F=ma LA FORMULA DEL SUCCESSO PER LE BANCHE IN ITALIA - Oliver Wyman
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F=ma LA FORMULA DEL SUCCESSO PER LE BANCHE IN ITALIA AUTORI Claudio Torcellan, Partner Giovanni Viani, Partner
INTRODUZIONE La crisi finanziaria, nata in America più di dieci anni fa e poi propagatasi in Europa, ha dimezzato la profittabilità del sistema bancario europeo. Per quanto riguarda l’Italia, la crisi è stata affrontata in maniera tardiva, non sistemica ma caso per caso, e di conseguenza ha lasciato ancora diverse situazioni di debolezza; i costi della crisi, contrariamente agli altri paesi europei, hanno gravato quasi interamente sui bilanci e sul capitale delle banche, sotto forma di accantonamenti su crediti deteriorati, aumenti di capitale di mercato e contributi volontari. Queste dinamiche hanno contribuito ad un ritardo nei tempi di ripresa delle banche e dell’economia, e ad una perdurante fragilità relativa del sistema. Infine, proprio mentre il sistema bancario italiano ha iniziato a dare segni di recupero, nuovi e preoccupanti segnali di crisi stanno riaffiorando sia a livello globale sia nazionale. Ma è troppo tardi per rilanciare il sistema bancario italiano, nel duplice aspetto di motore della crescita economica e di settore che crea valore per i propri azionisti? Siamo convinti di no, anche se il ritardo accumulato e il ripresentarsi di segnali di crisi all’orizzonte richiedono azioni immediate e coraggiose. Sulla base delle nostre ricerche crediamo che le banche in Italia possano tornare a essere competitive e redditizie. Abbiamo analizzato la situazione delle realtà italiane, intervistato il management, guardato ai punti di forza evidenziati in questi anni di crisi e abbiamo individuato i percorsi che potranno permettere loro di tornare a crescere e creare valore in futuro. Copyright © 2018 Oliver Wyman 1
L’EREDITÀ DELLA CRISI REDDITIVITÀ DIMEZZATA Il primo effetto della crisi, guardando ai bilanci dei gruppi bancari europei e italiani, è rappresentato dalla bassa redditività attuale del comparto. Tra il 2007 e il 2017, infatti, il RoE medio del settore bancario in Europa si è quasi dimezzato. Il ritorno sul capitale degli istituti del Vecchio Continente si attesta intorno al 5%: un livello che rappresenta un valore medio anche per il sistema italiano nel suo complesso. Ma che non per questo deve rassicurare. Il dato medio, infatti, nasconde una situazione più complessa e meno tranquillizzante per il nostro Paese. La redditività delle banche italiane è ancora lontana dai paesi migliori (Francia, Spagna e Paesi nordici in primis). A fronte di un RoE tra il 7 e il 9 per cento per i due maggiori gruppi bancari italiani, le altre banche (profittevoli) si posizionano tra il 2 e il 4 per cento, livello non sostenibile nel medio periodo (Figura 1). Inoltre è importante sottolineare come il sistema bancario europeo, dopo il 2011/12, abbia imboccato con successo una via virtuosa che ha portato la redditività prima a tornare in positivo e poi a crescere stabilmente, grazie a soluzioni di sistema che hanno permesso di “ripulire” i bilanci e gettare le basi per ripartire. Non si rileva invece un trend analogo nel comparto italiano, che si è mosso in modo isolato, cercando soluzioni caso per caso, man mano che le crisi emergevano, e con un contributo importante della parte “sana” del sistema. Un fatto che rende tuttora il recupero della redditività più volatile, più fragile e maggiormente esposto a futuri rallentamenti macroeconomici. STOCK DI NPL Gli stock di crediti deteriorati in pancia agli istituti di credito rappresentano l’eredità più gravosa della crisi da cui il sistema bancario sta cercando faticosamente di uscire. I Non Performing Loan (Npl) sono così non soltanto la coda della lunga