Credito di imposta per investimenti in attività di - R&S Ulteriori chiarimenti alla luce della Circolare Agenzia delle Entrate n. 5/E/2016
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Credito di imposta per investimenti in attività di R&S Ulteriori chiarimenti alla luce della Circolare Agenzia delle Entrate n. 5/E/2016 28 settembre 2016
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S “E che conosce l'invenzione prima ancora che sia inventata” (F. De Gregori) Sommario Premessa................................................................................................................................................................... 2 1. Soggetti beneficiari .............................................................................................................................. 3 2. La “R&S” agevolabile ......................................................................................................................... 9 3. I costi ammissibili: aspetti generali ............................................................................................14 4. Le spese di personale ......................................................................................................................16 5. Spese per strumenti e attrezzature di laboratorio ...............................................................25 6. Spese per contratti di ricerca “extra-muros” ..........................................................................28 7. Spese per “competenze tecniche e privative industriali” .................................................37 8. Spese per attività di certificazione contabile .........................................................................42 9. Determinazione dell‟agevolazione .............................................................................................44 10. Utilizzazione e rilevanza del credito di imposta ...................................................................49 11. Cumulo con altre agevolazioni .....................................................................................................51 12. Documentazione .................................................................................................................................56 1
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S Premessa Con la circolare n. 5/E del 16 marzo 2016, l’Agenzia delle Entrate ha dettato le istruzioni applicative del credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, di cui all’art. 3 del D.L. n. 145 del 2013 (come sostituito dal comma 35 dell’articolo 1 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190) e alle relative disposizioni di attuazione recate dal decreto interministeriale 27 maggio 2015. Della pubblicazione di tali istruzioni, abbiamo dato notizia nella comunicazione n. 19965 del 20 aprile di quest’anno (Area Politiche Fiscali “Novità fiscali - Marzo 2016”), fornendone anche un primo sintetico commento; riteniamo ora opportuno tornare sull’argomento, per un esame più approfondito della citata circolare. L’importante documento di prassi - è subito il caso di sottolineare - risulta improntato all’intento di dare piena efficacia ad una misura giudicata di grande rilievo strategico per la competitività delle imprese italiane e per i conseguenti effetti sulla ripresa economica e lo sviluppo. In tale prospettiva, oltre a fornire l’inquadramento sistematico e il coordinamento “sinergico” del nuovo incentivo con le altre misure agevolative riguardanti direttamente o indirettamente i medesimi investimenti, la circolare dell’Agenzia delle Entrate, la cui elaborazione, si ricorda, è stata condotta d’intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico, risolve molti dei dubbi interpretativi emersi in sede di prima applicazione della disciplina; consentendo così alle imprese di operare in un quadro di maggior certezza giuridica. Ciò premesso, a integrazione dell’ampia analisi della disciplina agevolativa da noi svolta nella precedente circolare n. 19936 del 29 gennaio di quest’anno, alla quale facciamo sin d’ora rinvio per tutto quanto non sarà di seguito trattato, intendiamo, in questa sede, richiamare l’attenzione sui passi più importanti della citata circolare n. 5/E, anche alla luce degli ulteriori chiarimenti contenuti nelle (successive) risoluzioni nn. 55/E del 19 luglio, 66/E del 3 agosto 2016 e 80/E del 23 settembre 2016, emanate in risposta a specifici interpelli in tema di spese di personale, cumulo di incentivi e definizione delle attività di ricerca e sviluppo. 2
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S 1. Soggetti beneficiari 1.1 - Con riferimento all‟individuazione dei soggetti destinatari della disciplina, la circolare dell‟Agenzia delle Entrate conferma, anzitutto, che l‟accesso al credito d‟imposta riguarda (potenzialmente) tutte le imprese, indipendentemente dalla natura giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalle dimensioni, dal regime contabile adottato e dalle modalità di determinazione del reddito ai fini fiscali, che effettuano investimenti nelle cc.dd. “attività ammissibili” e, cioè, nelle attività di “R&S” indicate dalla norma agevolativa. In coerenza con tale ampiezza dell‟ambito soggettivo di applicazione, che rispecchia il carattere di “misura generale” dell‟incentivo, la circolare dell‟Agenzia delle Entrate evidenzia, tra l‟altro, che il credito d‟imposta può riguardare anche le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di imprese non residenti per gli investimenti in “attività ammissibili” da esse effettuati; nonché, stante l‟assenza di espresse esclusioni, gli enti non commerciali, qualora anch‟essi, nell‟ambito dell‟attività commerciale eventualmente svolta, effettuino investimenti in attività ammissibili. Va sottolineata, inoltre, la menzione, tra i soggetti destinatari della disciplina, delle imprese agricole che determinano il reddito agrario ai sensi dell‟art. 32 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917); tale ultima precisazione è molto importante, poiché testimonia che, in linea di principio, i (diversi) criteri di determinazione del reddito d‟impresa rilevante agli effetti dell‟imposta personale, non interferiscono con il meccanismo applicativo e con la fruizione del credito d‟imposta, le cui vicende, per così dire, si svolgono su un piano di autonomia rispetto alle regole di tassazione applicabili e al sistema contabile adottato; fermo restando, naturalmente, per tutti i beneficiari, il rispetto degli obblighi di documentazione degli investimenti e la dimostrazione della effettività, nonché della pertinenza e congruità delle spese e la correttezza dei calcoli anche in relazione agli