente incompatibile con quello ambientale, ma anzi lo ricomprende e lo fa proprio. L’accesso
ambientale, dunque, si presenta come una sottospecie dell’accesso civico, posto che il rapporto fra le
norme può essere qualificato in termini di identità e reciproca integrazione23.

2. I diritti informativi nell’ordinamento degli Enti locali: analogie e differenze con l’accesso
civico generalizzato
In materia di diritto di accesso all’informazione e trasparenza amministrativa gli Enti locali si rilevano di
fondamentale importanza, non solo per il ruolo centrale che essi hanno assunto a seguito della riforma
del Titolo V della Costituzione, ma soprattutto perché rappresentano il livello di governo più prossimo

del nuovo accesso civico, v. A. CADAURO, Il diritto di accesso a dati e documenti amministrativi come promozione della
partecipazione: un’innovazione limitata, in Diritto Amministrativo, n. 3, 1 settembre 2017, p. 601.
21 Gli interessi sono elencati distinguendo tra interessi pubblici e interessi privati. Tra gli interessi pubblici vi sono la

sicurezza pubblica e l'ordine pubblico, la sicurezza nazionale, la difesa e le questioni militari, le relazioni internazionali,
la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato, la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento.
Tra gli interessi privati sono invece individuati la protezione dei dati personali, la libertà e la segretezza della
corrispondenza, gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà
intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali.
22 Cfr. I. A. NICOTRA, Dall’accesso generalizzato in materia ambientale al freedom of information act, in federalismi.it, 6 giugno

2018, p. 8.
23 Cfr. R. PORRATO, Informazione ambientale e trasparenza: due discipline a confronto, in Il Piemonte delle Autonomie, n. 3/2016,

p. 2.

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al cittadino, dove si concentrano gran parte degli interessi da amministrare. L’ordinamento degli Enti
locali, infatti, costituisce il principale luogo di dialogo tra amministrazione e cittadini24.
Il d. lgs. n. 267/2000 (il Testo Unico degli Enti locali) prevede due tipologie di accesso “speciali” rispetto
alla legge n. 241/1990, ispirate a logiche diverse e in parte assimilabili a quella seguita dal legislatore
dell'accesso civico. Le norme rilevanti in materia sono l’art. 10, rubricato “Diritto di accesso e di
informazione” e l’art. 43, comma 2, relativo ai “Diritti dei consiglieri”.
L’art. 10 prevede specifici diritti partecipativi finalizzati a rendere “trasparente” l’azione amministrativa,
ampliando il campo delle informazioni accessibili ai cittadini ed escludendo preclusioni fondate su
apprezzamenti discrezionali della P.A.
Esso, in particolare, stabilisce la pubblicità di tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale,
con la sola eccezione degli atti riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea
e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l’esibizione,
conformemente a quanto previsto dal regolamento, qualora la loro diffusione possa pregiudicare il diritto
alla riservatezza di persone, gruppi o imprese25.
Dalla disposizione emerge il rilievo attribuito alla potestà regolamentare degli Enti locali, attraverso la
quale possono essere individuati i casi di esclusione all’accesso e viene data concreta attuazione ai principi
fondamentali in materia. Non a caso, l’articolo prosegue affermando che “il regolamento assicura ai cittadini,
singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli
costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie
per assicurare ai cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine di esame di domande, progetti e
provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è
in possesso l'amministrazione”26.
Da ultimo, la disposizione riconosce il diritto d’accesso degli enti, delle organizzazioni di volontariato e
delle associazioni alle strutture e ai servizi del Comune e della Provincia27.
L’art. 10, pertanto, distingue tre tipologie di accesso: quello agli atti amministrativi, quello alle
informazioni di cui è in possesso l’amministrazione e l’accesso alle strutture e ai servizi. Mentre per queste
due ultime fattispecie la disciplina è contenuta interamente nell’art. 10, per l’accesso ai documenti e agli

24 Cfr. U. ALLEGRETTI, Democrazia partecipativa e controllo dell’amministrazione, in Democrazia e diritto, n. 4/2006, pp. 71 e
ss; V. TORANO, Il diritto di accesso civico come azione popolare, in Diritto amministrativo, n. 4/2013, p. 789, che afferma che
“le amministrazioni locali, a differenza di quelle statali, si caratterizzano tradizionalmente per un maggiore livello di
trasparenza legato, fra l'altro, alle dinamiche partecipative della comunità auto-amministrata”.
25 Art. 10, comma 1, d. lgs. n. 267/2000.
26 Art. 10, comma 2, d. lgs. n. 267/2000.
27 Art. 10, comma 3, d. lgs. n. 267/2000.

