FOUCAULT NATURALIZZATO: SOGGETTO, ASSOGGETTAMENTO, LIBERTÀ - MARCO BRIGAGLIA

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FOUCAULT
NATURALIZZATO:
SOGGETTO,
ASSOGGETTAMENTO,
LIBERTÀ
  MARCO BRIGAGLIA
Foucault naturalizzato: soggetto, assoggettamento, libertà

Foucault Naturalized: Subject, Subjection, Freedom

MARCO BRIGAGLIA

Ricercatore di Filosofia del diritto, Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Giurisprudenza.
E-mail: marco.brigaglia@unipa.it

ABSTRACT

In questo articolo ricostruisco l’evoluzione della concezione del soggetto e dell’assoggettamento di Michel
Foucault nel suo aspetto più problematico, e cioè nel suo rapporto con la possibilità, e il valore, della libertà.
A metà degli anni settanta, cavalcando l'idea che il soggetto (l’individuo cosciente e razionale) sia il
risultato di processi di etero-determinazione sociale – un potere impersonale – Foucault sembrava inclinare
verso negazione della possibilità di qualsiasi spazio di libertà del soggetto. Negli anni ottanta, invece, pur
tenendo ferma l’idea della etero-determinazione sociale del soggetto, egli insisterà ripetutamente sulla sua
compatibilità con una peculiare forma di libertà, che chiamerò “libertà-autorialità”. La nuova concezione
della libertà-autorialità resterà solo accennata, in osservazioni dense e suggestive, ma molto vaghe e
impressionistiche. Ricostruirò il disegno implicito ad esse sotteso, mostrando come le contraddizioni che
sembrano affliggerlo si sciolgano se lo si inquadra nella rappresentazione della struttura causale del
controllo e della creatività individuale e dei processi di trasmissione ed evoluzione culturale suggerita dalle
scienze della mente contemporanee.

In this article, I analyse the evolution of Foucault’s conception of subject, subjection, and freedom. In
the mid-70s, starting from the idea that subjects (self-conscious and rational individuals) are shaped
and constituted by a web of social influences – a sort of impersonal power –, Foucault seemed to
conclude against the possibility of subjects being, in some relevant sense, “free”. Subjectivity, far from
being the condition for freedom, is the vehicle of a deep and inescapable subjection. In his last years,
although he maintained the thesis of the subject as product of social influences, he repeatedly insisted on
the compatibility of this thesis with the possibility of a peculiar form of freedom, that I call “freedom-as-
authoriality”. Foucault did not develop the notion of freedom-as-authoriality in a systematic way. He only
provided scattered and vague hints. In making explicit the rich and articulated conception which underlies
them, I highlight the contradictions to which it seems to be exposed, and I argue that they can be overcome
if Foucault’s notions are framed in the picture of the causal structure of individual control and creativity,
and of cultural transmission and evolution, suggested by the contemporary sciences of the mind-brain.

KEYWORDS

Foucault, soggetto, assoggettamento, libertà, creatività

Foucault, subject, subjection, freedom, creativity

DIRITTO & QUESTIONI PUBBLICHE | XIX, 2019 / 1 (giugno) | pp. 65-90

 2019, Diritto e questioni pubbliche, Palermo.
ISSN 1825-0173
Tutti i diritti sono riservati.
Foucault naturalizzato:
soggetto, assoggettamento, libertà∗
MARCO BRIGAGLIA

1. Introduzione – 2. Naturalizzare Foucault – 3. Soggetto e soggettività – 4. Soggettivazione – 5. La libertà è una
condizione impossibile – 6. Libertà-originarietà e libertà-autorialità – 7. Libertà e controllo – 8. Libertà e
creatività – 9. Cervelli inventivi e storia culturale – 10. Inventività ordinaria e creatività – 11. Storia culturale,
creatività e libertà secondo Foucault – 12. Conclusione.

1. Introduzione

Uno degli aspetti più noti e discussi del pensiero di Michel Foucault riguarda il suo apporto alla
cosiddetta “critica del soggetto”1. Con questa espressione sono usualmente indicate un insieme di
posizioni eterogenee, ma accomunate da uno stesso bersaglio polemico, la “filosofia del soggetto”.
Anche questa espressione non indica in effetti una posizione filosofica unitaria, ma un’idea molto
generica che, a detta dei suoi critici, accomunerebbe gran parte della filosofia continentale almeno
a partire da Descartes: l’idea che gli individui siano portatori di un nucleo originario, astorico,
immutabile di coscienza e razionalità, attraverso il quale accederebbero a uno spazio di libertà
intesa come assoluta auto-determinazione, sottratta al mondo delle relazioni causali, e/o ad uno
spazio di verità – fattuali o morali – anch’esse assolute, necessarie, immutabili.
   Foucault, si ritiene comunemente, avrebbe contribuito a “sbarazzarsi” (espressione amata da lui
e dai suoi epigoni) di questa idea, mostrando come il “soggetto” – l’individuo in quanto sede di
coscienza e razionalità – lungi dall’essere un dato astorico, originario, non causato, sarebbe invece
un prodotto storico-culturale, risultato di una rete di capillari influenze sociali, storicamente e
culturalmente contingenti, che fissano, fin nei tratti più minuti, gli schemi attraverso i quali ci
rappresentiamo il mondo e noi stessi, e vincolano così, in modo pervasivo, i nostri spazi di
pensiero, di emozione, di azione. Il processo di formazione del soggetto, o “soggettivazione”,
sottenderebbe, in questo senso, un processo eteronomico di profondo e radicale assoggettamento,
attraverso il quale un potere impersonale – la rete di influenze sociali che si producono e replicano
al di là delle intenzioni soggettive, e che sono costitutive delle stesse intenzioni soggettive –
eserciterebbe la propria presa sui corpi degli individui. I soggetti – gli individui dotati di coscienza
e razionalità – sarebbero, in quanto tali, assoggettati2.
   Nelle prossime pagine ricostruirò l’evoluzione della concezione foucaultiana della soggettiva-
zione-assoggettamento nel suo aspetto più problematico, e cioè nel suo rapporto con la possibilità,
e il valore, della libertà. Riguardo a questo punto, le idee di Foucault hanno subito una profonda
trasformazione. A metà degli anni settanta la sua retorica, cavalcando l’idea della soggettivazione
come processo eteronomo, sembrava inclinare verso una radicale – ma, come vedremo, poco
stimolante e incoerente – esclusione della sensatezza stessa dell’idea di libertà del soggetto. Negli

