DOSSIER - L'UCRAINA AL VOTO - OSSERVATORIO RUSSIA - MARZO 2019

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DOSSIER - L'UCRAINA AL VOTO - OSSERVATORIO RUSSIA - MARZO 2019
DOSSIER - L’UCRAINA AL VOTO
                  OSSERVATORIO RUSSIA - MARZO 2019

Le elezioni presidenziali ucraine del 31 marzo sono state un banco di prova importante per
definire il futuro di Kiev. Numerosi gli attori in campo, tanto da rendere plausibile qualsiasi
pronostico. Per comprendere meglio questo complicato scenario, Osservatorio Russia ha
analizzato i personaggi, gli interessi in gioco e i vari fattori che hanno condizionato questa
tesa campagna elettorale.
DOSSIER - L'UCRAINA AL VOTO - OSSERVATORIO RUSSIA - MARZO 2019
INCERTEZZA
DOSSIER - L’UCRAINA                                                          SOVRANA

     AL VOTO                                                                 Mattia Baldoni

                       OSSERVATORIO RUSSIA                               L’esito del primo turno
                                                                         delle              elezioni
                       MARZO 2019                                        presidenziali ucraine era
                                                                         piuttosto     prevedibile.
ANALISI                                                                  Nessuno        dei       44
                                                                         candidati          avrebbe
 •   Ucraina 2019 - Tutti contro tutti                                   chiuso i conti al primo
                                                 Giusy Monforte          turno. Tuttavia, meno
     «Questo appuntamento elettorale detiene già un primo record,        pronosticabili erano i
     che è quello del numero delle richieste di partecipazione. La       due               principali
     Commissione elettorale centrale (CEC) ne ha ricevute ben 92,        contendenti, dato il
     di cui 48 respinte [...]» Continua...                    PAG. 3     sostanziale equilibrio tra
                                                                         i grandi favoriti. Lo
 • Le elezioni ucraine e il futuro del                                   scarso      appeal      dei
   Donbass                                                               programmi e delle idee
                                                                         promosse ha contribuito
                                                  Pietro Figuera
                                                                         ad              alimentare
     «L'Ucraina che si prepara al voto delle Presidenziali del 31
     marzo è un Paese spaccato. [...] Alla vigilia dell'appuntamento
                                                                         l’incertezza       e      la
     elettorale, viene spontaneo chiedersi quale sarà il futuro dei      disillusione degli elettori
     territori contesi.» Continua...                           PAG. 7    ucraini, ormai sazi di
                                                                         retoriche nazionaliste e

 • Noi chi? L’identità ucraina in vista                                  conservatrici. Forse è
                                                                         proprio il volto nuovo
   delle presidenziali                                                   dell’attore      candidato
                                                     Claudia Ditel       Volodymyr Zelenskij ad
     «La campagna, tutta incentrata sull'elemento dell'etnicità          avergli assicurato la
     ucraina, non ha convinto l'opinione pubblica, che rimane
                                                                         vittoria del primo turno,
     pressoché polarizzata. È ampia la distanza ideologica tra la
                                                                         una sorpresa che era
     classe politica e i cittadini [...]» Continua...    PAG. 10
                                                                         nell’aria. Secondo posto
                                                                         per il presidente uscente
 • Ucraina: terra di aspettative europee                                 Petro Porošenko, che si
                                            Francesca Corsetti           giocava aspramente il
     «Se non è poi così scontato stabilire per quale candidato           passaggio del turno con
     l'Unione europea e i suoi Stati membri facciano il tifo, dal
                                                                         Yulia         Timošenko,
     momento che diversi candidati puntano ad avvicinarsi sempre
                                                                         arrivata terza.
     di più all'Ue, è invece di più facile intuizione comprendere che
     cosa l'Europa si aspetti dal post elezioni. » Continua... PAG. 14
                                                                                                1
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APPROFONDIMENTO

 • Gas naturale: l’Ucraina dipende ancora dalla Russia?
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   «L’Ucraina post-Euromaidan consuma molto meno gas, iniziandolo a comprare dall’Europa. Il
   rapporto con la Russia, tuttavia, è ancora cruciale per l’operatività della rete e per la rendita
   connessa al passaggio di gas verso Ovest.» Continua...                                    PAG. 16

                                                                                               2
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ANALISI
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Ucraina 2019 - Tutti contro tutti
                                                                                                 Giusy Monforte

Il prossimo 31 Marzo quasi 35 milioni di elettori saranno chiamati ad eleggere il nuovo Presidente
dell'Ucraina. In realtà, il 12% degli aventi diritto non potrà recarsi alle urne in seguito all'annessione
russa della Crimea, avvenuta nel Maggio del 2014.

Questo appuntamento elettorale detiene già un primo record, che è quello del numero delle richieste di
partecipazione. La Commissione elettorale centrale (CEC) ne ha ricevute ben 92, di cui 48 respinte, nella
maggior parte dei casi a causa del mancato pagamento della somma di 2,5 milioni di hryvnias (circa 81.700 €)
prevista dalla legge ucraina.

Oltre al versamento del deposito, la legge prevede che ogni candidato debba aver presentato la dichiarazione
dei redditi nell'anno precedente. Inoltre, deve essere un cittadino ucraino, aver compiuto almeno 35 anni ed
essere in grado di dimostrare di aver vissuto in Ucraina negli ultimi dieci.

Osservando i dati raccolti dall'Istituto Sociale Olexander Yaremenko e dal Centro Monitoraggio Sociale, è
possibile individuare quelli che potrebbero essere i protagonisti di queste elezioni.

                                                                      Petro Porošenko: conosciuto come il "re del
                                                                      cioccolato" per i suoi successi imprenditoriali degli
                                                                      anni Novanta, è il Presidente in carica dal 2014. La
                                                                      sua popolarità è cresciuta proprio in quegli anni per
                                                                      aver sostenuto finanziariamente la rivolta
                                                                      Euromaidan, nonostante si sia poi rifiutato di unirsi al
                                                                      governo Yatsenyuk. Candidato a queste elezioni
                                                                      come indipendente, è membro del blocco Petro
                                                                      Porošenko ("Solidarietà"), partito conservatore e
                                                                      filo-occidentale. La sua popolarità è scesa dal 54%
                                                        dei consensi, che gli fecero ottenere la vittoria al
Il 31 marzo circa 35 milioni di Ucraini saranno chiamati alle urne.
                                                        primo turno, a circa il 10%. Tuttavia, alcuni esperti
continuano a indicarlo tra i favoriti. Le sue carte vincenti potrebbero essere il nazionalismo, che si è
risvegliato in modo marcato dopo la crisi della Crimea, e il tentativo di favorire l'affermazione di una Chiesa
ortodossa indipendente da Mosca.

