Faust rapsodia Dal ciel sino all'inferno - Quanto in femmina foco d'amor - Ravenna Festival

Pagina creata da Francesca De Marco
 
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Faust rapsodia Dal ciel sino all'inferno - Quanto in femmina foco d'amor - Ravenna Festival
Trilogia d’autunno
   la Danza, la Musica, la Parola

 Faust rapsodia
Dal ciel sino all’inferno
  Quanto in femmina
    foco d’amor...
   Mistero per voci e pellegrine
Faust rapsodia Dal ciel sino all'inferno - Quanto in femmina foco d'amor - Ravenna Festival
Si vive meglio
                                                in un territorio
                                                che incoraggia
                                                        i Sogni.                                   2021

                                                                                              Trilogia d’autunno
                                                                                         la Danza, la Musica, la Parola

                                                                                     Basilica di San Francesco, ore 19.30
                                                                                       Quanto in femmina

                                                                             ©2016
                                                                                         foco d’amor...
                                                                                        Mistero per voci e pellegrine

                                                                                           Teatro Alighieri, ore 21

                                                                                      Faust rapsodia
    DAL 1992, UN IMPEGNO FORTE PER LA
  CRESCITA SOCIALE DEL MONDO GIOVANILE.
                                                                                     Dal ciel sino all’inferno
La Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna ha sempre rivolto grande
attenzione all’universo giovanile, contribuendo alla trasmissione di valori
e motivazioni. I progetti sostenuti in questi anni hanno svolto un ruolo
importante per la crescita dei processi educativi, dell’istruzione, della
pratica sportiva e per l’acquisizione di strutture e dotazioni all’avanguardia
al servizio del Polo ravennate dell’Ateneo bolognese. Da anni, la
Fondazione opera inoltre per la valorizzazione dell’autonomia scolastica e,
grazie al suo contributo, un numero ingente di plessi scolastici dell’intero
territorio provinciale ha già rinnovato laboratori, luoghi di lettura e di
studio, modalità di insegnamento. La Fondazione contribuisce a rispondere
con un segnale forte di speranza e di fiducia alle aspettative sociali della
              comunità, per l’avvenire nostro e dei nostri figli.

DA SEMPRE A FIANCO DEL RAVENNA FESTIVAL.                                                        1, 2, 3 ottobre

             w w w. f o n d a z i o n e c a s s a r a v e n n a . i t
Faust rapsodia Dal ciel sino all'inferno - Quanto in femmina foco d'amor - Ravenna Festival
ringrazia
con il patrocinio di
Senato della Repubblica
Camera dei Deputati                                                                                     Associazione Amici di Ravenna Festival
Ministero della Cultura
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale                                       Apt Servizi Emilia Romagna
                                                                                                        Assicoop Romagna Futura - UnipolSai Assicurazioni
                                                                                                        Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centro-Settentrionale
                                                                                                        BPER Banca
                                                                                                        Cna Ravenna
                                                                                                        Confartigianato Ravenna
                                                                                                        Confindustria Romagna
con il sostegno di
                                                                                                        COOP Alleanza 3.0
                                                                                                        Cooperativa Bagnini Cervia
                                                                                                        Corriere Romagna
                                                                                                        DECO Industrie
                                                                                                        EDILPIÙ
                                                                                                        Eni
                                                                                                        Federazione Cooperative Provincia di Ravenna
                                                                                                        Federcoop Romagna
                                                Ministero degli Affari Esteri                           Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna
                                                e della Cooperazione Internazionale
                                                                                                        Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
                                                                                                        Gruppo Hera
                                                                                                        Gruppo Sapir
                                                                                                        GVM Care & Research
con il contributo di                                                                                    Koichi Suzuki
                                                                                                        Intesa Sanpaolo
                                                                                                        LA BCC - Credito Cooperativo Ravennate, Forlivese e Imolese
                                                                                                        La Cassa di Ravenna SpA
                                                                                                        Legacoop Romagna
                                                                                                        Pirelli
                                                                                                        PubbliSOLE
                                                                                                        Publimedia Italia
                                                                                                        Quick SpA
                                                                                                        Quotidiano Nazionale
Comune di Cervia                              Comune di Lugo                          Comune di Russi   Rai Uno
                                                                                                        Ravennanotizie.it
                                                                                                        Reclam
                                                                                                        Romagna Acque Società delle Fonti
                                              Koichi Suzuki                                             Setteserequi

partner principale

si ringraziano                               con il patrocinio di

       Ministero degli
       Ambasciata       Affari Esteri
                   d’Italia
       Jerevan
       e della Cooperazione Internazionale
Faust rapsodia Dal ciel sino all'inferno - Quanto in femmina foco d'amor - Ravenna Festival
Francesca e Silvana Bedei, Ravenna            Presidente                              Presidente onorario
Chiara e Francesco Bevilacqua, Ravenna        Eraldo Scarano                          Cristina Mazzavillani Muti
Mario e Giorgia Boccaccini, Ravenna
Costanza Bonelli e Claudio Ottolini, Milano   Presidente onorario                     Direzione artistica
Paolo e Maria Livia Brusi, Ravenna            Gian Giacomo Faverio
Glauco e Filippo Cavassini, Ravenna
                                                                                      Franco Masotti
Roberto e Augusta Cimatti, Ravenna            Vice Presidenti                         Angelo Nicastro
Marisa Dalla Valle, Milano                    Leonardo Spadoni
Maria Pia e Teresa d’Albertis, Ravenna        Maria Luisa Vaccari
Ada Bracchi Elmi, Bologna                                                             Fondazione
Rosa Errani e Manuela Mazzavillani,           Consiglieri                             Ravenna Manifestazioni
Ravenna                                       Andrea Accardi
Gioia Falck Marchi, Firenze                   Paolo Fignagnani                        Soci
Gian Giacomo e Liliana Faverio, Milano        Chiara Francesconi                      Comune di Ravenna
Paolo e Franca Fignagnani, Bologna            Adriano Maestri                         Provincia di Ravenna
Giovanni Frezzotti, Jesi                      Maria Cristina Mazzavillani Muti
                                                                                      Camera di Commercio di Ravenna
Eleonora Gardini, Ravenna                     Irene Minardi
                                                                                      Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna
Sofia Gardini, Ravenna                        Giuseppe Poggiali
Stefano e Silvana Golinelli, Bologna          Thomas Tretter                          Confindustria Ravenna
Lina e Adriano Maestri, Ravenna                                                       Confcommercio Ravenna
Irene Minardi, Bagnacavallo                   Segretario                              Confesercenti Ravenna
Silvia Malagola e Paola Montanari, Milano     Giuseppe Rosa                           CNA Ravenna
Francesco e Maria Teresa Mattiello,                                                   Confartigianato Ravenna
Ravenna                                                                               Arcidiocesi di Ravenna-Cervia
Peppino e Giovanna Naponiello, Milano
Giorgio e Riccarda Palazzi Rossi, Ravenna                                             Consiglio di Amministrazione
Gianna Pasini, Ravenna                                                                Presidente
Desideria Antonietta Pasolini Dall’Onda,      Giovani e studenti
                                                                                      Michele de Pascale
Ravenna                                       Carlotta Agostini, Ravenna
Giuseppe e Paola Poggiali, Ravenna            Federico Agostini, Ravenna              Vicepresidente
Carlo e Silvana Poverini, Ravenna             Domenico Bevilacqua, Ravenna            Livia Zaccagnini
Paolo e Aldo Rametta, Ravenna                 Alessandro Scarano, Ravenna             Consiglieri
Marcella Reale e Guido Ascanelli, Ravenna
                                                                                      Ernesto Giuseppe Alfieri
Stelio e Grazia Ronchi, Ravenna               Aziende sostenitrici
                                                                                      Chiara Marzucco
Stefano e Luisa Rosetti, Milano               Alma Petroli, Ravenna
Eraldo e Clelia Scarano, Ravenna              LA BCC - Credito Cooperativo            Davide Ranalli
Leonardo Spadoni, Ravenna                     Ravennate,
Gabriele e Luisella Spizuoco, Ravenna         Forlivese e Imolese                     Sovrintendente
Paolino e Nadia Spizuoco, Ravenna             Ghetti - Concessionaria Fiat, Lancia,   Antonio De Rosa
Paolo Strocchi, Ravenna                       Abarth, Alfa Romeo, Jeep, Ravenna
Thomas e Inge Tretter, Monaco di Baviera      Kremslehner Alberghi e Ristoranti,      Segretario generale
Ferdinando e Delia Turicchia, Ravenna         Vienna                                  Marcello Natali
Maria Luisa Vaccari, Ferrara                  Rosetti Marino, Ravenna
Luca e Riccardo Vitiello, Ravenna             Terme di Punta Marina, Ravenna          Responsabile amministrativo
Livia Zaccagnini, Bologna                     Tozzi Green, Ravenna                    Roberto Cimatti

                                                                                      Revisori dei conti
                                                                                      Giovanni Nonni
                                                                                      Alessandra Baroni
                                                                                      Angelo Lo Rizzo
Faust rapsodia Dal ciel sino all'inferno - Quanto in femmina foco d'amor - Ravenna Festival
Sommario