investimenti pregressi costituenti il dato storico di raffronto. Così, ad esempio, nulla esclude che la fruizione dell‟incentivo possa riguardare anche le imprese che per opzione determinino il reddito secondo le regole dettate dagli artt. 155 e ss. del TUIR (c.d. “tonnage tax”), sempre che, ovviamente, effettuino investimenti rientranti nelle attività di ricerca e sviluppo. Al riguardo, è appena il caso di rimarcare la diversa impostazione adottata sul punto dall‟Agenzia delle Entrate con riferimento al regime agevolativo denominato “Patent box”, varato, in contemporanea con l‟introduzione del credito d‟imposta, dall‟art. 1, commi da 37 a 45, della sopracitata legge n. 190 del 2014. Nella circolare AE n. 11/E del 7 aprile 2016 (paragrafo 3), infatti, nel definire l‟ambito soggettivo di applicazione di tale regime, che opera, si ricorda, proprio sul reddito prodotto o imputabile ai titoli di proprietà industriale e agli altri beni immateriali assimilati detenuti dall‟impresa, l‟Agenzia delle Entrate ha espressamente escluso “… quei soggetti, titolari di reddito d’impresa, che determinano il reddito con metodologie diverse da quella analitica (nuovo regime forfetario, tonnage tax, società agricole che esercitano l’opzione per determinare il reddito su base catastale ecc…)”. 3
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S 1.2 - Ciò ricordato sul piano generale, merita soffermare l‟attenzione sulle precisazioni svolte dall‟Agenzia delle Entrate con riferimento a due specifiche categorie di soggetti: i consorzi e le reti d’impresa. Per meglio inquadrare l‟argomento, è opportuno ricordare che il comma 2 dell‟originaria versione dell‟art. 3 del D.L. n. 145 del 2013 prevedeva espressamente che tra i destinatari del credito d‟imposta dovevano ricomprendersi “… anche i consorzi e le reti d’impresa che effettuano le attività di ricerca, sviluppo e innovazione …” ; stabilendo, inoltre, che in questi casi l‟agevolazione fosse “… ripartita secondo criteri proporzionali …” in ragione “… della partecipazione di ciascuna impresa alle spese sostenute”. Al riguardo, nella nostra citata circolare n. 19936 del 29 gennaio di quest‟anno (cfr. par. 2.2), avevamo avuto modo di osservare che l‟intento perseguito dal legislatore con le trascritte disposizioni era presumibilmente quello di favorire - o comunque di non penalizzare - agli effetti dell‟incentivo l‟aggregazione e la condivisione, soprattutto da parte di piccole e medie imprese, di programmi e progetti comuni di investimento in attività di ricerca e sviluppo. In tal senso, individuando come soggetti destinatari dell‟agevolazione “… i consorzi e le reti d’impresa che effettuano le attività …”, veniva implicitamente consentito che, ai fini del raggiungimento della soglia minima di investimenti richiesti (fissata in origine a 50.000 euro su base annua), potesse assumersi l‟importo cumulato degli investimenti realizzati tramite il consorzio o la rete d‟impresa; ferma restando poi l‟attribuzione del credito d‟imposta (calcolato e) maturato in capo al consorzio o alla rete d‟impresa alle singole imprese partecipanti – e, cioè ai soggetti investitori effettivi - in proporzione alla quota di investimenti da ciascuna di esse sostenuta. In coerenza con tali finalità, peraltro, si sarebbe potuto ritenere del tutto irrilevante che il consorzio ovvero la rete d‟impresa fosse qualificabile come ente commerciale o come ente non commerciale ai fini fiscali; mentre, con specifico riferimento alle reti d‟impresa, sarebbe stato del tutto logico riferire la portata delle regole suddette, non tanto o non solo alle “reti-soggetto”, ma soprattutto alle “reti contratto”. Com‟è noto, la nuova versione dell‟art. 3 del D.L. n. 145 del 2013 in esame non reca più traccia di specifiche disposizioni dirette ai soggetti in questione e analogo silenzio sul punto si è registrato nel decreto interministeriale del 27 maggio 2015. Nella richiamata circolare n. 19936, avevamo, dunque, posto il problema se la mancata riproposizione delle specifiche regole derivasse da una diversa (e contraria) scelta operata in materia dalla Legge di Stabilità 2015, ovvero fosse il frutto di una mera “dimenticanza” del redattore del nuovo testo della norma agevolativa. La circolare dell‟Agenzia delle Entrate è intervenuta sul punto, precisando anzitutto che “… nel novero delle imprese beneficiarie sono ricompresi i consorzi e le reti d’impresa, anche se il novellato art. 3 non ripropone la previsione secondo la quale “sono destinatari del credito d’imposta … anche i consorzi e le reti d’impresa che effettuano l’attività di ricerca, sviluppo e innovazione” e ricordando poi che “… i consorzi e le “reti-soggetto” ai fini delle imposte sui redditi, figurano tra gli enti commerciali oppure tra quelli non commerciali, ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettere b) e c) del TUIR”. Sulla portata di tali affermazioni è opportuno svolgere alcune considerazioni. Sembrerebbe da escludersi che l‟Agenzia delle Entrate abbia inteso, per così dire, “ripristinare” in via interpretativa le disposizioni contenute nella precedente versione della norma e le (sopra descritte) finalità sostanziali ad esse (implicitamente) sottese; in tal 4
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S senso, anche a prescindere da ogni altra considerazione, deporrebbe l‟assenza nella circolare di specifiche istruzioni che indichino come “adattare” il meccanismo applicativo dell‟agevolazione in tali particolari fattispecie (ad esempio, per il calcolo della media storica e della soglia minima d‟investimenti richiesti) nonché, indirettamente, le ulteriori precisazioni che lo stesso paragrafo 2.1 dedica all‟applicazione del meccanismo agevolativo da parte delle c. d. “reti-contratto” (su cui torneremo tra breve). Comunque, pur auspicando sul punto l‟intervento di ulteriori chiarimenti da parte dei competenti organi, riterremmo che la tematica in parola andrebbe affrontata separando il caso dei consorzi da quello delle reti d‟impresa. Per quanto riguarda i consorzi, tenendo presente che solitamente essi operano con il meccanismo del “ribaltamento” dei costi sostenuti sulle singole imprese partecipanti al contratto (anche nel caso in cui l‟accordo abbia rilevanza esterna) e che, dunque, è sulle singole imprese che grava il rischio dell‟investimento, sembrerebbe logico ritenere che in assenza di un‟espressa deroga normativa non sia possibile considerare il consorzio come diretto destinatario del meccanismo agevolativo, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero per la verifica del raggiungimento della soglia minima di investimenti e del superamento della media storica. Peraltro, appare importante