recessione in cui si è dibattuto il nostro Paese negli scorsi anni, ma rischiano di diventare anche l’innesco di una possibile ricaduta del sistema in una fase di peggioramento della situazione economica nel nostro Paese. Seppur in calo nel 2018, lo stock di Non Performing Loan rimane ancora ben superiore alla media europea, evidenziando a fine 2017 un’incidenza pari all’11 per cento sul totale degli impieghi, rispetto a una media europea del 4 per cento (Figura 2) Anche in questo caso osserviamo performance divergenti tra i vari istituti bancari: in quelli maggiori la pulizia dei bilanci è già molto avanzata, nei gruppi di medie dimensioni i lavori sono in corso, ma rimane una parte più o meno consistente del sistema che deve ancora fare i conti con i propri crediti problematici. 2
Figura 1: Andamento ed evoluzione del RoE del sistema bancario italiano ed europeo ROE DEL SISTEMA BANCARIO, UE VS. ITALIA 2007–2017, % 15 CoE medio ITA 2017: 10 10,5% 5 0 -5 -10 -15 2007 2009 2011 2013 2015 2017 Italia UE EVOLUZIONE DEL ROE DI SISTEMA PER AGGREGATI DI P&L 2007–2017, % -4,5 9,7 (5,3) 0,6 4,5 ISP/UCG 1,5 7–9% 3,21 5,2 Altre banche generaliste 2–4% ROE NII Commisioni Costi Costo Altre ROE 2007 del rischio voci 2017E Impatto negativo Impatto positivo 1. Include effetti di ricavi da negoziazione e valutazioni al fair value, minori oneri fiscali e variazione equity Fonte: SNL Financial, ECB, Analisi Oliver Wyman su bilancio delle banche Italiane e dati Prometeia «Previsione dei bilanci bancari», Maggio 2018 Figura 2: Quanto pesano i crediti deteriorati sui bilanci societari sui bilanci bancari in Europa 2017, % Media UE 15 11 5 4,0 3 2 2 Francia Regno Unito Germania Spagna Italia Portogallo Fonte: EBA Risk Dashboard, ECB Structural Financial Indicators, Statista, World Bank Copyright © 2018 Oliver Wyman
RICAVI FRAGILI E COSTI ELEVATI Nel primo semestre 2018 i risultati a livello di sistema italiano hanno mostrato segni di miglioramento rispetto all’anno precedente. Tuttavia la redditività caratteristica rimane ancora lontana dal riuscire a remunerare adeguatamente il capitale investito. II conto economico delle banche italiane resta sotto pressione sia sul lato dei ricavi sia su quello dei costi. Le politiche quantitative della Bce, riducendo il costo del denaro, hanno assottigliato il margine di interesse delle banche, che costituisce ancora una parte preponderante del business mix. Come detto, la crisi economica, contrariamente agli altri paesi europei, ha gravato per la stragrande maggioranza sui bilanci e sul capitale delle banche sotto forma di accantonamenti su crediti deteriorati e contributi “volontari”. A controbilanciare parzialmente questi effetti hanno provveduto il riposizionamento del business mix verso la gestione del risparmio, che ha portato ad un significativo aumento della componente commissionale, e i guadagni sul portafoglio titoli governativi, connessi al quantitative easing. In prospettiva però entrambi questi elementi appaiono potenzialmente a rischio: sulle commissioni impatterà la crescente tutela del consumatore esercitata a livello europeo (attraverso le varie direttive PSD2, GDPR, MIFID 2, ecc.); il portafoglio titoli obbligazionari non riuscirà a confermare i rendimenti cedolari storici, a causa degli yield attuali ridotti (se non nulli) e la concentrazione sui titoli di stato nazionali appare oggi un fattore di incertezza. Guardando poi allo scenario europeo, la progressiva diffusione dei canali digitali comporterà un allineamento della nostra marginalità a quella osservabile in Europa. La sempre maggiore digitalizzazione del sistema allarga infatti la competizione, riducendo di conseguenza i margini che gli istituti possono spuntare sulla propria attività (Figura 3). Figura 3: La pressione sui margini aumenta nei mercati in cui l’internet banking è più utilizzato 2016, % MINTER/Totale Attivo (%) 5,0 Bulgaria Croazia 4,0 Polonia Slovenia Grecia 3,0 Italia Irlanda Spagna Portogallo Austria Belgio Francia Svezia 2,0 Germania Paesi Bassi Regno Unito Danimarca Finlandia 1,0 5 15 25 35 45 55 65 75 85 95 Penetrazione dell’Internet banking (%) Fonte: EBC Datawarehouse, Eurostat 4
