Guido Andrea Pautasso - Il Dadaismo iniziatico: vite sospese tra Arte e Alchimia

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Il Dadaismo iniziatico: vite sospese tra Arte e Alchimia
Guido Andrea Pautasso

   Il Dadaismo,1 tendenza culturale nata alla vigilia della Prima guerra mondiale,
sviluppatasi tra il 1916 e il 1920 in Svizzera attorno alle figure di Tristan Tzara
(1896-1963), Hugo Ball (1886-1927) e Hans Jean Arp (1887-1966), e poi diffu-
sosi a macchia d’olio nel mondo come provocazione contro tutti gli -ismi letterari
ed artistici del tempo, è stato il movimento artistico più irriverente e scandaloso
della storia moderna. Tuttavia Dada, al di là dei gesti iconoclasti e in tutte le sue
più disparate espressioni, era orientato anche alla ricerca dell’Assoluto, di una
sorta di dimensione suprema e totale dell’Essere da raggiungere in maniera indi-
viduale e senza il condizionamento di precetti ideologici o religiosi, seguendo un
percorso che potrebbe essere emblematicamente definito iniziatico.

Fig. 1 Papillon Dada. Testo redatto probabilmente da Paul Éluard per la promozione della rivista
  Proverbe stampato su carta colorata nel dicembre 1919 e distribuito al pubblico nel gennaio
                           1920. [Collezione Guido Andrea Pautasso]

1
 Cfr. Laurent Le Bon, Dada (Paris: Éditions du Centre Pompidou, 2005) e Francesco Tedeschi et
alii. DADA1916 La nascita dell’antiarte (Cinisello Balsamo: Silvana Editoriale, 2016).

                                                                   La Rosa di Paracelso 2/2019
La Rosa di Paracelso

   Guidati da un ordre déraisonnable,2 i dadaisti vivevano Dada come se fosse
un atteggiamento demoniaco e areligioso che incarnava non una mistificazione,
bensì l’intero mistero umano: «Ciò che per gli altri era una mistificazione, per me
era semplicemente il mistero», scrisse Man Ray (1890-1976) nel suo Autoritrat-
to.3 Questo atteggiamento di distacco dalla realtà e di volontà di agire in maniera
evanescente, con azioni in apparenza senza senso per raggiungere l’Illuminazio-
ne, tipico della filosofia Zen e del pensiero taoista,4 era una formula legata ad un
approccio non conformista al quotidiano, ma nel caso specifico di alcuni dadai-
sti, nascondeva un intento superiore che sconfinava nel metafisico, o ancora più
misteriosamente, nella realizzazione di una specie di Opus Magnus, l’itinerario
alchemico per la trasformazione della materia prima, finalizzata a realizzare la
Pietra Filosofale.
   Messo di fronte alla volontà dei dadaisti di rivoluzionare e di rifondare il mon-
do, Ball non esitò a sentenziare: “Dobbiamo essere nuovi e inventivi da cima
a fondo. Poetiamo quotidianamente sulla vita trasformandola”.5 In verità, a
orientare le azioni dadaiste sui principii espressi dalla cultura esoterica fu Marcel
Duchamp (1887-1978), che, approdato a Dada seppur con un certo distacco,6
precisò di non voler intervenire per attuare una trasformazione della vita bensì
per attivare una trasmutazione necessaria da una realtà all’altra, da uno stato
normale dell’Essere ad una dimensione che potrebbe essere definita superio-
re e fuori dal tempo. Anzi, Duchamp precisò che lo stesso percorso artistico e
creativo “assume tutt’altro aspetto quando lo spettatore si trova in presenza del
fenomeno della trasmutazione; con il cambiamento della materia inerte in opera
d’arte, una vera e propria transustanziazione ha luogo”. Egli utilizzò il termine
precipuo trasmutazione,7 prelevandolo dal linguaggio iniziatico degli alchimisti,
per sottolineare la natura eccezionale della ricerca di uno sparuto gruppo di da-
daisti basata su di una visione iniziatica, strettamente correlata all’antico sapere
dell’Alchimia e agli insegnamenti esoterici, magici e misteriosofici. Discipline di
frontiera come l’occultismo e l’Alchimia furono trattate con particolare attenzio-
ne soltanto da alcuni artisti appartenenti alle varie realtà dadaiste affermatesi a
livello internazionale, come Johannes Baader (1875-1955), André Breton (1896-
1966), Max Ernst (1891-1976), Julius Evola (1898-1974), George Grosz (1893-
1959), Richard Huelsenbeck (1892-1974), Paul Joostens (1889-1960), Clément

2
  Hans Jean Arp, “De plus en plus je m’eloignais de l’esthétique” in William S. Rubin, L’arte dada
e surrealista (Milano: Rizzoli, 1972), 10.
3
  Man Ray, Autoritratto (Milano: Mazzotta, 1975), 63.
4
  Sul rapporto Dada, Taoismo e Zen, argomento tutt’ora da indagare Cfr. Emanuele La Rosa, “Il
dadaismo di Julius Evola nelle lettere a Tristan Tzara” in Julius Evola, Teoria e pratica dell’arte
d’avanguardia (Roma: Edizioni Mediterranee, 2018) 301, e Ko Woࡅn, Buddhist Elements in Dada.
A Comparison of Tristan Tzara, Takahashi Shinkichi and Their Fellow Poets (New York: New York
University Press, 1977).
5
  Hugo Ball, Cabaret Voltaire (Roma: Castelvecchi, 2016), 22.
6
  Georges Ribemont-Dessaignes, Déja jadis ou du mouvement dada à l’espace abstrait (Paris: Édi-
tions René Julliard, 1958), 84.
7
  Marcel Duchamp, Scritti (Milano: Abscondita, 2005), 163.