osservare, lo schema contrattuale del “consorzio a ribaltamento costi” non sembrerebbe dissimile sul piano sostanziale dal c.d. “cost sharing arrangement” e, cioè, dallo schema contrattuale comunemente adottato a livello internazionale per la ripartizione dei costi e dei rischi di un‟attività di “R&S” tra imprese appartenenti allo stesso gruppo, in relazione al quale, non sembra dubbio che il meccanismo agevolativo debba operare separatamente sulle singole imprese partecipanti in ragione della quota di costi da ciascuna rispettivamente sostenuta (attraverso il “ribaltamento” operato dall‟ente). In tale prospettiva, pertanto, si potrebbe ipotizzare che la menzione dei consorzi tra i soggetti destinatari dell‟agevolazione, operata dalla circolare in rassegna, sia riferibile al caso, del tutto teorico, in cui un consorzio, che assuma pur sempre veste di impresa ai fini fiscali, effettui esso stesso investimenti in attività di ricerca e sviluppo sopportandone il rischio e acquisendone i benefici. Nella fattispecie ordinariamente verificabile, invece, in cui il rischio dell‟investimento rimane sull‟impresa partecipante e il consorzio è solo lo strumento attraverso il quale vengono effettuate (in comune) le attività di ricerca e sviluppo, l‟applicazione del meccanismo agevolativo dovrebbe riguardare direttamente (e separatamente) ciascuna di tali imprese, in relazione alla quota di costi su esse ribaltata. Con riferimento alle reti d’impresa, occorre partire dalle precisazioni che la circolare dell‟Agenzia delle Entrate dedica all‟ipotesi in cui tale fattispecie si configuri come “rete- contratto”. In proposito, viene ricordato che “… l’adesione al contratto di rete non comporta l’attribuzione di soggettività tributaria alla rete risultante dal contratto stesso, per cui gli atti posti in essere in esecuzione del programma di rete producono i loro effetti direttamente nelle sfere giuridico-soggettive dei partecipanti alla rete”; pertanto, ai fini fiscali, tale diretta imputazione “si traduce nell’obbligo di fatturare da parte di queste ultime e a queste ultime, rispettivamente, le operazioni attive e passive poste in essere dall’organo comune”. Questa struttura della fattispecie si riflette anche sull‟applicazione della disciplina agevolativa; infatti, precisa la circolare, così come ai fini del reddito di impresa “… i costi ed i ricavi derivanti dalla partecipazione ad un contratto di rete sono deducibili o imponibili per i singoli partecipanti”, così anche “… in relazione ai costi 5
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S relativi alle attività di ricerca e sviluppo eleggibili, fatturati o ribaltati alle singole imprese, queste ultime hanno diritto al credito di imposta in commento”. Dunque, in altri termini, le imprese aderenti al contratto di rete applicheranno in modo autonomo il meccanismo di calcolo del credito d‟imposta avendo riguardo ai costi (investimenti) sostenuti in esecuzione del programma comune di rete e ad esse direttamente imputati (o eventualmente “ribaltati”, nel caso di atti di investimento posti in essere, operando senza rappresentanza, da un‟impresa della rete o dalla c.d. impresa capofila). Con riferimento, invece, alle “reti soggetto”, e cioè al caso in cui, ai sensi dell‟art. 3, commi 4-ter e 4-quater, del D.L. n. 5 del 2009 (e successive modificazioni), una rete dotata di fondo patrimoniale comune eserciti la facoltà di acquisire la soggettività giuridica, iscrivendo il contratto nella sezione ordinaria del registro delle imprese, la circolare dell‟Agenzia delle Entrate si limita unicamente a ricordare che, a seconda dei casi (tipo di attività svolta), le “reti-soggetto” possono collocarsi ai fini fiscali tra gli enti commerciali oppure tra gli enti non commerciali, ma non reca ulteriori e specifiche indicazioni sull‟applicazione del meccanismo agevolativo in questa diversa fattispecie. Se ne desume che, al contrario di quanto specificato per le “reti-contratto”, nel caso delle “reti-soggetto”, destinataria diretta del meccanismo agevolativo e beneficiaria del credito d‟imposta sia proprio e unicamente la rete medesima. Impostazione questa che, a ben guardare, appare coerente anche con la diversa configurazione che assumerebbero in tal caso i rapporti tra le imprese partecipanti e la “rete”. Ed invero, come chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrate nella circolare n. 20/E del 18 giugno 2013, proprio in sede di commento della relativa disciplina, le imprese che costituiscono una “rete-soggetto” “… non s’impegnano a realizzare direttamente gli investimenti previsti dal programma comune, mediante la destinazione ideale al fondo patrimoniale di una quota di utili ma, sottoscrivendo il contratto, si impegnano ad effettuare dei conferimenti in un soggetto distinto cui compete l’effettiva realizzazione degli investimenti previsti dal programma di rete”; investimenti il cui rischio e la cui titolarità sarebbero, dunque, imputabili alla stessa “rete-soggetto” anche agli effetti della disciplina del credito d‟imposta. 1.3 - Sempre in tema di definizione dell‟ambito soggettivo, va poi richiamata l‟attenzione sull‟affermazione contenuta nella circolare dell‟Agenzia, secondo cui devono ritenersi escluse dall‟applicazione del beneficio le imprese sottoposte a procedure concorsuali “… non finalizzate alla continuazione dell’esercizio dell’attività economica (così come avviene tipicamente nel caso di fallimento e liquidazione coatta amministrativa)…”. Tale precisazione, si osserva, appare coerente con la soluzione adottata dall‟Agenzia delle Entrate anche in relazione ad altre misure agevolative (si veda, ad esempio, l‟analoga esclusione sancita per il credito d‟imposta agli investimenti in beni strumentali di cui all‟art. 18 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91). Dalla stessa precisazione, peraltro, si desume, a contrariis la compatibilità (potenziale) del credito d‟imposta nel caso in cui le stesse procedure concorsuali siano (in tutto o in parte) finalizzate alla prosecuzione dell‟attività economica: sempre che, beninteso, la prosecuzione dell‟esercizio d‟impresa contempli anche l‟effettuazione di investimenti in attività di ricerca e sviluppo. Ma, soprattutto, le affermazioni della circolare confermano implicitamente, ove ve ne fosse bisogno, che nessuna esclusione dal beneficio può applicarsi per i soggetti che in base alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato sarebbero qualificabili come “imprese in difficoltà”; ciò nell‟evidente presupposto che - 6