Il riflesso di questi elementi è la dinamica della marginalità degli attivi, calcolata come margine di intermediazione su attivo totale: rimane ancora più elevata rispetto al dato europeo (con un 2,8% medio rilevato nel 2017 contro il 2,2% nell’Eurozona), ma è in calo progressivo (dal 3% del 2007) rispetto ad un marginale recupero del dato europeo (2% nel 2007). Sul lato dei costi permane un livello elevato e rigido: il rapporto tra costi operativi e attivo totale è rimasto sostanzialmente stabile, dall’1,9% del 2007 all’1,8% del 2017, confermando un gap di efficienza rispetto alla media europea, anch’essa sostanzialmente stabile nello stesso periodo (dall’1,3% all’1,4%) (Figura 4). Il livello elevato e rigido della struttura di costo delle nostre banche è ascrivibile in prevalenza a tre fattori: un mercato del lavoro non fluido, una dimensione media modesta delle nostre banche e un ritardo strutturale nell’evoluzione digitale. Figura 4: La profittabilità degli attivi e il peso dei costi operativi MINTER/TOTALE ATTIVO, COSTI OPERATIVI/TOTALE ATTIVO, Italia vs. UE, % Italia vs. UE, % 27% -22% 3,0 2,8 1,9 1,8 2,2 2,0 1,4 1,3 Italia UE Italia UE 2007 2017 Fonte: ECB DWH Copyright © 2018 Oliver Wyman
ISTITUTI SOTTODIMENSIONATI Il processo di consolidamento del settore bancario ha avuto un’accelerazione con la crisi, soprattutto nei paesi dell’Europa del Sud (Portogallo, Spagna, Grecia) colpiti come l’Italia in maniera più pesante, ma anche in Europa. In tale contesto, il nostro settore bancario, seppure caratterizzato da indici di concentrazione non significativamente dissimili da quelli degli altri mercati europei, è affetto da una dimensione media degli istituti troppo piccola. A fine 2017, l’attivo medio dei primi cinque gruppi francesi si attestava a circa 1.400 miliardi di euro, quello britannico a 1.100 miliardi, per Spagna e Germania il valore era intorno ai 600 miliardi, mentre in Italia ci si fermava a 400 miliardi di euro (Figura 5). Figura 5: Quanto valgono gli attivi totali nei primi cinque gruppi bancari MEDIA TOTAL ASSET TOP 5 GRUPPI 2017, €TN Indice Concentrazione1, # 574 453 250 965 519 1220 1,4 1,1 0,6 0,6 0,4 0,1 Francia Regno Unito Germania Spagna Italia Portogallo 1. Herfidahl index: calcolato come somma dei quadrati delle quote di mercato di ciascun istituto bancario del paese, variabile tra 0 (mercato iperframmentato) e 10.000 (monopolio) Fonte: ECB Structural Financial Indicators, Statista, World Bank RITARDO DIGITALE Il modello operativo e distributivo italiano è ancora incentrato sulle reti fisiche e presenta una insufficiente digitalizzazione di processi e prodotti. Il nostro sistema bancario, a fine 2016, aveva uno dei più alti rapporti tra numero di filiali e numero di abitanti (circa 50 ogni 100mila abitanti, secondo solo agli oltre 60 della Spagna) e al tempo stesso il più basso livello di penetrazione dell’online banking nei Paesi europei, insieme al Portogallo. A fronte di questo gap, i piani d’investimento digitale delle banche italiane sono, con importanti eccezioni, ancora “timidi”. Le conseguenze della crisi e i limiti dimensionali sono anche tra le cause dei modesti piani pluriennali di investimento programmati dagli istituti di credito del nostro Paese (Figura 6). Accanto alla necessità di dirottare risorse e attenzione manageriale sulla ristrutturazione dei bilanci e sul de-risking, a pesare sono anche le dimensioni del nostro sistema bancario, insufficienti a sostenere gli investimenti necessari per digitalizzare rapidamente il modello di business. 6