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atti amministrativi si pone il problema del rapporto fra la disciplina del TUEL e quella generale della legge
sul procedimento amministrativo.
Certamente è da escludere che agli Enti locali si applichi solo il Testo Unico, in considerazione del fatto
che lo stesso art. 22 della legge n. 241/1990 prevede l’applicabilità delle disposizioni del capo V agli Enti
locali, i quali possono stabilire “livelli di tutela ulteriori” rispetto a quello minimo garantito dalla legge sul
procedimento.
Con riferimento alla legittimazione all’accesso si sono scontrate due diversi tesi28.
Secondo una prima impostazione, di fatto prevalente, i requisiti per l’accoglimento della domanda di
accesso non sarebbero diversi da quelli stabiliti dalla legge n. 241/1990. L’art. 10, in altre parole, avrebbe
natura ricognitiva e non costitutiva.
Posto che lo speciale regime di pubblicità previsto dalla disposizione non comporterebbe né una deroga
all’art. 22 - per il quale l’accesso agli atti è consentito solo a chi sia titolare di un interesse diretto, concreto
e attuale - né all’art. 25 per quanto attiene ai presupposti per l’esercizio del diritto, anche per quanto
riguarda gli atti dei comuni e delle province la disciplina di riferimento sarebbe quella della l. n.
241/199029.
La tesi maggioritaria e più recente considera quindi superato il c.d. “pluralismo giuridico” dell’accesso. In
altri termini, non è configurabile nell’ordinamento una disciplina della legittimazione soggettiva
all’accesso differenziata in relazione alle singole fattispecie, in quanto questo aspetto è disciplinato in via
esclusiva dalla l. n. 241/1990. Il rapporto fra le norme deve essere ricostruito in termini di generalità-
specialità e quindi di necessaria coordinazione, considerato che le disposizioni del capo V hanno carattere
generale e penetrano all’interno degli ordinamenti degli Enti locali ogni qualvolta nella disciplina di settore
non si rivengano appositi precetti che regolino la materia con carattere di specialità30.

28 Cfr. G. SCIULLO, Sintonie e dissonanze fra le leggi 8 giugno 1990, n. 142 e 7 agosto 1990, n. 241: riflessi sull’autonomia normativa
locale, in Foro amministrativo, 1990, pp. 2198 ss; N. GULLO, Il diritto di accesso negli enti locali: un problema ancora aperto, in Foro
amministrativo - TAR, n. 6/2002, p. 2211; A. SCOGNAMIGLIO, Il diritto di accesso nella disciplina della legge 7 agosto 1990, n.
241 e il problema della legittimazione, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1996, pp. 93 ss.; M.A. SANDULLI, Partecipazione e
autonomie locali, in Diritto amministrativo, 2002, pp. 554 e ss; A. SIMONATI, L’accesso agli atti degli Enti locali, in Giornale di
diritto amministrativo, 2006, pp. 77 ss.
29“Anche per tali atti vale il dettato della norma ora citata secondo cui il diritto di accesso è riconosciuto unicamente a

chi vanti un interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti. Anche per l'accesso agli atti dei comuni e delle
province, pertanto, allo scopo di collegarlo alla tutela di posizioni giuridiche soggettive, ad interessi, quindi, personali e
concreti, si richiede un'istanza motivata.” Cfr. Cons. St., sez. V, 18 marzo 2004, n. 1412; Cons. St., sez. V, 20 ottobre
2044, n. 6879; Cons. St., sez. V, 29 novembre 2004, n. 7773; Cons. St., sez. V., 24 marzo 2011, n. 1772.
30 Cfr. Cons. St., sez. V, 7 aprile 2004, n. 1969. “Le norme che disciplinano l’esercizio del diritto d’accesso ai documenti

degli enti locali non hanno introdotto un istituto ulteriore rispetto a quello di cui alla legge sul procedimento
amministrativo. Va infatti osservato che il rapporto tra le discipline […] va posto in termini di cooperazione, con la
conseguenza che le disposizioni del citato capo V penetrano all’interno degli ordinamenti degli enti locali in tutte le
ipotesi in cui nella disciplina di settore non si rinvengano appositi precetti che regolino la materia con carattere di
specialità”; Cons. St., sez. V, 08 settembre 2003, n. 5034. In argomento, v. anche: A. S. AMODIO, Il diritto di accesso agli