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S come da noi già osservato nella citata circolare n. 19936 - una tale configurazione non può assumere rilievo nell‟ambito di una misura generale. 1.4 - L‟ultima precisazione in tema di soggetti beneficiari è quella che riguarda le imprese di nuova costituzione. Al riguardo, muovendo dalla circostanza che la norma agevolativa “… non pone alcuna condizione riguardante la data di inizio dell’attività dell’impresa…”, l‟Agenzia delle Entrate, confermando quanto già emergeva dalla relazione di accompagnamento del citato decreto attuativo, ricorda che possono “… beneficiare dell’agevolazione anche le imprese che intraprendono l’attività a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.” Tale precisazione va, però, integrata con le affermazioni contenute nel successivo paragrafo 3.1.2 della circolare in rassegna, specificamente dedicato agli “Investimenti realizzati da imprese di recente o nuova costituzione”. In tale paragrafo, dopo aver ribadito che l‟incentivo si applica “… anche ai soggetti che intraprendono l’attività durante il periodo di vigenza della misura agevolativa …” e che tali soggetti “… determineranno il credito di imposta avendo riguardo al valore complessivo degli investimenti realizzati in ciascun periodo d’imposta per il quale intendono fruire dell’agevolazione …” (con il vantaggio, quindi, di non dover superare un dato storico di raffronto, fermo restando il volume minimo dei 30.000 euro), l‟Agenzia delle Entrate precisa che: “… agli effetti della corretta applicazione dell’agevolazione, devono considerarsi neo costituiti i soggetti in capo ai quali si verifichi l’effettivo avvio di una nuova attività imprenditoriale piuttosto che la continuazione di una vecchia attività in capo ad “nuovo” soggetto. Resta fermo il potere dell’Amministrazione di effettuare un sindacato “anti abuso” nel caso di imprese costituite durante il periodo di vigenza dell’agevolazione a seguito di operazioni di riorganizzazione aziendale”. Sul significato e sulla portata di tali trascritte affermazioni merita svolgere alcune considerazioni. Anzitutto, sembrerebbe logico ritenere che le due affermazioni siano tra di loro strettamente correlate e che la fattispecie (potenzialmente) elusiva ipotizzata dall‟Agenzia delle Entrate possa realizzarsi essenzialmente, se non esclusivamente, nell‟ambito dei gruppi societari o comunque come effetto di operazioni condotte tra “parti correlate”. In secondo luogo, muovendo dalla constatazione che il vantaggio (potenzialmente) elusivo perseguito con siffatte operazioni sarebbe quello di consentire - attraverso il virtuale azzeramento della media storica - la fruizione del credito d‟imposta per un importo superiore a quello che sarebbe spettato sui medesimi investimenti in assenza dell‟operazione di riorganizzazione, è giocoforza ritenere che le operazioni di riorganizzazione che assumerebbero (potenziale) rilievo ai fini in questione sarebbero quelle in cui, alla nascita di una nuova società nel quinquennio 2015-2019 non si abbini, come effetto naturale, la successione nelle posizioni soggettive (tributarie) del soggetto preesistente o dante causa, tra le quali, per ciò che qui rileva, quella concernente la media degli investimenti del triennio 2012-2014. Conseguentemente, vanno escluse sia le operazioni di fusione, sia le operazioni di scissione; per entrambi tali tipi di operazioni, infatti, si verificherebbe comunque il subentro da parte della c.d. “società ricevente” nella posizione soggettiva della società “conferente” anche in relazione alla media storica degli investimenti pregressi in ricerca e sviluppo (a prescindere in questa sede dagli specifici criteri applicabili per il calcolo della media storica nel caso delle operazioni di scissione, 7
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S sui quali torneremo più avanti). Assumono rilievo, invece, i conferimenti aziendali; in questo caso, infatti, in base alla disciplina fiscale ordinaria non si verificherebbe analogo subentro da parte della società conferitaria nei dati della media storica del soggetto conferente e ciò ancorché (come per fusioni e scissioni) l‟operazione sia fiscalmente neutrale e si svolga, quindi, in regime di continuità dei valori riconosciuti degli elementi dell‟azienda ricevuta. In relazione ad un‟operazione di conferimento di azienda o di ramo aziendale in una società neo-costituita nel corso del quinquennio 2015-2019, dunque, la regola interpretativa affermata dall‟Agenzia delle Entrate, opererebbe, in via di principio, nel senso che alla società conferitaria dovrebbe essere attribuita virtualmente la stessa media storica che avrebbe “gravato” sul soggetto conferente se non ci fosse stata l‟operazione di riorganizzazione. Peraltro, si è visto che secondo la circolare dell‟Agenzia delle Entrate la fattispecie (potenzialmente) elusiva si configurerebbe, testualmente, solo nell‟ipotesi in cui un soggetto neo-costituito non avvii effettivamente “una nuova attività imprenditoriale”, limitandosi alla “continuazione di una vecchia attività”; sembrerebbe, quindi, ragionevole ritenere che ove l‟attività svolta dal soggetto neo-costituito presenti elementi (da verificare in fatto) di discontinuità o di cambiamento rispetto a quella svolta in precedenza dal soggetto conferente, l‟eventuale “continuazione” meramente transitoria dell‟attività precedente, alla quale afferivano gli investimenti in ricerca e sviluppo effettuati dal soggetto conferente, non dovrebbe assumere rilievo ai fini in questione. Si tratta, com‟è evidente, di aspetti alquanto delicati che meriterebbero di essere ulteriormente approfonditi anche alla luce dell‟evoluzione (e del riordino) che ha subito la disciplina in materia di abuso del diritto (ed elusione fiscale) per opera del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128. In questa più ampia prospettiva, però, parrebbe coerente ritenere che la circostanza che da un‟operazione di riorganizzazione aziendale infra-gruppo possano scaturire (anche o solo) dei vantaggi in termini di maggior credito d‟imposta fruibile non dovrebbe assumere rilevanza autonoma, ma andrebbe valutata pur sempre all‟interno del giudizio complessivo, in punto di “abuso del diritto”, che sull‟intera operazione di riorganizzazione aziendale l‟Amministrazione sarebbe eventualmente chiamata a dare, in sede di accertamento, ai sensi del nuovo art. 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, introdotto in sostituzione dell‟art. 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 dal richiamato D.Lgs. n. 128 del 2015. Inoltre, ponendosi ora nell‟ottica della disciplina “anti abuso”, non potrebbe escludersi che l‟eventuale sindacato dell‟Amministrazione finanziaria possa manifestarsi anche su operazioni attuate con schemi e strumenti diversi rispetto al conferimento di azienda (o di ramo aziendale) in una società neo-costituita; si pensi, ad esempio, al caso in cui il conferimento sia effettuato in società pre-esistenti ma prive di media storica oppure al caso in cui l‟azienda sia trasferita all‟interno di un gruppo con un negozio di cessione o di affitto di azienda. A nostro avviso, però, dovrebbe risultare chiaro che in relazione agli specifici profili che qui occupano deve escludersi che possano assumere rilevanza non solo le operazioni di riorganizzazione infra-gruppo conclusesi prima dell‟entrata in vigore della disciplina agevolativa (2014 e anni precedenti), ma anche le operazioni già avviate in precedenza e concluse nel corso del 2015. 8
