Focus di pratica professionale - di Stefano Chirichigno e Vittoria Segre
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Focus di pratica professionale di Stefano Chirichigno e Vittoria Segre L’approccio conservativo dell’Agenzia delle Entrate alla disciplina dei “costi da reato” Il tempismo e l’attenzione con cui l’Agenzia delle Entrate, con la C.M. n.32/E del 3 agosto scorso qui in commento, è intervenuta per illustrare la propria posizione ufficiale sui primi tre commi dell’art.8 del D.L. n.16/121 sono sintomatici dell’importanza e del ruolo che ha assunto la disciplina della indeducibilità dei costi e delle spese dei beni o delle prestazioni di servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo. Tale disciplina per così dire ha “sonnecchiato” dal 1993 quando fu introdotta (la disciplina originaria si deve alla L. n.537/93) in buona parte per ragioni strettamente attinenti le incertezze sulla natura sanzionatoria o sistematica della stessa e quindi, inevitabilmente sulla sua corretta applicazione senza ledere i principi di eguaglianza e di capacità contributiva costituzionalmente garantiti. Vero è che il ritorno di fiamma delle disciplina si lega ad un particolare profilo (che trova ora specifiche e più consone disposizioni) purtroppo di grande attualità, quale l’utilizzo di componenti reddituali negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati. La circolare in commento ha il pregio dell’ampiezza dello spettro di indagine, poiché spazia dai requisiti sostanziali di applicazione della norma ai presupposti per la contestazione dell’indeducibilità dei costi, al trattamento sanzionatorio connesso all’indeducibilità dei costi e delle spese per beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi, alle interazioni con la normativa processual-penalistica ed ai riflessi della norma in tema di fatture soggettivamente inesistenti. Una distinta trattazione è dedicata al regime sanzionatorio in caso di spese o altri componenti negativi esposti in fatture oggettivamente inesistenti. Infine vengono esaminati i profili di diritto transitorio. Si analizzano di seguito i contributi interpretativi più significativi forniti dalla circolare distintamente per quel che concerne la disciplina dei costi e delle spese per beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi e la disciplina delle spese o altri componenti negativi esposti in fatture oggettivamente inesistenti che, è bene sottolinearlo sin d’ora, a differenza dell’altra, non è circoscritta ai fenomeni penalmente rilevanti. I costi e le spese per beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi Nella determinazione dei redditi di cui all’art.6, co.1, Tuir non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo La ratio della novella del 2012: i costi promiscui ed i costi indiretti La circolare esordisce con il fondamentale riconoscimento che la finalità del Legislatore era quella di determinare e circoscrivere l’ambito della indeducibilità ai costi e alle spese di beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività che configurano condotte delittuose non colpose. Ribadisce altresì tale concetto specificando (più avanti) 1 Convertito con modificazioni dalla L. n.44 del 26 aprile 2012, pubblicata nel Supplemento Ordinario n.85/L alla Gazzetta Ufficiale n.99 del 28 aprile 2012. La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata La Circolare Tributaria 12 n.39 del 15 ottobre 2012
che non è sufficiente, ai fini del recupero fiscale, che i predetti componenti negativi “siano semplicemente e genericamente relativi alla fattispecie penalmente rilevante”. Una buona esemplificazione di tali principi viene proposta facendo riferimento al caso IL CASO delle società che svolgono attività di smaltimento di rifiuti: laddove vengano smaltiti anche rifiuti rientranti in categorie non autorizzate, saranno indeducibili i costi diretti alla commissione del relativo delitto ambientale, mentre rimangono deducibili, secondo le regole generali, i componenti negativi sostenuti per lo smaltimento dei rifiuti autorizzati. Ne consegue che se il reato è di tipo omissivo (e si fa l’esempio di un’impresa che commetta il reato di inquinamento ambientale, non provvedendo all’acquisto e all’istallazione di un depuratore), la norma si rende inapplicabile non essendo stati sostenuti costi diretti alla commissione del delitto non colposo. Da notare che