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Secondo altra tesi, l’art. 10 del TUEL stabilisce espressamente in linea generale la pubblicità degli atti
adottati dal comune e dalla provincia, riconoscendo il diritto di accesso a tutti i cittadini, singoli o associati,
appartenenti ai predetti enti territoriali, identificati come portatori di un interesse diffuso alla
conoscenza31. Poiché la norma avrebbe già operato il riconoscimento del diritto di accesso a favore di
tale categoria, non opererebbero le limitazioni alla legittimazione attiva previste dalla l. n. 241. Di
conseguenza, il richiedente non dovrebbe provare il proprio interesse alla conoscenza, essendo sufficiente
dimostrare lo status di cittadino e la provenienza dell’atto di cui si richiede l’ostensione da parte di un ente
comunale o provinciale32.
A sostegno di tale tesi, si è affermato che l’accesso sarebbe volto a garantire una migliore e più efficace
partecipazione del singolo alla vita politico-amministrativa dell’ente; inoltre, esso costituirebbe uno
strumento di controllo particolarmente incisivo sulla legalità dell’azione amministrativa, per cui dovrebbe
essere riconosciuto al cittadino senza condizionamenti e senza necessità di alcuna preventiva indicazione
delle ragioni della richiesta, in conformità al principio di pubblicità e trasparenza delle istituzioni
rappresentative33.
Seguendo un orientamento aderente al dato normativo, si potrebbe accogliere la tesi estensiva e più
garantista, ritenendo che l’accesso debba essere riconosciuto a tutti i cittadini, indipendentemente dalla
sussistenza di un interesse differenziato. Tale impostazione potrebbe giustificarsi in base ad
un’interpretazione evolutiva, tenendo conto dei recenti interventi legislativi volti ad affermare il principio
di trasparenza e di accessibilità totale dei dati in possesso dell’amministrazione.
L'art. 5 del d.lgs. n. 33/2013, infatti, ha introdotto nell'ordinamento, come forma di controllo
democratico e diffuso sull'attività dell'amministrazione, il diritto di chiunque di ottenere la pubblicazione,
da parte dell’autorità pubblica, delle informazioni che ha l'obbligo di divulgare per legge e di accedere alle

atti degli enti locali, in Foro amministrativo, 1990, pp. 2974 ss.; L. CICALINI, Il diritto di accesso e di informazione, in G. DE
MARZO - A. TOMEI (a cura di), Commentario al nuovo T.U. Enti locali, Padova, 2002, pp. 103 ss.; F. MANGANARO,
L'accesso agli atti e alle informazioni degli enti locali, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Milano,
2011, pp. 1066 ss.
31 Cfr. TAR Puglia, Lecce, sez. II, 12 marzo 2005, n. 2067; TAR Marche, Ancona, sez. I, 3 marzo 2006, n. 101; TAR

Molise, Campobasso, sez. I, 13 gennaio 2006, n. 21; TAR Campania, Salerno, sez. II, 15 febbraio 2012, n. 213.
Impostazione confermata anche dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi nella direttiva 10 febbraio
1996, concernente “la disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi secondo le L. n. 241 del 1990 e n. 142 del 1990”.
32 Cfr. G. MORBIDELLI, Il procedimento amministrativo, in AA. VV., Diritto amministrativo, Bologna, 2001, pp. 1342 ss.; G.

PASTORI, La disciplina generale del procedimento amministrativo. Considerazioni introduttive, atti del XXIII Convegno di studi di
scienza dell'amministrazione, Varenna 18-20 settembre 1986, Milano, 1989, pp. 29 ss.; S. MAZZA, Il diritto di accesso agli atti
amministrativi, tra previsioni generali e disciplina degli enti locali: un problema ancora aperto, in Foro amministrativo - Cons. St., 2004,p
p. 2204 ss.
33 Cfr. R. CAMELI, Considerazioni in tema di accesso agli atti delle amministrazioni locali, in Foro Amministrativo – Cons. St., 2004,

p. 3581; M.A. SANDULLI, Partecipazione e autonomie locali, op. cit., pp. 554 e ss.