Figura 6: Quanto investono sul digitale i principali gruppi europei e italiani Totale investimenti Orizzonte Investimenti annualizzati Totale Attivo Gruppo €MLD temporale €MLD €MLD SANTANDER 9,0 2016–2018 3,0 1.444 CRÉDIT AGRICOLE 4,9 2016–2019 1,2 1.763 BNP PARIBAS 3,0 2017–2020 0,8 1.960 HSBC 1,81 2015–2020 0,3 2.100 DEUTSCHE BANK 0,8 2017–2020 0,2 1.474 VS INTESA SANPAOLO 2,8 2018–2021 0,7 785 UNICREDIT 1,2 2016–2018 0,4 827 BANCO BPM 0,1 2016–2019
Figura 7: Infrastrutture e conoscenza digitale nell’Europa a 28 DIGITAL ECONOMIC AND SOCIETY INDEX SVILUPPATO DALLA COMMISSIONE EUROPEA %, 20171 Human Uso Integrazione Servizi Classifica capital Connettività di internet tecnologie digitali pubblici digitali Media UE 28 Paesi Bassi 19 20 10 10 11 70 4 Regno Unito 18 17 9 8 9 61 7 Spagna 14 16 7 10 11 58 10 Germania 16 16 8 8 8 56 14 UE 14 16 8 8 9 54 Portogallo 11 17 7 8 9 53 16 Francia 15 14 6 8 9 52 18 Italia 10 13 6 7 8 44 25 DIFFUSIONE BANDA LARGA2 FISSA TRA LA POPOLAZIONE % nuclei familiari, 2017H11 74 70 59 Delta = 22 49 44 40 22 22 Paesi Bassi Portogallo Spagna Regno Unito UE Germania Francia Italia CONOSCENZA DIGITALE % popolazione con conoscenza digitale di base, 20171 79 71 Delta = 13 68 57 57 55 50 443 Paesi Bassi Regno Unito Germania UE Francia Spagna Portogallo Italia 1. Commissione Europea 2. Velocità maggiore o uguale a 30 Mbps 3. Valore al 2016 per assenza del dato codificato al 201 8
LE PROSSIME SFIDE Nonostante i numerosi segnali di preoccupazione richiamati nelle pagine precedenti, i fondamentali del mercato italiano restano strutturalmente interessanti, per la ricchezza delle famiglie e la densità del tessuto industriale. Se questo elemento è di fondamentale importanza per un recupero della redditività delle banche italiane, rende anche appetibile il nostro mercato quale potenziale area di espansione per le banche europee di maggiori dimensioni e più avanzate nel digitale: non a caso il consolidamento del sistema bancario è tornato nuovamente in agenda in Europa e in Italia. Le sfide che attendono il nostro sistema bancario sono quindi molteplici e complesse, ma appaiono ormai ineludibili alla luce dello scenario competitivo che si sta disegnando sia all’interno dell’Unione Europea sia a livello globale. Guardando in avanti, il comparto italiano appare ancora potenzialmente esposto a una serie di fattori che ne potrebbero mettere di nuovo a rischio la stabilità. La conclusione delle politiche monetarie di quantitative easing da parte della Bce a fine 2018 si tradurrà in prospettiva in un maggiore costo del funding per le banche. A rendere ancora più incerte le prospettive sono poi i problemi “paese” che si ripresentano ciclicamente, ma che ora sembrano manifestarsi contemporaneamente: l’incertezza politica, l’aumento del differenziale dei rendimenti tra i titoli governativi italiani e quelli degli altri Paesi dell’Eurozona, non solo quelli core, ma anche quelli più vicini a noi per problematiche micro e macroeconomiche, l’elevato debito pubblico, la ridotta capacità di crescita dell’economia che rende il Paese sempre a rischio di crisi economiche, finanziarie, di funding. In questo quadro si inserisce poi un fattore di novità costituito dalla mutata attitudine del cliente nei confronti della banca di riferimento, che configura in prospettiva una clientela più “mobile”: non più scelta “fideistica” e acritica, ma, come l’esperienza delle recenti crisi e risoluzioni bancarie ha dimostrato, maggior attitudine a valutare pro e contro di una relazione e, specialmente a fronte di percezione di maggior rischio, maggior propensità a cambiare fornitore. Infine, le sfide giungono anche da