Faust rapsodia Dal ciel sino all'inferno - Quanto in femmina foco d'amor - Ravenna Festival
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Trilogia d’autunno la Danza, la Musica, la Parola Faust rapsodia Dal ciel sino all’inferno Quanto in femmina foco d’amor... Mistero per voci e pellegrine
Si vive meglio in un territorio che incoraggia i Sogni. 2021 Trilogia d’autunno la Danza, la Musica, la Parola Basilica di San Francesco, ore 19.30 Quanto in femmina ©2016 foco d’amor... Mistero per voci e pellegrine Teatro Alighieri, ore 21 Faust rapsodia DAL 1992, UN IMPEGNO FORTE PER LA CRESCITA SOCIALE DEL MONDO GIOVANILE. Dal ciel sino all’inferno La Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna ha sempre rivolto grande attenzione all’universo giovanile, contribuendo alla trasmissione di valori e motivazioni. I progetti sostenuti in questi anni hanno svolto un ruolo importante per la crescita dei processi educativi, dell’istruzione, della pratica sportiva e per l’acquisizione di strutture e dotazioni all’avanguardia al servizio del Polo ravennate dell’Ateneo bolognese. Da anni, la Fondazione opera inoltre per la valorizzazione dell’autonomia scolastica e, grazie al suo contributo, un numero ingente di plessi scolastici dell’intero territorio provinciale ha già rinnovato laboratori, luoghi di lettura e di studio, modalità di insegnamento. La Fondazione contribuisce a rispondere con un segnale forte di speranza e di fiducia alle aspettative sociali della comunità, per l’avvenire nostro e dei nostri figli. DA SEMPRE A FIANCO DEL RAVENNA FESTIVAL. 1, 2, 3 ottobre w w w. f o n d a z i o n e c a s s a r a v e n n a . i t
ringrazia con il patrocinio di Senato della Repubblica Camera dei Deputati Associazione Amici di Ravenna Festival Ministero della Cultura Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Apt Servizi Emilia Romagna Assicoop Romagna Futura - UnipolSai Assicurazioni Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centro-Settentrionale BPER Banca Cna Ravenna Confartigianato Ravenna Confindustria Romagna con il sostegno di COOP Alleanza 3.0 Cooperativa Bagnini Cervia Corriere Romagna DECO Industrie EDILPIÙ Eni Federazione Cooperative Provincia di Ravenna Federcoop Romagna Ministero degli Affari Esteri Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e della Cooperazione Internazionale Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna Gruppo Hera Gruppo Sapir GVM Care & Research con il contributo di Koichi Suzuki Intesa Sanpaolo LA BCC - Credito Cooperativo Ravennate, Forlivese e Imolese La Cassa di Ravenna SpA Legacoop Romagna Pirelli PubbliSOLE Publimedia Italia Quick SpA Quotidiano Nazionale Comune di Cervia Comune di Lugo Comune di Russi Rai Uno Ravennanotizie.it Reclam Romagna Acque Società delle Fonti Koichi Suzuki Setteserequi partner principale si ringraziano con il patrocinio di Ministero degli Ambasciata Affari Esteri d’Italia Jerevan e della Cooperazione Internazionale
Francesca e Silvana Bedei, Ravenna Presidente Presidente onorario Chiara e Francesco Bevilacqua, Ravenna Eraldo Scarano Cristina Mazzavillani Muti Mario e Giorgia Boccaccini, Ravenna Costanza Bonelli e Claudio Ottolini, Milano Presidente onorario Direzione artistica Paolo e Maria Livia Brusi, Ravenna Gian Giacomo Faverio Glauco e Filippo Cavassini, Ravenna Franco Masotti Roberto e Augusta Cimatti, Ravenna Vice Presidenti Angelo Nicastro Marisa Dalla Valle, Milano Leonardo Spadoni Maria Pia e Teresa d’Albertis, Ravenna Maria Luisa Vaccari Ada Bracchi Elmi, Bologna Fondazione Rosa Errani e Manuela Mazzavillani, Consiglieri Ravenna Manifestazioni Ravenna Andrea Accardi Gioia Falck Marchi, Firenze Paolo Fignagnani Soci Gian Giacomo e Liliana Faverio, Milano Chiara Francesconi Comune di Ravenna Paolo e Franca Fignagnani, Bologna Adriano Maestri Provincia di Ravenna Giovanni Frezzotti, Jesi Maria Cristina Mazzavillani Muti Camera di Commercio di Ravenna Eleonora Gardini, Ravenna Irene Minardi Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna Sofia Gardini, Ravenna Giuseppe Poggiali Stefano e Silvana Golinelli, Bologna Thomas Tretter Confindustria Ravenna Lina e Adriano Maestri, Ravenna Confcommercio Ravenna Irene Minardi, Bagnacavallo Segretario Confesercenti Ravenna Silvia Malagola e Paola Montanari, Milano Giuseppe Rosa CNA Ravenna Francesco e Maria Teresa Mattiello, Confartigianato Ravenna Ravenna Arcidiocesi di Ravenna-Cervia Peppino e Giovanna Naponiello, Milano Giorgio e Riccarda Palazzi Rossi, Ravenna Consiglio di Amministrazione Gianna Pasini, Ravenna Presidente Desideria Antonietta Pasolini Dall’Onda, Giovani e studenti Michele de Pascale Ravenna Carlotta Agostini, Ravenna Giuseppe e Paola Poggiali, Ravenna Federico Agostini, Ravenna Vicepresidente Carlo e Silvana Poverini, Ravenna Domenico Bevilacqua, Ravenna Livia Zaccagnini Paolo e Aldo Rametta, Ravenna Alessandro Scarano, Ravenna Consiglieri Marcella Reale e Guido Ascanelli, Ravenna Ernesto Giuseppe Alfieri Stelio e Grazia Ronchi, Ravenna Aziende sostenitrici Chiara Marzucco Stefano e Luisa Rosetti, Milano Alma Petroli, Ravenna Eraldo e Clelia Scarano, Ravenna LA BCC - Credito Cooperativo Davide Ranalli Leonardo Spadoni, Ravenna Ravennate, Gabriele e Luisella Spizuoco, Ravenna Forlivese e Imolese Sovrintendente Paolino e Nadia Spizuoco, Ravenna Ghetti - Concessionaria Fiat, Lancia, Antonio De Rosa Paolo Strocchi, Ravenna Abarth, Alfa Romeo, Jeep, Ravenna Thomas e Inge Tretter, Monaco di Baviera Kremslehner Alberghi e Ristoranti, Segretario generale Ferdinando e Delia Turicchia, Ravenna Vienna Marcello Natali Maria Luisa Vaccari, Ferrara Rosetti Marino, Ravenna Luca e Riccardo Vitiello, Ravenna Terme di Punta Marina, Ravenna Responsabile amministrativo Livia Zaccagnini, Bologna Tozzi Green, Ravenna Roberto Cimatti Revisori dei conti Giovanni Nonni Alessandra Baroni Angelo Lo Rizzo
Sommario Quanto in femmina foco d’amor... Mistero per voci e pellegrine La locandina ............................................................. 9 Quanto in femmina foco d’amor Mistero per voci e pellegrine .......................................... 10 di Francesca Masi Faust rapsodia Dal ciel sino all’inferno La locandina ............................................................ 15 Il soggetto ............................................................... 19 Struttura dell’opera ................................................ 21 Il libretto ................................................................. 23 Faust tra Goethe e Schumann: genio e incompiutezza di una “rapsodia satanica” Note su regia e drammaturgia ................................ 75 di Luca Micheletti Frammenti di sublime Guida all’ascolto delle Scene dal Faust di Goethe di Robert Schumann ............................................... 83 di Antonio Greco Radicati in tempore pestilentiae .................................. 93 di Daniele Palma Gli artisti ................................................................ 99 I luoghi Teatro Alighieri ..................................................... 127 Basilica di San Francesco ....................................... 129