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altre informazioni di cui sia in possesso, senza necessità di allegare uno specifico interesse o di indicare
le ragioni dell’istanza.
In questa sua conformazione, le affinità dell’accesso civico con l’accesso documentale sono minime,
riprendendo piuttosto le caratteristiche essenziali dell’ostensione codificata dalla legislazione settoriale
degli Enti locali. In tal senso, l’accesso negli Enti locali si porrebbe nei confronti dell’accesso civico in
termini di complementarietà e integrazione, essendo espressione della stessa ratio di garanzia di un
controllo diffuso sull’operato dei pubblici poteri, reso ancora più pregnante dalla prossimità del cittadino
all’ente territoriale.
Se è vero, dunque, che anche nell’ordinamento locale la conoscibilità generalizzata degli atti diviene la
regola, mentre il diniego rappresenta l’eccezione (fermo restando il rispetto dei limiti relativi alla tutela di
interessi pubblici e privati che possono essere lesi dalla rivelazione di certe informazioni), negare o
comunque interpretare l’art. 10 del Testo Unico in modo restrittivo equivarrebbe a vanificare le stesse
finalità dell’istituto. È evidente, infatti, che il requisito di una posizione soggettiva qualificata limita le
potenzialità dell’accesso in commento quale strumento di controllo democratico dell'attività
amministrativa.
L’interpretazione estensiva sarebbe ulteriormente confermata nel profilo oggettivo, in quanto il diritto di
accesso si estende agli atti e alle informazioni di cui è in possesso l’amministrazione locale, a differenza
di quanto previsto per l’accesso documentale dalla l. n. 241/1990. Inoltre, tutti gli atti
dell’amministrazione comunale e provinciale sono pubblici.
Fanno eccezione due categorie di atti: quelli riservati per espressa indicazione di legge34 e per effetto di
un provvedimento temporaneo e motivato del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti
l’esibizione, in quanto la loro divulgazione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei
gruppi o delle imprese. In questo caso si individua un potere discrezionale o, quanto meno, una facoltà
attribuiti al sindaco e al presidente della provincia che non sembrano del tutto compatibili con l’ampiezza
dell’accesso negli Enti locali, secondo la ricostruzione del diritto qui accolta.
Infatti, alla luce di quanto detto, il regime di fruizione delle informazioni delle istituzioni locali assume
alcuni caratteri assimilabili a quelli propri dell’accesso civico, in particolare rispetto all’oggetto della
relativa istanza - che può riguardare direttamente le informazioni in possesso dell’amministrazione e non
solo i documenti -, e alla legittimazione in capo a tutti i cittadini, senza che sia necessario dimostrare la
titolarità di interessi qualificati. Subordinare l’ostensione ad un provvedimento del sindaco o del

34 Il riferimento è all’art. 24 della l. n. 241/1990, relativamente alle ipotesi tassative di esclusione volte alla salvaguardia
di interessi pubblici fondamentali e prioritari rispetto all’interesse alla conoscenza dell’istante, nonché ai limiti all’accesso
individuate dall’art. 5-bis del d. lgs. n. 33/2013, le quali si appalesano per lo più coincidenti con quelle dell’accesso
documentale.

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presidente della provincia significherebbe introdurre un’ipotesi di esclusione all’accesso dai contorni
indefiniti ed ampliabile in maniera incontrollata. Tuttavia, la previsione dei presupposti di temporaneità
e motivazione dell’atto dovrebbe fornire sufficiente base legale alla segretezza, dovendo il provvedimento
di esclusione essere limitato al periodo di tempo strettamente necessario a preservare l’interesse alla
riservatezza e sulla base di una specifica motivazione, da esplicitare nel provvedimento limitativo
dell’accesso.
In conclusione, anche nell’ordinamento degli Enti locali viene riconosciuto al cittadino un diritto “civico”,
che legittima un intervento dello stesso in funzione di controllo dell’operato della P.A.35. A livello locale,
infatti, si avverte in maniera più forte rispetto ad altri settori l’esigenza di assicurare un migliore dialogo
fra i cittadini e l’autorità pubblica, attraverso il riconoscimento di forme più intense di contraddittorio,
partecipazione e accesso.
Superando gli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali pregressi, si potrebbe creare un modello unitario
di accesso, maggiormente orientato ai principi costituzionali ed europei di trasparenza e di pubblicità
dell'azione amministrativa.
Il più ampio esercizio del diritto - incondizionato, ma non illimitato - potrebbe contribuire
all'affermazione di un agere pubblico imparziale e trasparente e in linea con la definizione di trasparenza
come “accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei
cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul
perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”36. Del resto, gli esempi di applicazione
ampia del diritto di accesso non si limitano all’art. 10 del d. lgs. n. 267/2000 citato. Si pensi all'accesso
alle informazioni ambientali, secondo le previsioni del d.lgs. n. 195/2005, ovvero all'accesso
incondizionato dei consiglieri comunali e provinciali37, o ancora al diritto di accesso secondo la normativa
europea o quella di altri Stati Membri dell'Unione.
Una diversa ricostruzione dell’istituto in commento non soltanto sarebbe in contrasto con il nuovo
quadro normativo improntato alla massima trasparenza, ma lo renderebbe anche estremamente
frammentario, determinando, in ultima analisi, un indebolimento delle finalità dell'istituto stesso.
Si ritiene, invero, che un ampio, ma non illimitato controllo dell’operato dell’amministrazione da parte
del cittadino non sia contrario, ma anzi favorisca l’efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa, con
un benefico effetto deflattivo del contenzioso.