aziende che fino a qualche decina di anni fa nemmeno esistevano, ma che ora hanno tutti gli strumenti per entrare nell’arena bancaria, avendo già iniziato a offrire prodotti di natura finanziaria e potendo mettere in campo massa critica, capacità di investimento e competenze digitali superiori alle maggiori banche non solo italiane, ma globali. La “minaccia” al sistema finanziario tradizionale derivante dalle Big Tech (Amazon, Apple, Facebook, Google) è ormai già reale in molti Paesi e comincia ad esserlo anche nel nostro. Inoltre il ritardo digitale delle famiglie non si riverbera sulla fascia giovane del mercato: la percentuale di utenti italiani tra i 22 e i 34 anni pronti ad avvalersi di servizi finanziari offerti da Big Tech è infatti in linea con quella europea per quanto riguarda i servizi di investimento, ed è addirittura superiore (tra i 12 e i 14 punti percentuali in più) per quanto riguarda i servizi assicurativi e quelli bancari. Big Tech che ovviamente puntano a conquistare quote di mercato in segmenti profittevoli, offrendo una migliore customer experience a prezzi competitivi, erodendo ulteriormente la marginalità delle banche italiane esponendole al rischio di divenire meri “infrastructure provider” per conti correnti e pagamenti (Figura 8). Copyright © 2018 Oliver Wyman
Figura 8: Alcune iniziative di servizi finanziari lanciati da Big Tech e il loro appeal sui giovani PRODOTTI FINANZIARI LANCIATI DA BIG TECH – NON ESAUSTIVO APPLE GOOGLE GOOGLE APPLE WALLET COMPARE ANDROID PAY PAY (Passbook) (financial products Payments Payments operator) Payments Stati Uniti Globale Globale Insurance Regno Unito Stati Uniti Australia Regno Unito Singapore AMAZON FACEBOOK AMAZON PAYMENTS MESSENGER SME LENDING Payments PAYMENTS Lending Globale Payments Stati Uniti, Stati Uniti Germania, Cina, India, Regno Unito Regno Unito, Francia, Spagna, Giappone 2007 2011 2012 2014 2015 2016 GOOGLE AMAZON GOOGLE AMAZON WALLET COINS COMPARE PROTECT Payments Payments Lending Insurance Stati Uniti Stati Uniti Chiuso Australia Regno Unito Regno Unito Germania Luxemburgo PERCENTUALE DI UTENTI TRA 22-34 ANNI CHE UTILIZZEREBBERO SERVIZI FS OFFERTI DA BIG TECH, % +14 52 +12 +3 47 46 46 44 40 38 35 35 Servizi bancari Servizi assicurativi Investment advice Europa1 Mondo Italia 1. Media risultati Benelux, Francia, Germania, Irlanda, Spagna, UK Fonte: Accenture Financial services 2017 global distribution & marketing consumer study: financial services report 10
LE RISPOSTE Le sfide sono importanti, ma non è ancora troppo tardi per le banche italiane; bisogna però “cambiar passo”, con coraggio e velocemente. Quali sono le ricette per stare al passo con gli investimenti e poter rimanere competitivi con i migliori gruppi europei? Dai nostri approfondimenti e ricerche emergono una serie di spunti per il management bancario e più di una opzione strategica. Esiste un futuro di successo a portata di molti, anche a prescindere dalla dimensione, a condizione di diagnosticare con lucidità i propri punti di forza e debolezza nel nuovo scenario ed agire coraggiosamente di conseguenza. Abbiamo individuate due indirizzi, che abbiamo riassunto, parafrasando la formula della forza (espressa nel secondo principio della dinamica ), nei due driver Massa e Accelerazione. Il primo è chiaro: occorre crescere in termini dimensionali per generare economie di scala. Ma non è l’unica possibilità, e non soltanto perché le nuove tecnologie digitali sottintendono nuove competenze e nuovi modelli di funzionamento. I cambiamenti di scenario e le relative minacce aprono infatti interessanti opportunità e l’evidenza di molte medie e piccole banche italiane, che hanno mantenuto performance positive anche durante la crisi, fornisce spunti importanti a coloro che, pur non avendo dimensioni