FINANZIARIA 2005 COOPERATIVE: LE AGEVOLAZIONI FISCALI SUI REDDITI NELLA

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COOPERATIVE: LE AGEVOLAZIONI FISCALI SUI REDDITI NELLA
                             FINANZIARIA 2005

Sommario: 1. Premessa – 2. Le cooperative a mutualità prevalente – 3. L'Albo delle società cooperative
– 4. La Finanziaria per il 2005.

1. PREMESSA
        L’art. 6 D.L. 15 aprile 2002 n. 631, come asserito nella relazione a tale provvedimento, è stato un
primo passo verso il progressivo adeguamento ai principi comunitari del regime tributario delle società cooperative.
        I primi tre commi dell’evocato art. 6, riguardanti l’esclusione dalla tassazione degli utili destinati
a riserva legale, il differimento dell’imposizione sui ristorni capitalizzati, e la ritenuta sugli interessi
corrisposti dalla cooperativa ai soci relativamente ai prestiti ricevuti, hanno introdotto regole destinate
ad operare anche “a regime”.
        Di contro, il quarto comma dello stesso art. 6, concernente la riduzione di talune agevolazioni
tributarie, è dichiaratamente una norma ad tempus. Tale disposizione, efficace per i due periodi di
imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2001, prevede(va) una disciplina ponte, in attesa di un
più compiuto riordino del trattamento tributario delle società cooperative e loro consorzi.
        Invero, una volta attuate le riforme del diritto societario e dell’imposizione sui redditi delle
società, il legislatore è ritornato sull’argomento. La normativa fiscale, applicabile a decorrere dalla
scadenza del predetto biennio, è recata nei commi 460 e ss. dell’art. unico L. 30 dicembre 2004 n. 311
(Finanziaria 2005).
        Dal momento che l’ambito soggettivo delle nuove norme postula il concetto della mutualità
prevalente, è opportuno rammentare le principali novità in tema.

2. LE COOPERATIVE A MUTUALITÀ PREVALENTE
        In virtù dell’art. 2511 c.c., le cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico.
Cooperativa e scopo mutualistico2, dunque, compongono un binomio inscindibile3. Tuttavia, attesi i
principi enunciati nelle lettere b) ed e) dell’art. 5, comma 1, L. delega n. 366 del 20014, l’accesso ai più
miti regimi fiscali contemplati dalle leggi speciali non è garantito a tutte le cooperative, bensì dipende
dalle dimensioni che assume lo scopo mutualistico in seno all’ente5.
        Segnatamente, le agevolazioni de quibus sono riservate alle società cooperative a mutualità
prevalente6. Sono tali i sodalizi che nel corso dell’esercizio effettuino nei confronti dei propri soci la

1 D.L. 15 aprile 2000 n. 63, convertito nella L. 15 giugno 2002 n. 112.
2 Sullo scopo mutualistico e sul dibattito dottrinale intorno a questo tema, V. Buonocore, Diritto della cooperazione, Bologna,
1997, pp. 105 e ss., e la bibliografia ivi annotata.
3 Cfr. G. Ferri, Manuale di Diritto Commerciale, Torino, 1993, p. 493.
4 L. 3 ottobre 2001 n. 366, art. 5, comma 1: La riforma delle società cooperative di cui al titolo VI del libro V del codice civile e alla

normativa connessa è ispirata ai principi generali previsti dall’articolo 2, in quanto compatibili, nonché ai seguenti princìpi generali: “ ....... b)
definire la cooperazione costituzionalmente riconosciuta, con riferimento alle società che, in possesso dei requisiti richiamati dall’art. 14 D.P.R. 29
settembre 1973 n. 601, svolgono la propria attività prevalentemente in favore dei soci o che comunque si avvalgono, nello svolgimento della propria
attività, prevalentemente delle prestazioni lavorative dei soci, e renderla riconoscibile da parte dei terzi; ....... e) riservare l’applicazione delle
disposizioni fiscali di carattere agevolativo alle società cooperative costituzionalmente riconosciute;.
5 Nello scopo mutualistico è da ricercare il fondamento costituzionale delle agevolazioni fiscali di settore, come osservano

N. D’Amati – C. Coco, Le agevolazioni per la cooperazione nel D.P.R. n. 601 del 1973, in La società cooperativa. aspetti civilistici e
tributari, G. Schiano Di Pepe e F. Graziano (a cura di), Padova, 1997, pp. 242 e ss..
6 Giusta l’art. 223-duodecies, comma 6, disp. att. c.c. In ordine al concetto di mutualità prevalente, G. Olivieri – G. Presti – F.