Volodymyr Zelensky: Zelensky è la grande novità della scena politica ucraina. Classe 1978, ha ricoperto il
ruolo di Presidente dell'Ucraina ma non nella vita reale, bensì nella serie tv "Servant of the People" il cui
debutto risale al 2015. Il partito politico SP, con cui si è candidato, prende lo stesso nome della serie ed è
stato lanciato un anno fa dalla società televisiva che l'ha prodotta. Il progetto politico di Zelensky, è difficile
                                                                                                                         3
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da definire, si propone come forza nuova e modernizzatrice e sta riscontrando un impressionante successo
tra l'opinione pubblica. Complici l'instabilità politica e l'insoddisfazione degli elettori, Zelensky è balzato in
cima alla classifica di quasi tutti i sondaggi, con un consenso che oscilla tra il 22% e il 30%.

Yulia Timošenko: nata nel 1960, è stata la prima donna a ricoprire la carica di Primo ministro, per quasi tutto
il 2005 e dal 2007 al 2010.In Parlamento dal 1996, è leader dell'Unione Pan-ucraina ("Patria"), partito filo-
europeo che si posiziona nell'ala del nazionalismo liberale. Nel 2004 è stata tra i promotori della Rivoluzione
Arancione, che ha portato poi il leader dell'opposizione Viktor Juščenko alla Presidenza, aggiudicandosi la
definizione di "Giovanna d'Arco della Rivoluzione" dai media occidentali. Tuttavia, è stata anche al centro di
alcune polemiche, rendendo la sua immagine politica tra le più contraddittorie dell'Ucraina. Fondatrice,
insieme al marito, di una compagnia petrolifera, negli anni Novanta viene accusata di aver stoccato ingenti
quantità di metano, causando così un aumento delle tasse. Inoltre, nel 2011 viene travolta in un processo per
abuso d'ufficio. Nonostante gli scandali continua a riscuotere un certo successo posizionandosi al secondo
posto con il 18,5-21% delle preferenze.

Anatoly Hrytsenko: nasce nel 1957 e ha alle spalle una carriera militare di 25 anni. Nel 2005 viene nominato
Ministro della difesa durante il governo Timošenko, mantenendo la carica con Yanukovich. Il suo
partito Posizione civile (GP) si pone come una forza liberale ed europeista, pur condividendo le aspirazioni di
un sistema presidenziale dai poteri "rafforzati". Noto soprattutto per la sua posizione critica nei confronti di
Porošenko, ha sostenuto con forza le accuse di corruzione contro il Presidente. Si presenta alle elezioni per la
terza volta e, al momento, si posiziona al quarto posto con un consenso che oscilla tra il 5-12%.

Yury Boyko: originario di Donestk, è nato nel 1958. Precedentemente Ministro dell'Energia e Presidente della
compagnia di Stato Naftogaz, oggi è alla guida della Piattaforma di opposizione "Per la vita", partito
socialdemocratico e filorusso. Proprio a causa della natura del partito, alcuni esperti temono che una sua
potenziale vittoria possa alimentare le tensioni tra i nazionalisti e i sostenitori di Mosca. Come la
                                                                                                             4
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Tymonshenko, anche Boyko è stato al centro di diversi scandali, anche se i sondaggi continuano a indicarlo
tra i primi cinque candidati, nonostante le probabilità che superi il primo siano quasi nulle.

Oleh Lyashko: nato nel 1972, è capo del Partito Radicale. Lyashko è famoso per il suo approccio non
convenzionale e un atteggiamento anti-élite di stampo nazionalpopulista. Il suo obiettivo sarebbe quello di
rinnovare l'ambiente politico, rendendolo indipendente dalla classe imprenditoriale ucraina, posizione da
molti criticata dati i suoi legami con Rinat Akhmetov, uno degli uomini più ricchi dell'Ucraina, nonché
Presidente della System Capital Management. Nel 2014, appena due giorni prima delle elezioni presidenziali,
Lyashko ha rivendicato l'attentato all'edificio governativo di Torez che provocò la morte di un sostenitore
della Repubblica popolare di Donetsk. Nonostante nei sondaggi non superi il 7%, resta uno dei personaggi più
discussi della scena politica ucraina.

          Evoluzione del trend elettorale in Ucraina ad una settimana dal voto. Evidente l'ascesa di Zelensky (in verde)

Oleksandr Vilkul: nato nel 1974, è stato eletto deputato del Partito delle Regioni nel 2006. Successivamente,
con il decreto n. 384/2010 del Presidente dell'Ucraina Viktor Yanukovich, è stato nominato presidente
dell'amministrazione statale regionale di Dnipropetrovsk e nel 2012 ottiene la nomina di vice Primo Ministro.
Vilkul è appoggiato dal Blocco dell'opposizione (OB), fondato dopo l'esperienza di Euromaidan, e
caratterizzato da un forte euroscetticismo e un chiaro sentimento filorusso. Attualmente i sondaggi lo
attestano al 4%, le probabilità di vittoria, quindi, sono abbastanza esigue.

Olexandr Shevchenko: Conosciuto come attivista per i diritti sociali, ha istituito nel 2013 il Fondo di
beneficenza omonimo. L'ente sostiene diversi programmi, dalla realizzazione di sedie a rotelle per i disabili, a
progetti di sviluppo urbanistico. Oltre alle attività sociali, è stato direttore a responsabilità limitata della
società «Skorzonera». Deputato dal 2010, è membro partito nazionalista Associazione ucraina dei
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patrioti (UKPOP) fondato nel 2015. Shevchenko ha annunciato che i suoi obiettivi principali, in caso di
vittoria, sono eliminare le tensioni nell'Ucraina orientale e restituire una vita dignitosa alla popolazione,
attraverso l'elaborazione di un piano di sviluppo regionale. Nonostante si sia dichiarato in diverse occasioni
"fiducioso", il suo rating si aggira al 3%.

Ihor Smeshko: Il generale Ihor Smeshko, 64 anni, è stato a capo dell'Intelligence del Ministero della difesa,
dal 1997 al 2000. Per il suo ingresso in politica si deve aspettare il 2010, anno in cui fonderà, insieme ad altri
membri dell'Intelligence, il partito ucraino Forza e onore (SICH). Nel 2014 viene nominato da Porošenko
come suo consigliere e, successivamente, ha guidato il comitato di intelligence sotto la
presidenza. Indipendente, promuove l'attuazione di una serie di riforme volte al rafforzamento militare e
all'affermazione dell'Ucraina come Stato sovrano e indipendente. Alcuni osservatori considerano le
aspirazioni di Smeshko come autoritarie e rischiose per l'evoluzione del sistema democratico. Come nel caso
di Shevchenko, il suo rating non supera comunque il 3%.

Restano fuori dall'elenco Andriy Sadovyi e Evgeny Murayev, che pur rientrando tra i primi dieci candidati
hanno ritirato la loro candidatura in sostegno, rispettivamente, di Anatoly Hrytsenko e Oleksandr Vilkul.

Dalle preferenze degli elettori è forse possibile comprendere la profonda spaccatura che sta interessando
l'Ucraina. La questione della Crimea e l'instabilità politica hanno favorito lo sgretolamento della società
ucraina, frammentazione che potrebbe rispecchiarsi nei risultati elettorali. Nel caso in cui nessuno dei
candidati otterrà la maggioranza assoluta dei voti, sarà indetto un secondo turno. È probabile che per
conoscere il volto del prossimo Presidente ucraino dovremo aspettare il 21 Aprile.