rilevanti, vogliono perseguire una trasformazione del proprio business per operare con successo in un mercato sempre più competitivo. MASSA In uno scenario futuro, la dimensione sarà sempre più un fattore competitivo. Come abbiamo visto, la dimensione permette scala negli investimenti, in termini di risorse economiche, ma ancora di più di disponibilità di talenti da dedicare a nuove iniziative. Tutte le medie e piccole banche italiane hanno sperimentato la difficoltà di avviare in parallelo e di concludere nei tempi previsti più di due o tre progetti strategici alla volta, non per la mancanza di risorse economiche, ma per la mancanza di risorse umane da dedicare a tali progetti. La scala è dunque sempre più necessaria per gli investimenti in tecnologia e talento, che, se ben gestiti, creano un vantaggio competitivo sostenibile. Se questo risulta già evidente per le due grandi banche italiane, per le quali il campo di competizione è già oggi europeo, resta una sfida da cogliere per la maggior parte delle “vigilate SSM” (il nuovo meccanismo unico di vigilanza affidato alla Bce) che competono su scala nazionale o semi-nazionale con le maggiori, ma dispongono di una frazione della loro capacità d’investimento in tecnologia e talenti. La competizione sui talenti è oggi forse ancora poco percepita, ma già emergono i primi segni di un gap crescente, ad esempio nella velocità e scala con la quale le banche stanno creando team di analisti per sviluppare soluzioni di intelligenza artificiale (AI) da applicare in maniera sistematica all’innovazione dei processi e dei modelli di business, dalla multicanalità al credito, al wealth & protection advisory, ai controlli antiriciclaggio (AML) alla cybersecurity. Copyright © 2018 Oliver Wyman
Per le “vigilate SSM” quindi l’imperativo della crescita di Massa è dominante e dovrà probabilmente essere perseguito attraverso integrazioni cross-border per le due maggiori, mentre per le altre grandi il primo passo sarà costituito dall’integrazione con banche domestiche di pari dimensioni. Chi si presenterà per primo con i conti in ordine (Npe ratio sotto la soglia “psicologica” del 10%, posizione di capitale solida, cost/income competitivo) avrà la possibilità di fare la prima mossa e garantirsi continuità e autonomia d’azione. Inoltre, visto il gap rispetto alle altre nazioni europee, meglio sarebbe muovere prima per garantire Massa comparabile nel possibile consolidamento cross-border, che sembra sempre più auspicato da investitori e regolatori. ACCELERAZIONE Così come in Natura, la Forza, a parità di Massa, cresce con l’Accelerazione, così anche nel banking l’alternativa all’essere grandi è quella dell’agilità. Essere agili per accelerare la performance è la seconda opzione per i gruppi bancari italiani. Se si osserva la performance del settore attraverso la crisi, si possono individuare molte banche medie e piccole che si sono comportate molto meglio del mercato, nonostante una dimensione contenuta, e una conseguente limitata capacità d’investimento (Figura 9). Figura 9: Evoluzione della redditività in un campione di banche generaliste e specializzate TIPOLOGIA DI BANCHE BANCHE BANCHE BANCHE GENERALISTE SPECIALIZZATE NEL CREDITO SPECIALIZZATE NELLA RACCOLTA Banca Passadore Banca Farmafactoring Banca Generali Crédit Agricole Compass Fideuram Credem FCA Bank Fineco Bank Findomestic IBL Banca EVOLUZIONE ROE EVOLUZIONE C/I %, 2013-2017 %, 2013-2017 40 80 20 70 50 -20 30 2013 2014 2015 2016 2017 2013 2014 2015 2016 2017 Generalista Specialista credito Specialista raccolta Media Italia Fonte: Bilanci bancari, Prometeia «Previsione dei bilanci bancari», Maggio 2018, ECB, DWH, Interviste con top management bancari, Analisi Oliver Wyman 12
