ECOLOGIA INTEGRALE, ETICA AMBIENTALE E PROMOZIONE DELLA FAMIGLIA: CORRELAZIONE TRA LA CURA DELLA CASA COMUNE E L'ETICA SOCIALE - Pontificia ...

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Antonianum XCV (2020) 667-684

                       ECOLOGIA INTEGRALE, ETICA AMBIENTALE
                           E PROMOZIONE DELLA FAMIGLIA:
                    CORRELAZIONE TRA LA CURA DELLA CASA COMUNE
                                 E L’ETICA SOCIALE

                  1. La famiglia icona della Trinità quale risorsa preziosa dell’ecolo-
                     gia integrale1
                       L’analisi delle questioni relative all’ecologia integrale può essere
                  svolta sia a partire dalle verità della fede cristiana sia da una riflessione
                  del vissuto quotidiano condotta alla luce della medesima fede2. I due ap-
                  procci si completano a vicenda e possono aiutare a costruire un agire
                  più conforme alla sequela di Cristo che è, allo stesso tempo, anche più
                  umano. Il presente studio analizza le relazioni tra l’uomo e l’ambiente e
                  la mutua appartenenza dei membri della famiglia a partire da verità di
                  fede, rimanendo in vivo contatto con l’esperienza della vita quotidiana.
                  I due punti di vista sono correlati tra loro dalla già menzionata ecologia
                  umana. Con questo termine nel linguaggio del magistero cattolico si in-
                  tendono le qualità comunitarie, culturali e spirituali dell’uomo.
                       L’impronta della Trinità che può essere intravista nel creato alla luce
                  della fede, cui fa riferimento sulla scia di San Bonaventura l’enciclica
                  Laudato si’, risulta ancora più esplicita nel matrimonio e nella famiglia,
                  poiché queste realtà sono comunità di vita e d’amore3. La novità più ri-

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                         Una parte della presente ricerca è stata pronunciata presso la Pontificia Universi-
                  tà Antonianum in occasione del Terzo seminario del progetto di ricerca Verso una Rete
                  Internazionale per l’Ecologia Integrale (21-23 giugno 2018). Si può leggere come prima
                  parte dell’articolo quanto pubblicato su Antonianum, XCV (2020) 163-192; in questo
                  caso i paragrafi 1, 2 e 3 possono leggersi anche come 3, 4 e 5.
                      2
                         Sugli approcci dalla Santissima Trinità alla famiglia umana e, viceversa, dalla fa-
                  miglia verso la Trinità vedi: Carlo Rocchetta,Teologia della famiglia. Fondamenti e
                  prospettive, EDB, Bologna 2011, p. 192-206.
                      3
                         Cf. Gaudium et spes, 48,1.

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                        levante dell’insegnamento della Chiesa post-conciliare sul matrimonio e
                        sulla famiglia è l’approccio personalistico, secondo cui la fede non solo
                        promuove ed eleva alla qualità di sacramento l’istituzione umana del
                        matrimonio ma, più ancora, i coniugi vengono introdotti nell’amore e
                        nell’offerta di sé di Cristo alla Chiesa. Gli sposi, in forza del sacramento
                        nuziale, partecipano alla vita della Trinità la quale permea tutta la vita
                        della famiglia. Il fondamento trinitario dell’ethos matrimoniale getta
                        luce su molti aspetti della vita sociale, quale il lavoro, l’economia, la poli-
                        tica, l’arte e la comunicazione ma, in modo comprensibilmente partico-
                        lare, la vita delle famiglie4. La riflessione personalistica sul matrimonio e
                        sulla famiglia si basa fondamentalmente sulla teologia trinitaria e quella
                        matrimoniale di Matthias Joseph Scheeben, Dietrich von Hildebrand,
                        Herbert Doms e Michael Schmaus si ispira ai testi di alcuni filosofi della
                        corrente personalista ( Joseph De Finance, Gabriel Marcel, Jean Lacroix,
                        Jean Guitton), nonché all’antropologia teologica di Hans Urs von Bal-
                        thasar5.
                             La costituzione pastorale Gaudium et spes riporta l’analogia, già
                        menzionata, tra la Santissima Trinità e famiglia all’inizio del secondo
                        capitolo dedicato alla comunità degli uomini. La medesima analogia
                        viene riportata dalla lettera apostolica sulla dignità delle donne Mulie-
                        ris dignitatem6. Ambedue i pronunciamenti magisteriali considerano la
                        coppia uomo-donna, creata ad immagine e somiglianza di Dio, come
                        fondamento teologico sottostante a quest’analogia che verrà presentata
                        più dettagliatamente nella Lettera alle famiglie Gratissimam sane scritta
                        da Giovanni Paolo II nel 1994 in occasione dell’Anno della famiglia:

                            4
                               Cf. Marc Ouellet, Divina somiglianza: antropologia trinitaria della famiglia,
                        Lateran University Press, Roma 2004, p. 245-256. Le ricerche di Ouellet si ispirano
                        alle opere di Lionel Gendron, Mystère de la Trinité et Symbolique familière, Pontificia
                        Università Gregoriana, Roma 1975; L. Gendron, Le foyer chrétienne: une Eglise véri-
                        table, in Communio, 11 (1986) 65-83; L. Gendron, Le famille reflet de la communion
                        trinitaire, in La famille chrétienne dans le monde d’aujourd’hui, Bellarmin, Montréal
                        1995, p. 127-148.
                             5
                               Cf. Ouellet, Divina somiglianza, p. 38; Mario Colavita, Famiglia soggetto
                        ecclesiale e sociale. Dal cambiamento culturale alla trasformazione dell’uomo: un percorso
                        teologico-pastorale, Cittadella, Assisi 2016, p. 106.
                             6
                               Cf. Gaudium et spes, 24.

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                           Il cosmo, immenso e così diversificato, il mondo di tutti gli esseri viventi,
                           è inscritto nella paternità di Dio come sua sorgente (Cf. Ef 3, 14-16).
                           Vi è inscritto, naturalmente, secondo il criterio dell’analogia, grazie al
                           quale ci è possibile distinguere, già all’inizio del Libro della Genesi, la
                           realtà della paternità e maternità e perciò anche della famiglia umana.
                           La chiave interpretativa sta nel principio dell’«immagine» e della «so-
                           miglianza» di Dio, che il testo biblico mette fortemente in rilievo (Gn
                           1, 26). […] Il Creatore rientra quasi in sé stesso per cercarne il modello e
                           l’ispirazione nel mistero del suo Essere che già qui si manifesta in qual-
                           che modo come il «Noi» divino.
                           Alla luce del Nuovo Testamento è possibile intravedere come il modello
                           originario della famiglia vada ricercato in Dio stesso, nel mistero trini-
                           tario della sua vita. Il «Noi» divino costituisce il modello eterno del
                           «noi» umano; di quel «noi» innanzitutto che è formato dall’uomo e
                           dalla donna, creati ad immagine e somiglianza divina7.