Quanto in femmina foco d’amor... Mistero per voci e pellegrine di Francesca Masi da un’idea di Cristina Mazzavillani Muti musiche Mottetti tratti dal Codice di Las Huelgas (xiii-xiv sec.) “O Maria Maris Stella” mise en espace a cura di Luca Micheletti personaggi interpreti Eva Sofia Barilli Matelda Chiara Nicastro Una penitente Veronica Franzosi Francesca Maria Luisa Zaltron Pia Valentina Mandruzzato Piccarda Giorgia Massaro Cunizza Gabriella Casali Sapia Martina Cicognani Voce narrante Francesca De Lorenzi e con Vittoria Giacobazzi soprano Antonella Gnagnarelli contralto Vittoria Magnarello soprano costumi Anna Biagiotti luci Fabrizio Ballini nuova produzione di Ravenna Festival
Quanto in femmina la capacità di tessere insieme e di ritrovare sempre la strada della propria chiamata sono gli spunti per un’ipotesi di narrazione che foco d’amor parla di un incontro tra donne diverse, per storia e provenienza, ma unite in un comune sentire. Promesse e sconfitte, sogni Mistero per voci e pellegrine e rinunce costituiscono il ritmo entro cui si misurano giovani innamorate, che si rivelano ben lontane dall’ideale cortese di Francesca Masi mostrando tutta la corporeità e il misticismo del loro essere infuocate d’amore. Nello spazio della preghiera, il mistero del rosario, ripetizione e generazione, litania di sempre, arriva una La scrittura dantesca è intessuta di dialoghi tra antichi penitente e, nel reciproco racconto, si ricompongono i frammenti e moderni, tra morti e vivi, tra “sommersi” e salvati”. “Il poema di una vita spezzata e si fa largo la possibilità di un altro viaggio di Dante è solo paradossalmente un poema, è fatto più di lacune per guardare a sé e alla propria storia e per ritrovare, in un che di testo”, così Mario Luzi ci introduce nei movimenti di impasto di terra e cielo, quelle stelle che possano orientare scena, fatti di pause, conversazioni a distanza, percorsi tra cielo i pellegrini e le pellegrine di sempre. e inferno, dove si aprono a noi pellegrinaggi per strade nuove e inaspettati incontri. Alcune figure dantesche, che si accampano nella fantasia con l’evidenza delle cose vedute e raggiungono nella memoria una sorta di vitalità autonoma, chiedono di noi, dicendo di loro. Nel dialogo Dante fonda il movimento drammaturgico dell’oltremondo, confrontandosi con oltre 500 personaggi; di questa popolazione narrante sono 41 le anime femminili, fatta esclusione per la donna-guida, Beatrice, animali, figure allegoriche e visionarie. Francesca e non Paolo è protagonista del primo incontro di Dante, a lei è affidata la riflessione sull’amore e per esteso sulla letteratura. Così come a Piccarda è demandata la rivelazione del come “ogne dove in cielo è paradiso”. Con cinque donne, Francesca, Piccarda, Pia, Sapia e Cunizza, numero non casuale strettamente associato alla sensualità e alla corporeità, avviene uno scambio profondo che restituisce, in forma prismatica, lo sguardo femminile sulla creazione e sull’amore che ne è all’origine. A illuminare e completare queste figure vi è il potente fondale di Maria ed Eva. Eva, “la piaga che Maria richiuse e unse, quella ch’è tanto bella da’ suoi piedi”; Eva, donna infuocata di bellezza perché la più vicina alla creazione di Dio e inizio di quella storia di cui Maria è compimento. Le due madri sono l’alfa e l’omega del dinamismo del mondo, evocato, cantato e danzato da Matelda, la bella donna edenica che disegna il fluire del tempo e con esso ogni generatività. Tutto avviene in quello straordinario movimento dal basso all’alto e dall’alto al basso evocato nell’immagine della scala di Giacobbe, degli angeli che salgono e scendono da un cielo che sa farsi terra. L’azione della Commedia inizia con uno sconfinamento: Beatrice dall’Empireo scende fino al Limbo, su indicazione di Lucia a sua volta interpellata da Maria, per sollecitare Virgilio a prestare soccorso a Dante perso nella selva oscura. Lo scendere della donna amata tuttavia è connotato dal desiderio del ritorno al cielo: “vegno dal loco ove tornar disio”. Proprio la possibilità, riservata alle anime femminili, di muoversi tra i tre regni, 10 11
Faust rapsodia Dal ciel sino all’inferno scene dalla tragedia di Johann Wolfgang Goethe (Faust I und II) musica di Robert Schumann (Szenen aus Goethes Faust, selezione dall’opera) traduzione italiana di Andrea Maffei (1869) scene recitate Vittorio Radicati (1895) scene cantate elaborazione drammaturgica e regia Luca Micheletti maestro concertatore e direttore Antonio Greco scene, sculture e video Ezio Antonelli light designer Fabrizio Ballini costumi Anna Biagiotti Orchestra Giovanile Luigi Cherubini Coro Luigi Cherubini in collaborazione con il Coro Lirico Marchigiano Vincenzo Bellini di Ancona nuova produzione di Ravenna Festival
personaggi interpreti ruoli cantati Faust Vito Priante Altri uomini, angeli, spiriti, lemuri, streghe Margherita / La Cura Elisa Balbo (che parlano e cantano, oppure muti) Mefistofele / Spirito Maligno Riccardo Zanellato Marta / La Miseria Yulia Tkachenko Michele Arcidiacono, Sofia Barilli, Martina Cicognani, La Fame Erica Cortese Francesca De Lorenzi, Francesco Errico, Veronica Franzosi, Il Debito Mariapaola Di Carlo Matteo Ippolito, Franco Magnone, Valentina Mandruzzato, Ciro Masella, Giorgia Massaro, Luca Massaroli, Ivan Merlo, Jacopo Monaldi Pagliari, Giuseppe Palasciano, ruoli parlati Danilo Rubertà, Angelo Sugamosto, Lorenzo Tassiello, Faust Edoardo Siravo Andrea Triaca, Maria Luisa Zaltron Mefistofele / Spirito Maligno Roberto Latini Il Direttore Franco Magnone direzione di scena Luigi Maria Barilone Il Poeta Andrea Triaca maestri di sala Alessandro Benigni, Davide Cavalli assistente ai costumi Antonio De Petrillo Gli Attori Faceti Giuseppe Palasciano responsabile sartoria Manuela Monti Valentina Mandruzzato sarte Giulia Nonni, Cristina Occhiali stagista Miriam Ciampà Francesco Errico trucco e parrucco Natasha Mazzelli per Costume Art Lab Veronica Franzosi assistenti Maria Angela Righetti, Giovanna Lanigra Wagner Ciro Masella attrezzista Andrea Moriani attrezzeria Rancati Milano Valentino Jacopo Monaldi Pagliari realizzazione scene Laboratorio del Teatro Alighieri Brander Lorenzo Tassiello carrozza storica di Vittorio Pasini Siebel Michele Arcidiacono costumi e accessori D’Inzillo Sweet Mode s.r.l. Altmayer Luca Massaroli calzature Calzature d’Arte Pedrazzoli srl Frosch Matteo Ippolito parrucche Paglialunga s.r.l. service audio BH Audio Osti Danilo Rubertà libretto su app Lyri Angelo Sugamosto streaming Consorzio Digitalia Quattro streghe Francesca De Lorenzi Maria Luisa Zaltron si ringraziano il Teatro dell’Opera di Roma, Martina Cicognani il Centro teatrale bresciano Giorgia Massaro ritrovamento ed elaborazione del libretto di Vittorio Radicati Il Presagio Ivan Merlo a cura di Daniele Palma Lo spettro di Margherita Sofia Barilli Il pianista Davide Cavalli