Vella (a cura di), Il nuovo diritto delle società, Bologna, 2003, pp. 308/9. G. Bonfante, La riforma della cooperazione della Commissione
Vietti, in Società, n. 11 del 2002, p. 1335, ritiene che la nozione di prevalenza accolta nel novellato c.c. sia in grado di rivelare
l’esistenza della mutualità solo nelle cooperative minori, ma sia poco significativa a tal fine per le grandi realtà.

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maggioranza semplice del totale dei rapporti di scambio e che posseggano i segni distintivi della
mutualità.
          Quanto al primo requisito, a tenore dell’art. 2512 c.c. è cooperativa a mutualità prevalente, a
seconda del tipo di scambio mutualistico realizzato, quella che:
          1. svolge la sua attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o
servizi;
          2. si avvale prevalentemente, nello svolgimento della sua attività, delle prestazioni lavorative dei
soci;
          3. si avvale prevalentemente, nell’ambito dell’attività sociale, degli apporti di beni o servizi da
parte dei soci.
          L’art. 2513 c.c. enumera i parametri atti a documentare tale prevalenza7; questa si reputa
sussistente allorquando la nota integrativa al bilancio evidenzia contabilmente che:
          a) i ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi ai soci sono superiori al cinquanta
per cento del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni esposti nella voce A1 dello schema di
conto economico di cui all’art. 2425 c.c.8;
          b) il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro,
di cui all’art. 2425, comma 1, punto B9; nel calcolo di questo quoziente vanno computate le altre forme di
lavoro inerenti lo scopo mutualistico9;
          c) il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dagli stessi è
superiore, rispettivamente, al cinquanta per cento del totale dei costi per servizi, da indicare nella voce
B7 del conto economico, ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate o conferite, da allocare
al punto B6.
          Se nella stessa cooperativa si realizzano contestualmente più tipi di scambio mutualistico, la
condizione di prevalenza è documentata facendo riferimento alla media ponderata delle singole
percentuali.
          I suddetti parametri non sono universali. Per le cooperative agricole, le cooperative sociali, le
banche popolari e quelle di credito cooperativo il test della prevalenza va condotto seguendo regole
diverse10. Ulteriori deroghe potranno essere decretate dal Ministro delle attività produttive di concerto
con il Ministro dell’economia e delle finanze, giusta l’art. 111-undecies disp. att. c.c.
          Il soddisfacimento delle previsioni degli artt. 2512 e 2513 c.c. non è sufficiente. La cooperativa a
mutualità prevalente che vuole fruire delle agevolazioni tributarie deve altresì essere riconoscibile da parte
dei terzi, siccome voluto dall’art. 5, comma 1, lett. b), L. n. 366 del 2001.
          I segni esteriori della prevalenza mutualistica sono il recepimento11 nei patti statutari delle
clausole catalogate nell'art. 2514 c.c.12 – fermo restando l’osservanza nei fatti dei relativi precetti13 – e
l'iscrizione nell'Albo delle società cooperative.

7  Sul valore dei parametri ai fini della documentazione della condizione di prevalenza, si veda E. Tonelli, Commento all’art.
2513 c.c., in M. Sandulli – V. Santoro (a cura di), La riforma delle società. Società cooperative. Artt. 2511-2548 c.c., Torino, 2003, pp.
34/5.
8 Eventuali contributi pubblici in conto esercizio non concorrono alla formazione del denominatore, atteso che essi vanno

iscritti nel conto economico, separatamente, alla voce A5: altri ricavi e proventi.
9 La frase tra virgolette è stata aggiunta dall’art. 25 D.lgs. 28 dicembre 2004 n. 310. Di tal guisa sono state accolte le note

osservazioni dottrinali sull’art. 2531, lett. b); per tutti, E. Rocchi, La cooperativa costituzionalmente riconosciuta e la cooperativa di tipo
diverso, relazione esposta al Convegno Le riforme delle cooperative tra leggi del mercato e tutela della mutualità, tenutosi in Bologna il
19 aprile 2002, in Società, n. 8 del 2002, p. 940.
10 V. artt. 111-septies disp. att. c.c. e 150-bis D.lgs. 1 settembre 1993 n. 385, introdotto dall’art. 38 D.lgs. n. 310 del 2004.
11 Il termine (originariamente scadente il 31 dicembre 2004) per l’adeguamento degli statuti sociali alle disposizioni sulla