∗
    Questo articolo riprende, con alcuni aggiustamenti e modifiche, la ricostruzione delle idee di Foucault su
soggetto, assoggettamento e libertà sviluppata in BRIGAGLIA 2019, cap. 4, nel quadro di una più ampia disamina
della concezione foucaultiana del potere. Ringrazio Bruno Celano, Giulia Sajeva e Alessandro Spena per aver letto e
discusso con me diverse versioni del testo.
1
    V. FOUCAULT 2001b [1981], 989. V. anche FOUCAULT 2001b [1976], 147; FOUCAULT 2001b [1978], 590;
FOUCAULT 2001b [1984], 1428 ss.; FOUCAULT 2001b [1984], 1450 s. Per inquadramento generale delle radici della
critica del soggetto nella filosofia francese novecentesca v. BALIBAR, CASSIN, DE LIBERA 2004.
2
    FOUCAULT 1976, 81.
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anni ottanta, a seguito di un faticoso rimodellamento concettuale, pur tenendo ferma l’idea della
soggettivazione come processo di etero-determinazione sociale, egli insisterà invece sulla sua
compatibilità con una peculiare forma di libertà del soggetto, che chiamerò “libertà-autorialità”. La
nuova concezione della libertà-autorialità non sarà sviluppata da Foucault in modo esplicito e
sistematico. Affiorerà solo a tratti, in osservazioni dense e suggestive, ma anche vaghe,
impressionistiche. Proverò, anzitutto, a ricostruire – in modo più preciso e dettagliato rispetto a
quanto sinora fatto dai numerosi commentatori di Foucault – il disegno implicito sotteso agli
estemporanei suggerimenti di Foucault. In secondo luogo, proverò a mostrare come le contraddi-
zioni in cui le tesi di Foucault apparentemente incorrono si sciolgano facilmente adottando una
concezione sufficientemente articolata della struttura causale del controllo e della creatività
individuale, e dei processi di trasmissione ed evoluzione culturale.

2. Naturalizzare Foucault

Nella ricostruzione delle idee di Foucault mi avvarrò di termini, concetti e modelli sviluppati
dalle scienze della mente contemporanee. Trattandosi di una griglia teorica molto diversa da
quella usata da Foucault, la sua applicazione richiede un delicato lavoro di traduzione concet-
tuale. Ritengo che si tratti di una traduzione non soltanto lecita, ma anche opportuna, per tre
ordini di ragioni.
   (1) I modelli teorici più esplicativi e sofisticati della soggettività, coscienza, razionalità e libertà
– prima campo di esclusiva e gelosa proprietà del filosofo – provengono oggi dalla ricerca psico-
logica e neuroscientifica, filtrata e resa accessibile ai non specialisti da una divulgazione scientifica
di altissimo livello e filosoficamente avvertita. Se inquadrate in questi modelli, le idee di Foucault
guadagnano in intelligibilità e plausibilità.
   (2) Il dibattito sulla soggettività, coscienza, razionalità e libertà umana, fino a pochi decenni fa
roccaforte del dualismo anti-naturalista, è ormai radicalmente investito dalla rivoluzione neuro-
scientifica, cui è spesso sotteso un approccio radicalmente monista e naturalista ai fenomeni
mentali. Oggi esistono concezioni moniste estremamente sofisticate per le quali “soggettività”,
“coscienza”, “razionalità”, “libertà” (e in genere tutto ciò che si può ascrivere alla “mente”) non
sono altro che organizzazioni complesse del sistema nervoso, integralmente parte della “natura”, e
studiabili con i metodi delle scienze naturali. La naturalizzazione della soggettività può a prima
vista apparire non soltanto estranea all’ambiente culturale in cui si muoveva Foucault, ma anche
incompatibile con le sue idee. In fin dei conti, Foucault ribadisce insistentemente che il soggetto
non è un prodotto naturale, bensì un prodotto socio-culturale. Ma questa supposta incompatibilità
è basata su un fraintendimento piuttosto superficiale di entrambe le posizioni. La mente-cervello
delle neuroscienze contemporanee è “natura” nel senso che è riducibile alle dinamiche di un’entità
materiale – il sistema nervoso centrale, indissolubilmente connesso al corpo, entrambi parti di un
organismo indissolubilmente connesso all’ambiente in cui opera –, il cui funzionamento, pur se
largamente imprevedibile, è interamente causale, ed indagabile empiricamente3. Ma è un’entità

3
    Faccio riferimento, è il caso di precisarlo, ad una nozione lata di causa, che comprende svariati ruoli causali:
cause scatenanti (la scintilla che ha acceso l’incendio) e cause di sfondo, sia predisponenti (la sterpaglia in pros-
simità della scintilla che ha reso possibile che l’incendio partisse) che supportanti (il vento che ha alimentato l’in-
cendio); cause produttive e cause preventive; cause descritte positivamente (la presenza della sterpaglia) che
descritte negativamente (la mancata pulizia della sterpaglia). Preferisco, inoltre, parlare di “causalità” piuttosto che
di “determinismo”, per due ordini di ragioni. Anzitutto, per lasciare aperta la possibilità di causazioni non deter-
ministiche ma probabilistiche – grossomodo, un evento è causato deterministicamente quando è reso necessario dallo
stato precedente dell’universo; un evento è causato probabilisticamente quando è reso non necessario, ma probabile
dallo stato precedente dell’universo. In secondo luogo, perché l’espressione “determinismo” è spesso associata,
soprattutto nelle scienze sociali, alla prevedibilità. Questo è un errore, perché il determinismo causale non implica
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causale estremamente complessa e flessibile, non interamente determinata da fattori genetici ma
capace di modellarsi in modi nuovi in risposta agli stimoli ambientali e, in particolare agli stimoli
sociali; di costruire le reti di rappresentazioni complesse in cui consistono i più elaborati contenuti
culturali, e di trasmetterle ad altre menti-cervello realizzando enormi incrementi di complessità
nel corso delle generazioni; di auto-rappresentarsi in modo almeno parzialmente dipendente da
variabili culturali. In breve, la mente-cervello è capace di cultura e plasmata dalla cultura. E la
cultura è parte della “natura”, ossia del mondo delle cause. Foucault, d’altro canto, mostra chiara-
mente di non intendere l’antitesi fra natura e cultura nei termini del dualismo tra materia e mente,
mondo delle cause e mondo sottratto alle dinamiche causali: la mente è un insieme di processi ner-
vosi4, e le influenze sociali e la trasmissione culturale sono processi causali5, seppur imprevedibili
nelle loro direzioni di fondo. Il naturalismo delle neuroscienze contemporanee e l’anti-natura-
lismo di Foucault sono molto più compatibili e consonanti di quanto non appaiano a prima vista.
   (3) Infine, è proprio dalle scienze della mente, o da filosofi che utilizzano i loro modelli, che
sono oggi sferrati gli attacchi più penetranti contro quello che resta – se qualcosa ne resta – di
quella fantomatica entità che era la filosofia del soggetto6 (contro l’idea di libertà come scelta
causalmente incondizionata7, contro il dualismo mente-corpo, contro una rappresentazione idea-
lizzata e assolutizzata della razionalità8).
   In virtù di tutto ciò, se la critica foucaultiana del soggetto ha ancora qualcosa di importante da
dire, è opportuno che lo dica entro – o in modo compatibile con – le griglie teoriche delle scienze
della mente contemporanee.