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Pansærs (1885-1922) e Francis Picabia (1879-1953), oltre ai già ricordati Arp,
Duchamp e Tzara. Costoro si attivarono per la realizzazione di un Dadaismo
iniziatico muovendosi però con una certa circospezione, con una evidente presa
di distanza dalle discipline esoteriche volgarmente divulgate al grande pubblico
e con l’intento di non voler destare confusioni e mistificazioni di sorta, lasciando
cioè prevalere una reticenza allusiva tipica degli adepti di una società segreta.
Come se fossero stati chiamati al giuramento del silencium per non svelare i mi-
steri della loro iniziazione, gli adepti del circolo magico dadaista furono quasi
costretti a utilizzare un linguaggio ermetico, di copertura, cifrato, intraducibile e
incomprensibile ai profani, una lingua segreta e sacra, la Langue vert, o la Langue
des oiseaux, nota come l’Argot degli alchimisti;8 oppure, come fecero Breton, Du-
champ ed Evola, utilizzarono e trattarono formalmente le discipline esoteriche al
pari di fonti d’ispirazione poetica o di documenti di studio per i loro saggi.
   Breton, poi fondatore nel 1924 del Surrealismo, iniziò sin da giovane – e quin-
di durante il periodo Dada – una fitta corrispondenza con Eugène Canseliet
(1899-1982), l’unico discepolo del misterioso Fulcanelli (padre dell’Alchimia
moderna e autore dei celebri volumi Le Mystère des Cathédrales e Les Demeures
Philosophales),9 e fu assiduo frequentatore delle riunioni del circolo esoterico
degli Apostoli della Scienza Ermetica nella parigina Avenue Montaigne.10
   Il circolo era organizzato dai fratelli Bertrand e Ferdinand-Jules de Lesseps,
mecenati che avevano coltivato per anni la passione per la Scienza Ermetica e
sostenuto le ricerche alchemiche di Jean-Julien Champagne (1877-1932), illu-
stratore dei libri di Fulcanelli nonché amico di Canseliet. Nel salotto mondano
della sontuosa dimora della famiglia de Lesseps, frequentato da personalità di
spicco del mondo politico e degli affari parigino, si riuniva in gran segreto anche
un ristretto numero di adepti, legati soprattutto al milieu artistico e letterario
francese, dediti a ricerche esoteriche ed occultiste: tra i partecipanti, a parte fi-
gure di spicco come Anatole France e Raymond Roussel, pare vi fossero Breton
e la scrittrice dadaista Irène Hillel-Erlanger (1878-1920), amica del poeta Louis
Aragon (1897-1982), poi autore del romanzo pornografico-surrealista Le Con
d’Irène, che a torto si diceva fosse stato ispirato dalla sua figura sensuale.11
   La giovanissima, mondana e ricca Hillel-Erlanger, dimenticata dagli studio-
si del movimento Dada,12 oltre che essere finanziatrice occulta e collaboratrice

8
  Patrick Rivière, L’enigma Fulcanelli. La misteriosa identità dell’ultimo alchimista (Torino: Edizioni
Età dell’Acquario, 2006), 35.
9
  Le Mystère des Cathédrales et l’interprétation ésotérique des symboles hermétiques du grand œuvre
e Les Demeures Philosophales et le Symbolisme hermétique dans ses rapports avec l’Art Sacré et
l’Esotérisme du Grand-Œuvre, furono illustrati dai disegni di Jean-Julien Champagne e stampati
dall’editore parigino Jean Schémit, il primo in una tiratura limitata di 300 esemplari nel 1926, il
secondo nel 1930.
10
   Rivière, L’enigma Fulcanelli, 85.
11
   Lionel Follet, “Aragon et Louis Delluc” in Recherche Croisée, Aragon/Elsa Triolet 6 (Besançon:
Presses Universitaires Franc-Comtoises, 1998), 222.
12
   Hillel-Erlanger non è menzionata in saggi, cataloghi o antologie dedicate a Dada: l’unico a citarla
è stato Michel Sanouillet inserendo il suo nome tra i collaboratori di Littérature in Dada à Paris

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sporadica della rivista dadaista Littérature,13 fondata assieme a Aragon, Breton, a
Germanie Dulac (1882-1942) e a Philippe Soupault (1897-1990), si mise in luce
sia come sceneggiatrice dei film di Dulac (con la quale fondò la casa di produzio-
ne cinematografica D. H. Film), sia per la scrittura di diversi libri di poesie (il più
noto è Stances, sonnetes et chansons) e di un romanzo La chasse au bonheur, tutti
pubblicati però con lo pseudonimo maschile Claude Lorrey. Nel 1919, esordì
pubblicando con il suo vero nome un libro visionario, Voyages en Kaléidoscope:
per la stampa del poema in prosa, Hillel-Erlanger scelse Georges Crès, editore
della rivista Dada SIC,14 e chiese al pittore Kees (Cornelis) Van Dongen (1877-
1968) due disegni: uno cubista, per illustrare la copertina, e un altro di carattere
pseudo-scientifico, da inserire fuori testo, che avrebbe dovuto rappresentare un
termometro,15 o meglio un Thermo-Maître: il Maestro della Temperatura destina-
to a segnalare correttamente la temperatura durante l’azione della trasmutazione
della materia per il raggiungimento della Grande Opera Alchemica.

 Fig. 2 Thermo-Maître. Disegno del pittore Kees (Cornelis) Van Dongen (1877-1968) riprodotto
in Irène Hillel-Erlanger, Voyages en Kaléidoscope. Avec un titre et un thermometre dessinè par Van
                         Dongen (Paris: Les Éditions G. Crès et Cie, 1919).

(Paris: Jean-Jacques Pauvert, 1961), 119. Nelle bibliografie consultate Voyages en Kaléidoscope non
figura tra le pubblicazioni dadaiste.
13
   Tami Williams, Germanie Dulac: A Cinema of Sensation (Champain, University of Illinois Press,
2014), 56.
14
   Diretta da Pierre Albert Birot dal 1916 al 1919, SIC (acronimo di Sons Idées Couleurs) favorì la
connessione tra i vari movimenti d’avanguardia del periodo pubblicando riproduzioni di opere e
testi di autori cubisti, futuristi e dadaisti.
15
   Irène Hillel-Erlanger, Voyages en Kaléidoscope. Avec un titre et un thermometre dessinè par Van
Dongen (Paris: Les Éditions G. Crès et Cie, 1919), 107.