rimangono estranei alla disciplina in commento, oltre ai delitti colposi, tutti i reati contravvenzionali. fattispecie punite con la pena congiunta o disgiunta della reclusione o della Delitti multa, ovvero dell’ergastolo. Fatte queste premesse, lascia perplessi non tanto che si affermi che rileva anche il costo sostenuto per l’acquisizione di beni o servizi diretti al compimento sia di attività lecite che di delitti non colposi - in quanto ai fini della contestazione di indeducibilità del relativo costo, ciò che conta è che il fattore produttivo acquisito sia utilizzato direttamente, ma non necessariamente in modo esclusivo, per il compimento del reato - quanto che, come se fosse un corollario, si sostenga che l’indeducibilità, oltre a colpire i costi e le spese relativi ai beni o alle prestazioni di servizi utilizzati direttamente per il compimento del delitto, potrà essere contestata con riferimento: “alla quota dei componenti negativi afferenti all’ordinaria attività d’impresa che abbiano avuto un rapporto di strumentalità con la commissione del reato, seppur sostenuti non esclusivamente per il compimento dello stesso”. Ed è così che i costi indiretti (che aggiungevano una buona dose di indeterminatezza ad una norma che per il suo delicato rapporto con i principi costituzionali necessiterebbe invece di appigli sicuri e consolidati) usciti dalla porta della novella (che a differenza del testo previgente sanziona solo il diretto utilizzo) rientrano dalla finestra inopinatamente lasciata aperta dall’Agenzia delle Entrate. Aperta la crepa nella diga, il processo non si arresta, ed ecco che viene chiamato in causa ogni genere di costi diretti o indiretti (interessi passivi, accantonamenti, sopravvenienze passive, ammortamenti, minusvalenze e così via). A questo punto appare quasi inevitabile il ricorso alla contabilità industriale per individuare i criteri di imputazione proporzionali dei costi promiscuamente utilizzati sia per il compimento di attività lecite che di delitti non colposi, al fine di risalire al costo del personale direttamente utilizzato, ai mezzi impiegati, ai prodotti realizzati e ad altre circostanze utili a quantificare le spese riferibili alla specifica attività criminosa. Onestamente, è legittimo nutrire forti dubbi che un tal dispendio di energie possa essere ripagato dai risultati: il rischio che davanti al giudice la ricostruzione operata dall’accertamento faccia la fine dei castelli di carta quando si apre la finestra è statisticamente troppo elevato per non dissentire da tale deriva. È evidente che, se il Legislatore ha ritenuto di fare espresso riferimento al diretto utilizzo, sarebbe stato più saggio (anche solo attenendoci ai criteri di economicità dell’azione accertatrice) indirizzare i verificatori su terreni solidi e non verso le sabbie mobili delle ricostruzioni forfetarie, logico-deduttive e simili. La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata La Circolare Tributaria 13 n.39 del 15 ottobre 2012
Le attività “totalmente” illecite L’indeducibilità, secondo l’Agenzia, è integrale, laddove l’attività sia integralmente illecita: sarebbe questo il caso di esercizio abusivo della professione o dell’attività bancaria e finanziaria. Se, in linea di principio, si tratta di un’affermazione ineccepibile secondo la logica della normativa in questione, in concreto, i rischi che un’applicazione improntata al rigore formale possa far incappare in clamorosi ipotesi di violazione dei principi di capacità contributiva sono evidenti. L’effetto è palesemente quello della tassazione sulla base dei soli proventi (al massimo si salverebbero i componenti negativi che altro non sono che rettifiche di ricavi e, con molto buon senso, le svalutazione dei crediti commerciali). L’Assonime, anche a valle della circolare, seppur timidamente in nota, ha ribadito il concetto fondamentale che: la liceità o la illiceità della condotta non costituiscono un elemento di differenziazione che, in ambito tributario, incide sulla capacità contributiva2. Se in presenza di situazioni di grave illecito il comune sentire può rivolere tale contraddizione in termini di sanzione impropria (si pensi all’usura, allo sfruttamento della prostituzione), nella maggior parte dei casi in cui l’illecito si leghi ad adempimenti latusensu burocratici, il risultato appare inaccettabile. Il raddoppio dei termini Qualora l’Agenzia venga