Economica cinese, Strategia e obiettivi dell' intelligence

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                        Strategia e obiettivi dell’intelligence
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                                     l’arma confuciana ‘to win’
                              GIULIO TERZI DI SANT’AGATA - ANDREA MERLO

               Pechino e la sfida geoeconomica all’ordine liberale.
                    Come ormai universalmente riconosciuto, uno tra gli elementi di maggiore
               rilievo che concorrono, oggigiorno, alla definizione delle strategie di sicurezza
               nazionale e alla delineazione del ruolo internazionale di ogni Stato nonché
               degli obiettivi che contribuiscono a formarne la linea politica, corrisponde al-
               l’intelligence economica. Attività che – secondo una delle definizioni più pre-
               cise riscontrate in letteratura nazionale – «studiando il ciclo dell’informazione
               necessario alle imprese e agli Stati per effettuare scelte corrette di sviluppo, si
               prefigge di affinare le abilità cognitive e decisionali applicate alle complessità
               del contesto competitivo globale»1.
                    Le priorità riservate da quarant’anni a questa parte dalla Repubblica Po-
               polare Cinese all’uscita dalla povertà e dal sottosviluppo, con grande accele-
               razione verso l’acquisizione di uno status di superpotenza economica mondiale
               spiega – senza in alcun modo giustificare – l’accentuatissima enfasi riposta su
               ogni forma di spionaggio economico mirato alla aggressiva sottrazione di pro-
               prietà intellettuali, di patrimoni imprenditoriali, di ricerche scientifiche e di
               conoscenze tanto nel settore pubblico quanto in quello privato2.
                    Si tratta, inoltre, di un’impostazione spiccatamente duale, che integra cioè
               in toto la dimensione civile con quella militare, in una serrata fusione di tec-
               nologie, imprese, servizi che abbiano potenzialità dual use e assicurino sempre
               più alla Repubblica Popolare gli strumenti per affermare in modo preminente
               e dominante il proprio ruolo globale in ogni ambito della scienza, dell’econo-
               mia e della forza militare3. Il Partito Comunista Cinese ha manifestato ripetu-

               1   Carlo Jean, Paolo Savona, Intelligence economica - Il ciclo dell’Informazione nell’era globale, Soveria
                   Mannelli, Roma, 2011. Sulla rilevanza del piano economico della competizione globale post-nucleare,
                   tra gli altri, cfr. l’illuminante saggio di Edward N. Luttwak, The endangered American dream, New York,
                   Simon&Schuster, 1993.
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                   Per una analisi sulla portata della sfida revisionista posta da Pechino nei confronti dell’assetto delle relazioni
                   internazionali, cfr. tra gli altri James Dobbins, Howard J. Shatz, Ali Wyne, Russia is a rogue, not a peer;
                   China is a peer, not a rogue. Different challenges, different responses, Rand Corporation, ottobre 2018.
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                   Si vedrà infra come la fusione delle dimensioni di competizione trovi un particolare campo di applica-
                   zione, nella dottrina cinese, grazie al potenziamento delle capacità cibernetiche della Repubblica Popolare.