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   Il libro destò l’attenzione dei critici letterari16 grazie alla scrittura sincopata
di tipo cinematografico e alle invenzioni tipografiche barocche assolutamente
innovative e tipiche dello stile dadaista, ma anzitutto suscitò l’attenzione degli
alchimisti. Fu Canseliet a paragonare il racconto di quel viaggio avventuroso
alla Jonathan Swift o alla Jules Verne al poema alchemico medievale di Jean de
Lafontaine (1621-1695), La Fontaine des Amoureux de Science,17 e dietro segna-
lazione di Fulcanelli, dopo essersi consultato con Breton,18 a sostenere che si
trattasse di un testo ermetico trascendentale dove veniva svelato il Mysterium
dell’Opus Magnus.19
   Il racconto acroamatico, ambientato a Parigi, narra di Joël Joze – pseudonimo
dietro al quale sarebbe celato il fisico inglese James Prescott Joule (1818-1889)
o l’artista Champagne – inventore di un apparecchio simile a quello del cinema-
tografo: un caleidoscopio capace di captare le onde magnetiche delle persone e
di proiettarle sullo schermo, portando così alla luce “le SENS CACHÉ de toutes
choses”,20 e di offrire a ciascuno “une vision neuve de l’Universe”. La Contessa
Véra, animatrice delle soirées della Ville Lumière, in un magnifico palazzo di Ave-
nue Montaigne trasforma gli esperimenti di Joze in eventi spettacolari, e nel frat-
tempo tenta di sedurlo per entrare in possesso del segreto del suo macchinario. A
salvare l’inventore interviene però l’orientale Grace che, togliendosi il velo che le
copre il volto, dimostra a Joze di essere la sorella di Véra e gli mostra il prezioso
diamante che ha incastonato nella fronte. Quando l’inventore posa lo sguardo
sulla gemma, una gigantesca esplosione devasta la capitale francese. I tre soprav-
vivono ma Joze abbandona Véra e resta tra le braccia di Grace dimenticandosi la
mondanità e il successo ottenuto grazie alla sua invenzione.
   Sin dal frontespizio Hillel-Erlanger sostenne che Voyages en Kaléidoscope non
fosse un “roman moins encore une étude de caractères”, infatti, si trattava di un
journal intérieur dal carattere allegorico21 nel quale veniva descritto in maniera

16
   Per Serge Hutin il libro venne ignorato dai critici letterari, vedi Governi occulti e società segrete
(Roma: Edizioni Mediterranee, 1973), 166; tuttavia è stato recensito da Abel Hermant, “Voyages en
kaléidoscope de Mme Hillel-Erlanger et autres écrits cubistes”, Le Figaro, Paris vendredi 19 Octo-
bre 1919, 2 e in diversi quotidiani parigini: L’Intransigeant, jeudi 23 Octobre 1919, 2; L’Humanité.
Journal socialiste quotidien, vendredi 24 Octobre 1919, 2; e fu segnalato anche in La Liberté, lundi
4 Octobre 1919, p. 2; e in Comœdia illustré, samedi 15 Novembre 1919, 56; ne scrisse Louis Ara-
gon sulla dadaista Littérature, n. 9, Novembre 1919, 26-27. Nelle recensioni si accenna al fatto che
sia l’autrice, sia il protagonista del libro, si sono occupati di scienze occulte e la storia è paragonata
ai libri fantastici di Villiers de L’Isle-Adam o al Faustroll del patafisico Alfred Jarry; altrimenti Her-
mant associa la scrittura allo stile letterario cubista di Jean Cocteau e Blaise Cendras.
17
   Archer, “Irene Hillel et Julien Champagne”, 25 mars 2007, http://www.archerjulienchampagne.
com/article-6153071.html.
18
   Ciò avvenne nel 1945, secondo la ricostruzione di Canseliet in Due luoghi alchemici. In margine
alla scienza e alla storia (Roma: Edizioni Mediterranee, 1998), 16.
19
   Geneviève Dubois, Fulcanelli. Svelato l’enigma del più famoso alchimista del XX secolo (Roma:
Edizioni Mediterranee, 1996), 95.
20
   Hillel-Erlanger, Voyages en Kaléidoscope, 14.
21
   Il termine è utilizzato da Eugène Canseliet che accenna a Hillel-Erlanger in “L’Hermetisme dans
la vie de Swift et dans ses Voyages”, Cahiers du Sud, année 44, tome XLVI, n. 344, Janvier 1958, 18.

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fantasiosa e simbolica il cammino che doveva compiere l’alchimista per tramu-
tare la materia bruta in oro; bastava saperlo interpretare: “Énigmes, signes, vous
êtes partout, si seulement nous: savions lire, comment voir, mais alors nous som-
mes des lecteurs charnels et aveuglément présomptueux”.22 L’idea innovativa
offerta dalla dadaista era quella di ricorrere allo strumento ottico del caleido-
scopio, apparecchio tecnologico necessario a completare la realizzazione della
Grande Opera alchemica attraverso la filtrazione dei raggi luminosi. Inoltre il
volume era dedicato a stampa a L. B., forse l’amica chimica Louise Barbe, mo-
glie di Serge Voronoff (1866-1951),23 medico specializzato in rimedi contro l’in-
vecchiamento e legato a società esoteriche come Golden Dawn, Framassoneria
francese e Cosmic Movement fondata a Tlemcen in Algeria da Alma e Max The-
on, nonché modella di Champagne. Conosciuta negli ambienti esoterici parigini
per il suo interesse per l’Alchimia, Barbe concluse la sua esistenza dopo aver
ingerito una dose eccessiva di un elisir indicato come l’ermetico Oro potabile.
Fine analoga fece pure Hillel-Erlanger che morì il 21 marzo 1920, dopo essere
stata vittima di un’intossicazione alimentare causata dalle ostriche mangiate la
sera del banchetto organizzato per la presentazione di Voyages en Kaléidoscope.
Alla notizia della sua morte, il libro scomparve dagli scaffali delle librerie parigi-
ne: si dice che sia stato ritirato dal potente banchiere e collezionista d’arte Moïse
de Camondo (1860-1935), zio di Irène, e mandato al macero. Circolò persino la
notizia che un essere vestito di nero o un gruppo di personaggi nell’ombra avesse
fatto sparire nel fuoco ogni copia del libro pubblicata,24 ma non esiste alcuna
prova riguardo questa congettura poiché risulta che alcune di esse sono state
messe in vendita dai bouquiniste del Lungo Senna o da librai antiquari francesi.
Di fatto si salvarono dalla distruzione soltanto le copie dedicate ad personam
dalla dadaista, quelle numerate da 4 a 21 stampate sulla carta vergatina di Ar-
ches, destinate agli amici dell’autrice e probabilmente consegnate ai più fedeli
Apostoli della Scienza Ermetica.
   Tra gli adepti del circolo di Avenue Montaigne non figura Marcel Duchamp
che dal punto di vista creativo fu il dadaista più vicino al pensiero della tradizio-
ne ermetico-alchemica.25