Il soggetto Prologo sulla scena: dopo aver ascoltato un cantante intonare una parte della sua opera, il Poeta, interpellato dal Direttore, spiega che finché non avrà ascoltato l’opera nella sua interezza non potrà dare alcun giudizio sull’esecuzione. Il Direttore, con l’aiuto degli attori faceti, spiega che l’opera intera non si ascolterà mai perché, secondo la legge del teatro, sarà tagliata e adattata ai gusti degli ascoltatori. Prologo in cielo: Mefistofele scommette con Dio che riuscirà a trarre a sé l’insaziabile dottor Faust. Faust, tormentato da spiriti che gli appaiono in sogno, parla assopito. Il suo assistente, Wagner, credendo che egli stia declamando una tragedia greca, bussa alla porta e intraprende con lui una discussione sul sapere, sui suoi limiti e su coloro che credono di detenerlo. Faust, insoddisfatto dallo studio, si è dato all’arte magica, sperando di riuscire a conquistare la natura delle cose superando i limiti del sapere umano e dialogando con gli spiriti. Si sente l’abbaiare di un cane: Wagner ritiene che sia un comune barbone, Faust invece, vedendolo ingigantirsi, capisce che si tratta di uno spirito, mentre Wagner scappa impaurito quando vede arrivare una carrozza da cui si levano fumi. È da quella carrozza che scende Mefistofele: Faust gli chiede il suo nome, ma egli non glielo rivela, meravigliato che una tale domanda gli venga posta da un sapiente che ha in disprezzo la parola e che pretende di arrivare all’essenza delle cose; Mefistofele tuttavia gli spiega di essere il Male. Faust maledice ogni presunta forma di conoscenza sensibile e alchemica, il potere, gli spiriti che turbano il sonno, l’amore, la speranza e la pazienza, ma alle insistenze di Mefistofele decide di stringere un patto con lui: Mefistofele sarà suo servo quassù, ma laggiù, dopo la morte, le parti si invertiranno. Del resto, Faust afferma di non essere interessato a un altro mondo, una volta terminata la vita su questo. Firmato il patto con una goccia di sangue, Faust chiede di poter vivere solo per le passioni più intense e roventi, così Mefistofele lo conduce a teatro, dove assiste a una rappresentazione in cui protagonista è lui stesso da giovane che, in un giardino, corteggia la bella Margherita. Senza essere visto dagli attori, Faust irrompe sulla scena e dichiara a Mefistofele di desiderare la giovane. Mefistofele gli risponde che è già sua, del resto è proprio con lui che ella aveva intessuto quel dialogo in scena. Faust, sebbene 19
abbia coscienza del male che sta per fare a Margherita, non può che raggiungerla nella sua camera. Un coro di streghe, inviato Struttura dell’opera da Mefistofele, appare a Margherita e le preannuncia il futuro: abbandonata dal suo amante, annegherà il proprio figlio per poi morire di dolore. La giovane piange e prega all’altare della Mater dolorosa. All’osteria di Auerbach, Faust incontra Valentino, fratello di Margherita, che si autocommisera ubriaco in mezzo a rumorosi avventori. Si presentano Mefistofele e Faust chiedendo da bere: viene promesso loro un fiasco a condizione che Mefistofele canti Prologo sulle scene una canzone. Valentino si sveglia di soprassalto, sentendolo L’aurora (frammento) cantare e lo aggredisce, ma Faust reagisce colpendolo a morte: Valentino prima di spirare maledice la sorella. Margherita, Baritono, pianoforte in chiesa, è tormentata da uno spirito maligno, mentre il Coro Scena recitata intona il Dies irae. Direttore, Poeta e Faceti Faust, in un luogo di campagna insieme a Mefistofele, intravede lo spirito di Margherita, Mefistofele cerca di distogliere la sua attenzione da lei, ma poi gli rivela come lo spirito sia un Prologo in cielo presagio del suo futuro: la giovane morirà in prigione. Faust riconosce di essere responsabile della tragica sorte di Margherita I santi Anacoreti e chiede a Mefistofele di salvarla. Quando questi gli risponde che Coro ciò non è in suo potere, Faust sviene. Mefistofele spera di poter presto far valere il suo patto. Scena recitata Faust è tormentato dagli spiriti di quattro vecchie: la Fame, Mefistofele il Debito, la Miseria e la Cura, quest’ultima gli soffia in viso accecandolo. Ouverture Faust giace a terra morto, Mefistofele è pronto ad appropriarsi di lui, ma colei che un tempo fu Margherita Studio di Faust si avvicina al corpo, leva lo sguardo al cielo facendo scendere Scena recitata il raggio di luce della grazia, mentre il Coro Mistico annuncia la salvezza di Faust, per aver sempre anelato al “bello eterno Faust, La Voce dello Spirito, Wagner femmineo”. Faust e Mefistofele (I) Scena recitata Faust, Mefistofele Scena in giardino Faust e Margherita, Mefistofele e Marta Faust e Mefistofele (II) Scena recitata Faust, Mefistofele Lemuri e streghe Gran vestibolo nel palazzo – Fiaccole (frammento) Mefistofele, Lemuri Scena recitata Coro di Streghe 20 21
Margherita all’altare della Mater Dolorosa Margherita Cantina d’Auerbach a Lipsia e morte di Valentino 2021 Scena recitata Valentino, Mefistofele, Faust, un’allegra brigata Scena in chiesa Lo Spirito Maligno, Margherita, Coro Faust e Mefistofele (III) Scena recitata Faust, Mefistofele Mezzanotte La Fame, Il Debito, La Miseria, La Cura, Faust Morte di Faust (frammento) Mefistofele, Coro il libretto Coro mistico Coro Brani tratti dalle Szenen aus Goethes Faust di Robert Schumann nella traduzione di Vittorio Radicati (Faust. Scene dal poema di Goethe, Bologna, Società Tipografica Azzoguidi, 1895) e dall’opera goethiana nella traduzione di Andrea Maffei (Fausto, Firenze, Le Monnier, 1869). 22
Faust rapsodia Dal ciel sino all’inferno scene dalla tragedia di Johann Wolfgang Goethe (Faust I und II) musica di Robert Schumann (Szenen aus Goethes Faust, selezione dall’opera) traduzione italiana di Andrea Maffei (scene recitate) e di Vittorio Radicati (scene cantate)* elaborazione drammaturgica di Luca Micheletti Le parti di testo in azzurro corrispondono alle scene cantate tratte dalla traduzione di Vittorio Radicati.