a conoscenza dell’avvio dell’azione penale oltre i termini decadenziali per l’attività di accertamento di cui al primo e al secondo comma dell’art.43 del DPR n.600/73, ma l’indeducibilità dei componenti negativi direttamente utilizzati per il compimento di attività delittuose non colpose (per le quali vi è stato l’esercizio dell’azione penale) integri una violazione che comporta l’obbligo di denuncia ai sensi dell’art.331 del c.p.p. per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n.74/00, i termini per l’accertamento sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa tale violazione3. La disciplina del raddoppio dei termini, sicuramente infelice nella tecnica legislativa e, conseguentemente, fortemente avversata dalla dottrina, ha trovato un avallo oltre ogni aspettativa dalla sentenza della Corte Costituzionale n.247 del 20 luglio 2011. È chiaro che le interrelazioni con la disciplina in commento sono assai significative e dalla combinazione delle due ci si attende un forte effetto deterrente (che dovrebbe sempre essere il primo obiettivo di ogni disciplina sanzionatoria). Se il fine giustifica i mezzi, nulla quaestio. Esempi di costi indeducibili in quanto riferiti a delitti non colposi Costi afferenti l’acquisto di merce di illecita provenienza (Delitto di ricettazione art.648 del c.p.) Spesa finalizzata alla corruzione di un pubblico ufficiale ai fini dell’aggiudicazione di un appalto pubblico Spese postali sostenute per realizzare truffe “Compenso” pagato al soggetto (la c.d. “cartiera”) che si presta ad emettere il documento falso (ma non il costo soggettivamente o oggettivamente inesistente; il costo oggettivamente inesistente è però indeducibile in base ai principi generali del Tuir) 2 Circolare n.25/12, nota 3. 3 A. Carinci, D. Deotto, “Costi da reato, sanzione multipla”, in Il Sole 24 Ore del 1/9/12, pag.19. La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata La Circolare Tributaria 14 n.39 del 15 ottobre 2012
La restituzione in esito al procedimento penale …Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell’art.530 del c.p.p. ovvero una sentenza definitiva di non luogo a procedere ai sensi dell’art.425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla causa di estinzione indicata nel periodo precedente, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere ai sensi dell’art.529 del c.p.p., compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi. Opportunamente, la circolare si sofferma sulle ipotesi in cui, successivamente all’azione accertatrice dell’ufficio, intervenga in favore del contribuente una sentenza definitiva che determina il diritto al rimborso, precisando che, in tal caso, il rimborso deve riguardare anche le sanzioni quand’anche pagate spontaneamente dal contribuente.4 Può trattarsi di: Sentenza di assoluzione ex art. 530 del c.p.p. se il fatto non sussiste; se l’imputato non lo ha commesso; a) se il fatto non costituisce reato; se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un’altra ragione. Sentenza di non luogo a procedere ex art.425 del c.p.p. fondata sulla sussistenza di b) motivi diversi dalla prescrizione c) Sentenza di non doversi procedere ex art.529 del c.p.p. Orbene, la circolare in commento riconosce il diritto al rimborso anche nel caso in cui la controversia sui “costi da reato” si sia conclusa in sede di accertamento con adesione o conciliazione giudiziale, ma tace dell’ipotesi, affatto peregrina, in cui l’assoluzione in ambito penale intervenga successivamente al passaggio in giudicato della controversia sui predetti costi. In effetti, non è che l’ultimo tassello, quasi inevitabile, dello scardinamento del principio di reciproca autonomia dei procedimenti amministrativo e penale, a favore del secondo. A ben vedere, tale mutato assetto dovrebbe ispirare un mutamento delle “abitudini” dei verificatori che dovrebbero abituarsi a rinviare quanto più in là possibile l’azione di accertamento sulla base della normativa in commento per evitare che il loro operato sia vanificato (in caso di assoluzione) o anche stravolto (in caso di giudicato penale che ridisegni i comportamenti illeciti in termini differenti da come inizialmente prospettati). L’utilizzo di fatture relative a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati Ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi. 4 Sia che si sia avvalso dell’istituto del ravvedimento operoso, sia che, prima dell’avvio dell’attività di controllo, abbia presentato una dichiarazione integrativa, ai sensi dell’art.2, co.8, del DPR n.322/98. La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata La Circolare Tributaria 15 n.39 del 15 ottobre 2012