                                                        Analisi pubblicata su Osservatorio Russia, 7 marzo 2019

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Le elezioni ucraine e il futuro del Donbass
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L'Ucraina che si prepara al voto delle Presidenziali del 31 marzo è un Paese spaccato.

Non solo per il numero estremamente alto dei candidati, tale per cui non si prevede, ad oggi, che alcuno di
essi riesca a superare il 25% dei voti al primo turno. E non solo per la scarsissima popolarità (attestata al 10%)
del governo uscente.

Ma perché, banalmente, non ha ancora risolto la guerra civile che lo attanaglia da cinque anni quasi esatti,
ovvero da quel 6 aprile 2014 in cui alcuni gruppi di manifestanti armati si impadronirono delle sedi
governative negli oblast' di Donec'k, Luhans'k e Charkiv.

Gli accordi di Minsk languono. La guerra nelle regioni orientali non è né calda né fredda, ha perso tutto il suo
appeal mediatico internazionale ma al tempo stesso non si è fermata, né ha cessato di produrre vittime.
Benché l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani abbia registrato un calo significativo delle
perdite negli ultimi tre mesi di osservazione, tale trend sembrerebbe dimostrare più uno stallo politico e
militare (in attesa, ormai, degli esiti del voto) che un reale appianamento dei contrasti.

Complice lo scarso numero di vittime, i media occidentali tacciono. Solo i fatti del Mar d'Azov hanno
temporaneamente riacceso i riflettori sulla crisi. Relegandola però alla cronaca delle prove muscolari tra
                                                                                                             7
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Mosca e Kiev, o alle questioni di diritto internazionale relative al passaggio delle navi nello Stretto di Kerč'.
Poco o nulla è stato detto su Donec'k e Luhans'k, le due repubbliche separatiste in lotta contro il governo
centrale di Kiev.

Alla vigilia dell'appuntamento elettorale, viene spontaneo chiedersi quale sarà il futuro dei territori contesi.
Innanzitutto bisogna precisare che nelle due regioni, nelle quali (assieme alla Crimea) risiederebbe il 12% del
corpo elettorale ucraino, non si potrà votare per le prossime presidenziali ucraine. Non tutti, peraltro, sanno
che nelle due repubbliche separatiste si è già votato lo scorso 11 novembre per eleggere i leader
locali (Pušilin a Donec'k e Pasečnik a Luhans'k), in violazione degli accordi di Minsk secondo l'OSCE e i membri
del Formato Normandia, che non hanno riconosciuto il voto. A giudicare dall'affluenza ottenuta in quella
tornata (superiore al 70%), non sarebbero stati comunque molti i potenziali elettori per la tornata del 31
marzo. E con tutta probabilità, non avrebbero votato Porošenko.

                                                                               Il presidente uscente, com'è noto, ha perso
                                                                               molta popolarità rispetto ai suoi esordi.
                                                                               L'andamento della guerra ma soprattutto le
                                                                               pessime performance nell'economia e nella
                                                                               lotta contro la corruzione potrebbero
                                                                               costargli la rielezione, anche se i sondaggi
                                                                               delle ultime settimane lo stanno vedendo
                                                                               in ripresa. Nel (poco probabile) caso di una
                                                                               sua vittoria, Porošenko verosimilmente
                                                                               manterrebbe l'approccio tenuto fino ad
Petro Porošenko durante le recenti esercitazioni militari in Ucraina, novembre oggi nei confronti sia dei ribelli, sia degli
                                    2018                                       attori internazionali che formalmente lo
                                                                               appoggiano.

Più originale, in una certa misura, la strategia della sua più nota e agguerrita competitor, Julija Tymošenko,
intenzionata ad allargare l'attuale gruppo "Normandia" per rafforzare le premesse diplomatiche di una
pace. L'obiettivo dichiarato dell'ex premier ucraina sarebbe quello di ripristinare le garanzie internazionali
promesse con il Memorandum di Budapest (1994), ottenendo così un riconoscimento esplicito della
sovranità ucraina sulla Crimea e sul Donbass (in base agli accordi di Budapest, il territorio ucraino sarebbe
stato garantito dalla Russia e dalla comunità internazionale in cambio della rinuncia – realmente attuata poi –
del possesso di armi nucleari da parte di Kiev). Ma un superamento così improvviso degli accordi di Minsk,
dando peraltro per scontato l'assenso di Mosca e dei separatisti, sembra del tutto illusorio ancor prima che
irrealistico.

L'attore Volodymyr Zelenskij, attualmente il candidato più in alto nei sondaggi, non sembra avere una
posizione molto definita sulla guerra nel Donbass. Ma proprio perché ha buone chance di diventare
presidente, è opportuno esporre le sue idee in merito. Zelenskij vorrebbe incontrare Vladimir Putin, evitando
di concedere altrettanta dignità politica ai neopresidenti delle due repubbliche autoproclamate, e trovare un
accordo diretto per la pacificazione. Anche qui, almeno a parole, gli accordi di Minsk non sarebbero
praticamente presi in considerazione.

Simile posizione a quella sostenuta da Anatoly Hrytsenko, ex ministro della difesa (2005-2007) con più
ridotte possibilità di arrivare al secondo turno, mentre Jurij Bojko, ex vice primo ministro e alleato di Viktor
Janukovyč, sarebbe invece il candidato più filorusso tra i papabili successori di Porošenko: suo intento
                                                                                                                       8
DOSSIER - L'UCRAINA AL VOTO - OSSERVATORIO RUSSIA - MARZO 2019
sarebbe quello di fermare le azioni militari nel Donbass e di riappacificarsi con Mosca. Ma la sua forza
elettorale non dovrebbe andare oltre il 10% dei consensi.

Da questa breve panoramica, si può evincere come la crisi del Donbass sia ancora lontana dal trovare una
soluzione: nessuno o quasi tra i candidati sembra in grado di imprimere una svolta realistica al corso degli
eventi. Quasi tutti promettono un cambiamento radicale, sull'onda del malcontento provocato da cinque
anni di guerra, ma le soluzioni indicate sono spesso bizzarre o irrealizzabili. Più adatte a un talk show che a
una conferenza diplomatica internazionale. Se ciò sia dovuto a scarsa preparazione o a una mancanza di
volontà nel sostenere posizioni impopolari, non è ancora dato saperlo.

Quel che è certo, è che in un Donbass ancora lontano da una vera normalizzazione in pochi si fanno illusioni
sul post voto. Anche perché, fatto salvo un crescente desiderio di pace e stabilità, l'orientamento generale
degli ucraini resta spaccato sulle solite linee. Linee che per chiunque sarà difficile forzare, data la probabile
frammentarietà che costituirà la maggioranza in sostegno del nuovo presidente.

                                                      Analisi pubblicata su Osservatorio Russia, 15 marzo 2019

                                                                                                            9
Noi chi? L’identità ucraina in vista delle presidenziali
                                                                                         Claudia Ditel

Le elezioni ucraine sono ormai prossime [31 marzo] e negli ultimi mesi i candidati si sono sfidati attraverso
slogan e promesse che, seppur distinguibili tra la visione liberale della Timošenko e quella conservatrice
di Porošenko, si caratterizzano per una retorica nazionalista di base. (Per un profilo più dettagliato sui
candidati, rimandiamo all'articolo di Giusy Monforte per il nostro Osservatorio).