All’osservazione esterna si fatica a trovare un comune denominatore tra le banche minori di successo: al contrario, troviamo modelli di business molto diversi tra loro, dalla banca commerciale tradizionale a quella specializzata per prodotto o per segmento, dalla locale a quella sviluppata in più paesi europei, da quella digitale a quella ancora prevalentemente fisica, da quella indipendente a quella che appartiene a grandi gruppi. Abbiamo quindi approfondito, con il management di un campione di questi leader di “Accelerazione”, quali possono essere stati i fattori che hanno contribuito al loro successo, e abbiamo provato a distillarne gli elementi più ricorrenti. Ne è emerso un quadro molto interessante e confortante, alla portata di ogni banca, grande o piccola che sia, dove gli elementi del successo risiedono più nel “come” si conduce il business piuttosto che nelle specifiche strategie adottate: la chiarezza sugli intent strategici, una cultura aziendale distintiva e marcata, un’organizzazione agile e reattiva sono emersi quali fattori competitivi - distintivi e comuni a tutte - che hanno consentito di superare con successo la crisi dell’ultimo decennio e continuare ancora oggi ad accelerare la performance e creare valore per i propri stakeholder, nonostante la mancanza di Massa. Vediamo più in dettaglio queste caratteristiche. Chiarezza di intent strategico. Avere ben chiaro, e quindi condiviso e compreso a ogni livello dell’organizzazione, dove e come l’azienda crea valore, valorizzando la specializzazione in quello che crea la differenza con i concorrenti. Stare di conseguenza alla larga dai segmenti e prodotti non profittevoli o molti marginali. Poi un focus “ossessivo” sulla comprensione delle esigenze del cliente come chiave del successo, con l’obiettivo di offrire un’esperienza “best in class”. Infine, un allineamento costante tra gli obiettivi dell’azienda e il sistema di incentivazione del management. Marcata e distintiva cultura aziendale. La maggioranza degli intervistati ha sottolineato che meritocrazia, forte senso di appartenenza, valorizzazione dei talenti interni (e spesso basso turnover), importanza della squadra rispetto al singolo, focus sui risultati, sono elementi fondamentali che caratterizzano la cultura della propria azienda, “sentiti”, comunicati, vissuti e considerati dal vertice come essenziali per operare con successo. A questo si accompagnano percorsi di carriera “orizzontali” (i movimenti in crescita avvengono non nella stessa funzione/business, ma passando da un’area all’altra) che consentono di avere manager che conoscono più aspetti della propria banca e più aperti ad affrontare temi nuovi e al cambiamento. Organizzazione agile e reattiva. Le caratteristiche dell’organizzazione sono il terzo elemento che accomuna questi “acceleratori” di performance: chiara identificazione delle leve di business critiche per la propria strategia, e forte presidio interno delle stesse, anche a volte con scelte controintuitive (ad esempio, banche di media/piccola dimensione che gestiscono il sistema informativo interamente all’interno, senza utilizzo di partner terzi e senza outsourcing; oppure che, malgrado la scala ridotta, possiedono interamente tutte le fabbriche , in quanto considerate “integrali” alla strategia); governance (modello di relazione tra azionisti, stakeholder e management) efficace; infine, organizzazione piatta, con “squadra corta” e vicinanza della leadership alla front-line, e di conseguenza processi decisionali efficienti e veloci. Copyright © 2018 Oliver Wyman