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                   tamente – con ancor maggiore chiarezza dall’arrivo al potere del presidente a
                   vita Xi Jinping nel 2012 – l’obiettivo di esercitare una sua decisiva influenza
                   politica ovunque Pechino ne ravvisi la necessità, o anche solo la mera oppor-
                   tunità per acquisire crescenti piattaforme di influenza, di ricchezza, di affer-
                   mazione dei propri interessi nazionali e di moltiplicazione dei fattori di
                   potenza. Forti campagne di disinformazione, influenza e propaganda (come
                   quelle attuate, da ultimo, durante le settimane di esplosione della pandemia in
                   Italia), ed in cui tradizionalmente il comparto intelligence ha un ruolo tutt’altro
                   che secondario, rivelano la grande importanza che tali attività di ingerenza
                   hanno assunto nella dottrina e nella prassi operativa elaborate da Pechino. Dot-
                   trina e prassi che risultano sempre più efficaci nella misura in cui sono rese
                   più performanti grazie all’aumento delle capacità cinesi nella quinta dimen-
                   sione della sicurezza, quella cyber 4.
                         Non deve quindi stupire la dichiarata volontà di Pechino di acquisire entro
                   il 2030 una posizione di superiorità incontrastata nei confronti di ogni altra po-
                   tenza mondiale nel campo dell’Intelligenza Artificiale, quale ulteriore poten-
                   ziamento delle capacità operative nel dominio cyber, principale campo di
                   battaglia delle odierne e future infowar 5. Il fatto che l’accento, nella strategia
                   cinese, sia posto oggi non sul potenziamento dello strumento tradizionalmente
                   militare, bensì sulla acquisizione della superiorità economica e cibernetica (e
                   di altri domini asimmetrici) non deve distrarre l’attenzione da parte di analisti
                   e decisori politici (e dell’opinione pubblica) circa il dato spiccatamente e in-
                   trinsecamente offensivo della visione espansionistica degli eredi dell’Impero
                   di Mezzo. Importanti sono certo le considerazioni sull’origine storica del rin-
                   novato, compiaciuto senso di rivincita dell’élite cinese, erede di un passato
                   plurimillenario di grande potenza umiliata dal secolo chiusosi idealmente con
                   la rivoluzione maoista: è piuttosto l’aspetto geoeconomico della competizione
                   mondiale, che evidenzia il carattere offensivo della strategia di potenza colti-
                   vata da Pechino. Essa mira fondamentalmente alla scomposizione e revisione
                   del liberal order mondiale imponendo, almeno su una porzione consistente del
                   globo, un proprio assetto. È perfino tautologico riconoscere che un attore statale
                   revisionista abbia intenzioni dirompenti rispetto agli assetti consolidati e, a
                   prescindere dalle valutazioni, non sorprende né deve stupire che una potenza
                   revisionista si affidi, per raggiungere questo scopo, a tutto il potere di cui di-

                       Sulla evoluzione e sulla natura intrinsecamente cross-settoriale delle applicazioni moderne del mezzo
                       delle reti elettroniche, cfr. John Naughton, The evolution of the internet: from military experiment to Ge-
                       neral Purpose Technology, in «Journal of Cyber Policy», 2016 Vol. I, n° 1, 5-28.
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                       A tal proposito, appare rivelatrice la ricerca svolta, in occasione delle prime settimane di esplosione epi-
                       demica in Italia, sull’intensa e concentrica attività cyber riconducibile in maniera determinante all’azione
                       di meccanismi automatizzati di interazione nelle reti sociali. Cfr. https://formiche.net/files/2017/07/Social-
                       Data-Intelligence-Comunicazione-cinese-ricerca-per-Formiche-1.pdf.
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                       Per una breve ma precisa policy analysis su obiettivi, ambizioni e criticità cinesi nel campo dell’Intelligenza
                       Artificiale, cfr. Sara O’Meara, Will China lead the World in AI by 2030?, in «Nature», 21 agosto 2019.

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               Strategia e obiettivi dell’intelligence economica cinese, l’arma confuciana ‘to win’

               spongono i suoi apparati di sicurezza e intelligence 6. La peculiarità dell’ascesa
               cinese risiede nel fatto di aver eletto a terreno privilegiato – e per ora sostan-
               zialmente esclusivo – il terreno non militare, puntando sulla competizione eco-
               nomica, meno “calda” ma non meno conflittuale della corsa agli armamenti.
               L’opzione cinese verso lo strumento economico come leva di potenza e sfida
               all’ordine mondiale, e non come semplice mezzo di crescita e benessere interni,
               incassa oggi benefici che preoccupano, tardivamente, i sostenitori dello Stato
               di diritto e della democrazia liberale: ma non si tratta di un’opzione recente.
               Comprendere la natura, le caratteristiche e gli strumenti con cui la strategia di
               potenza cinese si dispiega, è impossibile senza sottolineare come Pechino abbia
               intrapreso molto tempo fa l’obiettivo di assurgere allo status di superpotenza
               globale. Se la Repubblica Popolare è in grado oggi di minacciare fondamentali
               interessi e principi occidentali, soprattutto di natura economica e tecnologica,
               è perché ha deciso che il terreno di confronto fosse quello economico, identi-
               ficando nell’intelligence economica un’arma irrinunciabile nel suo arsenale
               verso una meta che, agli osservatori, appariva persino surreale negli anni ‘80.
               In quel decennio la Cina Comunista decise meta, strada e armi, indentificò
               chiaramente i propri obiettivi strategici a lungo termine e pianificò i mezzi per
               raggiungerli7.

