EBay, il Tribunale di Messina ordina la riammissione di un utente. C'era una volta il diritto - Filodiritto

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Tribunale Bologna 24.07.2007, n.7770 - ISSN 2239-7752
                                               Direttore responsabile: Antonio Zama

 eBay, il Tribunale di Messina ordina la riammissione di
           un utente. C’era una volta il diritto…
                                                   31 Luglio 2010
                                                  Filodiritto editore

“C’era una volta un castello, un castello chiamato eBay.
E c’erano una volta gli ebayers, circa 5 milioni, che frequentavano il maniero, animandolo quotidianamente
con aste, vendite dirette e perché no, anche qualche truffa.
C’era infine il diritto (quello italiano), relegato per anni alle mansioni più scomode e umilianti di quel
castello, ridotto a semplice sguattero della community. Poco o per nulla indispensabile alla sua vita e tirato
prevalentemente in ballo (alias applicato) quando l’ebayer di turno alzava troppo il gomito e iniziava a
truffare qualche decina o centinaio di frequentatori del castello…
Ciononostante, il tempo scorreva giulivo su eBay, il suo nome era ormai divenuto una forte attrazione per
molti viandanti e le sue qualità (e le sue pecche) riecheggiavano nei quattro angoli del regno del Web.
Insomma, tutti o quasi vivevano felici e contenti, fino a che un bel giorno, da una terra lontana, arrivò un
cavaliere...”
Potrei continuare ad allietare e incuriosire i lettori con questa singolare e metaforica narrazione,
raccogliendo probabilmente il sorriso e il plauso di chi, per passione o per lavoro, vive la propria
quotidianità sul noto portale di e-commerce, e aspetta da tempo, troppo tempo, qualche pronuncia
giudiziaria italiana che faccia luce sui tanti aspetti critici del mondo delle aste online.
L’importanza del provvedimento che in questa sede mi appresto a recensire, tuttavia, è tale da richiedere un
serio e doveroso commento. Ragion per cui, mettiamo da parte fate e incantesimi e vediamo cosa è
accaduto recentemente in Sicilia.
Con provvedimento del 6 luglio scorso, il giudice delegato del Tribunale di Messina, dott. Orifici, ha
ordinato a eBay Europe S.à.r.l. di riattivare l’account della società messinese Arcapel S.r.l., specializzata
nell’import-export di vari prodotti, condannando tra l’altro il colosso delle aste online alle spese del
procedimento d’urgenza.
Interessanti le principali argomentazioni alla base del provvedimento cautelare (pubblicato originariamente
da www.eBayabuse.com), frutto di un ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dalla società siciliana che, nel
gennaio scorso, nonostante lo status di PowerSeller e un punteggio di feedback sostanzialmente cristallino,
si è vista letteralmente chiudere le porte da eBay.it, dopo due commenti negativi su un totale di 449 giudizi
ricevuti dai vari utenti.
Il G.D., riconoscendo la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, ha rilevato taluni aspetti
nella contrattazione tra eBay e la propria utenza civilisticamente illeciti. In particolare quello relativo alla
condotta contrattuale di eBay, ritenuta dal giudice responsabile della sospensione fin troppo arbitraria e
illegittima dell’account della ricorrente. Un’esclusione dalla piattaforma nei fatti a tempo indeterminato e
tale da arrecare un serio pregiudizio economico all’ebayer, senza che vi fosse alla base una grave
violazione delle regole del sito.
Quest’ultimo aspetto è indubbiamente meritevole di attenzione, si legge infatti nell’ordinanza:
“[…]
Rilevato che la sospensione dell’account, operata peraltro a tempo indeterminato, può certamente essere
equiparata, alla luce degli effetti prodotti dalla stessa, alla risoluzione per inadempimento del venditore;
Considerato, in punto di fatto, che la condotta della parte contrattuale può determinare la risoluzione del
contratto solo se essa si connoti quale di particolare gravità, secondo quanto disposto in tema dalle norme
sulla risoluzione contenute nel codice civile;
Rilevato che pertanto, affinchè si possa procedere alla sospensione dell’account, è necessario
l’accertamento del presupposto di un grave inadempimento del debitore, sotto il profilo della gravità della
violazione o del numero delle condotte non conformi alle regole contrattuali;
Rilevato che l’attribuzione all’hoster di un potere di decidere, anche in assenza di qualsiasi valutazione
circa la gravità dell’inadempimento, la risoluzione del contratto e la sospensione dell’account, attribuirebbe
in realtà allo stesso un potere di recedere unilateralmente dal rapporto, clausola da considerarsi certamente
vessatoria, e bisognevole quindi di specifica approvazione (non appare applicabile al caso di specie la
normativa sulla tutela del consumatore);
[…]”
E’ il caso di dire che qualcuno ha fatto capire a eBay che con gli accounts e le attività di taluni merchants
vanno fatte le dovute valutazioni prima di intervenire, e ciò con buona pace di tutti quei venditori che da
qualche tempo lamentano le c.d. sospensioni facili da parte del sito d’aste.