Quanto in femmina foco d’amor...
Mistero per voci e pellegrine
La locandina ............................................................. 9
Quanto in femmina foco d’amor
Mistero per voci e pellegrine .......................................... 10
di Francesca Masi

Faust rapsodia
Dal ciel sino all’inferno
La locandina ............................................................ 15
Il soggetto ............................................................... 19
Struttura dell’opera ................................................ 21
Il libretto ................................................................. 23
Faust tra Goethe e Schumann:
genio e incompiutezza di una “rapsodia satanica”
Note su regia e drammaturgia ................................ 75
di Luca Micheletti
Frammenti di sublime
Guida all’ascolto delle Scene dal Faust di Goethe
di Robert Schumann ............................................... 83
di Antonio Greco
Radicati in tempore pestilentiae .................................. 93
di Daniele Palma

Gli artisti ................................................................ 99

I luoghi
Teatro Alighieri ..................................................... 127
Basilica di San Francesco ....................................... 129
Faust rapsodia Dal ciel sino all'inferno - Quanto in femmina foco d'amor - Ravenna Festival
Quanto in femmina
         foco d’amor...
        Mistero per voci e pellegrine
                  di Francesca Masi
       da un’idea di Cristina Mazzavillani Muti

                       musiche
Mottetti tratti dal Codice di Las Huelgas (xiii-xiv sec.)
                 “O Maria Maris Stella”

      mise en espace a cura di Luca Micheletti

                personaggi   interpreti
                     Eva     Sofia Barilli
                Matelda      Chiara Nicastro
           Una penitente     Veronica Franzosi
             Francesca       Maria Luisa Zaltron
                     Pia     Valentina Mandruzzato
               Piccarda      Giorgia Massaro
                Cunizza      Gabriella Casali
                  Sapia      Martina Cicognani
          Voce narrante      Francesca De Lorenzi

                        e con
            Vittoria Giacobazzi soprano
           Antonella Gnagnarelli contralto
            Vittoria Magnarello soprano

                 costumi Anna Biagiotti
                   luci Fabrizio Ballini

          nuova produzione di Ravenna Festival
Faust rapsodia Dal ciel sino all'inferno - Quanto in femmina foco d'amor - Ravenna Festival
Quanto in femmina                                                 la capacità di tessere insieme e di ritrovare sempre la strada della
                                                                       propria chiamata sono gli spunti per un’ipotesi di narrazione che
     foco d’amor                                                       parla di un incontro tra donne diverse, per storia e provenienza,
                                                                       ma unite in un comune sentire. Promesse e sconfitte, sogni
     Mistero per voci e pellegrine                                     e rinunce costituiscono il ritmo entro cui si misurano giovani
                                                                       innamorate, che si rivelano ben lontane dall’ideale cortese
     di Francesca Masi                                                 mostrando tutta la corporeità e il misticismo del loro essere
                                                                       infuocate d’amore. Nello spazio della preghiera, il mistero del
                                                                       rosario, ripetizione e generazione, litania di sempre, arriva una
    La scrittura dantesca è intessuta di dialoghi tra antichi          penitente e, nel reciproco racconto, si ricompongono i frammenti
e moderni, tra morti e vivi, tra “sommersi” e salvati”. “Il poema      di una vita spezzata e si fa largo la possibilità di un altro viaggio
di Dante è solo paradossalmente un poema, è fatto più di lacune        per guardare a sé e alla propria storia e per ritrovare, in un
che di testo”, così Mario Luzi ci introduce nei movimenti di           impasto di terra e cielo, quelle stelle che possano orientare
scena, fatti di pause, conversazioni a distanza, percorsi tra cielo    i pellegrini e le pellegrine di sempre.
e inferno, dove si aprono a noi pellegrinaggi per strade nuove
e inaspettati incontri.
    Alcune figure dantesche, che si accampano nella fantasia
con l’evidenza delle cose vedute e raggiungono nella memoria
una sorta di vitalità autonoma, chiedono di noi, dicendo di
loro. Nel dialogo Dante fonda il movimento drammaturgico
dell’oltremondo, confrontandosi con oltre 500 personaggi;
di questa popolazione narrante sono 41 le anime femminili,
fatta esclusione per la donna-guida, Beatrice, animali, figure
allegoriche e visionarie. Francesca e non Paolo è protagonista del
primo incontro di Dante, a lei è affidata la riflessione sull’amore
e per esteso sulla letteratura. Così come a Piccarda è demandata la
rivelazione del come “ogne dove in cielo è paradiso”. Con cinque
donne, Francesca, Piccarda, Pia, Sapia e Cunizza, numero non
casuale strettamente associato alla sensualità e alla corporeità,
avviene uno scambio profondo che restituisce, in forma
prismatica, lo sguardo femminile sulla creazione e sull’amore
che ne è all’origine. A illuminare e completare queste figure
vi è il potente fondale di Maria ed Eva. Eva, “la piaga che Maria
richiuse e unse, quella ch’è tanto bella da’ suoi piedi”; Eva, donna
infuocata di bellezza perché la più vicina alla creazione di Dio
e inizio di quella storia di cui Maria è compimento. Le due madri
sono l’alfa e l’omega del dinamismo del mondo, evocato, cantato
e danzato da Matelda, la bella donna edenica che disegna il fluire
del tempo e con esso ogni generatività. Tutto avviene in quello
straordinario movimento dal basso all’alto e dall’alto al basso
evocato nell’immagine della scala di Giacobbe, degli angeli che
salgono e scendono da un cielo che sa farsi terra.
    L’azione della Commedia inizia con uno sconfinamento:
Beatrice dall’Empireo scende fino al Limbo, su indicazione di
Lucia a sua volta interpellata da Maria, per sollecitare Virgilio
a prestare soccorso a Dante perso nella selva oscura. Lo scendere
della donna amata tuttavia è connotato dal desiderio del ritorno
al cielo: “vegno dal loco ove tornar disio”. Proprio la possibilità,
riservata alle anime femminili, di muoversi tra i tre regni,

10                                                                                                                                        11
Faust rapsodia Dal ciel sino all'inferno - Quanto in femmina foco d'amor - Ravenna Festival
© Nicola Strocchi
Faust rapsodia Dal ciel sino all'inferno - Quanto in femmina foco d'amor - Ravenna Festival
Faust rapsodia
       Dal ciel sino all’inferno
           scene dalla tragedia di
Johann Wolfgang Goethe (Faust I und II)

                  musica di
           Robert Schumann
(Szenen aus Goethes Faust, selezione dall’opera)

              traduzione italiana di
      Andrea Maffei (1869) scene recitate
     Vittorio Radicati (1895) scene cantate

    elaborazione drammaturgica e regia
              Luca Micheletti
      maestro concertatore e direttore
              Antonio Greco

   scene, sculture e video Ezio Antonelli
      light designer Fabrizio Ballini
          costumi Anna Biagiotti

    Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
          Coro Luigi Cherubini
in collaborazione con il Coro Lirico Marchigiano
           Vincenzo Bellini di Ancona

     nuova produzione di Ravenna Festival
Faust rapsodia Dal ciel sino all'inferno - Quanto in femmina foco d'amor - Ravenna Festival
personaggi     interpreti

                           ruoli cantati
                         Faust     Vito Priante                          Altri uomini, angeli, spiriti, lemuri, streghe
      Margherita / La Cura 	       Elisa Balbo                             (che parlano e cantano, oppure muti)
 Mefistofele / Spirito Maligno     Riccardo Zanellato
          Marta / La Miseria       Yulia Tkachenko                Michele Arcidiacono, Sofia Barilli, Martina Cicognani,
                      La Fame      Erica Cortese               Francesca De Lorenzi, Francesco Errico, Veronica Franzosi,
                      Il Debito    Mariapaola Di Carlo         Matteo Ippolito, Franco Magnone, Valentina Mandruzzato,
                                                                     Ciro Masella, Giorgia Massaro, Luca Massaroli,
                                                               Ivan Merlo, Jacopo Monaldi Pagliari, Giuseppe Palasciano,
                            ruoli parlati                        Danilo Rubertà, Angelo Sugamosto, Lorenzo Tassiello,
                          Faust    Edoardo Siravo                          Andrea Triaca, Maria Luisa Zaltron
Mefistofele / Spirito Maligno      Roberto Latini
                  Il Direttore     Franco Magnone                           direzione di scena Luigi Maria Barilone
                       Il Poeta    Andrea Triaca                      maestri di sala Alessandro Benigni, Davide Cavalli
                                                                           assistente ai costumi Antonio De Petrillo
            Gli Attori Faceti      Giuseppe Palasciano
                                                                             responsabile sartoria Manuela Monti
		                                 Valentina Mandruzzato        sarte Giulia Nonni, Cristina Occhiali stagista Miriam Ciampà
		                                 Francesco Errico               trucco e parrucco Natasha Mazzelli per Costume Art Lab
		                                 Veronica Franzosi                 assistenti Maria Angela Righetti, Giovanna Lanigra
                       Wagner      Ciro Masella                                    attrezzista Andrea Moriani
                                                                                   attrezzeria Rancati Milano
                     Valentino     Jacopo Monaldi Pagliari
                                                                     realizzazione scene Laboratorio del Teatro Alighieri
                      Brander      Lorenzo Tassiello                           carrozza storica di Vittorio Pasini
                         Siebel    Michele Arcidiacono                 costumi e accessori D’Inzillo Sweet Mode s.r.l.
                     Altmayer      Luca Massaroli                          calzature Calzature d’Arte Pedrazzoli srl
                        Frosch     Matteo Ippolito                                parrucche Paglialunga s.r.l.
                                                                                     service audio BH Audio
                            Osti   Danilo Rubertà
                                                                                       libretto su app Lyri
		                                 Angelo Sugamosto                              streaming Consorzio Digitalia
            Quattro streghe        Francesca De Lorenzi
		                                 Maria Luisa Zaltron               si ringraziano il Teatro dell’Opera di Roma,
		                                 Martina Cicognani                         il Centro teatrale bresciano
		                                 Giorgia Massaro           ritrovamento ed elaborazione del libretto di Vittorio Radicati
                   Il Presagio     Ivan Merlo                                   a cura di Daniele Palma
  Lo spettro di Margherita         Sofia Barilli