3. Soggetto e soggettività

Il “soggetto” (sujet) foucaultiano è, in prima approssimazione, e nel senso più lato del termine, un
individuo dotato delle funzioni cognitive “superiori” tipiche degli esseri umani adulti, tra cui: la
capacità di controllare razionalmente la propria azione, assoggettandola all’esito di processi di
ragionamento; la coscienza “riflessiva” (il senso del sé, che include la rappresentazione cosciente
di sé come centro di imputazione di desideri, credenze, ragionamenti, giudizi) e la coscienza
“autobiografica” (che include la rappresentazione cosciente di sé come entità unitaria che permane
nel tempo nonché la memoria di sé nel passato)9; la capacità di rappresentarsi gli altri come sog-
getti, dotati di ragione e coscienza. Queste funzioni cognitive – in sintesi, razionalità e coscienza –
costituiscono la “soggettività” (subjectivité)10.
    L’idea di fondo di Foucault – che può sembrare una banalità a molti lettori contemporanei, ma
che non lo era affatto per l’accademia filosofica continentale di quegli anni – è che le funzioni
cognitive che costituiscono la soggettività non operino nel vuoto, e in modo assolutamente

affatto la prevedibilità. Dal punto di vista della prevedibilità, sistemi deterministici altamente complessi possono
comportarsi come sistemi non deterministici (cfr. CHURCHLAND 2002, 205 ss.; HOEFER 2016, 4 s.).
4
    FOUCAULT 2001a [1967], 647: «[l]’humanité est une espèce dotée d’un système nerveux tel que jusqu’à un
certain point elle peut contrôler propre fonctionnement».
5
    FOUCAULT 2001a [1968], 682.
6
    Cfr., per una sintesi, CHURCHLAND 2002.
7
    V. ad es. WEGNER 2002; SUHLER, CHURCHLAND 2009.
8
    Per un’introduzione v. SAMUELS, STICH, FAUCHER 2004.
9
    Cfr. DAMASIO 2010, cap. 9 (“autobiographical self”) e EDELMAN, TONONI 2001, cap. 15 (“higher-order
consciousness”). Sul soggetto foucaultiano come individuo capace di auto-rappresentazione cosciente cfr. KELLY
2013, 515 ss.
10
    Questo è il senso più lato in cui Foucault parla di “soggetto” e “soggettività”. Gli stessi termini, infatti, sono a
volte usati in modo più specifico, per riferirsi alla specifica concezione del soggetto e della soggettività imputata,
appunto, alla filosofia del soggetto. V. ad es. FOUCAULT 2001b [1984], 1441 ss.
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“libero”, sottratto a influenze causali. Esse emergono piuttosto da, e possono operare soltanto sulla
base di, una struttura mentale soggiacente, in grandissima parte inconscia, che vincola in modo
stringente il loro esercizio, e che – come vedremo – è, almeno in gran parte, culturalmente
contingente. La chiamerò “sostrato della soggettività”11.
   Foucault sembra concepire il sostrato come il risultato dell’interconnessione e del reciproco
adattamento di un insieme di “schemi”, in gran parte inconsci, che controllano l’attività mentale
dell’individuo e che, soprattutto, preesistono alla deliberazione cosciente, e, al tempo stesso, la
abilitano e la vincolano12. Di essi non ha mai proposto una classificazione organica. Piuttosto,
nelle diverse fasi della sua ricerca, ne è andato evidenziando aspetti diversi, funzionali alle
prospettive adottate.
   Nella fase “archeologica” degli anni sessanta, in cui l’oggetto principale della sua ricerca era la
strutturazione sociale della conoscenza, gli schemi del sostrato erano presi in considerazione
prevalentemente in quanto schemi concettuali, epistemici e pratici – griglie di concetti nei cui
termini l’individuo si rappresenta il mondo, e parametri (assunti e valori di fondo, modelli e stili
di ragionamento, pattern inferenziali e argomentativi) sulla base dei quali discrimina cosa
accettare come vero e respingere come falso, cosa valutare come buono o cattivo, razionale o
irrazionale, cosa considerare obbligatorio, vietato o permesso – funzionanti come struttura impli-
cita – e largamente inaccessibile alla coscienza – nelle cui linee si svolgono le dinamiche della
deliberazione cosciente13.
   Nella fase iniziale della sua ricerca sul potere, a metà degli anni settanta, gli schemi del
sostrato sono presi in considerazione da Foucault soprattutto in quanto sovraintendono a
risposte automatiche, azioni motorie o mentali che si riproducono secondo quegli schemi in
modo fluido e immediato, senza l’interposizione di scelte coscienti, riflessioni esplicite, sforzi di
attenzione e controllo volontario. Può trattarsi di schemi d’azione semplici e rigidi, meri
automatismi. O di schemi d’azione più complessi e articolati, e oggetto di valutazione positiva,
le abilità (si pensi all’abilità di costruire frasi grammaticalmente corrette, o di applicare
correttamente un concetto). Può trattarsi anche di insiemi integrati di automatismi e abilità,
non innati ma appresi attraverso l’esperienza, per imitazione o addestramento: gli habitus.
Foucault insisteva molto sull’idea – oggi largamente accettata14 – che non solo le azioni irriflesse
e abitudinarie, ma anche i processi della deliberazione cosciente trovino le loro condizioni di
possibilità e vincoli stringenti in uno sfondo di schemi di azione automatica, in larga parte
modulati o costruiti da influenze socio-culturali. È ciò che John Searle ha chiamato “abilità di
sfondo” (Background abilities)15. Per rispettare l’enfasi di Foucault sugli aspetti più ripetitivi e
impersonali delle reazioni automatiche, è meglio parlare, piuttosto, di uno sfondo di automati-
smi, includendo in esso tutto lo spettro che va dai meri automatismi, alle abilità, agli habitus. Lo
spostamento dell’attenzione dagli schemi concettuali allo sfondo di automatismi comporta sia