Il rilievo fatto poi in merito al potere per l’auction provider di recedere unilateralmente dal contratto
concluso con l’utenza e la mancanza di specifica approvazione per iscritto ex art. 1341 c.c., è sintomatico
dell’impugnabilità di talune clausole contenute nel “contrattone” (alias l’Accordo per gli utenti), a cui
devono necessariamente aderire tutti coloro che intendono registrarsi al sito.
Clausole come quelle su responsabilità, manleva, risarcimento e foro competente che formano un allegro
trenino vessatorio, senza tralasciare altre aspetti che ictu oculi creerebbero nei fatti uno squilibrio
contrattuale tra le parti e alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali andrebbero pertanto
approfonditi.
A corollario di tutto non si dimentichi che quando l’ebayer è un consumatore (ovvero agisce per fini che
non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale), ai sensi
del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (Codice del Consumo) le clausole vessatorie per non essere nulle
devono essere oggetto di “trattativa individuale”, che è cosa ben diversa e più articolata della semplice
approvazione per iscritto. E che, quando la clausola limita l’esperibilità da parte del consumatore di azioni
per inadempimento, è nulla in ogni caso, trattativa o meno che vi sia.
Altro aspetto di rilevo del provvedimento è quello concernente la carenza di legittimazione passiva e
l’erronea indicazione di eBay Italia S.r.l. quale controparte contrattuale e destinataria del procedimento
d’urgenza.
Sebbene dal testo della pronuncia non siano chiare le argomentazioni poste alla base di tale scelta, il G.D.
pur ritenendo inammissibile il ricorso verso eBay Italia, ha rilevato che la chiamata in giudizio di
quest’ultima -tra l’altro già oggetto di un’eccezione sollevata da eBay in altri procedimenti nel nostro
Paese- appare del tutto giustificata compensandone persino le spese legali.
Purtroppo, non avendo contezza diretta degli atti di causa, non è possibile esaminare in questa sede tutte le
argomentazioni alla base della scelta della ricorrente, ma val la pena ugualmente fare una una piccola
precisazione.
Vero è che nella pagina principale dell’Accordo per gli utenti è indicato chiaramente che “parte
contrattuale di coloro che risiedono all’interno dell’Unione Europea è eBay Europe S.à.r.l”, tuttavia,
intestataria del dominio italiano www.ebay.it è eBay Italia S.r.l., e il ruolo esatto di quest’ultima non è
generalmente noto. Non tutti sanno, infatti, che il ruolo di eBay Italia S.r.l. è di semplice assistenza e
consulenza nel settore marketing e pubblicità per il nostro Paese di eBay Europe.
Il problema della carenza di legittimazione passiva, tuttavia, presenta anche un altro risvolto: quello di
natura squisitamente procedurale legato agli adempimenti necessari per la notifica degli atti giudiziari ed
extragiudiziali in materia civile o commerciale a soggetti residenti in altro Stato UE, di cui al Regolamento
CE 1393/2007. Iter da percorrere per l’azione contro eBay Europe e che, ove consentita ex lege, non
renderebbe di certo agevole l’iniziativa giudiziaria del singolo utente, costretto ad avvalersi del supporto di
uno studio legale con un minimo di esperienza in materia.
In chiusura, un altro punto importante dell’ordinanza è quello in cui viene riconosciuta l’importanza della
stessa eBay per chi opera nell’e-commerce, e nel procedimento in oggetto ritenuta addirittura
“indispensabile” ai fini della sopravvivenza della ricorrente, a nulla rilevando che quest’ultima fosse
titolare di altri siti Internet.
E’ un aspetto che indubbiamente fa riflettere e che mette ancora una volta il dito nella piaga delle lacune
normative italiane in materia di aste online, del ruolo e della responsabilità di chi gestisce queste ultime.