mutualità prevalente, con l’osservanza delle modalità e delle maggioranze previste per le deliberazioni assembleari dall’art.
2358 c.c., è stato prorogato al 31 marzo 2005 dall’art. 19-ter, comma 1, D.L. 9 novembre 2004 n. 266, convertito nella L. 27
dicembre 2004 n. 306.
12 Art. 2514 c.c.: Le cooperative a mutualità prevalente devono prevedere nei propri statuti:

a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto
al capitale effettivamente versato;
b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite
massimo previsto per i dividendi;
c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;

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3. L'ALBO DELLE SOCIETÀ COOPERATIVE
          L’idea di un albo degli enti cooperativi era già nell’art. 15 D.lgs. 2 agosto 2002 n. 220, ma
l’impulso decisivo alla sua istituzione è provenuto dall’art. 223-sexiesdecies disp. att. c.c.14 Invero, prima
dello spirare del termine ivi fissato, con il DM del Ministero delle attività produttive del 23 giugno
200415, è stato istituito l’Albo delle società cooperative16.
          La scelta organizzativa è ponderata e scevra da spinte al decentramento, forse in ragione dei
riflessi sulle entrate erariali derivanti dall’iscrizione. Rispetto al disegno originario, che voleva
l’articolazione su base provinciale17, il nuovo Albo è tenuto a livello centrale, presso il suddetto
Ministero, a cura della Direzione generale per gli enti cooperativi.
          L’Albo si compone di due sezioni: la prima dedicata alle cooperative a mutualità prevalente; la
seconda alle altre cooperative. Le cooperative a mutualità prevalente devono18 presentare la domanda di
iscrizione entro il 31 marzo 200519, presso l’ufficio del Registro delle imprese della Camera di
commercio nella cui circoscrizione insiste la sede legale della società, attenendosi alle modalità dettate
nel ricordato decreto ministeriale20. Le banche cooperative devono adempiere tale obbligo entro il 30
giugno 200521.
          In ordine alle cooperative di nuova costituzione22, né il D.M. 23 giugno 2004, né la prassi
esplicativa dicono quale sia la tempistica dell’iscrizione de qua. Nel perdurante silenzio, si ritiene ancora
vigente il termine dei tre mesi dalla data di costituzione, stabilito dall’art. 2 L. 13 marzo 1950 n. 114, per
l’iscrizione al Registro prefettizio23.
          Con il deposito della domanda si avvia il procedimento; una volta esaurito l’iter previsto, alla
società viene attribuito un numero di iscrizione. La cooperativa a mutualità prevalente che ottiene
l’iscrizione nella prima sezione dell’Albo deve indicare tale numero negli atti e nella corrispondenza, in
ossequio dell’art. 2515, comma 3, c.c. La violazione di tale formalità non è sanzionata espressamente,

d) l’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi
eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
13 Già l’art. 29, comma 5, D.L. 2 marzo 1989 n. 69, convertito nella L. 27 aprile 1989 n. 154, interpretazione autentica

dell’art. 14 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 601, precisava che l’espressa indicazione negli statuti sociali delle clausole
contemplate dall’art. 26 D.lg. C.p.S. 14 dicembre 1947 n. 1577 (Legge Basevi) – clausole queste trasfuse nell’art. 2514 c.c. –,
permette all’ente di fruire delle agevolazioni. Ciò nonostante, la Corte di cassazione (Cass. civ., sez. I, 16 maggio 1992 n.
5839, in Serv. Docum. Econ. Trib., http://dt.finanze.it; sez. trib., 11 agosto 2000 n. 10625, ivi, e 27 novembre 2000, n. 15256,
in banca dati fiscovideo) ha affermato che il rispetto di tale requisito formale è condizione necessaria ma non sufficiente per
godere dei benefici fiscali. Il recepimento statutario delle clausole della mutualità, invero, costituisce solo una presunzione
relativa, superabile anche da elementi indiziari da cui possa desumersi che l’attività economica svolta dalla cooperativa non
abbia avuto in concreto carattere mutualisticomma Una società cooperativa, ancorché edificata sui presupposti formali della
mutualità, potrebbe agire in linea di fatto come un qualsiasi intermediario commerciale.
14 G. Bonfante, Albo delle società cooperative, approvazione a tempo di record, in Dir. prat. soc., n. 14 del 2004, p. 6, osserva che l’Albo