               Deng Xiaoping e l’avvio dell’opzione geoeconomica cinese
                     Il vero salto di qualità nell’impiego dell’intelligence economica avvenne,
               storicamente, attorno alla prima metà degli anni ’80, come opzione che decli-
               nava la linea di Deng Xiaoping negli anni che vedevano il Partito Comunista
               Cinese impegnarsi in una strategia di lungo periodo mirata a sfruttare i bene-
               fici dell’apertura diplomatica e delle relazioni instaurate con gli Stati Uniti du-
               rante il decennio precedente. Se la competizione tra Est e Ovest rendeva
               inverosimile l’ipotesi di una collaborazione strategico-militare come moltipli-
               catore di potenza, appariva evidente che la strada da seguire era quella di fa-
               vorire una rapida crescita economica della Cina quale mercato di immense
               prospettive per l’Occidente così come per i Paesi in via di sviluppo; una crescita
               accompagnata da una graduale integrazione della Cina nella catena produttiva
               mondiale e più in generale nel novero degli attori responsabili di un ordine
               mondiale governato dallo Stato di Diritto, dal progresso nell’applicazione dei
               Diritti Umani Universali e delle libertà fondamentali.
                     Nei primissimi anni ’80 cominciò quindi concretamente a prendere forma
               la strategia d’intelligence economica quale pilastro fondamentale per la politica

               6
                   Cfr. Roger Faligot, Les services secrets chinois, Paris, Nouveau Monde, 2008, in particolare i capp. 4, 7,
                   9. In generale, l’opera è una preziosa trattazione sul mondo contemporaneo degli apparati di informazione
                   e sicurezza cinesi dell’ultimo secolo.
               7
                   Giuseppe Gagliano, La Geoeconomia nel pensiero strategico francese contemporaneo, Roma, Fuoco
                   Edizioni, 2014, pp. 86 ss.

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                   di potenza della Repubblica Popolare Cinese. La creazione del Ministero per
                   le relazioni economiche con l’estero e il commercio (MOFERT) non è che
                   l’inizio di una ‘lunga marcia’ verso la conquista di un posto di primo piano sul
                   palcoscenico della geopolitica attraverso la geoeconomia. Un’anticamera nella
                   quale Pechino entrerà grazie ad una combinazione di circostanze favorevoli
                   tra cui, in primo luogo, la transizione dei Paesi OCSE dalla fase di una cre-
                   scente internazionalizzazione dei loro sistemi produttivi, nel corso degli anni
                   Settanta e Ottanta, all’epoca di una accelerata globalizzazione in cui la Cina
                   riusciva a presentarsi, nell’immaginario collettivo politico e non, quale princi-
                   pale e irrinunciabile motore di crescita e di profitto.
                        A dispetto dei mutamenti avvenuti in quattro decenni nella denominazione
                   delle strutture amministrative e nelle interrelazioni intersoggettive e inter-or-
                   ganiche tra le diverse componenti dell’enorme macchina governativa cinese,
                   sono distinguibili alcune costanti, altrettanti elementi chiave nel successo ot-
                   tenuto dalla strategia di intelligence economica perseguita da Pechino. Essi di-
                   mostrano la loro efficacia e, dal punto di vista di chi ne è costante e primario
                   obiettivo oggi più che in passato (l’Occidente, l’Europa e l’Italia), la serietà
                   della minaccia8.

                   L’intelligence economica con caratteristiche cinesi, tra tradizione e mo-
                       dernità
                         Nonostante la struttura dell’apparato si presenti straordinariamente com-
                   plessa, difficilmente penetrabile e comprensibile nelle sue interazioni, lo spio-
                   naggio cinese è fortemente caratterizzato da una pervasiva politicizzazione.
                   Non si tratta certo di un aspetto assente nell’intelligence nei Paesi occidentali.
                   Sono numerose e fondate le preoccupazioni circa la tendenza, anche nelle de-
                   mocrazie liberali, alla politicizzazione delle strutture di informazione e sicu-
                   rezza. Vi è stata in diversi casi un’eccessiva disponibilità dei Servizi a
                   compiacere e a mettersi a disposizione del Governo in carica, presentando i
                   fatti in modo parziale o persino distorto, per dare argomenti utili a sostenere
                   politicamente scelte e strategie dinanzi alle opinioni pubbliche. Il caso, ad
                   esempio, dei rapporti d’intelligence che hanno preceduto e giustificato l’inter-
                   vento in Iraq nel 2003 è stato ampiamente descritto e stigmatizzato dal Rap-
                   porto Chilcot. Numero e concorrenza tra diverse agenzie ed attori istituzionali
                   coinvolti nel comparto (negli Stati Uniti si tratta di ben 16 agenzie diverse)
                   contribuiscono a tali fenomeni.