Un portale di aste online, in particolare nella struttura e funzionalità di eBay, come ho già evidenziato in
passato, non può godere delle immunità responsabilistiche di cui alla Direttiva 2000/31/CE e del D.Lgs.
70/2003 di attuazione.
La circostanza che percepisca duplici ricavi dalle sue aste (a titolo di tariffa di inserzione e commissione
sul valore finale), che utilizzi -imponendolo in alcuni casi- il suo sistema di pagamento PayPal con ulteriori
ricavi sui pagamenti, che abbia un team finalizzato alle investigazioni sulle aste, che predisponga un
apposito “Spazio soluzioni” con tanto di ruolo attivo per la risoluzione dei contrasti tra venditori e
acquirenti, unitamente a tanti altri aspetti sui quali potrei scrivere un articolo a parte, non le permettono nei
fatti di “ricucirsi” il ruolo passivo e di terzo estraneo previsto dalla nota direttiva sull’e-commerce.
E neanche a volerlo, nei giorni scorsi in Francia, la Corte d’Appello di Reims ha confermato la sentenza di
primo grado nel procedimento tra eBay e l’azienda francese di moda Hermès, riconoscendo la copevolezza
del sito d’aste nella vendita di articoli contraffatti sulla sua piattaforma ed escludendola esplicitamente,
proprio in ragione dei molteplici aspetti della sua attività, dal novero dei providers di cui alla Direttiva
2000/31/CE.
L’ordinanza in esame offrirebbe ulteriori spunti di riflessione giuridica, tuttavia, la mancanza nel testo di
dettagli esplicativi e ricostruttivi delle argomentazioni delle parti (in particolare sul punto relativo
all’ammissibilità del provvedimento che impone obblighi di fare infungibili) precludono l’aggiunta di
ulteriori rilevanti commenti.
Pronuncia a parte, quel che a mio parere è ormai certo e non sottovalutabile, è il grado di insofferenza
generalizzata nel Web tra gli ebayers e allo stesso tempo il ruolo che eBay ha ormai assunto nell’e-
commerce mondiale, una posizione a cui vanno indubbiamente riconosciuti meriti e onori, ma che proprio
per questo non può privarsi degli oneri. Al giorno d’oggi, infatti, sono già in molti i venditori che hanno
trasferito totalmente la loro attività online e la chiusura non ponderata di un account può mettere in
ginocchio l’economia di un’azienda o di un’intera famiglia.
“C’era una volta un castello, un castello chiamato eBay.
E c’erano una volta gli ebayers, circa 5 milioni, che frequentavano il maniero, animandolo quotidianamente
con aste, vendite dirette e perché no, anche qualche truffa.
C’era infine il diritto (quello italiano), relegato per anni alle mansioni più scomode e umilianti di quel
castello, ridotto a semplice sguattero della community. Poco o per nulla indispensabile alla sua vita e tirato
prevalentemente in ballo (alias applicato) quando l’ebayer di turno alzava troppo il gomito e iniziava a
truffare qualche decina o centinaio di frequentatori del castello…
Ciononostante, il tempo scorreva giulivo su eBay, il suo nome era ormai divenuto una forte attrazione per
molti viandanti e le sue qualità (e le sue pecche) riecheggiavano nei quattro angoli del regno del Web.
Insomma, tutti o quasi vivevano felici e contenti, fino a che un bel giorno, da una terra lontana, arrivò un
cavaliere...”
Potrei continuare ad allietare e incuriosire i lettori con questa singolare e metaforica narrazione,
raccogliendo probabilmente il sorriso e il plauso di chi, per passione o per lavoro, vive la propria
quotidianità sul noto portale di e-commerce, e aspetta da tempo, troppo tempo, qualche pronuncia
giudiziaria italiana che faccia luce sui tanti aspetti critici del mondo delle aste online.
L’importanza del provvedimento che in questa sede mi appresto a recensire, tuttavia, è tale da richiedere un
serio e doveroso commento. Ragion per cui, mettiamo da parte fate e incantesimi e vediamo cosa è
accaduto recentemente in Sicilia.
Con provvedimento del 6 luglio scorso, il giudice delegato del Tribunale di Messina, dott. Orifici, ha
ordinato a eBay Europe S.à.r.l. di riattivare l’account della società messinese Arcapel S.r.l., specializzata
nell’import-export di vari prodotti, condannando tra l’altro il colosso delle aste online alle spese del
procedimento d’urgenza.