                                                                      Entrambi i candidati sono poi sfidati da
                                                                      una voce del tutto nuova nel contesto
                                                                      politico ucraino, quella di Volodymyr
                                                                      Zelensky, famoso per aver ricoperto il
                                                                      ruolo di presidente nella serie tv Servant
                                                                      of the people. Nessuno si aspettava che
                                                                      un video caricato da alcuni studenti su
                                                                      YouTube, in cui Zelensky denunciava la
                                                                      dilagante     corruzione    del     Paese,
                                                                      l'avrebbe messo in pole position per la
                                                                      corsa     verso    una     vera      carica
                                                                      presidenziale.

Dunque, a parte Zelensky – che ha le caratteristiche per sembrare in gran parte un voto di protesta - né la
Timošenko, né Porošenko stanno raggiungendo la popolarità auspicata. La loro campagna, tutta incentrata
sull'elemento dell'etnicità ucraina, non ha convinto l'opinione pubblica, che rimane pressoché polarizzata. È
ampia la distanza ideologica tra la classe politica e i cittadini che, ad ormai cinque anni dal referendum in
Crimea, cercano una terza via di rappresentazione, che vada oltre il nazionalismo conservatore e militarista o
le promesse di una rapida integrazione nel contesto europeo.

Cosa pensano i cittadini ucraini del nuovo panorama politico?

Esercito, lingua e fede

"Esercito, lingua, fede. Noi andiamo per la nostra strada. Noi siamo l'Ucraina". Questo è lo slogan con
cui Porošenko ha lanciato la sua campagna per le presidenziali 2019. Ad oggi, il presidente attualmente in
carica è dato al terzo posto nei sondaggi. La sua campagna si era basata ampiamente su un revival del
nazionalismo in maniera trasversale, attraverso i tre pilastri, ovvero quello militare, linguistico e religioso.

Il Presidente ha fatto quello che gli amanti del costruttivismo definirebbero una securitizzazione, ovvero
l'amplificazione di una minaccia costruita principalmente attraverso pratiche e discorsi. Queste tecniche,
basate su una contrapposizione noi – loro, costituiscono uno strumento immediato per la formazione di
un'identità nazionale, ma non di stabile durata poiché dipendono dalla costante presenza di un nemico
esterno.

Nel campo militare, il picco massimo di antagonismo è stato sbandierato con l'introduzione della legge
marziale in risposta all'attacco subito dalle navi ucraine presso lo stretto di Kerc', lo scorso novembre. Un
                                                                                                            10
momento in cui il presidente Porošenko ha potuto sfoderare la sua credibilità in quanto comandante
supremo delle forze armate, il protettore del popolo ucraino contro la costante minaccia russa.

Sul piano spirituale, i recenti attriti con il Patriarcato di Mosca hanno rappresentato un'altra occasione, in cui
Porošenko ha esibito un visibile impegno nella costruzione dell'identità ucraina. Per decenni la Chiesa
ortodossa Ucraina ha sfidato quella di Mosca, chiedendo l'indipendenza e l'autocefalia. Il riconoscimento è
avvenuto solamente nello scorso dicembre ed ha rappresentato un processo irreversibile e di portata epocale
nella storia della Chiesa Ortodossa, di cui ha parlato Marco Limburgo nel suo articolo per l'Osservatorio. L'eco
avuta nella scena politica non è una novità. Anche in passato la contrapposizione religiosa è stata specchio
della polarizzazione geografica e identitaria dell'Ucraina, e per questo motivo diviene un teatro di scontro ad
ogni elezione presidenziale.

                                Petro Poroshenko con il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I

In un leit motiv tra presente e passato, tra religione e politica e che non lascia niente al caso, il
presidente Porošenko lo scorso 15 dicembre ha voluto presiedere alla cerimonia religiosa del riconoscimento
dell'autocefalia. Nel suo discorso rivolto al pubblico degli ecclesiastici ha esaltato l'importanza
dell'indipendenza spirituale tanto quanto quella politica e identitaria dei cittadini ucraini, riconfermando il
sodalizio tra fede e politica anche in queste presidenziali. In una retorica tutt'altro che imprevedibile,
Porošenko ha anche riconosciuto il momento dell'autocefalia come uno spartiacque storico nel processo
di decolonizzazione dalla Russia.

Il linguaggio è stato il terzo pilastro su cui la leadership politica anti-russa ha fatto leva per raccogliere i voti.
In ottobre, il parlamento ha approvato una legge che sostituisce l'ucraino al russo nei media locali, da
                                                                                                                 11

internet alla stampa, ed estende l'uso del linguaggio nazionale anche in altri numerosi contesti.
Finora, il russo e l'ucraino hanno convissuto nel quotidiano in Ucraina, sebbene al secondo fosse riconosciuto
il titolo di lingua nazionale. Secondo le classifiche, un 30% di ragazzi dai 14 e 29 anni, sebbene abbia studiato
in ucraino, parla russo nel contesto familiare. Un altro 18% invece alterna le due lingue. Dunque, la decisione
di smantellare la seconda lingua sembra una decisione elitaria più che un'esigenza venuta dal basso, in
quanto tale decisione mette in difficoltà una grande fetta della popolazione che parla principalmente russo.

Il fatto che nonostante l'impegno assiduo – partecipazione alla cerimonia di assegnazione dell'autocefalia;
dichiarazione dello stato di emergenza dopo lo scontro di Kerch – Porošenko non sia dato in testa nei
sondaggi, dovrebbe portare a fare delle riflessioni. Forse il senso di identità ucraino sta andando incontro a
dei cambiamenti che non si riflettono più nelle campagne ideologiche del Presidente.

Noi andiamo per la nostra strada. Noi siamo l'Ucraina. Ma noi chi?

Nonostante l'intenso impegno trasversale di Porošenko, l'80% della popolazione ha dichiarato di non fidarsi
di lui, e i sondaggi di certo non rispecchiano le sue aspettative. Il Presidente in carica non riesce a salire in
testa ai sondaggi e si attesta intorno a un 8%, al pari del nuovo volto per queste presidenziali di Zelensky. La
Timošenko risulta in testa nei sondaggi ma allo stesso tempo, in seguito alla collezione di ambiguità nella sua
carriera politica – tra cui il processo per abuso d'ufficio nel 2011 -, è anche piuttosto impopolare. Per il
momento, il 15% della popolazione è probabile che si asterrà dall'andare a votare, delusa dal panorama
politico nel complesso.