* Nota alla revisione delle traduzioni Personaggi Le traduzioni di Maffei e Radicati hanno subito ritocchi più o meno vistosi per ragioni diverse, attinenti al trattamento drammaturgico generale e alla loro destinazione d’uso – Ruoli cantati la recitazione, per quella del primo; il canto per l’altra. Faust baritono Si sono operati ampi tagli e ricollocazioni di frammenti Mefistofele / Spirito Maligno basso o di intere scene, nell’ottica della composizione di un copione Margherita / La Cura soprano originale che assecondasse il monito di Goethe a “fare in brani” Marta / La Miseria mezzosoprano il “lavor compatto” del poeta, perché trovi nuova vita attraverso il teatro (cfr. infra, Note su regia e drammaturgia). Oltre a sanare La Fame contralto le fratture imposte dalla manipolazione del testo, la liberissima Il Debito contralto versione di Maffei registra qui alcune alterazioni lessicali o fraseologiche, con varie ricadute che si sono risolte nel rispetto Ruoli parlati e apparizioni del sistema metrico e rimico dell’originale. Tali variazioni, Faust quando non dettate dalla ricostruzione del testo a taglio Mefistofele avvenuto, si devono principalmente a una riconsiderazione dell’efficacia d’una parola o di un’espressione nell’ottica d’una Il Direttore più diretta veicolazione del senso o del piglio del tedesco di Il Poeta partenza. Pur nella loro discrezionalità, i minimi interventi Gli Attori Faceti hanno lo scopo di imprimere a un testo nato evidentemente per Wagner la pagina qualche accento coerente con quanto la scena si farà Valentino carico di tradurre in un peculiare segno estetico, pensato per una specifica messinscena. Brander Per quel che riguarda, invece, gli interventi sul testo Siebel di Radicati, essi si devono pressoché esclusivamente al Altmayer riadattamento al testo musicale schumanniano della versione Frosch ritmica che, reperita in forma di libretto svincolato dalla Osti partitura diretta da Giuseppe Martucci nel 1895, abbisognava Quattro streghe di parziali ma indispensabili reinvenzioni. Lo Spirito della Terra Fuochi fatui Lo spettro di Margherita Altri uomini, angeli, spiriti, lemuri, streghe (che parlano e cantano, oppure muti). 26 27
© Zani-Casadio
Prologo sulle scene Bene senz’altro, ma se non si ascolta l’opera nella sua totalità Una sala teatrale poco illuminata, come durante una prova o non si può giudicare! un’audizione. Il sipario è calato. Un cantante esegue un frammento schumanniano accompagnato da un pianoforte in proscenio. Solo, Direttore seduto in un palco di barcaccia, un osservatore lo ascolta. Un terzo Come, amico? individuo fuma un sigaro, di spalle. Nessuno sentirà l’opera intera! Poeta L’aurora (frammento) Cosa vorreste dire? Il Cantante (che in seguito canterà il ruolo di Faust) Direttore E così avvien; se con ardente speme Va tagliata! a nobil fin volgiam sforzi fidenti, Bisogna farla a pezzi, questa è legge sicuro e sgombro è il calle che il piè preme, in teatro: nei libri è un’altra storia; ma sboccan poi le fiamme fuor repenti qui bisogna tritare e reimpastare! dal baratro eternal; di noi fan gioco. Un’opera voi date? Bene, in brani La vital face accendervi se tenti, datela! e coglierete ottimo frutto ti stringe un mar di foco; o ciel, qual foco! dal vostro intingoletto: perché mai È odio? È amor? Ci abbaglia, ci rinserra rompervi il capo in un lavor compatto? di gioia e duol fra orribili vicende Per vedervelo poi spezzato e guasto a tal che ripariam rivolti a terra dall’uditorio? nel candor prisco che la pace rende. Poeta E sia; al sol le spalle noi volgiamo; Oh, voi, voi non sentite la cateratta che fra scogli mugge quanta sia la viltà d’un tal mestiere, più e più ammiranda contempliamo. e quanto esso sconvenga al vero artista! Di balzo in balzo, in mille e mille via fugge Direttore torrenti, e in mille scorre poi divisa, Signor poeta, sopra queste tavole l’aer di schiuma empiendo rumorosa; io so cosa funziona e cosa no. e fra la schiuma si dipinge in guisa Travi, assiti son posti, ed una festa d’arco baleno, volta maestosa; il pubblico s’aspetta. Eccoli assisi, or scorgi chiara l’iride, or sfumata; colle ciglia inarcate, e già disposti e un brivido quel rezzo par diffonda. a fare tanto d’occhi. Io ben conosco In quei color vedrai raffigurata, ciò che il gusto del popolo presceglie! se guardi ben, l’umana baraonda: Non per niente dirigo la baracca. sì variopinta nostra vita appare. Poeta Al termine del frammento musicale, l’uomo che fuma si rivolge all’altro: Oh, no! Di quel tuo volgo così mobile e insulso, onde lo spirto Direttore fastidito rifugge, oh non parlarmi! Molte grazie! Signore, che ne dite? Toglimi al fluttuar della marmaglia, e guidami alla pace Poeta dell’asilo sereno, ove al poeta (Dalla barcaccia scavalca la balaustra e raggiunge il palcoscenico; pura gioja fiorisce. incerto, scegliendo le parole) 30 31
Altre figure, in maschera, emergono dall’ombra del teatro, forse apparendo del maggior dei suoi dritti? L’invenzione! da un lembo sollevato del sipario ancora chiuso: sono gli attori faceti. Chi convoca l’Olimpo ed i suoi numi? È l’umano poter che nel poeta Primo Faceto si manifesta. Date ascolto a noi, signor poeta, che sul palco Primo Faceto viviam tutta la vita. E sia! di questo grande poter fate buon uso, e ci tessete Secondo Faceto la poetica tela al modo istesso Chi nel cuore che comincia e finisce un’avventura... gradevolmente sa insinuarsi, oltraggio dai capricci del popolo non teme. Secondo Faceto ...d’amore! Un tale ad una tal s’accosta; Terzo Faceto sente, non sa partirsi, a poco a poco Voi fatevi notar come un esempio. s’impania... Quarto Faceto Terzo Faceto Fuori la fantasia col suo corteggio ...Cresce la fortuna, i gaudj di senno, di ragion, di sentimenti, succedono ai contrasti, alfin le pene; di passioni! e, pria che vi si pensi... Primo Faceto Quarto Faceto Né vi manchi (e molto ...ecco il romanzo! vel raccomando) la pazzia. Primo Faceto Poeta Fate il dramma in tal guisa, e fino al fondo Tritare nella vita tuffatevi... e fare a pezzi un gran poema! Sceglierne dei frammenti può sol mortificarlo! Secondo Faceto Vi vuole il tempo e il modo La vive d’entrare nella storia, nella musica!... ciascuno, e nondimeno a pochi è nota. Direttore Terzo Faceto Tagliamo corto. Per veder si viene; Voi la vita mostrate e piacerà! veder bramano tutti; accumulate! Ai molti date il molto; se c’è il sugo Quarto Faceto trova ognun ciò che brama, e soddisfatto Chiarezza poca poca, lascia il teatro. Voi dategli roba! ma tante belle immagini, e di Vero, Date roba, e poi roba, e sempre roba: dentro un pozzo d’errori, una scintilla! non perderete. Abbagliar la gente è la strada... Or che vi frulla nel capo? Direttore È l’estro, o l’emicrania? E gli effetti speciali, ricordatevi! Non dovete di macchine, di scene Poeta farmi risparmio. Usate il sol, la luna, Oh va’! ti cerca sprecatemi le stelle, io vel consento. un altro schiavo a modo tuo. Vorresti Non d’acque; non di foco e non di rupi, che facesse il poeta infame abiura non d’uccelli o di fiere abbiam penuria. 32 33