                    Il pianista    Davide Cavalli
Il soggetto

    Prologo sulla scena: dopo aver ascoltato un cantante intonare
una parte della sua opera, il Poeta, interpellato dal Direttore,
spiega che finché non avrà ascoltato l’opera nella sua interezza
non potrà dare alcun giudizio sull’esecuzione. Il Direttore,
con l’aiuto degli attori faceti, spiega che l’opera intera non si
ascolterà mai perché, secondo la legge del teatro, sarà tagliata
e adattata ai gusti degli ascoltatori.
    Prologo in cielo: Mefistofele scommette con Dio che riuscirà
a trarre a sé l’insaziabile dottor Faust.
    Faust, tormentato da spiriti che gli appaiono in sogno,
parla assopito. Il suo assistente, Wagner, credendo che egli stia
declamando una tragedia greca, bussa alla porta e intraprende con
lui una discussione sul sapere, sui suoi limiti e su coloro che credono
di detenerlo. Faust, insoddisfatto dallo studio, si è dato all’arte
magica, sperando di riuscire a conquistare la natura delle cose
superando i limiti del sapere umano e dialogando con gli spiriti.
    Si sente l’abbaiare di un cane: Wagner ritiene che sia un
comune barbone, Faust invece, vedendolo ingigantirsi, capisce
che si tratta di uno spirito, mentre Wagner scappa impaurito
quando vede arrivare una carrozza da cui si levano fumi. È da
quella carrozza che scende Mefistofele: Faust gli chiede il suo
nome, ma egli non glielo rivela, meravigliato che una tale
domanda gli venga posta da un sapiente che ha in disprezzo
la parola e che pretende di arrivare all’essenza delle cose;
Mefistofele tuttavia gli spiega di essere il Male.
Faust maledice ogni presunta forma di conoscenza sensibile
e alchemica, il potere, gli spiriti che turbano il sonno, l’amore,
la speranza e la pazienza, ma alle insistenze di Mefistofele decide
di stringere un patto con lui: Mefistofele sarà suo servo quassù,
ma laggiù, dopo la morte, le parti si invertiranno. Del resto, Faust
afferma di non essere interessato a un altro mondo, una volta
terminata la vita su questo.
    Firmato il patto con una goccia di sangue, Faust chiede di poter
vivere solo per le passioni più intense e roventi, così Mefistofele
lo conduce a teatro, dove assiste a una rappresentazione in cui
protagonista è lui stesso da giovane che, in un giardino, corteggia
la bella Margherita. Senza essere visto dagli attori, Faust irrompe
sulla scena e dichiara a Mefistofele di desiderare la giovane.
Mefistofele gli risponde che è già sua, del resto è proprio con lui
che ella aveva intessuto quel dialogo in scena. Faust, sebbene
                                                                    19
abbia coscienza del male che sta per fare a Margherita, non può
che raggiungerla nella sua camera. Un coro di streghe, inviato            Struttura dell’opera
da Mefistofele, appare a Margherita e le preannuncia il futuro:
abbandonata dal suo amante, annegherà il proprio figlio per poi
morire di dolore. La giovane piange e prega all’altare della Mater
dolorosa.
     All’osteria di Auerbach, Faust incontra Valentino, fratello di
Margherita, che si autocommisera ubriaco in mezzo a rumorosi
avventori. Si presentano Mefistofele e Faust chiedendo da bere:
viene promesso loro un fiasco a condizione che Mefistofele canti
                                                                       Prologo sulle scene
una canzone. Valentino si sveglia di soprassalto, sentendolo
                                                                       L’aurora (frammento)
cantare e lo aggredisce, ma Faust reagisce colpendolo a morte:
Valentino prima di spirare maledice la sorella. Margherita,
                                                                       Baritono, pianoforte
in chiesa, è tormentata da uno spirito maligno, mentre il Coro
                                                                       Scena recitata
intona il Dies irae.
                                                                       Direttore, Poeta e Faceti
     Faust, in un luogo di campagna insieme a Mefistofele,
intravede lo spirito di Margherita, Mefistofele cerca di distogliere
la sua attenzione da lei, ma poi gli rivela come lo spirito sia un
                                                                       Prologo in cielo
presagio del suo futuro: la giovane morirà in prigione. Faust
riconosce di essere responsabile della tragica sorte di Margherita     I santi Anacoreti
e chiede a Mefistofele di salvarla. Quando questi gli risponde che     Coro
ciò non è in suo potere, Faust sviene. Mefistofele spera di poter
presto far valere il suo patto.                                        Scena recitata
     Faust è tormentato dagli spiriti di quattro vecchie: la Fame,     Mefistofele
il Debito, la Miseria e la Cura, quest’ultima gli soffia in viso
accecandolo.
                                                                       Ouverture
     Faust giace a terra morto, Mefistofele è pronto ad
appropriarsi di lui, ma colei che un tempo fu Margherita
                                                                       Studio di Faust
si avvicina al corpo, leva lo sguardo al cielo facendo scendere
                                                                       Scena recitata
il raggio di luce della grazia, mentre il Coro Mistico annuncia
la salvezza di Faust, per aver sempre anelato al “bello eterno         Faust, La Voce dello Spirito, Wagner
femmineo”.
                                                                       Faust e Mefistofele (I)
                                                                       Scena recitata
                                                                       Faust, Mefistofele

                                                                       Scena in giardino
                                                                       Faust e Margherita, Mefistofele e Marta

                                                                       Faust e Mefistofele (II)
                                                                       Scena recitata
                                                                       Faust, Mefistofele

                                                                       Lemuri e streghe
                                                                       Gran vestibolo nel palazzo – Fiaccole (frammento)
                                                                       Mefistofele, Lemuri

                                                                       Scena recitata
                                                                       Coro di Streghe
20                                                                                                                         21
Margherita all’altare della Mater Dolorosa
Margherita

Cantina d’Auerbach a Lipsia e morte di Valentino
                                                                           2021
Scena recitata
Valentino, Mefistofele, Faust, un’allegra brigata

Scena in chiesa
Lo Spirito Maligno, Margherita, Coro

Faust e Mefistofele (III)
Scena recitata
Faust, Mefistofele

Mezzanotte
La Fame, Il Debito, La Miseria, La Cura, Faust

Morte di Faust (frammento)
Mefistofele, Coro

                                                                     il libretto
Coro mistico
Coro

    Brani tratti dalle Szenen aus Goethes Faust di Robert Schumann
nella traduzione di Vittorio Radicati (Faust. Scene dal poema
di Goethe, Bologna, Società Tipografica Azzoguidi, 1895)
e dall’opera goethiana nella traduzione di Andrea Maffei (Fausto,
Firenze, Le Monnier, 1869).