CONCLUSIONI Le problematiche del sistema bancario italiano sono note e tutte ben intrecciate e correlate. La presenza di un quantitativo ancora elevato di Npl, eredità della crisi economica dell’ultimo decennio, indebolisce alla base la stabilità dei bilanci e la loro redditività, che rimane tuttora volatile e legata alle pulizie di bilancio, e resta in ogni caso contenuta e minacciata da una struttura di costi ben superiore alla media europea. Le dimensioni ridotte rendono difficoltosi gli ingenti investimenti necessari per portare innovazione e razionalizzazione all’interno degli istituti, creare nuova domanda e permettere un incremento della redditività. Tutto questo appare evidente alla luce del confronto con i grandi gruppi europei, e, in un futuro ormai vicino, con le banche americane e asiatiche, senza dimenticare la minaccia di Big Tech, con servizi e offerte innovativi, elevata digitalizzazione, attenzione al cliente, risorse tecnologiche e finanziarie enormi, possibilità di economie di scala a livello globale. Eppure la partita è ancora ampiamente aperta e i vincitori potranno essere numerosi, sia tra le banche grandi sia tra quelle piccole. La crescita di scala attraverso aggregazioni, sia domestiche sia cross-border, è un’ovvia ricetta per rafforzarsi. La “scala” è dunque sempre più necessaria per gli investimenti in tecnologia e talento, che, se ben gestiti, creano un vantaggio competitivo sostenibile. D’altra parte le banche minori potranno ovviare alla mancanza di Massa. Gli elementi del successo risiedono più nel “come” si conduce il business piuttosto che nelle specifiche strategie adottate. Come? Accelerando la propria performance con scelte strategiche selettive e chiare, cultura aziendale distintiva e modelli organizzativi più agili. Infine il settore dell’intermediazione finanziaria ha caratteristiche tali che chi saprà coniugare la Massa, con i relativi effetti su efficienza da scala, capacità di investimento e di attrazione di talenti, con la capacità di Accelerare le proprie performance attraverso chiarezza d’intent strategico, forte cultura aziendale e organizzazione agile e reattiva, avrà sicuramente la Forza per emergere come vincente nei prossimi cicli economici. 14
GLI AUTORI GIOVANNI VIANI Partner, Milano Giovanni Viani è Partner dell’ufficio di Oliver Wyman a Milano, dove è entrato nel 2007. È attualmente responsabile del mercato Sud-Est Europa, che comprende uffici a Milano, Atene e Istanbul. Nel corso della sua attività in azienda ha servito gran parte delle maggiori banche italiane e molte banche europee su temi di retail e business banking, organizzazione e governance, strategia, ristrutturazione, gestione dei rischi e ottimizzazione del capitale. Prima di entrare in Oliver Wyman ha maturato una conoscenza approfondita del settore dei financial services, grazie a una combinazione di esperienze nelle istituzioni finanziarie – in particolare con responsabilità nell’ambito del retail banking per una delle maggiori banche italiane - e in un’altra società di consulenza strategica. Si è laureato in Discipline Economiche e Sociali all’Università Bocconi di Milano nel 1986. CLAUDIO TORCELLAN Partner, Milano Claudio Torcellan è Partner dell’ufficio di Oliver Wyman a Milano e responsabile Financial Services per l’area Sud-Est Europa. Durante la sua esperienza decennale presso Oliver Wyman, si è occupato e ha diretto molteplici progetti di consulenza nelle seguenti aree: strategia e organizzazione, ottimizzazione e sviluppo. Prima di raggiungere Oliver Wyman ha lavorato per alcune delle maggiori istituzioni finanziarie, accumulando una significativa esperienza sia nel commercial che nell’investment banking. Si è laureato in Business ed Economia all’Università Cattolica di Milano. Copyright © 2018 Oliver Wyman
CONTATTI GIOVANNI VIANI Partner, Milano +39 02 30577504 Giovanni.viani@oliverwyman.com CLAUDIO TORCELLAN Oliver Wyman Partner, Milano + 39 02 305771 +39 02 30577558 Galleria San Babila 4B Claudio.torcellan@oliverwyman.com 20122 Milano 16
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