11
    C’è, in questa espressione, un gioco di parole. Il termine greco “upokeimenon” (ciò che sta sotto), è, sotto il
profilo etimologico, all’origine sia del termine “sostrato”, sia del termine “soggetto” (e dei loro equivalenti in
latino) – come pure del termine “sostanza”. Il gioco di parole è voluto. Per Foucault, la soggettività, intesa come
razionalità e coscienza, non è sostanza originaria, ma ha a sua volta un sostrato, è una funzione che «se forme à
partir d’un certain nombre de processus qui, eux, ne sont pas de l’ordre de la subjectivité [...] mais plus fondamental
et plus originaire que le sujet lui-même» (FOUCAULT 2001b [1978], 590).
12
    V. ad es. FOUCAULT 2001b [1978], 881.
13
    L’obiettivo della fase archeologica era quello di ricostruire schemi concettuali impliciti immanenti a certi
contesti storico-culturali (FOUCAULT 2001a [1966], 526; FOUCAULT 2001a [1968], 736; FOUCAULT 1969; FOUCAULT
2001a [1971], 1025 ss.), al fine di mettere in questione l’idea di un soggetto conoscente che potesse esistere
indipendentemente da strutture inconsce del pensiero, storicamente e culturalmente contingenti (FOUCAULT 2001a
[1968], 712; FOUCAULT 2001a [1969], 802; FOUCAULT 2001a [1969], 873; FOUCAULT 2001a [1970], 881).
14
    BARGH, CHARTRAND 1999; BARGH 2007; KAHNEMAN 2011; HASSIN 2013.
15
    V. soprattutto SEARLE 1995, cap. 6.
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un allargamento che un mutamento di prospettiva. Gli schemi concettuali, per come intesi da
Foucault, sono parte dello sfondo di automatismi: sono, infatti, schemi adottati in modo
automatico, non deliberato, che abilitano e orientano i processi della deliberazione cosciente. Ma
lo sfondo di automatismi, per come inteso a metà degli anni settanta, ricomprende non soltanto
schemi di tipo cognitivo, ma anche, e per molti versi soprattutto, schemi motori – posture,
movimenti, ritmi e sequenze di movimenti – oggetto di manipolazione intenzionale attraverso
quelle specifiche tecniche di potere che Foucault chiama “discipline”16.
    Nella fase finale della ricerca di Foucault, centrata sulla “genealogia del soggetto”, schemi
concettuali, automatismi e abilità saranno invece presi in considerazione soprattutto in quanto
costituivi di modalità, storicamente e culturalmente contingenti, di rappresentazione e
costruzione del sé. Possiamo parlare di “schemi di soggettivazione”. Gli schemi di soggettiva-
zione includono modi generali di concettualizzare la soggettività e assunti tenuti per veri
riguardo alla sua natura e struttura (rappresentazioni dei rapporti tra anima e corpo, tra ragioni e
passioni, tra coscienza e inconscio), che organizzano il modo in cui si fa esperienza di sé stessi e
degli altri. Includono abilità di controllo e di osservazione introspettiva costruite attraverso
pratiche organizzate (come l’esame di coscienza, la confessione, la psicanalisi, l’auto-biografia, le
pratiche ascetiche)17. Includono tipizzazioni di modi d’essere individuali, più o meno rigide e
semplicistiche (stereotipi), e spesso cariche di connotazioni valutative, che possono fungere da
criteri per la scelta degli atteggiamenti da adottare nei confronti degli altri o per prevedere le
loro azioni, da modelli a cui conformarsi o da cui differenziarsi, e in genere da griglia di
classificazione dell’umano – che si tratti di stereotipi elaborati nell’ambito di saperi istituziona-
lizzati (il “folle”, il “deviante”, il “criminale abituale”), o di stereotipi elaborati entro sotto-
culture (il “figo” e lo “sfigato”, il “vincente” e il “perdente”, il “nerd” e l’“hipster”)18.
    È importante rimarcare come, secondo Foucault, il sostrato – la struttura mentale risultante
dall’interconnessione di schemi concettuali, automatismi, schemi di soggettivazione – non sia
un vincolo contingente, che grava e limita un soggetto che esiste indipendentemente da esso. Il
sostrato è, piuttosto, costitutivo del soggetto. In sua assenza le funzioni cognitive in cui la
soggettività consiste non potrebbero in alcun modo esistere ed operare. Ed è proprio l’inerzia e
relativa stabilità dei suoi schemi che riesce a dare al soggetto una sufficiente congruenza
diacronica, qualcosa come una – spesso multipla – forma costante, orientando lungo le sue linee
l’intera vita mentale dell’individuo, incluso l’esercizio delle funzioni cognitive superiori (i suoi
desideri, valori, credenze, piani, pattern inferenziali, azioni, abitudini, regole accettate,
rappresentazioni di sé e degli altri).
    In altri termini, il sostrato è causa della soggettività, in almeno due sensi: (a) è la struttura
necessaria perché si diano le funzioni cognitive in cui consiste la soggettività; (b) è la struttura
che orienta lungo le sue linee l’intera vita mentale dell’individuo, incluso l’esercizio di quelle
funzioni cognitive. Il soggetto, nell’esercizio della propria soggettività, è dunque causalmente
condizionato dal sostrato – lo spazio dei possibili ragionamenti dell’individuo, e la sua coscienza
e rappresentazione di sé, sono vincolati dagli schemi del sostrato.

16
    V. soprattutto FOUCAULT 1975, parte III.
17
    La genealogia del soggetto dell’ultimo Foucault è un tentativo di ricostruzione degli schemi di soggettivazione
del mondo antico, con una particolare attenzione a pratiche riflesse di costruzione del sé, che Foucault chiamava
“tecniche del sé” (v. soprattutto FOUCAULT 2014 [1980-81]; FOUCAULT 2008 [1981-82]; FOUCAULT 2001c [1982-83];
FOUCAULT 2009 [1984]; FOUCAULT 2001b [1982], 1062 ss.).
18
    Foucault prende in considerazione soprattutto le classificazioni di anomalie psichiche. V. ad es. FOUCAULT 1999
[1974-75], 51 ss. (il “mostro umano”, l’“individuo da correggere”, il “masturbatore”) e FOUCAULT 2001b [1977], 443
ss. (l’“individuo pericoloso”). Cfr. HACKING 2002.
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4. Soggettivazione