22
    Irène Hillel-Erlanger, “Par amour. Fantaisie musicale et variations sur le Nom de PEARL
WHITE”, Littérature, n. 10, Paris Décembre 1919, 19.
23
    Per i dettagli sulla biografia Cfr. https://voronoff.wordpress.com/.
24,
    Nel citato Governi occulti e società segrete Serge Hutin sostiene che le copie disponibili del libro
fossero state acquistate tutte da misteriosi lettori prima che venisse messo in vendita, senza dubbio
per essere distrutte.
25
    Cfr. Maurizio Calvesi, Duchamp invisibile. La costruzione del simbolo (Roma: Officina Edizioni,
1975); John F. Moffitt, Marcel Duchamp: alchemist of the avant-garde in The spiritual in art: ab-
stract painting 1890-1985 (New York: Abbeville Press, 1986), 257-271; Nadia Choucha, Dada and
Duchamp: the fusion of mysticism and materialism in Surrealism and the occult. Shamanism, Magic,
Alchemy and the birth of an artistic movement (Rochester-Vermont: Destiny Books, 1992), 37-49.
In alternativa è possibile pensare che l’arte di Duchamp possa essere ricondotta a modelli alche-
mici nonostante lui non fosse un alchimista Cfr. Arturo Schwarz, La sposa messa a nudo in Marcel
Duchamp, anche (Torino: Einaudi, 1974).

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   Il mistagogo artistico Duchamp, nonostante dichiarasse (forse mentendo) di
non essere stato iniziato ai misteri dell’Alchimia, si avvicinò agli studi sull’occul-
tismo sin dal 1913, dopo aver frequentato a Parigi un corso di biblioteconomia
all’École des Chartes (prestigiosa istituzione fondata nel 1821 per formare stori-
ci, archivisti, filologi e paleografi specializzati nella catalogazione e conservazione
dei beni culturali)26 e fu chiamato a svolgere l’attività di bibliotecario alla Bi-
bliothèque Sainte-Geneviève, nota per la presenza di un cospicuo fondo di testi
esoterici di notevole importanza storica. Come testimoniato dal critico d’arte
Pierre Cabanne, l’artista francese possedeva diversi libri dedicati all’occultismo
ma di larga diffusione popolare,27 e, secondo fonti accreditate, pare che Duchamp
fosse stato in stretto contatto con Canseliet e che, dietro suo consiglio, avesse
letto gli studi di Fulcanelli. Inoltre, Duchamp conobbe il poeta Saint-Pol-Roux
(1861-1940),28 membro della Rosa-Croce Estetica e Cattolica fondata dall’oc-
cultista Joséphin Péladan (1858-1918), fu legato a Walter Conrad Arensberg
(1878-1954), poeta, crittografo, esperto dell’esoterismo rosacruciano e diventato
suo principale collezionista, e frequentò anche Katherine Dreier (1877-1952),29
pittrice influenzata dalla Teosofia di Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891), da-
gli studi sulla Quarta Dimensione di Claude Bragdon (1866-1946) e dalle teo-
rie espresse nel Tertium Organum da Pëtr Dem’janoviþ Uspensky (1878-1947),
oltre all’artista Beatrice Wood (1893-1998), già membro della Società Teosofi-
ca, seguace degli insegnamenti di Krishnamurti e del pensiero tradizionalista di
Ananda Coomaraswamy. Sempre Duchamp, a chi gli domandava quale fosse il
suo rapporto con la magia,30 rispose: “Se ho mai praticato l’Alchimia, è stato
nell’unico modo possibile oggi, cioè senza saperlo”. E ancora, in un’intervista
rilasciata dall’artista concettuale Robert Smithson, quest’ultimo dichiarò di aver
incontrato Duchamp nel 1963 a New York, alla Cordier & Ekstrom Gallery, e di
avergli detto “I see you into Alchemy”, e di aver ricevuto in risposta un chiarifi-
catore, “Yes, I am”.31
   La riprova dell’interessamento di Duchamp per l’Alchimia è offerta dalle sue
stesse opere: in alcuni dipinti, realizzati prima di aderire a Dada come Portrait du
Dr. Dumouchel e Jeune homme et jeune fille dans le printemps, e in special modo
nelle sue opere dadaiste Roue de biciclette, Fountain, Broyeuse de chocolat n.2, 50
cc air de Paris e L.H.O.O.Q..

26
   Marcel Duchamp, Ingegnere del tempo perduto. Conversazione con Pierre Cabanne (Milano: Abs-
condita, 2009), 42; Cfr. L’École nationale des chartes. Histoire de l’école depuis 1821 (Thionville:
Gerard Klopp Editeur, 1997).
27
   Paul Cabanne, The Brothers Duchamp (Boston: New York Graphic Society, 1976), 101.
28
   Jennifer Gough-Cooper-Jacques Caumont, “Effemeridi su e intorno a Marcel Duchamp e Rrose
Sélavy 1887-1968” in Marcel Duchamp (Milano: Bompiani, 1993).
29
   Cfr. Ruth L. Bohan, The Société Anonyme’s Brooklyn Exhibition: Katherine Dreier and Modern-
ism in America, (Ann Arbor: UMI Research, 1982).
30
   La frase è citata da Robert Lebel in André Breton, L’art magique (Paris: Club Français du Livre,
1957), 98; ed. it. L’arte magica (Milano: Adelphi, 1991), 317.
31
   Moira Roth, “Robert Smithson on Duchamp: an interview”, Artforum, n.12, December 1973, 91.