È chiaro che quello che si aspettano I cittadini ucraini non è tanto un'esaltazione dell'etnicità in chiave anti-
russa, quanto piuttosto delle riforme strutturali, che possano tirare fuori l'Ucraina dalla spirale
della corruzione e aumentare le possibilità economiche dei cittadini. In altre parole, l'identità dei cittadini
Ucraini si riconosce più nell'idea di cittadinanza e meno nell'etnicità. I sondaggi di dello ZOiS [think tank
tedesco di studi internazionali e sull'Est Europa, ndr] dimostrano come nel 2018 "cittadinanza ucraina"
sia stata la connotazione più selezionata (49.2% del 2018 contro 37.7% del 2017) fra le varie scelte in cui si
potessero identificare gli Ucraini. Una retorica vincente avrebbe puntato maggiormente sulla forza
dello Stato e delle istituzioni, invece che su una narrazione sciovinista, che si dimostra anacronistica a detta
dei sondaggi. Il fatto che nessuno dei leader sia riuscito a pieno ad afferrare i bisogni della popolazione
mostra una forte distanza tra il sistema politico e la società ucraina, che forse per prima ha capito quanto la
strategia di costruire un'identità nazionale in senso anti-russo sia di per sé perdente nel lungo periodo.

Inoltre, secondo statistiche pubblicate dalla Democratic Initiatives Foundation, sebbene il 52% degli Ucraini
vorrebbe entrare nell'Unione Europea, il 43% è consapevole che la corruzione è il principale ostacolo al
processo di integrazione, secondo il 38% l'impedimento è il basso sviluppo economico, il 21% indica
il conflitto nel Donbass, e il 17% la bassa tutela dei diritti umani.

La nuova classe politica al potere, qualunque essa sarà, dovrà capire che cercare di rafforzare il legame con le
organizzazioni occidentali facendo leva sul senso di aggressione dalla Russia non funzionerà. Costruire una
narrativa nazionale dipingendo un nemico esterno è una strategia di breve termine ed anche
pericolosa, poiché gli equilibri nel panorama internazionale tendono a mutare nel tempo. Se l'intensità del
conflitto con la Russia dovesse diminuire, l'Ucraina dovrebbe cercare un nuovo nemico da dipingere per
forgiare la sua identità nazionale.
                                                                                                            12
Promettere una veloce e rapida integrazione nelle istituzioni europee è altrettanto rischioso. L'Unione
Europea non può essere un ricettacolo contro il nemico russo ed inoltre i politici non dovrebbero giocare
carte che non possiedono e promettere false speranze ai cittadini in un contesto di competizione per le
presidenziali.

Un impegno nel lungo periodo, che tiene conto delle riforme strutturali, della lotta alla corruzione e della
stabilizzazione del Donbass invece che puntare sull'enfasi dell'antagonismo e degli slogan militaristi,
dovrebbe essere la sfida, ma anche la base di partenza di una nuova classe politica che vuole accorciare la
distanza con la società ucraina.

                                                    Analisi pubblicata su Osservatorio Russia, 20 marzo 2019

                                                                                                       13
Ucraina: terra di aspettative europee
                                                                                Francesca Corsetti

Il 2019 è e sarà un anno cruciale per l'Ucraina, con le elezioni presidenziali del 31 marzo ormai alle porte.
Infatti, tra una stabilità economica in via di ritrovamento e le numerose riforme che Porošenko sta cercando
di portare avanti (tra cui spicca sicuramente quella inerente all'anti corruzione), anche grazie alle promesse di
intervento della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, il 31 marzo potrebbe proprio
rappresentare un crocevia fondamentale per le aspettative europee in territorio ucraino.

Con un panorama di più di quaranta candidati, di cui i favoriti sono già stati dettagliatamente presentati da
Giusy Monforte nel suo articolo, da che parte si schiera l'Europa? Quali sono le sue aspettative e quali riforme
auspica in Ucraina?

Innanzitutto, è giusto prendere in considerazione l'attuale assetto delle relazioni tra Unione europea ed
Ucraina, così da poter poi comprendere logicamente le aspettative europee circa queste elezioni. I rapporti
tra i due partner sono al momento disciplinati dall'Accordo di associazione siglato nel 2014 ed entrato in
vigore nel 2017. Questo testo si inserisce all'interno di una nuova generazione di Accordi che l'Unione
conclude con alcuni dei Paesi rientranti nella politica di vicinato (ENP) e che vogliono rappresentare, in
sostanza, una forma di cooperazione alternativa all'adesione di questi Stati all'Ue. L'importanza di questo
testo risiede nel fatto che va a coprire e quindi disciplinare tutti gli aspetti delle relazioni Ue – Ucraina:
cooperazione economica, nell'area della Politica estere e di sicurezza comune e nello Spazio di libertà,
sicurezza e giustizia. Inoltre, collaborazione per quanto riguarda i diritti umani, lo stato di diritto e le libertà
fondamentali; il dialogo politico e le riforme; cooperazione nel settore ambientale, agricolo e dei trasporti.
Collaborazione, infine, in materia finanziaria. Tutto ciò ha alla base l'idea di un graduale avvicinamento
all'acquis comunitario, in vista di (eventuali ma difficilmente ipotizzabili, vista la necessità di fuoriuscire dallo
stato di guerra e di ricostruire la propria integrità territoriale) possibili sviluppi a livello del Trattato
sull'Unione europea (TUE).

Se non è poi così scontato stabilire per quale candidato l'Unione europea e i suoi Stati membri facciano il tifo,
                                                       dal momento che diversi candidati puntano ad
                                                       avvicinarsi sempre di più all'Ue, è invece di più facile
                                                       intuizione comprendere che cosa l'Europa si aspetti dal
                                                       post elezioni. In primo luogo, bisogna tenere comunque
                                                       a mente che l'Unione ha, in una certa misura, bisogno
                                                       dell'Ucraina. Infatti, se il Paese è forte può contenere
                                                       militarmente la Russia sul campo, oltre che essere un
                                                       ottimo terreno di investimento sia a livello finanziario
                                                       che di sicurezza per l'Europa.

                                                         Quindi, la domanda da porsi è la seguente: che cosa
     Donald Tusk, Petro Porošenko e Jean-Claude Juncker
                                                         viene domandato all'Ucraina? In passato, di fatto
venivano richieste soltanto la stabilità finanziaria e la trasformazione delle istituzioni, anche se in entrambi i
casi si tratta di processi molto lunghi e che non sono ancora giunti al termine. Adesso invece? Che cosa
                                                                                                                14
chiedono l'Unione europea e i suoi Stati membri all'Ucraina post elezioni? Due cose impegnano
maggiormente la concentrazione dell'occidente: l'economia e la sicurezza.

Per quanto riguarda il primo punto, l'economia è sicuramente la chiave per molti cambiamenti importanti.
Una rapida crescita economica accenderebbe infatti la miccia per raggiungere ulteriori obiettivi, tra cui
spiccano sicuramente la sicurezza (sulla quale ci soffermeremo tra poco), le riforme in ambito sociale e il
rafforzamento della democrazia, il quale richiede una classe media economicamente appagata. L'Unione
europea punta molto sulla crescita economica dell'Ucraina e questo per raggiungere una sempre maggiore
integrazione tra i due partner, con la costruzione di una zona di libero scambio globale e approfondita, nella
quale vengano meno tutte le barriere doganali, ostacolo agli scambi commerciali. Inoltre, l'Unione ha a cuore
che l'Ucraina porti avanti una lotta spietata alla corruzione, lotta già intrapresa, come è stato riportato sopra,
da Porošenko.