Trascorretemi qui, su questo palco Parlar d’astri io non so, ma bene io veggio di tavole, il Creato; e con prudente come l’uom si lamenta e si corruccia. velocità, la terra attraversando, Del mondo il piccol dio calatevi dal Ciel sino all’inferno. è tale e quale ancora, sempre di quella vieta istessa buccia; Il pianoforte che era poggiato sulla buca d’orchestra rialzata bizzarro, in fede mia, come all’aurora ha iniziato a inabissarsi. che vide il suo natal. Potria men peggio campar, se conceduto tu non gli avessi dell’etereo lume Prologo in cielo quel pallido barlume ch’egli chiama Ragion, di cui si vale Frattanto, il rosso sipario che chiudeva il boccascena si solleva e svela per essere brutale il coro che esegue il frammento seguente più d’ogni bruto. Direi, poi che licenza men dà Vostra Eccellenza, I santi Anacoreti che l’uom molto somiglia alla cicala da’ lunghi piedi: l’ala Coro ed Eco sbatte ognor per volare e trarsi in alto, Vedi là ondeggiar ma quel suo volo è un salto la selva, e il suol calcar che la fa ricadere a mezzo il prato, la roccia; e l’un poggiar ove strilla fra l’erbe il canto usato. all’altro tronco par; S’accontentasse almen! Ma non v’è caso: fontane scaturir, in ogni sudiciume imbratta il naso. antri lor cavi offrir. Altro a dirti non ho! Sol sempre novi Di fiere amico stuol lamenti udrai da me. Mai, mai non trovo incontro a noi vien fuor, cosa che pel mio verso lieto per dolce amor corra laggiù. Mai no, mai no, Signore! di questo santo suol. Tutto, come di solito, a riverso. Le miserie de’ poveri mortali Nello spazio vuoto avanza una figura oscura (viene dalla buca son tante e tali, del suggeritore?). Con una smorfia si guarda intorno; zoppica un po’. che d’accrescerle quasi io non ho core. Poi, si rivolge al Cielo: Che cosa? Come dici? Il tuo servo? Il dottor? Faust? Quel folle! Mefistofele Se lo conosco, eccome! Giacché di nuovo a noi, Ti serve in modo strano Signor, ti accosti, e intendere tu vuoi colui! Tel so dir io. come stiano le cose al mondo nostro, Bevanda umana, umano memore che talora cibo nol sazia: un lievito gli bolle volentier tu mi vedi, anch’io mi mostro nel cor che lungi il porta, e lo travìa. fra’ tuoi servi confuso. E di questa pazzia, Non posso, e tu perdona, consapevole a mezzo ei già mi pare. articolar preghiere madornali; Al cielo il più lucente mi prenda pure in giro la corona astro egli chiede, e le gioie più care di quelli con le ali. dalla terra egli vuol; né mai presente, Un tempo questo brio né mai lontano oggetto t’avrebbe fatto ridere, ma è un pezzo, queta il desio di quel commosso petto. che non ci sei più avvezzo. Signor! vuoi metter pegno 34 35
ch’io lo storno da te? Sol che ti piaccia devi, se mi costasse anche la vita! lasciar che con ingegno Quel Faust io sono, e pari a te son io! io lo tiri bel bello alla mia traccia mentre ei calca la terra... Mel consenti? La voce dello Spirito Molte grazie, Signor! Io disvierò, Allo Spirto che intendi egual tu sei, arbitro me ne fai, dalla sorgente non a me. quello spirito saggio: e se la possa n’avrò, sul mio sentiero Faust con me lo condurrò. Non ho timore Non a te? Ma chi somiglio della scommessa: ma se colgo in brocco, dunque? Io, che son la immagine divina, Signor, lasciami il vanto a te pur non eguale? Ah, per l’inferno! gustar del mio trionfo; e quello sciocco (Si desta) polvere mangerà, come il famoso Deluso ancor? La ressa lontano mio parente: il serpente! degli spirti ch’io vidi in fuga è messa? (Il cielo si chiude e gli arcangeli si dividono.) Non mi rimane altro di tante larve Mefistofele se non che in sogno il diavolo m’apparve? (a sé) (Un raggio di luna illumina lo studio.) M’è caro a quando a quando il buon vegliardo Plenilunio seren! Perché non vedi veder. Con lui di romperla mi guardo; l’ultima volta il mio dolor? Seduto è bello, in verità, d’un gran sovrano qui sul mio scanno, oh quante, oh quante notti scambiar fin col demonio un detto umano. vigilando io produssi! E tu venivi, mesto amico splendor, su miei volumi, sulle mie carte!... Oh, levar mi potessi Ouverture ai gioghi alti del monte, intorno agli antri vagolar cogli Spirti, e nel soave Del fumo inizia a fuoruscire dal golfo mistico. tuo crepuscolo, o luna, i verdi prati Poco alla volta prende vita lo studio di Faust. Il vecchio dottore è scorrere, dal maligno aere lontano addormentato; i suoi sogni tormentosi si manifestano intorno a lui: della ingrata scienza, ed al salubre forse, sotto forma di spettacolo (onirico) per burattini. fonte bagnarmi delle tue rugiade! Ah, fra quattro pareti ancor mi serro! Tenebrosa, dannata, umida tana, Studio di Faust in cui, traverso a que’ pinti cristalli, fin lo stesso celeste amabil lume Faust torbido mi si frange! Io vivo in questo (Assopito, parla come nell’incubo) cumolo di volumi, esca de vermi S’annugola, s’imbruna e della polve, e chiuso entro una valle l’aere sul capo mio... Dispar la luna... di carte affumicate ed ascendenti Tremola e muor la lampa... fino alla volta. Ecco il tuo mondo, Faust! Vapora... Guizzi di vermiglia vampa E mondo questo si dirà? Dimanda splendono intorno a me... Dalla sublime or perché pauroso il cor nel petto volta discende un terror che mi opprime... così ti batta, perché ti torturi O spirito invocato, ogni moto vital questo segreto sei qui? Mi stai da lato? dolore! Invece della viva e bella Svelati!... Il cor mi scoppia... i sensi miei natura, in cui l’Eterno ha l’uom creato, novo affetto scompiglia... a te rapita qui, tra il fumo ed il lezzo, a me fan siepe tutta l’anima vola... Ah sì! Tu devi, scheletri d’animali ed ossa umane. 36 37
(Picchiano.) Faust Ah, per l’inferno! L’arido pedante! Sì, fino agli astri corsi innanzi siam noi! L’età che furo Wagner sono un volume di sette suggelli, (In vesta da camera e berretta da notte, una lucerna in mano. Faust e lo spirto del tempo (è tale il nome volta con dispetto le spalle) che tu gli dai) non è se non lo spirto Vi domando perdono. Io v’ho sentito di quei dominatori in cui se stessa, declamar: leggevate una tragedia l’età, si specchia, e nulla più: sovente, greca? Oh, certo io ne sono! Ammaestrarmi credimi, una miseria, onde rimovi, vorrei pure in quest’arte; arte di moda al primo sguardo, la pupilla; un monte oggigiorno. Più volte a me fu detto di schifose immondezze, un ripostiglio che potrebbe anche al prete un attore di vecchia e smessa roba; od una farsa, molte cose insegnar. se più vuoi, di prammatiche, squisite sentenze allardellata, e degne al tutto Faust da porsi in bocca ai burattini. Sì, quando il prete fosse anch’egli un attore; e non di rado Wagner questo interviene. Il cuore? La ragion? L’intelletto? Ahimè, saperne Wagner pur vorrebbero tutti alcuna cosa. Come