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   Prima di Dada, Duchamp ebbe un periodo di creatività artistica che potrebbe
essere definito teosofico con opere estremamente significative dal punto di vista
del contenuto esoterico. Sin dal Portrait du Dr. Dumouchel, ritratto grottesco del
vecchio amico Raymond Dumouchel, l’artista lascia filtrare l’elemento magico at-
traverso una pittura simbolica e spiritualista: il corpo dipinto appare ammantato
di un alone di luce, una sorta di aura elettrica che sembra distorcerne i contorni
facendo emergere una dimensione ultra-sottile e a-corporea che rimanda alla
spiegazione esoterica di taluni fenomeni fisici proposta dai teosofi Annie Besant
(1847-1933) e Charles W. Leadbeaters (1854-1934) nel saggio Though-Forms. La
dimensione alchemica si appalesa invece in maniera evidente in Jeune homme et
jeune fille dans le printemps, dono di nozze per il matrimonio della sorella dell’ar-
tista Suzanne con il chimico-farmacista Georges Desmares. Il dipinto mette in
luce il tema della coniunctio oppositorum, ovvero l’incontro tra l’elemento sulfu-
reo e il mercurio per la generazione dell’ermafroditico Rebis che designa la Pie-
tra Filosofale, come insegnato nella Tabula Smaragdina di Hermes Trismegistus,
nonché immagine allegorica ricorrente nelle illustrazioni di rari trattati ermetici
compilati tra il Seicento e il Settecento come Lexicon alchemiæ, Mutus Liber e
Bibliotheca chemica curiosa. Altro elemento inquietante presente nel dipinto è la
figura dell’Homunculus, essere umano vivente in miniatura del quale scrisse per
primo Philippus Theophrastus Von Hohenheim (1493-1541), detto Paracelso,
descrivendone il processo alchemico generativo nel De Rerum Natura del 1537.
   Il culmine delle ricerche alchemico-esoteriche duchampiane fu raggiunto però
dalle opere dadaiste, a partire dal suo primo ready-made (oggetto di uso comune
prelevato dal suo contesto quotidiano ed esposto come opera d’arte senza nessun
intervento dell’artista) Roue de biciclette, ruota di bicicletta montata su di un
comune sgabello di legno, che sembra rimandare alla coniunctio oppositorum e
agli esperimenti di fisica proposti alla fine dell’Ottocento da Camille Flammarion
(1842-1925) in Les forces naturelles inconnues e poi studiati e messi a punto in
funzione magico-esoterica nel 1911 da Uspensky nel Tertium Organum.
   Opera emblematica per quanto concerne l’inseguimento di una forma androgi-
na tipicamente alchemica è Fountain, anch’essa una non-scultura, un ready-made,
oggetto-pretesto incarnato da una tazza-orinatoio proposta nel 1917 alla Society of
Independent Artists a New York e rifiutata perché ritenuta oltraggiosa, scandalosa
e imbarazzante, e poi dispersa. Attraverso la sua forma rovesciata, l’orinatoio, in-
vece di raccogliere il liquido, l’urina, la espelle, assumendo così le fattezze di una
fontana. Al di là delle motivazioni artistiche-estetiche della traslazione dell’ogget-
to, Fountain assume un forte carattere alchemico, quasi l’opera fosse un omaggio
all’alchimista Nicolas Flamel (1330-1418) che vedeva l’“urinal” e la “fontaine”
come un “ventre alchemicamente materno, grembo con connotati androgini”.32
Nella prefazione a Le Mystère des Cathédrales di Fulcanelli, Canseliet individuò
l’omofonia esistente nella lingua francese tra mère e mer33 e sostenne che la Vergine

32
     Maurizio Calvesi, “Mem, Mutt, Mutter” in Marcel Duchamp (Firenze: Giunti, 1993), 36.
33
     Maurizio Calvesi, Duchamp invisibile, 133.

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Fig. 3 Riproduzione di Foutain, ready-made di Marcel Duchamp sulla rivista The Blind Man New
                 York, n. 2, maggio 1917. [Collezione Guido Andrea Pautasso]

Maria, madre di Gesù, è contemporaneamente “nostra madre” e “mare ermetico”,
origine e fonte al tempo stesso, proprio come nel caso della Fountain duchampiana
che con la sua forma rassomiglia ad un ingrandimento dell’organo genitale femmi-
nile34 predisposto ad accogliere il seme maschile. Inoltre Fountain è stata firmata da
Duchamp con lo pseudonimo Richard Mutt: la radice “Mut”, da un punto di vista
misteriosofico, la ricollega al culto dell’antica Dea Madre neolitica35 e alla divinità
egizia ermafrodita Mnjt,36 Madre del mondo o Madre degli dei, dalla quale, secondo
la religione degli antichi egizi, tutto aveva avuto origine tramite partenogenesi, e
che era raffigurata con la testa di un avvoltoio e il cui corpo era contraddistinto da
mammelle pur presentando il membro maschile in stato di erezione.
   La Broyeuse de chocolat n.2, al di là del raffigurare una creazione cinematica
complessa, nasconde significati oscuri che rimandano all’Alchimia e, da un pun-
to di vista erotico, alla pratica dell’autoerotismo maschile37 in quanto può essere
accostata sia alla figura alchemica dell’alambicco sia al pene. Tale doppia lettura

34
   Roger Dadoun, Dizionario della pornografia (Milano: Centro Scientifico Editore, 2006), 138-139.
35
   Franco Pezzini, Victoriana. Maschere e miti, demoni e dei del mondo vittoriano (Bologna: Odoya,
2016), 172-174.
36
   Christian Jacq, I segreti dell’Antico Egitto (Milano: Mondadori, 1998), 82 121.
37
   Arturo Schwarz, “La macchina celibe alchimistica”, in Harald Szeemann, Le macchine celibi
(Milano: Electa, 1989), 166-189.

                                                                                               57
La Rosa di Paracelso

consente di interpretare il meccanismo da una parte come strumento destinato
alla raffinazione della materia grezza, il cacao, per il raggiungimento di una so-
stanza sublime, il cioccolato, mentre dall’altra, la finalità dei suoi movimenti la-
scia pensare alla creazione di una simbolica “tintura fisica”38 paragonabile all’eli-
sir alchemico di lunga vita ma soprattutto allo sperma. Tale paragone è
ipotizzabile poiché le due sostanze, il cioccolato e il liquido seminale, sono con-

                       Fig. 4 Riproduzione di Broyeuse de chocolat n.2, disegno
                      di Marcel Duchamp riprodotto sulla copertina della rivista
                            The Blind Man, New York, n. 2, maggio 1917.
                                 [Collezione Guido Andrea Pautasso]

cettualmente simili pur essendo per natura antitetiche: il primo, era considerato
una sostanza alimentare proibita dalla religione cristiana e per gli antichi aztechi
era Theobroma, cibo degli dèi, mentre per la sua natura di linfa bianca lattea, il
secondo è indicato come un elisir inebriante ed energetico.
   Anche L.H.O.O.Q., correzione a matita della leonardesca Gioconda alla qua-
le Duchamp aggiunse ironicamente un paio di baffetti e una formula chimica,
rimanda al mito dell’Androgino, e sfruttando in particolare tre lettere, H., O.