Giova premettere che l’introduzione di una norma specifica per i costi oggettivamente inesistenti nasce dall’importante limitazione dell’ambito applicativo della disciplina di cui sopra che non si estende all’ipotesi di utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente o oggettivamente inesistenti, in quanto non sostenuti al fine di acquisire beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto. La loro indeducibilità discende, infatti, per quanto riguarda le operazioni oggettivamente inesistenti, direttamente dall’ordinaria applicazione delle regole di determinazione del reddito, indipendentemente dalla configurazione di un illecito penale. Infatti, anche in presenza del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art.2 del D.Lgs. n.74/00, il costo inesistente non è quello di beni o servizi direttamente utilizzati per la commissione del reato stesso. La circolare porta l’esempio dell’utilizzo di fattura “soggettivamente inesistente”, per IL CASO l’acquisto di merce, finalizzato al compimento di una frode in ambito Iva, sottolineando che, in tale ipotesi, il costo esposto in fattura, effettivamente relativo all’acquisto della merce, non rappresenta l’onere sostenuto per porre in essere la frode Iva (ovviamente la deducibilità rimane comunque subordinata all’esistenza dei requisiti di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità previsti dal Tuir). Va precisato preliminarmente che il riferimento alle fatture deve essere inteso in senso atecnico, estendendolo ad ogni altro documento avente analogo rilievo probatorio. … In tal caso si applica la sanzione amministrativa dal 25% al 50% dell’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi. In nessun caso si applicano le disposizioni di cui all’art.12 del D.Lgs. n.472 del 18 dicembre 1997, e la sanzione è riducibile esclusivamente ai sensi dell’art.16, co.3, del D.Lgs. n.472 del 18 dicembre 1997. Detta norma ha introdotto una specifica sanzione per il comportamento antigiuridico consistente nella deduzione di costi o spese sostenuti in relazione a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati. Al tempo stesso, in attuazione del principio costituzionale della capacità contributiva, ha disposto che, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, i componenti positivi di reddito direttamente afferenti ai costi per operazioni inesistenti, anche se imputati a Conto economico e dichiarati dal contribuente, non sono considerati imponibili entro i limiti dell’ammontare dei correlati componenti negativi per operazioni inesistenti. La sanzione amministrativa introdotta va dal 25% al 50% dell’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi. A fronte di tale sanzione, si è tenuto conto dell’inesistenza dei ricavi o dei compensi dichiarati dal contribuente strettamente e direttamente correlati ai componenti negativi relativi a beni o servizi dallo stesso non effettivamente scambiati o prestati, che in sede di accertamento non devono essere considerati e, quindi, riducono per pari importo l’accertamento che si sarebbe determinato per effetto della indeducibilità dei costi. Va da sé che la non imponibilità è riconosciuta nei limiti dell’ammontare dei costi non ammessi in deduzione e quindi, l’eventuale differenza dei componenti positivi dovrà necessariamente continuare a considerarsi imponibile. Nell’ipotesi in cui non vi siano componenti positivi di reddito direttamente afferenti a componenti negativi relativi a operazioni inesistenti (si pensi al caso di consulenze fittizie per costituire fondi neri5), ovvero nel caso in cui questi ultimi siano di ammontare 5 Assonime n.25/12 pag.10. La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata La Circolare Tributaria 16 n.39 del 15 ottobre 2012