lunga è l’arte, Dio buono! E come breve è mai la vita! Faust Mi son posto allo studio, e molto appresi; Io non m’illudo più ma saper vorrei tutto. di saver cosa alcuna, o di poterla collo studio imparar. Io non ho beni; Faust oro, onori non ho, non che dominio Nulla, nulla! nel mondo. Un cane non vorria la vita Nulla di nulla noi sappiam: mi spezza condur così. l’anima! Vero è ben che più di questa (Si ode lontano una risata e l’abbaiare d’un cane sempre più forte ciurma presuntuosa di pedanti, e inquietante) di dottori, di preti e di scrivani, Per questo all’arte maga me ne intendo, cred’io; né dubbio ormai dato io mi son. Chi sa? La voce forse, né scrupolo mi punge, e né l’inferno il poter dello spirito potrebbe né il dimon mi spaventa. Oh, ma la gioja svelarmi alcun segreto, acciò non sia m’è per sempre sfuggita! più costretto a parlar, con mia vergogna, di quanto io non conosco; e giunga alfine Wagner a saper ciò che il mondo in sé racchiude (Come ignorando la profondità del pensiero di Faust e proseguendo nel suo) d’operose virtù, di germi occulti; Grande cosa! né più mi vegga spacciator di ciance. Quel frugar nello spirito dei tempi, Spirti! Se l’aria popolate, e scettro quel veder come seppe un dotto ingegno tenete voi (fra terra e ciel vaganti) pria di noi meditar, poi come innanzi entro nugole d’oro a me scendete! gli siam noi corsi di mirabil tratto, è pur sommo piacer. Wagner Non chiamar quella nota, irrequïeta turba che, scombuiando, entro le nubi spandesi, e mille perigliosi agguati 38 39
tende per ogni via... Costoro, messi egli tentenna, s’adagia sul ventre, si dicono del cielo, e colla voce scodinzola, e fa tutto a mo’ de’ cani. degli angeli, i perversi, osan mentirti! Gli è pur la bestia matta il barbone! Ti fermi? Egli ti aspetta; Faust lo chiami? A te si drizza; un qualche oggetto Osserva! Un negro cane perdi? Te lo riporta; il tuo bastone per le biade e le macchie andar vagando scaraventi lontano? Ei vi si getta. non vedi tu? (Lancia qualcosa. Uno scoppio. Un grande, sordo rumore accompagna l’ingresso di una carrozza dalla quale si alza un gran fumo che Wagner fuoriesce dai finestrini.) Ma dove, mio signor? Ah, sì, laggiù. Parmi cosa da nulla. Wagner Mio signore, sospetto con spavento Faust che stiano approssimandosi gli spettri; Attento il mira. e guardar da prestigi e da malìe Per chi prendi quel cane? già non vi so. Terror v’ha dato il cane? Baie! Laggiù preparasi e avvicinasi Wagner ben altra baraonda. Or ben, soccorso Io? per un nero datemi voi! Guizzar da laggiù in fondo barbon che fiuti, come suol, la traccia non vedete voi nulla? Una carrozza del padron che smarrì. mirabile s’avanza! Sprizzan faville di vari colori, Faust ed erran astri screziati in giro, Non hai notato pari a fochi di magica lanterna... come in lunghi rigiri di lumaca Col rombo ella ne vien dell’uragano... d’attorno ci si avvolga e più vicino È già qui... Largo! Largo! Io raccapriccio! sempre si faccia? E, s’io non erro, un solco (Wagner fugge lontano) lasci dietro la via di fiamma viva? Wagner Faust e Mefistofele (I) Solo un nero barbone, altro io non scerno. Faust Faust (Estrae il Vangelo) Eppure giurerei Un fuggiasco sei tu del bujo regno? che di magiche fila egli ne cinge, Osserva questo segno! perché poi vi ci annodi. Ecco! Si stringe Lo inchina e lo rispetta il circolo. È già qui. Ma è cosa vera, la turba maledetta. un’ombra, una chimera? Già gonfia! Arruffa i peli! Ve’, ve’ come dilata O spirito dannato, questo barbon le membra! osi il guardo fisar nell’Increato? Come le allunga e si leva gigante Fisar nell’Ineffabile che i cieli dal suol! Non è sembiante tutti di sé riempie d’un cane questo, no! immenso, incircoscritto? Puoi fisarlo in Colui che fu dall’empie Wagner mani, per solo suo voler, trafitto? Non è fantasma, Dall’aspettar ti guarda è cane; or tu lo vedi. Egli guaisce, la trina, ardente face! 40 41
Dall’aspettar l’incanto Or ben, ciò che appellato maggior dell’arti mie!... esterminio, peccato, male, in somma, è dall’uomo, è tutto questo Mefistofele il mio proprio elemento. (mentre la nebbia va dileguandosi, balza fuori dalla carrozza in veste di scolastico viaggiatore) Faust Perché bordello Nulla di grande ruinar tu sai! tanto? Al Signor che piace di comandarmi? Mefistofele Intenderci potremo, spero. Faust Perché sanar dalla mattana È quello ti possa, eccomi qua bello acconciato il midollo del cane? Un vagabondo da nobile garzone: abito rosso scolastico? Giocondo listato d’oro, mantellin di seta, n’è il caso, e mi fa ridere di core. penne di gallo al capo, ed un aguzzo lungo spadone; e, senza più, t’esorto Mefistofele a vestir questa moda, acciò tu faccia, Riverisco il dottissimo Signore! libero, della vita esperimento. Sudar voi mi faceste e molto bene! Faust Faust In qualunque vestito io mi ravvolga, Il nome tuo? proverò della vita il tedio e il peso. Che mai può darmi il mondo? Mefistofele Quindi, come un incarco, odio la vita, L’inchiesta e sospiro la morte. parmi frivola assai per l’uom che tiene la parola in dispregio, e non s’arresta Mefistofele soltanto all’apparenza, E pur la morte ma vuol di tutto penetrar l’essenza. non è l’ospite, al certo, il più gradito. Faust Faust Con voi, signori miei, Maledico il poter che c’incatena si va dritti dal nome alla sostanza. l’anima con lusinghe e con prestigi, Or ben, dimmi chi sei! e, da vezzi ingannevoli blandita, abbagliata, la serra in questa cieca Mefistofele caverna di dolori! E pria quell’alto Parte di quel poter che sempre vuole concetto io maledico in cui lo spirto il Mal, ma che pur sempre il Ben procaccia. se medesmo inviluppa; e maledico ogni fatuo splendor dell’apparenza Faust che i nostri sensi crudelmente illude! Arzigogoli son le tue parole. Maledico le larve allettatrici che ci turbano il sonno, e le chimere Mefistofele d’una gloria immortal, d’un nome eterno! Lo spirito che nega eternamente Maledico il possesso, o d’una donna, sono; e ben a ragion. Che si disfaccia o d’un figlio, o d’un servo, o d’un aratro, tutto quanto sussiste, e meglio assai che di sé c’invaghisce! E maledico se sussistito non fosse giammai. Mammon, sia che ci sproni a petulanti 42 43