38
     Duchamp, Scritti, 103.

58
Il Dadaismo iniziatico: vite sospese tra Arte e Alchimia

e C., che compongono il titolo dell’opera come se fosse un rebus, incarna un
crittogramma legato all’Alchimia. Le lettere prescelte corrispondono infatti alla
nominazione chimica di tre dei quattro elementi di cui è composta la materia:39
idrogeno, ossigeno e carbonio – in francese Hydrogène, Oxygène, Carbonio. La
Gioconda baffuta, simile alla fanciulla barbuta dell’iconografia ermetica, fa parte
dell’immaginario degli alchimisti personificando il mito dell’Amore e della com-
posizione dei contrari, fondendo maschile e femminile, vecchiaia e giovinezza.
Il soggetto enigmatico fu ripreso dal dadaista Francis Picabia, affermatosi per la
sua Art Mécanique, che riprodusse la sigla duchampiana L.H.O.O.Q. (da leggersi
foneticamente elle a chaud au cul, espressione prelevata dall’Argot che definisce
ardente di desiderio, sensuale e eccitata una donna)40 in The Double World: di-
segno ermetico dove il mondo viene rappresentato dall’incrocio di una serie di
ellissi che paiono costituire una ampolla, l’Atanor degli alchimisti, alla quale si
aggiungono le indicazioni per una sua lettura alchemica (haut, alto, e bas, basso)
seguendo esattamente le linee guida della Tabula Smaragdina.
   A sottolineare ancora una volta il concetto dell’unione degli opposti basato
sulla tradizione pansessuale degli alchimisti fu Duchamp che, facendosi foto-
grafare déguisé en femme,41 si trasformò in Rrose Sélavy, alter-ego femminile, o
meglio, sdoppiamento androgino dell’artista e dimostrazione filosofica, fisica e
corporea delle possibilità dadaiste di varcare il limite umano raggiungendo l’im-
mortalità del corpo attraverso un utopico procedimento anti-procreazionista che
sembra riprendere le teorie per la realizzazione della Divinoumanità del cosmista
russo Vladimir Sergeeviþ Solov’ëv (1853-1900).42
   Il giovane ex artista futurista Julius Evola43 diventò il portavoce in Italia del
movimento Dada, ma anzitutto di un suo speciale Dadaismo dalle radici esoteri-
che, atarassico e “aumano”44 per definizione, dove l’“allontanarsi dall’umanità”
esprimeva l’urgenza di fare una vera “arte aumana” che superava “la stessa ne-
cessità di espressione” perché esprimersi è come “uccidere”. Si trattava di una
poetica connessa con l’insegnamento del Tao-Tê-Ching di Lao-tze (libro per altro
tradotto per la prima volta in italiano da Evola nel 1923)45 e del suo wei wu wei,
agire senza agire, che comportava un distacco e un’azione vuota e senza fine, anzi
la cui finalità era l’impegnarsi attorno a un nonnulla.

39
   P. D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto (Roma: Casa editrice Astrolabio,
1976) 103; Cfr. G. Testi, Dizionario di alchimia e di chimica antiquaria. Paracelso (Roma: Edizioni
Mediterranee, 1980).
40
   Robert Giraud, L’Argot d’Eros (Paris: Éditions Marval, 1992), 54.
41
   Cfr. Giovanna Zapperi, L’artista è una donna. La modernità di Marcel Duchamp (Verona: Ombre
corte, 2014).
42
   Cfr. George M. Young, I cosmisti russi. Il futurismo esoterico di Nikolaj Fëdorov e dei suoi seguaci
(Roma: Tre Editori, 2017).
43
   Cfr. Julius Evola, Teoria e pratica dell’arte d’avanguardia (Roma: Edizioni Mediterranee, 2019).
44
   Guido Andrea Pautasso, Il passaggio di Evola dal Futurismo al Dadaismo in due articoli scono-
sciuti, in Studi evoliani 2015 (Roma-Carmagnola: Fondazione Julius Evola-Arktos, 2016), 179-200.
45
   Lao-Tze, Il Libro della Via e della Virtù, trad. e introd. di Julius Evola (Lanciano: G. Carabba
Editore, 1923).

                                                                                                    59
La Rosa di Paracelso

                                               Figg. 5-6
      Cartolina-invito di Julius Evola. Recto e verso del biglietto intestato alla Lega Teosofica
 Internazionale, indirizzato all’architetto futurista Virgilio Marchi per la conferenza Il dadaismo
e il suo contenuto spirituale, tenutasi in data 26 (maggio?) 1921. Si tratta di una replica, presso la
sede della Lega Teosofica Internazionale, a Via Gregoriana 5, dell’omonima conferenza tenuta il
16 maggio dello stesso anno presso l’Università di Roma. Sotto l’invito, due righe manoscritte di
                         Julius Evola. [Collezione Guido Andrea Pautasso]