delle società cooperative è destinato ad assolvere le funzioni già assegnate all’Albo nazionale degli enti cooperativi, previsto
dal D.lgs. n. 220 del 2002. A conferma di tale conclusione, si rileva che il Ministero delle attività produttive, D.G. enti
cooperativi, Divisione VI, nella circ. 6 dicembre 2004 prot. 1579682 (in www.minindustria.it), ha chiarito che l’istituzione
dell’Albo in commento è avvenuta in attuazione del combinato disposto degli artt. 15 e 20 D.lgs. n. 220 del 2002, 2512 c.c. e
223-sexiesdecies disp. att. c.c. .
15 Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale S.G. del 13 luglio 2004 n. 162.
16 Sull’argomento: G. Bonfante, op. ult. cit.; L. Corbella, Al via il nuovo albo informatico per le società cooperative, in Terzo Settore, n. 7

del 2004, p. 17; R. Mosconi, Due sezioni gestite telematicamente permetteranno controlli più efficaci, in Guida Norm., n. 138 del 2004, p.
13; P.L. Morara, Il nuovo albo per le società cooperative, in Società, n. 11 del 2004, p. 1434.
17 Art. 15 D.lgs. n. 220 del 2002.
18 R. Mosconi, L’obbligo di iscrizione al nuovo Albo unico delle cooperative, in Dir. prat. soc., n. 18 del 2004, p. 46, indica le possibili

conseguenze negative derivanti dalla mancata iscrizione all’Albo; di contro, P.L. Morara, op. cit., p. 1438, ritiene si tratti di un
onere, dacché l’inadempimento di questo, oltre alla perdita del diritto alle agevolazioni fiscali, non provoca alcun pregiudizio
alla cooperativa.
19 L’art. 2, comma 5, D.M. 23 giugno 2004, prescrive il termine generale del 10 gennaio 2005; tale scadenza, a tenore dell’art.

19-ter, comma 2, D.L. n. 266 del 2004, è stata procrastinata solo per le cooperative a mutualità prevalente.
20 Esplicato dalla circ. prot. 1579682 del 2004, cit..
21 Art. 223- terdecies, comma 2, disp. att. c.c., nel testo sostituito dall’art. 37 D.lgs. n. 310 del 2004.
22 E cioè, quelle costituite dal 2 gennaio 2005 in poi, atteso l’attuale termine del 31 marzo 2005.
23 Si veda il sito del Registro delle imprese della C.C.I.A.A. di Alessandria, all’indirizzo internet www.al.camcom.it.

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ma potrebbe costituire un’irregolarità di funzionamento da segnalare all’Autorità di vigilanza, ai sensi e
per gli effetti dell’art. 2545-sexiesdecies24.
         Si badi che l’iscrizione nella sezione dedicata agli enti a mutualità prevalente è conditio sine qua non
per il godimento dei benefici fiscali. Pertanto, la società cui sia comunicato il diniego di iscrizione in
siddetta sezione ovvero la variazione di tale iscrizione dovrebbe cautelarsi (se del caso), impugnando il
provvedimento e/o richiedendone il riesame in sede amministrativa25.

4. LA FINANZIARIA PER IL 2005
          I commi da 460 a 466 dell’art. unico L. n. 311 del 2004 completano la manovra intrapresa con
l’art. 6 D.L. n. 63 del 2002.
          Il comma 460 della Finanziaria 2005, conferma la validità dei comma 1, 2 e 3 dell’art. 6 D.L. n.
63 del 200226. Sicché, permane l’esclusione dall’imposta sui redditi degli utili netti annuali imputati alla
riserva minima obbligatoria, in applicazione dell’art. 12 L. n. 904 del 197727.
          L’agevolazione interessa tutte le cooperative a mutualità prevalente, per quella frazione del
risultato di periodo vincolata alla riserva legale. E si rammenta che, in forza dell’art. 2545-quater c.c.,
almeno il trenta per cento degli utili netti deve confluire in tale riserva28.
          Le cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente soggiacciono ad un regime più oneroso.
In virtù del successivo comma 464, a decorrere dall’esercizio in corso al 31 dicembre 200429, l’art. 12 L.
n. 904 del 1977 copre soltanto il trenta per cento degli utili netti “a condizione che tale quota sia destinata ad
una riserva indivisibile prevista dallo statuto”.
          Il testo della legge non è eccellente ed ingenera taluni dubbi. Ad esempio, viene da chiedersi se
le cooperative che alla data del 1 gennaio 2004 non hanno adottato le clausole dell’art. 26 Legge Basevi,
e che quindi possono accantonare a riserva legale il venti per cento degli utili di esercizio30, hanno
diritto al beneficio alloggiato nel comma 464 in parola. Sembrerebbe di sì, a voler intendere il trenta per
cento come una soglia massima e non un riferimento puntuale, anche se dal confronto tra il testo
approvato e quello del disegno di legge sarebbe sostenibile la soluzione opposta31. Ed ancora; se la
cooperativa imputa il venti per cento alla riserva obbligatoria e l’altro dieci per cento ad un diverso
fondo indivisibile, può essa avvantaggiarsi dell’esclusione sull’intero trenta per cento? La logica
porterebbe a concludere affermativamente, ma la littera legis (che vede il sostantivo al singolare, “una
riserva indivisibile”) potrebbe non confortare tale interpretazione.