La “soggettivazione” (subjectivation) è il processo di formazione del soggetto19. Data la conce-
zione del soggetto su esposta, un aspetto decisivo del processo di soggettivazione sarà costituito
dalla formazione, interconnessione e reciproco adattamento degli schemi del sostrato.
   La concezione che Foucault ha del processo di soggettivazione si può riassumere in tre battute.
   (1) La soggettivazione è un fatto socio-culturale. Ciò che va determinando la forma della nostra
soggettività sono, per lo più, influenze sociali, spontanee – la mente di ciascuno va inferendo e
adottando, in modo automatico e incosciente, gli schemi impliciti nei discorsi, atteggiamenti,
comportamenti altrui –, o intenzionalmente indotte – qualcuno cerca non di indurre singole
azioni altrui, ma di plasmare il sostrato che le orienta: gli schemi concettuali, gli automatismi,
gli schemi di soggettivazione. In entrambi i casi, si tratterà di influenze storicamente e
localmente mutevoli e contingenti, che produrranno forme di soggettività radicalmente diverse,
e in gran parte incommensurabili. Soprattutto, le forme di soggettività saranno culturalmente
contingenti: dipendenti dallo sfondo di variabili culturali che caratterizzano l’interazione sociale
a cui l’individuo è esposto20.
   (2) La soggettivazione non è auto-creazione. La soggettivazione non è un processo di assoluta
auto-creazione, attraverso il quale un nucleo originario, incondizionato, di auto-coscienza e
razionalità modellerebbe la propria stessa forma. Il motore della soggettivazione non è un
embrione di soggetto che, in assoluta libertà (non causato), crea il sostrato che arricchirà la sua
soggettività e ne orienterà l’esercizio. Il soggetto non è l’autore originario, ma il prodotto della
soggettivazione.
   (3) La soggettivazione non è un fatto “naturale”. La soggettivazione, infine, non è nemmeno un
processo prevalentemente “naturale”, in due sensi.
   In un primo senso, la soggettivazione non è un processo prevalentemente naturale perché
non è prevalentemente determinato dall’implementazione di schemi innati e invarianti, parte
della nostra stessa costituzione biologica21. Qui la natura è, essenzialmente, innatismo genetico.
Questo punto richiede un’importante chiarificazione. L’idea che è corretto attribuire a Foucault
è che la soggettivazione sia un processo prevalentemente, e non esclusivamente, socio-culturale.
L’enfasi che Foucault pone sugli aspetti sociali del processo di soggettivazione non è infatti
incompatibile con il riconoscimento di vincoli biologici, schemi innati altamente indeterminati
che fissano la cornice di possibilità delle variabili socio-culturali. Foucault potrebbe perfetta-
mente concedere l’esistenza di questi vincoli (e sarebbe bizzarro non concederla), purché si
ammetta, appunto, il loro carattere altamente indeterminato22.
   In un secondo senso, la soggettivazione non è un processo prevalentemente naturale perché
non è commisurabile ad una “natura umana” intesa come criterio assoluto e originario per
discriminare le forme di soggettività corrette o desiderabili. Qui la natura è un vero e proprio
criterio normativo. Ma questo criterio normativo, sostiene Foucault, è esso stesso un prodotto
socio-culturale, e precisamente uno schema di soggettivazione culturalmente contingente23.
   L’opposizione foucaultiana tra “natura” da un lato, e “società” e “cultura” dall’altro, non va
invece intesa in un terzo senso, e cioè come opposizione tra il mondo delle cause e il mondo

19
    FOUCAULT 2001b [1984], 1525.
20
    V. ad es. FOUCAULT 2001b [1984], 1537 s.; FOUCAULT 2001b [1984], 1552. V. già FOUCAULT 2001a [1972], 1241.
21
    Cfr. REVEL 2008, 141 s.
22
    Se a questo lessico naturalizzato si preferisce il gergo filosofico tradizionale, si legga: Foucault può concedere
l’esistenza di condizioni “trascendentali” che vincolano le dinamiche socio-culturali dei processi di soggettivazione,
purché si riconosca il loro carattere altamente indeterminato e gli si assegni, nei suoi termini, «le moins place
possible» (FOUCAULT 2001a [1972], 1241).
23
    V. ad es. FOUCAULT 2001a [1971], 1366 e 1374; FOUCAULT 2001b [1984], 1529. Cfr. PALTRINIERI 2014.
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delle relazioni non causali. Al contrario. Foucault mostra chiaramente di intendere i processi
socio-culturali come processi causali, sebbene largamente imprevedibili. In questo senso, non vi
sarebbe alcuna ragione di contrapporre natura e cultura: la natura, intesa come mondo delle
relazioni causali, include non solo i processi causali che si svolgono in assenza di, e indipenden-
temente da, interazioni sociali e trasmissioni culturali (come i processi geneticamente
determinati), ma anche i processi socio-culturali 24. Questo senso di “natura”, oggi piuttosto
usuale, non lo era per Foucault, per il quale la “natura” era indissolubilmente associata a
immutabilità, invariabilità culturale, innatismo25.
   Riassumendo. Il processo di soggettivazione è un processo di carattere prevalentemente
socio-culturale. Il soggetto e la soggettività sono dunque, prevalentemente, prodotti socio-
culturali: mutevoli, contingenti (soprattutto culturalmente contingenti), non originari, etero-
causati.

5. La libertà è una condizione impossibile

Nella tradizione filosofica occidentale è stata molto diffusa e influente una particolare declina-
zione dell’idea di libertà, riassumibile nelle due seguenti tesi: (a) la libertà è assenza di etero-
condizionamenti causali, spazio di incondizionata e originaria auto-determinazione; (b) le scelte
prodotte dall’esercizio della propria soggettività – le scelte, cioè, controllate dalle nostre funzioni
cognitive superiori (scelte volontarie e consapevoli, avvertite come “proprie”, e, soprattutto,
guidate da ragionamenti) – sono scelte libere, e cioè non causate. Questa seconda tesi è spesso
declinata nel senso che sono scelte veramente libere solo le scelte pienamente razionali, guidate
– ma non causate – dalle verità morali e fattuali a cui possiamo accedere attraverso il corretto
esercizio delle nostre funzioni cognitive superiori.
   In breve, il soggetto – l’individuo razionale e auto-cosciente – ha accesso ad uno spazio di
incondizionata e originaria auto-determinazione. È contro questa idea – considerata come uno
dei tratti distintivi della c.d. “filosofia del soggetto” – che è rivolta la concezione foucaultiana
del soggetto e della soggettivazione delineata nei paragrafi precedenti26.
   Come abbiamo visto, la soggettività è causalmente vincolata dal sostrato. I suoi schemi deter-
minano la forma stessa della nostra razionalità e della nostra auto-coscienza e orientano in profon-
dità i nostri ragionamenti, giudizi e scelte, fissandone stringenti condizioni di possibilità e gradi di
probabilità. In sintesi: il sostrato esercita una pervasiva influenza causale sulle nostre scelte.
   (Ciò non significa, si badi, che il sostrato sia l’unico fattore che determina la scelta. Esso intera-
girà, ovviamente, con i fattori ambientali e altri fattori psico-fisici che stimolano e influenzano il
processo di scelta. Non significa nemmeno che la conoscenza del sostrato e delle condizioni
ambientali e psico-fisiche della scelta possa renderne interamente prevedibili gli esiti. Il sostrato è
una struttura causale di estrema complessità, ed estremamente complessa è la sua interazione con
circostanze ambientali e psico-fisiche ancora più complesse e immensamente variabili. È
impossibile avere una conoscenza completa di tutte queste dinamiche, che assicuri previsioni certe
e totalmente accurate. Spesso non sono possibili nemmeno previsioni minimamente attendibili.)
   In questo disegno non sembra restare alcun margine di libertà – per quella idea di libertà
come incondizionata e originaria auto-determinazione – a valle del sostrato. Il sostrato esercita
un vincolo stringente sulle scelte soggettive, interagendo con fattori che non sembrano avere
nulla a che fare con la libertà.