Per quanto riguarda il secondo punto, il settore della sicurezza ucraino risulta essere ormai fatiscente ed
obsoleto. In questo caso, l'Unione europea e i suoi Stati membri si aspettano cambiamenti sin dal livello
politico, fino ad arrivare agli organi di intelligence. In particolare, grosse aspettative vengono riposte su di una
riforma del Ministero della Difesa, oltre che su una sempre maggiore cooperazione con le istituzioni
europee. Di pari passo con la sicurezza, sicuramente l'Ue punta ad una riforma radicale della giustizia:
le indagini inconcludenti circa le morti durante la Rivoluzione di Maidan rappresentano un chiaro esempio del
mal funzionamento della macchina giudiziaria ucraina.

L'Ue riconosce, ad ogni modo, dei grandi passi in avanti in materia di pensioni (con il ricalcolo degli importi
per alcuni settori di attività), di sanità (con la possibilità, ad esempio, per i cittadini ucraini di poter
finalmente scegliere il proprio medico di famiglia a prescindere dalla residenza) e di decentralizzazione (con
l'obiettivo finale di creare forti comunità locali che abbiano in gestione il budget di spesa per il proprio
territorio). Riconosce, inoltre, la forte motivazione dell'Ucraina nel portare avanti le riforme, soprattutto
in ambito sociale, per avvicinarsi sempre di più agli standard dell'Unione (anche se a livello di Welfare c'è
ancora molto lavoro da fare). Seguendo questa direzione, risulta chiaro quindi quello che l'Unione europea e
gli Stati membri chiedono al futuro (e ormai prossimo) presidente ucraino: continuare il percorso di
uniformazione all'acquis comunitario, in tutte le sue sfaccettature, così come ripreso nella lettera
dell'Accordo tra i due partner.

                                                        Analisi pubblicata su Osservatorio Russia, 27 marzo 2019
                                                                                                               15
APPROFONDIMENTO
____________________________________________________________________________________________________

Gas naturale: l’Ucraina dipende ancora dalla Russia?
                                                                                    Giulio Benedetti

L’Ucraina post-Euromaidan consuma molto meno gas, iniziandolo a comprare
dall’Europa. Il rapporto con la Russia, tuttavia, è ancora cruciale per l’operatività della
rete e per la rendita connessa al passaggio di gas verso Ovest.
Nel sottosuolo ucraino si estendono vasti giacimenti di gas naturale, che furono sfruttati fino agli anni
Settanta. Più costosi da mantenere rispetto ai campi siberiani, i giacimenti ucraini furono gradualmente
abbandonati ed il Paese rifornito da Oriente, nel contesto della pianificazione economica unitaria dell'Unione
Sovietica. Al dissolvimento di quest'ultima, l'Ucraina si è così trovata ad essere improvvisamente un Paese
con una scarsa produzione di risorse naturali, abitata però da una classe dirigente ed una popolazione
abituate a fare parte di uno Stato esportatore.1

                                                              Questo sbilanciamento, spesso inteso come
                                                              dipendenza ucraina dalla Russia, ha avuto
                                                              due effetti. In primo luogo, un esito interno:
                                                              investita fino a quel momento da un flusso
                                                              costante di energia a basso costo, l'Ucraina si
                                                              trovava allora con fabbriche, abitazioni e
                                                              infrastrutture profondamente inefficienti
                                                              dal punto di vista energetico. Servivano
                                                              perciò enormi quantità di gas a basso
                                                              prezzo, che dovevano essere contrattate con
                                                              un Paese improvvisamente divenuto
                                                              straniero. Nel caos provocato da entrambi i
         Distretto industriale metallurgico di Dnipropetrovsk lati del confine dallo smantellamento
                                                              dell'economia pianificata, i rifornimenti a
basso costo furono spesso assicurati da mediatori locali, che vennero molto rapidamente assorbiti nei
network degli oligarchi industriali. La capacità di acquistare gas a basso prezzo dalla Russia e

1   Balmaceda, M.M. (2008). Energy Dependency, Politics and Corruption in the Former Soviet Union: Russia’s
          Power, Oligarchs’ Profits, and Ukraine’s Missing Energy Policy, 1995–2006. London, UK and New York, NY:
          Routledge, 2008
                                                                                                            16
monopolizzarne la vendita a livello regionale a prezzi maggiorati ha rappresentato un elemento
fondamentale nella crescita del potere degli oligarchi stessi.2

Il secondo effetto è esterno e riguarda il transito di energia dalla Russia verso l'Europa.3 Questo problema
diventa evidente agli inizi degli anni Duemila, quando accadono due cose: il prezzo del gas sale e in Russia si
consolida il potere di Putin. Per le élites ucraine questo significa dover trattare con un potere a Mosca che si
fa gradualmente più forte, per ottenere una risorsa che sta diventando più costosa. Le tensioni e le crisi del
gas con la Russia, che fino a quel momento avevano riguardato problemi di pagamento nei complessi schemi
di baratto emersi durante gli anni Novanta, diventano sempre più centrati sul dilemma del prezzo del gas,
che la parte russa vorrebbe più vicino a standard europei, difficilmente raggiungibili per il sistema oligarchico
ucraino.

Nei primi anni del nuovo millennio le crisi del gas si susseguono.4 Accade tipicamente che le due parti non
riescano ad arrivare ad un compromesso sul prezzo entro la fine dell’anno, data di scadenza di questi
contratti: all’inizio dell’anno nuovo le negoziazioni si fanno frenetiche, mentre la Russia diminuisce l’afflusso
di gas e l’Ucraina minaccia di attingere dalle risorse destinate all’Europa per coprire il proprio fabbisogno.
Quest’ultima opzione si realizza durante la crisi del 20065, durata undici giorni, e durante la disputa del 2009,
che si protrae per ventuno giorni causando danni rilevanti in diversi paesi dell’Europa centro-orientale.6 In
questa occasione i governi occidentali intervengono, ed il contratto stipulato alla conclusione della crisi
prevederà un rapporto decennale, in contrasto rispetto ai contratti annuali siglati fino a quel momento.7

Se da un lato queste crisi determinano un calo di fiducia occidentale nei confronti della capacità russa di
consegnare il gas pattuito, ed un interesse nella posizione ucraina perché tali problemi non si ripetano,
dall’altro quest’ultima diatriba diventa uno dei motivi che rende sempre più appetibile agli occhi occidentali
l’idea di trasferire il flusso delle risorse russe nel Baltico, tramite il raddoppio del gasdotto Nord Stream. In
Ucraina queste crisi esacerbano invece il rapporto con la Russia, e aumentano l’interesse verso l’Europa. Nel
contesto di una crescente polarizzazione interna, che vede i politici aizzare una parte del Paese contro l’altra
facendo leva sull’identità e la lingua, l’oscillazione tra Russia ed Europa diventa un pilastro della politica
estera del Paese.8 Inizialmente dettato da necessità legate al gas naturale, questo oscillare prende sempre
più ampi connotati commerciali, identitari e politici.