opre coll’oro, o sia che ci spiumacci Faust per oziose voluttà le coltri! Che darmi Maledico il balsamico licore vuoi tu, misero spirto? Ha mai compreso che dai grappoli cola! E maledico qualcuno dei tuoi pari quale altezza gli ultimi doni dell’amor! La speme la mente umana è in grado di toccare? maledico, la fede! E maledetta Tu m’offri un cibo che non può saziarmi. sii tu sopra ogni cosa, o pazienza! Mefistofele Mefistofele Buon amico, avverrà, che noi potremo Oh termina una volta goderci in tutta pace un po’ di bene. questo gioco crudel co’ tuoi dolori, che nella parte più vital ti rode Faust come ingordo avoltojo! Uno de’ grandi Se mai mi adagerò, placato, ozioso, non son; ma se t’aggrada al fianco mio se mai troverò pace, dei miei giorni porre il piè nella vita, io da quest’ora, l’ultimo quello sia! Se con lusinghe, e con vero piacer, mi faccio tuo. se con falsi artifici tu riuscirai Considerami amico, servo, schiavo. a farmi compiacere di me stesso, se riuscirai ad illudermi, a piacermi, Faust suoni pur la mia ora. Vuoi tu pegno E cosa darti in cambio? metter con me? Mefistofele Mefistofele Abbiamo tempo. Scommetto! Faust Faust No, no! Tu lo dirai. Sempre soltanto Qua la mano! se stesso ama il demonio, nessun altro Quando io dica al fuggevole momento gli è caro per amore. Chiaro e tondo «T’arresta! oh, sei pur bello!» allor potrai spiegami bene il patto. È un gran pericolo cingermi di catene, e nell’abisso mettersi in casa un servo come te. volenteroso scenderò. S’arresti eternamente la lancetta e l’ali Mefistofele richiuda per me il Tempo. Quassù sarò il tuo servo, de’ tuoi cenni, senza posa né sosta, esecutore; Mefistofele ma quando scenderemo colaggiù, Buttiamo giù due righe, che ne dici, toccherà a te. per la vita e la morte... Faust Faust Gran noja a me non reca Anche uno scritto! quel laggiù, né mi cal se un altro mondo sorga, poi che disfatto avrai tu questo. Mefistofele Semplicemente il nome tuo con una Mefistofele goccerella di sangue. E vedrai con piacer quai meraviglie sanno oprar l’arti mie. Nessun mortale Faust ebbe mai ciò che ti darò! E ciò ti basta? Eccoti soddisfatto. 44 45
Mefistofele Faust Inchiostro è il sangue E tu mi ravvisavi, angel di Dio, di virtù singolare. là del giardino al primo entrar? Faust Margherita Ora nel mare dei sensi s’ingolfi Ma tosto in giù rivolsi il guardo mio. e si sfoghi il bollor delle passioni! Ogni più bella meraviglia irrompa Faust dal fitto vel della malìa. Nel turbine Piacciati, cara, perdonar del tempo rotoliam, nell’indefesso a me licenza che m’ho presa girare degli eventi. Affanni e gioie, in su l’uscir tuo de la chiesa. lieti e tragici istanti in un perpetuo movimento s’alternino; ché solo Margherita nell’agitarsi senza sosta esulta Ne fui turbata; ché tal fatto mai la natura dell’uomo. Io lo voglio! pria m’accadde; e di me motto non era. «Forse, pensai, una leggera sembrava, Mefistofele o negli atti io sfacciata mi mostrai? Magnifica parola! Se libero e lieto mi venne allato Pur m’annoia un pensiero. Il tempo è breve, come a impudica foss’accostato». lunga è l’arte. È l’ora di partire! Pur, lo confesso, sentii un non so che qua dentro che per voi sincer già mi parlava; Faust e trista, un po’ ripresimi da me Ma l’arte della vita, ancor che lunga perché con voi, no, io non mi adirava. m’abbia la barba, io non conosco... Faust Mefistofele Delizia! Amico! Fiducia in te, ed agevole la vita Margherita subitamente ti parrà. Zitto un po’. Coglie una margherita e uno dopo l’altro ne strappa i petali. Faust Ove dunque n’andiam? Faust Un mazzo vuoi far? Mefistofele Ovvio, a teatro! Margherita No, solo un gioco fo. Partono in carrozza. Faust Che? Scena in giardino Margherita Dall’elevatore in proscenio s’alzano più file di poltrone teatrali. Mi farò beffar... Un piccolo teatrino (un praticabile rotellato) viene portato in Sfoglia il fiore, bisbigliando tra sé. palcoscenico. Vi prende vita la Scena in giardino, durante la quale un giovane Faust interpreta il ruolo di Enrico. Il vecchio Faust prende Faust posto in una delle poltrone teatrali predisposte. Mefistofele resta Che mormori? ambiguamente appoggiato ad una quinta. 46 47
Margherita Come interrompendo un sogno, o abitandolo, Faust sale sulla scena a mezza voce e osserva da vicino Margherita – che di lui non s’avvede – e l’altro Ei m’ama; no, non m’ama; ei mi ama! se stesso, in veste di galante giovanotto, ormai lontano. Faust Faust Fanciulla cara, è oracolo divin Per dio, quella fanciulla è appetitosa! l’accento di quel fior; ei t’ama; intendi Veduta io non ho mai più bella cosa. che voglia dir: ei t’ama? È savia, costumata; in lei mi piace Le prende le mani. fino il suo far mordace. Quel caro volto, quel labbro vermiglio, Margherita giammai non mi potranno uscir di mente... Ho un gelo in cor! Quand’ella a terra il ciglio chinò, profondamente Faust mi s’è fitta nel core... Deh calmati, lascia che gli occhi e quest’abbraccio ti palesin ciò che ineffabil è, Mefistofele ch’avrà, lo senti? Per sempre eterna la durata. È cosa naturale. Quando un dio per sei giorni e soffia e suda Mefistofele e bravo! A sé medesmo alfin si dice, È tempo ormai d’andare. alcun che di sensato aver composto dovrebbe pur. Ti sazia a questa volta Marta dell’ammirar... (entrando) Sì; tardi è, mio signor. Faust Voglio quella fanciulla! Faust Vi posso accompagnare? Mefistofele Torna dal confessor la bella faccia Margherita da’ suoi peccati assolta. Se mamma... Qual rossor! Addio. M’accostai chiotto chiotto al finestrino, ed ogni paroletta io v’ho raccolta. Faust È pur la buona e semplice fanciulla! Partir degg’io? Addio. Si confessa per nulla... su lei non ho poter. Marta Buon dì! Faust Quattordic’anni, Margherita ha però tocchi. (con trasporto) Doman deh! Ritorni qui! Mefistofele Udite il don Giovanni! Per sé vuole ogni fior, vuol che tributi Faust e Mefistofele (II) sieno, amori e favori, a lui dovuti. Ma sempre a fantasia Sul teatrino la scena prosegue, ma come in un’altra dimensione. di vostra Signoria Margherita, rimasta sola, raggiunge la propria cameretta – la scena è ogni cosa non va. intanto mutata – e prega; indi, si corica... sogna. 48 49
Faust che impetuoso per disciolte nevi La non mi annoi, rompa le dighe, l’incendio amoroso Messer pedante, co’ sermoni suoi. prima in te divampò, poi ne versasti Gliel dico aperto e chiaro: la piena inondatrice entro il suo core, se lei, signor mio caro, ed ora il tuo ruscel di novo è secco. in questa notte non mi getta in braccio Parmi che in vece di restar di sasso quella soave creatura, il dosso dovrebbe il mio magnanimo Signore le volto, e me ne spaccio. rispondere all’amor della languente Margherituccia. Doloroso il tempo Mefistofele le par. E tante volte in pianto scoppia, Il vostro cenno poi calmarsi ella pare... ma sempre amante! eseguirò, magnifico Messere, con tutto il mio piacere. Faust Oibò! Come l’amor v’ha torto il senno! Serpe! Serpe! Solo per sollazzare una gonnella, si fa saltare il sole ed ogni stella! Mefistofele Ella è già tua, consólati! ( fra sé) Sì, serpe che ti avvinghi! Faust Già mia? Faust Se pur non ho scambiato con essa una parola! Levati, iniquo, di costà! Nei sensi, quasi sedotti, non destar la brama Mefistofele delle dolci sue membra. Con chi se non con te, ella, da solo a sola, Mefistofele scambiava tanto ardenti giuramenti? Questa è bella! Non ti riconoscesti in quella foggia Me l’hai appena domandata, o no? d’azzimato galante? E come le fai male stando qui, da lei così lontan... Faust Anzi a me stesso Faust me stesso avresti posto, illusionista Le son vicino! da quattro soldi? Ma se lungi pur fossi, io né lasciarla Mefistofele né obbliarla potrei. Fin del Signore, Bella ricompensa! quando tocca i suoi labbri, invidio il corpo. Ed io che t’ho portato nel bel mezzo del tuo dramma, come da copione: Mefistofele ormai il corteggiamento è molto avanti, Io me la rido. Vedi un po’ la grande la tua cara è laggiù. Tristezza e noja sventura! Andarne della tua diletta tutto le dà... alla stanza tu dèi, non alla morte. Faust Faust Perché? Ma le gioie del ciel nelle sue braccia che sono mai? Fa’ pur ch’io mi riscaldi Mefistofele stretto a quel seno: la miseria sua Pensa a te ogni momento! È così forte sentir non ne dovrò? Fuggiasco io forse l’amor ch’ella ti porta! Uguale a rivo non son? Privo di tetto? Un mostro umano 50 51