Interessanti le principali argomentazioni alla base del provvedimento cautelare (pubblicato originariamente
da www.eBayabuse.com), frutto di un ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dalla società siciliana che, nel
gennaio scorso, nonostante lo status di PowerSeller e un punteggio di feedback sostanzialmente cristallino,
si è vista letteralmente chiudere le porte da eBay.it, dopo due commenti negativi su un totale di 449 giudizi
ricevuti dai vari utenti.
Il G.D., riconoscendo la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, ha rilevato taluni aspetti
nella contrattazione tra eBay e la propria utenza civilisticamente illeciti. In particolare quello relativo alla
condotta contrattuale di eBay, ritenuta dal giudice responsabile della sospensione fin troppo arbitraria e
illegittima dell’account della ricorrente. Un’esclusione dalla piattaforma nei fatti a tempo indeterminato e
tale da arrecare un serio pregiudizio economico all’ebayer, senza che vi fosse alla base una grave
violazione delle regole del sito.
Quest’ultimo aspetto è indubbiamente meritevole di attenzione, si legge infatti nell’ordinanza:
“[…]
Rilevato che la sospensione dell’account, operata peraltro a tempo indeterminato, può certamente essere
equiparata, alla luce degli effetti prodotti dalla stessa, alla risoluzione per inadempimento del venditore;
Considerato, in punto di fatto, che la condotta della parte contrattuale può determinare la risoluzione del
contratto solo se essa si connoti quale di particolare gravità, secondo quanto disposto in tema dalle norme
sulla risoluzione contenute nel codice civile;
Rilevato che pertanto, affinchè si possa procedere alla sospensione dell’account, è necessario
l’accertamento del presupposto di un grave inadempimento del debitore, sotto il profilo della gravità della
violazione o del numero delle condotte non conformi alle regole contrattuali;
Rilevato che l’attribuzione all’hoster di un potere di decidere, anche in assenza di qualsiasi valutazione
circa la gravità dell’inadempimento, la risoluzione del contratto e la sospensione dell’account, attribuirebbe
in realtà allo stesso un potere di recedere unilateralmente dal rapporto, clausola da considerarsi certamente
vessatoria, e bisognevole quindi di specifica approvazione (non appare applicabile al caso di specie la
normativa sulla tutela del consumatore);
[…]”
E’ il caso di dire che qualcuno ha fatto capire a eBay che con gli accounts e le attività di taluni merchants
vanno fatte le dovute valutazioni prima di intervenire, e ciò con buona pace di tutti quei venditori che da
qualche tempo lamentano le c.d. sospensioni facili da parte del sito d’aste.
Il rilievo fatto poi in merito al potere per l’auction provider di recedere unilateralmente dal contratto
concluso con l’utenza e la mancanza di specifica approvazione per iscritto ex art. 1341 c.c., è sintomatico
dell’impugnabilità di talune clausole contenute nel “contrattone” (alias l’Accordo per gli utenti), a cui
devono necessariamente aderire tutti coloro che intendono registrarsi al sito.
Clausole come quelle su responsabilità, manleva, risarcimento e foro competente che formano un allegro
trenino vessatorio, senza tralasciare altre aspetti che ictu oculi creerebbero nei fatti uno squilibrio
contrattuale tra le parti e alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali andrebbero pertanto
approfonditi.
A corollario di tutto non si dimentichi che quando l’ebayer è un consumatore (ovvero agisce per fini che
non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale), ai sensi
del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (Codice del Consumo) le clausole vessatorie per non essere nulle
devono essere oggetto di “trattativa individuale”, che è cosa ben diversa e più articolata della semplice
approvazione per iscritto. E che, quando la clausola limita l’esperibilità da parte del consumatore di azioni
per inadempimento, è nulla in ogni caso, trattativa o meno che vi sia.
Altro aspetto di rilevo del provvedimento è quello concernente la carenza di legittimazione passiva e
l’erronea indicazione di eBay Italia S.r.l. quale controparte contrattuale e destinataria del procedimento
d’urgenza.
Sebbene dal testo della pronuncia non siano chiare le argomentazioni poste alla base di tale scelta, il G.D.
pur ritenendo inammissibile il ricorso verso eBay Italia, ha rilevato che la chiamata in giudizio di
quest’ultima -tra l’altro già oggetto di un’eccezione sollevata da eBay in altri procedimenti nel nostro
Paese- appare del tutto giustificata compensandone persino le spese legali.