                       L’analogia della famiglia ha un doppio significato: da un lato for-
                  nisce una base antropologica per la riflessione teologica sulla Trinità8,
                  dall’altro lato la teologia trinitaria può contribuire a una comprensione
                  più profonda dell’amore umano9. Queste due letture, già menzionate
                  che si riferiscono una all’altra, costituiscono il filo conduttore della pre-
                  sente ricerca. La qualità principale dell’analogia sociale – applicata da
                  Giovanni Paolo II che può essere ricondotta a San Bonaventura, Ric-
                  cardo di San Vittore e, infine, a Sant’Agostino – è il mutuo amore tra le
                  persone. Nonostante il fatto che quest’analogia sia poco presente nella
                  tradizione teologica e che nella comprensione di questo concetto da par-
                  te dei diversi autori si ravvisi una certa differenza, l’analogia stessa è rile-
                  vante e del tutto legittima. La Congregazione per la Dottrina della Fede
                  nella lettera sulla collaborazione dell’uomo e della donna, promulgata
                  nel 2004, sottolinea l’importanza della qualità sponsale presente nelle
                  antropologie bibliche:

                           I termini di sposo e sposa o anche di alleanza, con i quali si caratterizza
                           la dinamica della salvezza, pur avendo un’evidente dimensione metafo-

                      7
                         Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie Gratissimam sane (2 febbraio 1994),
                  6, in Enchiridion Vaticanum 14, 174-176.
                       8
                         Cf. Giovanni Paolo II, Gratissimam sane, 11, 13.
                       9
                         Cf. Colavita, Famiglia soggetto ecclesiale e sociale, p. 120-121.

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                                 rica, sono molto più che semplici metafore. Questo vocabolario nuziale
                                 tocca la natura stessa della relazione che Dio stabilisce con il suo popolo,
                                 anche se questa relazione è più ampia di ciò che può sperimentarsi nell’e-
                                 sperienza nuziale umana10.

                              Sulla base del primo capitolo della Genesi, la somiglianza tra la Tri-
                        nità e la famiglia umana è stata formulata per la prima volta da San Gre-
                        gorio Nazianzeno nel quarto secolo. Dio Padre, il quale non è nato per
                        generazione, veniva identificato con Adamo, il Figlio con Set oppure
                        con Abele, siccome essi sono nati per generazione. Infine, tra lo Spirito
                        Santo ed Eva sussiste un’analogia, dato che non sono nati per generazio-
                        ne, bensì per discendenza, in riferimento alla quale San Gregorio adope-
                        ra il termine ekporeusis (processio)11. Sant’Agostino non condivide questa
                        posizione perché nella famiglia umana tra i singoli membri non esiste
                        un’unità sostanziale12. Tommaso d’Aquino definisce le tre Persone divi-
                        ne in quanto relazioni sussistenti e segue fondamentalmente Agostino
                        parlando di un’unità all’interno della persona13. Benché la posizione di
                        Agostino respinga la diffusione del concetto di analogia dei Padri greci,
                        tuttavia Ouellet trova nel pensiero agostiniano due elementi progressivi.
                        Il primo è l’analogia di tipo socio-comunitario il quale indica l’amore
                        tra le persone e la triade della persona amante, quella amata e dell’amore
                        stesso. L’altro pensiero di Agostino riguarda l’unità della Chiesa radicata
                        nell’amore tra i suoi membri, siccome l’amore è capace di creare un cuore

                            10
                                Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della
                        Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo
                        (31 maggio 2004), 9, in AAS, 96 (2004) 671-687; Enchirdion Vaticanum 22, 2788-
                        2834.
                             11
                                Cf. Gregorio Nazianzeno, Oratio XXXI (Oratio Theologica, V), in Patro-
                        logia Greca 36, 143-44, citato da Ouellet, Divina somiglianza, p. 35-36. Vedi anche:
                        Jean-Claude Larchet, La questione del Filioque nella recente Chiarificazione del Con-
                        siglio Pontificale per la promozione dell’Unità dei Cristiani, Parte 2, 12-13, in Internet
                        (01.09.2020): http://oodegr.com/tradizione/tradizione_index/dogmatica/Filioque-
                        Larchet2.pdf.
                             12
                                Cf. Agostino, De Trinitate, XII, 5, 5, in Opere di Sant’Agostino, 4, Sulla Trini-
                        tà, Città Nuova, Roma 19872, p. 468-471. Vedi anche: Colavita, Famiglia soggetto
                        ecclesiale e sociale, p. 98-102.
                             13
                                Cf. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 27, a. 2; q. 92, a. 2; q. 36, a.
                        3, 1, citato da Ouellet, Divina somiglianza, p. 37.