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                       Sulle costanti nella dottrina di intelligence sinica, cfr. Nicholas Eftimiades, Chinese intelligence opera-
                       tions, Annapolis-Maryland, Naval Institute Press, 1994. Nonostante il carattere non del tutto accademico
                       del lavoro, l’opera lascia intendere come la minaccia spionistica cinese non sia recente, e non sia cambiata
                       nei suoi fondamentali elementi storicamente riscontrabili già decenni addietro. Semmai, sono stati aggiunti
                       mezzi e canali operativi a ulteriore potenziamento di una macchina informativa già molto sviluppata e
                       insidiosa.

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               Strategia e obiettivi dell’intelligence economica cinese, l’arma confuciana ‘to win’

                    E tuttavia la politicizzazione dell’intera organizzazione d’intelligence in
               Cina – inclusa in particolare la componente economica – è di segno decisa-
               mente diverso. In primo luogo, l’intelligence è funzione vitale di un’organiz-
               zazione dello Stato basata, diretta, posseduta interamente dal Partito Comunista
               Cinese. È il Partito con il suo Vertice, senza alcun contrappeso istituzionale
               (parlamentare, ad esempio), o capacità esterna di verifica, d’indagine o di di-
               battito (di stampa o di opinione pubblica) ad avere poteri assoluti e diretti su
               linea, operazioni, uomini e donne che sono parte dell’amministrazione degli
               apparati di informazione. Si tratta di una situazione del tutto peculiare per un
               grande paese contemporaneo.
                    Il mix di tradizione (cultura e filosofia) e contemporaneità (attuale assetto
               statuale) fanno sì che l’impostazione dell’intelligence cinese possa essere de-
               finita verticistica, ideologica e olistica. Verticistica poiché, nonostante la rete
               di entità statali dell’intelligence, le fila dell’intera strategia e operatività sono
               tenute nelle salde mani del Partito Comunista Cinese e dei suoi vertici centrali;
               ideologica, perché l’intero comparto assume la propria parte di lavoro come
               contributo fondamentale all’obiettivo comune della superiorità dominante a li-
               vello globale del sistema Paese quale missione imprescindibile; olistica, perché,
               nonostante il perimetro istituzionale del comparto sia definito giuridicamente
               da fonti normative precise, la dottrina cinese pone forte enfasi sul reclutamento
               di persone sia giuridiche (imprese, enti economici, accademici) che fisiche
               (singoli individui) in un grande schema di intelligence collettiva, con ruoli e
               obiettivi definiti caso per caso. Si tratta di uno sforzo gigantesco, effettuato
               con enorme dispendio di risorse umane e finanziarie, ma la cui efficacia è ben
               visibile, anche analizzando fatti e vicende recenti in territorio europeo (e na-
               zionale)9.
                    Un’intelligence quindi pilotata dai vertici, ideologica, olistica, proiettata
               nel mondo e molto concentrata nel presente sull’Europa e su quelli che Pechino
               ritiene essere gli anelli deboli della costruzione europea. Nel quadro così de-
               scritto, l’intelligence economica per decenni, fin dai primissimi anni ’80, ha
               pervicacemente cercato e trovato terreni fertili da analizzare, sondare, conqui-
               stare. Lo spionaggio cinese ha contribuito a fornire ai vertici politici elementi
               di conoscenza precisa sulle dinamiche globali, preziosissimi nella formazione
               dei piani pluriennali di sviluppo. Esso riceve le direttive dei vertici politici, e
               propone ai medesimi iniziative e misure difensive ed offensive atte a proteggere
               e rafforzare il posizionamento del sistema cinese nel mondo e aprire nuove vie
               di penetrazione per gli attori economici nazionali10. Proprio perché investito
               della cura degli interessi economici di un Paese che ha deliberatamente scelto

               9
                    Per uno sguardo generale e analitico su alcune tipicità del sistema cinese di informazione e sicurezza,
                    cfr. Special series: Espionage with Chinese Characteristics, Stratfor, 24 marzo 2010.
               10
                    Per una panoramica sugli obiettivi e su alcuni casi concreti di spionaggio industriale cinese, cfr. William
                    C. Hannas, James Mulvenon, Anna B. Puglisi, Chinese Industrial Espionage - Technology Acquisition
                    and Military Modernisation, London e New York, Routledge 2013.