2   Ibid.

3 Grigas, A. (2017). The new geopolitics of natural gas. Harvard University Press .

4   Torres, J. M., Alvarez, A., Lauge, A., & Sarriegi, J. M. (2009). Russian-Ukrainian gas conflict case study. In
          Proceedings of the 27th international conference of the system dynamics society.

5   Stern, J. (2006). The Russian-Ukrainian gas crisis of January 2006. Oxford Institute for Energy Studies, 16(1).

6   Stern, J., Pirani, S., & Yafimava, K. (2009). The Russo-Ukrainian gas dispute of January 2009: a comprehensive
           assessment. Oxford Institute for Energy Studies.

7   Pirani, S., Yafimava, K., & Stern, J. (2010). The April 2010 Russo-Ukrainian gas agreement and its implications for
            Europe. Oxford Institute for Energy Studies.

8    Wolczuk, K. (2016) Managing the flows of gas and rules: Ukraine between the EU and Russia, Eurasian
          Geography and Economics, 57:1, 113-137
                                                                                                                      17
È una spaccatura che cresce piano piano e che si fa sempre più difficile da risolvere. La fotografia al momento
del rivolgimento di EuroMaidan nel 2014 è quella di un Paese che commercia in pari misura con la Russia e
l’Europa, e le cui esportazioni sono prodotte nell’Est russofono per quanto riguarda le merci scambiate con
Mosca, mentre l’interscambio con l’Europa origina spesso nella parte occidentale.9 Non è un rapporto
bilanciato: le merci più redditizie vengono prodotte nell’Est industrializzato e russofono, che contribuisce in
modo determinante alla terza fetta di esportazioni, quella verso il resto del mondo.10 Le industrie dell’Est
sono vecchie, spesso di epoca sovietica, ed estremamente energivore. Il governo centrale ha bisogno
dell’export per mantenere a galla un bilancio in perdita, ed ha bisogno di grandi quantità di energia per
sostenere la produzione dei prodotti da esportare. L’energia arriva attraverso i gasdotti che vanno da Est a
Ovest, in grandi quantità e a prezzi che non possono essere alzati, perché pregiudicherebbero la profittabilità
delle imprese e metterebbero in difficoltà una popolazione già piuttosto insofferente nei confronti della
propria classe politica.

                                   Le rotte e i volumi di gas e di petrolio russo verso l’Europa

Cresce la frustrazione nell’Ovest, incatenato ad un rapporto con Mosca i cui unici benefici tangibili sono in un
basso prezzo del gas, sempre però sotto minaccia di rialzo e gestito da élites spesso corrotte.11 Cresce il

9    Servizio Statistico Statale Ucraino. http://ukrstat.gov.ua/ Ultimo accesso: 23/03/2019

10   Ibid.

11      Gressel,       Gustav.      Ukraine        on         the        brink       of             kleptocracy.
http://www.ecfr.eu/article/commentary_ukraine_on_the_brink_of_kleptocracy 03/03/2018
                                                                                                           18
malcontento nell’Est, dove morde la crisi economica: alla vigilia di EuroMaidan, le industrie del Donbass
raschiano il fondo del barile, lì lì per trovarsi in perdita.12 Cresce l’insofferenza dei due potenti vicini, che
assistono ad un continuo avanti e indietro di un governo che cerca di salvare il proprio bilancio ottenendo
concessioni ora dalla Russia, ora dall’Europa. Ognuno è scontento, ma la situazione resta bloccata: cambiare
corso è costoso, un salto nel buio. L’inerzia prevale.

 Poi, nel 2014, tutto cambia. Il rivolgimento politico culminato nella cacciata di Yanukovich permette infatti di
superare tre ostacoli prima insormontabili.

       1. I Paesi europei confinanti accettano di potenziare i gasdotti e permettere il flusso di gas da Ovest ad
          Est (il cosiddetto ‘reverse flow’). Nell’Europa orientale pre-sanzioni sarebbe stato impensabile
          scegliere di inimicarsi in questo modo Gazprom, principale fornitore regionale di gas;
       2. la crisi politica, la minaccia russa e il senso diffuso di straordinarietà rende politicamente più
          accettabile il rialzo dei prezzi al dettaglio. Benché sia tuttora un argomento delicato e cruciale per il
          consenso politico, i rialzi di questi anni non sarebbero stati praticabili nell’era pre-Euromaidan;
       3. l’occupazione della Crimea e poi, soprattutto, il conflitto nell’Est del Paese tagliano fuori alcune tra
          le regioni con i consumi più alti di gas. I Quattro distretti interessati da questi eventi rappresentano
          da soli il 61% della riduzione dei consumi di gas tra il 2013 e il 2014. Unitamente al calo avvenuto
          nelle altre regioni, la riduzione totale rappresenta il 21% dei consumi del 2013.13

                                                                         L’Ucraina inizia così a comprare quantità
                                                                         di energia nel complesso minori da
                                                                         Occidente, a prezzi più alti. Ciò che prima
                                                                         sarebbe stato impensabile, diventa realtà.

                                                                             Oggi il gas naturale è scivolato al secondo
                                                                             posto nel consumo di energia del Paese,
                                                                             dopo decenni di preminenza indiscussa.
                                                                             Nel 2016 ha pesato per il 28%, dopo il
                                                                             carbone che rappresenta circa il 36% dei
                                                                             consumi.14 Una parte di esso viene ancora
                                                                             estratta in Ucraina, benché la maggior
                                                                             parte delle miniere si trovi nell’area
                                                                             occupata dai separatisti filorussi. Di
    I punti d’ingresso in Ucraina e di transito verso l’Europa del gas russo qualità particolarmente elevata, il
                                                                             carbone ucraino veniva e viene usato
soprattutto in due regioni, Dnipropetrovsk e il Donbass, che insieme a Kyiv costituiscono le aree più
industrializzate del paese.15 Il gap creatosi tra produzione e consumo viene coperto con nuove importazioni:
è molto probabile in realtà che una fetta importante di esse non siano altro che carbone del Donbass

12   Servizio Statistico Statale Ucraino. http://ukrstat.gov.ua/ Ultimo accesso: 23/03/2019

13   Servizio Statistico Statale Ucraino. http://ukrstat.gov.ua/ Ultimo accesso: 23/03/2019

14   International Energy Agency. Www.eu4energy.iea.org Ultimo accesso: 23/03/2019.

15   Servizio Statistico Statale Ucraino. http://ukrstat.gov.ua/ Ultimo accesso: 23/03/2019
                                                                                                                   19
separatista re-importato tramite Paesi terzi. Questo sarebbe il caso per esempio delle importazioni dalla
Bielorussia, che non ha miniere di carbone.16