24
   Cfr. LEDOUX 2002, 20.
25
   V. soprattutto FOUCAULT 2001a [1971], 1339 ss.
26
   V. ad es. FOUCAULT 2001a [1968], 692; FOUCAULT 2001a [1973], 1408, 1415; FOUCAULT 2001b [1984], 1552. Cfr.
REVEL 2002, 62 s.
72 | Marco Brigaglia

    Non c’è libertà a valle del sostrato, ma non c’è libertà nemmeno a monte. Secondo Foucault,
infatti, gli schemi del sostrato non sono da noi liberamente posti o scelti, bensì plasmati da
stimoli sociali la cui presa – come egli cerca con grande acume di mostrare – ci investe fin nei
dettagli più intimi e segreti.
    Ma se il sostrato vincola in modo stringente i margini di scelta soggettiva senza lasciare spazi
di libertà, e se il sostrato è capillarmente plasmato da influenze sociali, l’idea del soggetto come
centro di libertà si comprime fino a svanire. Le scelte soggettive, in ultima analisi, sono causate
(oltre che da uno sfondo di circostanze ambientali e ulteriori condizioni psico-fisiche) da influen-
ze sociali. La libertà originaria del soggetto si rivela essere un’illusione, un mito, una favola.
    È verso questa critica all’idea della libertà originaria del soggetto che Foucault sembra orientarsi
a metà degli anni settanta. Essendo interamente costruita e orientata da una rete di influenze
sociali che ne vincola l’esistenza fin nei tratti più minuti, la soggettività degli individui, lungi
dall’essere lo spazio della libertà individuale, è piuttosto il veicolo della loro profonda, capillare
illibertà – del loro assoggettamento. La soggettivazione è, di per sé stessa, assoggettamento. Il
soggetto è, in quanto tale, assoggettato27. “Potere” (pouvoir) è il nome che, in questo quadro con-
cettuale, Foucault dà alla rete delle influenze sociali che, costruendo la soggettività degli individui,
al tempo stesso li assoggettano. Un potere impersonale, non intenzionale sia nel suo disegno di
insieme che nella grandissima parte delle influenze che lo compongono, e trasversale rispetto ai
rapporti di dominazione, in quanto investe sia la soggettività dei dominati che quella dei
dominanti. Il soggetto, in qualsiasi situazione sociale si trovi, lungi dall’essere un nucleo di libertà
originaria, è il risultato di un potere impersonale, pervasivo, onnipresente, che lo produce, fin nelle
sue pieghe più sottili, nel segno di un radicale, essenziale, ineludibile assoggettamento28.
    Ma questa critica all’idea del soggetto libero, apparentemente estrema e provocatoria, e forse
per questo seducente29, è poco plausibile, triviale e incoerente. È poco plausibile perché, come è
stato ripetutamente rilevato, appiattisce in una negatività indistinta influenze sociali che ci
appaiono, per modalità e per effetti, rilevantemente diverse – alcune costrittive e dannose, altre
meno, altre ancora per nulla30. È triviale perché l’idea che la soggettivazione degli individui sia
un processo in larghissima misura sociale si riduce all’idea che gli individui siano “socializzati”
(formati secondo schemi socialmente trasmessi), e questa idea non è, a ben vedere, nulla più che
un “elementare luogo comune sociologico”31. Infine, e soprattutto, è incoerente con l’intento
fortemente pratico (a volte declinato in termini politici, come progetto di azione collettiva) che
sembra animare il progetto di Foucault: rendere visibili situazioni, indesiderabili, di assoggetta-
mento spacciate per libertà, rendendo così possibile la loro trasformazione32. Ma trasformazione
in vista di cosa? La risposta più ovvia sembrerebbe: in vista di una condizione, che si suppone
desiderabile, di maggiore libertà. In vista, cioè, di una almeno parziale liberazione 33 . Ma

27
    FOUCAULT 1976, 81. V. anche FOUCAULT 2001b [1982], 1046. Sia l’idea dell’inseparabilità di soggettività e
assoggettamento che il gioco di parole che identifica il soggetto con l’assoggettato (subjectus) sono comuni a tutta la
critica del soggetto, soprattutto di area francese (“sujet”, in francese, significa anche “suddito”). Un ampio
inquadramento storico si trova in BALIBAR 1994 e BALIBAR, CASSIN, DE LIBERA 2004.
28
    Questa è l’interpretazione più diffusa della concezione foucaultiana del potere, adottata in modo più o meno
esplicito dalla maggioranza dei commentatori e considerata, da alcuni (v. ad es. DIGESSER 1992; RILE HAYWARD
2000, 5 ss.; OTERO 2006, 58 ss.; HEYES 2011, spec. 160), uno dei suoi maggiori meriti. Per una ricostruzione
complessiva del modo, estremamente ambiguo, in cui Foucault ha usato il termine “pouvoir” mi permetto di
rinviare a BRIGAGLIA 2019.
29
    LUKES 2005, 98.
30
    FRASER 1981, 274; TAYLOR CH. 1984, 173 ss.; HONNETH 1985, 182; FRASER 1985, 178 ss.; HABERMAS 1985, 336 s.;
GARLAND 1990, 168 ss.; MCCARTHY 1990, spec. 446; ALLEN 2008, 69.
31
    LUKES 2005, 97. V. anche MCCARTHY 1990, 448.
32
   FRASER 1981; FRASER 1983; FRASER 1985, 172 ss.; PHILP 1983; WALZER 1983; HABERMAS 1985, 333 s.; PHILP 1990, 79;
DEWS 1992, 360; HINDESS 1996, 152 ss.; PICKETT 1996, 465 s.; PICKETT 1997; RILE HAYWARD 2000, 6.
33
    V. ad es. FOUCAULT 1976, 211.
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Foucault sembra escludere qualsiasi possibilità di liberazione.
   È anzitutto esclusa la possibilità di liberazione della soggettività, perché la soggettività è, in sé e
per sé, assoggettamento. Certamente sono possibili trasformazioni, anche molto profonde, della for-
ma della nostra soggettività, attraverso la trasformazione del sostrato che la costituisce. Ad esempio,
è possibile che si sviluppino schemi di soggettivazione diversi, come le identità queer, interconnessi a
diversi concetti e teorie del corpo, del genere, del sesso, e a diverse regole su come sia appropriato
vestirsi, parlare, godere. Ma per quanto profonde possano essere, queste trasformazioni non saranno
altro che il transito ad una forma diversa di assoggettamento34. In questa prospettiva, non ha alcun
senso postulare una forma di soggettività “naturale”, che preesiste alle influenze sociali, o in qualche
senso “autentica”, che trascende le influenze sociali – una scarpetta di Cenerentola dello spirito che,
calzata dopo un lungo peregrinare in una storia di paludose determinazioni causali, lo trasfiguri
facendogli riconoscere, e così attualizzando, la sua potenza di incondizionata libertà. La zucca non è
mai stata carrozza. Il soggetto non è e non può essere altro che un coacervo di processi nervosi
plasmati e riplasmati, su una base naturale, dalle influenze sociali e ambientali35.
   Sembra restare solo la possibilità di una liberazione dalla soggettività. Sarebbe una libertà
molto diversa dalla libertà-originarietà. Non libertà del soggetto, l’individuo auto-cosciente e
razionale, ma libertà del corpo in assenza di soggetto. Vi sono passi in cui Foucault sembra
alludere proprio a questo – ad uno spazio di libertà che si apre nella dissoluzione della soggetti-
vità36. La libertà del delirio, della follia, dell’animalità. La libertà di una materia nervosa priva
del controllo coordinato della soggettività – priva del sé, o priva di un sé sufficientemente
congruente. Il corpo libero dalla prigione dell’anima37. Il corpo come, negli efficaci termini di
Judith Butler, «non-normalizable wildness»38.
   Ma è davvero questa la liberazione perseguita? Foucault lo nega 39 . La dissoluzione del
soggetto non è l’obiettivo, è piuttosto la condizione limite con la quale confrontarsi, per
prendere coscienza della contingenza e fragilità della propria soggettività, e per stimolare la sua
trasformazione verso forme di soggettività preferibili. Ma preferibili perché? Si potrebbero dare
risposte che tirano in ballo non la libertà, ma altri valori, come l’intensità della felicità o del
piacere. Non è però questa la strada che Foucault sembra seguire, almeno non immediatamente.
Egli sembra assumere che vi siano forme di soggettività preferibili non soltanto perché più felici
o piacevoli, ma anche e soprattutto perché più libere – o, meglio sarebbe dire, felici e piacevoli
proprio perché più libere. Ma questo è impossibile, perché la soggettività, in sé e per sé consi-
derata, esclude la libertà.