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                   la strada della competizione asimmetrica, lo spionaggio cinese – e in particolare
                   quello economico – è lo strumento ideale per combinare la propaganda sul mo-
                   dello cinese di governo e di sviluppo, con disinformazione, campagne anche
                   aggressive di influenza, discredito e infodemia. Tattiche operative variamente
                   utilizzate e calibrate a seconda dell’obiettivo specifico, ma tutte ugualmente
                   rientranti in una complessiva politica che mira a generare opportunità e a con-
                   tenere, laddove ve ne siano, pericoli per la proiezione e moltiplicazione di po-
                   tenza fuori dai confini nazionali11.

                   Intelligence umana e cibernetica: il braccio androide della potenza cinese
                         Tra le più tipiche costanti della strategia cinese, v’è da annoverare sicura-
                   mente una forte enfasi posta sul reclutamento del personale destinato alla più
                   antica, e spesso sottovalutata in Occidente, fonte di informazioni: l’intelligence
                   umana o HumInt: settore che la Repubblica Popolare continua a coltivare, ben
                   conscia delle potenzialità enormi di questa modalità di spionaggio. La Cina ha
                   l’indubbio vantaggio di non dover rendere conto a nessuna opinione pubblica
                   interna circa i suoi costi, in termini di vite umane, di risorse impiegate e di ri-
                   flessi legali, nel reclutamento di agenti, agenti doppi, agenti d’influenza, col-
                   laboratori, informatori, fonti. Né l’apparato centrale ha alcun problema a
                   servirsi di attori sia istituzionali sia tecnici, quali docenti universitari e perso-
                   nale dei centri di ricerca. Nessun ostacolo democratico impedisce a Pechino
                   di ricorrere a soggetti esterni al perimetro del comparto intelligence come brac-
                   cio operativo, e spesso offensivo, nella sottrazione di conoscenze e nella sua
                   ingerenza e influenza negli affari interni di altri Paesi12.
                         Altra costante della strategia di Pechino è il controllo e l’influenza – at-
                   traverso acquisizione di quote azionarie o il coinvolgimento dissimulato di di-
                   rigenti o azionisti – su complessi industriali e tecnologici di rilevanza
                   strategica. È ben nota la prescrizione ex art. 7 della legge della Repubblica Po-
                   polare Cinese sull’Intelligence nazionale13: una clausola extraterritoriale che
                   assicura alle agenzie cinesi di intelligence una cooperazione illimitata delle
                   aziende cinesi operanti all’estero.

                   11
                        Il ricorso al terreno di confronto non simmetrico e all’impiego di approccio ibrido come base della filo-
                        sofia strategica cinese è ben illustrato nella celebre opera scritta nel 1999 da due ufficiali dell’Esercito di
                        Liberazione del Popolo, ed a cui si rimanda anche per comprendere la peculiarità antropologica dell’ap-
                        proccio sinico al tema dell’arte della guerra, soprattutto non tradizionalmente guerreggiata: Qiao Liang,
                        Wang Xiangsui, Unrestricted warfare (titolo originale: Guerra oltre i confini), New York, Shadow Lawn
                        Press, 2017.
                   12
                        Sull’impiego, sempre più massivo e sofisticato, del mezzo androide, misto umano e cibernetico, sulla na-
                        tura offensiva dell’utilizzo dello strumento, e sul ricorso a soggetti non strettamente interni al perimetro
                        del comparto intelligence, cfr. il report della cybersec firm statunitense Mandiant, APT1-Exposing one of
                        the China’s cyber espionage units (2013), https://www.fireeye.com/content/dam/fireeye-www/services/
                        pdfs/mandiant-apt1-report.pdf.
                   13
                        “Legge della Repubblica Popolare sull’Intelligence nazionale” (adottata dal 28° Comitato Permanente
                        del 12° Congresso Nazionale del Popolo, 27 giugno 2017), Capo I - Previsioni generali.

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               Strategia e obiettivi dell’intelligence economica cinese, l’arma confuciana ‘to win’