22
Faust rapsodia
              Dal ciel sino all’inferno
                   scene dalla tragedia di
       Johann Wolfgang Goethe (Faust I und II)

                           musica di
                    Robert Schumann
       (Szenen aus Goethes Faust, selezione dall’opera)

      traduzione italiana di Andrea Maffei (scene recitate)
             e di Vittorio Radicati (scene cantate)*
         elaborazione drammaturgica di Luca Micheletti

Le parti di testo in azzurro corrispondono alle scene cantate
tratte dalla traduzione di Vittorio Radicati.
* Nota alla revisione delle traduzioni

Personaggi                                            Le traduzioni di Maffei e Radicati hanno subito ritocchi
                                                 più o meno vistosi per ragioni diverse, attinenti al trattamento
                                                 drammaturgico generale e alla loro destinazione d’uso –
Ruoli cantati                                    la recitazione, per quella del primo; il canto per l’altra.
Faust baritono                                        Si sono operati ampi tagli e ricollocazioni di frammenti
Mefistofele / Spirito Maligno basso              o di intere scene, nell’ottica della composizione di un copione
Margherita / La Cura soprano                     originale che assecondasse il monito di Goethe a “fare in brani”
Marta / La Miseria mezzosoprano                  il “lavor compatto” del poeta, perché trovi nuova vita attraverso
                                                 il teatro (cfr. infra, Note su regia e drammaturgia). Oltre a sanare
La Fame contralto
                                                 le fratture imposte dalla manipolazione del testo, la liberissima
Il Debito contralto                              versione di Maffei registra qui alcune alterazioni lessicali
                                                 o fraseologiche, con varie ricadute che si sono risolte nel rispetto
Ruoli parlati e apparizioni                      del sistema metrico e rimico dell’originale. Tali variazioni,
Faust                                            quando non dettate dalla ricostruzione del testo a taglio
Mefistofele                                      avvenuto, si devono principalmente a una riconsiderazione
                                                 dell’efficacia d’una parola o di un’espressione nell’ottica d’una
Il Direttore                                     più diretta veicolazione del senso o del piglio del tedesco di
Il Poeta                                         partenza. Pur nella loro discrezionalità, i minimi interventi
Gli Attori Faceti                                hanno lo scopo di imprimere a un testo nato evidentemente per
Wagner                                           la pagina qualche accento coerente con quanto la scena si farà
Valentino                                        carico di tradurre in un peculiare segno estetico, pensato per una
                                                 specifica messinscena.
Brander
                                                      Per quel che riguarda, invece, gli interventi sul testo
Siebel                                           di Radicati, essi si devono pressoché esclusivamente al
Altmayer                                         riadattamento al testo musicale schumanniano della versione
Frosch                                           ritmica che, reperita in forma di libretto svincolato dalla
Osti                                             partitura diretta da Giuseppe Martucci nel 1895, abbisognava
Quattro streghe                                  di parziali ma indispensabili reinvenzioni.
Lo Spirito della Terra
Fuochi fatui
Lo spettro di Margherita

Altri uomini, angeli, spiriti, lemuri, streghe
(che parlano e cantano, oppure muti).

26                                                                                                                 27
© Zani-Casadio
Prologo sulle scene                                                        Bene senz’altro, ma se non si ascolta
                                                                           l’opera nella sua totalità
Una sala teatrale poco illuminata, come durante una prova o                non si può giudicare!
un’audizione. Il sipario è calato. Un cantante esegue un frammento
schumanniano accompagnato da un pianoforte in proscenio. Solo,             Direttore
seduto in un palco di barcaccia, un osservatore lo ascolta. Un terzo       		                  Come, amico?
individuo fuma un sigaro, di spalle.                                       Nessuno sentirà l’opera intera!

                                                                           Poeta
L’aurora (frammento)                                                       Cosa vorreste dire?

Il Cantante (che in seguito canterà il ruolo di Faust)                     Direttore
E così avvien; se con ardente speme                                        		                   Va tagliata!
a nobil fin volgiam sforzi fidenti,                                        Bisogna farla a pezzi, questa è legge
sicuro e sgombro è il calle che il piè preme,                              in teatro: nei libri è un’altra storia;
ma sboccan poi le fiamme fuor repenti                                      qui bisogna tritare e reimpastare!
dal baratro eternal; di noi fan gioco.                                     Un’opera voi date? Bene, in brani
La vital face accendervi se tenti,                                         datela! e coglierete ottimo frutto
ti stringe un mar di foco; o ciel, qual foco!                              dal vostro intingoletto: perché mai
È odio? È amor? Ci abbaglia, ci rinserra                                   rompervi il capo in un lavor compatto?
di gioia e duol fra orribili vicende                                       Per vedervelo poi spezzato e guasto
a tal che ripariam rivolti a terra                                         dall’uditorio?
nel candor prisco che la pace rende.
                                                                           Poeta
E sia; al sol le spalle noi volgiamo;                                                    Oh, voi, voi non sentite
la cateratta che fra scogli mugge                                          quanta sia la viltà d’un tal mestiere,
più e più ammiranda contempliamo.                                          e quanto esso sconvenga al vero artista!

Di balzo in balzo, in mille e mille via fugge                              Direttore
torrenti, e in mille scorre poi divisa,                                    Signor poeta, sopra queste tavole
l’aer di schiuma empiendo rumorosa;                                        io so cosa funziona e cosa no.
e fra la schiuma si dipinge in guisa                                       Travi, assiti son posti, ed una festa
d’arco baleno, volta maestosa;                                             il pubblico s’aspetta. Eccoli assisi,
or scorgi chiara l’iride, or sfumata;                                      colle ciglia inarcate, e già disposti
e un brivido quel rezzo par diffonda.                                      a fare tanto d’occhi. Io ben conosco
In quei color vedrai raffigurata,                                          ciò che il gusto del popolo presceglie!
se guardi ben, l’umana baraonda:                                           Non per niente dirigo la baracca.
sì variopinta nostra vita appare.
                                                                           Poeta
Al termine del frammento musicale, l’uomo che fuma si rivolge all’altro:   Oh, no! Di quel tuo volgo
                                                                           così mobile e insulso, onde lo spirto
Direttore                                                                  fastidito rifugge, oh non parlarmi!
Molte grazie! Signore, che ne dite?                                        Toglimi al fluttuar della marmaglia,
                                                                           e guidami alla pace
Poeta                                                                      dell’asilo sereno, ove al poeta
(Dalla barcaccia scavalca la balaustra e raggiunge il palcoscenico;        pura gioja fiorisce.
incerto, scegliendo le parole)
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Altre figure, in maschera, emergono dall’ombra del teatro, forse apparendo   del maggior dei suoi dritti? L’invenzione!
da un lembo sollevato del sipario ancora chiuso: sono gli attori faceti.     Chi convoca l’Olimpo ed i suoi numi?
                                                                             È l’umano poter che nel poeta
Primo Faceto                                                                 si manifesta.
		                  Date ascolto
a noi, signor poeta, che sul palco                                           Primo Faceto
viviam tutta la vita.                                                                      E sia! di questo grande
                                                                             poter fate buon uso, e ci tessete
Secondo Faceto                                                               la poetica tela al modo istesso
		                  Chi nel cuore                                            che comincia e finisce un’avventura...
gradevolmente sa insinuarsi, oltraggio
dai capricci del popolo non teme.                                            Secondo Faceto
                                                                             ...d’amore! Un tale ad una tal s’accosta;
Terzo Faceto                                                                 sente, non sa partirsi, a poco a poco
Voi fatevi notar come un esempio.                                            s’impania...

Quarto Faceto                                                                Terzo Faceto
Fuori la fantasia col suo corteggio                                                        ...Cresce la fortuna, i gaudj
di senno, di ragion, di sentimenti,                                          succedono ai contrasti, alfin le pene;
di passioni!                                                                 e, pria che vi si pensi...

Primo Faceto                                                                 Quarto Faceto
          Né vi manchi (e molto                                              		                     ...ecco il romanzo!
vel raccomando) la pazzia.
                                                                             Primo Faceto
Poeta                                                                        Fate il dramma in tal guisa, e fino al fondo
			 Tritare                                                                  nella vita tuffatevi...
e fare a pezzi un gran poema! Sceglierne
dei frammenti può sol mortificarlo!                                          Secondo Faceto
Vi vuole il tempo e il modo                                                  		                 La vive
d’entrare nella storia, nella musica!...                                     ciascuno, e nondimeno a pochi è nota.

Direttore                                                                    Terzo Faceto
Tagliamo corto. Per veder si viene;                                          Voi la vita mostrate e piacerà!
veder bramano tutti; accumulate!
Ai molti date il molto; se c’è il sugo                                       Quarto Faceto
trova ognun ciò che brama, e soddisfatto                                     Chiarezza poca poca,
lascia il teatro. Voi dategli roba!                                          ma tante belle immagini, e di Vero,
Date roba, e poi roba, e sempre roba:                                        dentro un pozzo d’errori, una scintilla!
non perderete. Abbagliar la gente
è la strada... Or che vi frulla nel capo?                                    Direttore
È l’estro, o l’emicrania?                                                    E gli effetti speciali, ricordatevi!
                                                                             Non dovete di macchine, di scene
Poeta                                                                        farmi risparmio. Usate il sol, la luna,
		                       Oh va’! ti cerca                                    sprecatemi le stelle, io vel consento.
un altro schiavo a modo tuo. Vorresti                                        Non d’acque; non di foco e non di rupi,
che facesse il poeta infame abiura                                           non d’uccelli o di fiere abbiam penuria.