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                  solo e un’anima sola (Cf. At 4,32). In quest’ultimo senso si ravvisa una
                  somiglianza tra la comunità di amore delle persone umane e le Persone
                  della Trinità14. La tradizione teologica adopera quest’analogia socio-co-
                  munitaria per descrivere la famiglia come icona della Trinità.
                       Nel secolo XII Riccardo di San Vittore continua la tradizione ago-
                  stiniana correggendola nel senso che considera la Santissima Trinità
                  come comunità di Persone legate dallo stesso amore. Quest’ultima co-
                  munità viene costituita dalla Parte amante, dalla Persona amata e da un
                  Soggetto comunemente amato dalle altre due Persone. In questa comu-
                  nione d’amore i membri si riferiscono l’uno all’altro in quanto diligens,
                  dilectus e condilectus15.
                       Il teologo francese di origine scozzese afferma, inoltre, che in Dio
                  devono sussistere più persone, il cui perfezionamento è possibile sol-
                  tanto tramite le altre16. Egli considera lo Spirito Santo non quale frutto
                  dell’amore del Padre e del Figlio come Agostino, bensì lo interpreta in
                  modo che lo Spirito riceve l’amore dalle altre due Persone contempora-
                  neamente e lo restituisce a loro rendendo perfetta l’unità del Padre e del
                  Figlio. La Santissima Trinità è costituita da tre Persone che si amano a
                  vicenda, tra le quali ciascuna svolge il ruolo della terza per le altre due17;
                  tutto questo porta alla realtà che il Dio dei cristiani è infinitamente fe-
                  lice18.
                       Bonaventura, ispirato da Riccardo di San Vittore, presentando lo
                  Spirito Santo in quanto amore del Padre e del Figlio, ricorre all’esperien-
                  za della famiglia umana, dove il mutuo amore dei coniugi s’incarna nel
                  figlio. Il figlio qui indica una realtà più ricca rispetto al “co-amato” (con-
                      14
                          Cf. Agostino,Tractatus 39,5, in Opere di Sant’Agostino, 24, Commento al van-
                  gelo e alla prima epistola di San Giovanni, Città Nuova, Roma 19855, p. 797-799, citato
                  da Ouellet, Divina somiglianza, p. 38.
                      15
                          Cf. Gisbert Greshake, Il Dio Unitrino. Teologia trinitaria, Queriniana, Brescia
                  2001, p. 109-117, qui: 113.
                      16
                          Riccardo di San Vittore, De Trinitate, III, 2 e 6, in PL 196, 916-917, 919,
                  citato da Colavita, Famiglia soggetto ecclesiale e sociale, p. 103. Vedi anche: Sándor
                  Gánóczy, Creatio ex amore, in Vigilia, 70 (2005/5) 392-402, qui: 396-399; Kurth
                  Ruh, Storia della Mistica Occidentale, Vita e Pensiero, Milano 1996.
                      17
                          Cf. Riccardo di San Vittore, De Trinitate, III, 20, in PL 196, 927-928,
                  rimanda a quest’ultima opera Gánóczy, Creatio ex amore, p. 398.
                      18
                          Cf. Riccardo di San Vittore, De Trinitate, III, 6, a cui rimanda Gánóczy,
                  Creatio ex amore, p. 398.

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                        dilectus) menzionato in precedenza, in quanto egli è una persona auto-
                        noma generata dall’amore vicendevole degli sposi19.
                             Dopo la Scolastica l’analogia familiare della Trinità è caduta in di-
                        menticanza ed è tornata al centro dell’interesse della riflessione teologica
                        solo nel secolo XIX grazie alle opere di Scheeben sulla Trinità e sulla
                        teologia del matrimonio. La novità principale del pensiero teologico di
                        Scheeben risiede nel fatto che egli ha riferito l’argomento del matrimo-
                        nio e della famiglia alla riflessione teologica sull’uomo in quanto egli
                        è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio. L’Autore è giunto a
                        quest’ultima correlazione riflettendo sulla Santissima Trinità, quando
                        cercava di illustrare le relazioni interne alla Trinità con quelle esistenti
                        nelle famiglie umane20.
                             Tommaso, rispondendo alla domanda se l’essere immagine di Dio
                        dell’uomo si trovi solo nell’anima, afferma che non è opportuno far cor-
                        rispondere i membri della famiglia umana con le Persone della Trinità,
                        perché le relazioni interne della famiglia umana sono di tutt’altra natura
                        rispetto a quelle tra le Persone divine21. La soluzione offerta da Scheeben
                        deriva da San Gregorio Nazianzeno il quale distingue la generazione (ge-
                        neratio) dalla discendenza (processio)22. In questo senso il teologo tede-
                        sco scopre una somiglianza tra la discendenza di Eva da Adamo, quella
                        dei loro figli da entrambi, nonché la relazione tra le Persone della Trinità,
                        siccome il Figlio procede dal Padre, lo Spirito Santo, invece, dal Padre e
                        dal Figlio. Lo Spirito Santo è il sigillo e la corona dell’amore del Padre
                        e del Figlio. Dio, pertanto, ha voluto che la famiglia umana esprimesse
                        nel modo più perfetto possibile l’unità di natura delle Persone divine23.
                        Questa visione risulta uno spartiacque nella storia della teologia, per-

                            19
                               Cf. Ouellet, Divina somiglianza, p. 39-40.
                            20
                               Cf. Matthias Joseph Scheeben, Mysteries of Christianity, Crossroad, New York
                        2008 [2015], p. 181-189; M. J. Scheeben, Handbuch der Katholischen Dogmatik, I,
                        Herder, Freiburg im Breisgau 1933, p. 877-881, citato da William Newton, The Cont-
                        ribution of Matthias Joseph Scheeben to the Theology of Marriage, in INTAMS Review;
                        Journal for the Study of Marriage & Spirituality, 16 (2010) 184-193, qui 190-191.
                            21
                               Cf. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 93, a. 6, in particolare ad 2.
                            22
                               Cf. Gregorio Nazianzeno, Oratio XXXI, 10, citato da Newton, The Cont-
                        ribution of Matthias Joseph Scheeben, p. 190-191.
                            23
                               Cf. Scheeben, Mysteries of Christianity, p. 182, citato da Newton, The Cont-
                        ribution of Matthias Joseph Scheeben, p. 191.

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Ecologia integrale, etica ambientale e promozione della famiglia: correlazioni 673

                  ché gli argomenti della sessualità umana, del matrimonio e della famiglia
                  vengono collocati all’interno del tema teologico biblico dell’imago Dei.
                  Nelle riflessioni teologiche contemporanee quest’ultima correlazione si
                  presenta non tanto al livello della corrispondenza delle Persone divine
                  e quelle umane, bensì a quello della comunione di persone vissuta nella
                  giustizia e nell’amore come viene menzionato dal secondo capitolo della
                  Gaudium et spes che parla delle comunità degli uomini24.
                        Il Concilio Vaticano II, i pronunciamenti magisteriali postconciliari
                  e le opere di teologia seguono in modo inequivocabile l’analogia di tipo
                  relazionale, ossia l’analogia sociale tra la Trinità e la famiglia umana, con-
                  trariamente al pensiero di Scheeben il quale ha correlato le Persone della
                  Trinità con i singoli membri della famiglia umana. Quest’ultimo model-
                  lo, in realtà, potrebbe essere applicabile solo alla prima coppia e ai loro
                  figli, mentre ogni famiglia rende presente in una certa misura la Santissi-
                  ma Trinità. San Tommaso critica l’analogia di tipo ontologico nella parte
                  sull’imago Dei della Summa Theologiae25 e afferma che secondo questa
                  idea il padre in una famiglia umana potrebbe essere solo l’immagine del
                  Dio Padre, la madre, invece, è quella dello Spirito Santo che non corri-
                  sponde con il testo della Genesi in cui la somiglianza divina non è legata
                  al genere biologico, bensì a tutto il genere umano (Cf. Gen 1,26).
                        San Tommaso, oltre alla critica della corrispondenza delle Persone
                  divine e quelle umane, non menziona l’analogia di tipo sociale, seguita
                  anche dalla teologia contemporanea. Tuttavia, egli ribadisce che l’essere
                  creati ad immagine di Dio caratterizzava la prima coppia già prima della
                  nascita dei loro figli, cioè questa qualità teologica non esige la nascita di
                  figli affinché si presenti una sequenza di relazioni che rispecchi le rela-
                  zioni tra le Persone della Trinità. Le coppie senza figli fanno presente al
                  mondo la Santissima Trinità in modo identico a quelle coppie che hanno
                  figli.
                        Il merito principale di Scheeben è quello di aver riportato dopo se-
                  coli di oblio gli argomenti della sessualità, matrimonio e famiglia nuo-
                  vamente al centro della riflessione teologica, nonché di aver correlato
                  queste tematiche alla teologia della creazione e all’antropologia teologi-