                    Non è un caso se la struttura dell’apparato d’intelligence cinese apra alla
               collaborazione con realtà esterne al perimetro stretto del comparto, propria-
               mente inteso; né deve sorprendere che una forte compenetrazione sia possibile
               tra apparati di spionaggio strettamente intesi e realtà accademiche e scientifiche
               (a mero titolo esemplificativo, l’Accademia Cinese delle Scienze)14 e/o attori
               economico-industriali, campioni nazionali cinesi dell’high tech15 (anche qui,
               per citare solo il più conosciuto, Huawei). E non è un mistero che la strategia
               di lungo periodo perseguita almeno negli ultimi vent’anni dalla Repubblica
               Popolare, e con slancio enormemente accresciuto dalla presidenza di Xi Jin-
               ping, abbia sempre più fortemente mirato a realizzare un’industria nazionale
               tecnologicamente avanzatissima e competitiva. Se la crescita economica della
               Repubblica Popolare è iniziata e proseguita per molti anni grazie allo sfrutta-
               mento di vantaggi competitivi da offrire agli investitori esteri (costi e condi-
               zioni del lavoro e dimensione demografica), è pur vero che Pechino ha da
               tempo maturato la consapevolezza che un ruolo di potenza globale non fosse
               acquisibile semplicemente mediante un progressivo ingresso nella supply chain
               produttiva globale. L’obiettivo politico di un’auspicata schiacciante preminenza
               economica globale avrebbe dovuto essere raggiungibile solo a patto di conqui-
               stare un ruolo di prim’ordine nell’intera catena di produzione e distribuzione
               mondiale: obiettivo oggi, più che in qualsiasi altra epoca della storia, impen-
               sabile senza il conseguimento di una posizione di eccellenza nella classifica
               dei sistemi nazionali a più alto contenuto tecnologico. La crisi evidentissima
               nella disponibilità in America e in Europa non solo dei prodotti farmaceutici a
               basso costo, ma anche dei devices tecnologicamente sofisticati per affrontare
               la pandemia del CoronaVirus ha rivelato che la Cina ha intenzionalmente rea-
               lizzato una propria capacità di quasi-monopolio nell’offerta globale di risorse
               essenziali in una situazione di questo tipo. Si calcola che l’80% dei prodotti
               farmaceutici vengano o comunque dipendano sostanzialmente da produzioni
               localizzate nella Repubblica Popolare Cinese. Vieppiù si è rivelata, sempre nel-
               l’ambito della presente emergenza sanitaria globale, l’importanza cruciale per
               Pechino di non accontentarsi delle pur fondamentali mascherine o delle basi
               chimiche necessarie per la sintetizzazione dei farmaci. Il core business, in ter-
               mini di strategia geoeconomica, sarebbe rappresentato dalla parte elettronica
               dell’offerta cinese, ben presente nell’abbozzata Health Silk Road, dove la Cina
               si presenterebbe come partner in grado di fornire alle strutture di cura, chiavi
               in mano, servizi tecnologici e informatici (stoccaggio di dati, elaborazione
               degli stessi, intelligenza artificiale, internet di quinta generazione). Se insomma

               14
                    A proposito di HumInt accademico-scientifica cinese e di come non dovrebbero stupire analisi attuali
                    sulla penetrazione cinese in detti settori, cfr. il saggio del 2002 di Pierre Lacoste, François Thual, Services
                    secrets et géopolitique, collana di «Renseignement, Histoire & Géopolitique-Études», Limoges, Lavau-
                    zelle, 2002 (2ᵃ ed.).
               15
                    Cfr. Adam Segal, When China rules the Web. Technology in service of the State, in «Foreign Affairs»,
                    settembre/ottobre 2018, vol. 97, pp. 10-18.

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                   il fattore determinante anche in questa situazione di crisi è rappresentato più
                   dai beni digitali che da quelli analogici, Pechino si sente del tutto pronta a com-
                   petere con le principali potenze.
                         È evidente come Pechino oggi possa mettere in campo una poderosa mac-
                   china androide, in cui spionaggio-controspionaggio umano e cibernetico sono
                   perfettamente complementari e bilanciati: un vettore e collettore di informa-
                   zioni e controinformazione in grado di operare con straordinaria efficacia lungo
                   le arterie – anch’esse sempre meno materiali – dell’intelligence digitale in ogni
                   suo campo e settore di applicazione, con indubbi vantaggi in termini di disin-
                   formazione, infowar, cyberwar, ingerenza, influenza. Nonché, naturalmente,
                   di approvvigionamento informativo16.

