Gli scaenici non tutti concordano dopo il 568 con la discesa dei Longobardi non vi sono più notizie di spettacoli a Roma - 1000 anni

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Gli scaenici non tutti concordano dopo il 568 con la discesa dei Longobardi non vi sono più notizie di spettacoli a Roma - 1000 anni
1000 anni

 gli scaenici [non tutti concordano]

   dopo il 568 con la discesa dei
Longobardi non vi sono più notizie di
        spettacoli a Roma
Histriones o mimi
        nell’Alto Medioveo

   Melio est Deo placere quam
           histrionibus

Melio est, pauperes edere da mensa
        tua quam histriones
Istriones sunt ioculatores

Terenzio - tentativi di imitazione
Pasqua e Natale - drammi liturgici

    quem quaeritis in sepulcro o Christicolae

    Iesum Nazarenum crucifixum o coelicolae

     non est hic : surrexit sicut praedixerat

     ite nuntiate quia surrexit de sepulchro
Confrerie de la Passion
               (Parigi)
attori dilettanti – argomenti biblici
all’interno della Chiesa
all’esterno
il dramma di Villingen
Fine 400 compagnie di attori dilettanti
  rappresentano commedie classiche
su scene decorate solo con una fila di
           case con tende

   nel 1589 gli spettatori possono
               assistere
 affascinati a spettacoli in cui scene
 dipinte cambiano in continuazione
riscoperta della classicità
Roma imperiale – Grecia Antica

 desiderio di sperimentare la
         prospettiva
Il Rinascimento fu l'età dell'oro della   commedia italiana,
     anche grazie al recupero e alla traduzione nelle diverse lingue volgari,
         da parte degli umanisti di numerosi testi classici greci e latini
                       (sia testi teatrali come le commedie

            di Plauto e Terenzio e
             le tragedie di Seneca
che opere teoriche come la Poetica di Aristotele,
    tradotta per la prima volta in latino dall'umanista Giorgio Valla nel 1498).
I generi sviluppati e proposti furono la

          commedia, la tragedia,
           il dramma pastorale
               e, soltanto in seguito, il melodramma,
i quali ebbero una notevole influenza sul teatro europeo del secolo.

         Ma si continuò anche nella tradizione medievale
        della  Sacra rappresentazione
 che ebbe numerosi esponenti anche nel corso del Rinascimento.
Uno dei commediografi più rappresentativi del teatro rinascimentale

               è stato   Niccolò Machiavelli;
          il segretario fiorentino aveva scritto una delle commedie
più importanti di questo periodo,   La mandragola (1518),
     ispirata da riferimenti satirici alla realtà quotidiana dei personaggi
       e non più necessariamente legati ai tipi della tradizione classica.

Il cardinale   Bernardo Dovizi da Bibbiena
scrisse un'unica ma interessante commedia esemplare del gusto del periodo:
                     La Calandria (1513),
                              la prima in assoluto
 scritta in italiano che non derivasse da un precedente testo greco o latino
Un posto particolare occupano

Pietro Aretino, Ludovico Ariosto e Ruzante,
           che furono tutti intellettuali al servizio delle corti.

      Per quella estense di Ferrara, Ariosto, oltre Orlando furioso,
         scriverà delle divertenti commedie d'origine plautina
               come La Cassaria (1508) e La Lena (1528).
Il Seicento è noto come il secolo del teatro
                e non sorprende che esso sia parimenti
          un periodo di grande agitazione culturale e sociale,
        poiché «si pongono le basi teoriche del teatro moderno

   come teatro della rappresentazione,
           della simulazione,
              dell’illusione
      e come luogo di applicazione di nuove tecniche della visione;
          ma soprattutto come luogo che accoglie ogni fantasia
                           ogni garanzia di un
     momentaneo sollievo alla precarietà del mondo,
          alla crisi delle certezze» (Angelini).
È un periodo di crisi in cui le grandi certezze cosmiche dell’Umanesimo
                       sono annientate dal nuovo che procede,
stravolgendo ogni visione consolatoria della realtà; non ci sono regole a cui affidarsi.