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Trascorretemi qui, su questo palco                                          Parlar d’astri io non so, ma bene io veggio
di tavole, il Creato; e con prudente                                        come l’uom si lamenta e si corruccia.
velocità, la terra attraversando,                                           Del mondo il piccol dio
calatevi dal Ciel sino all’inferno.                                         è tale e quale ancora,
                                                                            sempre di quella vieta istessa buccia;
Il pianoforte che era poggiato sulla buca d’orchestra rialzata
                                                                            bizzarro, in fede mia, come all’aurora
ha iniziato a inabissarsi.
                                                                            che vide il suo natal. Potria men peggio
                                                                            campar, se conceduto
                                                                            tu non gli avessi dell’etereo lume
Prologo in cielo                                                            quel pallido barlume
                                                                            ch’egli chiama Ragion, di cui si vale
Frattanto, il rosso sipario che chiudeva il boccascena si solleva e svela   per essere brutale
il coro che esegue il frammento seguente                                    più d’ogni bruto.
                                                                            Direi, poi che licenza
                                                                            men dà Vostra Eccellenza,
I santi Anacoreti                                                           che l’uom molto somiglia alla cicala
                                                                            da’ lunghi piedi: l’ala
Coro ed Eco                                                                 sbatte ognor per volare e trarsi in alto,
Vedi là ondeggiar                                                           ma quel suo volo è un salto
la selva, e il suol calcar                                                  che la fa ricadere a mezzo il prato,
la roccia; e l’un poggiar                                                   ove strilla fra l’erbe il canto usato.
all’altro tronco par;                                                       S’accontentasse almen! Ma non v’è caso:
fontane scaturir,                                                           in ogni sudiciume imbratta il naso.
antri lor cavi offrir.                                                      Altro a dirti non ho! Sol sempre novi
Di fiere amico stuol                                                        lamenti udrai da me. Mai, mai non trovo
incontro a noi vien fuor,                                                   cosa che pel mio verso
lieto per dolce amor                                                        corra laggiù. Mai no, mai no, Signore!
di questo santo suol.                                                       Tutto, come di solito, a riverso.
                                                                            Le miserie de’ poveri mortali
Nello spazio vuoto avanza una figura oscura (viene dalla buca               son tante e tali,
del suggeritore?). Con una smorfia si guarda intorno; zoppica un po’.       che d’accrescerle quasi io non ho core.
Poi, si rivolge al Cielo:                                                   Che cosa? Come dici?
                                                                            Il tuo servo? Il dottor? Faust? Quel folle!
Mefistofele                                                                 Se lo conosco, eccome!
Giacché di nuovo a noi,                                                     Ti serve in modo strano
Signor, ti accosti, e intendere tu vuoi                                     colui! Tel so dir io.
come stiano le cose al mondo nostro,                                        Bevanda umana, umano
memore che talora                                                           cibo nol sazia: un lievito gli bolle
volentier tu mi vedi, anch’io mi mostro                                     nel cor che lungi il porta, e lo travìa.
fra’ tuoi servi confuso.                                                    E di questa pazzia,
Non posso, e tu perdona,                                                    consapevole a mezzo ei già mi pare.
articolar preghiere madornali;                                              Al cielo il più lucente
mi prenda pure in giro la corona                                            astro egli chiede, e le gioie più care
di quelli con le ali.                                                       dalla terra egli vuol; né mai presente,
Un tempo questo brio                                                        né mai lontano oggetto
t’avrebbe fatto ridere, ma è un pezzo,                                      queta il desio di quel commosso petto.
che non ci sei più avvezzo.                                                 Signor! vuoi metter pegno

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ch’io lo storno da te? Sol che ti piaccia                              devi, se mi costasse anche la vita!
lasciar che con ingegno                                                Quel Faust io sono, e pari a te son io!
io lo tiri bel bello alla mia traccia
mentre ei calca la terra... Mel consenti?                              La voce dello Spirito
Molte grazie, Signor! Io disvierò,                                     Allo Spirto che intendi egual tu sei,
arbitro me ne fai, dalla sorgente                                      non a me.
quello spirito saggio: e se la possa
n’avrò, sul mio sentiero                                               Faust
con me lo condurrò. Non ho timore                                                  Non a te? Ma chi somiglio
della scommessa: ma se colgo in brocco,                                dunque? Io, che son la immagine divina,
Signor, lasciami il vanto                                              a te pur non eguale? Ah, per l’inferno!
gustar del mio trionfo; e quello sciocco                               (Si desta)
polvere mangerà, come il famoso                                        Deluso ancor? La ressa
lontano mio parente: il serpente!                                      degli spirti ch’io vidi in fuga è messa?
(Il cielo si chiude e gli arcangeli si dividono.)                      Non mi rimane
                                                                       altro di tante larve
Mefistofele                                                            se non che in sogno il diavolo m’apparve?
(a sé)                                                                 (Un raggio di luna illumina lo studio.)
M’è caro a quando a quando il buon vegliardo                           Plenilunio seren! Perché non vedi
veder. Con lui di romperla mi guardo;                                  l’ultima volta il mio dolor? Seduto
è bello, in verità, d’un gran sovrano                                  qui sul mio scanno, oh quante, oh quante notti
scambiar fin col demonio un detto umano.                               vigilando io produssi! E tu venivi,
                                                                       mesto amico splendor, su miei volumi,
                                                                       sulle mie carte!... Oh, levar mi potessi
Ouverture                                                              ai gioghi alti del monte, intorno agli antri
                                                                       vagolar cogli Spirti, e nel soave
Del fumo inizia a fuoruscire dal golfo mistico.                        tuo crepuscolo, o luna, i verdi prati
Poco alla volta prende vita lo studio di Faust. Il vecchio dottore è   scorrere, dal maligno aere lontano
addormentato; i suoi sogni tormentosi si manifestano intorno a lui:    della ingrata scienza, ed al salubre
forse, sotto forma di spettacolo (onirico) per burattini.              fonte bagnarmi delle tue rugiade!
                                                                       Ah, fra quattro pareti ancor mi serro!
                                                                       Tenebrosa, dannata, umida tana,
Studio di Faust                                                        in cui, traverso a que’ pinti cristalli,
                                                                       fin lo stesso celeste amabil lume
Faust                                                                  torbido mi si frange! Io vivo in questo
(Assopito, parla come nell’incubo)                                     cumolo di volumi, esca de vermi
S’annugola, s’imbruna                                                  e della polve, e chiuso entro una valle
l’aere sul capo mio... Dispar la luna...                               di carte affumicate ed ascendenti
Tremola e muor la lampa...                                             fino alla volta. Ecco il tuo mondo, Faust!
Vapora... Guizzi di vermiglia vampa                                    E mondo questo si dirà? Dimanda
splendono intorno a me... Dalla sublime                                or perché pauroso il cor nel petto
volta discende un terror che mi opprime...                             così ti batta, perché ti torturi
O spirito invocato,                                                    ogni moto vital questo segreto
sei qui? Mi stai da lato?                                              dolore! Invece della viva e bella
Svelati!... Il cor mi scoppia... i sensi miei                          natura, in cui l’Eterno ha l’uom creato,
novo affetto scompiglia... a te rapita                                 qui, tra il fumo ed il lezzo, a me fan siepe
tutta l’anima vola... Ah sì! Tu devi,                                  scheletri d’animali ed ossa umane.

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(Picchiano.)                                                                 Faust
Ah, per l’inferno! L’arido pedante!                                          		                     Sì, fino agli astri
                                                                             corsi innanzi siam noi! L’età che furo
Wagner                                                                       sono un volume di sette suggelli,
(In vesta da camera e berretta da notte, una lucerna in mano. Faust          e lo spirto del tempo (è tale il nome
volta con dispetto le spalle)                                                che tu gli dai) non è se non lo spirto
Vi domando perdono. Io v’ho sentito                                          di quei dominatori in cui se stessa,
declamar: leggevate una tragedia                                             l’età, si specchia, e nulla più: sovente,
greca? Oh, certo io ne sono! Ammaestrarmi                                    credimi, una miseria, onde rimovi,
vorrei pure in quest’arte; arte di moda                                      al primo sguardo, la pupilla; un monte
oggigiorno. Più volte a me fu detto                                          di schifose immondezze, un ripostiglio
che potrebbe anche al prete un attore                                        di vecchia e smessa roba; od una farsa,
molte cose insegnar.                                                         se più vuoi, di prammatiche, squisite
                                                                             sentenze allardellata, e degne al tutto
Faust                                                                        da porsi in bocca ai burattini.
		                   Sì, quando il prete
fosse anch’egli un attore; e non di rado                                     Wagner
questo interviene.                                                           			                          Il cuore?
                                                                             La ragion? L’intelletto? Ahimè, saperne
Wagner                                                                       pur vorrebbero tutti alcuna cosa.
		                 Come lunga è l’arte,
Dio buono! E come breve è mai la vita!                                       Faust
Mi son posto allo studio, e molto appresi;                                   Io non m’illudo più
ma saper vorrei tutto.                                                       di saver cosa alcuna, o di poterla
                                                                             collo studio imparar. Io non ho beni;
Faust                                                                        oro, onori non ho, non che dominio
		                       Nulla, nulla!                                       nel mondo. Un cane non vorria la vita
Nulla di nulla noi sappiam: mi spezza                                        condur così.
l’anima! Vero è ben che più di questa                                        (Si ode lontano una risata e l’abbaiare d’un cane sempre più forte
ciurma presuntuosa di pedanti,                                               e inquietante)
di dottori, di preti e di scrivani,                                                        Per questo all’arte maga
me ne intendo, cred’io; né dubbio ormai                                      dato io mi son. Chi sa? La voce forse,
né scrupolo mi punge, e né l’inferno                                         il poter dello spirito potrebbe
né il dimon mi spaventa. Oh, ma la gioja                                     svelarmi alcun segreto, acciò non sia
m’è per sempre sfuggita!                                                     più costretto a parlar, con mia vergogna,
                                                                             di quanto io non conosco; e giunga alfine
Wagner                                                                       a saper ciò che il mondo in sé racchiude
(Come ignorando la profondità del pensiero di Faust e proseguendo nel suo)   d’operose virtù, di germi occulti;
			Grande cosa!                                                              né più mi vegga spacciator di ciance.
Quel frugar nello spirito dei tempi,                                         Spirti! Se l’aria popolate, e scettro
quel veder come seppe un dotto ingegno                                       tenete voi (fra terra e ciel vaganti)
pria di noi meditar, poi come innanzi                                        entro nugole d’oro a me scendete!
gli siam noi corsi di mirabil tratto,
è pur sommo piacer.                                                          Wagner
                                                                             Non chiamar quella nota, irrequïeta
                                                                             turba che, scombuiando, entro le nubi
                                                                             spandesi, e mille perigliosi agguati