superiore ai correlati componenti positivi, l’indeducibilità dei suddetti componenti negativi, o della quota di questi ultimi eccedente i correlati componenti positivi, determina invece l’applicazione delle ordinarie sanzioni, quali quelle per infedele dichiarazione. L’efficacia deterrente della nuova sanzione specifica si deve alla peculiare previsione normativa per la quale in nessun caso alla sanzione in questione è consentito applicare le disposizioni relative agli istituti del concorso e della continuazione6. Ne consegue che la citata sanzione potrà essere unicamente ridotta ad un terzo di quella indicata nell’atto7. Va osservato che, per effetto della nuova norma, la sanzione in questione si rende applicabile anche in assenza di evasione di imposta (in tutti i casi in cui i componenti positivi di reddito siano almeno pari ai componenti negativi relativi a operazioni inesistenti cui sono direttamente afferenti, la nuova norma riconosce di fatto l’assenza di evasione di imposta) essendo commisurata ai soli componenti negativi. Tale peculiarità ha fatto parlare di “valenza quasi espropriativa”8 della stessa, particolarmente percepibile in caso di reati che si protraggono sulla base di una medesima determinazione (magari fondata su una, seppur sbagliata, interpretazione di una norma). Ai fini dell’Iva, in base ai principi generali è indetraibile l’imposta relativa alle fatture per operazioni inesistenti per l’acquirente/committente; di contro, per il venditore/prestatore resta dovuta per l’intero ammontare esposto in fattura, ai sensi dell’art.21, co.7, del DPR n.633/72. Diritto transitorio Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in luogo di quanto disposto dal co.4- bis dell’art.14 della L. n.537 del 24 dicembre 1993, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore degli stessi commi 1 e 2, ove più favorevoli, tenuto conto anche degli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute, salvo che i provvedimenti emessi in base al citato comma 4-bis previgente non si siano resi definitivi. Agli effetti del citato co.3, le disposizioni previste dai commi 1 e 2 si applicano, ove più favorevoli (tenuto conto anche delle imposte, o maggiori imposte dovute), anche in presenza di deduzioni di costi per beni e servizi utilizzati per il compimento di delitti non colposi. Trovano applicazione anche in presenza di operazioni oggettivamente inesistenti effettuate prima della data di entrata in vigore del D.L. (ovvero il 2 marzo 2012), a condizione che i provvedimenti emessi prima di tale data, in base alla previgente disciplina, non si siano resi definitivi, indipendentemente dalla data di notifica degli stessi. Considerazioni a margine Da tutto quanto precede, emerge, in qualche misura, una sensazione di indeterminatezza e non definitività del quadro normativo. Per essere più espliciti, il nuovo assetto normativo - che separa nettamente i “normali” costi da reato dai costi soggettivamente o oggettivamente inesistenti sulla base di un fondato ma sottile distinguo tra presupposto e oggetto del reato - calato nella varietà delle fattispecie anche più frequenti potrebbe far emergere come il principio di capacità contributiva che ha indotto ad una valorizzazione (in termini di minor accertamento dell’imposta evasa) di proventi riferibili a costi indeducibili, sterilizzandone quindi l’indeducibilità, potrebbe imporre tutto il suo peso costituzionale (almeno davanti ai giudici, sempre più orientati ad approcci sostanzialisti, 6 Ex art.12 del D.Lgs. n.472/97. 7 Ai sensi del co.3 dell’art.16 del D.Lgs. n.472/97. 8 Assonime n.25/12 pag.10. La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata La Circolare Tributaria 17 n.39 del 15 ottobre 2012
sulla scia del filone dottrinale dell’abuso del diritto) anche in altre situazioni. Come negare che anche in presenza di costi illeciti (non inesistenti) il mero disconoscimento dei costi senza il contestuale riconoscimento dell’irrilevanza reddituale dei correlati proventi (fino a concorrenza di importi) violerebbe esattamente allo stesso modo il principio di capacità contributiva? E fin dove vogliamo spingere tale principio? La spesa finalizzata alla corruzione di un pubblico ufficiale ai fini dell’aggiudicazione di un appalto pubblico non ha forse generato proventi, nella misura in cui l’appalto, come è verosimile, non sia stato in perdita? Anche in questo caso ci sentiremmo di dire che tassare l’utile di commessa senza dedurre il costo della tangente viola il principio di capacità contributiva? Come si vede iniziata la discesa (agli inferi) fermarsi non è così agevole. La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata La Circolare Tributaria 18 n.39 del 15 ottobre 2012
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