                      24
                           Cf. Gaudium et spes, 24.
                      25
                           Cf. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 93, a. 6, ad 2.

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                        ca. Le sue opere26 hanno preceduto di poco l’enciclica Arcanum divinae
                        sapientiae di Papa Leone XIII27 in cui vengono trattate varie questioni
                        evocate da Scheeben. A metà del secolo XIX la questione più importan-
                        te era la salvaguardia del carattere sacrale del matrimonio sia naturale
                        che sacramentale e la sua correlazione a Dio. Il matrimonio non è un
                        semplice accordo o un contratto tra esseri umani, bensì è molto più, per-
                        ché è presente nella legge divina ed è dotato di fini propri, tra i quali la
                        procreazione di figli è il più importante, in quanto mira a far presente le
                        immagini di Dio nel mondo. Nella procreazione i genitori collaborano
                        con Dio in modo del tutto singolare28.
                             La somiglianza tra la Santissima Trinità e la famiglia se da un lato ha
                        dei limiti, dall’altro lato, però, è capace di gettare luce su vari campi della
                        teologia trinitaria, della vita e dell’agire umano. Riguardo alle analogie e
                        somiglianze teologiche deve essere seguito il principio scolastico secon-
                        do cui le verità di fede esprimono qualche cosa della realtà, ma la realtà
                        cui queste verità si riferiscono le supera29.

                            26
                               Cf. M. J. Scheeben, Mysterien des Christentums. Wesen, Bedeutung und Zusam-
                        menhang derselben nach der in ihrem übernatürlichen Charakter gegebenen Perspektive,
                        Herder, Freiburg im Breisgau 1865; M. J. Scheeben, Handbuch der Katholischen Dog-
                        matik, Herder, Freiburg im Breisgau 1887.
                            27
                               Cf. Leone XIII, Lett. enc. Arcanum divinae sapientiae (10 febbraio 1880), in
                        Enchiridion delle Encicliche 3, 111-181, vedi in Internet (01.09.2020): https://w2.va-
                        tican.va/content/leo-xiii/hu/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_10021880_arca-
                        num.html.
                            28
                               Cf. Newton, The Contribution of Matthias Joseph Scheeben, p. 184-186. Vedi
                        anche Aristide Fumagalli, L’amore sessuale. Fondamenti e criteri teologico-morali,
                        Queriniana, Brescia 2017, p. 297; Maurizio Pietro Faggioni, Sessualità, matrimonio,
                        famiglia, EDB, Bologna 20172, p. 164, 190.
                            29
                               Cf. Alberto Magno, Super III Sententiarum, d. 24, a. 4; Bonaventura, III
                        Sent, d. 24, a. 3, q. 2, (Doctoris Seraphici S. Bonaventurae Opera omnia, studio et cura
                        PP. Collegii a S. Bonaventura, Typographia Collegii S. Bonaventurae, Ad ClarasAquas
                        [Quaracchi], 1887, tomus III); Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 1,
                        a. 6: «Articulus fidei est perceptio divinae veritatis tendens in ipsam»; Tommaso
                        d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 1, a. 2, ad 2: «Actus autem credentis non ter-
                        minatur ad enuntiabile, sed ad rem», cioè l’atto di fede non si ferma all’enunciato, bensì
                        addita una realtà a cui si riferisce l’atto di fede, citato da Rocchetta, Teologia della
                        famiglia, p. 152. Il Concilio Lateranense IV (11-30 novembre 1215) attira l’attenzione
                        sui limiti dell’analogia familiare della Trinità e mette in rilievo la somiglianza a livello
                        della relazione tra le persone: «Quando la Verità prega il Padre per i suoi fedeli, dicen-

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Ecologia integrale, etica ambientale e promozione della famiglia: correlazioni 675

                  2. Il ruolo dell’analogia familiare della Santissima Trinità nella vita
                     cristiana
                        La conseguenza più importante della teologia trinitaria per la mora-
                  le, è che la relazione tra uomo e donna, il matrimonio e la famiglia, non
                  guardano a Cristo solo come esempio, bensì, mediante la partecipazione
                  alla vita della Trinità e in base alla loro natura creata e redenta, sono ca-
                  paci di realizzare l’etica del dono. Quest’ultima partecipazione si realizza
                  tramite Cristo, il cui amore per la Chiesa – quale segno sacramentale – è
                  reso visibile a tutti e, in modo tutto singolare, per mezzo degli sposi (Cf.
                  Ef 5,32)30. Il donare se stessi agli altri comporta la piena realizzazione
                  della vita umana, la quale scaturisce dall’analogia sociale con la Santissi-
                  ma Trinità: «Questa similitudine manifesta che l’uomo, il quale in terra
                  è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi
                  pienamente se non attraverso un dono sincero di sé»31. Mediante la gra-
                  zia sacramentale del matrimonio, il desiderio naturale di felicità dell’uo-
                  mo, si innesta nel servizio del regno di Dio e, per questo, l’etica del dono
                  subentra a quella del desiderio. Il primo modello etico arricchisce le rela-
                  zioni d’amore dell’uomo abilitando a vivere in Dio e con Dio per gli altri.
                  Questa dinamica è stata descritta da San Paolo nell’immagine di quella
                  mutua subordinazione degli sposi, la quale scaturisce dal loro impegno a
                  rendere onore a Cristo (Cf. Ef 5,21). Questo comportamento è più che
                  una semplice sequela di Cristo, esempio eccellente: con il matrimonio,