24 E. Tonelli, Commento all’art. 2515, op. cit., pp. 45/6.
25 A norma dell’art. 9, comma 2, D.M. 23 giugno 2004.
26 Si rammenta che i primi tre commi dell’art. 6 D.L. n. 63 del 2002 sono applicabili, alle soci età cooperative e loro consorzi

soggetti alla L. 31 gennaio 1992 n. 59, e cioè ai soggetti disciplinati dal D.lg. C.p.S. n. 1577 del 1947 ed agli enti mutualistici
diversi dalle società, di cui all’art. 2517 (ex art. 2512) c.c. L’art. 6 non si applica: 1) alle società cooperative di garanzia
collettiva fidi, di primo e di secondo grado, e loro consorzi, previsti dagli artt. 29 e 30 L. 5 ottobre 1991 n. 317; 2) alle
banche popolari; 3) alle cooperative di assicurazione; 4) alle società mutue assicuratrici.
27 L. 16 dicembre 1977 n. 904 (Legge Pandolfi), art. 12: non concorrono a formare il reddito imponibile delle società cooperative e dei loro

consorzi le somme destinate alle riserve indivisibili a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma, sia
durante la vita dell’ente che all’atto del suo scioglimento”; tale disposizione è stata interpretata dall’art. 3, comma 1, L. 18 febbraio
1999 n. 28, nel senso che l’utilizzazione delle riserve (indivisibili, n.d.a.) a copertura di perdite è consentita e non comporta la decadenza dai
benefici fiscali, sempre che non si dia luogo a distribuzione di utili fino a quando le riserve non siano state ricostituite. Inoltre, ai sensi dell’art.
2545-ter c.c.: Le riserve indivisibili possono essere utilizzate per la copertura di perdite solo dopo che sono esaurite le riserve che la società aveva
destinato ad operazioni di aumento di capitale e quelle che possono essere ripartite tra i soci in caso di scioglimento della società. Sull’argomento,
si veda la Raccomandazione in tema di copertura delle perdite nelle società cooperative, n. 1 del 2003, del Consiglio Nazionale dei Dottori
Commercialisti, consultabile nel sito internet www.cndc.it.
28 Una eccezione a tale sistema è costituita dalle banche di credito cooperativo, che destinano al fondo in questione il

settanta per cento degli utili annuali, a mente dell’art. 37 D.lgs. n. 385 del 1993.
29 E non si può far a meno di deprecare la solita deroga in peius allo Statuto dei diritti del contribuente.
30 Art. 223-quinquiesdecies, comma 2, disp. att. c.c..
31 L’art. 36, comma 6, del disegno di legge finanziaria per l’anno 2005 recitava: Per le società cooperative e loro consorzi diverse da

quelle a mutualità prevalente resta ferma l’applicabilità dell’articolo 12 L. 16 dicembre 1977 n. 904, esclusivamente con riferimento alla quota di
utili netti annuali destinata a riserva minima obbligatoria, a condizione che lo statuto preveda l’indivisibilità della predetta riserva.