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S 2. La “R&S” agevolabile 2.1 – Con riguardo all‟individuazione delle attività di ricerca e sviluppo rientranti nella nozione di investimento agevolabile e, cioè, delle cc.dd. “attività ammissibili”, va subito evidenziata l‟importante precisazione contenuta nel paragrafo 2.1 della circolare in commento, secondo cui l‟elencazione delle “attività ammissibili” condotta dalla norme agevolative (commi 4 e 5 dell‟art. 3 del D.L. n. 145 del 2013, così come integrati dall‟art. 2 del decreto interministeriale) “… ricalca sostanzialmente le “Definizioni” recate dal paragrafo 1.3, punto 15, della vigente “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione” di cui alla Comunicazione della Commissione (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014…relative, rispettivamente, alla “ricerca fondamentale” (lettera m), alla “ricerca industriale” (lettera q) e allo “sviluppo sperimentale” (lettera j)”. Risulta così pienamente confermato quanto da noi osservato nella richiamata circolare n. 19936 del 29 gennaio c. a., nella quale avevamo evidenziato come, pur in assenza di un espresso rinvio alla suddetta Comunicazione 2014/C 198/01, la corrispondenza testuale delle definizioni contenute nella norma agevolativa interna con quelle contenute nella richiamata disciplina comunitaria assumesse significato non solo sul piano formale o redazionale, ma anche su quello sostanziale; con il conseguente implicito recepimento (anche) dei criteri elaborati in ambito comunitario per la corretta interpretazione e applicazione delle definizioni adottate. Ed è in tale delineata prospettiva che vanno inquadrate alcune ulteriori affermazioni contenute nella circolare di Agenzia, che di seguito segnaliamo. 2.2 - Anzitutto, la circolare ha cura di precisare che “… le attività di ricerca e sviluppo, che devono ricadere nell’elencazione contenuta nelle menzionate disposizioni, possono essere svolte anche in ambiti diversi da quelli scientifico e tecnologico (ad esempio, in ambito storico o sociologico) atteso che, in linea generale, le attività di ricerca e sviluppo sono volte all’acquisizione di nuove conoscenze, all’accrescimento di quelle esistenti e all’utilizzo di tali conoscenze per nuove applicazioni”. La riportata precisazione intende risolvere un dubbio che poteva scaturire da una non perfetta coincidenza della definizione di “sviluppo sperimentale” contenuta nella norma agevolativa rispetto alla corrispondente definizione comunitaria. Come abbiamo avuto modo di rilevare nella nostra circolare n. 19936, invero, mentre la lett. j) del paragrafo 1.3 della citata Comunicazione 2014/C 198/01 opera riferimento alle “… conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e di altro tipo …”, la norma agevolativa opera, invece, riferimento alle “… conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale …” , non riproducendo, quindi, il riferimento alle conoscenze e capacità di altro tipo. Avevamo, pertanto, chiesto all‟Agenzia delle Entrate di chiarire se tale divergenza derivasse da un mero difetto di coordinamento formale ovvero fosse il frutto di una precisa scelta limitativa operata dal legislatore tesa ad escludere dalle attività di ricerca e sviluppo rilevanti ai fini agevolativi quelle svolte in ambiti diversi da quello tecnologico, scientifico e commerciale. Molto opportunamente, la circolare in commento elimina ogni dubbio in proposito, chiarendo, come si è prima sottolineato, che le attività di ricerca e sviluppo agevolabili possono essere svolte anche “… in ambiti diversi da quelli scientifico e tecnologico”. 9
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S 2.3 - Sempre sul piano delle definizioni delle “attività ammissibili”, la circolare dell‟Agenzia sottolinea, poi, le due “correzioni” apportate dal decreto interministeriale 27 maggio 2015 al testo della norma primaria. Il primo di tali interventi, in particolare, ha riguardato la definizione di “ricerca fondamentale”, che la lett. a) del comma 4 dell‟art. 3 del D.L. n. 145 del 2013 descrive come l‟insieme di “lavori” svolti dall‟impresa con la principale finalità di acquisire nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili “… senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette”. Nella formula adottata dalla lett. a) del comma 1 dell‟art. 2 del decreto interministeriale, invece, la locuzione “… senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette” è sostituita con quella “… senza che siano previste applicazioni o usi commerciali diretti”. Come abbiamo avuto modo di evidenziare nella richiamata circolare n. 19936, la definizione adottata nella norma primaria risultava corrispondente alla formula adottata per definizione di “ricerca fondamentale” nella Comunicazione 2006/C 323/01 e, cioè, nella previgente disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato alla “R&S”; mentre, la definizione adottata dal decreto interministeriale, sostituendo il riferimento alle utilizzazioni pratiche il riferimento agli usi commerciali, è più aderente alla formula contenuta nella richiamata “Comunicazione 2014/C 198/01. Nel merito, la circolare dell‟Agenzia sottolinea che il decreto attuativo “… ha espressamente previsto che non devono essere previsti “usi commerciali diretti” dei lavori e delle sperimentazioni riconducibili alla ricerca fondamentale”; ciò, si osserva, in piena coerenza con il fatto che la “destinazione commerciale” dei lavori della ricerca fondamentale ne determinerebbe automaticamente l‟esclusione dall‟ambito delle attività agevolabili. La seconda “correzione” apportata dal decreto interministeriale richiamata dall‟Agenzia delle Entrate riguarda l‟inserimento nell‟ambito delle attività rientranti nella nozione di “sviluppo sperimentale” degli “studi di fattibilità”. Tale modifica, va osservato, risponde all‟esigenza opportunamente avvertita di chiarire che, in coerenza con le finalità della disciplina agevolativa, tesa fondamentalmente ad incentivare gli