Purtroppo, non avendo contezza diretta degli atti di causa, non è possibile esaminare in questa sede tutte le
argomentazioni alla base della scelta della ricorrente, ma val la pena ugualmente fare una una piccola
precisazione.
Vero è che nella pagina principale dell’Accordo per gli utenti è indicato chiaramente che “parte
contrattuale di coloro che risiedono all’interno dell’Unione Europea è eBay Europe S.à.r.l”, tuttavia,
intestataria del dominio italiano www.ebay.it è eBay Italia S.r.l., e il ruolo esatto di quest’ultima non è
generalmente noto. Non tutti sanno, infatti, che il ruolo di eBay Italia S.r.l. è di semplice assistenza e
consulenza nel settore marketing e pubblicità per il nostro Paese di eBay Europe.
Il problema della carenza di legittimazione passiva, tuttavia, presenta anche un altro risvolto: quello di
natura squisitamente procedurale legato agli adempimenti necessari per la notifica degli atti giudiziari ed
extragiudiziali in materia civile o commerciale a soggetti residenti in altro Stato UE, di cui al Regolamento
CE 1393/2007. Iter da percorrere per l’azione contro eBay Europe e che, ove consentita ex lege, non
renderebbe di certo agevole l’iniziativa giudiziaria del singolo utente, costretto ad avvalersi del supporto di
uno studio legale con un minimo di esperienza in materia.
In chiusura, un altro punto importante dell’ordinanza è quello in cui viene riconosciuta l’importanza della
stessa eBay per chi opera nell’e-commerce, e nel procedimento in oggetto ritenuta addirittura
“indispensabile” ai fini della sopravvivenza della ricorrente, a nulla rilevando che quest’ultima fosse
titolare di altri siti Internet.
E’ un aspetto che indubbiamente fa riflettere e che mette ancora una volta il dito nella piaga delle lacune
normative italiane in materia di aste online, del ruolo e della responsabilità di chi gestisce queste ultime.
Un portale di aste online, in particolare nella struttura e funzionalità di eBay, come ho già evidenziato in
passato, non può godere delle immunità responsabilistiche di cui alla Direttiva 2000/31/CE e del D.Lgs.
70/2003 di attuazione.
La circostanza che percepisca duplici ricavi dalle sue aste (a titolo di tariffa di inserzione e commissione
sul valore finale), che utilizzi -imponendolo in alcuni casi- il suo sistema di pagamento PayPal con ulteriori
ricavi sui pagamenti, che abbia un team finalizzato alle investigazioni sulle aste, che predisponga un
apposito “Spazio soluzioni” con tanto di ruolo attivo per la risoluzione dei contrasti tra venditori e
acquirenti, unitamente a tanti altri aspetti sui quali potrei scrivere un articolo a parte, non le permettono nei
fatti di “ricucirsi” il ruolo passivo e di terzo estraneo previsto dalla nota direttiva sull’e-commerce.
E neanche a volerlo, nei giorni scorsi in Francia, la Corte d’Appello di Reims ha confermato la sentenza di
primo grado nel procedimento tra eBay e l’azienda francese di moda Hermès, riconoscendo la copevolezza
del sito d’aste nella vendita di articoli contraffatti sulla sua piattaforma ed escludendola esplicitamente,
proprio in ragione dei molteplici aspetti della sua attività, dal novero dei providers di cui alla Direttiva
2000/31/CE.
L’ordinanza in esame offrirebbe ulteriori spunti di riflessione giuridica, tuttavia, la mancanza nel testo di
dettagli esplicativi e ricostruttivi delle argomentazioni delle parti (in particolare sul punto relativo
all’ammissibilità del provvedimento che impone obblighi di fare infungibili) precludono l’aggiunta di
ulteriori rilevanti commenti.
Pronuncia a parte, quel che a mio parere è ormai certo e non sottovalutabile, è il grado di insofferenza
generalizzata nel Web tra gli ebayers e allo stesso tempo il ruolo che eBay ha ormai assunto nell’e-
commerce mondiale, una posizione a cui vanno indubbiamente riconosciuti meriti e onori, ma che proprio
per questo non può privarsi degli oneri. Al giorno d’oggi, infatti, sono già in molti i venditori che hanno
trasferito totalmente la loro attività online e la chiusura non ponderata di un account può mettere in
ginocchio l’economia di un’azienda o di un’intera famiglia.

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nuove tecnologie e delle comunicazioni, Diritto processuale civile

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