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È rimasto altresì in vigore il regime sospensivo dell’art. 6, comma 2, D.L. n. 63 del 2002.
Secondo tale norma, i ristorni erogati ai soci delle cooperative di produzione e lavoro in misura non
superiore al trenta per cento dei trattamenti retributivi complessivi32, e quelli ripartiti tra i soci sotto
forma di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i
conferimenti effettuati33, non concorrono a formare il reddito imponibile ed il valore della produzione
netta degli aventi diritto qualora siano destinati ad aumento del capitale sociale34.
         Tali ristorni, se imponibili al momento della loro attribuzione, sono tassati mediante una
ritenuta a titolo di imposta con l’aliquota del 12,5% all’atto della restituzione al socio della quota di
partecipazione da essi composta.
         Per ciò che attiene agli interessi sui prestiti dei soci persone fisiche residenti, è stata confermata
la ritenuta a titolo di imposta del 12,5% sugli stessi, purché vengano ossequiate le previsioni dell’art. 13
D.P.R. n. 601 del 1973. Però, il seguente comma 465 fissa un tetto alla deducibilità di tali remunerazioni
per la cooperativa mutuataria; dette somme sono indeducibili per la parte eccedente la misura minima
degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90 per cento.
         Sempre il comma 460, per le cooperative agricole, della piccola pesca e loro consorzi, a
mutualità prevalente e iscritti nella prima sezione dell’Albo, stabilisce l’assoggettamento ad imposta del
venti per cento degli utili netti annuali. Tale quota è elevata al trenta per cento per le altre cooperative a
mutualità prevalente, purché anch’esse iscritte. Rispetto all’art. 6, comma 4, D.L. n. 63 del 2002, si
assiste ad un miglioramento; il previgente regime transitorio sottoponeva a prelievo il 30,80% del
risultato di esercizio conseguito dalle cooperative agricole e della piccola pesca ed il 46,97% degli utili
delle altre cooperative35.
         Tuttavia, se da un lato il bicchiere è mezzo pieno, dall’altro è mezzo vuoto. La parziale
sottrazione di risorse alle riserve indivisibili comporta un impoverimento del patrimonio delle singole
cooperative e, profilo questo ben più importante, mina uno dei cardini del riconoscimento fiscale della
mutualità di sistema36.
         Dovrebbe, peraltro, essere rimasta in vita l’opinabile teoria dell’Agenzia delle entrate37 sulla
proporzionale riduzione del correttivo predisposto con l’art. 21, comma 10, L. n. 449 del 199738.
         Quanto alla percentuale di utili assoggettati a tassazione, questa non deve essere accantonata in
riserve indivisibili e ben può essere distribuita dalle cooperative ai soci sotto forma di dividendo39.
         Il comma 461 della Finanziaria 2005 riduce all’ottanta per cento l’esenzione sancita dall’art. 10
D.P.R. 29 settembre 1973 n. 601, in favore delle cooperative agricole e della piccola pesca40.

32 Di cui all’art. 3, comma 2, lett. b), della L. 3 aprile 2001 n. 142.
33 Di cui all’art. 12 D.P.R. n. 601 del 1973.
34 In materia, si veda la Raccomandazione in tema di ristorni per le società cooperative, n. 2 del 2003, del Consiglio Nazionale dei

Dottori Commercialisti, consultabile nel sito internet www.cndc.it. Sul regime fiscale dei ristorni, L. Salvini, I ristorni nelle
società cooperative: note sulla natura civilistica e sul regime fiscale, in Rass. Trib., n. 6 del 2002, pp. 1903 e ss.; sia consentito, in ultimo,
un rinvio al mio, I ristorni nella riforma del diritto societario, in questa Riv. s.s.e.f., n. 2/2004, pp. 174 ss..
35 Sotto la vigenza dell’art. 6, comma 4, D.L. n. 63 del 2002, se la cooperativa imputava a riserva indivisibile tutti gli utili

disponibili, veniva risparmiato dal prelievo il 30,03% del risultato di periodo (e cioè, il 39% del 77%), oltre al 20% (allora)
vincolato a riserva legale ed al contributo annuale del 3%. Per le cooperative agricole e della piccola pesca, sempre
ipotizzando la destinazione a riserva indivisibile della totalità degli utili disponibili, non concorreva alla formazione del
reddito il 46,20% degli utili di esercizio (e cioè, il 60% del 77%), oltre la quota della riserva obbligatoria e del contributo ai
Fondi mutualistici.
36 A. Di Pietro, L’art. 12 della L. 16 dicembre 1997 n. 904 ed il riconoscimento della mutualità di sistema, in La società cooperativa. Aspetti