investimenti delle imprese in “R&S” e, quindi, a rimuovere gli ostacoli che spesso scoraggiano le imprese dall‟affrontare i rischi legati a tali investimenti, tra le “attività ammissibili” rientrano anche quelle con le quali l‟impresa valuta e analizza le potenzialità di un progetto di ricerca e sviluppo al fine di assumere le opportune decisioni. La circostanza che l‟integrazione in questione sia stata formalmente aggiunta all‟elenco di attività ricomprese nella definizione di “sviluppo sperimentale”, tuttavia, poteva far sorgere il dubbio che dovessero considerarsi rilevanti solo gli “studi di fattibilità” aventi ad oggetto la fase dello “sviluppo sperimentale” e non anche gli “studi di fattibilità” riguardanti le fasi della “ricerca fondamentale” o della “ricerca industriale”. Il dubbio è stato opportunamente risolto dalla circolare dell‟Agenzia, nella quale è stato chiarito che “… la collocazione degli studi di fattibilità nell’ambito della definizione di sviluppo sperimentale non esclude che tale attività sia agevolabile se svolta nelle fasi della ricerca fondamentale e della ricerca industriale”. Ciò precisato, ribadiamo comunque che, in coerenza con le finalità della disciplina agevolativa, la fattispecie degli “studi di fattibilità”, la cui inclusione nel novero delle attività ammissibili è stata esplicitata in sede di decreto attuativo, costituisce una 10
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S fattispecie autonoma, nel senso che il costo dello studio resterebbe rilevante ai fini dell‟agevolazione anche nel caso in cui dalla valutazione e dall‟analisi delle potenzialità di un progetto emergessero indicazioni negative o comunque tali da indurre l‟impresa a non intraprendere l‟attività di ricerca e sviluppo in quanto non ritenuta di successo oppure ancora a non intraprendere tali attività pur mancanza di risorse sufficienti. 2.4 - Sempre in tema di delimitazione dell‟ambito oggettivo della disciplina, particolarmente rilevanti, inoltre, appaiono le affermazioni svolte dall‟Agenzia delle Entrate in relazione alla portata della disposizione recata dal comma 4 dell‟art. 2 del citato decreto (esattamente corrispondente al comma 5 della norma primaria). Com‟è noto, tale disposizione definisce in negativo le “attività ammissibili”, escludendo espressamente dall‟ambito oggettivo della disciplina “… le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentano miglioramenti”. Al riguardo, la circolare di Agenzia precisa che devono ritenersi, pertanto, escluse dal perimetro dell‟agevolazione le modifiche non significative di prodotti e di processi, aggiungendo, a titolo esemplificativo, che tali sono da considerarsi “… le modifiche stagionali, le modifiche di design di un prodotto, la mera sostituzione di un bene strumentale, i miglioramenti, qualitativi o quantitativi derivanti dall’utilizzo di sistemi di produzione che sono molto simili a quelli usati …”. Sono, invece, da considerarsi agevolabili, prosegue la circolare, le modifiche di processo o di prodotto che apportano cambiamenti o miglioramenti significativi delle linee e/o delle tecniche di produzione o dei prodotti “… quali, ad esempio, la sperimentazione di una nuova linea produttiva, la modifica delle caratteristiche tecniche e funzionali di un prodotto …”. Al riguardo, nella nostra richiamata circolare n.19936, avevamo avuto modo di osservare che, in coerenza con la definizione stessa di “sviluppo sperimentale”, per modifiche o miglioramenti significativi si dovrebbero intendere, in linea di principio, proprio quelle modifiche o miglioramenti apportati ai prodotti e ai processi esistenti in esito e come risultato di ulteriori attività di “R&S” e in grado di incidere in modo significativo, ad esempio, sulle caratteristiche tecniche e funzionali di un prodotto (semplificazione della struttura, miglioramento delle prestazioni o della facilità di impiego o delle condizioni di sicurezza nell‟uso …) o di un processo produttivo (in questo caso, i miglioramenti potrebbero essere comprovati anche, ad esempio, dalla riduzione dei costi del processo produttivo o dalle sue condizioni di sicurezza, etc.). Ciò posto, non può però escludersi che, in alcuni casi, la verifica del grado di significatività delle innovazioni apportate e, cioè, del grado di arricchimento della tecnica nello specifico settore, pur chiara dal punto di vista concettuale o dei principi, potrebbe presentare in concreto delle incertezze e lasciare, quindi, l‟impresa nel dubbio che l‟attività svolta rientri o meno tra quelle ammissibili al credito d‟imposta. In tale delineata prospettiva, che può riguardare non solo la distinzione, nell‟ambito dello “sviluppo sperimentale”, tra miglioramenti significativi e miglioramenti non significativi, ma anche altre fattispecie problematiche ai fini della corretta individuazione dell‟ambito oggettivo dell‟agevolazione, particolarmente importanti appaiono le ulteriori precisazioni svolte sul punto nella circolare in commento. Chiarisce, in particolare, l‟Agenzia delle Entrate che, “… fermo restando il carattere automatico …” del credito d‟imposta, “… ulteriori indagini riguardanti la effettiva 11
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S riconducibilità di specifiche attività aziendali (ad esempio, lo sviluppo di una data molecola da parte di un’azienda del settore chimico-farmaceutico) ad una delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili, elencate analiticamente dalle norme richiamate, comportando accertamenti di natura tecnica che involgono la competenza del Ministero dello Sviluppo economico”. Pertanto, prosegue la circolare, i soggetti interessati “… possono presentare, ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, un’istanza di interpello all’Agenzia delle entrate che provvederà ad acquisire il parere del citato Ministero”. Al riguardo, è opportuno ricordare che tale forma di collaborazione tecnica da parte del MiSE trova già specifico fondamento nella stessa disciplina agevolativa; com‟è noto, infatti, l‟art. 8 del richiamato decreto interministeriale attuativo stabilisce al comma 2 che qualora “… nell’ambito delle attività di verifica e di controllo effettuate dall’Agenzia delle entrate, si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, la predetta Agenzia può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere”. La circolare in rassegna, pertanto, nel ribadire la competenza del suddetto Ministero per le questioni che involgano accertamenti di natura tecnica, introduce anche per l‟impresa la possibilità di interpellare “indirettamente” tale organo, vale a dire per il tramite dell‟Agenzia delle Entrate. Come sottolineato dalla stessa circolare, però, la possibilità