                  do: “Voglio, Padre, che essi siano una cosa sola in noi, come noi siamo una cosa sola”
                  (Gv 17,22), il termine “una cosa sola” riferito ai fedeli si deve intendere nel senso di
                  unione di carità nella grazia, riferito alle persone divine indica l’unità di identità nella
                  natura, come dice la Verità in un altro passo: “Siate voi dunque perfetti com’è perfetto
                  il Padre vostro celeste” (Mt 5,48). […] Tra il Creatore e la creatura, per quanto grande
                  sia la somiglianza, maggiore è la differenza» (DS 806).
                       30
                          Cf. Ef 5,32. Sul significato sponsale del matrimonio vedi Hans Urs von Bal-
                  thasar, Gloria. Un’estetica teologica, 3, Stili laicali, Dante, Giovanni della Croce, Pa-
                  scal, Hamann, Solov’ëv, Hopkins, Peguy, Jaca Book, Milano, 1986, p. 130-131, citato
                  da Ouellet, Divina somiglianza, p. 245-246. Vedi anche: Angelo Scola, Il mistero
                  nuziale: uomo-donna, matrimonio-famiglia, Marcianum Press, Venezia, 20143.
                       31
                          Gaudium et spes, 24, in AAS, 58 (1966) 1045; Enchiridion Vaticanum 1, 1395.
                  Il fondamento del dono sincero di sé è l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio,
                  da cui deriva che l’uomo è chiamato ad esistere «per» gli altri, a diventare un dono (cf.
                  Mulieris dignitatem, 7).

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                        infatti, gli sposi in un certo senso “entrano in Cristo” (1Cor 7,39b). San
                        Bonaventura, spiegando il mistero della Trinità, adopera un pensiero
                        proveniente dalla filosofia neoplatonica che rimanda a Pseudo-Dionigi
                        quando parla della diffusione d’amore come caratteristica principale del-
                        la bontà. Questo mistero fonda verità di fede secondo le quali Dio può
                        esistere solo in quanto comunione di persone e che ha creato il modo ex
                        amore32.
                              Sia nella vocazione religiosa che in quella matrimoniale l’iniziativa
                        del dono divino, quando l’uomo accetta il dono della vocazione e rin-
                        nova giorno dopo giorno quest’accoglienza, assume in sé l’agire umano
                        stesso. La sinergia tra Dio e l’uomo si fa presente nell’amore vissuto in
                        una vocazione, cioè nel modo più perfetto possibile33. La costituzione
                        conciliare Lumen gentium, sulla scia di San Paolo, parla del carisma dei
                        coniugi, i quali, aiutandosi a vicenda e accettando la prole, costruiscono
                        sia il regno di Dio che la società civile, nonché rappresentano l’unità tra
                        Cristo e la sua Chiesa34. La famiglia, quale forza preziosa che costruisce
                        la comunità, umanizza la società, insegna ad una convivenza amorevole
                        e all’accoglienza dell’altro35. La vita cristiana sacramentale fa sì che la fa-
                        miglia faccia parte della natura e della dinamica di Cristo, il quale perfe-
                        ziona interiormente questa comunità umana naturale36.
                              La famiglia costruita sul matrimonio, in quanto comunità di vita e
                        di amore37, in cui Cristo rimane con i coniugi per sempre38 è, allo stes-

                            32
                                Cf. Pseudo Dionigi, The Celestial Hierarchy, IV, 1, Pseudo Dionigi, On the
                        Divine Names, IV, 1, 20, in The Complete Works (The Classics in the Western Spiritual-
                        ity Series), Paulist Press, New York 1987, citato da M. Calisi, Trinitarian Perspectives
                        in the Franciscan Theological Tradition, Franciscan Institute, St. Bonaventure Univer-
                        sity, St. Bonaventure (NY) 2008, p. 27-28. Vedi anche: Commissione Teologica
                        Internazionale, Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge natu-
                        rale (2009), 66.
                             33
                                Cf. Giovanni Paolo II, Esort. apost. Familiaris consortio (22 novembre 1981),
                        17, in Enchiridion Vaticanum 7, 1579-1581.
                             34
                                Cf. Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium (21 novembre
                        1964), 11. Vedi anche Ouellet, Divina somiglianza, p. 233-236.
                             35
                                Cf. Familiaris consortio, 43-44.
                             36
                                Cf. Familiaris consortio, 21, 2.
                             37
                                Cf. Gaudium et spes, 48, 1.
                             38
                                Cf. Gaudium et spes, 48, 4.

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Ecologia integrale, etica ambientale e promozione della famiglia: correlazioni 677

                  so tempo, una chiesa domestica39, ossia il più importante luogo di tra-
                  smissione della fede cristiana. La vita familiare essendo a servizio della
                  vita e dell’educazione, trasmette un valore tutto particolare sia all’intera
                  società che alle comunità ecclesiali. Pertanto, l’etica familiare e quella so-
                  ciale stanno in stretto rapporto tra loro. Il punto di raccordo tra queste
                  due branche della riflessione teologico-morale è la fecondità, la quale
                  non deve essere intesa solo in senso biologico, bensì anche in un senso
                  più ampio. La fertilità è una delle caratteristiche fondamentali dell’amo-
                  re autentico e nel matrimonio indica sia la capacità procreativa che l’im-
                  pegno all’educazione dei figli; tuttavia non va ridotta, con un’accezione
                  troppo stretta e limitata, alla sola procreazione biologica. Va piuttosto
                  intesa in un senso più ampio, dato che l’amore delle coppie sterili non è
                  meno fecondo di quello delle coppie con numerosi figli40. Secondo que-
                  sta accezione più ampia, si può parlare anche di una fecondità spirituale
                  e pastorale dei consacrati e dei sacerdoti che vivono nel celibato41.
                       L’esortazione apostolica Amoris laetitia amplia il concetto di fecon-
                  dità a partire dalla procreazione e dall’educazione dei propri figli, verso
                  l’adozione, l’affido e le altre opere di carità42. Quantunque nobile e bel-
                  la possa essere l’accoglienza di un bambino messo alla luce da un’altra
                  persona, l’eventuale sterilità rimane pur sempre una dura prova per la
                  coppia. Tutte le forme di fecondità allargata vengono caratterizzate da
                  una testimonianza silenziosa, sul modello espresso dalla Sacra Famiglia
                  prima che Gesù cominciasse pubblicamente la sua missione (Cf. Mt
                  13,53-56).