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tende per ogni via... Costoro, messi           egli tentenna, s’adagia sul ventre,
si dicono del cielo, e colla voce              scodinzola, e fa tutto a mo’ de’ cani.
degli angeli, i perversi, osan mentirti!       Gli è pur la bestia matta
                                               il barbone! Ti fermi? Egli ti aspetta;
Faust                                          lo chiami? A te si drizza; un qualche oggetto
Osserva! Un negro cane                         perdi? Te lo riporta; il tuo bastone
per le biade e le macchie andar vagando        scaraventi lontano? Ei vi si getta.
non vedi tu?                                   (Lancia qualcosa. Uno scoppio. Un grande, sordo rumore accompagna
                                               l’ingresso di una carrozza dalla quale si alza un gran fumo che
Wagner                                         fuoriesce dai finestrini.)
Ma dove, mio signor? Ah, sì, laggiù.
Parmi cosa da nulla.                           Wagner
                                               Mio signore, sospetto con spavento
Faust                                          che stiano approssimandosi gli spettri;
		                   Attento il mira.          e guardar da prestigi e da malìe
Per chi prendi quel cane?                      già non vi so. Terror v’ha dato il cane?
                                               Baie! Laggiù preparasi e avvicinasi
Wagner                                         ben altra baraonda. Or ben, soccorso
			                      Io? per un nero       datemi voi! Guizzar da laggiù in fondo
barbon che fiuti, come suol, la traccia        non vedete voi nulla? Una carrozza
del padron che smarrì.                         mirabile s’avanza!
                                               Sprizzan faville di vari colori,
Faust                                          ed erran astri screziati in giro,
		                        Non hai notato       pari a fochi di magica lanterna...
come in lunghi rigiri di lumaca                Col rombo ella ne vien dell’uragano...
d’attorno ci si avvolga e più vicino           È già qui... Largo! Largo! Io raccapriccio!
sempre si faccia? E, s’io non erro, un solco   (Wagner fugge lontano)
lasci dietro la via di fiamma viva?

Wagner                                         Faust e Mefistofele (I)
Solo un nero barbone, altro io non scerno.
                                               Faust
Faust                                          (Estrae il Vangelo)
Eppure giurerei                                Un fuggiasco sei tu del bujo regno?
che di magiche fila egli ne cinge,             Osserva questo segno!
perché poi vi ci annodi. Ecco! Si stringe      Lo inchina e lo rispetta
il circolo. È già qui. Ma è cosa vera,         la turba maledetta.
un’ombra, una chimera?                         Già gonfia! Arruffa i peli!
Ve’, ve’ come dilata                           O spirito dannato,
questo barbon le membra!                       osi il guardo fisar nell’Increato?
Come le allunga e si leva gigante              Fisar nell’Ineffabile che i cieli
dal suol! Non è sembiante                      tutti di sé riempie
d’un cane questo, no!                          immenso, incircoscritto?
                                               Puoi fisarlo in Colui che fu dall’empie
Wagner                                         mani, per solo suo voler, trafitto?
		                     Non è fantasma,         Dall’aspettar ti guarda
è cane; or tu lo vedi. Egli guaisce,           la trina, ardente face!

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Dall’aspettar l’incanto                                                  Or ben, ciò che appellato
maggior dell’arti mie!...                                                esterminio, peccato,
                                                                         male, in somma, è dall’uomo, è tutto questo
Mefistofele                                                              il mio proprio elemento.
(mentre la nebbia va dileguandosi, balza fuori dalla carrozza in veste
di scolastico viaggiatore)                                               Faust
		                         Perché bordello                               Nulla di grande ruinar tu sai!
tanto? Al Signor che piace
di comandarmi?                                                           Mefistofele
                                                                         Intenderci potremo, spero.
Faust                                                                    Perché sanar dalla mattana
		È quello                                                               ti possa, eccomi qua bello acconciato
il midollo del cane? Un vagabondo                                        da nobile garzone: abito rosso
scolastico? Giocondo                                                     listato d’oro, mantellin di seta,
n’è il caso, e mi fa ridere di core.                                     penne di gallo al capo, ed un aguzzo
                                                                         lungo spadone; e, senza più, t’esorto
Mefistofele                                                              a vestir questa moda, acciò tu faccia,
Riverisco il dottissimo Signore!                                         libero, della vita esperimento.
Sudar voi mi faceste e molto bene!
                                                                         Faust
Faust                                                                    In qualunque vestito io mi ravvolga,
Il nome tuo?                                                             proverò della vita il tedio e il peso.
                                                                         Che mai può darmi il mondo?
Mefistofele                                                              Quindi, come un incarco, odio la vita,
              L’inchiesta                                                e sospiro la morte.
parmi frivola assai per l’uom che tiene
la parola in dispregio, e non s’arresta                                  Mefistofele
soltanto all’apparenza,                                                  		                   E pur la morte
ma vuol di tutto penetrar l’essenza.                                     non è l’ospite, al certo, il più gradito.

Faust                                                                    Faust
Con voi, signori miei,                                                   Maledico il poter che c’incatena
si va dritti dal nome alla sostanza.                                     l’anima con lusinghe e con prestigi,
Or ben, dimmi chi sei!                                                   e, da vezzi ingannevoli blandita,
                                                                         abbagliata, la serra in questa cieca
Mefistofele                                                              caverna di dolori! E pria quell’alto
Parte di quel poter che sempre vuole                                     concetto io maledico in cui lo spirto
il Mal, ma che pur sempre il Ben procaccia.                              se medesmo inviluppa; e maledico
                                                                         ogni fatuo splendor dell’apparenza
Faust                                                                    che i nostri sensi crudelmente illude!
Arzigogoli son le tue parole.                                            Maledico le larve allettatrici
                                                                         che ci turbano il sonno, e le chimere
Mefistofele                                                              d’una gloria immortal, d’un nome eterno!
Lo spirito che nega eternamente                                          Maledico il possesso, o d’una donna,
sono; e ben a ragion. Che si disfaccia                                   o d’un figlio, o d’un servo, o d’un aratro,
tutto quanto sussiste, e meglio assai                                    che di sé c’invaghisce! E maledico
se sussistito non fosse giammai.                                         Mammon, sia che ci sproni a petulanti

42                                                                                                                     43
opre coll’oro, o sia che ci spiumacci        Faust
per oziose voluttà le coltri!                		                       Che darmi
Maledico il balsamico licore                 vuoi tu, misero spirto? Ha mai compreso
che dai grappoli cola! E maledico            qualcuno dei tuoi pari quale altezza
gli ultimi doni dell’amor! La speme          la mente umana è in grado di toccare?
maledico, la fede! E maledetta               Tu m’offri un cibo che non può saziarmi.
sii tu sopra ogni cosa, o pazienza!
                                             Mefistofele
Mefistofele                                  Buon amico, avverrà, che noi potremo
Oh termina una volta                         goderci in tutta pace un po’ di bene.
questo gioco crudel co’ tuoi dolori,
che nella parte più vital ti rode            Faust
come ingordo avoltojo! Uno de’ grandi        Se mai mi adagerò, placato, ozioso,
non son; ma se t’aggrada al fianco mio       se mai troverò pace, dei miei giorni
porre il piè nella vita, io da quest’ora,    l’ultimo quello sia! Se con lusinghe,
e con vero piacer, mi faccio tuo.            se con falsi artifici tu riuscirai
Considerami amico, servo, schiavo.           a farmi compiacere di me stesso,
                                             se riuscirai ad illudermi, a piacermi,
Faust                                        suoni pur la mia ora. Vuoi tu pegno
E cosa darti in cambio?                      metter con me?

Mefistofele                                  Mefistofele
		                      Abbiamo tempo.                       Scommetto!