35 Cfr. A. ROMANO TASSONE, Il controllo del Cittadino sulla nuova amministrazione, in Diritto amministrativo, 2002, pp. 269
ss.
36 Art. 1, comma 1, d. lgs. n. 33/2013.
37 V. infra.

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Il diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali, rispetto alla disciplina generale sull’accesso ai
documenti amministrativi, presenta caratteri derogatori ancora più marcati. Esso è stato disciplinato per
la prima volta dalla l. n. 816/1985, successivamente è divenuto l’art. 31 della l. n. 142/1990, per essere
poi trasfuso con il d. lgs. n. 267/2000 nell’art. 43, comma 2. Quest’ultimo prevede che i consiglieri “hanno
diritto di ottenere dagli uffici del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le
informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato”.
Emerge la configurazione dell’istituto quale accesso incondizionato, dai confini più ampi sia del diritto di
accesso attribuito al cittadino nei confronti del Comune di residenza, ai sensi dell’art. 10 del TUEL, sia
nei confronti della P.A. quale disciplinato dalla legge n. 241/1990. Esso si atteggia ad espressione del
principio democratico, considerato il ruolo di garanzia e la funzione pubblicistica esercitata dai consiglieri,
ed è riconosciuto non al fine di tutelare un interesse personale del consigliere, ma l’interesse pubblico
sotteso al mandato conferito38.
Proprio la precisazione che la richiesta di accesso è avanzata per l’espletamento del mandato è sufficiente
a giustificarla, senza alcun particolare onere di motivazione della richiesta39. Il consigliere, in altre parole,
non è tenuto a motivare l’istanza, né l’ente ha titolo per sindacare il rapporto fra la richiesta di accesso e
l’esercizio del mandato. In caso contrario, gli organi dell’amministrazione potrebbero stabilire essi stessi
l’ambito del controllo esercitabile sul proprio operato. In tale prospettiva, l’indicazione di un interesse
personale in sede di esercizio del diritto sarebbe anche superflua, dal momento che la meritevolezza
dell’interesse perseguito è presunta iuris et de iure40.
Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, la previsione dell’art. 43 implica che il diritto
di accesso dei consiglieri non è limitato agli atti qualificabili come documento amministrativo in senso
stretto, ma si estende ad ogni ulteriore notizia e informazione in possesso degli uffici, che possa essere di
utilità all’espletamento del mandato41. Di conseguenza, l’accesso è consentito anche quando la richiesta

38 Cfr. Cons. St., sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4855; Cons. St., sez. V, 25 luglio 2004, n. 7900; TAR Campania, Salerno,
Sez. II, 25 giugno 2010, n. 9584: “Il diritto codificato da tale disposizione è direttamente funzionale non tanto ad un
interesse personale del consigliere comunale o provinciale, quanto alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato
conferito e, quindi, alla funzione di rappresentanza della collettività”. Cfr. G. GIOFFRÈ, Il diritto di accesso dei consiglieri
comunali e provinciali nella legislazione, 4 luglio 2008, in altalex.com; G. MODESTI, Il diritto di accesso da parte di un consigliere di
un ente locale, 28 marzo 2007, in altalex.com; M. BOMBARDELLI, L'esercizio del diritto di accesso da parte dei consiglieri comunali,
in Giornale di diritto amministrativo, n.10/2008, pp. 1112 ss..
39 Cfr. Cons. St., sez. V, 17 settembre 2010, n. 6963; Cons. St., sez. V, 13 novembre 2002, n. 6293.
40 Cfr. Cons. St., sez. V, 09 ottobre 2007, n. 5264; Cons. St., sez. V, 09 dicembre 2004, n. 7900; Cons. St., sez. V, 04

maggio 2004, n. 2716. Contra Cons. St., sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 846.
41Applicando questi principi, il Consiglio di Stato ha chiarito che “i consiglieri comunali possono accedere a tutti gli atti