                                      Il Barocco,
                    parola dall’etimologia ambivalente e incerta,
                                    rimanda a un

                   particolare gusto
           per la deformità e la meraviglia.
                La prima, in particolare, è uno dei concetti chiave,
         dal momento che si è passati dalla lucente linearità cinquecentesca
                      a una realtà «mostruosa» e cangiante.

               In questo senso il teatro, attraverso l’osservazione
          dell’immagine riflessa sulla scena, come lo scudo di Teseo,
                 permise agli uomini di quel periodo di guardare
            la loro Medusa negli occhi senza restarne pietrificati.
Il teatro poté così esprimere le   grandi inquietudini umane
         e insieme il desiderio di ordine              , cercando di arrivare
      a un momento catartico, purificatorio, come nell’antica concezione greca.

             Per questo motivo non stupisce che le grandi stagioni teatrali
  della letteratura occidentale siano state proprio tre momenti di fortissima crisi:
nella Grecia in crisi del V-IV secolo a.C.
            con Eschilo, Sofocle, Euripide nel XVII secolo:

                         il Seicento
    con il grande Shakespeare capofila, e con Calderón de la Barca
                              e Molière

                    nel XX secolo:
          si pensi a Beckett, Pirandello, Ionesco, Brecht etc.
Anche nel Seicento i grandi eroi tragici
              nel teatro devono fare i conti con la tracotanza,
          la sete di potere e tutte le più viscerali passioni umane:

ne è un esempio il personaggio di Don Giovanni, ideato da Tirso de Molina.

                           Riflettendo il pubblico
                                    come

                      in uno specchio,
       la scena teatrale permette di osservare da vicino la mostruosità
delle vicende umane e il loro incessante affannarsi alla ricerca di un senso.
il teatro sembra proporsi come la forma d’arte
     che meglio sintetizza il Barocco e la sua inquietudine esistenziale.

                    (Shakespeare, Calderon de La barca)..

La vita appare inconsistente e tutto procede in un’inesausta, rapidissima fuga.
          Si contempla una realtà disordinata, deformata, appunto.
Il fluire del tempo suggerisce di continuo il memento mori,
                allegorizzato da scheletri, clessidre e rose avvizzite.

    «Siamo fatti della stessa materia
        di cui sono fatti i sogni»,
      dice enigmatico Prospero ne La Tempesta di William Shakespeare.
 L’uomo non è che il racconto di sé stesso e svanisce come un sogno al mattino,
come nel silenzio svanisce una parola, o come un attore svanisce dietro le quinte.
             Per un attimo è potente, ma il suo destino è il nulla.
La tradizione teatrale italiana
               subisce una singolare curvatura durante il Seicento,
          poiché l’attenzione della Chiesa a contrastare con ogni mezzo
      tematiche licenziose e poco ortodosse frustrò la fioritura del teatro
  come istituzione statale (come in Francia o in Inghilterra), ma lo favorì altrove.

                             Pochi gli autori teatrali:
Michelangelo Buonarroti il Giovane (1568-1646),
                   che scrisse la Tancia (1612) e la Fiera (1618);

   Giovan Battista Andreini (1576-1654),
        che divise la sua produzione tra l’ambito religioso e quello comico.
Il punto di svolta non è però la prosecuzione della commedia cinquecentesca
(come la Mandragola di Machiavelli), quanto l’affermazione di due nuovi generi teatrali:

         la Commedia dell’Arte,
 basata sull’improvvisazione, con maschere e tipi fissi,
       con lazzi e gag acrobatiche, affidata alle piazze e ai primi rudimentali teatri

       il Melodramma o «dramma per musica», fondato dalla Camerata de’ Bardi,
              che vide il suo massimo splendore con Claudio Monteverdi.
                Era rivolta ad ambienti più eletti come corti o accademie.
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