Faust                                        Faust
No, no! Tu lo dirai. Sempre soltanto         			                          Qua la mano!
se stesso ama il demonio, nessun altro       Quando io dica al fuggevole momento
gli è caro per amore. Chiaro e tondo         «T’arresta! oh, sei pur bello!» allor potrai
spiegami bene il patto. È un gran pericolo   cingermi di catene, e nell’abisso
mettersi in casa un servo come te.           volenteroso scenderò. S’arresti
                                             eternamente la lancetta e l’ali
Mefistofele                                  richiuda per me il Tempo.
Quassù sarò il tuo servo, de’ tuoi cenni,
senza posa né sosta, esecutore;              Mefistofele
ma quando scenderemo colaggiù,               Buttiamo giù due righe, che ne dici,
toccherà a te.                               per la vita e la morte...

Faust                                        Faust
              Gran noja a me non reca        		                      Anche uno scritto!
quel laggiù, né mi cal se un altro mondo
sorga, poi che disfatto avrai tu questo.     Mefistofele
                                             Semplicemente il nome tuo con una
Mefistofele                                  goccerella di sangue.
E vedrai con piacer quai meraviglie
sanno oprar l’arti mie. Nessun mortale       Faust
ebbe mai ciò che ti darò!                    		                    E ciò ti basta?
                                             Eccoti soddisfatto.

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Mefistofele                                                               Faust
		                  Inchiostro è il sangue                                E tu mi ravvisavi, angel di Dio,
di virtù singolare.                                                       là del giardino al primo entrar?

Faust                                                                     Margherita
Ora nel mare dei sensi s’ingolfi                                          Ma tosto in giù rivolsi il guardo mio.
e si sfoghi il bollor delle passioni!
Ogni più bella meraviglia irrompa                                         Faust
dal fitto vel della malìa. Nel turbine                                    Piacciati, cara, perdonar
del tempo rotoliam, nell’indefesso                                        a me licenza che m’ho presa
girare degli eventi. Affanni e gioie,                                     in su l’uscir tuo de la chiesa.
lieti e tragici istanti in un perpetuo
movimento s’alternino; ché solo                                           Margherita
nell’agitarsi senza sosta esulta                                          Ne fui turbata; ché tal fatto mai
la natura dell’uomo. Io lo voglio!                                        pria m’accadde; e di me motto non era.
                                                                          «Forse, pensai, una leggera sembrava,
Mefistofele                                                               o negli atti io sfacciata mi mostrai?
Magnifica parola!                                                         Se libero e lieto mi venne allato
Pur m’annoia un pensiero. Il tempo è breve,                               come a impudica foss’accostato».
lunga è l’arte. È l’ora di partire!                                       Pur, lo confesso, sentii un non so che
                                                                          qua dentro che per voi sincer già mi parlava;
Faust                                                                     e trista, un po’ ripresimi da me
Ma l’arte della vita, ancor che lunga                                     perché con voi, no, io non mi adirava.
m’abbia la barba, io non conosco...
                                                                          Faust
Mefistofele                                                               Delizia!
				 Amico!
Fiducia in te, ed agevole la vita                                         Margherita
subitamente ti parrà.                                                              Zitto un po’.
                                                                          Coglie una margherita e uno dopo l’altro ne strappa i petali.
Faust
Ove dunque n’andiam?                                                      Faust
                                                                          Un mazzo vuoi far?
Mefistofele
		                        Ovvio, a teatro!                                Margherita
                                                                          No, solo un gioco fo.
Partono in carrozza.
                                                                          Faust
                                                                          Che?
Scena in giardino
                                                                          Margherita
Dall’elevatore in proscenio s’alzano più file di poltrone teatrali.             Mi farò beffar...
Un piccolo teatrino (un praticabile rotellato) viene portato in           Sfoglia il fiore, bisbigliando tra sé.
palcoscenico. Vi prende vita la Scena in giardino, durante la quale
un giovane Faust interpreta il ruolo di Enrico. Il vecchio Faust prende   Faust
posto in una delle poltrone teatrali predisposte. Mefistofele resta       Che mormori?
ambiguamente appoggiato ad una quinta.

46                                                                                                                                        47
Margherita                                                              Come interrompendo un sogno, o abitandolo, Faust sale sulla scena
a mezza voce                                                            e osserva da vicino Margherita – che di lui non s’avvede – e l’altro
                Ei m’ama; no, non m’ama; ei mi ama!                     se stesso, in veste di galante giovanotto, ormai lontano.

Faust                                                                   Faust
Fanciulla cara, è oracolo divin                                         Per dio, quella fanciulla è appetitosa!
l’accento di quel fior; ei t’ama; intendi                               Veduta io non ho mai più bella cosa.
che voglia dir: ei t’ama?                                               È savia, costumata; in lei mi piace
Le prende le mani.                                                      fino il suo far mordace.
                                                                        Quel caro volto, quel labbro vermiglio,
Margherita                                                              giammai non mi potranno uscir di mente...
		                         Ho un gelo in cor!                           Quand’ella a terra il ciglio
                                                                        chinò, profondamente
Faust                                                                   mi s’è fitta nel core...
Deh calmati, lascia che gli occhi e quest’abbraccio
ti palesin ciò che ineffabil è,                                         Mefistofele
ch’avrà, lo senti? Per sempre eterna la durata.                         		                    È cosa naturale.
                                                                        Quando un dio per sei giorni e soffia e suda
Mefistofele                                                             e bravo! A sé medesmo alfin si dice,
È tempo ormai d’andare.                                                 alcun che di sensato aver composto
                                                                        dovrebbe pur. Ti sazia a questa volta
Marta                                                                   dell’ammirar...
(entrando)
Sì; tardi è, mio signor.                                                Faust
                                                                                          Voglio quella fanciulla!
Faust
Vi posso accompagnare?                                                  Mefistofele
                                                                        Torna dal confessor la bella faccia
Margherita                                                              da’ suoi peccati assolta.
Se mamma... Qual rossor! Addio.                                         M’accostai chiotto chiotto al finestrino,
                                                                        ed ogni paroletta io v’ho raccolta.
Faust                                                                   È pur la buona e semplice fanciulla!
Partir degg’io? Addio.                                                  Si confessa per nulla...
                                                                        su lei non ho poter.
Marta
Buon dì!                                                                Faust
                                                                        		                    Quattordic’anni,
Margherita                                                              ha però tocchi.
(con trasporto)
          Doman deh! Ritorni qui!                                       Mefistofele
                                                                                        Udite il don Giovanni!
                                                                        Per sé vuole ogni fior, vuol che tributi
Faust e Mefistofele (II)                                                sieno, amori e favori, a lui dovuti.
                                                                        Ma sempre a fantasia
Sul teatrino la scena prosegue, ma come in un’altra dimensione.         di vostra Signoria
Margherita, rimasta sola, raggiunge la propria cameretta – la scena è   ogni cosa non va.
intanto mutata – e prega; indi, si corica... sogna.

48                                                                                                                                             49
Faust                                          che impetuoso per disciolte nevi
		                 La non mi annoi,            rompa le dighe, l’incendio amoroso
Messer pedante, co’ sermoni suoi.              prima in te divampò, poi ne versasti
Gliel dico aperto e chiaro:                    la piena inondatrice entro il suo core,
se lei, signor mio caro,                       ed ora il tuo ruscel di novo è secco.
in questa notte non mi getta in braccio        Parmi che in vece di restar di sasso
quella soave creatura, il dosso                dovrebbe il mio magnanimo Signore
le volto, e me ne spaccio.                     rispondere all’amor della languente
                                               Margherituccia. Doloroso il tempo
Mefistofele                                    le par. E tante volte in pianto scoppia,
		                          Il vostro cenno    poi calmarsi ella pare... ma sempre amante!
eseguirò, magnifico Messere,
con tutto il mio piacere.                      Faust
Oibò! Come l’amor v’ha torto il senno!         Serpe! Serpe!
Solo per sollazzare una gonnella,
si fa saltare il sole ed ogni stella!          Mefistofele
Ella è già tua, consólati!                     ( fra sé)
                                                             Sì, serpe che ti avvinghi!
Faust
		                    Già mia?                 Faust
Se pur non ho scambiato con essa una parola!   Levati, iniquo, di costà! Nei sensi,
                                               quasi sedotti, non destar la brama
Mefistofele                                    delle dolci sue membra.
Con chi se non con te,
ella, da solo a sola,
                                               Mefistofele
scambiava tanto ardenti giuramenti?
                                               		                      Questa è bella!
Non ti riconoscesti in quella foggia
                                               Me l’hai appena domandata, o no?
d’azzimato galante?
                                               E come le fai male stando qui,
                                               da lei così lontan...
Faust
		                  Anzi a me stesso
                                               Faust
me stesso avresti posto, illusionista
                                               		                   Le son vicino!
da quattro soldi?
                                               Ma se lungi pur fossi, io né lasciarla
Mefistofele                                    né obbliarla potrei. Fin del Signore,
		Bella ricompensa!                            quando tocca i suoi labbri, invidio il corpo.
Ed io che t’ho portato nel bel mezzo
del tuo dramma, come da copione:               Mefistofele
ormai il corteggiamento è molto avanti,        Io me la rido. Vedi un po’ la grande
la tua cara è laggiù. Tristezza e noja         sventura! Andarne della tua diletta
tutto le dà...                                 alla stanza tu dèi, non alla morte.