60
Il Dadaismo iniziatico: vite sospese tra Arte e Alchimia

   Evola, che all’epoca frequentava la Società Teosofica romana, introdotto nel
milieu esoterista dagli artisti futuristi Giacomo Balla ed Eva Amendola-Khün,46
dipinse opere astratte, con composizioni pittoriche dai titoli eloquenti come La
parola oscura e Paesaggio interiore, e scrisse il trattato teorico Arte astratta/Posi-
zione Teorica/10 Poemi/4 Composizioni, oltre a versi ermetici e ad un componi-
mento poetico-teatrale, La Parole obscure du paysage intérieur. Poème à 4 voix,
ispirato dall’Ars Regia alchemica ed enigmatico dramma interiore vissuto in pri-
ma persona dal dadaista, nel quale l’indagine artistica sconfinava nella ricerca di
una trasmutazione dell’Essere in uno status spirituale superiore. Il poema evolia-
no fu tradotto da Maria de Naglowska (1883-1936),47 altra dadaista dimenticata48
ma diventata famosa come teorica della Magia sessuale e per la fede nel Satani-
smo declinato al femminile, amante di Evola e autrice di Malgré les tempêtes.
Chants d’amour,49 raccolta di versi intrisi di spirito Dada, dove predominano
sinestesie, astrazioni e visioni rarefatte, allusive e metaforiche dell’Amore che
rimandano all’incomunicabilità e al mistero impercettibile dell’esistenza.
   In particolare gli scritti poetici dadaisti di Evola segnarono in maniera signifi-
cativa l’irruzione in poesia della semiosi basata sulla tradizione ermetico-alche-
mica, manifestando la marcata presenza dell’elemento irrazionale e occultista nei
versi dell’avanguardia novecentesca italiana e internazionale prima dell’avvento
della cosiddetta Poesia ermetica50 negli anni Trenta. Il fare poesia di Evola, frutto
di evidenti sperimentazioni, non solo a livello lessicale, sintattico e semantico, se-
guendo la tecnica “della poesia astratta e della cosiddetta Alchimia delle parole”,51
basata sulla discesa “alle matrici del linguaggio” per la liberazione della “poten-
zialità della lingua”,52 diventa un poetare esperienziale e iniziatico difficilmente
catalogabile o classificabile nelle tendenze e negli schemi delle scuole artistiche
del suo tempo, a loro volta identificati da Evola come limiti da superare per scon-
finare sia nell’Astrattismo, inteso come pura espressività, sia nell’estrema purezza
di un assoluto trascendentale e mistico.53 In questo percorso artistico-iniziatico,
Evola aderì a Dada identificandosi nel perfetto dadaista alla Duchamp: indossò la

46
   Cfr. Simona Cigliana, Futurismo esoterico. Contributi per una storia dell’irrazionalismo italiano tra
Otto e Novecento (Roma: La Fenice, 1996) e Guido Andrea Pautasso, Vampiro futurista. I futuristi
e l’esoterismo (Albisola: Vanillaedizioni, 2018).
47
   Cfr. Guido Andrea Pautasso, “Julius Evola e Maria de Naglowska, dadaista innominata” in Studi
Evoliani 2017 (Roma-Carmagnola: Fondazione Julius Evola 2017), 225-238.
48
   Al pari di Hillel-Erlanger, de Naglowska non è menzionata in studi e antologie dedicate a Dada,
ed è sfuggita anche all’importante studio di Ruth Hemus, Dada’s Women (New Haven and Lon-
don: Yale University Press 2009).
49
   Maria de Naglowska, Malgré les tempêtes. Chants d’amour (Roma: Maglione e Strini 1921).
50
   Sergio Pautasso, La lirica moderna. Un ossimoro ideale (Roma: Marzorati-Editalia, 1999), 212-213.
51
   Julius Evola, “L’arte astratta e il dadaismo”, in Il cammino del cinabro (Milano: All’insegna del
pesce d’oro, 1963), 27.
52
   Barbara Zandrino, “Il risveglio del suono”, in Le forme del disordine. Saggi su Campana-Evola-
Fillia-Penna (Milano: SugarCo Edizioni, 1982), 68.
53
   Julius Evola, Sul significato dell’arte modernissima, in appendice a Saggi sull’idealismo magico
(Roma-Todi: Atanòr, 1925), 179-199.

                                                                                                     61
La Rosa di Paracelso

maschera sprezzante del dandy; esibì unghie lunghe laccate di verde; dichiarò di
appartenere a quella razza di individui “fuori dalla vita e quindi da ogni funzione
pratica”; e sperimentò con curiosità sostanze psicotrope per stimolare la creativi-
tà mediante “esperienze interiori” che gli consentirono di dipingere opere come
Etere, e a spingersi “verso forme di coscienza in parte staccate dai sensi fisici”,
passando “non di rado vicino all’area delle allucinazioni visionarie e fors’anche
della pazzia”. Tuttavia Evola non fu il solo dadaista a cedere a conclamate spe-
rimentazioni proto-psichedeliche: Duchamp coltivò visioni allucinatorie dovute
all’uso e all’abuso di whiskey e di droghe soprattutto quando praticò l’indicibile
e trasgressiva disciplina che Clément Pansærs, nel poème en prose intitolato Bar
Nicanor,54 definì “saoûlographie”, ossia il lasciarsi precipitare in un estremo stato
di ebrezza provocato dalla consumazione di vino, cocktail e superalcoolici me-
scolati ad etere e ad altre sostanze stupefacenti.
    L’androginia e l’alchemica congiunzione degli opposti, al pari della sperimenta-
zione di droghe allucinatorie segnarono marcatamente la ricerca dei dadaisti, così
come non mancarono nelle loro opere riferimenti anche a pratiche esoteriche orien-
tali come la ritenzione del seme umano,55 esercizio che costringe l’energia dell’orga-
smo maschile ad essere incanalata al di fuori della riproduzione della vita organica
verso l’esperienza ascensionale dell’auto-trascendenza. Paul Joostens, nel dipinto
Giration mixte de la libido del 1919, materializzò sulla tela un percorso iniziatico-
fisico da superare per il raggiungimento dell’acme del piacere mediante una mecca-
nica rotazione mista della libido che non solo misconosceva la necessità della presen-
za femminile nella copula, ma soprattutto, per la conquista dell’Illuminazione,
insisteva sulla negazione dell’eiaculazione durante l’orgasmo. A detta di Tzara,
Ernst e Arp – quest’ultimo attratto dalle riflessioni mistico-alchemiche di Jakob
Böhme (1575-1624) e dai testi alchemici di Paracelso56, e come molti altri dadaisti
ospite a lungo della Comune esoterica di Monte Verità –,57 la ricerca del Piacere
passava invece dal seme femminile di Dada che andava estratto dalle fanciulle me-
diante un trattamento meccanico, teurgico e pseudo-scientifico assai simile ad un
processo alchemico. Il concetto venne esplicitato dai tre artisti sulla rivista intitolata
Tyrol Dada au grand air. Der Sängerkrieg in Tirol:58 in copertina fu riprodotta l’im-
magine di un inquietante e fantascientifico collage, Die Leimbereitung aus Knochen-
Préparation de la colle d’os, che riproduceva una giovane ragazza in uno stato di
apparente incoscienza, sdraiata sul lettino operatorio, con innestati nel corpo tubi e
cavi connessi ad un marchingegno destinato all’estrazione dal corpo della preziosa
Colle d’os: un Serum Physiologique la cui definizione sigilla anche l’opera ducham-