                      39
                          Cf. Lumen gentium, 11; Familiaris consortio, 21, 38, 52; Amoris laetitia, 15, 67,
                  86, 277, 318, 324. Vedi anche Ouellet, Divina somiglianza (IX. 2.2), p. 249-252.
                      40
                          Cf. Gaudium et spes, 50,3, in AAS, 58 (1966) 1071-1072; Enchiridion Vatica-
                  num 1, 1480: «Il matrimonio tuttavia non è stato istituito soltanto per la procreazio-
                  ne; il carattere stesso di alleanza indissolubile tra persone e il bene dei figli esigono che
                  anche il mutuo amore dei coniugi abbia le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi
                  a maturità. E perciò anche se la prole, molto spesso tanto vivamente desiderata, non c’è,
                  il matrimonio perdura come comunità e comunione di tutta la vita e conserva il suo va-
                  lore e la sua indissolubilità». Vedi inoltre: Familiaris consortio, 14; Congregazione
                  per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae (22 febbraio 1987), II. 8.
                      41
                          Cf. Giovanni Paolo II, Esort. apost. Vita consecrata (25 marzo 1996), in AAS,
                  88 (1996) 377-486, 8, 22, 30, 34, 93.
                      42
                          Cf. Amoris laetitia, 178-181.

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                             La fertilità dell’amore raccorda la motivazione vissuta nella profon-
                        dità del cuore – quella sorta rendendosi conto dei doni ricevuti da Dio
                        – con la premura per gli altri. A creare un ponte tra la dimensione esterna
                        e quella interna della fertilità, è proprio, da una parte, il valore universale
                        della tutela dei soggetti vulnerabili43; dall’altra, l’unità del corpo mistico
                        di Cristo vissuta nella liturgia. L’unità della Chiesa in Cristo non può es-
                        sere autentica se non è confermata dalla generosità44. La mistica dell’eu-
                        caristia ha sempre una dimensione sociale45. L’amore può essere oggetto
                        di un precetto, perché il cristiano l’ha ricevuto prima di tutto in dono da
                        Cristo, il cui corpo mistico è la Chiesa.
                             Sovente, ad ostacolare la fecondità dell’amore, è proprio l’incapacità
                        a riconoscere i doni ricevuti da Dio. L’invidia e la gelosia possono facil-
                        mente estinguere in noi la capacità di amare il prossimo, perché si cerca
                        di colmare46 in modo egoistico la propria mancanza d’amore, mentre «la
                        carità non è invidiosa» (1Cor 13,4).

                                 L’invidia è una tristezza per il bene altrui che dimostra che non ci inte-
                                 ressa la felicità degli altri, poiché siamo esclusivamente concentrati sul
                                 nostro benessere. Mentre l’amore ci fa uscire da noi stessi, l’invidia ci
                                 porta a centrarci sul nostro io. Il vero amore apprezza i successi degli
                                 altri, non li sente come una minaccia, e si libera del sapore amaro dell’in-
                                 vidia. Accetta il fatto che ognuno ha doni differenti e strade diverse nella
                                 vita47.

                            43
                               Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), 42-43.
                        Una delle conseguenze pratiche per essere creati ad immagine e somiglianza di Dio è
                        la co-partecipazione dell’uomo alla premurosa signoria di Dio sul mondo e, in modo
                        particolare, alla sua signoria in particolare sugli esseri umani più vulnerabili e fragili,
                        quali le vite nascenti, i sofferenti e i morenti. In riferimento all’amore premuroso, Papa
                        Francesco menziona gli anziani il cui apprezzamento assicura ai giovani radici sicure e,
                        di conseguenza, offre loro la capacità di tessere relazioni autentiche (cf. Amoris laetitia,
                        192).
                            44
                               Cf. Deus caritas est, 14; se ne fa riferimento in Amoris laetitia, 186.
                            45
                               Cf. Benedetto XVI, Esort. apost. Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007),
                        88-93 (Eucaristia, mistero da offrire al mondo).
                            46
                               Cf. Deus caritas est, 15-18.
                            47
                               Amoris laetitia, 95, in AAS, 108 (2016) 349.

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Ecologia integrale, etica ambientale e promozione della famiglia: correlazioni 679

                        L’adempimento degli ultimi due precetti del Decalogo, i quali vieta-
                  no la bramosia, può abilitare a un amore sincero e a guardare all’altro con
                  gli stessi occhi di Dio48. La condizione perché si realizzi questo sguardo
                  divino in noi, è la pratica dei primi tre comandamenti, i quali riguarda-
                  no Dio, ossia l’adorazione, il rispetto del suo nome e il tempo dedicato
                  all’eucaristia domenicale. Mediante questa pratica si diviene capaci di ri-
                  cevere i doni divini, prima ancora di esserne consapevoli; solo in seguito
                  si potranno trasmettere come espressione di amore.
                        La dinamica e la mutua relazione tra ricezione e trasmissione vengo-
                  no trattati nel primo capitolo dell’enciclica Deus caritas est:

                            Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono. Certo, l’uomo
                            può – come ci dice il Signore – diventare sorgente dalla quale sgorgano
                            fiumi di acqua viva (Cf. Gv 7, 37-38). Ma per divenire una tale sorgente,
                            egli stesso deve bere, sempre di nuovo, a quella prima, originaria sorgen-
                            te che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l’amore di Dio (Cf.
                            Gv 19, 34)49.

                       La sorgente dell’amore coniugale fecondo è, pertanto, la consape-
                  volezza dei doni di Dio e la gratitudine per essi. Quest’ultimo atteggia-
                  mento eminentemente cristiano può sviluppare lo spirito della cura, del-
                  la consolazione e dello stimolo50. Amare significa diventare amabili in
                  modo tale da non prestare attenzione ai difetti e agli errori altrui, bensì
                  tessere relazioni dalle quali possano nascere affetti duraturi51. L’autosti-
                  ma è un requisito psicologico per poter amare l’altro52. «Chi è cattivo
                  con sé stesso con chi sarà buono? […] Nessuno è peggiore di chi dan-
                  neggia sé stesso, e questa è la ricompensa della sua malizia» (Sir 14,5-6).
                       «Amare una persona è attendere da essa qualcosa di indefinibile, di
                  imprevedibile; è al tempo stesso offrirle in qualche modo il mezzo per
                  rispondere a questa attesa»53. In conclusione, l’Amoris laetitia, quando

                      48
                        Cf. Amoris laetitia, 96.
                      49
                        Deus caritas est, 7, in Enchiridion Vaticanum 23, 1552.
                     50
                        Cf. Amoris laetitia, 321-325.
                     51
                        Cf. Amoris laetitia, 100.
                     52
                        Cf. Amoris laetitia, 101.
                     53
                        Gabriel Marcel, Homo viator. Prolégomènes à une métaphysique de l’espérance,
                  Aubier, Paris, 1944, p. 63; tr. it. di Luigi Castiglione e Mario Rettori, Homo viator:

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                        parla dell’accoglienza della tensione tra la chiamata proveniente dalla
                        Trinità e dall’amore di Cristo verso la sua Chiesa e la nostra imperfezio-
                        ne54, auspica una crescita incessante nell’amore.