                   I target (anche scientifici) dell’intelligence economica di Pechino
                        Da circa quarant’anni, quindi, la dottrina cinese dà forma e sostanza a un
                   apparato che oggi rappresenta un sistema di intelligence economica proiettato
                   al raggiungimento di obiettivi chiave nella strategia di conquista di ulteriori
                   mercati, di investimento-produzione-vendita-materie prime, di consolidamento
                   dei mercati esistenti o di nuova acquisizione (tramite un’aggressiva diplomazia
                   commerciale che risulterebbe arma spuntata senza il costante supporto dello
                   spionaggio), di espansione delle capacità di tecnologia avanzata della propria
                   industria nazionale e di erosione di quote di mercati mondiali a scapito dei con-
                   correnti. Tutto questo riveste primaria importanza per le finalità politiche e
                   strategiche che la Cina pensa di poter ottenere sganciando i Paesi target dalle
                   esistenti alleanze politico-militari. Obiettivi prioritari per Pechino sono i Paesi
                   strategici per posizione geografica, capacità tecnologiche, dimensioni econo-
                   miche; magari con affiliazioni politiche o simpatie di loro élites verso il Partito
                   Comunista cinese. Ed è in questo quadro che si colloca il conflitto, solo appa-
                   rentemente commerciale ma soprattutto tecnologico, sviluppatosi negli ultimi
                   anni, e che ha visto come contendenti dichiarati e frontali Washington e Pe-
                   chino17. Al centro della competizione, sta una sigla ormai familiare per tutti: il
                   5G, rete ICT di ultima generazione in via di dispiegamento su scala mondiale,
                   che preoccupa gli Stati Uniti e parimenti tutti i Paesi e Governi consapevoli
                   dell’importanza senza pari dell’Alleanza Atlantica per la sicurezza dei loro cit-
                   tadini, saldamente agganciata al paradigma della democrazia liberale. Aldilà
                   delle posizioni che si fronteggiano, è dovere (e interesse per l’Italia) osservare
                   come la battaglia sulla rete di quinta generazione sia il caso più emblematico

                   16
                        Su disinformazione e intelligence economica, tra gli altri, cfr. Carlo Jean, «La disinformazione come stru-
                        mento di guerra economica», in Luigi Sergio Germani (a cura di), Disinformazione e manipolazione delle
                        percezioni - Una nuova minaccia al sistema-Paese, Roma, Eurilink, 2017, pp. 81-87.
                   17
                        A titolo esemplificativo, cfr. Economic Espionage: a foreign intelligence threat to the American jobs and
                        homeland security, resoconto di un ciclo di audizioni del 28 giugno 2012, Subcommittee on Counterter-
                        rorism and Intelligence of the Committee on Homeland Security, House of Representatives.

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               Strategia e obiettivi dell’intelligence economica cinese, l’arma confuciana ‘to win’

               e rilevante nella strategia di potenza di Pechino È il caso in cui gli elementi
               fondamentali della sua dottrina di intelligence economica trovano tutti insieme
               riscontro: definitivo consolidamento in mercati esteri; erosioni di fette di mer-
               cato nel segmento high-tech; approfondimento indiretto delle capacità nazio-
               nali nell’ ICT (grazie alla possibilità di testare le proprie strutture tecnologiche
               su quantità sempre più enormi di dati, dando alimento essenziale alla tecnologia
               di high performance computing, anche quantistico); potenzialità di impiego in
               chiave anche offensiva del mezzo informatico-comunicativo (con utilizzi ad
               ampio spettro, dallo spionaggio-controspionaggio economico a quello più tra-
               dizionale ma non meno importante, nel campo cioè politico e militare). Al set-
               tore dell’ICT quale branca di primaria importanza nel mondo odierno, fa da
               specchio idealmente un’altra branca rilevante in termini duali, di potere geoe-
               conomico e di capacità d’intelligence: il settore dello Spazio. Come l’informa-
               tica e la comunicazione, infatti, anche lo spazio può essere presentato – come
               astutamente è riuscita a fare da anni Pechino – come un territorio tutto sommato
               soft, non conflittuale, di cooperazione, collaborazione, scambio di esperienza,
               dialogo, tra la Repubblica Popolare e il resto del mondo. Lo spazio, pensano
               ancora oggi alcuni, ha oramai più le caratteristiche del pacifico che del bellicoso,
               più del civile che del militare. È, tuttavia, questa convinzione completamente
               erronea e molto pericolosa. Le attività spaziali e gli asset che materialmente
               concorrono a fare di un Paese una potenza spaziale non possono in alcun modo
               separare l’utilizzo puramente pacifico di tali tecnologie da quelle militari: ancor
               più se si riflette sulla fusione civile-militare di ogni fattore rilevante per le am-
               bizioni di dominio globale nutrite dalla Cina comunista. La dualità civile-mi-
               litare nello spazio convive perfettamente. In coerenza con la sua strategia dual
               use, Pechino da decenni sfrutta a fondo questa strada con iniziative di collabo-
               razione scientifica e tecnica molto intense, che riesce a guidare soprattutto, e
               spesso esclusivamente, a proprio vantaggio, incamerando conoscenze sia di
               base che applicative in cambio di pochissime contropartite. Solo l’ingenuità e
               la sottovalutazione (o la complicità) possono far credere che si tratti di coope-
               razioni a scopo pacifico. Al contrario, ogni avanzamento in termini di capacità
               spaziale affina gli strumenti che Pechino intende padroneggiare quanto prima
               possibile per aggiungerli al proprio arsenale, anche d’intelligence. Basti pen-
               sare ai satelliti dedicati alle comunicazioni, fondamentali per l’ottenimento di
               una rete ICT autonoma e sicura, imprescindibile nella competizione asimme-
               trica, o ai sistemi anti satellitari ASAT. E quand’anche, come nel caso delle at-
               tività spaziali a fini scientifici, il payload di un satellite non portasse con sé,
               fuori dall’atmosfera, alcuna tecnologia direttamente duale, è più che doveroso
               interrogarsi sulla delicatezza degli asset scientifici che, in caso di collabora-
               zioni internazionali, sono condivisi con un Paese non-atlantico, e sulle riper-
               cussioni negative per la collocazione politico-scientifica e tecnologica
               dell’Italia. La tradizionale, assai proficua collaborazione in corso da decenni
               tra l’Agenzia Spaziale Italiana e la NASA (con, in mezzo, un consistente e ap-
               prezzatissimo indotto scientifico e industriale nazionale a beneficiarne consi-
                                                                                                      227
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                   GIULIO TERZI DI SANT’AGATA - ANDREA MERLO