6. Libertà-originarietà e libertà-autorialità

Vediamo di ricapitolare quanto sino ad ora sostenuto.
   Negli anni settanta Foucault difende una particolare concezione del soggetto e della soggetti-
vazione, la cui tesi fondamentale è che (a) la soggettivazione è un processo socio-culturale, e il
soggetto è un prodotto socio-culturale.

34
   Cfr. TAYLOR CH. 1984, 176 ss.
35
   FOUCAULT 2001b [1984], 1529. È proprio questa la differenza che, secondo Foucault, sussisterebbe tra il suo
approccio e quello della Scuola di Francoforte, che avrebbe adottato una concezione piuttosto tradizionale del
soggetto, intendendolo come identità naturale perduta, da ritrovare attraverso la critica delle strutture che ne
causano l’alienazione (FOUCAULT 2001b [1978], 893).
36
   V. soprattutto, oltre a FOUCAULT 1961, FOUCAULT 2001b [1976], 36 s.; FOUCAULT 2001b [1977], 421.
37
   FOUCAULT 1975, 38.
38
   BUTLER 1997, 92.
39
   V. ad es. FOUCAULT 2001b [1976], 77.
74 | Marco Brigaglia

    Il tenore letterale del suo discorso, inoltre, sembra sottendere l’idea che (b) la libertà del
soggetto sia una condizione impossibile. Il soggetto è, in quanto tale, assoggettato, inscritto in
una rete capillare di influenze sociali, in gran parte non intenzionali – un potere impersonale –
che condizionano in tutto e per tutto i suoi spazi di giudizio e di scelta. La soggettivazione è, in
quanto tale, assoggettamento.
    Nello stesso tempo, però, Foucault mostra di intendere la propria ricerca come funzionale ad
un obiettivo pratico: (c) ottenere una trasformazione della soggettività che sottragga all’assog-
gettamento; ottenere, dunque, una qualche – sia pur parziale – libertà del soggetto.
    Tra la tesi (b) e l’obiettivo (c) vi è un’evidente incoerenza: la tesi (b) rende impossibile,
insensato, illusorio l’obiettivo (c).
    Nei testi degli ultimi anni40, Foucault prova a superare questa incoerenza offrendo un’inter-
pretazione del proprio pensiero che comporta una profonda revisione della tesi (b). Il perno di
questa revisione è costituito dall’elaborazione – poco più che uno schizzo, in effetti, ma sugge-
stivo e promettente – di una concezione della libertà, che è libertà del soggetto, ma che è alterna-
tiva all’idea della libertà come sua assoluta, originaria, incondizionata auto-determinazione, ed è
– a suo dire – compatibile con la tesi del soggetto come prodotto socio-culturale.
    Sulla base di questa concezione alternativa della libertà, sarebbe possibile distinguere due
modalità attraverso le quali può avvenire la produzione socio-culturale del soggetto. Da un lato
una modalità positiva, desiderabile: la libertà. D’altro lato una modalità negativa, indesiderabile:
l’assoggettamento41.
    La concezione alternativa della libertà proposta da Foucault si può disarticolare in tre tesi: la
tesi della libertà come modalità “autoriale” della soggettivazione; la tesi della libertà come etero-
causazione; la tesi della libertà come superamento critico della libertà. Vediamo di che si tratta.
     (1) La libertà è diventare autori di sé stessi. Foucault distingue due modalità in cui può avvenire
il processo di soggettivazione: l’elaborazione “attiva”, o la formazione meramente “passiva”,
della propria soggettività, tramite l’elaborazione attiva o la formazione passiva degli schemi del
sostrato. È in rapporto a queste due diverse modalità che si definiscono le condizioni di libertà e
assoggettamento: un individuo diventerà tanto più libero, e tanto meno assoggettato, quanto più
la forma della sua soggettività, il suo “sé”, si andrà costituendo attraverso l’elaborazione quanto
più attiva degli schemi del sostrato.
    I parametri che Foucault sembra prendere in considerazione per graduare la “attività”
dell’elaborazione degli schemi del sostrato, e dunque la libertà, sono essenzialmente quattro. (a)
Il primo parametro è dato dalla consapevolezza della propria soggettività, che ricomprende la
consapevolezza della storicità e contingenza degli schemi del sostrato, la conoscenza esplicita
della loro genesi, la capacità di riconoscere forme di soggettività alternative42. (b) Il secondo
parametro è dato dal controllo della propria soggettività, ossia dalla progettazione e costruzione
(e in particolare dalla progettazione e costruzione cosciente) degli schemi del sostrato43. (c) Il