(pure di tipo contabile) la cui conoscenza si rilevi utile per un migliore espletamento del loro mandato elettorale: di
conseguenza, nel loro caso, il titolo dell’accesso si configura come corredato da un’ulteriore connotazione rispetto a
quello riconosciuto alla generalità dei cittadini, potendo esso legittimamente sostenersi sull’esigenza di assumere anche
solo semplici informazioni non contenute in formali documenti o di natura riservata (fermo restando il vincolo del
segreto al quale sono tenuti i consiglieri comunali)”. Cfr. Cons. St., sez. V, 8 settembre 2011, n. 5058. Nello stesso senso

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comporti un’attività di elaborazione di dati. Ciò denota una somiglianza dell’istituto in commento
all’accesso civico generalizzato, il cui oggetto, come più volte ribadito, è costituito da “dati, documenti e
informazioni”.
Da esso, tuttavia, si distingue in ragione della finalità perseguita dal legislatore. Nel caso di specie, lo
scopo è quello di consentire ai rappresentanti del corpo elettorale di valutare con piena cognizione la
correttezza e l’efficacia dell’operato dell’amministrazione, nonché di esprimere un sindacato su tale
operato attraverso l’esercizio del voto, e allo stesso tempo promuovere le iniziative di loro competenza42.
Sebbene si possa individuare una sovrapposizione di interessi in materia di controllo sull’azione
amministrativa, la ratio che anima le due discipline è differente. Nel caso dell’accesso dei consiglieri, il
diritto assume una configurazione politica, essendo connesso al munus pubblico di cui essi sono investiti
e al principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività43;
l’accesso generalizzato è, invece, un diritto civico che consente di perseguire, entro i limiti stabiliti dalla
legge, un controllo diffuso sull’amministrazione, nella prospettiva dell’interesse generale alla pubblicità
dell’azione dei pubblici poteri. In altre parole, la finalizzazione dell’accesso all’espletamento del mandato
costituisce presupposto legittimante e limite dello stesso, presentandosi come funzionale allo svolgimento
dei compiti del consigliere44.
L’ampia latitudine oggettiva dell’art. 43, comma 2, e la specificità del titolo che abilita i consiglieri
all’esercizio del diritto non consente di introdurre limitazioni che non siano espressamente contemplate
dalla disciplina legislativa, assumendo lo stesso dei contorni più ampi rispetto alle altre tipologie speciali
di accesso.
In particolare, quanto alla riservatezza degli atti, essa è ritenuta dal Consiglio di Stato sufficientemente
tutelata dalla disposizione di cui all’art. 4345, nel punto in cui stabilisce che i consiglieri “sono tenuti al segreto

Cons. St., sez. V, 20 ottobre 2005, n. 5879; Cons. St., sez. V, 02 settembre 2005, n. 4471; Cons. St., sez. V, 11 maggio
2004, n. 2966.
42 Cfr. Cons. St., sez. V, 05 settembre 2014, n. 4525; Cons. St., sez. V, 20 settembre 2011, n. 4829; Cons. St., sez. V, 22

febbraio 2007, n. 929.
43 Cfr. F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, Milano, 2008, pp. 2201 ss.; G. MISSERINI, Gli organi di governo

del comune e della provincia, in G. DE MARZO – R. TOMEI (a cura di) Commentario al nuovo T.U. degli Enti locali, op. cit., p.
327.
44 Cfr. Parere del Garante della Protezione dei dati personali del 18 aprile 2019, n. 9105201, punto 5, lett. b), dove si

legge che “Il predetto diritto di accesso alle informazioni è direttamente funzionale alla cura di un interesse pubblico
connesso all'esercizio del mandato elettivo; tale finalizzazione esclusiva costituisce, al tempo stesso, il presupposto che
legittima l’accesso e che ne limita la portata. Fuori dai predetti casi, strettamente riconducibili al mandato elettivo, non
è lecito, quindi, richiedere agli uffici dell'amministrazione di riferimento la comunicazione di intere basi di dati oppure
la formazione di appositi elenchi "dedicati" da utilizzare per attività di comunicazione politica.Non è parimenti
consentito, da parte di soggetti titolari di cariche pubbliche non elettive e, più in generale, di incarichi pubblici, l'utilizzo
per finalità di propaganda elettorale e connessa comunicazione politica dei dati acquisiti nell´ambito dello svolgimento
dei propri compiti istituzionali.”
45 Cfr. Cons. St., sez. V, 11 dicembre 2013, n. 5931; Cons. St., sez. V, 4 maggio 2004, n. 2716.