per l‟impresa di richiedere il parere tecnico del MiSE anche in via preventiva (e cioè anche prima dell‟effettuazione degli investimenti) non muta la natura di incentivo automatico del credito d‟imposta. L‟istanza eventualmente presentata dall‟impresa, infatti, non si configura come una vera e propria istanza di ammissione al beneficio, avendo piuttosto la funzione di porre in una condizione di maggiore certezza sia i soggetti che intendano programmare nuovi investimenti e sia quelli che, avendo già intrapreso il programma di investimenti, intendano ottenere chiarimenti sulla corretta applicazione della disciplina agevolativa, al fine di evitare fruizioni indebite dell‟incentivo. Ciò posto, occorre osservare che ancorché attinente a indagini tecniche di competenza del MiSE, l‟istanza con la quale l‟impresa può chiedere il giudizio sulla riconducibilità di determinate attività nell‟ambito di quelle ammissibili verrebbe pur sempre presentata ai sensi dell‟art. 11 della Legge n. 212 del 2000 (c.d. “Statuto del contribuente”). C‟è, dunque, da chiedersi se la stessa debba essere considerata alla stregua di un‟istanza di interpello vero e proprio: c.d. “interpello ordinario”, con tutto ciò che ne conseguirebbe sul piano della procedura, dei termini per la risposta e degli effetti della risposta (ovvero della mancata risposta). Sul punto è opportuno richiamare i chiarimenti forniti dall‟Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, in sede di “Commento alle novità del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156 recante revisione della disciplina degli interpelli”. In tale documento, è stato precisato che non costituiscono ipotesi di “interpello ordinario” - neanche del tipo c.d. “qualificatorio” - le istanze caratterizzate “… dalla necessità di espletare attività istituzionalmente di competenza di altre amministrazioni, enti o altri soggetti che presuppongono specifiche competenze tecniche non di carattere fiscale (c. d. accertamenti di tipo tecnico)”; tra le quali, viene specificato, rientrano, ad esempio, proprio le istanze riferite “… alla possibilità di qualificare una determinata attività di ricerca e sviluppo come agevolabile ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145…”. 12
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S In questi casi (e nei casi analoghi), chiarisce ancora la circolare n. 9/E, “… posto che il contribuente non può presentare un’istanza di interpello qualificatorio volto ad ottenere un parere in ordine a questioni chiaramente non di competenza dell’Agenzia delle entrate […] lo stesso potrà comunque ottenere una risposta in relazione alla spettanza del credito d’imposta, in linea di principio, allegando all’istanza di interpello il parere del competente organo […] in ordine all’inquadramento tecnico-giuridico dell’attività espletata”. La stessa circolare prosegue però precisando che, in presenza di “… disposizioni di rilevanza multidisciplinare (come accade ad esempio per molte disposizioni agevolative), nell’ambito delle ordinarie relazioni istituzionali tra l’Agenzia delle entrate e le altre Amministrazioni dello Stato (o soggetti diversi istituzionalmente interessati), potranno essere raggiunti specifici accordi alla luce dei quali, in caso di presentazione di un’istanza di interpello che presupponga un accertamento tecnico nel senso sopra illustrato, sarà l’Agenzia ad attivarsi per ottenere il parere, sgravando in tal modo il contribuente dal relativo onere”; accordo che, come sottolineato nel seguito della circolare n. 9/E, è stato raggiunto ed è “… operante in relazione alle istanze di interpello aventi ad oggetto il credito d’imposta per la ricerca e sviluppo …” e di cui, appunto, le precisazioni contenute nella circolare n. 5/E in commento costituiscono conferma. Sulla scorta di tali precisazioni, quindi, sembrerebbe potersi ritenere che l‟istanza in questione, ancorché, per stessa ammissione dell‟Agenzia delle Entrate, non costituisca interpello di tipo “qualificatorio”, rientri tuttavia pur sempre nell‟alveo della disciplina generale dell‟istituto dell‟interpello ex art 11 del citato Statuto del contribuente, con tutto ciò che ne consegue sul piano dei termini di risposta, degli effetti che la stessa produrrebbe e anche dell‟eventuale ipotetica formazione del silenzio-assenso. La questione, tuttavia, appare implicitamente risolta dall‟emanazione della recentissima risoluzione n. 80 del 23 settembre scorso1, in cui l‟Agenzia delle Entrate, rispondendo ad un interpello con il quale un‟impresa operante nell‟ambito dei servizi di formazione aveva chiesto se potessero rientrare nell‟ambito agevolativo talune attività di ricerca e sviluppo svolte per la creazione di corsi con forte contenuto innovativo, ha acquisito il parere del MiSE (nella fattispecie negativo) e lo ha trasfuso in una risposta ufficiale formalmente riferita “all’interpretazione dell’art. 3 del DL n. 145 del 2013”; lasciando intendere, pertanto, che anche gli interpelli in materia di qualificazione delle attività di ricerca e sviluppo, ai fini della loro ammissibilità al credito di imposta, rientrano a tutti gli effetti nella ordinaria procedura di interpello. Ciò considerato, occorre osservare che il richiamato art. 8 del decreto interministeriale, nel prevedere che l‟Agenzia delle Entrate, in occasione delle attività di verifica e controllo sulla corretta fruizione del credito d‟imposta, possa a sua volta ricorrere al parere consultivo del Ministero dello Sviluppo Economico, ricolleghi tale procedura alla circostanza che in sede di accertamento “… si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico” non solo “… in ordine all’ammissibilità di specifiche attività”, ma anche in ordine “alla pertinenza e congruità dei costi” sostenuti dall‟impresa. 1 Sul cui contenuto ci riserviamo di tornare con un apposito documento di approfondimento. 13