40
    V. soprattutto FOUCAULT 2001b [1984], 1527 ss.; FOUCAULT 2001b [1984], 1381 ss.
41
    FOUCAULT 2001b [1984], 1552.
42
    In più passi Foucault mostra di concepire la sua genealogia del soggetto proprio come acquisizione di consa-
pevolezza storica sull’origine della propria forma di soggettività, consapevolezza che costituisce una condizione
necessaria per l’elaborazione di forme di soggettività alternative e per l’accesso, in questo modo, a spazi di libertà.
V. soprattutto FOUCAULT 2001b [1984], 1393; FOUCAULT 2001b [1984], 1551. Questo obiettivo sembra caratterizzare,
sia pure in modo meno articolato, anche le fasi precedenti della ricerca foucaultiana, sia l’archeologia del sapere (v.
ad es. FOUCAULT 2001a [1971], 1057 ss.) che la genealogia del potere (v. ad es. FOUCAULT 2012 [1979-80], 75 ss.). Cfr.
sul punto CONNOLLY 1985, 368; SIMONS 1995; O’LEARY 2002, spec. cap. 6.
43
    V. FOUCAULT 2009, 85 ss., sulla enkrateia classica intesa come dominio di sé, e 97 ss., sull’ askēsis intesa come
esercizio su di sé, allenamento necessario per il dominio di sé, guidato dalla consapevolezza di sé. Sull’askēsis v. in
generale FOUCAULT 2001c [1981-82], 395 ss. “Ascetismo” diventerà un termine chiave nella nozione foucaultiana
della libertà come costruzione attiva del sé (v. FOUCAULT 2001b [1984], 1528; FOUCAULT 2001b [1984], 1389 s.).
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terzo parametro è dato dall’invenzione di forme di soggettività diverse, di schemi difformi da
quelli immediatamente riconoscibili nel proprio contesto di appartenenza, e in questo senso
nuovi, inattesi 44 . (d) Il quarto parametro è dato dal dinamismo, dalla continua messa in
discussione, riprogettazione, trasformazione, rinnovamento della propria soggettività45.
   Questa concezione della libertà si può caratterizzare come “autorialità”: essere – o meglio
diventare – liberi, sottrarsi all’assoggettamento, significa diventare, e continuare a ri-diventare,
in una certa misura, autori di sé stessi. La libertà è una pratica di continua riflessione sul sé e
costruzione del sé46.
   Non è superfluo sottolineare che la libertà così intesa è una condizione graduale e multidimen-
sionale: si può essere più o meno liberi, in rapporto ad alcuni o a tutti i parametri. Si può, ad
esempio, essere molto liberi in rapporto alla consapevolezza della propria soggettività, e poco liberi
in rapporto all’invenzione di forme di soggettività nuove, impreviste. Il discrimine tra libertà e
assoggettamento è, in questo senso, un discrimine vago, e parzialmente indeterminato (valuta-
zioni diverse dell’importanza dei parametri e della soglia oltre la quale l’elaborazione conta come
“sufficientemente” attiva porteranno a determinazioni diverse di cosa conti come libertà e cosa
conti come assoggettamento). Non così vago e indeterminato, però, da rendere inservibili i con-
cetti: i parametri della libertà consentono di identificare casi paradigmatici di libertà e assoggetta-
mento, e forniscono criteri intelligibili per discutere e argomentare a fronte di casi dubbi47.
   (2) La libertà è etero-causazione. Ma, si potrebbe obiettare, con ciò la contraddizione non è
affatto superata: essere autori di sé stessi significa non essere condizionati dagli schemi
socialmente appresi. Significa, per l’appunto, essere – in una qualche, apprezzabile misura –
liberi dalle influenze sociali. La seconda tesi cerca di rispondere a questa obiezione.
   Secondo Foucault, l’elaborazione attiva non soltanto non è libertà da, ma non può che avve-
nire attraverso, le influenze sociali. Anzitutto, essa può operare solo su schemi comunque
ricevuti dal contesto di appartenenza, trovando in essi i limiti delle proprie possibilità: possiamo
sviluppare la nostra consapevolezza, progettazione e invenzione solo nelle linee di, e inevitabil-
mente vincolati da, schemi preesistenti, socialmente trasmessi. In secondo luogo, e soprattutto,
la stessa elaborazione attiva non è, in definitiva, che un prodotto sociale: una procedura mentale
complessa, resa possibile – di più, radicalmente costituita – da una rete di concetti (un certo
concetto di sé come autore di se stesso), valori (un certo valore dato all’essere autore di se
stesso) e abilità (un certo modo di mettere in discussione l’immagine di sé, di progettarsi e
costruirsi secondo certi nuovi modelli), anch’essi formati attraverso influenze sociali, in parte
spontanee, e in parte intenzionalmente indotte (siamo educati a cercare di essere liberi, e ad
esserlo in un certo modo)48. In questo senso, con un paradosso solo apparente, non si dà libertà
se non attraverso le influenze sociali: il soggetto libero è un prodotto socio-culturale, e come tale
è storicamente e culturalmente contingente49.

44
    V. ad es. FOUCAULT 2001b [1977], 321; FOUCAULT 2001b [1982], 1554 ss.; FOUCAULT 2001b [1984], 1393.
45
    V. FOUCAULT 2001b [1984], 1391 e 1393. Il più caratteristico elemento di dinamismo su cui Foucault centra la sua
attenzione è il piacere, la scoperta di nuovi piaceri (FOUCAULT 2001b [1982], 1557; FOUCAULT 2001b [1981], spec. 984;
FOUCAULT 2001 [1982], 1352 s.). Sul rapporto fra piacere e libertà in Foucault cfr. LYNCH 2013, spec. 161 ss.; OKSALA
2011, spec. 93 ss.; KOOPMAN 2013, spec. 532 ss.
46
    Cfr. DREYFUS, RABINOW 1986, spec. 117 ss.; CONNOLLY 1983, 334 ss.; BERNSTEIN 1992, 217; SIMONS 1995;
SORRENTINO 2008, 190 s.; MCGUSHIN 2011; TAYLOR D. 2011, spec. 180 ss.; KOOPMAN 2013; VACCARO 2015, 72 ss.
47
    Va aggiunto che, sebbene il focus principale di Foucault sia sul lavoro di trasformazione individuale, in certi
passi egli mostra di ritenere che il discorso possa allargarsi a processi collettivi intenzionalmente diretti alla
trasformazione di schemi e pratiche di relazione sociale (v. ad es. FOUCAULT 2001a [1972], 1208 ss., sulla
trasformazione rivoluzionaria dello schema giudiziario; o FOUCAULT 2001b [1984], 1556, sul lavoro di trasformazio-
ne, portato avanti nelle comunità gay, delle pratiche sessuali e degli inerenti schemi di relazione).
48
    FOUCAULT 2001b [1984], 1538; FOUCAULT 2001b [1984], 1552.
49
    Cfr. OKSALA 2005, 187 ss.
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