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nei casi specificamente determinati dalla legge”. Il Collegio osserva che essendo detti consiglieri tenuti al segreto,
nel caso di atti riguardanti la riservatezza dei terzi, non sussiste alcuna ragione logica perché possa essere
inibito l’accesso ad atti riguardanti i dati riservati dei terzi. La tutela della riservatezza è, dunque, realizzata
spostando sul consigliere la responsabilità della divulgazione dei dati46.
Il quadro così delineato mette in evidenza le peculiarità e la specificità dei diritti informativi dei consiglieri
comunali e provinciali47, i quali non costituiscono esplicazione dei principi di trasparenza ed imparzialità
dell’art. 97 della Costituzione, ma sono connessi alla funzione esercitata dall’amministratore locale, alle
competenze che la legge attribuisce al Consiglio comunale e provinciale, nonché al corretto
funzionamento del sistema di governo locale, secondo i principi di rappresentatività e democrazia48. Ciò
consente al titolare della carica di governo di ottenere dall’ente tutte le informazioni utili all’espletamento
delle sue funzioni, senza incontrare alcuna limitazione derivante dalla loro natura riservata, essendo lo
stesso vincolato al segreto d’ufficio49.
Sebbene la previsione di una legittimazione all’accesso svincolata da un interesse qualificato e da uno
specifico onere motivazionale e la possibilità di accedere ad un’ampia categoria di dati consentano di
assimilare la figura in esame a quella dell’accesso civico generalizzato, la diversità di fini perseguiti dalle
norme non consente una totale sovrapposizione fra i due istituti, i quali continuano a convivere su un
piano di reciproca indipendenza. Non si può parlare quindi di un unico diritto di accesso, ma di due
differenti sistemi di garanzia, cui corrispondono altrettanti livelli di trasparenza.
In conclusione, dal momento che il sistema dell'accesso alle informazioni si presenta articolato e
frastagliato per effetto della presenza di molteplici discipline speciali e settoriali, emerge una tensione tra
la normativa generale e quella speciale, per la quale si pone il problema di stabilirne, caso per caso e sotto
singoli profili rilevanti, l'attitudine derogatoria o la dimensione integrativa.
In tale complesso quadro, le differenze e le sovrapposizioni tra le varie forme di accesso possono essere
realmente colte solo in base alla natura degli interessi riversati sul principio di trasparenza. Quest’ultimo
non è più semplicemente ancorato al diritto alla informazione ed alla partecipazione, ma è informato al

46 Cfr. Cons. St., sez. V, 02 aprile 2001, n. 1893; TAR Lombardia, Brescia, 28 febbraio 2005, n. 107, in base al quale “Al
consigliere spetta dunque un‘ampia e qualificata posizione di pretesa all’informazione ratione officii, rispetto alla quale
non gli sono opponibili profili di riservatezza, dovendosi considerare il citato art. 43 come una delle disposizioni che
seconda la legislazione in materia di privacy permettono di trattare dati ed informazioni per il perseguimento di finalità
istituzionali”. In questi termini, F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2012, p. 1099.
47 Cfr. N. LAUDISIO - M. LAUDISIO, Il diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali, in Nuova rassegna di legislazione,

dottrina e giurisprudenza, n. 11/2009, p. 1341; D. GIORGIO, Diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali. Le due anime
della legalità nell’attività amministrativa: spunti per una riflessione sull’agere pubblico, in Nuova rassegna di legislazione, dottrina e
giurisprudenza, 2006, p. 2281.
48 Cfr. F. COLAPINTO, L’accesso del consigliere comunale agli atti e ai documenti di una società partecipata dal comune: probabili

scenari di una questione non ancora risolta, n. 10/2005, in lexitalia.it.
49 Orientamento confermato da Cons. St., sez. V, 2 gennaio 2019, n. 12.

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