Faust                                          Faust
             Perché?                           Ma le gioie del ciel nelle sue braccia
                                               che sono mai? Fa’ pur ch’io mi riscaldi
Mefistofele                                    stretto a quel seno: la miseria sua
Pensa a te ogni momento! È così forte          sentir non ne dovrò? Fuggiasco io forse
l’amor ch’ella ti porta! Uguale a rivo         non son? Privo di tetto? Un mostro umano

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che non ha méta, né riposo? Un’onda         Lemuri e streghe
che freme e si precipita da questa
a quella roccia, e con impeto cieco         Gran vestibolo nel palazzo
corre a gettarsi nell’abisso?... Ed ella,
ella invece coi puri ingenui sensi          Mefistofele
d’una bambina s’accogliea tranquilla,       (In testa, come sorvegliante)
del suo piccolo mondo abitatrice.           Avanti pur! Entrate qua,
Ed io, l’odio del cielo, il maledetto,      Lemuri attenuati,
nol potei sopportar. Le rupi avvinsi,       d’ossa e di nervi per metà
le capovolsi, e lei colla sua pace          sol fatti ed animati.
vi ho seppellita. Inferno! Era dovuta
questa vittima a te. Mi accorcia dunque,    Lemuri
demonio, il tempo dell’angoscia, e quanto   (In coro)
dee seguir, segua tosto. Il mio destino     Al tuo comando noi qui stiam
si confonda col suo, tanto che insieme      e per metà intendiamo;
ella ed io discendiam nella voragine.       v’ha tal contrada, lo sappiam,
                                            che posseder dobbiamo;
(Faust esce.)                               aguzzi pali son colà
                                            e la catena ancora,
Mefistofele                                 ma la cagion perché siam qua
Quanto fracasso sol per un incontro         di nostra mente è fuora.
galante! Va’, va’, matto, e la consola!
(A sé)                                      Mefistofele
Diè la sorte a costui tale una mente        Travaglio d’arte non v’occor,
che sempre irrefrenata oltre si lancia,     quant’è il potere l’adoprate;
e nella foga impetuosa i gaudi              si stenda chi è più lungo tra di voi,
della terra travalca. Io pe’ sentieri       voi quelle zolle rivoltate, svelti;
più torti e sozzi della vita addietro       qual de’ maggiori usanza fu
me lo trarrò. Dibattersi, invescarsi,       bislunga fossa s’ha a scavar,
scombuiato, smarrito in mille inezie        ché dal palazzo al buco ancor
dovrà. Cibo, bevanda innanzi agli occhi     la sciocca strada occorre far.
gli farò balenar; ma porvi il labbro
egli mai non potrà; mai l’implorato         Lemuri
refrigerio ottener. Se dato ei pure         (Scavando con gesti grotteschi)
non si fosse al demòn, no, men sicura       Vivendo, amando, in gioventù
non saria la sua perdita immortale.         l’andava proprio assai benino;
Ed ora qui da me, ciurma ribalda!           ov’eran suon, canzon, volar
                                            soleva il mio piedino.
                                            Or la funesta vecchiezza m’ha
                                            con la sua gruccia toccato.
                                            Poi nel sepolcro il piè inciampò
                                            perché era scoperchiato.

                                            Coro di Streghe
                                            Lunga e larga è la via. Che furia pazza!
                                            Punge la forca, spazza
                                            la scopa, il bimbo affoga, e di dolore
                                            la madre muore.

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Tacciono i venti, l’aria s’imbruna,                                        Seconda Strega
fuggon le stelle, spare la luna;                                           alle gite in campagna ed ai banchetti...
ed al bisbiglio dei nostri cori
sprizzano intorno mille splendori.                                         Tutte
                                                                           Col ganzo!
Mefistofele
Fior della stregheria, pensate voi                                         Terza Strega
ad informar con l’ultima novella                                                     E primeggiarvi ella dovea!
la povera Ghituccia ingrugnatella!
                                                                           Quarta Strega
(Le streghe si rivolgono a Margherita, nella sua stanza; la fanciulla si   Di vini, ad ogni tratto, e di confetti
ridesta e mima il sentimento di voci interiori a tormentarla.)             da lui servita.

                                                                           Prima Strega
Prima Strega
                                                                           Una beltà che non avesse uguali
Nulla t’han detto, o Ghita,
                                                                           la si tenea...
di Barberina?
                                                                           Seconda Strega
Seconda Strega                                                                          ...rossore
            Cosa certa!                                                    pur d’accettar regali
                                                                           non sentia la sfacciata...
Terza Strega
		                          Udita                                          Terza Strega
oggi io l’ho da Sibilla.                                                   			Un carezzarsi
                                                                           fra loro...
Quarta Strega
		                  E dàlli, dàlli,                                        Quarta Strega
v’incappò finalmente...                                                             ...un baciucchiarsi
                                                                           di continuo...
Prima Strega
Con quel suo far da nobile signora!                                        Prima Strega
                                                                                       E, per fartela finita:
Seconda Strega
Come, sia detto in breve in breve:                                         Tutte
                                                                           così perduto ha il fiore.
Tutte
si nutriscono in due se mangia e beve.                                     Seconda Strega
                                                                           Magari se la sposa...
Terza Strega
O dio! Spiccarsi un’ora                                                    Tutte
da colui non sapea!                                                        		                      Ah! Ah! Ah! Ah!

Quarta Strega                                                              Terza Strega
Sempre ai passeggi...                                                      Di certo non è matto!

Prima Strega                                                               Quarta Strega
		                      ... ai balli...                                    Trova in ogni paese un mariuolo
                                                                           svaghi quanti ne brama.

54                                                                                                                    55
Prima Strega                                      Sono questi miei fior c’ho colti
		                          Ha preso il volo!     bagnati di lagrime,
                                                  sanno essi i miei dolori
Seconda Strega                                    l’umor che tai li fè.
E questo non è bello!                             Nella mia cameretta
                                                  il sol, tosto che appar,
Terza Strega                                      me su le coltri eretta
Dovesse anche l’anello                            vede già dolorar.
darle colui...                                    Deh, salvami dal disonor,
                                                  pietosa, tu dolorosa
Quarta Strega                                     regina, guarda il mio dolor.
              ...stracciata
                                                  (Margherita si immobilizza e resta da un lato della scena, assorta, in
verrà dalla ciurmaglia
                                                  un cantuccio tutto suo che non ha relazione con quanto avverrà, fino
quella sua ghirlandaccia!
                                                  a che non sia indicato.)
Prima Strega
			...E noi l’entrata                             Cantina d’Auerbach a Lipsia
della sua casa...
                                                  Il sipario, calato durante la preghiera di Margherita, si rialza e mostra
Tutte                                             la Cantina di Auerbach.
                  spargerem di paglia!            Valentino è seduto a un tavolo dell’osteria. Beve ripetutamente,
(Le streghe spariscono. Margherita si ridesta.)   versandosi più bicchieri.

                                                  Valentino
Margherita all’altare della Mater Dolorosa        (mezzo ubriaco, disperatamente)
                                                  Quando alla taverna io mi sedea,
Margherita                                        dove cianciano molti, ed i compagni
Pietosa, tu dolorosa                              non finian di lodarmi a bocca piena
Regina guarda il mio dolor!                       il fior delle ragazze, e nei bicchieri
Con cor trafitto                                  tuffavano le lodi, appuntellando
il derelitto                                      il mio gomito al desco, io me ne stavo
figliuolo tuo vedi morir;                         nella mia piena sicurtà tranquillo,
e al Padre suo                                    silenzioso ad ascoltar quel rombo
va il sospir tuo                                  di vanterie. Lisciandomi la barba
perché soccorra a tai martir.                     poscia con un sogghigno, e brancicata
Chi sente,                                        la mia tazza, dicea: «La pensi ognuno
chi pon mente                                     come gli va, ma nel paese nostro
alle mie angosce mai?                             non è chi della mia buona Ghituccia
Non ha il cuor tranquilla speme;                  sostenga il paragon: quella ragazza
quel che brama, quel che teme,                    n’è la cima, o signori». E d’ogn’intorno
sola, tu sola il sai.                             un tintin si levava. «Egli ha ragione»
Qual ch’io pigli cammino                          sbraitavano molti; «essa è la perla
meco il dolor trascino,                           delle brave fanciulle» e i vantatori
meco per lagrimar.                                stavano zitti. Ed or!... strapparmi il ciuffo
Soletta se rimango                                ora io vorrei! Vorrei nella muraglia
oh come piango! Piango,                           dar la testa! Ogni ciuco impunemente
che il cor mi par franto.                         con frizzi sanguinosi e biechi insulti

56                                                                                                                         57
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