                        3. Conclusione
                              Concludendo si pone la domanda su che cosa colleghi e separi il
                        comportamento umano rispetto al creato, vale a dire le questioni relative
                        all’etica ambientale, all’amore coniugale e alla sua forza trasformatrice
                        della società. Dal punto di vista dell’esperienza umana e delle scienze
                        profane il legame può essere la più volte menzionata ecologia umana,
                        in quanto la natura personale dell’uomo deve essere rispettata e tutelata
                        in modo simile ai valori intrinseci dell’ambiente naturale. L’utilizzo ar-
                        bitrario dei risultati delle ricerche biomediche può, infatti, facilmente
                        diventare una pratica di sfruttamento irresponsabile delle risorse natu-
                        rali55 e la ragione di quest’ultima conseguenza va ricercata proprio nel
                        comportamento umano, dove consuetudini e pratiche inveterate, vale a
                        dire i vizi e le virtù, appartengono allo stesso soggetto. Così, se le virtù
                        riguardanti le relazioni interpersonali s’indeboliscono, questo porterà ad
                        un comportamento negativo verso l’ambiente, mentre è altrettanto vero
                        che un comportamento negativo verso l’ambiente avrà ripercussioni ne-
                        gative sui rapporti umani56.
                              Le correlazioni interne del comportamento umano vengono alla
                        luce nella famiglia, nei confronti del creato, a livello delle motivazioni
                        più profonde e anche nel contesto socio-comunitario. La mancanza di
                        una solidarietà civica può causare danni ambientali, il degrado ecologi-
                        co, invece, potrà provocare insoddisfazioni nelle relazioni sociali57. «I
                        deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori
                        sono diventati così ampi»58. L’ecologia umana tenta di preservare l’uo-

                        prolegomeni ad una metafisica della speranza, Borla, Torino 1967, citato da Amoris la-
                        etitia, 322.
                             54
                                Cf. Amoris laetitia, 325.
                             55
                                Cf. Laudato si’, 155.
                             56
                                Cf. Caritas in veritate, 51; Laudato si’, 224.
                             57
                                Cf. Caritas in veritate, 51.
                             58
                                Benedetto XVI, Omelia per il solenne inizio del ministero petrino (24 aprile
                        2005), in AAS, 97 (2005) 710; Enchiridion Vaticanum 23, 641, citato da: Laudato si’,

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Ecologia integrale, etica ambientale e promozione della famiglia: correlazioni 681

                  mo dall’autodistruzione59, promuovendo un rinnovamento etico tale da
                  rispettare la vita in tutte le sue forme60.
                        L’etica ambientale e quella familiare sono, poi, strettamente corre-
                  late, perché riguardano entrambe il comportamento umano, così come
                  l’ambiente naturale è coinvolto in modo organico nei processi sociali. La
                  differenza fondamentale tra i campi d’indagine di queste riflessioni sta
                  però nel fatto che solo l’uomo è di natura personale, il che lo rende nel
                  mondo un essere del tutto singolare e irrepetibile. Numerosi movimenti
                  ecologisti tutelano con impegno l’ambiente e, nello stesso tempo, sono
                  abbastanza insensibili nei confronti della vita umana nascente e moren-
                  te61, ma «se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza
                  di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale
                  si inaridiscono»62. Alla base dei comportamenti dei promotori di questi
                  movimenti ambientalisti sta una visione erronea dell’uomo, che sostitu-
                  isce un antropocentrismo esasperato – che è comunque la causa remota
                  dello sfruttamento irresponsabile delle risorse naturali non rinnovabili
                  – con un altrettanto forte ecocentrismo63, per il quale non esiste alcuna
                  differenza sostanziale tra l’uomo e la parte extraumana del creato; una vi-
                  sione che neghi la socialità dell’uomo e la sua apertura all’Assoluto, però,
                  non è altro che «un individualismo romantico travestito da bellezza
                  ecologica e un asfissiante rinchiudersi nell’immanenza»64.
                        La tutela dell’ambiente e le questioni riguardanti il matrimonio e la
                  famiglia vengono messe in rapporto a livello teologico dalla riflessione
                  sulla Santissima Trinità, in quanto tutta la creazione contiene in sé un’im-

                  217, in AAS, 107 (2015) 932-933.
                      59
                         Cf. Caritas in veritate, 51.
                      60
                         Cf. Caritas in veritate, 28; Laudato si’, 117, 120.
                      61
                         Cf. Caritas in veritate, 51; Laudato si’, 117, 120.
                      62
                         Caritas in veritate, 28, in Enchiridion Vaticanum 26, 716.
                      63
                         Cf. Laudato si’, 118-119. Gli impegni per la salvaguardia dell’ambiente naturale
                  non significano «equiparare tutti gli esseri viventi e togliere all’essere umano quel va-
                  lore peculiare che implica allo stesso tempo una tremenda responsabilità. E nemmeno
                  comporta una divinizzazione della terra, che ci priverebbe della chiamata a collaborare
                  con essa e a proteggere la sua fragilità. Queste concezioni finirebbero per creare nuovi
                  squilibri nel tentativo di fuggire dalla realtà che ci interpella» [Laudato si’, 90, in AAS,
                  107 (2015) 883].
                      64
                         Laudato si’, 119, in AAS, 107 (2015) 895; vedi inoltre: Laudato si’, 136.