                   stentemente), potrebbe essere messa seriamente in discussione a causa della
                   collaborazione instauratasi proprio in questo campo tra Roma e Pechino, e giu-
                   dicata a buon diritto eccessivamente intensa dai partner atlantici.
                        Le collaborazioni con Pechino nei settori delle scienze di base, in prece-
                   denza un po’ fuori dai radar delle agenzie di informazione e sicurezza alleate,
                   sono fatte oggetto di più attenta considerazione da parte dei decisori politici
                   nazionali, dei sistemi di intelligence e degli stessi operatori scientifico-acca-
                   demici coinvolti. Seguitare nella illusione che la scienza, e le Science Techno-
                   logy Engineering Mathematics (STEM) in particolare, costituiscano terreno di
                   incontro e cooperazione all’insegna della pacifica amicizia e del mutuo bene-
                   ficio, a prescindere dalla natura e dagli obiettivi politici ed economici del si-
                   stema in cui vive ed opera la controparte, corrisponde ad una concezione
                   imperdonabilmente naïve non solo e tanto della scienza, quanto piuttosto delle
                   dinamiche del potere politico, e dell’intelligence che ne è la prima interprete.

                   Non c’è spazio per illlusioni: i rapporti con Pechino, tra sicurezza nazio-
                      nale e valori euroatlantici
                        Cruciale è pertanto la presa di coscienza della dimensione non pacifica né
                   amichevole dell’articolato sistema informativo agli ordini di Pechino: sembra
                   giunto davvero il momento di sgombrare il campo del dibattito politico da in-
                   genui equivoci sul reale significato dell’espressione win-win, cui tradizional-
                   mente la diplomazia cinese ricorre per convincere l’interlocutore circa la natura
                   pacifica,‘armoniosa’ di un grande affare che accontenterà tutti in parti uguali18.
                        A scanso di equivoci: nulla di nuovo, né di sorprendente se si sottolinea
                   che le amministrazioni segrete sono corpi essenziali nella vita di ogni organiz-
                   zazione statuale, che persegue il raggiungimento dell’interesse nazionale e stra-
                   tegico. L’importante è tenerlo costantemente a mente, e essere edotti circa le
                   attuali minacce provenienti dagli apparati che rispondono al Comitato Centrale
                   del Partito Comunista Cinese, e oggi al presidente Xi Jinping.
                        Si è dinanzi a una sfida per la quale sembra necessario ricordare il monito
                   di Luigi Einaudi a ‘conoscere per deliberare’, e il suo impulso a compiere già
                   nel 1948 la scelta atlantica; oggi come allora, nelle decisioni politico-strategi-
                   che dell’Italia, devono soprattutto valere i principi fondamentali di riferimento
                   sanciti dalla Costituzione Italiana, dal Trattato di Washington e dai Trattati
                   dell’Unione Europea.

                   18
                        Cfr. Jim Sciutto, The Shadow War, New York, Harper Collins, 2019, pp. 247-276 e passim.

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