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S Come si è visto, invece, la circolare in commento circoscrive la possibilità riconosciuta alle imprese di interpellare il suddetto Ministero (per il tramite di Agenzia) al caso in cui le incertezze riguardino l‟individuazione delle attività ammissibili; nulla prevedendo per il caso in cui un‟impresa intenda eventualmente procedere ad acquisire il parere tecnico del MiSE anche in relazione a incertezze che non vertano sull‟individuazione delle attività ammissibili, ma sulla individuazione dei costi ammissibili e più in particolare sulla loro corretta classificazione e sui profili concernenti la pertinenza o congruità degli stessi. A nostro avviso, ragioni di ordine logico e sostanziale indurrebbero a ritenere che le questioni sulle quali l‟impresa potrebbe richiedere, per il tramite di Agenzia, il parere tecnico del MiSE siano le stesse sulle quali tale richiesta potrebbe essere eventualmente esperita dall‟Agenzia delle Entrate in sede di accertamento. Il punto, tuttavia, meriterebbe di essere chiarito dai competenti organi. 3. I costi ammissibili: aspetti generali Dopo aver definito le attività di “R&S” costituenti investimento agevolabile, la circolare dell‟Agenzia delle Entrate si occupa dell‟individuazione, nonché dei criteri di determinazione e di imputazione temporale, delle spese rilevanti agli effetti del calcolo del credito d‟imposta e cioè dei cc.dd. “costi ammissibili”. Ricordiamo che in base al comma 6 dell‟art. 3 del D.L. n. 145 del 2013, così come integrato dall‟art. 4 del citato decreto attuativo 27 maggio 2015, le voci di spesa relative alle attività di ricerca e sviluppo rilevanti agli effetti della disciplina sono suddivise in quattro tipologie: a) spese per personale altamente qualificato; b) spese per attrezzature e strumenti di laboratorio; c) spese per ricerca contrattuale; d) spese per competenze tecniche e brevetti. In realtà, il comma 2 del citato art. 4 del decreto interministeriale annovera nell‟elenco dei costi ammissibili anche le “spese di certificazione contabile”; ma di tali costi, che peraltro interessano solo le imprese individuali e le società non soggette a revisione legale dei conti e prive di collegio sindacale, conviene occuparsi separatamente, stante la loro autonoma disciplina ai fini agevolativi. Prima di entrare nel merito delle singole tipologie di spesa, è interessante richiamare le considerazioni di carattere generale, cioè comuni a tutte e quattro le classi di costo, svolte dall‟Agenzia delle Entrate nel paragrafo 2.2 della circolare. Anzitutto, viene chiarito che i costi di ricerca e sviluppo rientranti in una delle tipologie indicate dalla norma “… sono ammissibili indipendentemente dal trattamento contabile e, quindi, dalla eventuale capitalizzazione degli stessi”. In tal modo, risulta confermato, ove ve ne fosse bisogno, che agli effetti dell‟agevolazione assumono rilevanza non solo i costi che in base alle norme di bilancio e ai corretti principi contabili sono iscritti nell‟attivo come oneri pluriennali ovvero come costi di un‟immobilizzazione immateriale in corso di realizzazione, ovvero ancora come costi incrementativi di un attivo immateriale già iscritto in bilancio, ma anche i costi direttamente imputati al conto economico come costi di esercizio. L‟identità di trattamento dei costi di ricerca e sviluppo a vario titolo capitalizzati e dei costi di ricerca e sviluppo imputati a conto economico si manifesta, però, anche sotto il profilo 14
Credito di imposta per investimenti in attività di R&S dell‟imputazione temporale degli investimenti ai singoli periodi agevolati nonché ai periodi d‟imposta rilevanti per il calcolo della media storica. In tal senso, la stessa circolare, dopo aver ricordato che agli effetti dell‟agevolazione vengono mutuate le regole generali di competenza fiscale previste ai fini del reddito d‟impresa dall‟art. 109 del TUIR, precisa che sulla base di tale criterio “… concorrono alla determinazione del credito d’imposta spettante nei singoli periodi agevolati anche i costi capitalizzati”: in altri termini, i costi di ricerca e sviluppo capitalizzati assumono rilievo ai fini del meccanismo di calcolo dell‟agevolazione non già nel periodo d‟imposta in cui sono “spesati” a conto economico e/o dedotti ai fini del reddito d‟impresa, ma direttamente nello stesso periodo d‟imposta in cui si considerano sostenuti secondo le regole del citato art. 109. Si tratta di una precisazione che assume grande importanza sul piano sostanziale in tutti quei casi in cui le attività di ricerca e sviluppo sono condotte proprio nell‟ottica della graduale realizzazione da parte dell‟impresa di un bene immateriale oppure, caso altrettanto frequente in certi settori, nell‟ottica del mantenimento o dell‟ulteriore sviluppo di un asset immateriale già iscritto come tale in bilancio: al riguardo, si pensi, ad esempio, a un‟impresa del settore farmaceutico che decida di iniziare la sperimentazione clinica di un principio attivo (la cui molecola potrebbe anche aver acquisito da terzi) e che, dunque, si trovi a sostenere nel corso di più esercizi i costi relativi alle tre fasi nelle quali si articola tale attività di sperimentazione (farmacologia clinica, studio di efficacia, studio multicentrico). Naturalmente, come ha cura di evidenziare l‟Agenzia delle Entrate, resta fermo che “… il medesimo costo concorre alla determinazione del credito d’imposta in uno solo dei periodi agevolati …” (ovvero dei periodi di media) e, pertanto, per evitare duplicazioni del beneficio “… i costi imputati ai sensi dell’art. 109 del TUIR ad uno dei periodi agevolati non possono rilevare ai fini della determinazione del beneficio anche in un altro periodo agevolato”; con l‟ulteriore precisazione che, evidentemente, analogo divieto di doppia imputazione vale anche per i costi imputabili a uno dei periodi di media. Come chiarito, inoltre, dalla circolare dell‟Agenzia delle Entrate, il rinvio all‟art. 109 del TUIR, per l‟imputazione temporale degli investimenti ai singoli periodi d‟imposta agevolati o rilevanti per il calcolo della media, assume valenza generale nel contesto del meccanismo agevolativo, a prescindere cioè “… dalla circostanza che il soggetto beneficiario applichi tale regola per la determinazione del proprio reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito”; pertanto, prosegue la circolare, “… anche i soggetti che determinano il reddito su base catastale o forfettaria, nonché quelli che redigono il bilancio in conformità ai principi contabili internazionali, devono imputare i costi eleggibili ai singoli periodi agevolati in base alle regole individuate dall’articolo 109 del TUIR”. Proprio con riferimento a tale ultima categoria di soggetti e cioè con riferimento ai cc.dd. “IAS adopter”, l‟Agenzia delle Entrate precisa però che l‟autonomia della disciplina del credito d‟imposta rispetto alla disciplina di determinazione del reddito d‟impresa non si manifesta solo con riguardo alle regole di imputazione temporale dei costi ammissibili, ma assume valenza ancora più ampia; in un successivo passo della circolare in rassegna, viene infatti affermato che tenuto conto “… della finalità agevolativa della disciplina in esame e della procedura di fruizione della stessa, che non incide sulle ordinarie modalità di determinazione del reddito d’impresa, non rilevano i diversi criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti per i soggetti 15
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