                                                       La fetta residua del consumo energetico del paese
                                                      viene coperta dal nucleare (23%) e dal petrolio
                                                      (12%), che segue un trend di progressiva
                                                      emarginazione degli import di Mosca, in favore di
                                                      Bielorussia e Kazakhstan, che impiegano però
                                                      rispettivamente il greggio e le infrastrutture russe.
                                                      Esiste poi una fetta di idroelettrico (0,7%), basato
                                                      sull’uso delle dighe sovietiche, e uno 0,1% tra solare,
                                                      eolico e geotermico. Mentre l’alto costo associato
               Centrale nucleare di Zaporozhe         alle rinnovabili rende lo sviluppo di questo settore
                                                      meno allettante per il governo centrale, ripetuti
sforzi sono stati fatti per il raddoppio della centrale di Khmel’nisky, costruzione rimasta incompiuta
inizialmente in conseguenza del disastro di Chernobyl’ e successivamente per via del collasso economico
causato dal dissolvimento dell’Unione Sovietica. Progetti e negoziati si sono succeduti per decenni, e la
recente assegnazione dell’appalto ad una azienda russa è destinata a far discutere e, probabilmente, a
rallentare nuovamente la costruzione.17

Conclusioni

Dal 2014 il consumo di gas naturale in Ucraina si è ridotto, ed il Paese ha cessato di importare questa risorsa
dalla Russia. Il rapporto con Mosca tuttavia è ancora cruciale per due ragioni.

       1. le importazioni dall’Ovest vengono pagate con i diritti di passaggio corrisposti da Mosca per il
          transito di energia verso il mercato europeo. La Russia assicura circa 3 miliardi € per far passare il
          gas attraverso il territorio ucraino, fondi che vengono successivamente girati ai Paesi europei per
          ottenerne in cambio una parte dello stesso gas.18
       2. la rete di trasporto ucraina risale ai tempi sovietici, ed avrebbe bisogno di grossi interventi per
          essere riparata e rinnovata. La rete per funzionare necessita che siano in transito volumi di gas
          rilevanti, senza i quali il senso di mantenere la costosa infrastruttura potrebbe essere rimesso in
          discussione.19

16   Smith, Rose. The Marketing Strategies of Ukraine’s Coal-Rich Rebels https://www.tol.org/client/article/28278-
           ukraine-belarus-coal-mines-energy-donbas.html 8/3/2019

17   Laurenson, Jack. Russian company chosen to build new nuclear reactors in western Ukraine
          https://www.kyivpost.com/business/russian-company-chosen-to-build-new-nuclear-reactors-in-
          western-ukraine.html 25/01/2019

18   Kardaś S., Łoskot-Strachota A., Matuszak S. A ‘last-minute’ transit contract? Russia-Ukraine-EU gas talks. OSW
          https://www.osw.waw.pl/en/publikacje/osw-commentary/2019-01-25/a-last-minute-transit-contract-
          russia-ukraine-eu-gas-talks 25/01/2019

19   Ibid.
                                                                                                              20
Questi due elementi spiegano la forte preoccupazione da parte ucraina nei confronti del progetto di
raddoppio del gasdotto Nord Stream, che consentirebbe di spostare sul corridoio del Baltico l’intero volume
delle esportazioni russe verso l’Europa. Ciò priverebbe Kyiv di entrate cruciali e potrebbe mettere in
discussione il funzionamento stesso della rete di distribuzione ucraina.

La questione dell’interdipendenza tra Ucraina e Russia nel campo del gas naturale è perciò ancora aperta.
Gli sviluppi di essa dipenderanno da due fattori.

Primo, quanto rapidamente la Russia sarà in grado di completare il Nord Stream 2 e se i Paesi europei, in
particolare la Germania, accetteranno di spostare nel Baltico il flusso di gas, cosa che da un lato hanno
promesso ripetutamente di non fare, ma dall’altro sarebbe uno dei motivi che rende il nuovo gasdotto
economicamente sostenibile. Perciò, malgrado le assicurazioni occidentali, è opinione diffusa in Ucraina che
lo spostamento a Nord del transito del gas sia una questione di tempo.20

Secondo, sarà importante la velocità a cui il Paese riuscirà parallelamente a dotarsi di una robusta
produzione interna di energia. Il calo dei consumi di gas ha infatti ridotto la distanza tra questi e l’estrazione
locale, che potrebbe in un futuro non lontano coprire l’intero fabbisogno del Paese.21 L’Ucraina dispone delle
più grandi riserve europee di gas dopo Russia e Norvegia, dislocate tra il Mar Nero, le regioni Occidentali, e
le aree di Kharkiv e Poltava, che si trovano tra la capitale e il confine russo. Sono queste ultime riserve in
particolare che sono state oggetto degli sforzi del governo per incentivare gli investimenti privati, che nelle
intenzioni di Kyiv dovrebbero da un lato aumentare la concorrenza in ottemperanza alle direttive europee, e
dall’altro fornire quei capitali di cui al momento il governo è a corto.22 Malgrado una legislazione sulla carta
molto favorevole però, mentre queste parole vengono scritte l’operazione procede ancora a rilento,23 tra
problemi burocratici, tecnici, ed un clima politico non del tutto favorevole all’ingresso di nuovi attori in un
mercato delicato e nevralgico come quello del gas.24 25

                                             Approfondimento pubblicato su Osservatorio Russia, 31 marzo 2019

20   Ibid.

21   Konończuk, W. Gas revolution? Prospects for increased gas production in Ukraine. OSW.
         https://www.osw.waw.pl/en/publikacje/osw-commentary/2018-09-24/gas-revolution-prospects-
         increased-gas-production-ukraine 24/09/2018

22    Konończuk   W,    Matuszak  S.   Dark    clouds over   the   Ukrainian   gas   market     reform.
         https://www.osw.waw.pl/en/publikacje/osw-commentary/2017-10-04/dark-clouds-over-ukrainian-gas-
         market-reform 04/10/2017

23   Sorokin, O. Ukraine opens 11,600 square kilometers of potentially gas rich land for production sharing
          agreements              https://www.kyivpost.com/business/ukraine-opens-11600-square-kilometers-of-
          potentially-gas-rich-land-for-production-sharing-agreements.html 26/02/2019

24   Konończuk, W. Gas revolution? Prospects for increased gas production in Ukraine. OSW.
         https://www.osw.waw.pl/en/publikacje/osw-commentary/2018-09-24/gas-revolution-prospects-
         increased-gas-production-ukraine 24/09/2018

25   Saha S., Zaslavskiy I. Advancing Natural Gas Reform in Ukraine. https://www.cfr.org/report/advancing-natural-
           gas-reform-ukraine 03/12/2018
                                                                                                             21
Dossier – L’Ucraina al voto
                 Osservatorio Russia – Marzo 2019
                Dossier di approfondimento a cura di Osservatorio Russia

                                          Direttore

                                       Pietro Figuera

                                      Redattore Capo

                                       Mattia Baldoni

                      Hanno contribuito a questo numero gli autori:

                                   (in ordine alfabetico)

                                      Benedetti Giulio

                                    Corsetti Francesca

                                        Ditel Claudia

                                       Figuera Pietro

                                      Monforte Giusy

Un ringraziamento a tutti i nostri sostenitori, agli appassionati, ai collaboratori e a quanti
            contribuiscono a portare avanti ogni giorno il nostro progetto.

                                                                                       La Redazione
                                                                                                 22
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