civilistici e tributari, cit., pp. 271 e ss., sottolinea il ruolo cruciale dell’art. 12 della Legge Pandolfi nell’ambito del
riconoscimento fiscale della mutualità esterna.
37 Esposta nella circ. 18 giugno 2002 n. 53/E, parag. 5, in Serv. Docum. Econ. Trib., http://dt.finanze.it; opinabile perché

basata sulla confusione tra due grandezze diverse, la sommatoria delle variazioni apportate in ossequio della normativa del
T.U.I.R. e l’utile di esercizio, e perché considera una norma inquadrabile tra quelle necessarie alla giusta attuazione del
prelievo alla stregua di una disposizione agevolativa. Per approfondimenti, V. Gallo, Nuova disciplina fiscale delle cooperative. D.L.
15 aprile 2002 n. 63, in Il fisco, n. 26 del 2002, fasc. n. 1, pp. 4184 e ss..
38 In virtù dell’art. 21, comma 10, L. 27 dicembre 1997 n. 449, applicabile solo se determina un utile o un maggior utile da destinare alle

riserve indivisibili, l’IRES sul risultato netto delle variazioni apportate ai valori di bilancio in ottemperanza dell’art. 87 (ex art.
52) T.U. 22 dicembre 1986 n. 917, diverse da quelle riconosciute dalle leggi speciali per la cooperazione, non concorre a
formare il reddito imponibile delle cooperative e loro consorzi.
39 Relazione di accompagnamento al disegno di legge Finanziaria per il 2005.

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Il successivo comma 462 si occupa delle cooperative di produzione e lavoro. Tali enti hanno ora
diritto all’esenzione di cui all’art. 11 D.P.R. n. 601 del 1973, ovviamente al ricorrere delle condizioni
prescritte, soltanto per l’eventuale frazione di imponibile derivante dall’indeducibilità dell’IRAP. Il
comma 463 precisa che le cooperative sociali conosciute dalla L. 8 novembre 1991, n. 381, tanto quelle
che rivolgono la loro attività alle persone svantaggiate (art. 1, comma 1, lett. a), quanto quelle che
svolgono attività finalizzate all’inserimento lavorativo di dette persone (art. 1, comma 1, lett. b), non
rientrano tra i destinatari delle disposizioni testé illustrate. Pertanto, a dette società continuerà ad
applicarsi la disciplina ante Finanziaria 2005.
        Riceve, infine, un’esplicita conferma anche l’esenzione da imposte41 e la deducibilità (in capo
all’erogante) del contributo del tre per cento, previsto dall’art. 11, comma 9, L. n. 59 del 1992.
Rimanendo in tema, per via dei riflessi sulla determinazione dell’imponibile reddituale, si rileva
l’abrogazione del secondo periodo del comma 4 dell’art. 11 appena citato che, in deroga alla regola
generale42, permetteva alle cooperative disciplinate dal T.u. sulle casse rurali ed artigiane43 di calcolare il
contributo annuale ai Fondi mutualistici sulla base degli utili nettati degli accantonamenti alle riserve
obbligatorie.

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                                                                                               Commercialista in Roma e Cosenza

40 Per le cooperative agricole l’esenzione ex art. 10 D.P.R. n. 601 del 1973, più che ad intenti agevolativi, ubbidisce ad una
logica sistematica, poiché essa trova la sua ragione nel fatto che i redditi dei prodotti conferiti dai soci sono già compresi nel reddito agrario
accertato al nome di questi ultimi, per cui si tratta di evitare una duplicazione d’imposta, così la Relazione ministeriale allo schema di
decreto n. 601 del 1973.
41 Sulla esenzione ai fini dell’imposta patrimoniale di cui al D.L. 30 settembre 1992 n. 394, convertito nella L. 26 novembre

1992 n. 461: C.T.P. Roma, sez. L, 23 febbraio 2000 n. 89, sez. LVI, 31 maggio 2001, n. 361, sez. XVIII, 9 gennaio 2003 n. 1,
e C.T.R. Lazio, sez. XV, 2 dicembre 2003 n. 56; contra, C.T.P. Roma, sez. LXVI, 29 gennaio 2002 n. 64, e C.T.R. Lazio, sez.
IV, 16 ottobre 2003 n. 50, tutte inedite.
42 Cfr. Ministero del lavoro e della previdenza sociale, circ. 16 marzo 1993 n. 29, e circ. 10 agosto 1993, n. 83/193.
43 R.D. 26 agosto 1937 n. 1706.

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