54
   Clement Pansaers, Bar Nicanor (Bruxelles: Editions Aio, 1921).
55
   Cfr. Henri Maspero, La ritenzione del seme umano. Tecniche taoiste di salvezza (Milano: Newton
Compton, 1980).
56
   Harriett Watts, “Arp, Kandinsky, and the legacy of Jakob Böhme” in Maurice Tuchman et alii.
The spiritual in art: abstract painting 1890-1985 (New York: Abbeville Press, 1986), 239-253.
57
   Theo Kneubühler, “Berlino, Monaco-Zurigo, il Dada e il Ticino”, in Harald Szeemann et alii.,
Monte Verità (Milano: Electa, 1978), 152-159.
58
   Si tratta dell’ottavo numero della rivista Dada stampata a Parigi nel settembre del 1921.

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Il Dadaismo iniziatico: vite sospese tra Arte e Alchimia

     Fig. 7 Copertina della rivista Dada, n. 8, Parigi 1921, numero speciale intitolato Tyrol Dada
       au grand air. Der Sängerkrieg in Tirol, con la riproduzione dell’opera di Max Ernst Die
     Leimbereitung aus Knochen-Préparation de la colle d’os accompagnata da un testo poetico di
                         Tristan Tzara. [Collezione Guido Andrea Pautasso]

piana 50 cc Air de Paris, ampolla di vetro la cui forma ricorda in maniera impressio-
nante il calorimetro59 inventato nel 1881 dal fisico Jules Violle, probabilmente lo
scienziato che si celava dietro lo pseudonimo Fulcanelli. L’elisir alchemico e balsa-
mo miracoloso destinato alla laica resurrezione e alla rinascita del corpo dei dadaisti
attraverso l’arcanum chymicum è associabile dunque all’Amrita tantrica, lo Sperme
féminin, Argent vif des Philosophes e degli alchimisti: sostanza che verrebbe prodot-
ta nel laboratorio alchemico dell’organismo, l’Atanor corporeo femminile, in virtù
dell’eccitazione sessuale. Tuttavia, nel conseguire la dimensione superiore di Perfet-
to, l’iniziato maschio può godere di tale nettare femminile soltanto nutrendosene, in
un procedimento che porta l’uomo a identificare la donna nella sola potenza divina
in grado di alimentare il suo Essere corporeo e di superare l’esigenza del coito.

59
     L’immagine è riprodotta in Patrick Rivière, L’enigma Fulcanelli, 144.

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    Con l’occupazione dannunziana di Fiume nel settembre del 1919, Baader, Huel-
senbeck e Grosz, membri del Club Dada berlinese, videro la possibilità di dare al
Dadaismo una terra liberata da dogmi e pregiudizi, dove a comandare sarebbero
state l’arte e la poesia. Per questo inviarono un significativo telegramma pubblicato
su Il Corriere della Sera, Dada-Telegramm an Gabriele D’Annunzio,60 in cui riven-
dicarono la natura grandiosa e dadaista dell’impresa del Vate, riconobbero Fiume
come città italiana e annunciarono la pubblicazione di Dadako, atlante dadaista
mondiale curato da Huelsenbeck, destinato a raccogliere poemi, saggi, collage e di-
segni. Il telegramma fu firmato dai dadaisti tedeschi che vi aggiunsero alla fine una
sigla misteriosa: “Ai 15, 333”. La numerazione potrebbe far riferimento ai quindici
collaboratori di Dadaco e ai 333 documenti contenuti nel volume, ma potrebbe in-
dicare invece un preciso riferimento massonico, dato che i Dada berlinesi si diceva
che fossero affiliati a logge segrete massoniche e che preannunciava la dannunziana
iscrizione alla Massoneria con il massimo grado, il 33°, proprio a Fiume. Secondo i
rituali massonici al numero 15 corrisponde il dio cabalistico Lucifero, l’Uomo-Dio,
il Maestro massone; e nel rituale del 15° grado, che rappresenta l’emancipazione
del popolo dei massoni dal giogo monarchico, il candidato simboleggia Zorobabe-
le, il liberatore dalla schiavitù babilonese delle tribù di Judah e Benjamin, che otten-
ne il permesso di riportarle a Gerusalemme. Mentre il numero 333 per la tradizione
cristiana rappresenta l’essenza stessa di Gesù, la Santissima trinità, Padre, Figlio
e Spirito Santo; e secondo talune interpretazioni dell’Antico Testamento, questo
conterebbe 333 profezie che dimostrano che Cristo era il Messia. Ancora, per la
numerologia 333 è un numero Maestro Superiore, rappresenta la Vita, la Creazione
e la chiamata dal Destino. Nella Bibbia solo il Libro di Geremia come estensione ar-
riva al capoverso 3,33, e nel versetto si legge una supplica dal tono indubbiamente
esoterico: “Invocami, e io ti risponderò, e t’annunzierò cose grandi e impenetrabili,
che tu non conosci”. Il numero 333 ritorna anche nella simbologia del Sigillo di Sa-
lomone, o Stella di David, rappresentando l’unione divina di maschile e femminile,
proprio l’Androgino, raffigurato iconograficamente nei testi ermetici degli alchi-
misti, che incarna quell’Essere Assoluto evocato e vissuto dalla cerchia degli artisti
Dada nell’intento di dare vita al Dadaista iniziato, illuminato e beato.

60
   Richard Huelsenbeck, Dada Almanach (Berlin: Erich Reiss, 1920), 108-109; e Guido Andrea
Pautasso, Un telegramma Dada a Gabriele d’Annunzio, in Antarès, Fiume Diciannove. Il fuoco sacro
della Città di Vita, n. 15, 2019, pp. 107-109.

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Il Dadaismo iniziatico: vite sospese tra Arte e Alchimia

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