che non ha méta, né riposo? Un’onda Lemuri e streghe che freme e si precipita da questa a quella roccia, e con impeto cieco Gran vestibolo nel palazzo corre a gettarsi nell’abisso?... Ed ella, ella invece coi puri ingenui sensi Mefistofele d’una bambina s’accogliea tranquilla, (In testa, come sorvegliante) del suo piccolo mondo abitatrice. Avanti pur! Entrate qua, Ed io, l’odio del cielo, il maledetto, Lemuri attenuati, nol potei sopportar. Le rupi avvinsi, d’ossa e di nervi per metà le capovolsi, e lei colla sua pace sol fatti ed animati. vi ho seppellita. Inferno! Era dovuta questa vittima a te. Mi accorcia dunque, Lemuri demonio, il tempo dell’angoscia, e quanto (In coro) dee seguir, segua tosto. Il mio destino Al tuo comando noi qui stiam si confonda col suo, tanto che insieme e per metà intendiamo; ella ed io discendiam nella voragine. v’ha tal contrada, lo sappiam, che posseder dobbiamo; (Faust esce.) aguzzi pali son colà e la catena ancora, Mefistofele ma la cagion perché siam qua Quanto fracasso sol per un incontro di nostra mente è fuora. galante! Va’, va’, matto, e la consola! (A sé) Mefistofele Diè la sorte a costui tale una mente Travaglio d’arte non v’occor, che sempre irrefrenata oltre si lancia, quant’è il potere l’adoprate; e nella foga impetuosa i gaudi si stenda chi è più lungo tra di voi, della terra travalca. Io pe’ sentieri voi quelle zolle rivoltate, svelti; più torti e sozzi della vita addietro qual de’ maggiori usanza fu me lo trarrò. Dibattersi, invescarsi, bislunga fossa s’ha a scavar, scombuiato, smarrito in mille inezie ché dal palazzo al buco ancor dovrà. Cibo, bevanda innanzi agli occhi la sciocca strada occorre far. gli farò balenar; ma porvi il labbro egli mai non potrà; mai l’implorato Lemuri refrigerio ottener. Se dato ei pure (Scavando con gesti grotteschi) non si fosse al demòn, no, men sicura Vivendo, amando, in gioventù non saria la sua perdita immortale. l’andava proprio assai benino; Ed ora qui da me, ciurma ribalda! ov’eran suon, canzon, volar soleva il mio piedino. Or la funesta vecchiezza m’ha con la sua gruccia toccato. Poi nel sepolcro il piè inciampò perché era scoperchiato. Coro di Streghe Lunga e larga è la via. Che furia pazza! Punge la forca, spazza la scopa, il bimbo affoga, e di dolore la madre muore. 52 53
Tacciono i venti, l’aria s’imbruna, Seconda Strega fuggon le stelle, spare la luna; alle gite in campagna ed ai banchetti... ed al bisbiglio dei nostri cori sprizzano intorno mille splendori. Tutte Col ganzo! Mefistofele Fior della stregheria, pensate voi Terza Strega ad informar con l’ultima novella E primeggiarvi ella dovea! la povera Ghituccia ingrugnatella! Quarta Strega (Le streghe si rivolgono a Margherita, nella sua stanza; la fanciulla si Di vini, ad ogni tratto, e di confetti ridesta e mima il sentimento di voci interiori a tormentarla.) da lui servita. Prima Strega Prima Strega Una beltà che non avesse uguali Nulla t’han detto, o Ghita, la si tenea... di Barberina? Seconda Strega Seconda Strega ...rossore Cosa certa! pur d’accettar regali non sentia la sfacciata... Terza Strega Udita Terza Strega oggi io l’ho da Sibilla. Un carezzarsi fra loro... Quarta Strega E dàlli, dàlli, Quarta Strega v’incappò finalmente... ...un baciucchiarsi di continuo... Prima Strega Con quel suo far da nobile signora! Prima Strega E, per fartela finita: Seconda Strega Come, sia detto in breve in breve: Tutte così perduto ha il fiore. Tutte si nutriscono in due se mangia e beve. Seconda Strega Magari se la sposa... Terza Strega O dio! Spiccarsi un’ora Tutte da colui non sapea! Ah! Ah! Ah! Ah! Quarta Strega Terza Strega Sempre ai passeggi... Di certo non è matto! Prima Strega Quarta Strega ... ai balli... Trova in ogni paese un mariuolo svaghi quanti ne brama. 54 55
Prima Strega Sono questi miei fior c’ho colti Ha preso il volo! bagnati di lagrime, sanno essi i miei dolori Seconda Strega l’umor che tai li fè. E questo non è bello! Nella mia cameretta il sol, tosto che appar, Terza Strega me su le coltri eretta Dovesse anche l’anello vede già dolorar. darle colui... Deh, salvami dal disonor, pietosa, tu dolorosa Quarta Strega regina, guarda il mio dolor. ...stracciata (Margherita si immobilizza e resta da un lato della scena, assorta, in verrà dalla ciurmaglia un cantuccio tutto suo che non ha relazione con quanto avverrà, fino quella sua ghirlandaccia! a che non sia indicato.) Prima Strega ...E noi l’entrata Cantina d’Auerbach a Lipsia della sua casa... Il sipario, calato durante la preghiera di Margherita, si rialza e mostra Tutte la Cantina di Auerbach. spargerem di paglia! Valentino è seduto a un tavolo dell’osteria. Beve ripetutamente, (Le streghe spariscono. Margherita si ridesta.) versandosi più bicchieri. Valentino Margherita all’altare della Mater Dolorosa (mezzo ubriaco, disperatamente) Quando alla taverna io mi sedea, Margherita dove cianciano molti, ed i compagni Pietosa, tu dolorosa non finian di lodarmi a bocca piena Regina guarda il mio dolor! il fior delle ragazze, e nei bicchieri Con cor trafitto tuffavano le lodi, appuntellando il derelitto il mio gomito al desco, io me ne stavo figliuolo tuo vedi morir; nella mia piena sicurtà tranquillo, e al Padre suo silenzioso ad ascoltar quel rombo va il sospir tuo di vanterie. Lisciandomi la barba perché soccorra a tai martir. poscia con un sogghigno, e brancicata Chi sente, la mia tazza, dicea: «La pensi ognuno chi pon mente come gli va, ma nel paese nostro alle mie angosce mai? non è chi della mia buona Ghituccia Non ha il cuor tranquilla speme; sostenga il paragon: quella ragazza quel che brama, quel che teme, n’è la cima, o signori». E d’ogn’intorno sola, tu sola il sai. un tintin si levava. «Egli ha ragione» Qual ch’io pigli cammino sbraitavano molti; «essa è la perla meco il dolor trascino, delle brave fanciulle» e i vantatori meco per lagrimar. stavano zitti. Ed or!... strapparmi il ciuffo Soletta se rimango ora io vorrei! Vorrei nella muraglia oh come piango! Piango, dar la testa! Ogni ciuco impunemente che il cor mi par franto. con frizzi sanguinosi e biechi insulti 56 57
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