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                        pronta propriamente trinitaria65. Quest’analogia si mostra in modo del
                        tutto singolare nel matrimonio e nella famiglia, che è una comunità so-
                        lidale di vita e d’amore che aspira alla verità della carità66. Si ravvisa, per
                        ovvi motivi, una differenza notevole tra queste analogie perché, da un
                        lato solo l’uomo, e non il creato, è di natura personale, mentre dall’altro,
                        sia l’uomo che il creato sono segnati da un limite ben noto alla logica del
                        pensiero di Sant’Agostino: Deus semper maior67. La teologia trinitaria
                        può, tuttavia, veramente portare a una comprensione più profonda delle
                        radici autentiche del comportamento umano e ad una conoscenza mi-
                        gliore del senso della vita, facendo sì che l’agire umano divenga sempre
                        più giusto e più solidale.
                              La teologia morale studia alla luce della rivelazione e della ragione68
                        le fonti, le motivazioni, le risorse, le norme e le finalità dell’agire umano.
                        Lo scopo di queste riflessioni è di definire la qualità morale dei singoli
                        atti, in quanto essi tendono alla piena ed autentica realizzazione perso-
                        nale e comunitaria dell’uomo oppure lo allontanano da questa finalità.
                        Al centro della tradizione teologico morale cattolica sta il cosiddetto
                        finalismo etico di stampo aristotelico-tomistica e l’etica delle virtù ela-
                        borata su quest’ultimo principio. Questa corrente di pensiero mette al
                        centro del proprio interesse le motivazioni del comportamento e le risor-
                        se naturali e soprannaturali, che confluiscono nel dinamismo dell’agire69.
                        Poiché inoltre l’interiorità dell’uomo, secondo una terminologia biblica
                        il suo cuore, è indivisibile, le questioni dell’etica familiare e quelle am-
                        bientali si intrecciano strettamente, andando a ripercuotersi sul carattere
                        di ciascuno e sugli stili di vita.
                              L’etica tradizionale delle virtù può essere integrata dall’etica del
                        dono la quale, oltrepassando i confini della tradizione filosofico-teologi-
                        ca cristiana, può comunicare efficacemente il messaggio universale della
                        teologia morale. L’etica del dono è un paradigma generale del compor-
                        tamento umano tale che, indagando il senso più profondo della realtà,
                        offre proposte convincenti per lo sviluppo armonioso e integrale dell’uo-

                            65
                              Cf. Laudato si’, 239.
                            66
                              Cf. Giovanni Paolo II, Gratissimam sane, 6.
                           67
                              Cf. Piero Coda, Sul luogo della Trinità: rileggendo il De Trinitate di Agostino,
                        Città Nuova, Roma 2008, p. 41.
                           68
                              Cf. Gaudium et spes, 46.
                           69
                              Cf. Caritas in veritate, 51; Laudato si’, 92.

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Ecologia integrale, etica ambientale e promozione della famiglia: correlazioni 683

                  mo. L’etica del dono cerca il senso della vita e la bontà che ne scaturisce
                  nella relazione dinamica tra l’identità della persona e l’alterità dell’altro70.
                  Il dono che riconosce e promuove l’altro promuove nello stesso tempo
                  sia l’autorealizzazione di chi fa il dono, sia l’armoniosa convivenza degli
                  esseri umani e, nel senso più ampio, di tutto il creato.
                        L’ecologia umana, che raccorda le scienze profane, e la teologia cat-
                  tolica possono rimandare al fatto che il rispetto dell’ordine interno del
                  cosmo e la salvaguardia degli ecosistemi stanno in stretto rapporto con
                  la tutela della natura personale dell’uomo, dal momento che il corpo
                  umano ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri es-
                  seri viventi71. Queste ultime due realtà possono essere concepite come
                  doni dotati di valore intrinseco e possono suscitare in noi una cultura
                  del rispetto e della cura. Quando la fede cristiana, chiamando l’ambiente
                  naturale con il nome di “creato”, ritiene che esso sia dono di un Crea-
                  tore di natura personale, va ad arricchire il significato dell’ecologia in-
                  tesa originariamente nella sua accezione esclusivamente biologica72. La
                  concezione della natura come dono viene promossa in modo migliore,
                  usando i termini bonaventuriani ripresi dalla Laudato si’, dalla «pietà»
                  (religiosità)73 e dalla «contemplazione»74.
                        L’accoglienza, l’accettazione, la ricettività e la responsabilità posso-
                  no promuovere un paradigma solidale, che allargando gli orizzonti nello
                  spazio e nel tempo costruisce comunità di vita sia a livello delle genera-
                  zioni future sia a quello della biosfera. Una cultura ecologica e la salva-
                  guardia dell’ambiente non possono esistere senza una visione dell’uomo,
                  dato che l’esistenza personale è la base della responsabilità.

                            Non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano
                            nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia. Quando la

                      70
                         Cf. Aristide Gnada, Gift as a Principle of Moral Action, in Contemplating the
                  Future of Moral Theology: Essays on Honour of Brian V. Johnstone, C.Ss.R., Robert C.
                  Koerdel - Vimal Tirimanna ed., Pickwick Publications, Eugene (Oregon) 2017, p. 55-
                  70.
                      71
                         Cf. Laudato si’, 155.
                      72
                         Cf. Laudato si’, 76, 159; Robert Ryan, Pope Francis, Theology of the Body, Ecol-
                  ogy, and Encounter, in Journal of Moral Theology, Vol. 6, Special Issue 1 (2017) 56-73.
                      73
                         Cf. Laudato si’, 11.
                      74
                         Cf. Laudato si’, 233.

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                                 persona umana viene considerata solo un essere in più tra gli altri, che
                                 deriva da un gioco del caso o da un determinismo fisico, si corre il ri-
                                 schio che si affievolisca nelle persone la coscienza della responsabilità75.

                             La costruzione delle comunità autentiche e la tutela dell’ambiente
                        appartengono strettamente l’una all’altra in base alle correlazioni tra le
                        realtà che costituiscono il cosmo76. In una rete di relazioni l’uomo, tut-
                        tavia, occupa una posizione del tutto particolare in base alla scoperta
                        dell’intelligibilità della vita e della tremenda responsabilità nei suoi con-
                        fronti e, pertanto, non può essere equiparato agli altri esseri77. La pre-
                        mura prestata, anche se solo simbolicamente, alle persone bisognose e
                        all’ambiente naturale minacciato può liberare l’uomo dall’indifferenza
                        alimentata dal consumismo e portarlo a far sorgere un nuovo tessuto so-
                        ciale locale78.
                             La promozione della salvaguardia del creato e dell’etica familiare in
                        base al paradigma del dono può rinsaldare anche la vocazione culturale,
                        religiosa e comunitaria dell’uomo79 che viene annoverato tra i traguardi
                        più importanti del nostro tempo.
                                                                         80
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                            75
                                Laudato si’, 118.
                            76
                                Cf. Laudato si’, 91-92.
                            77
                                Cf. Laudato si’, 90.
                            78
                                Cf. Laudatosi’, 232.
                            79
                                Cf. Laudato si’, 46, 81, 84, 143, 145-147, 203, 232.
                            *
                              Professore Straordinario di Teologia Morale della persona nella Facoltà di Teolo-
                        gia e già Professore di Biologia e Chimica (harsanyipo@gmail.com).

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